Isabella Mattazzi-Il labirinto cannibale. Viaggio nel "Manoscritto trovato a Saragozza" di Jean...

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Labirinti, cibi, serrature, specchi, liquidi. Cinque chiavi tematiche per entrare all'interno di un'opera complessa, enciclopedica nel suo infinito incrociarsi di storie, voci, generi narrativi. Cinque figure dell'immaginario di Jean Potocki attraverso cui compiere un tentativo di scandaglio di un testo enigmatico, come il Manoscritto trovato a Saragozza, che dalla sua riscoperta negli anni '50 a oggi si è imposto come uno degli esempi più fecondi della produzione fantastica di fine Settecento. Cinque porte aperte su altrettanti orizzonti di indagine — codice iniziatico e dato letterario, pulsionalità e castrazione, sguardo e punto di vista, identità e sdoppia¬mento, statuto illusionistico del reale — certamente non secondari per un'analisi della letteratura europea moderna e dei suoi codici espressivi.

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Isabella Mattazzi

IL LABIRINTO CANNIBALEVIAGGIO NEL

MANOSCRITTO TROVATO A SARAGOZZA

DI JEAN POTOCKI

Milano2007

Page 3: Isabella Mattazzi-Il labirinto cannibale. Viaggio nel "Manoscritto trovato a Saragozza" di Jean Potocki - Indice e Capitolo I

© 2007 Isabella [email protected]

per la presente edizione© 2007 Arcipelago Edizioni

Via Carlo D’Adda 2120143 Milano

[email protected]

Prima edizione maggio 2007

ISBN 978-88-7695-358-3

Tutti i diritti riservati

Ristampe:7 6 5 4 3 2 1 02013 2012 2011 2010 2009 2008 2007

È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresala fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.

In copertina:A. Kircher, Labyrinthus Aegyptiacus, 1679. Si trova in: A. Kircher, TurrisBabel, Amsterdam, Ex Officina Janssonio-Waesbergiana, 1679.

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INDICE

I LABIRINTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

II CIBI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

III SERRATURE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

IV SPECCHI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71

V LIQUIDI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87

BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107

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Anche non volendo entrare nel merito di un lavoro di carattere strettamen-te filologico, ogni lettura critica del Manuscrit trouvé à Saragosse devenecessariamente fare i conti con l’incertezza strutturale della genesi dellesue pagine.I curatori delle edizioni storiche del romanzo di Potocki, Roger Caillois(Paris, Gallimard, 1958) e René Radrizzani (Paris, José Corti, 1989), sisono dovuti confrontare con una dispersione capillare di documenti, contesti mozzi, varie riscritture, traduzioni di traduzioni. Gli stessi François Rosset e Dominique Triaire, curatori dell’edizione piùrecente del Manuscrit (Louvain-Paris, Peeters, 2006) hanno optato (con unsignificativo avanzamento delle ipotesi sulla nascita e la storia del testo) perla scelta di una doppia pubblicazione, facendo uscire due “Ma noscritti”:una prima versione del 1804, lasciata incompiuta dall’autore alla 45° gior-nata, e una versione del 1810, questa volta completa (61 giornate) e, permolti aspetti, significativamente diversa dalla precedente.Quale è allora il vero testo di Potocki? Quello del 1804? Quello del 1810?Un primo abbozzo scritto nel 1794, o ancora quello del traduttore ottocen-tesco Edmund Chojecki ripreso in parte da René Radrizzani, o quello tron-co di Roger Caillois?Di fatto scegliere una copia al posto di un’altra vorrebbe dire scartare deci-samente una serie di elementi che hanno costituito e costituiscono tuttora ilfascino della scrittura di Potocki e del suo mondo di meraviglie. IlManoscritto, libro senza corpo, opera senza un luogo preciso che ne con-tenga e protegga sistematicamente il senso, più che ad un nucleo compattofondato su un’equivalenza immediata tra testo e significato, sembra somi-gliare piuttosto ad una costellazione, ad una nebulosa di temi e figure del-l’immaginario, dispersi certo, divergenti anche, eppure incontestabilmenteaffini e riconoscibili all’interno dell’universo letterario di fine Settecento. Sebbene quindi l’edizione del Manuscrit trouvé à Sa ra gosse a cui si fa quiprincipalmente riferimento è la versione del 1810 (61 giornate) curata daFrançois Rosset e Dominique Triaire, sono stati presi in esame durante lastesura del presente lavoro sia il secondo volume della stessa edizione (Ma -nuscrit trouvé à Saragosse-1804), che il Mano scritto (64 giornate) curatoda René Radrizzani, opera sulla quale di fatto sono andati costituendosi glistudi specialistici degli ultimi vent’anni.Per quanto riguarda la grafia di nomi e luoghi, si è scelto pertanto di uni-formarsi alla edizione 1810, rimandando alla consultazione in nota pereventuali discrepanze con le stesure precedenti del testo.

