LA CARITÀ NON AVRÀ MAI FINE - diocesicivitacastellana.com 2016/caritas... · un itinerario di 7...

25
DIOCESI DI CIVITA CASTELLANA LA CARITÀ NON AVRÀ MAI FINE (1COR. 13,8) PROPOSTA DI FORMAZIONE PERSONALE E DI GRUPPO PER OPERATORI E VOLONTARI DELLE CARITAS PARROCCHIALI

Transcript of LA CARITÀ NON AVRÀ MAI FINE - diocesicivitacastellana.com 2016/caritas... · un itinerario di 7...

D I O C E S I D I C I V I T A C A S T E L L A N A

LA CARITÀ NON AVRÀ MAI FINE (1COR. 13,8)

PROPOSTA DI FORMAZIONE PERSONALE E DI GRUPPO PER OPERATORI E VOLONTARI DELLE CARITAS PARROCCHIALI

3

Cari amici confratelli,cari laici attivi nelle varie Caritas parrocchiali della nostra diocesi,anche quest’anno per il terzo anno consecutivo, la nostra Caritas dio-cesana di Civita Castellana è ben lieta di presentare questo agile stru-mento che avete fra le mani. Esso vuole essere un piccolo aiuto ed unaccompagnamento per un uso sia personale che di gruppo, attraversoun itinerario di 7 incontri sull’INNO ALLA CARITA’ di sanPaolo, in 1Cor 13.

Si tratta pertanto di una proposta costituita da pochi semplici passaggi:- Una preghiera di santa Madre Teresa di Calcutta- Qualche breve testo biblico di riferimento o parallelo- La meditazione di Papa Francesco, tratta da Amoris laetitia,

del testo paolino- Una lettura spirituale- Alcune domande per riflettere

È chiaramente lasciata alla vostra libertà e fantasia, la tempistica e lamodalità d’uso del materiale offerto.Augurandoci di avervi fatto cosa gradita ed utile, per un proficuo cam-mino di crescita nella fede, nella speranza e nella carità, vi auguriamobuon lavoro!!!

Con amicizia,

don Giuseppe Aquilantie l’EQUIPE DIOCESANA CARITAS

5

«La carità è paziente,

benevola è la carità;

non è invidiosa,

non si vanta,

non si gonfia d’orgoglio,

non manca di rispetto,

non cerca il proprio interesse,

non si adira,

non tiene conto del male ricevuto,

non gode dell’ingiustizia

ma si rallegra della verità.

Tutto scusa,

tutto crede,

tutto spera,

tutto sopporta»

(1 Cor 13,4-7)

prio interesse, non s'inasprisce, non addebita ilmale, non gode dell'ingiustizia, ma gioisce con laverità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ognicosa, sopporta ogni cosa.

(1Gv 4, 7-9) Carissimi, amiamoci gli uni glialtri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è ge-nerato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non haconosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo siè manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha man-dato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noiavessimo la vita per lui

6

La Parola di Dio

(1Cor. 13, 1-7) Se parlassi le lingue degli uo-mini e degli angeli, ma non avessi amore, sarei unrame risonante o uno squillante cembalo. Se avessiil dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tuttala scienza e avessi tutta la fede in modo da spostarei monti, ma non avessi amore, non sarei nulla. Sedistribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri, sedessi il mio corpo a essere arso, e non avessi amore,non mi gioverebbe a niente.L'amore è paziente, è benevolo; l'amore non invi-dia; l'amore non si vanta, non si gonfia, non sicomporta in modo sconveniente, non cerca il pro-

1° INCONTRO:

LA CARITÀ È PAZIENTEBENEVOLA È LA CARITÀ

PER PREGARE: INSEGNAMI L’AMORE

Signore, insegnami a non parlare

come un bronzo risonante o un cembalo squillante, ma con amore.

Rendimi capace di comprendere e dammi lafede che muove le montagne,

ma con l’amore.Insegnami quell'amore che è sempre paziente

e sempre gentile; mai geloso, presuntuoso,egoista o permaloso; l'amore che prova gioia

nella verità, sempre pronto a perdonare,a credere, a sperare e a sopportare.Infine, quando tutte le cose finite

si dissolveranno e tutto sarà chiaro, che io possa essere stato il debole ma costante

riflesso del tuo amore perfetto.Amen.

(Santa Teresa di Calcutta)

7

DALLA AMORIS LAETITIA

LA CARITÀ È PAZIENTE91. La traduzione non è semplicemente “che sopporta ogni cosa”, perché questa idea vieneespressa alla fine del v. 7. Il senso si coglie dalla traduzione greca dell’Antico Testamento, dove siafferma che Dio è «lento all’ira» (Es 34,6; Nm 14,18). Si mostra quando la persona non si lascia gui-dare dagli impulsi e evita di aggredire. È una caratteristica del Dio dell’Alleanza che chiama ad imi-tarlo anche all’interno della vita familiare. I testi in cui Paolo fa uso di questo termine si devonoleggere sullo sfondo del libro della Sapienza (cfr 11,23; 12,2.15-18): nello stesso tempo in cui si lodala moderazione di Dio al fine di dare spazio al pentimento, si insiste sul suo potere che si manifestaquando agisce con misericordia. La pazienza di Dio è esercizio di misericordia verso il peccatore emanifesta l’autentico potere.92. Essere pazienti non significa lasciare che ci maltrattino continuamente, o tollerare aggres-sioni fisiche, o permettere che ci trattino come oggetti. Il problema si pone quando preten-diamo che le relazioni siano idilliache o che le persone siano perfette, o quando ci collochiamoal centro e aspettiamo unicamente che si faccia la nostra volontà. Allora tutto ci spazientisce,tutto ci porta a reagire con aggressività. Se non coltiviamo la pazienza, avremo sempre dellescuse per rispondere con ira, e alla fine diventeremo persone che non sanno convivere, antiso-ciali incapaci di dominare gli impulsi, e la famiglia si trasformerà in un campo di battaglia. Perquesto la Parola di Dio ci esorta: «Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e mal-dicenze con ogni sorta di malignità» (Ef 4,31). Questa pazienza si rafforza quando riconosco cheanche l’altro possiede il diritto a vivere su questa terra insieme a me, così com’è. Non importase è un fastidio per me, se altera i miei piani, se mi molesta con il suo modo di essere o con lesue idee, se non è in tutto come mi aspettavo. L’amore comporta sempre un senso di profondacompassione, che porta ad accettare l’altro come parte di questo mondo, anche quando agi-sce in un modo diverso da quello che io avrei desiderato.

BENEVOLA È LA CARITÀ93. Segue la parola chresteuetai, che è unica in tutta la Bibbia, derivata da chrestos (personabuona, che mostra la sua bontà nelle azioni). Però, considerata la posizione in cui si trova, instretto parallelismo con il verbo precedente, ne diventa un complemento. In tal modo Paolovuole mettere in chiaro che la “pazienza” nominata al primo posto non è un atteggiamento to-talmente passivo, bensì è accompagnata da un’attività, da una reazione dinamica e creativa neiconfronti degli altri. Indica che l’amore fa del bene agli altri e li promuove. Perciò si traducecome “benevola”.94. Nell’insieme del testo si vede che Paolo vuole insistere sul fatto che l’amore non è solo unsentimento, ma che si deve intendere nel senso che il verbo “amare” ha in ebraico, vale a dire:“fare il bene”. Come diceva sant’Ignazio di Loyola, «l’amore si deve porre più nelle opere chenelle parole». [106] In questo modo può mostrare tutta la sua fecondità, e ci permette di speri-mentare la felicità di dare, la nobiltà e la grandezza di donarsi in modo sovrabbondante, senzamisurare, senza esigere ricompense, per il solo gusto di dare e di servire.

