Just move - Numero Zero del Magazine vincitore del concorso "Sogna e Realizza" del Liceo Scientifico...

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1 Persone il mare negli occhi Intervista a Shekib Dolatzai. Musica Ho imparato a sognare Negrita. Cult 27 gennaio 1945 Perchè bisogna ricordare. On the road localizzazione Rieti Sport Allenati a sognare Passione e sacrifici. Sinapsi perchè sognamo? Curiosità sul mondo dei sogni

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Just move - Numero Zero del Magazine vincitore del concorso "Sogna e Realizza" del Liceo Scientifico C.Jucci di Rieti Tema "Il Sogno"

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Personeil mare negli occhi

Intervista a Shekib Dolatzai.

MusicaHo imparato a sognare

Negrita.

Cult27 gennaio 1945

Perchè bisogna ricordare.

On the roadlocalizzazione

Rieti

SportAllenati a sognare

Passione e sacrifici.

Sinapsiperchè sognamo?

Curiosità sul mondo dei sogni

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VIA ROMA-VIA CINTIA-VIALE MARAINI

www.otticacurci.it

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focus SPORT

PERSONE carta e pellicola

CULT

MUSICA

SIMBOLI

SINAPSI

ON THE ROAD

CURIOSARE&CURIOSARE

Tra sogno e realtà Allenàti a sognare

Sogno a modo mio

you may say i’m a dreamer

Mlk i have a dream

Smorfia

Nel mare ci sono i coccodrilli

Perchè sognamo?

localizzazione Rieti

Un sogno per domani

Lettera di una mamma

A tu per tu: simone petrangeli

CAPOREDATTORESerena Pitotti

DIREZIONE COMMERCIALEMassimo Martellucci

DIREZIONE CREATIVAMaria Chiara GiovannelliMassimo Martellucci

CORREZIONE BOZZEProf.ssa Anna Rita Rizzo

Il mare negli occhi

Negrita

Playlist

27 gennaio 1945

Giochi

Eventi

Il grande sogno

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LA REDAZIONE:

Beatrice CianettiChiara CaulettiFederica D’oraziSofia Galgani

Simona RomagnoliElvisa RossettiDaniele BollettaSerena Pitotti

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Abbiano imparato che, se ci credi veramente un sogno può es-sere realizzato. Grinta, passione e tenacia fanno la differenza. Volevamo dare l'opportunità a tutti i nostri compagni di espri mere il proprio talento nelle pagine di un giornale. Per questo

abbiamo iniziato a sognare insieme a quelli che, da tempo, condividono con noi il desiderio di lottare per risvegliare le coscienze dei nostri coe-tanei e di altre generazioni.

Se c'è qualcuno a cui dobbiamo dire grazie è l'associazione degli ex stu-denti del mio Liceo che, mossi dal nostro stesso ardore, hanno inventato il progetto "Sogna e Realizza" con il quale si propongono di stimolare e supportare le idee di giovani "sognatori", mettendo a disposizione le loro risorse.

Ce l'abbiamo fatta: hanno creduto in noi, ci abbiamo messo l'impegno e la dedizione, abbiamo superato i momenti di sconforto, ma abbiamo avuto anche tante soddisfazioni. La più grande è stata vincere la seconda edizione del concorso. Come sottovalutare, poi, l'emozione che abbiamo provato quel giorno in cui abbiamo incontrato Shekib? O quando ci hanno detto che avremmo avuto l'opportunità di intervistare personaggi famosi?

Giorno per giorno costruiamo la nostra esperienza e la nostra identità di mentore.Stiamo lavorando per migliorare qualcosa in questa città che, ormai da tempo, ha smesso di sognare. Crediamo fermamente che la nostra Rieti non abbia nulla da invidiare alla altre province italiane; per questo voglia-mo farvi conoscere meglio il nostro bellissimo territorio.

Speriamo di stimolare il lettore ad affrontare con più determinazione gli ostacoli che la vita pone davanti. Non importa quanti di voi leggeranno quello che scriviamo: la nostra più grande vittoria è stata metterci in gioco ed aver avuto l'opportunità di provarci.

Martha Medeiros “lentamente muore”

Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non rischia e cam-bia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di unosbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta mu-sica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi

SOGNA CON ME:

COMBATTIAMO INSIEME L'OMERTÀ E

L'IGNORANZA CHE STANNO PROVANDO

A DISTRUGGERE IL NOSTRO FUTURO.

la redazione

non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando glichiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.

focus tra sogno e realtà|

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PERSONE Sogno a modo mio|

Giuseppe D’Antonio, 40enne, è amministratore in una ditta che lavora nel settore informatico e soprattutto nei social network. Ha frequentato la facoltà di ingegneria presso l’università dell’Aqui-la, ma ha concluso i suoi studi negli Stati Uniti, dove è rimasto per diversi anni. Ha vissuto anche in Francia, in Inghilterra, a Singapore e in Svizze-ra. Già dal liceo pensava

a qualcosa che avrebbe cambiato il “futu-ro” della società e, in virtù di quella che è sempre stata una sua grande passione, si informava spesso di quali fossero i nuo-vi trend tecnologici, le scoperte in qua-lunque settore e sperava che un giorno egli stesso potesse essere protagonista di questo cambiamento. Cinque o sei anni fa, inseguendo un sogno che stava maturando in lui già da tempo, è entrato in contatto con il mondo del teatro e ancora oggi la recitazione è un suo hobby.

Uno dei tanti sogni di Giuseppe è quello di fare qualcosa per mi-gliorare la società e lo sta facendo con il progetto “Sogna e realiz-za”, nato tre anni fa da un’associazione di ex-studenti, con lo sco-po di aiutare i giovani, mettendo a disposizione la loro esperienza e le loro risorse. Durante la sua carriera professionale, Giuseppe ha incontrato diversi ostacoli, che lo hanno più volte portato a considerare l’idea di mollare tutto. Basti pensare che aveva deciso di abbandonare l’università, perché insoddisfatto dei propri studi e della propria vita. La vincita di una borsa di studio, lo spinse a iscriversi di nuovo e a concludere gli studi universitari negli Stati Uniti. “Credo che le difficoltà maggiori non siano legate alle pro-prie risorse, ai problemi burocratici, al trovare le persone giuste ecc..,; l’ostacolo più grande, secondo me, è il pessimismo, perché la convinzione che nulla si possa cambiare o migliorare tende a frenare le persone dal sognare.”

Ora Giuseppe spera di riuscire a migliorare il settore dei social

Giuseppe D’Antonio parlando di Gabriella Grasso

“è fantastico che lei abbia avuto il coraggio di

realizzare questo suo sogno”.

network su internet e vorrebbe che il progetto “Sogna e Realizza” venga conosciuto al di fuori della città di Rieti. Non ha ancora una famiglia, tuttavia , il giorno in cui avesse dei figli, Giuseppe sareb-be contento che avessero la possibilità di andare all’estero, ma non vorrebbe mai che lasciassero l’Italia per scappare dalla realtà attuale, credendo che quella al di là dei confini sia migliore. “Se avete voglia di andare all’estero e avete la curiosità di imparare,

ben venga, ma se andare via dall’Italia si-gnifica scappare da qualcosa perché que-sto paese non va bene, questo credo sia un errore.” Giuseppe pensa che, se aves-se frequentato il liceo oggi, sarebbe co-munque riuscito a diventare quello che è, perché se si crede veramente in quello che si fa, se si diventa un “sognatore-re-

alizzatore”, i sogni possono essere realizzati, indipendentemente dal periodo storico in cui si vive.

Tuttavia non si sente realizzato al 100%: “sentirsi realizzato è un’al-tra cosa, perché, secondo me, non si avrebbero più stimoli, cioè non si avrebbe più alcun modo di fare cose; deve esserci sempre qualcosa che uno ha il desiderio di fare e che trascina ad andare avanti.

Quindi per fortuna non mi sento totalmente realizzato, continuo a rendermi conto che sono stato fortunato, quando ho fatto delle cose che comunque si sono avverate, ho vissuto i cambiamenti, ho provato e magari diverse volte ho fallito, però ci ho provato, insomma.

E’ fondamentale avere degli obiettivi, voler realizzare delle cose nella vita; per farlo bisogna essere assolutamente ottimisti, rim-boccarsi le maniche e crederci veramente. Se tutti fossero ottimi-sti, in una società ideale si potrebbe davvero ottenere tanto di più. Sognare significa non doversi accontentare, cercare di migliorare non solo la propria condizione , ma anche quella degli altri.”

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PERSONE sogno a modo mio|

Gabriella Grasso parlando dei suoi compagni

“Non invidio i miei compagni del liceo che si sono realiz-

zati in ambito lavorativo”.

a cura diBeatrice Cianetti

Simona Romagnoli

abriella Grasso, 34enne, fa la mamma a tempo pieno. Dopo aver lavorato come segretaria presso uno studio legale, ha deciso di lasciare l’impiego per dedicarsi interamente a suo figlio Francesco. Ora spera di aprire un’attività e sta aspettando il momento giusto per farlo. È tra i banchi del liceo, però che è nato il suo sogno più grande: “Un gior-no la mia professoressa di lettere ci portò da suor

Marilena che ci raccontò di lei, della sua vocazione e di quella dei suoi genitori, cioè fare i genitori.

Quel giorno ho pensato che mi sarebbe piaciuto essere una mam-ma così”. Ebbene, la sua illuminazione fu proprio questa: realizza-re una famiglia e diventare la mamma che le sarebbe piaciuto ave-re. Non che alla sua mancasse qualcosa, ma la comunicazione con lei e con suo padre era difficile, poiché appartenevano ad una generazione lontana dalla sua. Da figlia unica, Gabriella non aveva nessun intermediario che potesse avvicinarla ai suoi genitori, che, si badi bene, non le

hanno mai fatto mancare niente, ma non si sono mai chiesti quello che la loro figlia avesse voluto veramente. Le dimostravano affetto a modo loro.

I ragazzi della sua età erano ossessionati dai loro sogni; Gabriella, no: lei li viveva con serenità. Oggi, anche se non è laureata e non ha un lavoro, si sente realizzata al 100% ; in parte lo deve anche a suo marito, Andrea, che ha sempre appoggiato le sue decisioni. Tuttavia, anche se non avrebbe voluto una vita diversa, si è sempre chiesta come sarebbe stato vivere in modo più avventuroso. Considerata la situazione attuale dell’Italia, Gabriella ha timore per suo figlio, perché vive in un momento in cui molte cose gli vengono concesse e ha paura che i ‘no’ che la vita gli porrà davanti gli possano fare del male. Il periodo storico che stiamo vivendo

non le da una base per sognare il futuro di suo figlio, e non riuscendo ad immagi-narlo, cerca di costruirlo giorno per gior-no, partendo dall’educazione.

