La Casana n.1, 2013

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A. Orlando, Di nuovo insieme (su Stefano Magnasco), in “La Casana”, n. 1, gennaio-marzo 2013, pp. 10-13

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Arte e Cultura

Non si tratta cioè di un mero passaggio di proprietà, madi un episodio collezionistico che ricompone, almeno par-zialmente, un ciclo pittorico realizzato con ogni proba-billità durante il soggiorno del giovane pittore a Romaintorno al 1655-1660. Questa era la datazione da su-bito indicata sulla base dell’analisi stilistica dell’opera,accostata per stile e formato alle due tele con Il marti-rio di san Bartolomeo e Il martirio di san Lorenzo per-venuti alla Banca Carige nel 1969 2. Queste ultime era-no state studitate inizialmente da Piero Torriti nel 1975,che in occasione del catalogo dei dipinti della raccoltaargomentò la sua tesi con un veloce flash sulla koinèfiammingo-genovese del Seicento e giunse a ipotizza-re quanto segue: “le due graziose telette nacquero a Ge-nova poco prima della metà del Seicento da un artistaattento a ciò che allora avveniva in quella città ed in par-ticolar modo nel più ristretto ambito della bottega di Va-lerio Castello”3. Era da poco uscita la monografia sul mae-stro del Magnasco4, in cui era inserita la prima brevepanoramica sulla sua cerchia. Ma le sette opere di Ste-fano Magnasco ivi presentate, tutte “a figure grandi”,non avevano consentito allo studioso di ricondurre al-la stessa mano questi due scene di martirio. Esse sfug-girono altresì all’approfondita indagine che sul pittorecondusse Giuliana Biavati, cui si deve il primo impor-tante contributo monografico sull’artista, nel 19845. Del“problematico” e “sfuggente” artista la Biavati presen-ta un consistente corpus di dipinti del tutto convincen-te e correttamente inquadrato nelle sue coordinate cro-nologiche e culturali. Da lì a poco, nel 1985, spettava

a Venanzio Belloni il riconoscimento della mano di Ste-fano Magnasco per le prime due tele Carige6. Ripubbli-cate da chi scrive nella monografia del 2001, nel nota-re la prossimità stilistica con l’Adorazione dei Magi dicollezione privata, non si era fatto caso invece alle mi-sure, del tutto analoghe, finchè non è apparsa sul mer-cato antiquario un’altra tela di dimensioni pressochéidentiche con un Martirio di santo Stefano7.Le quattro opere mostrano uno stile che le accomunatra loro e ad altre tele di Stefano Magnasco “a figurepiccole”, tra le quali viene ad aggiungersi un altro ine-dito recentemente apparso a un’asta genovese e raffi-gurante un’altra Adorazione dei Magi 8, con misure e im-postazione del tutto simili a un San Giovanni Battista giànoto9. Più grandi rispetto alle tele Carige, esse mostra-no tuttavia la stessa ambientazione di ampi paesaggi conuna moltitudine di figure intere in un variato e anima-to atteggirasi, nella progessiva scansione dei piani sce-nici. Quest’inedita Adorazione dei Magi come quella oraCarige, presenta una studiata organizzazione dello spa-zio, con il disporsi animato di figure, nel calibrato al-ternarsi dei pieni e dei vuoti, con un risultato di gran-de efficacia scenica e narrativa. Il riguardante si perdenel racconto, lo segue come in una favola e resta in-cantato nel guardare le piccole micro-storie di ogni cop-pia di figure, in dialogo tra loro, in movimento o fermein pose statuarie, nella loro gestualità vivace, nel loroabbigliamento curato in ogni dettaglio. Il Magnasco dàqui prova della sua arte nel miscelare le istanza baroc-che del suo maestro Valerio con la ben radicata tradi-zione locale fondata su una pittura che è innanzi tuttoracconto.Ma si torni alla serie ricostruita delle tre tele Carige10. Èstato il ritrovamento del Santo Stefano ad aver suggeri-

La recente acquisizione di Banca Carige presso una collezione

privata genovese dell’Adorazione dei Magi di Stefano Magnasco

(Genova 1635-1672), già nota alla critica1, è un’operazione

che ha rilievo anche dal punto di vista storico artistico.