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IL LABIRINTO CANNIBALEVIAGGIO NEL

MANOSCRITTO TROVATO A SARAGOZZA

DI JEAN POTOCKI

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1 J. Potocki, Œuvres IV,1 Manuscrit trouvé à Saragosse (version de1810), Louvain-Paris, Peeters, 2006, p.30.

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CAPITOLO I

LABIRINTI

Hic inclusus vitam perditAdrumeto, labirinto musivo

Le comte d’Olavidès n’avait encore établi des coloniesétrangères dans la Sierra Morena; cette chaîne de montssourcilleux qui séparent l’Andalousie d’avec la Manchen’était alors habitée que par des contrebandiers, des ban-dits et quelques Bohémiens qui passaient pour mangerles voyageurs qu’ils avaient assassinés, et de là le pro-verbe espagnol: “Las Gitanas de Sierra Morena quierencarne de hombres”.1

Ancor prima di essere un luogo abbandonato da dio, laSierra Morena è soprattutto un luogo abbandonato dal re e dalsuo potere giurisdizionale. È uno spazio semidesertico, incolto,non toccato da alcuna forma strutturante. Come se non bastasse,il cannibalismo, infrazione estrema, rottura ultima di ogni pos-sibile coscienza aggregativa, sembra minare dal profondo la si-curezza e il passo di chiunque si avventuri oltre l’ultimo riparoabitato di Andujar.

La geografia dell’universo romanzesco di Potocki è in primoluogo la geografia sociale di un mondo hors-la-loi. Assassini,contrabbandieri, uomini per loro stesso statuto al di fuori dellaregolarità rassicurante di un preciso ordine civile, sono gli abi-tanti irregolari di una terra irregolare. Nella valle di Los Her-

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2 L’astensione da ogni tipo di attività commerciale riguarda princi-palmente la vita all’interno dell’universo a-sociale della Sierra Morena.Nelle singole storie raccontate dai personaggi (narrazioni di secondo grado),il tema del denaro è invece presente a segnalare il sostanziale stacco tra loscenario senza legge della cornice narrativa e una “realtà esterna” ancora or-dinata secondo i precisi parametri del vivere civile.

3 Per quanto riguarda la redazione del Manoscritto del 1804, in ununico caso Alphonse mostra di avere del denaro con sé durante il viaggionella Sierra. All’arrivo dell’Ebreo Errante dentro la capanna dell’eremita(IXème journée), il giovane soldato getta nel cappello dello sconosciutouna “pièce d’or” a conferma, più che della propria generosità, dell‘estremopotere di fascinazione del misterioso personaggio. Anche in quest’unica ac-cezione, il denaro sembra però essere stato del tutto spogliato di qualsiasi

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IL LABIRINTO CANNIBALE

manos non si batte moneta, non esiste tribunale, sguardo e pa-rola del sovrano conoscono impotenti la legge indefinita dellasospensione.

E del resto non soltanto chi risiede all’interno delle terre delManoscritto (il bandito Zoto, l’eremita, il gitano Avadoro), maanche chi in questo spazio arriva, forestiero per caso o per ne-cessità, sembra improvvisamente dover sottostare agli impera-tivi e ai vincoli di un nuovo ordine del quotidiano, letteralmentetrascolorando, abbandonando ogni habitus precostituito per pe-netrare all’interno di una vera e propria società autonoma rettada un’economia, un linguaggio, un’etica e persino uno spazioe un tempo suoi propri.

Innanzitutto un’economia. Il denaro pare non avere alcunafunzione all’interno della Sierra Morena. Certamente non ditipo pratico. Tralasciando il breve accenno alle attività fuori-legge dei contrabbandieri di Avadoro nessuno compra, investe,vende2.