Le aspettative, invece, che i suoi genitori avevano per lei erano tante e molto pe-santi; per loro era molto importante che

Gabriella si realizzasse e diventasse qualcuno con un ‘nome’ nel mondo del lavoro. Seppur ciò non sia avvenuto, Gabriella è con-vinta che i suoi genitori, ora morti, sarebbero stati fieri di lei e di quello che è diventata.

Non si sente inferiore ai suoi compagni del liceo, che si sono rea-lizzati in altri ambiti. Anche se non ha superato gli esami all’univer-sità, ritiene di averne superati di più difficili, quelli per cui “non è consentito essere bocciati”.La sua definizione di sogno è: “sfumatura del desiderio, qualcosa di più irrealizzabile. Il sogno è proprio quello che fai di notte, qualcosa che non si potrà mai realizzare. La mia vita non è stato un sogno, ma un desiderio, una sfumatura utopica.”

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entre dall’altra parte del mondo i ragazzi della sua età si ribellano al regime familiare per posti-cipare il rientro a casa dopo una serata passata in discoteca, in Afghanistan, Shekib, a soli 17 anni, fugge dal terrorismo talebano che avrebbe voluto fare di lui l’ennesima vittima-carnefice.

da quanto tempo sei qui in italia?Sono fuggito dall’Afghanistan tre anni fa. Da due anni vivo in Ita-lia, a Rieti da otto mesi. Ho soggiornato per un breve periodo in Danimarca.

allora perché sei tornato in italia?Per le ragazze (ride)! Nel Nord Europa è difficile ottenere i do-cumenti, mentre qui c’è più tolleranza: il paese è più sensibile ai

nostri problemi. Inizialmente sono stato inserito in un progetto di prima accoglienza a Venezia, poi sono stato trasferito qui a Rieti, dove il 9 ottobre mi hanno rilasciato i documenti. Ho diritto a rimanere nel progetto per altri sei mesi, dopodiché dovrò iniziare a integrarmi autonomamente, trovando un lavoro e una sistema-zione.

Sei arrivato da solo o con amici e parenti?Sono venuto solo, senza nessun parente o amico.

per quale motivo sei fuggito dall’afghanistan?Mio padre era un sacerdote. I talebani gli dissero di andare con loro: dopo un mese lo hanno ucciso. Poi lo hanno proposto anche a me. Avevo paura, cosi ho accettato. Io non volevo uccidere né essere ucciso da militari o talebani, che mi minacciavano continua-mente. Per fortuna, mio zio, venuto a conoscenza della situazione, mi ha aiutato a fuggire, grazie ad un accordo con persone a me sconosciute. Ho attraversato l’Iran, la Turchia, la Grecia e infine sono giunto in Italia.

con che mezzo di trasporto sei venuto?A piedi o sotto i camion.

che età avevi quando sei fuggito?17 anni.

Andavi a scuola in Afghanistan?No, mio padre mi insegnava il Corano.

Sei rimasto in contatto con tua madre?No, l’ho sentita una sola volta da quando sono fuggito. Ora non so come sta, né se è ancora viva o morta. Quando ero sotto un ca-mion, mi è caduto lo zaino, ho perso il cellulare e molte altre cose.

Quanto tempo hai impiegato per arrivare in Italia?Due mesi.

in tutto questo viaggio, hai mai avuto paura?Troppa. In Iran volevano uccidermi, e molte delle persone con cui sono fuggito sono morte.

Come sei riuscito a scappare?C’è un’organizzazione criminale, che si fa pagare ed aiuta le perso-ne a fuggire dall’Afghanistan.

Quanto hai pagato?Tredicimila euro.

Puoi raccontarci tutto il tuo viaggio?Partito dalla mia città, Jalalabad, sono arrivato a Kabul, dopo Nimros. In queste città ho viaggiato in macchina. Sono arrivato,

“Quando vivi cosa fai? tutto. Quando non vivi cosa fai? niente.”IL MARE NEGLI OCCHI

M

COME TI CHIAMI? SHEKIBQUANTI ANNI HAI? 20DA DOVE VIENI? AFGHANISTAN, JALALABAD

PERSONE Il mare negli occhi||

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poi, in Iran a piedi. Ci sono dei posti di blocco sul confine e un grande muro che ho dovuto scavalcare. I poliziotti di guardia sono corrotti dai membri dell’organizzazione. Sono stato 15 giorni in Iran e poi sono giunto in Turchia, a Istanbul, dentro un camion.

Come vi hanno trattato gli autisti dei camion? Né bene, neanche male. Non si preoccupavano di nulla: quando qualcuno moriva, veniva abbandonato li, sulla strada…

Con te c’erano donne o bambini?Si, anche anziani. In Turchia abbiamo salvato un bambino che era caduto dal camion.

Come sei arrivato dalla Grecia all’Italia? Via mare. Lo sbarco è avvenuto a Bari, dove finalmente mi sono sganciato (dal motore).

Come mangiavi?Non ho mangiato nulla anche per giornate intere.

Ora come stai? Ti sei sistemato? Ora ho una casa, ma sono solo. Mi manca la mia famiglia.

Torneresti in Afghanistan?No! forse quando se ne andranno le forze NATO e quindi i tale-bani.

I tuoi genitori che lavoro facevano?Mio padre era un Imam e vendeva il te, che da noi è come il caffè qui, si ha quasi un culto per quest’infuso.

Ora che fai qui a Rieti?Sono stato inserito in un progetto, pensato per aiutare gli extraco-munitari a trovare una sistemazione: in sei mesi bisogna imparare la lingua e inserirsi nella società, trovando lavoro. Al termine del semestre dovrò camminare con le mie gambe.

Quando eri in Afghanistan sognavi l’Italia?No, sognavo di fuggire dal mio paese. Ora sono rifugiato politico e ho diritto a rimanere in Italia per altri 5 anni, dal momento che sono vittima di una persecuzione a livello personale.

Qual è il tuo sogno adesso?Avere una famiglia e trovare lavoro.

a cura diDaniele Bolletta

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CULT Mlk i have a dream||

I have a dream è probabilmente uno dei più famosi discorsi contro la se-gregazione razziale. Il 28 agosto 1963 Martin Luther King passò alla storia come uno dei più grandi difensori della libertà e dei diritti inalienabili di tutti gli uomini e riuscì a imprimere le sue parole nella memoria e nei cuori di quelle 250 mila persone (bianchi e neri) che parteciparono alla marcia pacifica di Washington. Martin era consapevole che quel giorno, con le sue parole piene di disperazione, ma anche di speranza infinita, avrebbe dato una svolta alla storia americana e di tutto il mondo; parlava di uguaglian-za, libertà, giustizia, diritti, infondendo negli animi un messaggio di spe-ranza che spingeva la popolazione di colore a credere in un futuro migliore.Il 4 aprile 1968 fu ucciso a Memphis da qualcuno che non voleva che il suo sogno diventasse realtà!DOPO CIRCA 40 ANNI, IL SUO PAESE HA ELETTO, PER LA PRIMA VOL-TA, UN PRESIDENTE DI COLORE!

“...Siamo venuti in questo santuario per ricordare all’America l’urgenza appas-sionata dell’adesso. Questo non è il momento in cui ci si possa permettere che le cose si raffreddino o che si trangugi il tranquillante del gradualismo. Questo è il momento di levarsi dall’oscura e desolata valle della segregazione al sentie-ro radioso della giustizia; questo è il momento di sollevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell’ingiustizia razziale alla solida roccia della fratellanza; questo è il tempo di rendere vera la giustizia per tutti i figli di Dio. Sarebbe la fine per questa nazione se non valutasse appieno l’urgenza del momento e se sottovalutasse la determinazione del Negro. Questa estate soffocante della le-gittima impazienza dei negri non finirà fino a quando non sarà stato raggiunto un tonificante autunno di libertà ed uguaglianza.

Il 1963 non è una fine, ma un inizio. E coloro che sperano che i negri abbiano bisogno di sfogare un poco le loro tensioni e poi se ne staranno appagati, avranno un rude risveglio, se il paese riprenderà a funzionare come se niente fosse successo.

Non ci sarà in America né riposo né tranquillità fino a quando ai neri non saranno concessi i loro diritti di cittadini. I turbini della rivolta continueranno a scuotere le fondamenta della nostra nazione fino a quando non sarà sorto il giorno luminoso della giustizia.

Ma c’è qualcosa che debbo dire alla mia gente che si trova qui sulla tiepida soglia che conduce al palazzo della giustizia. In questo nostro procedere verso la giusta meta non dobbiamo macchiarci di azioni ingiuste.

Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell’odio e del risentimento. Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la no-stra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente ele-varci alle maestose vette di chi risponde alla forza fisica con la forza dell’anima.

Questa meravigliosa nuova militanza che ha interessato la comunità negra non dovrà condurci a una mancanza di fiducia in tutta la comunità bianca, perché molti dei nostri fratelli bianchi, come prova la loro presenza qui oggi, sono giunti a capire che il loro destino è legato col nostro destino, e sono giunti a capire che la loro libertà è inestricabilmente legata alla nostra libertà. Questa offesa che ci accomuna, e che si è fatta tempesta per le mura fortifica-te dell’ingiustizia, dovrà essere combattuta da un esercito di due razze. Non possiamo camminare da soli.

E mentre avanziamo, dovremo impegnarci a marciare per sempre in avanti. Non possiamo tornare indietro. Ci sono quelli che chiedono a coloro che chiedono i diritti civili: “Quando vi riterrete soddisfatti?”. Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri corpi, stanchi per la fatica del viaggio, non potranno trovare alloggio nei motel sulle strade e negli alberghi delle città. Non potremo essere soddisfatti finché gli spostamenti sociali davvero permes-si ai neri saranno da un ghetto piccolo a un ghetto più grande. Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri figli saranno privati della loro dignità da cartelli che dicono:”Riservato ai bianchi”. Non potremo mai essere soddisfatti finché i neri del Mississippi non potranno votare e i neri di New York crede-ranno di non avere nulla per cui votare. No, non siamo ancora soddisfatti, e non lo saremo finché la giustizia non scorrerà come l’acqua e il diritto come un fiume possente.