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Di nuovo insiemedi Anna Orlando

A fronteS. Magnasco, Adorazione dei Magi, già Genova, particolare,collezione privata, ora collezioni d’arte di Banca Carige.

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to che le opere Carige non fossero un mero pendant, giac-chè non vi è complementarietà dal punto di vista del sog-getto, né una vera e propria specularità d’impostazione,ma che si tratatsse piuttosto di una serie con scene dimartirio, in origine forse composta da più opere rispettoalle tre conosciute. Due dei santi raffigurati - Stefano eLorenzo - sono cari all’iconografia genovese. San Loren-zo è il dedicatario della Cattedrale ed è dunque facilmen-te spiegabile la ricorrenza di soggetti che lo vedono pro-tagonista: dalle numerose versioni della Elemosina ai po-veri di Bernardo Strozzi, per esempio, a vari martiri. Asanto Stefano è intitolata una delle più antiche basilichecittadine e la scena della lapidazione è il soggetto di al-cuni capisaldi della tradizione figurativa locale: dalla pa-la di Giulio Romano conservata appunto in Santo Stefa-no, alla tavola di Aurelio Lomi per Santa Maria della Pa-ce, a quella di Paggi per il Gesù e di Giulio Benso perl’abbazia di Weingarten. Non così frequente, seppur nonrara, è la raffigurazione dello scorticamento di san Bar-tolomeo. In mancanza di indicazioni sull’origine della se-

rie, non avendosi notizie anteriori al1969 per le due tele Carige, nè al-cuna notizia su quella di collezioneprivata che era anch’essa senza at-tribuzione, non sarebbe sensata al-cuna ulteriore ipotesi circa una piùprecisa ragione della scelta dei san-ti da rappresentare nella serie. Ep-pure, se si richiamano i pochi dati do-cumentari in nostro possesso sullabiografia di Stefano Magnasco, è digrande interesse notare che tutti i no-mi di questi santi compaiono nell’o-nomastica della famiglia del pittore:il padre si chiamava Lorenzo, uno deisuoi fratelli Bartolomeo e Stefano è

il suo stesso nome11. Pare difficile pensare che si trattidi una mera coincidenza e il formato ridotto spieghereb-be quindi anche la destinazione privata e intima delle ope-re. Sotto questa luce non pare azzardato porre come par-te della serie anche la tela con l’Adorazione dei Magi incui sono presenti ovviamente Giuseppe e Maria, che co-stituiscono il doppio nome del fratello maggiore di Ste-fano, oltre che alludere di per sè all’idea di famiglia. I remagi tranieri che portano doni dovrebbero dunque allu-dere a un buon auspicio di benessere e prosperità percasa Magnasco.Mancano all’appello, sempre che il pittore le abbia mairealizzate, altre tele con riferimenti onomastici ad altrimebri della numerosa famiglia: la madre Pellegrina, egli altri fratelli Ambrogio e Nicoletta.L’impaginazione dei quattro dipinti a tutt’oggi noti del-la serie è per tutti analoga. I santi, così come san Giu-seppe e la Madonna, sono posti in posizione non esat-tamente centrale, ma piuttosto spostati su un lato inmodo da scardinare le simmetrie in un gioco di dispo-

sizione dinamica delle figure nellospazio. C’è una certa teatralità euna volontà di accellerare la visio-ne e la percezione del racconto, inmodo del tutto opposto rispetto atante prese dirette con figure dis-poste in paratassi sul primo piano,così tipiche di Stefano Magnasco,come di tanto naturalismo genove-se di primo Seicento. È un momen-to di maturazione per il pittore,quello in cui cadono tutte le opere

Sopra S. Magnasco, Adorazione dei Magi,già Genova, collezione privata, ora collezionid’arte di Banca Carige.