[106] Esercizi spirituali, Contemplazione per raggiungere l’amore, 230.

8

DOMANDE PER RIFLETTERE:

1. Cosa ti lega ai fratelli che si rivolgono al CdA? È solo un sentimento di filantropia o è amore, omeglio carità, che comporta pazienza, compassione e rispetto dei loro tempi?

2. Avere pazienza è solo un atteggiamento passivo (npn arrabbiarsi, non reagire, ecc.) o comportaanche un atteggiamento attivo? Fai qualche esempio.

3. Come consideri l’amore solo un sentimento oppure un dinamismo che ti spinge ad operare peril bene dell’altro?

Per meditare

Dio, creatore del cielo e della terra, ha scelto di es-sere, prima di tutto e soprattutto, un Padre. ComePadre, vuole che i suoi figli siano liberi, liberi diamare. Egli soffre in modo indicibile quando i suoifigli lo onorano soltanto con le labbra, mentre iloro cuori sono lontani da lui. Egli conosce la loro“lingua menzognera” e il loro “cuore infedele”, manon può farsi amare da loro senza venir meno allasua vera paternità.Come Padre, l'unica autorità che rivendica persé è l'autorità della compassione. Essa deriva dalconsentire che i peccati dei figli feriscano il suocuore. Non c'è lussuria, avidità, rabbia, risentimento, gelosia o vendetta nei suoi figli perduti chenon abbia causato una pena immensa al suocuore, tanto profondo è il dolore perché tanto

puro è il cuore. Dal profondo luogo interioredove l'amore abbraccia tutto il dolore umano, ilPadre raggiunge i suoi figli . Il tocco dell e suemani, di ffondendo una luce interiore, cerca solodi guarire. Ecco il Dio in cui voglio credere: unPadre che, dall'inizio della creazione, ha steso lesue braccia in una benedizione misericordi osa,non forzando mai nessuno, ma aspettando sem-pre; non lasciando mai cadere le braccia per ladisperazione, ma sperando sempre che i figli tor-nino per poter dire loro parole d'amore e lasciareche le sue braccia stanche si posino sulle lorospalle. Il suo unico desiderio è benedire (H.J.M.Nouwen, L’abbraccio benedicente. Medita-zione sul ritorno del figlio prodigo, Brescia200723 , 139, passim).

9

2° INCONTRO:

NON È INVIDIOSANON SI VANTA, NON SI GONFIA D’ORGOGLIO

PER PREGARE: IN UN MOMENTO DI ONESTÀ

Signore, quando credo che il mio cuore sia straripante d’amore e mi accorgo,

in un momento di onestà, di amare me stessonella persona amata, liberami da me stesso.

Signore, quando credo di aver datotutto quello che ho da dare e mi accorgo,

in un momento di onestà, che sono io a ricevere,liberami da me stesso.

Signore, quando mi sono convinto di essere povero e mi accorgo, in un momento di onestà,

di essere ricco di orgoglio e di invidia, liberami da me stesso.

E, Signore, quando il regno dei cieli siconfonde falsamente con i regni di questo mondo,

fa’ che io trovi felicità e conforto solo in Te.

(Santa Teresa di Calcutta)

La Parola di Dio

(Fil 2, 5-8)Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono inCristo Gesù,il quale, pur essendo di natura divina,non considerò un tesoro gelosola sua uguaglianza con Dio;ma spogliò se stesso,assumendo la condizione di servoe divenendo simile agli uomini;apparso in forma umana,umiliò se stessofacendosi obbediente fino alla mortee alla morte di croce.

(Gen 37,5-11) Ora Giuseppe fece un sogno e lo raccontò ai fra-telli, che lo odiarono ancor di più.“Noi stavamo legando covoni in mezzo alla cam-pagna, quand'ecco il mio covone si alzò e restòdiritto e i vostri covoni vennero intorno e si pro-strarono davanti al mio”I suoi fratelli perciò erano invidiosi di lui.

10

DALLA AMORIS LAETITIA

NON È INVIDIOSA95. Quindi si rifiuta come contrario all’amore un atteggiamento espresso con il termine zelos (gelo-sia o invidia). Significa che nell’amore non c’è posto per il provare dispiacere a causa del bene del-l’altro (cfr At 7,9; 17,5). L’invidia è una tristezza per il bene altrui che dimostra che non ci interessa lafelicità degli altri, poiché siamo esclusivamente concentrati sul nostro benessere. Mentre l’amore cifa uscire da noi stessi, l’invidia ci porta a centrarci sul nostro io. Il vero amore apprezza i successidegli altri, non li sente come una minaccia, e si libera del sapore amaro dell’invidia. Accetta il fattoche ognuno ha doni differenti e strade diverse nella vita. Dunque fa in modo di scoprire la propriastrada per essere felice, lasciando che gli altri trovino la loro.96. In definitiva si tratta di adempiere quello che richiedevano gli ultimi due comandamenti dellaLegge di Dio: «Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo pros-simo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartengaal tuo prossimo» (Es 20,17). L’amore ci porta a un sincero apprezzamento di ciascun essere umano,riconoscendo il suo diritto alla felicità. Amo quella persona, la guardo con lo sguardo di Dio Padre,che ci dona tutto «perché possiamo goderne» (1 Tm 6,17), e dunque accetto dentro di me che possagodere di un buon momento. Questa stessa radice dell’amore, in ogni caso, è quella che mi portaa rifiutare l’ingiustizia per il fatto che alcuni hanno troppo e altri non hanno nulla, o quella che mispinge a far sì che anche quanti sono scartati dalla società possano vivere un po’ di gioia. Questoperò non è invidia, ma desiderio di equità.

11

Per meditare

Dio, che è amore, ci ha creati per amare; siamo fattiper amare; non possiamo trovare altrove la pienezzadel nostro essere, la nostra vera dignità, il nostrogiusto posto nel mondo. Siamo fatti per amare Dioe per amare gli altri con Dio. L'esempio della Ver-gine Maria ci dà un orientamento preciso.Con il suo Magnificat, Maria santissima ci mettenell'atteggiamento dell'amore riconoscente,prima di parlare di amore generoso. Ed è estre-mamente importante per la vita spirituale l'avercapito che il nostro amore per Dio deve essereinnanzitutto un amore riconoscente. L'amoregeneroso viene dopo, non può venire prima,perché, per vivere nell'amore, dobbiamo riceverel'amore e riconoscere che lo riceviamo. Non

siamo noi la sorgente dell'amore; è un'illusionepensare che noi siamo all'origine del 'amore.L'amore ci viene dal Signore e, se non lo rico-nosciamo , ci troviamo su una via sbagliata, nonpossiamo progredire; siamo in realtà sulla viadella superbia, credendo di essere sulla via del-l'amore; pretendiamo di dare, mentre siamonella necessità di ricevere.L'umile serva del Signore, Maria santissima, cilibera da questa illusione, cantando il Magnifi-cat. Ci mostra l'atteggiamento giusto che èquello dell'amore riconoscente, fin dall'inizio delcammino. Maria santissima non ha aspettato lafine della sua vita per ringraziare Dio; ha can-tato il Magnificat sin dall'inizio; e tutta la sua