Non ho dimenticato che alcuni di voi sono giunti qui dopo enormi prove e tribolazioni. Alcuni di voi sono venuti appena usciti dalle anguste celle di un carcere. Alcuni di voi sono venuti da zone in cui la domanda di libertà ci ha la-

I HAVE A DREAMMartin luter king 28 agosto 1963

a cura diBeatrice Cianetti

Chiara Cauletti

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CULT 27 gennaio 1945||

sciato percossi dalle tempeste della persecuzione e intontiti dalle raffiche della brutalità della polizia. Siete voi i veterani della sofferenza creativa. Continuate ad operare con la certezza che la sofferenza immeritata è redentrice.

Ritornate nel Mississippi, ritornate in Alabama, ritornate nel South Carolina, ritornate in Georgia, ritornate in Louisiana, ritornate ai vostri quartieri e ai ghetti delle città del Nord, sapendo che in qualche modo questa situazione può cambiare, e cambierà. Non lasciamoci sprofondare nella valle della di-sperazione.

E perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le difficoltà di oggi e di domani, io ho un sogno. E’ un sogno profondamente radicato nel sogno americano.Io ho un sogno, che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali.

che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza.

Io ho un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, uno stato col-mo dell’arroganza dell’ingiustizia, colmo dell’arroganza dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia.

Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una na-zione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Io ho un sogno oggi.

Ho un sogno che un giorno lo stato dell’Alabama sarà trasformato in una situazione in cui i ragazzini neri e bambine nere saranno in grado di unire le mani con i ragazzini bianchi e bambine bianche e camminare insieme come fratelli e sorelle. Ho un sogno oggi.

Io ho un sogno, che un giorno ogni valle sarà esaltata, ogni collina e ogni montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i luoghi tor-tuosi raddrizzati e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gli essere viventi, insieme, la vedranno. E’ questa la nostra speranza. Questa è la fede con la quale io mi avvio verso il Sud. Con questa fede saremo in grado di strappare alla montagna della disperazione una pietra di speranza. Con questa fede sa-remo in grado di trasformare le stridenti discordie della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fratellanza. Con questa fede saremo in grado di lavorare insieme, di pregare insieme, di lottare insieme, di andare insieme in carcere, di difendere insieme la libertà, sapendo che un giorno saremo liberi. Quello sarà il giorno in cui tutti i figli di Dio sapranno cantare con significati nuovi: “paese mio, di te, dolce terra di libertà, di te io canto; terra dove morirono i miei padri, terra orgoglio del pellegrino, da ogni pendice di montagna risuo-ni la libertà.” E se l’America vuole essere una grande nazione possa questo accadere.

Risuoni quindi la libertà dalle poderose montagne dello stato di New York.Risuoni la libertà negli alti Allegani della Pennsylvania.Risuoni la libertà dalle Montagne Rocciose del Colorado, imbiancate di neve.Risuoni la libertà dai dolci pendii della California.Ma non soltanto.Risuoni la libertà dalla Stone Mountain della Georgia. Risuoni la libertà dalla Lookout Mountain del Tennessee.Risuoni la libertà da ogni monte e monticello del Mississippi. Da ogni pen-dice risuoni la libertà.E quando lasciamo risuonare la libertà, quando le permettiamo di risuona-re da ogni villaggio e da ogni borgo, da ogni stato e da ogni città, acceleria-mo anche quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, cattolici e protestanti, sapranno unire le mani e cantare con le parole del vecchio spiritual: “Liberi finalmente! Liberi finalmente! Grazie Dio Onnipo-tente, siamo liberi finalmente!”

perchè bisogna ricordare?

Dal 2001 anche in Italia, il 27 gennaio, ricorre il giorno della memoria, che coincide con quello in cui, nel 1945, le truppe sovietiche entrarono nel campo di Auschwitz. In questo giorno si ricordano le vittime del nazismo, lo sterminio degli ebrei (“Shoah”) e, nello specifico italiano, le leggi razziali del 1938 e il dramma dei depor-tati nei lager.

L’istituzione di questa giornata è stata ripa-ratrice della fatica del ricordo nei sopravvis-suti e della sottovalu-tazione del fenomeno che, almeno fino agli anni Sessanta, ha attra-versato anche il pano-rama italiano.Gli internati venivano privati del nome: l’u-nico identificativo era un numero di matri-cola inciso sulla carne,

primo atto di degradazione dell’individuo, che nel campo vale meno di uno schiavo.La privazione dell’identità diventava, con i giorni, progressiva perdita del proprio corpo sino a che le persone non furono ridotte a fantasmi di ossa barcollanti. A quel punto, quando le guardie con-statavano che la capacità lavorativa dei prigionieri era esaurita, venivano condotti nelle camere a gas,

dove anche la morte non avveniva in maniera in-dolore, ma era lenta nel patimento dell’asfissia.Nei campi trovano la morte oltre 6 milioni di persone tra ebrei, prigionieri di guerra sovietici, oppositori politici, zingari Rom, omosessuali, Cristiani, testimoni di Geova, disabili e malati di mente.I pochi sopravvissuti a questo orrore, oltre a portarsi una ferita indelebile per tutta la vita, hanno faticato a raccontare la loro esperienza e ad essere compresi da coloro che non l’avevano vissuta e non accettavano di capire tanto dolo-re o semplicemente se ne volevano distaccare per ricominciare a vivere dopo la guerra. Yakov Vincenko, un soldato semplice dell’Armata rossa che ha aperto i cancelli di Auschwitz, ricorda:

“Nemmeno noi che abbiamo visto ci volevamo credere. Ho sperato per anni di riuscire a dimen-ticare, poi ho capito che sarebbe stato da compli-ce, da colpevole. Così adesso ricordo, anche se non sono riuscito ancora a comprendere”.

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sinapsi Perchè sognamo?|

E’ ormai da tempo che sono immersa nel tema del funzionamento dei sogni nel campo scientifico. Su ciò si basa la domanda che oggi voglio porvi per addentrarci nel nostro mondo sognante e realistico allo stesso modo: quale ruolo svolgono i sogni nella nostra mente?

Siamo del tutto consapevoli della nostra tendenza a sognare tutto ciò che percepiamo, pensiamo e pro-viamo. Sognare,sognare,sognare. Sognare è un’atti-vità del sistema nervosa che ha luogo durante il son-no ovvero una perdita momentanea di conoscenza. I neurologi hanno rilevato nel sonno la presenza di cinque stadi differenti, tra cui la fase detta Rem, nella quale ognuno di noi fa fatica a svegliarsi in quanto la massa muscolare raggiunge il massimo rilassamento.

Concentriamoci ora sul metabolismo che regola la creazione e la venuta dei sogni.

Da cosa sono provocati? Cosa li caratterizza? Per-ché sogniamo? Il sogno è un bisogno reale e quoti-diano che non viene soddisfatto?

Il corpo durante il sonno è sottoposto ad una se-rie di stimoli che possono essere esterni, interni, sensoriali e corporei. Ad esempio, se colpiti da una luce intensa, potremmo riconoscere in essa la fonte del nostro sogno. Le sensazioni corporee, inoltre, vengono percepite più profondamente e la nostra mente è così portata ad accogliere e a subire cambiamenti somatici: la posizione di un arto può addirittura corrispondere a quella reale o stimolare pensieri legati all’arto stesso. Questi impulsi insie-me alle rappresentazioni illusionistiche, prodotte dall’impressione sensoriale, rendono possibile la creazione e l’inizio di un sogno. Il cervello è fatto di neuroni che immagazzinano e si trasmettono informazioni attraverso meccanismi di tipo elettro-statico. Nel sonno è come se si chiudessero “a caso”, gene-rando così delle allucinazioni sensoriali, comune-mente chiamate “sogni”.

Ma qual è il motivo che rende possibile il sogno?Il punto di partenza di tutti i sogni è costituito da una miscela di ricordi, desideri, timori e speranze; la parte conscia si mescola con quella inconscia. Durante la notte, la mente opera una “riorganiz-zazione” dei pensieri in cui gli stimoli esterni ed interni, insieme alle informazioni particolarmente rilevanti che sono presenti nella memoria, vengono strutturati in sequenze che si manifestano sotto for-ma di immagini nell’ordine in cui il sonno procede. E’ come quando un grande magazzino chiude bot-tega e gli impiegati si mettono a riordinare tutto, a pulire e porre la merce sugli scaffali.Le immagini e le parole utilizzate nel sogno dipen-dono dal livello di sviluppo generale di ogni singolo individuo e quindi dalla singola capacità di elabora-re l’informazione, dalla capacità di ragionamento e dalle capacità comunicative/espressive.

E’ possibile rimuovere il sogno?Al risveglio, il ricordo dei sogni notturni si dissol-ve tutto o almeno in parte. La spiegazione è molto semplice: al sogno, infatti, mancano sia coerenza sia ordine e quindi la ricostruzione dei sogni non è sempre attendibile in quanto talvolta inavvertita-mente, quando richiamo alla memoria un sogno, colmiamo e integriamo le sue lacune. Può anche ca-pitare che al mattino non si abbia alcun ricordo del sogno e che questo compaia in qualche momento della giornata. E’ impossibile verificare la veridicità dei sogni poiché per fare ciò dovremmo ricorrere ad un controllo obbiettivo, cosa non applicabile al sogno per gli stessi motivi sopra citati. I sogni sono determinanti per la buona riuscita di una giornata; ci svegliamo, infatti, con umori e visioni del mondo che sono una conseguenza degli eventi notturni

e che noi sappiamo essere il frutto anche dell’im-mersione in ricordi di eventi passati, felici, sereni o oscuri.

La psicanalisi è stata la prima corrente psicologica che ne ha studiato scientificamente il significato, e l’analisi del sogno è parte fondamentale del tratta-mento psicanalitico. Nel sogno si distinguono due contenuti: manifesto e latente.

Il contenuto manifesto è quello che ricordiamo una volta svegli, il contenuto latente è quello vero ma i motivi che lo hanno determinato sono sconosciuti. Questo contenuto può essere scoperto solo con procedimenti specialisti poiché il contenuto mani-festo possiede una serie di stimoli che sono molto lontani dal contenuto latente. Questi stimoli possono avere un significato univer-sale, quasi come se costituissero un codice valido per tutti gli uomini Ognuno di noi sogna in base alle proprio espe-rienze, ambizioni, rimpianti, dispiaceri e dolori. Ognuno di noi sogna sulla base di ricordi, vissuti e capacità singole. Ognuno di noi sogna continuamente, a modo pro-prio.

perchè sognamo?

a cura diSofia Galgani

Federica D’Orazi

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...Ogni volta dimentichiamo il 90% dei nostri sogni?Entro 5min da quando sei sveglio, hai già dimenticato la metà dei tuoi sogni. Un altro po’ di tempo e ricorderai solo il 10.90% dei sogni che hai avuto quella notte. Il poeta Samuel Coleridge dopo aver fumato oppio, si addormentò e fece un sogno ambientato nell’Antico Oriente e pieno di riti magici. Una volta sveglio volle mettere nero su bianco ciò che aveva sogna-to, ma fu interrotto dall’arrivo di un suo amico. Il giorno dopo non ricor-dava la fine del sogno. Questo poema “Kubla Khan”, rimase incompiuto!

