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La creazione di valore Dott. Gabriele Sabato Settembre 2003 Abstract Creare valore è diventato l’obiettivo primario e comune di qualsiasi tipologia di azienda. In realtà, però, dietro questa espressione si celano una grande quantità di tematiche spesso trascurate dalla letteratura. Molti Autori si sono soffermati sull’aspetto quantitativo del valore effettuando analisi comparative delle varie metodologie, più o meno diffuse, che ne permettono una ragionevole quantificazione. Si ritiene, tuttavia, opportuno risalire a questioni a monte del problema quantitativo, ricercando le fonti e i nessi causali a cui attribuire la creazione stessa del valore. E’ necessario determinare gli elementi su cui si fonda il valore in azienda: solo così sarà poi possibile capire come farlo crescere ed, eventualmente, quantificarlo. Comunicazione e organizzazione, questi sono i due elementi che dallo studio sono risultati quali cardini dei sistemi aziendali. Manipolando queste variabili, si crea o si distrugge valore, si ottiene il successo o si fallisce. Dottorato di ricerca in «Gestione bancaria e finanziaria» (XVIII ciclo). Dipartimento di Economia e gestione dell’attività bancaria, finanziaria, assicurativa e professionale. Università di Roma «La Sapienza». 1

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La creazione di valore

Dott. Gabriele Sabato∗

Settembre 2003

Abstract

Creare valore è diventato l’obiettivo primario e comune di qualsiasi tipologia di azienda. In

realtà, però, dietro questa espressione si celano una grande quantità di tematiche spesso

trascurate dalla letteratura. Molti Autori si sono soffermati sull’aspetto quantitativo del

valore effettuando analisi comparative delle varie metodologie, più o meno diffuse, che ne

permettono una ragionevole quantificazione. Si ritiene, tuttavia, opportuno risalire a

questioni a monte del problema quantitativo, ricercando le fonti e i nessi causali a cui

attribuire la creazione stessa del valore.

E’ necessario determinare gli elementi su cui si fonda il valore in azienda: solo così sarà

poi possibile capire come farlo crescere ed, eventualmente, quantificarlo.

Comunicazione e organizzazione, questi sono i due elementi che dallo studio sono risultati

quali cardini dei sistemi aziendali. Manipolando queste variabili, si crea o si distrugge

valore, si ottiene il successo o si fallisce.

∗ Dottorato di ricerca in «Gestione bancaria e finanziaria» (XVIII ciclo). Dipartimento di Economia e gestione dell’attività bancaria, finanziaria, assicurativa e professionale. Università di Roma «La Sapienza».

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Indice

Introduzione ................................................................................................................................. 3

1. L’approccio tradizionale al valore .......................................................................................... 3

2. L’approccio comunicazionale .................................................................................................. 5

3. Il ruolo della conoscenza ......................................................................................................... 7

4. Conclusioni............................................................................................................................... 9

Riferimenti Bibliografici ............................................................................................................ 10

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Introduzione

La prima parte di questo lavoro è dedicata ad una veloce panoramica delle principali teorie

in materia di formazione del valore. I principali Autori1 si sono sempre soffermati sugli

eventi che, modificando la struttura aziendale, permettevano di osservare il valore, alla cui

crescita contribuiva proprio il continuo cambiamento.

Nella seconda parte si passa ad esaminare un approccio innovativo alla teoria del valore,

l’approccio cosiddetto comunicazionale. Questo stravolge tutti i tradizionali concetti di

impresa ponendo al centro dell’attenzione la comunicazione e l’organizzazione. Tali

elementi diventano il punto di partenza per capire tutte le dinamiche aziendali, il

funzionamento del sistema impresa e la stessa emersione del valore.

Nell’ultima parte si cerca di capire il ruolo che potrebbe assumere, alla luce di queste

nuove teorie, il capitale umano, elemento che, insieme alla conoscenza, sempre più Autori2

tendono a considerare fonte primaria e caratterizzante del valore delle aziende.

1. L’approccio tradizionale al valore

Il valore è un qualcosa che non esiste in natura, ma che il genere umano ha creato per poter

essere in grado di effettuare degli scambi. Esso è ciò che si percepisce e di oggettivo ha

ben poco.