NON SI VANTA, NON SI GONFIA D’ORGOGLIO97. Segue l’espressione perpereuetai, che indica la vanagloria, l’ansia di mostrarsi superiori perimpressionare gli altri con un atteggiamento pedante e piuttosto aggressivo. Chi ama, non soloevita di parlare troppo di sé stesso, ma inoltre, poiché è centrato negli altri, sa mettersi al suoposto, senza pretendere di stare al centro. La parola seguente – physioutai – è molto simile,perché indica che l’amore non è arrogante. Letteralmente esprime il fatto che non si “ingrandi-sce” di fronte agli altri, e indica qualcosa di più sottile. Non è solo un’ossessione per mostrarele proprie qualità, ma fa anche perdere il senso della realtà. Ci si considera più grandi di quelloche si è perché ci si crede più “spirituali” o “saggi”. Paolo usa questo verbo altre volte, peresempio per dire che «la conoscenza riempie di orgoglio, mentre l’amore edifica» (1 Cor 8,1).Vale a dire, alcuni si credono grandi perché sanno più degli altri, e si dedicano a pretendere daloro e a controllarli, quando in realtà quello che ci rende grandi è l’amore che comprende, cura,sostiene il debole. In un altro versetto lo utilizza per criticare quelli che si “gonfiano d’orgoglio”(cfr 1 Cor 4,18), ma in realtà hanno più verbosità che vero “potere” dello Spirito (cfr 1 Cor 4,19).98. … L’atteggiamento dell’umiltà appare qui come qualcosa che è parte dell’amore, perché perpoter comprendere, scusare e servire gli altri di cuore, è indispensabile guarire l’orgoglio e col-tivare l’umiltà. Gesù ricordava ai suoi discepoli che nel mondo del potere ciascuno cerca di do-minare l’altro, e per questo dice loro: «tra voi non sarà così» (Mt 20,26). La logica dell’amorecristiano non è quella di chi si sente superiore agli altri e ha bisogno di far loro sentire il suo po-tere, ma quella per cui «chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore» (Mt 20,27).Nella vita (…) non può regnare la logica del dominio degli uni sugli altri, o la competizione pervedere chi è più intelligente o potente, perché tale logica fa venir meno l’amore. Vale (…) que-sto consiglio: «Rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi, madà grazia agli umili» (1 Pt 5,5).

12

DOMANDE PER RIFLETTERE:

1. Sei centrato sul tuo io, sulla tua realizzazione personale da non ti interessarti la felicità dell’altro, oppure apprezzi i suoi successi e giosci dei risultati che riesce ad ottenere?

2. Quando guardi il fratello o la sorella che hai davanti li guardi con gli occhi di Dio che vuolela felicità di tutti?

3. Ti senti superiore al fratello/sorella che hai davanti perché tu dai a lui/lei qualcosa?4. Il fatto che sei un operatore Caritas è per te motivo di vanto?

Motiva la tua risposta.

vita, tutto il suo cammino di amore è fondatosu questo atteggiamento. Il Magnificat è neces-sario per preparare ogni grande realizzazione cri-stiana: soltanto quelli che cantano il Magnificatpossono progredire bene nell'amore in modo au-tentico, possono anche condurre gli altri al veroamore e rendere gloria al Signore, glorificarel'amore del Signore. Vivere nell a riconoscenza èl'atteggiamento giusto che permette il progressonell'amore. Riconoscere ciò che è: Dio ci ha col-mati di tanti benefici e sempre sta colmandoci ditanti benefici. Da Dio abbiamo tutto ciò chepossediamo; tutto ciò che siamo viene da Dio. Èlui che ci dà la vita del corpo e che la mantienein mille maniere, con l'aria che respiriamo, ilcibo che prendiamo, la luce...; lui che ci dà lepersone che ci circondano e un cuore peramarle. È normale prendere coscienza di questasituazione. Nell'ordine della grazia la cosa è an-cora più evidente, perché la grazia è un dono diamore gratuito più meraviglioso deIla vita sem-plicemente naturale e quindi deve suscitare unrendimento di grazie più intenso. Siamo colmatidi tanti benefici; è giusto che rendiamo grazie.Dobbiamo evitare l'atteggiamento che trova na-

turali tutti i doni di Dio. Perché sono quoti-diani, continui, ci siamo abituati, non facciamopiù caso a questi doni e diventiamo indifferenti;così non cresciamo nell'amore, perché non fac-ciamo attenzione ai doni di Dio.Invece un atteggiamento riconoscente non è sol-tanto giusto; è allo stesso tempo assai benefico. Lariconoscenza ci mette nella gioia, favorisce moltoil progresso spirituale, ne è la condizione indi-spensabil e. Dobbiamo gustare la bontà del Si-gnore; questo ci fa crescere, ci permette diassimilare le grazie e ci dà anche la gioia piùgrande, quella di riconoscere l'amore del Signore.Dobbiamo sempre passare dai doni al Donatore,perché ciò che è più importante è l'amore mani-festato dal Donatore, non sono i doni.Il movimento della cupidigia naturale ci spingea prendere con avidità tutti i doni per il nostroprofitto, senza pensare al Donatore. Questo at-teggiamento egoistico fa perdere le cose più pre-ziose. Pertanto dobbiamo fare lo sforzo diriconoscere i doni di Di o e, anzitutto, di rico-noscere in ogni occasione l'amore del Signore(A. Vanhoye, Per progredire nell'amore, Roma1988, 52, passim).

13

3° INCONTRO:

NON MANCA DI RISPETTONON CERCA IL PROPRIO INTERESSE

PER PREGARE: APRI I NOSTRI OCCHI

Apri i nostri occhi, Signore,perché possiamo vedere te nei nostri fratelli e sorelle.

Apri le nostre orecchie, Signore,perché possiamo udire le invocazioni di chi ha fame,

freddo, paura e di chi è oppresso.Apri il nostro cuore, Signore,perché impariamo ad amarci

gli uni gli altri come tu ci ami.Donaci di nuovo il tuo Spirito, Signore,

perché diventiamo un cuore soloe un'anima sola, nel tuo nome.

Amen.

(Santa Teresa di Calcutta)

(Lc 10, 30-35) Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusa-lemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spo-gliarono, lo percossero e poi se ne andarono,lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdotescendeva per quella medesima strada e quando lovide passò oltre dall'altra parte. Anche un levita,giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Inveceun Samaritano, che era in viaggio, passandogli ac-canto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vi-cino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino;poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò auna locanda e si prese cura di lui. Il giorno se-guente, estrasse due denari e li diede all'alberga-tore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderaiin più, te lo rifonderò al mio ritorno.

La Parola di Dio

(Gv 8, 3-11) Allora gli scribi e i farisei gli conducono unadonna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo,gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sor-presa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nellaLegge, ci ha comandato di lapidare donne comequesta. Tu che ne dici?». Questo dicevano permetterlo alla prova e per avere di che accusarlo.Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col ditoper terra. E siccome insistevano nell'interro-garlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senzapeccato, scagli per primo la pietra contro di lei».E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Maquelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno,cominciando dai più anziani fino agli ultimi.Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Al-zatosi allora Gesù le disse: «Donna, dove sono?Nessuno ti ha condannata?». Ed essa rispose:«Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neanch'ioti condanno; và e d'ora in poi non peccare più».