...Tutti sogniamo?Ogni persona, eccetto in caso di malattie mentali gravissime, sogna, ma uomini e donne hanno sogni differenti e reazioni fisiche differenti. Gli uomini sognano più maschi che femmine, mentre le donne riescono a sognare in egual modo sia i maschi che le femmine.

...Sogniamo solo ciò che conosciamo?I nostri sogni sono di frequente pieni di persone, ma i loro volti non vengono mai inventati dalla nostra mente. Sono infatti tutte persone che abbiamo visto durante la nostra vita e che ricordiamo per una particolare ragione.

...Non tutti sognano a colori?Circa il 12% delle persone sogna in bianco e nero, mentre le restanti a colori. L’impatto che hanno le persone che sognano a colori, su sogni contenenti violenza o morte, è molto più carico emotivamente rispetto a chi sogna in bianco e nero.

...I fumatori hanno sogni più vividi e reali? Le persone che hanno fumato per molti anni e poi hanno smesso, hanno sogni molto più vividi. Come riporta il “Journal Of Abnormal Psychology” su circa 293 fumatori astinenti, il 33% ha fatto sogni riguardanti il fumo o riguardanti se stessi da fumatori e questo è il risultato di astinenza da nicotina. Questi tipi di sogni sono molto più verosimili rispetto a quelli “normali”.

...Gli stimoli esterni invadono i sogni?Questo fenomeno è chiamato “Dream Incorporation”ed è ciò che accade molto spesso alla maggior parte di noi quando ad esempio sentiamo un suono provenire dalla realtà, all’interno del nostro sogno, inserito in qual-che modo.

...Quando sogni sei paralizzato?Durante il sonno il nostro corpo è paralizzato, forse per evitare di fare ciò che stiamo sognando. Alcune ghiandole comunicano a secernere ormoni

che aiutano a dormire ed i neuroni inviano segnali alla spina dorsale che provocano un rilassamento del corpo....Facciamo un gran numero di sogni?Pare infatti che si possano sperimentare fino a quattro sogni per notte. Nor-malmente il tempo dedicato ai sogni varia da una alle due ore per notte.

...I sogni prevengono la psicosi?Studi recenti hanno messo in luce come gli studenti che si svegliano all’i-nizio di un sogno, pur avendo dormito le classiche 8 ore,in soli 3 giorni di-

ventano soggetti a difficoltà nella concentrazione, irritabilità, allucinazioni e mostrano segni di psicosi....Riportiamo le nostre esperienze?

Nei sogni spesso riportiamo le esperienze vissute durante la giornata. Ma anche i nostri desideri, una particolare emozione o un problema. ...Anche i cani sognano?

Numerosi studi scientifici hanno stabilito che anche gli animali, in particola-re quelli domestici come cani e gatti, sognano.

...I bambini fino a 3 anni non sognano se stessi e hanno fino ai 7/8 anni molti

...Le persone che perdono la vista possono vedere immagini nei loro sogni; mentre quelle cieche sin dalla nascita non vedono nessuna immagine, ma hanno sogni che coinvolgono tutti gli altri sensi.

CURIOSARE&CURIOSARE

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Villeggiature in Sabina questo era il titolo del supplemento dell’Avvenire della Sabina del 28 Febbraio 1904.

Così come i Romani erano soliti trascorrere i loro momenti di riposo nella Valle San-ta, anche agli inizi del ‘900 c’era la possibilità di venire in vacanza a Rieti. “Nei pressi di Roma, la regione Sabina, per salubrità e dolcezza di clima, cordialità degli ospitali abitanti, bellezza del paesaggio, è uno dei luoghi che meglio si prestano per un eco-nomica e tranquilla villeggiatura. Sono attualmente disponibili in Sabina i seguenti villini ed appartamenti:

RIETI A quattrocentoquaranta m. sul livello del mare, splendide passeggiate in piano e collina, cli-ma delizioso. A 3 chilometri dalla stazione ferrovia-ria si affitta il Villino Stoli composto di 12 ambienti mobiliati. Non si somministra né biancheria, né posate, ma solo le stoviglie da tavola e cucina. Il villino è fornito in abbondanza di acqua potabile: nella prossima città di Rieti si possono acquistare viveri a buon mercato ed anche sulla via principale è facile procurarsi polli, uova, frutta, carbone ecc. Il prezzo di affitto viene sta-bilito a seconda dei letti richiesti e della durata dell’affitto. Per tratta-tive rivolgersi al Sig. Cav. Giovanni Stoli – Rieti.”

C’era chi veniva a Reateper respirare lo spirito francescano e chi, inve-ce, guidato sherpa reatini, raggiungeva il Terminillo, la famosa montagna di Roma.

Ci volevano ben due giorni di cammino ma la fatica veniva ripagata dalla tranquillità e dalla bellezza del paesaggio. Anche Mussolini e la “dolce vita romana” erano soliti trasferirvisi d’inverno. Per un attimo immagina di fare un’indagine: prendi 19 persone, ognuna appartenente a una regione diversa (escluso il Lazio) e chie-di loro se sanno cosa c’è a Rieti e, soprattutto, se sanno posizionarla sulla cartina geografica (un po’ come si fa nel gioco Geo Challenge, solo

con le province a

posto delle capitali). Proba-bilmente rimarrete sorpresi, ma pochi sono

venuti almeno una volta nell’Umbilicus Italiae e ancora di meno sanno in che regione si trova. Eppure è il centro geografico d’Ita-lia, è dove S. Francesco ha vissuto alcuni dei momenti più intensi della sua esperienza umana e spirituale ed è addirittura la capitale italiana dell’atletica leggera.

Per una volta metti in tasca il tuo smartphone e lasciati abbracciare dalla città di Rieti: passeggia tra le vie del centro storico, alla scoperta degli edifici medievali, degli antichi portali e dei palazzi gentilizi. Parti da Piazza Cavour, è facile riconoscerla! Lì si erge il famoso mo-numento alla Lira istallato nel 2003 e realizzato con la fusione di 2.200.000 monete da 200 lire. Passa sopra a quello che era l’antico ponte romano e inizia a salire per Via Roma. Lo sai che stai passeggiando lungo una delle principali vie consolari utilizzate dai romani per i commerci? Finalmente sei in cima!

Ora puoi riprendere fiato! Sei in Piazza Vittorio Ema-nuele II e, a darti il benvenuto, c’è la fontana dei Del-fini che risale alla prima metà dell’800’. Il tuo cuore ha smesso di battere così forte per la fatica? Preparati perché a pochi passi da lì il tuo cuore verrà colto

di sorpresa da un’altra meraviglia: è il Teatro Flavio Vespasiano, gioiello ottocentesco noto per la sua straordinaria acustica e la sua spettacolare cupola, dipinta da Giulio Rolland. Voltati, fai due passi e sei a Piazza San Rufo dove una lapide ricorda che Rieti è l’Umbilicus Italiae. Se, però, non vuoi addentrarti per vicoli, slarghi e scalette umide per paura di perderti, torna indietro fino al salotto della città finché in lontananza non scorgi degli archi. Butta l’occhio sulla cattedrale di Santa Maria Assunta con il vicino palazzo Vescovile, famoso per il gotico salone e per l’arco del vescovo (fatto edificare da papa Bonifacio VIII).

Ascolta la voce del silenzio.Vivi un pellegrinaggio naturale e mistico: è questo ciò che offre il cam-mino di S. Francesco. Segui le frecce gialle lungo le strade.. ma questa è un’altra storia, ne parleremo in un altro numero.

Ora ti ripeto la domanda: cosa c’è da visitare a Rieti?

la Redazione

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“Fregnacce alla reatina”Il piatto tipico della città di Rieti.

Portata: PrimoTempo: 95 minuti

Difficolta’: Elaborata

Preparazione- 500 g di farina di grano duro- 2,5 dl di acqua- 250 g di sedano- 300 g di pomodori pelati- 1 pezzetto di peperoncino (per chi lo apprezza)- 2 cucchiai abbondanti di pecorino grattugiato (da porre sul piatto terminato)- 50 g di lardo o di pancetta- 250 g di cipolla- 1 dl di olio extravergine di oliva della Sabinasale

1) Ponete la farina a fontana sulla spianatoia, unite l’acqua fredda e lavorate l’impasto con la punta delle dita per circa 15-20 minuti. Avvolgete l’impasto in una pellicola per alimenti e lasciatelo riposare per almeno 30 minuti.

2) Tirate con il matterello una sfoglia non troppo sottile facendo at-tenzione a non romperla. Tagliate la sfoglia a piccoli romboidi irre-golari di circa 2 cm. Tritate molto finemente il lardo; fate lo stesso con la cipolla e il sedano, preparando così il sugo.

3) Fate rosolare il trito in una casseruola con l’olio extravergine di oliva.

4) Cuocere i romboidi in acqua bollente e salata, aspettare che sal-gano in superficie per scolarle ed insugarle con il sugo preparato

precedentemente.

NOSTARGIARiète se sobbudula nna pianatra li colli de Tancia e Termenillu.Me chjiama co’ un lamentu de campanae io.. me la remiro un cinichillu.

Reédo casa mea, casa lontanabedo papà – me pare de sentillu-e mamma che sferruzza co’ la lana…e me sento più forte e più tranquillu!

Reédo tanta gente che è passata:cammina pe’ le piazze e pe’ le straide un’epoca ‘n po’ menu compricata.

E come me recordo gioie e guai,sento ìn mocca una lacrima salata:Riète mea.. non me tte scordo mai.

Un rubbiu dde sale Giuseppe Rosati

Lettera di una mamma

“Se scenderà la notte/ se scenderà la notte nera/ io non avrò paura/ io non avrò pau-ra/ Spero soltanto che una stella almeno/ spero che almeno una risplenderà nel buio/ e mi illuminerà la strada/ strada segnata lungo questa terra coltivata a grano/ stra-da che segna questa terra/ dove io sono nato”. (tratto da “Radici-I Ratti della Sabina”)

Io sono la Terra coltivata a grano, da sempre ambita dalle popolazioni circostanti per-ché ricca di risorse agricole, territoriali e per la mia strategica posizione. Attribuiscono perfino la mia nascita alla Rea Silvia, madre di Romolo, fondatore dell’immensa Roma. Sono al centro per nomenclatura: mi chiamano “Ombelico d’Italia”.