Lo stesso Alphonse Van Worden, capitano delle guardie val-loni e primo narratore del romanzo, sembra attraversare il dif-ficile cammino da Andujar a Madrid senza alcun soldo intasca3. Differentemente da parecchi suoi consimili settecente-

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carattere economico per farsi gesto, non monetizzabile, di pura dépense (unatto perfettamente equiparabile, in questo, al dono delle castagne che pocopiù avanti l’eremita farà all’ebreo). “L’inconnu se mit à genoux devant moiet ôta son chapeau. Alors je vis qu’il avait un bandeau sur le front. Il me pré-senta son chapeau de l’air dont on demande l’aumône. J’y jetai une pièced’or (…) après m’avoir donné cet avis, l’inconnu se mit à genoux devantl’ermite qui remplit son chapeau de châtaignes” (J. Potocki, Œuvres IV, 2Manuscrit trouvé à Saragosse [1804], Louvain-Paris, Peeters, 2007, p.88).

4 Cfr. J. Cazotte, Le diable amoureux (1772).5 “Lorsque nous fûmes arrivés à Los Alcornoques, je trouvai sur

l’abreuvoir un panier rempli de feuilles de vignes; il paraissait avoir étéplein de fruits et oublié par quelque voyageur. J’y fouillai avec curiosité etj’eus le plaisir d’y découvrir quatre belles figues et une orange” (J. Potocki,op.cit., p.37).

“Boitant tout bas, je gagnai les bords du Guadalquivir, et j’y trouvaile déjeuner que les deux voyageurs avaient abandonné; rien ne pouvait mevenir plus à propos, car je me sentais très épuisé. Il y avait du chocolat quicuisait encore, du sponhao (“de l’esponjado” nell’edizione Radrizzani)trempé dans du vin d’Alicante, du pain et des oeufs” (Ivi, pp.50-51).

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LABIRINTI

schi (uno per tutti Alvare, il giovane ufficiale innamorato del ro-manzo di Cazotte, alle prese con un sistema di crediti e debitiestremamente dettagliato4), Alphonse vive una situazione quasiinfantilizzante. Grazie alle leggi non scritte dell’ospitalità no-made, alla carità cristiana dell’eremita o alla gentilezza sedut-tiva di Emina e Zibeddé, cibo e vino gli vengono offerti comepuri doni spontanei. Altrimenti, in mancanza di un ospite, è ilcaso a prendersi cura delle necessità primarie del giovane sol-dato sotto le forme di un paniere di fichi e di arance abbando-nato sulla strada, o di un letto trovato intatto in una locandasenza avventori5. Persino il suo cavallo viene nutrito e strigliatodurante la notte senza che nessuno sembri apparentemente in-teressato a richiedere un qualche compenso per il proprio di-sturbo:

Il me fallut faire à pied toute la vallée de Los Hermanoset celle de la venta, ce qui ne laissa pas de me fatiguer

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6 Ibidem7 Occorre sottolineare che questo evidente vuoto all’interno dell’in-

sieme di pratiche chiamate a regolare la quotidianità di Alphonse è esten-sibile alla quasi totalità dei personaggi presenti nella Sierra Morena. Siconfronti infatti il modo, certamente poco ortodosso, con cui il cabalista siprocurerà la cena durante la notte trascorsa alla Venta Quemada: “Je partisun peu tard et n’arrivai ce jour-là qu’à la venta Quemada. Je trouvai ce ca-baret abandonné par la peur des revenants, mais comme je ne les crains pas,je m’établis dans la chambre à manger, et j’ordonnai au petit Nemraël dem’apporter à souper. Ce Nemraël est un petit génie d’une nature très ab-jecte, que j’emploie à des commissions pareilles, et c’est lui qui est alléchercher votre lettre à Puerto Lapiche. Il alla à Andujar où couchait unprieur des bénédictins, s’empara sans façon de son souper, et me l’apporta.Il consistait dans ce pâté de perdrix que vous avez trouvé le lendemainmatin” (Ivi, p.118).