S. Magnasco, Martirio di Santo Stefano,collezione privata.

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citate - sia le quattro della serie sia la Predica del Bat-tista -, che devono datarsi con ogni probabilità agli an-ni del soggiorno romano del Magnasco. Vi sono remi-niscenze del ductus veloce e leggero del suo maestroValerio Castello, mai rinnegato dall’allievo, ma la pen-nellata è piuttosto segmentata e nervosa che non lie-ve. Ciò va anche rilevato come uno dei pochi elemen-ti che da Stefano passano al figlio Alessandro, rimastoorfano a soli cinque anni. Il fatto che questa serie diopere fosse destinata a restare nella famiglia del pit-tore rafforza l’ipotesi di un rapporto tra l’opera del pa-dre e quella del figlio; rapporto labile anche per ragio-ni biografiche, che si è sempre faticato a documenta-re. Si tratta di dipinti stilisticamente abbastanza ano-mali per Stefano, o per lo meno non così tipici, e for-se gli unici in cui si possa ravvisare questa propensio-ne al veloce tratteggio di figurine piccole, seppur nonsenza una diligenza esecutiva e una ricercatezza di det-taglio in punta di pennello. Non è propriamente un fa-re abbozzato, come per esempio quello assai più va-

leriesco del bozzetto con il Rattodelle Sabine 12, nè quello più som-mario dei Misteri del Rosario checircondano la Vergine col Bambinosan Domenico e santa Caterina nel-la tela ora manomessa realizzataper l’oratorio di San Teodoro ese-guita dopo il ritono a Genova nelsettimo decennio del secolo13. Le te-lette della serie mostrano uno stileintermedio, si potrebbe dire, che èproprio del momento di sperimen-tazione e di maturazione del pitto-re nei suoi anni romani, tra il 1555e il 1660 circa.

Note

1 Già sul mercato antiquario all’inizio degli anni Ottanta del secolo scor-so, e poi in collezione privata genovese, acquistato da Banca Carigenel 2012. Cm 57 x 92, olio su tela successivamente applicato su tavo-la, reso noto da chi scrive in occasione della monografia sul pittore nel2001 e poi successivamente ripubblicato: A. Orlando, Stefano Magna-sco e la cerchia di Valerio Castello, Cinisello Balsamo 2001, fig. 68 p.69, scheda 25 p. 104; A. Orlando in G. Rotondi Terminiello, Il patri-monio artistico di Banca Carige. Dipinti e disegni, Genova 2008, pp.102-103; A. Orlando, Dipinti genovesi dal Cinquecento al Settecento.Ritrovamenti dal collezionismo privato, Torino 2010, pp. 138-1382 Si trattò di un recupero crediti dall’antiquario genovese Silla Giubilei;cfr. A. Orlando in Il patrimonio..., cit. p. 102. Si veda la scheda ancheper la precedente bibliografia sulle opere.3 P. Torriti, Le collezioni d’arte della Cassa di Risparmio di Genova e Im-peria, Genova, s.d. ma 1975, n. 46.4 C. Manzitti, Valerio Castello, Genova 1672.5 G. Biavati Frabetti, Preliminari a Stefano Magnasco, in “Paragone”,409, marzo 1984, pp. 4-39.6 V. Belloni, Punti fermi per Stefano (ed anche per Alessandro) Magna-sco, in “Bollettino dei Musei Civici Genovesi”, nn. 19-20-21, 1985, pp.34-39, figg. 5-6.7 Cm 60 x 90; cfr. A. Orlando, Dipinti genovesi..., cit. fig. 47 p. 138. A.Orlando, La cerchia di Valerio Castello. Note critiche e di metodo conaggiunte e revisioni per Stefano Magnasco, in Valerio Castello. Percor-si di approfondimento a cura di Luca Leoncini e Daniele Sanguineti,Genova 2010, p. 197. Rintraccia dall’antiquario milanese Enrico Cor-

tona, che ringrazio, e ora in collezione priva-ta. Ringrazio inoltre Pier Paolo Bagini.8 Cm 118 x 168; cfr. Boetto, Genova, 19-20marzo 2013, lotto 787 (con scheda di chi scri-ve).9 Cm 122 x 172, collezione privata; cfr. A. Or-lando, Stefano Magnasco..., 2001, cit. p. 107.10 Si è già sostenuta questa tesi in Il patrimo-nio..., 2008, cit. eDipinti genovesi.., 2010, cit.11 A. Orlando, Stefano Magnasco..., 2001, cit.p. 57.12 A. Orlando, Stefano Magnasco..., 2001, cit.,p. 122.13 Ibidem, pp. 120-121.

Sopra S. Magnasco, Martirio di San Lorenzo,Genova, collezioni d’arte di Banca Carige.

S. Magnasco, Martirio di San Bartolomeo,Genova, collezioni d’arte di Banca Carige.

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