Fisher3 osservava come ogni volta che si misurasse un genere qualsiasi di ricchezza nelle

sue unità fisiche, si compiva un primo passo verso la misurazione di quella “misteriosa

1 Cfr. L. Guatri, Il giudizio integrato di valutazione, Egea, Milano, 2000, p. 15; G. M. Golinelli, L’approccio sistemico al governo dell’impresa I. L’impresa sistema vitale., Cedam, 2000, p. 111. 2 Cfr. P.F. Drucker, Il management della società prossima ventura, Etas, Milano, 2003, p. 86.

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grandezza” chiamata valore. Si deve giungere ad un giudizio per determinare il valore di

qualcosa, questa era l’idea di fondo.

In un primo momento, quindi, molti Autori4 si sono soffermati sull’elaborazione di metodi,

più o meno complessi, che permettessero di rendere quanto più possibile oggettivo tale

giudizio, nella ferma convinzione di staticità del valore. Tale termine, si badi bene, non

vuole significare che Essi identificassero il valore con qualcosa di immutevole nel tempo,

ma che a Loro interessava una stima puntuale, ad hoc. In tale ottica era necessario

verificare preventivamente quali fossero lo scopo della valutazione (liquidazione,

trasformazione, trasferimento, ecc.) e la posizione del valutatore (venditore, compratore,

perito, ecc.), perché per ciascun caso il giudizio sarebbe stato differente.

La minor credibilità delle misure puramente contabili dei risultati d’impresa ha portato alla

diffusione della teoria della creazione del valore per gli azionisti. Il tradizionale obiettivo

di massimizzazione dell’utile d’esercizio è stato sostituito da quello della massimizzazione

del valore: una corretta valutazione della strategia di business non ha potuto più

prescindere dal valore che la stessa era in grado di generare per gli azionisti.

Creare valore ha assunto, con il tempo, il significato di accrescere la dimensione del

capitale economico, cioè il valore dell’impresa intesa come investimento. Il valore del

capitale e le sue variazioni si sono interpretate come il modo migliore per misurare i veri

risultati conseguiti dall’impresa5.

E' importante, a questo punto, richiamare l'attenzione sul fatto che, rispetto sia al breve sia

al medio-lungo termine, si è reso necessario differenziare le aspettative del piccolo

azionista da quelle del grande azionista di riferimento. Il primo è più attento alla sua quota

di capitale in termini di resa dell'investimento, mentre il secondo normalmente si considera

parte integrante del sistema aziendale ed è forse più orientato a considerazioni di lungo

termine.

Ne deriva che l’attività di governo si è volta ad indirizzare la dinamica evolutiva del

sistema impresa mediante la definizione di un complesso di obiettivi che tengano conto

delle molteplici aspettative degli stakeholders, e non più solo degli shareholders, in quanto

coerenti con la necessità di garantire la sopravvivenza del sistema stesso. 3 Cfr. I.Fisher, Il potere d’acquisto della moneta, collana “I classici dell’economia”, UTET, Torino, 1974, p.269. 4 Per tutti si confrontino le opere di L. Guatri e G.M.Golinelli già citate. 5 R.A.Brealey, S.C. Mayers, Principles of corporate finance, 6th edition, McGraw-Hill, New York, 2000, cap. 11.

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L’elemento, dunque, che si delinea con maggior chiarezza è lo scarso interesse verso le

reali fonti del valore in un azienda, a favore dei meri aspetti quantitativi. Se tuttavia non si

identificano i processi alla base del valore, pur riuscendone ad avere una quantificazione, si

potrebbero mettere in pratica politiche errate che vadano a distruggerlo piuttosto che a

crearlo. A fine processo, poi, effettuando una valutazione, sarebbe facile rendersene conto,

ma, a quel punto, potrebbe essere solo una semplice constatazione.

2. L’approccio comunicazionale

Tale approccio6 abbandona l’idea cardine dell’approccio tradizionale che inquadra

l’azienda come sistema aperto, cioè come essere chiuso in se stesso che però ha bisogno di

interagire con l’ambiente che lo circonda, un ambiente fatto da elementi tecnologici,

culturali, sociali, politici, legislativi, ecc.. Nella nuova visione l’impresa non viene più

separata dall’ambiente che la circonda, ma è un tutt’uno con esso. Diventa un insieme

inseparabile di molteplici elementi, diversi tra loro, legati proprio dall’organizzazione.

In tal senso l’impresa viene ridefinita come sistema chiuso, autosufficiente rispetto al

mondo esterno e in grado, se ben organizzata, di autorigenerarsi nel tempo attraverso un

processo autopoietico (si veda figura 1).