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IL LABIRINTO CANNIBALE

et de me faire souhaiter beaucoup de retrouver mon che-val. Je le retrouvai en effet: il était dans la même écurieoù je l’avais laissé et paraissait fringant, bien soigné etétrillé de frais, mais j’avais vu tant de choses extraordi-naires que celle-là de plus ne m’arrêta pas longtemps6.

L’assenza simbolica del denaro, la mancanza di figure le-gate per tradizione letteraria alle leggi di scambio e di compra-vendita (l’auberge della Venta Quemada ancor prima di essereun luogo di fantasmi è una locanda senza un oste)7, si fonda, al-l’interno del Manoscritto, su una precisa logica di dissoluzionee sovvertimento di ogni ordine sociale costituito. L’universoeterogeneo della Sierra Morena è un universo senza classi.Un’unica tavola, un unico cibo, un unico piacere di raccontaree ascoltare accomunano il gitano Avadoro, un eremita, ungrande di Spagna, Rébecca l’ebrea, senza alcuna differenzia-zione di gesti, di trattamento, di status.

Certo, possiamo intuire della ricchezza delle principesseEmina e Zibeddé dalla magnificenza dei costumi, dai gioielli odall’apparato di négresses pronte a servirle, ma questo étalagedi ori e di stoffe, più che ad un sistema di codici immediata-

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8 La quantificazione delle risorse della miniera coincide infatti con illoro stesso esaurirsi. Cfr. nota 167.

9 La maggior parte degli studi su Jean Potocki ha trattato ampiamenteil problema del linguaggio e della sua strutturazione all’interno del Mano-scritto. In particolar modo si segnala: F. Rosset, Le théâtre du romanesque.Manuscrit trouvé à Saragosse entre construction et maçonnerie, Lausanne,L’Age d’Homme, 1991.

10 Nell’edizione del 1804 anche l’ebreo errante.

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LABIRINTI

mente definibile all’interno di un mercato economico, appar-tiene piuttosto al dominio senza numeri della fiaba, ad un’ac-cumulazione dagli intenti puramente fascinatori così comel’immensa vena d’oro che giace nelle caverne sotterranee dellaSierra, alimento di tutta la famiglia dei Gomelez e a ben vederedi tutti gli abitanti della valle, è un bene non calcolabile, non ad-domesticabile secondo le regole numeriche di una moneta o diun qualsiasi valore commerciale8.

Un solo, evidente spartiacque gerarchico sussiste all’internodella comunità della Sierra Morena: il linguaggio9. La societàdei personaggi di Potocki è una società fondata sulla parola. Siparla (si narra) in ogni occasione nel Manoscritto. In primoluogo a tavola, ma anche in viaggio, camminando, cavalcando.

Qualunque viandante, uomo o donna, sano o indemoniato, sitrovi a passare lungo i sentieri della catena montuosa che di-vide Mancia e Andalusia diviene innanzitutto il portatore di unracconto. Quello della propria vita, beninteso (così farannoEmina, Zibeddé, Pascheco, Alphonse, Zoto, il cabalista, Ré-becca, Torres Rovellas, Velasquez, e lo sceicco dei Gomelez)10,ma anche quello della vita di qualcun altro. Avadoro, primo fratutti, sembra essere il detentore di una tale quantità di storie (edi vite) da far sospettare una sua qualche vocazione demiur-gica, ma lo stesso si potrebbe dire dell’ebreo Ben Mamoun, odi Alphonse, di Velasquez divulgatori entrambi del segreto deiloro padri.

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Non soltanto mezzo piacevole di scambio e di intratteni-mento, la parola all’interno del Manoscritto è un vero e pro-prio organo creativo. Spazio vitale creato dalla volontà delproprio autore, l’universo della Sierra è a sua volta un universocreatore, un mondo fecondo, padre di innumerevoli altri mondi.Accanto alla comitiva erratica dei compagni di Alphonse (tuttinarratori in prima persona della propria storia), Potocki co-struisce un gruppo altrettanto vario di personaggi non presentifisicamente tra i fuochi dell’accampamento zingaro, ma evo-cati, chiamati a comparire attraverso la narrazione. A loro voltaanch’essi, puri miraggi nominali in bocca ad un narratore effi-mero sembrano possedere il dono del raccontare, leggendonomi, avvenimenti in libri inesistenti (inesistenti perché a lorovolta frutto di un racconto) o riportando fatti, avventure ascol-tate da altre voci ancora, da altre bocche, fantasmi di fantasmidi una realtà puramente linguistica.