14

DALLA AMORIS LAETITIA

NON MANCA DI RISPETTO 99. Amare significa anche rendersi amabili, e qui trova senso l’espressione aschemonei. Vuoleindicare che l’amore non opera in maniera rude, non agisce in modo scortese, non è duro neltratto. I suoi modi, le sue parole, i suoi gesti, sono gradevoli e non aspri o rigidi. Detesta far sof-frire gli altri. La cortesia «è una scuola di sensibilità e disinteresse» che esige dalla persona che«coltivi la sua mente e i suoi sensi, che impari ad ascoltare, a parlare e in certi momenti a tacere».[107] Essere amabile non è uno stile che un cristiano possa scegliere o rifiutare: è parte delleesigenze irrinunciabili dell’amore, perciò «ogni essere umano è tenuto ad essere affabile conquelli che lo circondano». [108]100. Per disporsi ad un vero incontro con l’altro, si richiede uno sguardo amabile posato su dilui. Questo non è possibile quando regna un pessimismo che mette in rilievo i difetti e gli errorialtrui, forse per compensare i propri complessi. Uno sguardo amabile ci permette di non sof-fermarci molto sui limiti dell’altro, e così possiamo tollerarlo e unirci in un progetto comune,anche se siamo differenti. L’amore amabile genera vincoli, coltiva legami, crea nuove reti d’in-tegrazione, costruisce una solida trama sociale. In tal modo protegge sé stesso, perché senzasenso di appartenenza non si può sostenere una dedizione agli altri, ognuno finisce per cercareunicamente la propria convenienza e la convivenza diventa impossibile. Una persona antisocialecrede che gli altri esistano per soddisfare le sue necessità, e che quando lo fanno compiono soloil loro dovere. Dunque non c’è spazio per l’amabilità dell’amore e del suo linguaggio. Chi amaè capace di dire parole di incoraggiamento, che confortano, che danno forza, che consolano,che stimolano. Vediamo, per esempio, alcune parole che Gesù diceva alle persone: «Coraggiofiglio!» (Mt 9,2). «Grande è la tua fede!» (Mt 15,28). «Alzati!» (Mc 5,41). «Va’ in pace» (Lc 7,50).«Non abbiate paura» (Mt 14,27). Non sono parole che umiliano, che rattristano, che irritano,che disprezzano. Nella famiglia bisogna imparare questo linguaggio amabile di Gesù.

NON CERCA IL PROPRIO INTERESSE 101. Abbiamo detto molte volte che per amare gli altri occorre prima amare sé stessi. Tuttavia, que-sto inno all’amore afferma che l’amore “non cerca il proprio interesse”, o che “non cerca quello cheè suo”. Questa espressione si usa pure in un altro testo: «Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, maanche quello degli altri» (Fil 2,4). Davanti ad un’affermazione così chiara delle Scritture, bisogna evi-tare di attribuire priorità all’amore per sé stessi come se fosse più nobile del dono di sé stessi agli altri.Una certa priorità dell’amore per sé stessi può intendersi solamente come una condizione psicologica,in quanto chi è incapace di amare sé stesso incontra difficoltà ad amare gli altri: «Chi è cattivo con séstesso con chi sarà buono? [...] Nessuno è peggiore di chi danneggia sé stesso» (Sir 14,5-6).102. Però lo stesso Tommaso d’Aquino ha spiegato che «è più proprio della carità voler amareche voler essere amati»[110] e che, in effetti, «le madri, che sono quelle che amano di più, cer-cano più di amare che di essere amate».[111] Perciò l’amore può spingersi oltre la giustizia estraripare gratuitamente, «senza sperarne nulla» (Lc 6,35), fino ad arrivare all’amore più grande,che è «dare la vita» per gli altri (Gv 15,13). È ancora possibile questa generosità che permettedi donare gratuitamente, e di donare sino alla fine? Sicuramente è possibile, perché è ciò chechiede il Vangelo: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt10,8).[107] Octavio Paz, La llama doble, Barcelona 1993, 35.[108] Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae II-II, q. 114, a. 2, ad 1.

15

Per meditare

Il Figlio in quanto tale non sussiste affatto isolata-mente, per conto suo, ma è una cosa sola con ilPadre: poiché non è accanto, non rivendica nulla diproprio, non afferma di essere soltanto lui, noncontrappo ne al Padre nulla di esclusivamente suo,non si riserva alcuno spazio unicamente suo, egli èperciò totalmente uguale al Padre. La logica è strin-gente: se nulla c'è per cui egli sia sempliemente lui,nessuna dimensione privata separata, allora eglicoincide con Quello, forma con lui «una cosa sola».È appunto questa totalità dell'essere uno nell'altroche intende esprimere la parola 'figlio'. Per Gio-vanni “figlio” denota l'”essere dall'altro”; con taletermine egli definisce quindi l'essere di questoUomo come un essere-dall'altro ed essere-per-glial-tri, come un essere completamente aperto da en-trambi i lati, che non conosce alcuno spazioriservato al solo lo. Se in tal modo appare chiaroche l'essere di Gesù in quanto Cristo è un esseretotalmente aperto, un essere “da” e “per”, che innessun modo si fonda su se stesso néin nessun modo esiste per se stesso, allora è al con-tempo chiaro che tale essere è pura relazione (nonsostanzialità), ed essendo pura relazione è anchepura unità. Ciò che fondamentalmente così si dicedi Cristo, diventa pure una spiegazione dell'esi-stenza cristiana. Per Giovanni essere cristiani vuoldire essere come il Figlio, diventare figli e quindinon vivere fondandosi su se stessi e chiusi in sestessi, ma vivere invece completamente aperti,

nel’“essere-da” nell’“essere-per”. Per il cristiano, inquanto “cristiano”, ciò mantiene tutto il suo valore.E di fronte a tali affermazioni egli avvertirà sicura-mente quanto poco sia cristiano. La fede cristianacrede che Gesù di Nazaret è l'uomo esemplare. Maappunto in quanto uomo esemplare, normativo,egli travalica i confini dell'umano; solo così, in virtùdi questo, egli è davvero l'uomo esemplare. Sì, per-ché l'uomo è tanto più presso di sé quanto più èpresso gli altri; egli perviene a se stesso solo stac-candosi da sé; perviene a se stesso solo attraversol'altro e grazie all'essere presso l'altro.Ciò vale, in fine, in senso profondo ultimativo. Sel'altro è soltanto uno qualunque, può anche tra-sformarsi in autoperdizione dell'uomo. L'essereumano è, in ultima analisi, ordinato all'altro, al ve-ramente Altro, cioè a Dio; è tanto più presso di séquanto più è presso il totalmente Altro, presso Dio.Per cui, è integralmente se stesso quando ha ces-sato di essere per sé, di chiudersi in sé e di affer-marsi per se stesso, quando è divenuto perfettaapertura verso Dio. Per dirla ancora una volta inmaniera diversa, l'uomo perviene a se stessouscendo da se stesso. Ora, Gesù Cristo è appuntol'uomo totalmente uscito da se stesso e pertantol'uomo veramente pervenuto a se stesso.Essere cristiani significa essenzialmente il passag-gio dall'essere per se stessi all'essere gli uni per glialtri (J. Ratzinger, Introduzione al cristianesimo,Brescia 200513, 175-176.224-225.243, passim).

DOMANDE PER RIFLETTERE:

1. La rudezza e la scortesia fanno parte a volte del tuo atteggiamento? Oppure i tuoi modi, letue parole e i tuoi gesti sono gradevoli in modo da non far soffrire e non umiliare l’altro?

2. E’ accettabile che un operatore Caritas dica a sua giustificazione “io sono fatto così e nonci posso fare niente”?

3. Si dice che chi non ama se stesso non è in grado di amare gli altri. Ma questo cosa significa che è più importante amare se stessi che donare se stessi al prossimo?

4. Per l’amore che dai agli altri, per il tempo che dedichi loro, per tutto quello che fai per loroti aspetti un contraccambio, magari un po’ di gratitudine, o che si avvicinino alla Parrocchia?

16

4° INCONTRO:

NON SI ADIRANON TIENE CONTO DEL MALE RICEVUTO

PER PREGARE:LA BONTÀ

Non permettere mai che qualcuno venga a tee vada via senza essere migliore e più contento.