Fulcro anche dell’agricoltura grazie alla coltivazione dell’ulivo e alla pastorizia, sarei do-vuta diventare una grande forza industriale. Ho abbandonato, però, i miei progetti e a tutt’oggi non ho ancora idee chiare su cosa farò da grande. Mi definiscono tra le provin-ce più tranquille di mamma Italia; sono cresciuta responsabilmente, lontano dal caos di mia sorella Roma e ponendo sempre al primo posto il rispetto per le regole e la legalità. Tuttavia, ho i sintomi di una malattia degenerativa: la ‘ndrangheta. Ultimamente soffro di “calo della popolazione operaia educata ai modelli di azione collettiva, declino del sindacato come ambito di socializzazione per i lavoratori immigrati, crescente gracilità e autoreferenzialità dei partiti politici e di altre associazioni, indebolimento della vita di parrocchia, sviluppo sfrenato di culture egoistiche.” (Buccinasco, la ‘ndrangheta al nord – Nando Dalla Chiesa e Martina Panzarasa).I miei figli amano il perbenismo e a volte si lasciano corrompere dai loro istinti criminali influenzati da cattive compagnie. Vivo un malessere talvolta tutt’altro che apparente. Il mio protettore (questore dott. Carlo Casini), in un’intervista, mi ha elogiato dicendo che l’unico mio difetto è aver educato male certi pargoli, anche adottati, che amano appropriarsi delle cose dei loro fratelli; lo fanno per tanti motivi: sono dispettosi, è una loro caratteristica innata e, a volte, anche perché hanno fame. In una grande famiglia è difficile riuscire a saziare oltre centosessantamila pance. Allora adottano questo metodo barbaro perché è il più facile nella mia casa grande e dispersiva e poi non incorrono in grandi punizioni, al massimo per qualche mese me li tolgono e li mandano in prigione.

Altri hanno il maledetto vizio di accettare caramelle dagli sconosciuti, abusarne e non di rado passarle ai loro amichetti in cambio di ricompense. Purtroppo sono tanti a farlo, in rapporto alla totalità del nucleo familiare. Le comprano durante i loro viaggi “all’estero”, o gliele portano parenti da lontano; ma il brutto è che ne usufruiscono proprio sotto ai miei occhi, dentro casa. Dovrei essere più vigile: nella mia dimora non “produco caramelle”, nuocciono gravemente alla salute, causano tante brutte malattie, e se si esagera … Morte sicura!

Sono molto preoccupata poi, per quei figli e figlie che per mia colpa non conosco estremamente bene e che, chiusi, intimiditi, introversi e soprattutto spaventati, non piangono e non si sfogano. Credo che questi atteggiamenti abbiano a che fare con quella tendenza che chiamano usura. E’ difficile per una mamma venire a conoscenza di quegli episodi ad essa strettamente collegati. Carlo lo definisce un fenomeno sotter-raneo proprio perché se non si hanno testimonianze dirette non è possibile svelarlo e fermarlo. Comunque sono sicura della sua esistenza: noto alcuni movimenti strani da parte di alcuni di loro e poi, si sa, certe cose.. una mamma le capisce! Vi racconto una favola: c’era una volta un bambino, Pinocchio, che, tornando verso casa, si imbatté in due imbroglioni, il Gatto e la Volpe, raccontando loro di essere in possesso di alcune monete d’oro per acquistare un nuovo abbecedario. Si lasciò convincere a sotterrarle in un campo miracoloso dove sarebbero cresciuti alberi colmi di zecchini d’oro. Durante la notte Pinocchio si incamminò per raggiungere il campo dei miracoli e incontrò il Gatto e la Volpe travestiti da assassini, i quali cercarono di rapinarlo, il bambino oppo-se resistenza e i due mascalzoni lo impiccarono. Fortunatamente il burattino riuscì a salvarsi e, spaventato, confessò il tutto alla fata turchina (operazione “Due di Coppe”, arrestati una banda di usurai reatini denunciati da un imprenditore locale, 18 Gennaio 2011; tratto da Rieti in Vetrina).

Il pericolo e le minacce incombono, devo sorvegliare attentamente e non lasciarmi ingannare dalle apparenze: il lavoro di mamma mi chiama, devo correre a badare ai miei piccoli cittadini. Non posso permettere che qualcuno mi sottragga il titolo fino ad ora da me tanto difeso né che i miei pronipoti vivano in una casa buia e lacerata dal terremoto della Criminalità. Ma se davvero, “scenderà la notte nera”, tenebrosa, terrifi-cante, io non avrò paura e combatterò come una mamma che protegge i suoi cuccioli.Rieti

on the road Localizzazione Rieti||

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on the road A tu per tu con simone petrangeli||

Che studi ha fatto?Ho fatto il liceo classico, poi l’università a Roma e mi sono laureato in giuri-sprudenza.

Avrebbe mai immagi-nato che un giorno sarebbe diventato

sindaco di Rieti?Mah, sinceramente no.

Definisca il sindaco Petrangeli in tre parole.Tre parole è difficile.Con tanta voglia di fare per que-sta città, impegnato a migliorarla in un momento così difficle e a ricostruire un senso di comunità nella prospettiva di condivedere con i cittadini la responsa-bilità di amministrare.

Quale era il suo sogno ai tempi del liceo?Il mio sogno era quello di fare il possibile per cambia-re Rieti, e più in generale i luoghi dove sono vissuto. Condividevo questa aspirazione con tanti altri ragaz-zi della mia età. E’ stato allora che ho iniziato il mio impegno politico, sono stati dei momenti bellissimi.

Ha raggiunto il suo sogno come voleva o è do-vuto scendere a compromessi?Questa è una bella domanda. Secondo me, la cosa importante è che ci sia un sogno, non che si realizzi. Inseguirlo permette di vivere con entusiasmo. E’ bel-lo essere guidati da una forte aspirazione nella vita. Dunque, posso dire di non averlo realizzato, perché spero che ce ne sia sempre un altro dietro l’angolo.

Il suo sogno oggi?Il mio sogno oggi è rimasto quello di allora. Vorrei migliorare questa città e soprattutto condividere quest’esperienza così difficile ed entusiasmante con tutti i cittadini. Fare in modo, quindi, che l’ammini-strazione diventi pubblica per quanto possibile.

Quali opportunità concrete offre oggi Rieti per realizzare i sogni?Rieti purtroppo vive una situazione difficile, simile a quella del paese e forse dell’Europa intera. Proba-bilmente questo è il momento più ostico nella storia dell’Italia del dopo-guerra. Fino ad oggi, i figli sono sempre stati meglio dei genitori, grazie al progressivo miglioramento delle condizioni di vita: i figli erano un sostegno per i genitori. Invece la mia generazio-ne, e ancor di più la vostra, si troverà a vivere peggio di loro. Sono preoccupato per le mie figlie, poiché sono convinto che non potrò fare per loro quello che i miei genitori hanno fatto per me. Dobbiamo fare i conti con la crisi ed essere consa-pevoli che è necessario cambiare gli stili di vita. Rieti certo vive delle difficoltà endemiche, molto con-seguenza dell’isolamento. Appare, infatti, proprio come un’isola: è una valle circondata da montagne. Dobbiamo evitare che ci sia l’allontanamento dalla

città dei giovani, che invece per studiare sono spesso costretti ad andarsene. Ecco, l’obbiettivo è proprio questo: fare in modo che tutti i nostri ragazzi tornino a farsi una vita qui. Il futuro di Rieti è collegato al loro futuro. Se non riusciamo a vincere questa sfida, tra vent’anni rischia di essere una città per anziani. Ovvio è che il tema cruciale di questo momento è il lavoro. Tutti, soprattutto ai livelli più alti, devono impegnarsi a trovare delle soluzioni che diminuiscano la disoccu-pazione e fare in modo, quindi, che i giovani pensino il loro futuro qui.

Il sogno di una Rieti più produttiva e aperta mentalmente, si realizzerà un giorno?Il sogno di una Rieti produttiva è molto legato alla situazione economica locale ma anche all’apertura mentale. Questa città ha avuto uno sviluppo impor-tante dal punto di vista sociale e culturale che le ha permesso di entrare in contatto con tante persona-lità non indigene. L’economia muove le persone: quando c’è un tessuto economico vivo, molte per-sonalità interagiscono quindi aumenta la possibilità di scambio. In questo modo si evita l’isolamento e si apre mentalmente la città. Dobbiamo essere un po’ più coraggiosi. Incosciamente ci sentiamo protetti da questa isola: è questo il vero ostacolo che va ad influ-ire sulle difficoltà economiche. Esiste un mondo al di fuori di questa vallata. Spero, alla fine del mio manda-to, di lasciare una città più disponibile mentalmente e culturalmente. Ovvio, i processi culturali hanno biso-gno di decenni, dunque questo spetta soprattutto a voi giovani: voi avete l’opportunità di fare rivoluzioni.

Lei ha due figlie, cosa consiglia loro?Adesso di crescere, andare a scuola, studiare, perché la crescita personale è un’arma eccezionale. “Studio” non significa prendere voti alti a scuola, ma essere curiosi di conoscere. Studiare significa anche svilup-pare un senso critico e di conseguenza riuscire ad analizzare ciò che accade nella società. Io, nei limiti del possibile, cerco di spronarle. Dovranno poi anche imparare a costruirsi buoni rapporti sociali tra la gen-te. Quando diventeranno grand,i io farò di tutto per trasmettere loro il mio impegno. Quello che facciamo qui lo facciamo per chi viene dopo di noi.

Lei preferirebbe che le sue figlie rimanessero a Rieti o andassero via?Mi piacerebbe che avessero la possibilità di scegliere. La cosa che vorrei evitare è che fossero COSTRETTE ad andare via.

Ha mai pensato di rassegnare le dimissioni?A volte sopraggiunge l’esasperazione: è un momento molto difficile per avere incarichi pubblici; ma vale la pena provarci fino in fondo. Se si agisce con coscien-za, non si potrà dire di non aver dato il massimo.

Si ritiene il sindaco del cambiamento?Penso di si. Lo vedremo alla fine del mandato. Sono

comunque convinto di esserlo, perché credo di aver messo in crisi alcune dinamiche cittadine, che hanno reso questa città ferma per troppi anni.