Approccio tradizionale – Impresa = sistema aperto

Ambiente culturale

Ambiente tecnologico

Ambiente fisico-naturale

Ambiente economico

Ambiente sociale

Ambiente politico-legislativo

IMPRESA

6 Cfr. M.Vincenzini, Un approccio comunicazionale alla teoria dell’impresa di intermediazione finanziaria,

in “Bancaria”, n.7-8, luglio-agosto 2001, p.56.

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Approccio comunicazionale – Impresa = sistema chiuso

Ambiente culturale

Ambiente tecnologico

Ambiente fisico-naturale

Ambiente economico

Ambiente sociale

Ambiente politico-legislativo

IMPRESA

Figura 1 – Confronto dell’idea di impresa tra l’approccio tradizionale e quello comunicazionale

Grande attenzione viene posta sulla differenza tra la struttura del sistema impresa, semplice

insieme delle parti che lo compongono, e l’organizzazione che rappresenta proprio la rete

di relazioni che lega la struttura. E’ proprio questo aspetto a rendere così importante

l’organizzazione. Senza di essa il sistema sarebbe una semplice “addizione” delle parti,

mentre proprio grazie ad essa viene generato qualcosa di più, emerge proprio ciò che si

cerca: il valore7.

Seguendo questo approccio diventa indispensabile per l’impresa “ascoltare” ciò che

l’ambiente esterno le chiede, adeguarsi ad esso per non rischiare di distruggere valore, di

trasformarsi in quello che viene definito come impresa “egocentrica”.

Le risposte alle richieste del mercato sono differenti per ciascun soggetto economico,

ognuno di essi mette in atto comportamenti differenti agendo sulla propria struttura, nella

speranza di massimizzare il valore che andrà a creare (determinismo strutturale).

L’idea fondamentale di questo approccio innovativo al valore risiede proprio in quanto fin

qui esposto che si può riassumere nell’affermazione secondo cui il valore è una qualità

emergente e, quindi, non deve per forza essere economico.

7 Cfr. M.Vincenzini, P.Porretta, Le immagini della creazione del valore di impresa… e aneddoti bancari.

(Bozza in corso di pubblicazione), p.7.

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Anche se finora si è parlato solo dell’importanza dell’organizzazione, non si deve pensare

che la comunicazione abbia un ruolo secondario. Anzi è su di essa che si fonda

l’organizzazione, ecco anche perché tale approccio viene definito comunicazionale8.

Si pensi al sistema impresa visto in precedenza, se le parti non comunicassero tra loro, o

anche mancasse la comunicazione al loro interno, nulla potrebbe funzionare. Le relazioni si

basano sulla comunicazione: non avrebbe senso definire un’organizzazione se poi le parti

non si relazionassero le une con le altre.

La conclusione fondamentale a cui si giunge è, dunque, che il valore che un’impresa crea

non deve per forza essere una quantità economica. La mera differenza tra valore di mercato

di un’azienda e il valore, inscritto in bilancio, del suo capitale sociale (il cosiddetto Market

Value Added) non dice nulla sul fatto che si stia o meno creando valore per i clienti o per

qualsiasi altro degli stakeholders. Anzi, più probabilmente, fornisce un’indicazione del

tutto errata, decisamente fuorviante nel caso si dovessero prendere decisioni strategiche di

un certo rilievo.

3. Il ruolo della conoscenza

Nell’ultima parte di questo lavoro si vuole osservare un esempio pratico di come

l’organizzazione contribuisca all’emersione del valore. La variabile che si è pensato di

analizzare è uno di quegli elementi considerati oggi di estrema importanza all’in

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nostro tempo. Inoltre, insieme a Toffler, sostiene la dipendenza essenziale del valore della

maggioranza dei prodotti e dei servizi dal modo in cui “beni intangibili, fondati sulla

conoscenza” come il know-how tecnologico, il disegno di prodotto, l’immagine di

mercato, la comprensione dei bisogni del cliente, la creatività personale e l’innovazione,

possono essere sviluppati.

Winter sosteneva che “le imprese economiche sono organizzazioni che sanno come fare le

cose […] ed effettivamente […] una singola impresa in un particolare momento è

depositaria di una gamma assolutamente specifica di conoscenze produttive, gamma che

implica non di rado caratteristiche sue proprie per le quali essa si differenzia da imprese

apparentemente consimili nello stesso settore produttivo”10.