Sìi l'espressione della bontà di Dio Bontà sul tuo volto e nei tuoi occhi,

bontà nel tuo sorriso e nel tuo saluto.Ai bambini, ai poveri

a tutti coloro che soffrono nella carne e nello spirito

offri sempre un sorriso gioioso.Dai a loro non solo le tue cure

ma anche il tuo cuore.Amen

(Santa Teresa di Calcutta)

La Parola di Dio

(Es 34, 5-7)Allora il Signore scese nella nube, si fermò làpresso di lui e proclamò il nome del Signore.Il Signore passò davanti a lui proclamando: «IlSignore, il Signore, Dio misericordioso e pie-toso, lento all'ira e ricco di grazia e di fedeltà,che conserva il suo favore per mille generazioni,che perdona la colpa, la trasgressione e il pec-cato, ma non lascia senza punizione, che castigala colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli finoalla terza e alla quarta generazione».

(Gc 1, 19-21) Lo sapete, fratelli miei carissimi: sia ognuno prontoad ascoltare, lento a parlare, lento all'ira. [20]Per-ché l'ira dell'uomo non compie ciò che è giusto da-vanti a Dio. [21]Perciò, deposta ogni impurità eogni resto di malizia, accogliete con docilità la pa-rola che è stata seminata in voi e che può salvare levostre anime.

17

DALLA AMORIS LAETITIA

NON SI ADIRA103. Se la prima espressione dell’inno ci invitava alla pazienza che evita di reagire bruscamente difronte alle debolezze o agli errori degli altri, adesso appare un’altra parola – paroxynetai – che si rife-risce ad una reazione interiore di indignazione provocata da qualcosa di esterno. Si tratta di una vio-lenza interna, di una irritazione non manifesta che ci mette sulla difensiva davanti agli altri, come sefossero nemici fastidiosi che occorre evitare. Alimentare tale aggressività intima non serve a nulla. Cifa solo ammalare e finisce per isolarci. L’indignazione è sana quando ci porta a reagire di fronte a unagrave ingiustizia, ma è dannosa quando tende ad impregnare tutti i nostri atteggiamenti verso gli altri.104. Il Vangelo invita piuttosto a guardare la trave nel proprio occhio (cfr Mt 7,5), e come cri-stiani non possiamo ignorare il costante invito della Parola di Dio a non alimentare l’ira: «Nonlasciarti vincere dal male» (Rm 12,21). «E non stanchiamoci di fare il bene» (Gal 6,9). Una cosaè sentire la forza dell’aggressività che erompe e altra cosa è acconsentire ad essa, lasciare chediventi un atteggiamento permanente: «Adiratevi, ma non peccate; non tramonti il sole soprala vostra ira» (Ef 4,26). (…) La reazione interiore di fronte a una molestia causata dagli altri do-vrebbe essere anzitutto benedire nel cuore, desiderare il bene dell’altro, chiedere a Dio che loliberi e lo guarisca: «Rispondete augurando il bene. A questo infatti siete stati chiamati da Dioper avere in eredità la sua benedizione» (1 Pt 3,9). Se dobbiamo lottare contro un male, faccia-molo, ma diciamo sempre “no” alla violenza interiore.

NON TIENE CONTO DEL MALE RICEVUTO105. Se permettiamo ad un sentimento cattivo di penetrare nelle nostre viscere, diamo spazio aquel rancore che si annida nel cuore. La frase logizetai to kakon significa “tiene conto del male”, “selo porta annotato”, vale a dire, è rancoroso. Il contrario è il perdono, un perdono fondato su un at-teggiamento positivo, che tenta di comprendere la debolezza altrui e prova a cercare delle scuse perl’altra persona, come Gesù che disse: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc23,34). Invece la tendenza è spesso quella di cercare sempre più colpe, di immaginare sempre piùcattiverie, di supporre ogni tipo di cattive intenzioni, e così il rancore va crescendo e si radica. (…) Ilproblema è che a volte si attribuisce ad ogni cosa la medesima gravità, con il rischio di diventare cru-deli per qualsiasi errore dell’altro. La giusta rivendicazione dei propri diritti si trasforma in una persi-stente e costante sete di vendetta più che in una sana difesa della propria dignità.106. Quando siamo stati offesi o delusi, il perdono è possibile e auspicabile, ma nessuno diceche sia facile. (…) 107. Oggi sappiamo che per poter perdonare abbiamo bisogno di passare attraverso l’espe-rienza liberante di comprendere e perdonare noi stessi. Tante volte i nostri sbagli, o lo sguardocritico delle persone che amiamo, ci hanno fatto perdere l’affetto verso noi stessi. Questo ci in-duce alla fine a guardarci dagli altri, a fuggire dall’affetto, a riempirci di paure nelle relazioni in-terpersonali. Dunque, poter incolpare gli altri si trasforma in un falso sollievo. C’è bisogno dipregare con la propria storia, di accettare sé stessi, di saper convivere con i propri limiti, e anchedi perdonarsi, per poter avere questo medesimo atteggiamento verso gli altri.108. Ma questo presuppone l’esperienza di essere perdonati da Dio, giustificati gratuitamentee non per i nostri meriti. Siamo stati raggiunti da un amore previo ad ogni nostra opera, che offre

18

sempre una nuova opportunità, promuove e stimola. Se accettiamo che l’amore di Dio è senzacondizioni, che l’affetto del Padre non si deve comprare né pagare, allora potremo amare al dilà di tutto, perdonare gli altri anche quando sono stati ingiusti con noi. Diversamente, la nostravita in famiglia cesserà di essere un luogo di comprensione, accompagnamento e stimolo, esarà uno spazio di tensione permanente e di reciproco castigo.

DOMANDE PER RIFLETTERE:

1. Davanti a quanti vengono in Caritas per un aiuto, ti metti sulla difensiva come se fossero ne-mici fastidiosi? Dai per scontato che mentono sulle loro reali condizioni di bisogno?

2. Sei convinto che il perdono sia fondato su un atteggiamento positivo, che tenta di com-prendere la debolezza altrui e prova a cercare delle scuse per l’altra persona?

3. Preghi per accettare te stesso, saper convivere con i tuoi limiti e perdonarti, per poter averequesto medesimo atteggiamento anche verso gli altri?

4. Oggi molti hanno perso il senso del peccato, non si sentono in colpa davanti a Dio e dunque nongli chiedono perdono. Secondo te può perdonare chi non fa l’esperienza di essere perdonato?

Per meditare

All'inizio è un grande successo quando non la-sciamo trasparire esteriormente la commozione in-terna. Nelle Vite dei padri si racconta che alcuni,volutamente, umiliavano e offendevano un mo-naco egiziano. Egli, però, stette là come se non sitrattasse di lui. Gli chiesero dopo: «Padre, non tisei arrabbiato?». La risposta fu: «Arrabbiato sì, manon ho parlato». Un tale dominio di sé è più facileper un flemmatico o anche per un malinconico. Icollerici facilmente si eccitano, diventano rossi inviso. Sant'Ignazio di Loyola, pur essendo un tipocollerico, sapeva dominarsi tanto da dare l'impres-sione di essere un flemmatico. È più difficile, però,dominarsi dentro, nel cuore. La fede nella Provvi-denza e la persuasione sulla necessità della crocesono disposizioni che fanno meraviglie. Bisogna sa-persi convincere che le avversità e gli insuccessi ap-partengono necessariamente alla sequela di Cristo.Perché, allora, urtarsi quando li incontriamo?Per lungo tempo sant'Ignazio lavorò a scrivere lecostituzioni del suo ordine. Gli costava molti studi,meditazioni, preghiere e digiuni. Alla fine volevanoburlarsi di lui: «Padre Ignazio, se ora il papa vi or-dinasse di buttare tutto nel fuoco perché non valeniente, vi arrabbiereste?». Il santo confessò che, na-