Medium evocativo di un mondo sempre più complesso, illinguaggio si trova allora ad essere un vero e proprio strumentodi potere, l’unico fattore discriminante di una qualche suddivi-sione di forze all’interno della Sierra Morena.

In un sistema totalmente penetrato dalla parola, chi narra di-venta il detentore di una verità impossibile a dimostrarsi, im-possibile ad accogliersi se non per un atto di sottomissionealtrui alla propria autorevolezza verbale. Scegliendo di dire o diomettere parti della propria storia, colui che racconta tiene inmano le fila di un intero universo. All’interno della scrittura diPotocki nulla infatti è più vero della narrazione stessa. Senza illinguaggio, nel Manoscritto, non esiste realtà.

Ma di quale realtà si tratta allora, o meglio di quante realtà?Strumento gerarchico di brutale spartizione di poteri tra narra-tore e ascoltatore, il linguaggio nella Sierra è uno strumentosoggetto a numerose alternanze democratiche. Romanzo co-struito su un costante crescendo di incontri, il Manoscritto sidefinisce via via attraverso un continuo accumulo di punti divista. Qualsiasi personaggio di Potocki è a suo turno narratore

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IL LABIRINTO CANNIBALE

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11 F. Rosset, op.cit., p.39.12 Un’interessante ipotesi sul tema del padre come elemento di strut-

turazione e destrutturazione della parola all’interno del Manoscritto la for-nisce Jan Herman, con: “La désécriture du livre”, in: “Europe”, n°863, mars2001.

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LABIRINTI

e narratario, creatore del cerchio della propria vita e a sua voltainglobato, assorbito nel perimetro linguistico del racconto diun altro. “Lorsqu’il prend la parole, scrive François Rosset, lenarrateur se définit au centre de son récit comme la cause pre-mière, l’unique déterminant et le seul garant de la figure qu’iltrace autour de soi en racontant. (…) Dès lors que le narratairemet en doute la parole du narrateur, c’est tout le récit qui est encause. Le récit de Rébecca confirme ainsi ce que nous avaitmontré le récit de Pascheco: lorsque le narrateur éveille la dé-fiance du narrataire, le récit se présente comme un cercle privéde sa propriété essentielle qui est la fixité du centre. C’est uncercle défectueux, comme le discours du cabaliste qui ne peutpas tout dire, comme l’ensemble de toutes les sciences possi-bles qui ne peuvent tout savoir”11.

Un uguale problema, un uguale numero infinito di verità pos-sibili, sembra sfiorare del resto anche l’ordine morale dell’uni-verso di Potocki. Allevato dal padre secondo le regole ferreedell’onore spagnolesco, Alphonse ha un preciso corpus di inse-gnamenti e di regole da osservare12. Coraggio, rispetto delle isti-tuzioni, fedeltà alla parola data, obbedienza alla legge del padrecostituiscono il bagaglio identitario della sua giovane vita di sol-dato del re; per tutto il Manoscritto Alphonse terrà fede al giu-ramento fatto alle sue due cugine-amanti di non rivelare anessuno (neppure di fronte agli emissari dell’Inquisizione e sottominaccia di tortura) la loro unione; nessun tremito mai, neppureal risveglio dopo la sua notte d’amore accanto ai corpi esanguidi due impiccati; obbedienza cieca alla parola del sovrano chegli ingiunge per lettera di “non entrare ancora in Castiglia” tra-

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13 Sessantasei per l’edizione Radrizzani.14 J. Potocki, op.cit., p.88.15 Ivi, p.141.

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sformando un percorso di appena quattro giorni, quello da An-dujar a Madrid, in un’interminabile avventura di sessantunogiornate13; soltanto un piccolo stupore, un minimo, impercetti-bile alzare di sopracciglio di fronte al racconto autobiografico diZoto, capo rispettato e feroce di una banda di tagliagole:

Il (Zoto) nous quitta donc, en nous demandant la per-mission de reprendre le lendemain le fil de son récit.Mais ce qu’il avait dit me donnait beaucoup à penser. Iln’avait cessé de vanter l’honneur, la délicatesse, l’exacteprobité des gens à qui l’on aurait fait grâce de les pen-dre. L’abus de ces mots, dont il se servait avec tant deconfiance, brouillait toutes mes idées14.