Un ultimo contributo decisamente interessante viene offerto da Miskie11, il quale sostiene

che, a differenza dei dati e dell’informazione, i quali ci dicono del presente e del passato in

modo statico, la conoscenza ci dice del presente e del futuro in modo dinamico; la

conoscenza è “l’informazione e i dati resi utili e produttivi”.

Spesso, però, la conoscenza generata dal singolo individuo si dissolve con la fuoriuscita

dall’organizzazione del suo creatore/possessore. Per evitare questa “catastrofe” è

necessario tesaurizzare la singola conoscenza individuale al fine di poterla rendere

conoscenza “organizzativa”.

Il vero potenziale della conoscenza “organizzativa” risiede nel fatto che essa è costituita

dalle singole conoscenze individuali, ma esprime molto di più della semplice sommatoria

di tali conoscenze. La conoscenza organizzativa è carica di valore aggiunto quando i

membri dell’organizzazione modificano spesso le loro conoscenze attraverso l’interazione

tra loro. Si può pensare alle singole conoscenze individuali come alla struttura aziendale,

mentre alla loro interazione come all’organizzazione, che permette l’emersione del loro

vero valore.

La conoscenza organizzativa prima di divenire tale è dunque conoscenza “grezza” o

meglio conoscenza individuale.

Per innescare un processo di tesaurizzazione del sapere individuale è necessaria una cultura

fortemente orientata alla condivisione della conoscenza.

10 S.Winter, An evolutionary theory of economic change, Cambridge, Harvard University Press, 1982. 11 R. Miskie, Documentation and training - the foundation of knowledge. KM Metazine, 1996.

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Senza comunicazione, dunque, all’interno di un’organizzazione, come quella di

un’impresa, non ci potrà mai essere condivisione della conoscenza e, in tale ottica, la

distruzione di valore sarà inevitabile.

4. Conclusioni

L’approccio comunicazionale ha sicuramente dato un contributo fondamentale

nell’individuazione dei processi che portano alla creazione del valore. Inoltre ha permesso

di giungere alla convinzione che il valore non fosse solo una mera quantità economica, ma

ciò che emerge dall’organizzazione del sistema impresa.

Lo studio svolto ha voluto mettere in risalto proprio l’importanza dell’organizzazione, di

questa variabile fondamentale che, non solo lega tra loro tutti gli elementi di un’impresa,

ma che aggiunge alla loro somma un quid pluris che si può facilmente identificare nel tanto

ricercato valore.

L’esempio conclusivo, relativo alla diffusione della conoscenza all’interno di un’azienda,

evidenzia proprio come l’assenza di comunicazione, all’interno di un’organizzazione,

impedisca la condivisione di tutte quelle “qualità” fondamentali che in essa si sviluppano.

In tal modo, il sistema impresa non riesce ad autoriprodursi, distrugge valore e, con il

tempo, inevitabilmente muore.

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Riferimenti Bibliografici L. Grignaffini, G. Pecoriello, G. Trasi, Creare valore nelle compagnie di assicurazione.

La misurazione, le leve e le azioni per “creare valore”, Il Sole 24 Ore, Milano, 2001;

R.A.Brealey, S.C. Mayers, Principles of corporate finance, 6th edition, McGraw-Hill,

New York, 2000;

L. Guatri, Il giudizio integrato di valutazione, Egea, Milano, 2000;

G.Morgan, Le metafore dell’organizzazione (Images), Franco Angeli, Milano, 1993;

M.Vincenzini, Un approccio comunicazionale alla teoria dell’impresa di intermediazione

finanziaria, in “Bancaria”, n.7-8, luglio-agosto 2001;

M.Vincenzini, P.Porretta, Le immagini della creazione del valore di impresa… e

aneddoti bancari. (Bozza in corso di pubblicazione);

P.F. Drucker, La società post-capitalistica, Sperling e Kupfer, Milano, 1993;

Golinelli G. M., L’approccio sistemico al governo dell’impresa I. L’impresa sistema

vitale., Cedam, 2000;

S.Winter, An evolutionary theory of economic change, Cambridge, Harvard University

Press, 1982;

P.F. Drucker, Il management della società prossima ventura, Etas, Milano, 2003;

R. Miskie, Documentation and training - the foundation of knowledge. KM Metazine,

1996;

L. Thurow, Testa a testa, Mondadori, Milano, 1992.