turalmente, si sarebbe sentito toccato, ma assicurògli altri che, con la grazia di Dio, avrebbe avuto bi-sogno di un quarto d'ora per recuperare la suacalma. Ci basta, in queste occasioni, ricordarecome è lungo non riuscire a riconciliarsi con i pic-coli dispiaceri causati da un altro, con una parolascorretta o uno sguardo spiacevole.La Scrittura stabilisce un limite: «Che il sole nontramonti sopra la vostra ira» (Ef 4,26). Per que-sto esisteva, nei monasteri e nelle famiglie, l'abi-tudine di chiedersi perdono a vicenda prima dicoricarsi. Nessuno doveva mettersi a letto con ilpensiero della vendetta. Non gli sarebbe possi-bile, altrimenti, la vita con gli altri. I tempi dellavita moderna, l'essere sovraccarichi di lavoro, de-boli di nervi, tutto ciò provoca da parte nostrareazioni risentite a tutti coloro che ci sono in-torno. Molti, perciò, frequentano medici percercare tranquillanti. Ma senza la mitezza cri-stiana il problema non si potrà risolvere. L'unicomedicamento efficace è pregare, seguendol'esempio di santo Stefano, per i nemici. (At7,60) (T. Špidlík, Manuale fondamentale dispiritualità, Casale Monf. 19973, 213s.).

19

5° INCONTRO:

NON GODE DELL’INGIUSTIZIAMA SI RALLEGRA DELLA VERITÀ

PER PREGARE: RAGGI DELL’AMORE DI DIO

Aiutami a diffondere dovunque il tuo profumo, o Gesù.Dovunque io vada.

Inonda la mia anima del tuo Spirito e della tua vita. Diventa padrone del mio essere in modo così completo

che tutta la mia vita sia un'irradiazione della tua. Perché ogni anima che avvicino

possa sentire la tua presenza dentro di me. Perché guardandomi non veda me, ma te in me.

Resta in me. Così splenderò del tuo stesso splendore

e potrò essere luce agli altri.Amen.

(Santa Teresa di Calcutta)

La Parola di Dio

(Salmo 84 vv.8-14)«Mostraci, Signore, la tua misericordiae donaci la tua salvezza.Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:egli annunzia la paceper il suo popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con tutto il cuore.La sua salvezza è vicina a chi lo teme

e la sua gloria abiterà la nostra terra.

Misericordia e verità s'incontreranno,giustizia e pace si baceranno.La verità germoglierà dalla terrae la giustizia si affaccerà dal cielo.Quando il Signore elargirà il suo bene,la nostra terra darà il suo frutto.Davanti a lui camminerà la giustiziae sulla via dei suoi passi la salvezza.

DALLA AMORIS LAETITIA

NON GODE DELL’INGIUSTIZIA MA SI RALLEGRA DELLA VERITÀ 109. L’espressione indica qualcosa di negativo insediato nel segreto del cuore della persona. Èl’atteggiamento velenoso di chi si rallegra quando vede che si commette ingiustizia verso qual-cuno. La frase si completa con quella che segue, che si esprime in modo positivo: si compiace

20

DOMANDE PER RIFLETTERE:

1. Il compito dell’operatore Caritas è solo dare al povero il pacco alimentare o il vestiariousato, o è anche e soprattutto operare perchè venga riconosciuta la sua dignità, venganoapprezzate le sue capacità e le sue buone opere?

2. Sei convinto che se non alimentiamo la nostra capacità di godere del bene dell’altro e ciconcentriamo solo sulle nostre necessità, ci condanniamo a vivere con poca gioia?

Per meditare

La misericordia di Dio sia con voi!Come sono risuonate dolorosamente nel miocuore le vostre parole: «È corsa la voce!». Come èterribile e caustico il fuoco dei discorsi e dei so-spettosi occhi degli uomini! Ed è chiaro perché neisalmi il santo profeta Davide spesso si rivolge a Dioin preghiera e con il cuore addolorato e gli chiededi salvarlo dalla lingua degli uomini. Dove trovareconsolazione e appoggio? Nella testimonianza dellavostra coscienza. Serbate nella mente e nel cuorequesta coscienza della dignità morale delle vostreazioni di fronte a Dio e di fronte a tutta la gente as-sennata. Con essa fate fronte coraggiosamente aogni discorso, qualunque esso sia. Nel frattempo,comportatevi con tutti come se non sapeste nulla.Nella vita di tutti i giorni non si può trascuraredel tutto ciò che di ce o dirà la gente. La ragio-nevolezza, del resto, ci deve spingere solo fino aquesto: comportarsi in modo da non suscitare le

chiacchiere e non attirare gli occhi degli uomini.Oltre ciò non si deve andare; non si devono, peresempio, rimandare azioni che si ritengono ne-cessarie [... ]. Non vi preoccupate, perciò, dei di-scorsi. Da parte vostra fate di tutto per nonsuscitarli. Se, nonostante tutto, verranno fuori,lasciateli perdere. A consolazione e rafforza-mento del vostro coraggio sia suff ic iente, comevi ho detto, la testimonianza della coscienza difronte a Dio. Lasciate che tutti giudichino, ma seDio giustifica in coscienza, tutti i giudizi nonconteranno nulla. Uno degli osservatori mi hadetto che i discorsi degli uomini, se non toccanoqualcosa di veramente cattivo, stanno fermi sul-l'uomo come una nuvola arida e se ne vanno. Ela loro traccia scompare e nessuno se ne ricorda.Lo stesso, penso, accadrà con voi (Teofane IlRecluso, La vita spirituale - Lettere, Roma1996, 225s.).

della verità. Vale a dire, si rallegra per il bene dell’altro, quando viene riconosciuta la sua di-gnità, quando si apprezzano le sue capacità e le sue buone opere. Questo è impossibile per chideve sempre paragonarsi e competere, anche con il proprio coniuge, fino al punto di rallegrarsisegretamente per i suoi fallimenti.110. Quando una persona che ama può fare del bene a un altro, o quando vede che all’altro lecose vanno bene, lo vive con gioia e in quel modo dà gloria a Dio, perché «Dio ama chi donacon gioia» (2 Cor 9,7), nostro Signore apprezza in modo speciale chi si rallegra della felicità del-l’altro. Se non alimentiamo la nostra capacità di godere del bene dell’altro e ci concentriamo so-prattutto sulle nostre necessità, ci condanniamo a vivere con poca gioia, dal momento che,come ha detto Gesù, «si è più beati nel dare che nel ricevere!» (At 20,35).

21

La Parola di Dio

(Fil 2, 13-18) È Dio infatti che suscita in voi ilvolere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni.Fate tutto senza mormorazioni e senza critiche,perché siate irreprensibili e semplici, figli di Dioimmacolati in mezzo a una generazione perversa edegenere, nella quale dovete splendere come astrinel mondo, tenendo alta la parola di vita. Alloranel giorno di Cristo, io potrò vantarmi di non avercorso invano né invano faticato. E anche se il miosangue deve essere versato in libagione sul sacrificioe sull'offerta della vostra fede, sono contento, e negodo con tutti voi. Allo stesso modo anche voi go-detene e rallegratevi con me.