L’elogio di Zoto per la lealtà, l’onore, il senso dell’amiciziache regolano la vita quotidiana di un brigante pongono Al-phonse, per la prima volta, di fronte al dubbio di una possibileseconda via, di un sistema di valori altro rispetto agli insegna-menti paterni.

Il libro d’onore (quasi un testo sacro per Alphonse bambino)in cui Van Worden-padre, eccellente spadaccino, annota punti-gliosamente la cronaca e le ragioni dei propri duelli sembradover improvvisamente dover ridurre il proprio spazio di auto-revolezza di fronte alla violenza sauvage del bandito Testa-lunga, di Zoto stesso, o degli uomini di Avadoro (“Je répondisau vieillard qu’ayant l’honneur d’être capitaine aux gardes wal-lonnes, je ne devais chercher de protection que celle de ma pro-pre épée. Cette réponse le fit rire et il me dit: -Seigneur cavalier,les mousquets de nos bandits tueraient un capitaine aux gardeswallonnes tout comme un autre; mais quand ils seront avertis,vous pourrez même vous écarter de notre troupe. Jusque-là, ily aurait de l’imprudence à le tenter. Le vieillard avait raison etj’eus quelque honte de ma bravade”)15.

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16 Dall’edizione 1804: “L’on croit communément qu’il est impossibled’aimer plus d’une femme à la fois. C’est sans doute une erreur, car vousm’êtes également chères. Mon cœur ne vous sépare point et, comme surmes sens, vous y régnez toutes les deux avec le même empire” (J. Potocki,Œuvres IV, 2 Manuscrit trouvé à Saragosse [1804], cit., p.309).

17 J. Potocki, op.cit., p.75.

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LABIRINTI

La società anarchica della Sierra Morena si regge su un si-stema di pratiche comportamentali del tutto estraneo agli im-perativi su cui si fonda il resto della Spagna. È una società doveè lecito avere due spose in un unico letto e da loro avere duefigli (cosa questa a cui Alphonse sembra abituarsi senza alcuncenno di fastidio16), dove non esisteno codici di regolamenta-zione o di contenimento della violenza, ma soltanto ordalie bru-tali, vendette, regolamenti di conti.

Nel centro esatto di una Spagna quanto mai veritiera, ilmondo dei briganti di Zoto costituisce una sorta di faglia, ununiverso sospeso contemporaneamente dentro e al di fuori deltempo. Valore, coraggio, lealtà sembrano essere, durante ilviaggio di Van Worden, termini relativi, staccabili e riattacca-bili come etichette nominali sopra gli oggetti simbolici di unarealtà improvvisamente del tutto svincolata da un qualsiasi pro-getto di uniformità e soprattutto di prevedibilità della legge mo-rale (“Je vois avec chagrin, sono parole dell’eremita adAlphonse, que vous vertus reposent sur un point d’honneur fortexagéré, et je vous avertis que vous ne trouverez plus Madridaussi ferrailleur qu’il était au temps de votre père. De plus lesvertus ont d’autres principes plus sûrs”)17.

Come tutto il suo secolo prima di lui, Alphonse compie al-l’interno dell’universo a contrario della Sierra un apprentis-sage linguistico ancor prima che sociale. Sbugiardando la leggedel re o la parola del padre (una parola già zoppa nella sua re-golamentazione ossessiva di un improbabile codice del com-portamento d’onore) è un’intera tradizione settecentesca cheriflette sui limiti del proprio linguaggio, sulla relatività di uno

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18 “Mon père avait ôté ses habits et s’était revêtu d’un drap de lit enforme de linceul. Il était assis et regardait le soleil couchant. Après uneassez longue contemplation, il éleva la voix et dit: -Astre dont les derniersrayons ont frappé mes yeux pour la dernière fois, pourquoi avez-vouséclairé le jour de ma naissance? Avais-je demandé à naître? Et pourquoisuis-je né? Les hommes m’ont dit que j’avais une âme, et je m’en suis oc-cupé aux dépens même de mon corps. J’ai cultivé mon esprit, mais les ratsl’ont dévoré; les libraires l’ont dédaigné. Rien ne restera de moi, je meurstout entier, aussi obscur que si je n’étais pas né. Néant requis donc ta proie”(Ivi, p.349).

sguardo fondamentalmente impossibilitato a imprigionare ilmondo in una griglia rigida di verità.