Lei è un sindaco al primo mandato, quali diffi-coltà ha incontrato?Innanzitutto difficoltà finanziarie, perché abbiamo ereditato una situazione veramente complessa, e poi difficoltà organizzative. La macchina burocratica fun-zionava malissimo, o meglio, non funzionava quasi per niente. Abbiamo dovuto rimetterla in corsa. La pubblica amministrazione vive un momento di crisi dovunque, ma con l’aiuto di coloro che hanno voglia di fare stiamo comunque costruendo.

Non crede che ciò che i ragazzi oggi sognano siano dei diritti che in teoria gli apparterreb-bero? Penso di si. Credo che il sogno dei ragazzi sia quel-lo di avere un futuro ed è assolutamente giusto che essi possano esaudire almeno in parte i loro desideri, proprio come hanno fatto i loro genitori. Il futuro è un diritto anche in un momento in cui la precarietà si presenta come una questione esistenziale. Il lavoro, poi, è il tema centrale di quest’epoca, che sta alla base di una buona società. Rimetterlo al centro deve esse-re un impegno assillante per tutti, soprattutto per chi

NOME:

SIMONECOGNOME:

PETRANGELIETà:

38 ANNIUna definizione di sogno:

E’ ciò che ti permette di guardare avanti,

è qualcosa che tiarde dentro.

E’ uno stimolo che ti anima durante la vita.

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detiene poteri alti. Se non si parte dai diritti di cittadinanza, difficilmente si potrà costruire una società migliore, anzi rischieremo di aumentare le insicurezze e i conflitti.

Quale sarà il nostro futuro a Rieti?Questa è una città che ha tante potenzialità, ma è ferma da tanti anni. Dobbiamo cercare di far diventare più intraprendenti i reatini. Un altro nostro limite è infatti questo: manca l’intraprendenza, la voglia di fare, manca un pò di coraggio. Il fu-turo dei giovani a Riet, credo sia innanzitutto quello di formarsi dal punto di vista intellettuale e sono contento che, anche se con fatica riusciamo a tenere in piedi questa esperienza dell’università. Ci sono circa mille e settecento iscritti, di cui un migliaio di Rieti. L’università è un’occasione. Bisogna valorizzare le idee che hanno i ragazzi e il talento che ognuno può esprimere. Il patrimonio naturale e l’ambiente sono le prime cose sulle quali puntare per lo sviluppo della nostra terra e coinvolgerli in quest’avventura.

Quando si potrà ricominciare a sognare?Innanzitutto non si deve smettere. Bisogna condividere i sogni con gli altri. I pro-blemi individuali sono problemi collettivi.

Ci sono persone che si spostano per il sogno di una vita migliore. Cosa pensa del tema dell’immigrazione?Non si può essere favorevoli o sfavorevoli. La migrazione è un fenomeno socia-le che ha dato origine all’umanità; il mondo si è formato grazie alle migrazioni, nessuno può bloccarle. Il punto sta nel come governare i flussi migratori e come accogliere coloro che si spostano. Rieti vive parte dei suoi problemi a causa dell’i-solamento. Dico questo a sostegno del fatto che le migrazioni migliorano le con-

dizioni di vita. E’ evidente che questo momento di profonda crisi provoca anche tensioni sociali, fenomeni di razzismo e xenofobia. Bisogna fare in modo che tutti abbiano gli stessi diritti: questa è l’unica garanzia per impedire che ci sia sfrutta-mento, lavoro minorile. Si creano opposizioni tra nativi e immigrati perché l’im-migrato è più sfruttato ed entra in contrapposizione con il nativo dal momento che si accontenta di uno stipendio più basso. I flussi migratori servono alla società. Tra quaranta-cinquanta anni il 50 % dell’Europa sarà costituito da immigrati o dai loro figli: andiamo verso una società meticcia, mista, migliore, perché luogo per la circolazione delle idee e l’incontro di tante culture.

Sotto questo punto di vista l’Italia si sta comportando bene? L’Italia purtroppo ha una legislazione non consapevole di questa situazione. Ci sono normative che rendono il governo dei flussi migratori più complicato di quello che è. Le leggi non sono attuali. Bisogna omogeneizzare la nostra norma-tiva con quella del resto dell’Europa, consapevoli del fatto che saremo sempre un paese di transito migratorio.

Una definizione di sogno.E’ ciò che ti permette di guardare avanti, è qualcosa che ti arde dentro. E’ uno stimolo che ti anima durante la vita.

a cura diElvisa Rossetti

Federica D’Orazi

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SPORT ALLENATI A SOGNARE|

allenàti a sognare: passione e sacrificiLeonardo Bizzoni,17 anni.

Pratico Atletica leggera. Gareggio per i colori dell’Atletica Studentesca CA.RI.RI. Tutti i giorni, eccetto la domenica, mi alleno per almeno 2 ore. Da gennaio a febbraio ci sono le gare indoor e posso gareggiare anche una volta alla settimana, mentre da maggio a giugno ci sono quelle outdoor.Da piccolo, qui a Rieti, facevo sempre le gare con la scuola; poi, in prima media, ho conosciuto un amico che fa atletica e mi ha detto che è un sport bellissimo; un contributo l’ha dato anche mia madre che, da giovane, lo praticava. Da piccolo il mio idolo era Giuseppe Gibilisco, un saltatore con l’asta italiano, che veniva sempre al Meeting. Adesso, dopo aver conosciuto meglio l’atletica ed essermi specializza-to nella corsa ad ostacoli, il mio idolo è diventato Liu Xiang, un ostacolista cinese che ha vinto le olimpiadi nel 2004. Lo sport insegna a rispettare l’avversario e a non trattarlo male. Riesce a far passare il messaggio che bisogna credere nelle proprie capacità e che, quando qualcosa va male, non bisogna abbattersi anzi rialzarsi! Le soddisfazioni dipendono da gara a gara: in una gara dove conta più il posiziona-mento, punti a superare gli altri… poi se vinci e fai pure il personale ben venga! Ai campionati italiani puntavo a superare gli avversari, mentre ai mondiali, dove il livello degli avversari è molto alto, puntavo solo a fare del mio meglio. Punto a diventare un atleta a livello internazionale, magari partecipando anche alle Olimpiadi, che credo sia il sogno di tutti quelli che intraprendono questo sport. Poi a me piace molto an-che la musica; quindi, poter avere un futuro incentrato non solo sullo sport, ma che abbia anche a che fare con la mia passione musicale, sarebbe il massimo.Qualche volta, quando torno stanchissimo a casa, penso: “ ma chi me lo fa fare di ritornare così distrutto?” Poi, però, alle gare sono felice perché riesco a togliermi mol-te soddisfazioni. Grazie all’atletica ho conosciuto molte persone, ho stretto molte amicizie e credo che alla fine rinunce e sacrifici siano ben ripagati.

Federica D’orazi: 17 anni e numerose gare di latino americano disputate all’estero.

Federica D’Orazi , 17 anni.

Faccio danza sportiva. Non ho una squadra, ma ballo sotto il nome della scuola “New dance school” di Roma, dove vado tutti i giorni per allenarmi almeno 3 o 4 ore.Ho iniziato qui a Rieti 5 anni fa, in una sala dove veniva un maestro di ballo. Pian piano le cose sono diventate più impegnative, così il mio maestro mi ha consigliato di andar via da Rieti e continuare ad inseguire il mio sogno fuori da questa città.Non ho mai avuto un idolo particolare durante la mia infanzia, perché quando sei piccola consideri ogni sport e, specialmente questo, come un divertimento, senza prenderlo sul serio. Ti ispiri sempre al tuo maestro, perché è la realtà che vivi. E’ quando inizi a crescere che conosci grandi campioni e cominci a guardare oltre te stessa e il tuo piccolo mondo.Questo sport mi ha aiutato a crescere e a diventare più responsabile e matura. Mi ha insegnato a relazionarmi con ragazzi che vengono da ogni parte del mondo e con ballerini che hanno realizzato il loro sogno.Mi ha insegnato a guardare prima me stessa e poi il rivale. Rimane comunque una gara in cui ti confronti: l’avversario ti aiuta a migliorare la tua performance e a supe-rare quello ‘scoglio’ che ti permette di dare sempre di più.Il mio sogno è quello di continuare a vivere questo sport, che oggi viene sottovaluta-to. Vorrei continuare a esprimere quello che sono ballando perché, quando lo faccio, tiro fuori una parte di me che difficilmente faccio conoscere. Questo sport implica tanti sacrifici… forse troppi!. Molto spesso devi rinunciare alla tua vita adolescenziale per allenarti. Ci sono state tante volte in cui ho pensato di mollare tutto: lo stress, gli impegni scolastici e la voglia di provare ad uscire da questo mondo e essere una semplice ragazza di 17 anni, ti portano a pensare che quello che fai non sarà mai ripagato.

Leonardo Bizzoni: 17 anni, campione italiano cadetti nel 2011, bronzo indoor nel 2013, bronzo outdoor nel 2013 e una

presenza in nazionale ai mondiali di Donesk.

a cura diSerena Pitotti

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Carta e Pellicola

allenàti a sognare: passione e sacrifici

IL GRANDE SOGNO

ANNO: 2008REGIA: Michele Placido

Il grande sogno è un film ambien-tato in Italia nel 1968, quando i giovani sognavano di cambiare il mondo, quando le regole venivano infrante, l’amore era libero e tut-to sembrava possibile. Nicola, un bel giovane pugliese, è poliziotto, ma sogna di recitare e si trova, invece, a dover fare l’infiltrato

UN SOGNO PER DOMANI

Anno: 2000Regia: Mimi Leder

Profondo e commovente, è la mas-sima rappresentazione del buoni-smo americano che, però, lascia passare il messaggio che cambiare le cose è possibile e che dovrem-mo tutti cominciare dal nostro piccolo. E chi se non Haley Joel Osment, già protagonista nel film “ Il sesto senso”, avrebbe potuto interpretare la figura di Trevor,

Autore: Fabio GedaTitolo: Nel mare ci sono i coccodrilli

Se nasci in Afghanistan, nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, può capitare che, anche se sei un bambino alto come una capra, e uno dei migliori a giocare a Bazul-bazi, qualcuno reclami la tua vita.Tuo padre è morto lavorando per un ricco signore, il carico del camion che guidava è andato perduto e tu dovresti esserne il risarci-mento.