PER PREGARE:DAI IL MEGLIO DI TE

L’uomo è irragionevole, illogico, egocentricoNON IMPORTA, AMALO

Se fai il bene, ti attribuiranno secondi fini egoistici

NON IMPORTA, FA’ IL BENE

Se realizzi i tuoi obiettivi, troverai falsi amici e veri nemici

NON IMPORTA, REALIZZALI

Il bene che fai verrà domani dimenticatoNON IMPORTA, FA’ IL BENE

L’onestà e la sincerità ti rendono vulnerabileNON IMPORTA, SII FRANCO E ONESTO

Quello che per anni hai costruitopuò essere distrutto in un attimoNON IMPORTA, COSTRUISCI

Se aiuti la gente, se ne risentiràNON IMPORTA, AIUTALA

Da’ al mondo il meglio di te, e ti prenderanno a calci

NON IMPORTA, DA’ IL MEGLIO DI TE

(Santa Teresa di Calcutta)

6° INCONTRO:

TUTTO SCUSATUTTO CREDE

22

DALLA AMORIS LAETITIA

TUTTO SCUSA111. L’elenco si completa con quattro espressioni che parlano di una totalità: “tutto”. Tuttoscusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. In questo modo, si sottolinea con forza il dina-mismo contro-culturale dell’amore, capace di far fronte a qualsiasi cosa lo possa minacciare.112. In primo luogo si afferma che “tutto scusa”. Si differenzia da “non tiene conto del male”,perché questo termine ha a che vedere con l’uso della lingua; può significare “mantenere il si-lenzio” circa il negativo che può esserci nell’altra persona. Implica limitare il giudizio, contenerel’inclinazione a lanciare una condanna dura e implacabile. «Non condannate e non sarete con-dannati» (Lc 6,37). Benché vada contro il nostro uso abituale della lingua, la Parola di Dio cichiede: «Non sparlate gli uni degli altri, fratelli» (Gc 4,11). Soffermarsi a danneggiare l’immaginedell’altro è un modo per rafforzare la propria, per scaricare i rancori e le invidie senza fare casoal danno che causiamo. Molte volte si dimentica che la diffamazione può essere un grande pec-cato, una seria offesa a Dio, quando colpisce gravemente la buona fama degli altri procurandoloro dei danni molto difficili da riparare. Per questo la Parola di Dio è così dura con la lingua, di-cendo che è «il mondo del male» che «contagia tutto il corpo e incendia tutta la nostra vita» (Gc3,6), «è un male ribelle, è piena di veleno mortale» (Gc 3,8). Se «con essa malediciamo gli uo-mini fatti a somiglianza di Dio» (Gc 3,9), l’amore si prende cura dell’immagine degli altri, con unadelicatezza che porta a preservare persino la buona fama dei nemici. Nel difendere la legge di-vina non bisogna mai dimenticare questa esigenza dell’amore.113. (…) Non è soltanto un gesto esterno, ma deriva da un atteggiamento interiore. E non èneppure l’ingenuità di chi pretende di non vedere le difficoltà e i punti deboli dell’altro, bensìè l’ampiezza dello sguardo di chi colloca quelle debolezze e quegli sbagli nel loro contesto; ri-corda che tali difetti sono solo una parte, non sono la totalità dell’essere dell’altro. Un fatto sgra-devole nella relazione non è la totalità di quella relazione. Dunque si può accettare consemplicità che tutti siamo una complessa combinazione di luci e ombre. L’altro non è soltantoquello che a me dà fastidio. È molto più di questo. (…)

TUTTO CREDE114. Panta pisteuei: “tutto crede”. Per il contesto, non si deve intendere questa “fede” in sensoteologico, bensì in quello corrente di “fiducia”. Non si tratta soltanto di non sospettare che l’al-tro stia mentendo o ingannando. Tale fiducia fondamentale riconosce la luce accesa da Dio chesi nasconde dietro l’oscurità, o la brace che arde ancora sotto le ceneri.115. (…) Nello stesso tempo tale fiducia rende possibili la sincerità e la trasparenza, perchéquando uno sa che gli altri confidano in lui e ne apprezzano la bontà di fondo, allora si mostracom’è, senza occultamenti. Uno che sa che sospettano sempre di lui, che lo giudicano senzacompassione, che non lo amano in modo incondizionato, preferirà mantenere i suoi segreti, na-scondere le sue cadute e debolezze, fingersi quello che non è.

23

Per meditare

Chi ha un cuore grande vi trova molto posto,anche per la critica. Questa non gli fa perderecosì facilmente l'equilibrio. Chi ha un cuoregrande e ampio è generoso nel dare, ma anchealtrettanto nel giudicare. Non giudicherà sol-tanto secondo norme e princìpi, ma lascerà en-trare nel suo gran cuore la persona che gli staaccanto, la guarderà e la esaminerà con unosguardo lungimirante. Le perdonerà i suoi er-rori. Ha fiducia nel fatto che possa crescere, chesvilupperà ancora il buono che c'è in lei. Poichéè di animo grande, ha anche una grande opi-nione e un grande affetto per gli uomini. Ha fi-ducia nella grandezza che si cela in ogni singolo.Non fissa l'altro in un'immagine di meschinità,ma vede in lui colui che può ancora divenire. Perpoter mostrare magnanimità devo prima averfatto esperienza di qualcosa di grande. Devo aversentito che mi è stato donato qualcosa di grande.Non devo meschinamente persistere su ciò cheho e che conosco. Allora il cuore grande può ve-dere al di là degli errori delle persone. Può do-nare senza calcolare. Non ha il fiato corto. Puòaspettare finché nell'altro non avvenga una tra-sformazione. Si lascia tempo. Non deve cam-biare l'altro. Può anche aspettare finché Dio nonprovochi qualcosa di decisivo nella sua vita.Spera che l'altro trovi la sua strada, anche se èdiversa dalla propria. Confida nel fatto che ilprossimo, anche attraverso depistamenti o vietraverse, trovi la strada che lo porta alla vita. Dio«fa sorgere il sole sopra i malvagi e sopra i buoni,e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti»(Mt 5,45). Così anche noi dobbiamo lasciar

splendere il sole della nostra benevolenza su tuttigli uomini. Allora può schiudersi un buon semeanche in coloro che sembrano malvagi. Infatti,che ne sappiamo del perché l'altro fa il male?Forse lo fa per disperazione. O ferisce perché èstato egli stesso ferito e può sopportare le sue fe-rite soltanto infliggendone anche ad altri (A.Grün, 50 angeli per l'anima, Brescia 2002,88, passim).

DOMANDE PER RIFLETTERE:

1. Sei chiamato a mantenere un silenzio interiore circa il negativo che può esserci nell’altro, senza condannare. Ti riesce di evitare il giudizio sommario?

2. Ti capita di pensare che il perdono sia l’ingenuità di non vedere gli sbagli e i punti deboli dell’altro?

24

PER PREGARE: SPERANZA

O Signore risorto, fa' che ti apra quando bussi alla mia porta.

Donami gioia vera per testimoniare al mondo che sei morto e risorto,

per sconfiggere il male.Fà che ti veda e ti serva

nel fratello sofferente,malato, abbandonato, perseguitato...

Aiutami a riconoscerti in ogni avvenimento della vita

e donami un cuore sensibile alle necessità del mondo.

O Signore risorto, riempi il mio cuoredi piccole opere di carità,

quelle che si concretizzano in un sorriso,in un atto di pazienza e di accettazione,

in un dono di benevolenza e di compassione,in un atteggiamento di perdono cordiale,

in un aiuto materiale secondo le mie possibilità

Amen.

(Santa Teresa di Calcutta)

7° INCONTRO:

TUTTO SPERATUTTO SOPPORTA

La Parola di Dio

(Lc 12, 1-7)Nel frattempo, radunatesi migliaia di personeche si calpestavano a vicenda, Gesù cominciò adire anzitutto ai discepoli: «Guardatevi dal lie-vito dei farisei, che è l'ipocrisia. Non c'è nulladi nascosto che non sarà svelato, né di segretoche non sarà conosciuto. Pertanto ciò cheavrete detto nelle tenebre, sarà udito in pienaluce; e ciò che avrete detto all'orecchio nellestanze più interne, sarà annunziato sui tetti.A voi miei amici, dico: Non temete coloro cheuccidono il corpo e dopo non possono far piùnulla. Vi mostrerò invece chi dovete temere:temete Colui che, dopo aver ucciso, ha il poteredi gettare nella Geenna. Sì, ve lo dico, temete

Costui. Cinque passeri non si vendono forseper due soldi? Eppure nemmeno uno di essi èdimenticato davanti a Dio. Anche i capelli delvostro capo sono tutti contati. Non temete, voivalete più di molti passeri

25

DALLA AMORIS LAETITIA

TUTTO SPERA116. Non dispera del futuro. In connessione con la parola precedente, indica la speranza di chi sache l’altro può cambiare. Spera sempre che sia possibile una maturazione, un sorprendente sboc-ciare di bellezza, che le potenzialità più nascoste del suo essere germoglino un giorno. Non vuol direche tutto cambierà in questa vita. Implica accettare che certe cose non accadano come uno le de-sidera, ma che forse Dio scriva diritto sulle righe storte di quella persona e tragga qualche bene daimali che essa non riesce a superare in questa terra.117. Qui si fa presente la speranza nel suo senso pieno, perché comprende la certezza di una vitaoltre la morte. Quella persona, con tutte le sue debolezze, è chiamata alla pienezza del Cielo. Là,completamente trasformata dalla risurrezione di Cristo, non esisteranno più le sue fragilità, le sueoscurità né le sue patologie. Là l’essere autentico di quella persona brillerà con tutta la sua potenzadi bene e di bellezza. Questo altresì ci permette, in mezzo ai fastidi di questa terra, di contemplarequella persona con uno sguardo soprannaturale, alla luce della speranza, e attendere quella pie-nezza che un giorno riceverà nel Regno celeste, benché ora non sia visibile.

TUTTO SOPPORTA118. Significa che sopporta con spirito positivo tutte le contrarietà. Significa mantenersi saldi nelmezzo di un ambiente ostile. Non consiste soltanto nel tollerare alcune cose moleste, ma in qual-cosa di più ampio: una resistenza dinamica e costante, capace di superare qualsiasi sfida. È amoremalgrado tutto, anche quando tutto il contesto invita a un’altra cosa. Manifesta una dose di eroismotenace, di potenza contro qualsiasi corrente negativa, una opzione per il bene che niente può ro-vesciare. Questo mi ricorda le parole di Martin Luther King, quando ribadiva la scelta dell’amore fra-terno anche in mezzo alle peggiori persecuzioni e umiliazioni: «La persona che ti odia di più, haqualcosa di buono dentro di sé; e anche la nazione che più odia, ha qualcosa di buono in sé; anchela razza che più odia, ha qualcosa di buono in sé. E quando arrivi al punto di guardare il volto di cia-scun essere umano e vedi molto dentro di lui quello che la religione chiama “immagine di Dio”, co-minci ad amarlo nonostante tutto. Non importa quello che fa, tu vedi lì l’immagine di Dio. C’è unelemento di bontà di cui non ti potrai mai sbarazzare […] Un altro modo in cui ami il tuo nemico èquesto: quando si presenta l’opportunità di sconfiggere il tuo nemico, quello è il momento nel qualedevi decidere di non farlo […] Quando ti elevi al livello dell’amore, della sua grande bellezza e po-tere, l’unica cosa che cerchi di sconfiggere sono i sistemi maligni. Le persone che sono intrappolateda quel sistema le ami, però cerchi di sconfiggere quel sistema […] Odio per odio intensifica solol’esistenza dell’odio e del male nell’universo. Se io ti colpisco e tu mi colpisci, e ti restituisco il colpoe tu mi restituisci il colpo, e così di seguito, è evidente che si continua all’infinito. Semplicemente nonfinisce mai. Da qualche parte, qualcuno deve avere un po’ di buon senso, e quella è la personaforte. La persona forte è la persona che è capace di spezzare la catena dell’odio, la catena del male[…] Qualcuno deve avere abbastanza fede e moralità per spezzarla e iniettare dentro la stessa strut-tura dell’universo l’elemento forte e potente dell’amore». [114]119. L’amore non si lascia dominare dal rancore, dal disprezzo verso le persone, dal desiderio di fe-rire o di far pagare qualcosa. L’ideale cristiano, è amore malgrado tutto.

[114] Sermone tenuto nella chiesa Battista di Dexter Avenue, Montgomery, Alabama, 17 novembre 1957.

26

Per meditare

Quante volte accade che la persona abbia vissutoonestamente, abbia amato e consegnato la suavita alla bontà, a tanti sacrifici, a tante rinunceche nessuno ha mai visto, accettato, di cui nes-suno ha mai detto bene. Ma chi vive secondouna logica Iudica, secondo la logica di una vitafacile, superficiale, può vestirsi di lusso, di sfarzoostentato, del rumore del mondo e nascondere,mettere in ombra - un'ombra grande e profonda- la stragrande maggioranza dell'umanità sepoltanei sacrifici tra marito e moglie, tra madre e fi-glio, tra fratelli e sorelle, tra fidanzati, sepolta nelsacrificio del lavoro, dell'onestà. Quante volte inquest'ombra appartata viene nascosto l'uomovero, quello che non conosce altro che lavoro,onestà e umiliazione. Sono i volti di quelli chesono derisi, tante volte urtati dai gomiti deglialtri, schiacciati. Ma la bontà che si frange sullaroccia dell'egoismo degli altri diventa una feritache non è facile dimenticare. Noi uomini siamoportati a fissare lo sguardo su questo, sul doloresubito, sull'offesa ricevuta, sulla bontà fraintesa.Eppure l'amore dimentica il male, è capace di

non tenerne conto. Affinché l'uomo possa averela vita, una vita rassicurata, fuori dalla continuaminaccia, deve vivere in pace con l'altro uomo.Perciò Dio affida suo Figlio nelle mani del-l'umanità, affinché questa scateni su di lui tuttala violenza del mondo. Cristo viene davanti aduno che ce l'ha con il suo fratello e gli dice diprendersela non con il fratello, ma con lui, per-ché la colpa che questi rimprovera al fratello laassume lui su di sé. E al fratello dice lo stesso,affinché i due vivano in pace. Ecco l'Agnello diDio, l'Agnello della vendetta storica ed esisten-ziale dell'umanità. Per questo, per l'uomo pec-catore Dio è sempre responsabile e colpevole ditutto, per tutti e davanti a tutti. Dio, nella suaumiltà, assume il male del mondo. E nel mo-mento in cui l'umanità stende la mano su Cri-sto e lo picchia, nel momento in cui gli schiavigli si scatenano addosso, lui rivela la vera imma-gine di Dio, un Dio folle d'amore tanto da affi-darsi nelle mani di una generazione tale (M.I.Rupnik, Venerdì Santo, in Aa.Va., Omelie di Pa-squa, Roma 1998, 40, passim).

DOMANDE PER RIFLETTERE:

1. Pensi sia possibile “AMARE MALGRADO TUTTO”?2. Il tuo essere operatore Caritas ti chiede di essere tollerante con chi ha un comportamento

molesto, o ti chiede di amarlo nonostante tutto ti porti a cacciarlo via, perché credi che dentro di lui ci sia qualcosa di buono?