Ecco perchè quando bussano alla porta corri a nasconderti.Ma ora stai diventando troppo grande per la buca che tua madre ha scavato vi-cino alle patate.Così un giorno, lei ti dice che do-vete fare un viaggio.Ti accompagna in Pakistan,ti accarezza i capelli, ti fa promettere che diven-terai un uomo per bene e ti lascia solo.Da questo tragico atto di amore hanno inizio la prematura vita adulta di Enaiatollah Akbari e l’incredibile viaggio che lo porterà in Italia passando per

l’Iran, la Turchia e la Grecia. Un’odissea che lo ha messo in contatto con la miseria e la nobiltà degli uomini e che, nonostante tutto, non è riu-scita a fargli perdere l’ironia nè a cancellare dal volto il suo formidabile sorriso.Enaiatollah ha infine trovato un posto dove fermarsi e avere la sua età. Questa è la sua storia. “E’ così.E la speranza di una vita migliore è più forte di qualunque sentimento.Mia madre, ad esempio, ha deciso che sapermi in pericolo lonta-no da lei, ma in viaggio verso un futuro differen-te, era meglio che sapermi in pericolo vicino a lei, ma nel fango della paura di sempre”.Sensazionale, coinvolgente e molto realistico. Impossibile non sentirsi al fianco di Enaiatollah, che dopo dieci durissimi anni trascorsi in viaggio, senza mai perdersi d’animo, ha iniziato una nuova vita, in Italia. Questo libro fotografa una realtà lontana, come quella dell’Afghanistan,dove ogni giorno si vive con la paura sul collo,e nessun luogo è sicuro per un hazara come Enaiatollah. C’è molto da riflettere!

nel mondo studentesco in forte fermento. All’università incontra Laura, una ragazza della buona borghesia cattolica, brillante e appassionata studentessa che sogna un mondo senza ingiustizie, e Libero, uno studente-operaio le-ader del movimento studentesco che sogna la rivoluzione. Tra i tre nascono sentimenti e forti passio-ni e Laura -sedotta da entrambi- dovrà scegliere chi dei due amare.

“Il grande sogno” di Michele Pla-cido non è un film sul sessantot-to, ma su tre ragazzi che hanno attraversato questo momento storico, con le loro idee, le loro contraddizioni politiche, i loro problemi familiari e le loro con-fusioni. Molto realistico dal pun-to di vista della ricostruzione, ci fa (ri)vivere un periodo di scontri e di protesta, ma soprattutto par-la dei sogni che avevano i giovani per cambiare il mondo.

utopico bambino sognatore? La sua soluzione è semplice ma è ne-cessaria un po’ di volontà.. è ne-cessario crederci. “ Questo sono io, e queste sono tre persone, a cui darò il mio aiuto, ma deve essere qualcosa di importante, una cosa che non possono fare da sole, per-ciò io la faccio per loro... e loro la fanno per altre tre persone..” La scelta di Mimi Leder di inserire due grandi attori come Kevin Spa-ce (Nomination Miglior attore in un film drammatico o romantico nel 2001 agli Blockbuster Enter-tainment Awards) ed Helen Hunt (Nomination Miglior attrice in un film drammatico o romantico nel 2001 agli Blockbuster Enter-tainment Awards) lo rende ancor più travolgente e di qualità. Un film imperdibile per chi spera ancora che le cose possano mi-gliorare. “Non lo so per me certe persone hanno troppa paura per pensare che le cose possano esse-re diverse e.. insomma il mondo, il mondo non è tutto quanto merda. Ma credo che sia difficile per cer-ta gente abituata alle cose così

a cura diSerena PitottiChiara Cauletti

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JOHN WINSTON ONO LENNON nasce a Liverpool il 9 Ottobre 1940. Trascor-re la sua infanzia e l’adolescenza a casa della zia Mimi, dalla quale riceve un’educazione particolarmente severa. In un intervista John dichiar “in quel periodo i miei svaghi principali consistevano nell’an-dare al cinema o nel partecipare ogni estate al grande ‘garden party’ che si teneva nella locale sede dell’Esercito della Salvezza ‘Strawberry Fields’. Ricordo che non appena sentivo le prime note della banda dell’Eser-cito, cominciavo a saltare come un matto di-cendo a mia zia di allungare il passo; a scuola con la mia banda mi divertivo a rubacchiare qualche mela, poi ci arrampicavamo sui so-stegni esterni dei tram che passavano per Penny Lane e ci facevamo dei lunghi viaggi per le vie di Liverpool.

I genitori degli altri ragazzi non mi vedeva-no di buon’occhio, dicevano ai loro figli che avrebbero fatto meglio a non frequentarmi”. Crescendo comincia a seguire con una certa attenzione i fenomeni musicali in voga, Elvis

Presley e il rock in generale. Fonda il gruppo “Quarry Man” ,che durante un’esibizione col-pisce profondamente lo spettatore Paul Mc-Carteny. Nasce così il duo Lennon-McCartney e ha inizio l’avventura “Beatles”. Nel dicembre del 1958, John incontra Cynthia Powell con la quale successivamente si spo-serà e dalla quale avrà un figlio; Nel 1962 i Beatles registrano le loro prime canzoni negli studi EMI in Abbey Road. Nel No-vembre 1966 incontra Yoko Ono, avvenimento questo che avrebbe cambiato radicalmente la sua vita :

“Yoko non sapeva chi io fossi quando mi fu presentata. Lei venne verso di me e mi diede un cartoncino con su scritto ‘breathe’ (re-spira). Yoko fu per me uno choc.” Nel 1969, in seguito al divorzio con Cynthia, Yoko e John si sposano iniziando il loro Bed-in all’Hilton di Amsterdam. L’iniziativa, che è finalizzata a favore della pace nel mondo, ha grande eco sulla stampa mondiale. Come gesto simboli-co, inviano un pacchettino contenente “semi di pace” ai maggiori leaders politici mondiali.

YOU MAY SAY

I'M A DREAMER.a cura di:Chiara CaulettiElvisa RossettiPierluigi ImperatoriBeatrice Cianetti

Nel 1970 i Beatles si sciolgono Nell’aprile del 1973 John e Yoko comprano un appartamento al Dakota sito nella 72^ strada di New York di fronte al Central Park, dove vanno a risie-dere; John, nel frattempo, ha grossi problemi con il governo federale per il riconoscimen-to della cittadinanza americana.

Tra l’altro viene controllato da agenti della C.I.A. per il suo impegno politico. Nella secon-da metà dello stesso anno John e Yoko si se-parano; la separazione si interrompe un anno dopo. Un’altra tappa fondamentale della pur-troppo breve vita di John è costituita dalla nascita del suo secondo figlio. Nell’incredi-bile felicità, John afferma “Sento di essere più alto dell’Empire State Building”.

Seguono cinque anni di vita familiare tra-scorsa gran parte ad accudire il suo ultimo nato. Nell’ultima intervista rilasciata la mattina dell’8 dicembre 1980, John dichiara che, avendo compiuto da poco quarant’anni, è sua ferma intenzione ricominciare a “vivere” e dedicarsi nuovamente alla musica a tempo pieno. Infatti, ha già preso in affitto uno stu-dio di registrazione a New York presso la “Hit Factory”.

Molti dei progetti qui iniziati o realizzati saranno poi riorganizzati da Yoko in maniera esemplare. La sera dell’8 dicembre 1980 alle 22.51, al termine di un pomeriggio trascorso al Record Plant Studio, mentre si accingeva a rincasare con la moglie e si trovava di fron-te all’ingresso del Dakota Building, un ven-ticinquenne malato di mente di nome Mark Chapman esplose contro di lui cinque colpi di pistola, colpendolo quattro volte, mentre esclamava: «Hey, Mr. Lennon».

Uno dei proiettili trapassò l’aorta e Lennon fece in tempo a fare ancora qualche passo mormorando «I was shot...» [Mi hanno spara-to] prima di stramazzare al suolo. Soccorso da una pattuglia di polizia, Lennon perse co-noscenza durante la corsa verso il Roose-velt Hospital, dove fu dichiarato morto.

musica you may say i’m a dreamer|

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Gli Area765 na-scono in seguito alla decisione di Roberto Billi,

cantante e co-fondatore del gruppo, di lasciare la band e al conseguente sciogli-mento de “I Ratti della Sabina”.

Gli altri membri, pur volendo continuare a condividere palchi e nuove esperienze, non ritengono più opportuno utilizzare il nome “I Ratti della Sabina”, perché identi-ficativo di un progetto cresciuto e porta-to avanti nel tempo da otto persone.

Nel 2011 inizia quindi l’esperienza musica-le degli Area765, una band nuova, ma con

I TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTINEL GIARDINO DEI FANTASMI La Tempesta Dischi****

TARM, o meglio I Tre Allegri Ragazzi Morti, che non sono più ragazzi, ma che non hanno nulla da

invidiare alle nuove leve. Quelli che suonano trave-stiti con le maschere disegnate dal fondatore, Davide Toffolo. Nei live sono quattro, ma, per ovviare al nome, il primo chitarrista si veste da animale che cambia da album ad album;WHERE: Pordenone, la piccola città friulana, patria del punk-rock italiano anni ’70 - ’80, all’epoca del “Great Complotto”;

Nella seconda metà degli anni ottanta nascono gli “Inudibili”, gruppo rock italiano ancora in fase di formazione, che però non ottiene molto successo. Dopo circa dieci anni e l’avvicenda-mento di alcuni componenti, la band è completa e si da il nome Negrita, prendendolo da una famosa canzone dei Rolling Sto-nes: “Hey! Negrita”.

Il 1994 è l’anno dell’esordio discografico: l’album “Negrita” riscuote sin da subito molto successo di pubblico e critica; ma la svolta decisiva avviene nel 1997, con l’uscita dell’album “XXX”, che raggiungerà le sessantamila copie vendute e contiene brani di-venuti veri e propri cavalli di battaglia del gruppo, come ad esempio: “Ho imparato a sognare”.

Questo brano verrà inserito da Aldo, Giovanni e Giacomo nella co-lonna sonora del loro film “Tre uomini e una gamba”.I Negrita saranno in tour nel 2014 con vari concerti in tutt’Italia, da

“Nel giardino dei fantasmi” ve lo vogliamo consi-gliare, perché Toffolo non vuole consegnare la

propria immagine ai media e dice di volersi nascondere dietro la sua matita, con la quale riesce a far uscire il mondo della sua mente e a mostrarcelo nella comple-tezza e bellezza;

“L’avevamo immaginato come l’incontro con i no-stri fantasmi, come il rock, il reggae, il dub, la canzone d’autore, il folk con qualche fantasma

più esotico. Il risultato è una musica etnica, di un’etnia immaginaria, fantastica: la nostra”

Quando sei sveglio tutta la notte. Tra le foglie cadute dagli alberi; tra una palla di neve e l’al-

tra.

WHO

WHAT

WHY

WHen

nord a sud: non è da escludere un proseguimen-to dell’Unplugged tour 2013, un’inedita versione live in acustico del loro repertorio nei maggio-ri teatri italiani. Torino, Milano, Roma, Pescara sono alcune delle città più importanti che hanno registrato il “tutto esaurito”.Dalla splendida esperienza del tour nasce l’al-bum “Déjà Vu”, che non è una greatests hits, bensì un riarrangiamento in chiave semiacustica con cui i Negrita hanno riprodotto i loro bra-ni più celebri e non solo, da “Ma ma maè” a “Rotolando verso sud”, con l’aggiunta di due inediti: “La tua canzone” e “Anima lieve”.

Come hanno spiegato Pau e Cesare:“Déjà Vu non è una raccolta, non è un greatest hits, non è un live, ma solo arrangiamenti che sono stati eseguiti per 30, 40 volte nei teatri italiani e poi risuonati con più cura e accortezza dei suoni in uno stu-dio di registrazione. Con una cura maniacale, quasi da disco di inediti. Ma è un rivestire una fetta di passato e rendersi conto che quel pas-sato non era così male. Anche perché con altri arrangiamenti i brani stanno in piedi benissimo. Dai, è un motivo di orgoglio.”

AREA765 radici profonde, che continua un proget-to musicale già iniziato con i Ratti, i quali dal 1996 al 2010 hanno saputo imporsi sul-la scena musicale italiana con numerosi concerti e produzione di dischi.

Gli Area765 ripartono proprio da questo e, anche se con un nuovo nome, rimane in loro la volontà di continuare a vivere insieme nuove esperienze e il piacere di ricordare quelli che sono i loro luoghi di provenienza:

765 sono infatti le ultime tre cifre del prefisso telefonico dell’area geografica conosciuta come “Sabina”.Il gruppo è attualmente composto da set-

te membriStefano Fiori (voce, chitarra acustica)Eugenio Lupi (chitarra elettrica)Alessandro Monzi (violino)Paolo Masci (bouzouki, chitarra elettrica, lap steel)Alberto Ricci (fisarmonica, keyboards)Valerio Manelfi (basso)Carlo Ferretti (batteria)

La loro musica ha subito un processo evo-lutivo: da un carattere quasi prettamen-te folk sono giunti a sonorità più vicine al rock, mettendo sempre al primo posto l’importanza dei testi.

Playlist

c’e’ che ormai ho imparato

a sognare non

smetter0’!

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La Smorfia è il libro usato per trarre dai sogni i corrispondenti numeri da giocare al lotto. Ha origini così antiche da ritrovarla nella tra-dizione ebraica.

Secondo la Cabala (Qabbalah), nella Bibbia non vi è parola, lettera o segno che non abbia qualche significato misterioso correlato. Il mondo stesso non sarebbe altro che un insieme di simboli da decodificare.

I cabalisti pertanto crearono una sorta di dottrina interpretativa per sve-lare i significati nascosti dietro alla realtà apparente. Originariamente tra-mandata in forma orale, successivamente fu trascritta su carta.Le teorie sull'origine del termine "smorfia" rimangono incerte ed inde-finite, anche se la spiegazione più frequente è che sia legata al nome di Morfeo, il Dio dei sogni nell’antica Grecia. Nonostante ciò, l’importante è sapere che spesso e volentieri i sogni portano consigli utili.

Proviamo ad interpretare questi sogni ironicamente:

- Essere incinta, ha una simbologia positiva che ci porta tante belle no-vità. Secondo la cabala e la smorfia il numero che meglio rappresenta la maternità è il numero 89.

- Il sangue, normalmente può significare un dolore emotivo, rabbia per qualcosa o qualcuno, una preoccupazione in generale, ma anche man-canza di energie. A volte nelle donne, il flusso di sangue, può anche significare la perdita della verginità. Secondo la cabala e la smorfia è l’80.

- Se si sogna di morire vuol dire che avremo una lunga vita. Per la cabala è il numero 14.

- Il ragno, è uno dei tanti simboli “positivi”. Questo indica infatti pazien-za, abilità ed operosità.

Se sogniamo un ragno o nero o grigio, può significare un momento di non chiarezza, ma anche una trasformazione in corso. Se sogniamo dei ragni morti vuol dire che ci siamo liberati da alcuni problemi. Le ragnate-le invece hanno il significato di essere intrappolati in una rete di relazioni o in qualcosa da cui ci fa piacere di uscire. Infine se sogniamo dei ragni nel letto, vuol dire che abbiamo dei possibili problemi con il nostro part-ner. Per la cabala e la smorfia il numero è il 34.

- I soldi, hanno un significato particolare. Stanno infatti per un valore personale, dei bisogni e degli affetti che al momento hanno un ruolo importante. Per la cabala e la smorfia è il 51.

- L’acqua, può assumere diversi significati. Infatti, se noi sogniamo l’ac-qua calda (cabala: 30) c’è una malattia in vista; se sogniamo l’acqua fred-da (69) c’è un odio dichiarato; se sogniamo di versare dell’acqua (88) può significare la presenza di un incendio; mentre se sogniamo di cadere nell’acqua bollente (37) vuol dire che la fortuna ti ha abbandonato.

- L’atto del bere assume significati differenti in base a ciò che stiamo be-vendo. Se noi sogniamo di bere dell’acqua (44) vuol dire che c’è una nascita in famiglia; bere del vino (45) significa felicità ed allegria, bere alcolici (21) indica il bisogno di un maggior controllo; infine se si sogna di bere troppo (17) vuol dire che c’è una possibilità di andare incontro a dei guai.

Tali associazioni non sono una regola assoluta.

I sogni conserveranno sempre una parte di mistero. Sta a noi ve-dere se vogliamo assolutamente interpretarli o se preferiamo lasciargli un lato inesplicabile…

simboli la smorfia|

a cura di:Sofia Galgani

ORIZZONTALI:

1. L’arabica ne è varietà – 6. E’ pie-no di iniziative – 11. Un saluto – 13. Lentamente – 14. Il Tognazzi del-la commedia all’italiana – 15. Il de tedesco – 17. Resina nera – 18. Esibito con teatralità – 20. Non diminuisce mai – 21. Tipica danza spagnola – 22. Li richiedono certi quadri – 24. Pasti quotidiani – 26. Liquidi usati nei laboratori – 28. L’inizio dell’autunno – 29. Maiali – 30. Un vorace cetaceo – 32. Iniziali di Chopin – 33. Si grida sul set – 35. Possono coprire le spiagge – 37. Aumento dei prezzi di Borsa – 39. I Maiden gruppo heavy metal – 40. Stare in panciolle – 42. I più vecchi tra i colleghi – 44. Un contabile – 45. Costringe all’attesa – 46. Il protagonista del dramma – 47. Un succo amarissimo – 48. La coda di paglia.

VERTICALI:

1. Si conservano in salamoia – 2. Tra i Pesci e il Toro – 3. Gran rumo-re che impedisce di concentrarsi – 4. Corona l’opera – 5. Lungo ca-pitolo di storia – 6. Lusingare, incensare - 7. Vi si friggono due uova – 8. Le salmonate hanno carni rosa – 9. Si ripetono nel picnic – 10. Assai vispo – 12. Uno per la miss – 16. Robusta tela per vele latine – 18. Scarica a terra l’acqua della gronda – 19. La scrive il Pontefice – 21. Mietere l’erba – 23. Lampada a pile – 25. Il nome di un Bennato – 27. In mezzo – 29. Iniziali della Cortel-lesi – 31. Proprietari terrieri – 32. Spesso è odoroso – 34. Catanzaro – 36. Produce la Civic – 37. C’è quello musicale – 38. Rancore, livore – 41. Imperò fino al 1917 – 43. L’estate francese – 45. I Limiti di Real.

a cura di:Daniele Bolletta

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a cura di:Beatrice Cianetti

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Rieti:Eventi musicali:Area 765 - Novalia (reunion) Giovedì 30 Gennaio 2014 ore 21:00 Teatro Flavio Vespasiano

Teatro:DELIRIUM VITAE - Michele Vargiu e Giulio Federico JanniDomenica 26 Gennaio 2014 ore 18:00 Teatro Flavio Vespasiano

IL GRANDE MAGO - Luca De BeiDomenica 26 Gennaio 2014 ore 21:00 Teatro Flavio Vespasiano APRITI CIELO - Ficarra e Picone Sabato 1 Febbraio 2014 ore 21:00 Teatro Flavio Vespasiano

MR FOREST SHOW - Mago ForestSabato 1 Febbraio 2014 ore 21:00 Teatro Flavio Vespasiano

Gad P.L. Mariani"LA STROLLACA" - di Mario Travaglini e regia di Fabrizio Festuccia14, 15, 16 Febbraio 2014 Teatro Flavio Vespasiano

LO SFASCIO - di Gianni Clementicon Nicolas Vaporidis, Primo Reggiani, Simone Corrente e Alessio Di Cle-menteregia di Saverio Di Biagio e Gianni ClementiDomenica 23 Febbraio 2014 ore 18:00

Terni:Teatro:DIAPASON: CLOWN IN MUSICA - I CircondatiRegia di Diego Carletti e Luciano MenottaDomenica 26 Gennaio 2014 Teatro Ragazzi

‘NA SPECIE DE CADAVERE LUNGHISSIMO - Fabrizio Gifuni dal 31 Gennaio 2014 al 1 Febbraio 2014 Teatro Secci

HANSEL E GRETEL - Fondazione AidaRegia di Lorenzo BassottoDomenica 2 Febbraio 2014 Teatro Ragazzi

Eventi Musicali:NOTHING ZERO NONE - Mountain ManMr Mat, voce, chitarre e stompbox; Mr Iano, armonica e voceGiovedì 6 Febbraio 2014 ore 21:00 Auditorium Gazzoli

L’Aquila:Civitella Roveto, Giorno della Memoria: celebrazioni il 26 gennaioIl 26 gennaio a partire dalle ore 16:00, presso la sala Vincenzo Zanello a Civitella Roveto, l’Associazione Culturale “Il Liri”, in collaborazione con l’Anpi Marsica, celebrerà la ricorrenza del Giorno della Memoria.

Celano, mostra “Arte ed Archeologia nel Parco Regionale Siren-te Velino” dal 29 dicembre al 15 febbraio.Al Castello Piccolomini di Celano il 29 dicembre alle ore 16:00 è stata inaugurata la mostra “Arte ed Archeologia nel Parco Regionale Sirente Velino”. La mostra a cura della soprintendenza per i beni artistici e ar-cheologici d’Abruzzo sarà in esposizione fino al 15 febbraio 2014.

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