Di qui la sconfitta, il suicidio di Don Diègue Hervas, dot-tore di Salamanca e scrittore di un’Opera Universale in centovolumi, sfinito, sfiancato dalla vastità di un lavoro continua-mente riscritto, rivisto, sottratto alla fame dei topi nel tentativo(condannato in partenza) di rincorrere una scienza in piena evo-luzione18. Di qui la struttura stessa del Manoscritto, narrazionesfaccettata di un unico evento sostanzialmente inafferrabile,impossibile a cogliersi se non come somma, come risultante diuna serie interpretativa sempre manchevole, sempre imperfettaperché costretta, per costituzione, ad esaurire il proprio sensoparziale nel momento stesso del racconto.

È difficile tenere un calendario all’interno della Sierra Mo-rena. I giorni, le notti scivolano uno dopo l’altra senza alcunriferimento allo scorrere del tempo storico.

Al di fuori della Sierra, la Spagna, il mondo intero pulsanosecondo una serie numerica di nomi e di date, seguendo la trac-cia scritta delle settimane, dei mesi, degli anni. Imboccata la valledi Los Hermanos, la vita si misura soltanto in giornate di viag-gio. Una lunga catena di journées, una uguale all’altra, azzeratenella propria singolarità da una perenne identità nominale.

Certo, la divisione in giornate è di prammatica per uno scrit-tore che si pone, come modello narrativo, il romanzo a cornice.

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IL LABIRINTO CANNIBALE

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19 Cfr. R. Barthes, Sade Fourier Loyola, Paris, Seuil, 1971, p.21.20 Nella redazione del Manoscritto del 1804 Alphonse si risveglia una

seconda volta sotto la forca ritrovandosi disteso tra i due impiccati e il corpodel cabalista ancora addormentato.

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LABIRINTI

I vari decameroni, eptameroni, Canterbury Tales hanno certa-mente fornito il legno sul quale incidere le diverse storie dellacomitiva erratica di Avadoro. Ma in questo caso il problemanon sembra riguardare più di tanto la scelta di un canone lette-rario da rispettare nei suoi vincoli formali. In questa terra diconfine, in questo luogo-cerniera senza leggi né storia, anche iltempo, lo spazio sono un tempo e uno spazio senza legge.

Così come racconta Barthes per gli equilibri simbolici cheregolano e sostengono l’universo sadiano19, anche all’internodel racconto di Potocki il viaggio inteso come puro sposta-mento, come deambulazione diegetica da un posto ad un altro,non insegna nulla. Come Juliette, prigioniera della ripetizioneidentica di un’unica scena primaria, anche per Alphonse VanWorden avanzare tra i luoghi non significa per nulla avanzarenel romanzo.

La ripetizione costante di un unico accadimento (l’incontroamoroso del giovane soldato con le principesse Emina e Zi-beddé e il suo successivo risveglio il mattino dopo sotto la forcaall’imbocco della valle, punto iniziale del percorso e del rac-conto) segna incessantemente il passo della scrittura di Potockiriproponendosi ora come segmento narrativo vissuto più voltedallo stesso Alphonse20, ora come avventura accaduta più omeno similarmente agli altri membri della compagnia.

Per tutto il testo Van Worden, Pascheco, il Cabalista, Ré-becca, Velasquez, si ritrovano a turno sdraiati sotto la forca diLos Hermanos, riportando ogni volta il racconto all’inizioesatto della propria narrazione e ottenendo così, anche da unpunto di vista spaziale, l’azzeramento inquietante di un qual-siasi spostamento. Cinque i risvegli all’imbocco della valle,cinque le versioni differenti di una stessa storia, e infiniti gliechi di questo avvenimento dispersi come schegge tra le pa-

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21 J. Potocki, op.cit., p.36.22 Ivi, p.80.

gine del romanzo in un continuo scomporsi e ricomporsi, cao-ti co e al contempo perfettamente ordinato, di un’unico seg-mento tematico, di un’unica traccia, tesa come un filo, a guidareil lettore all’interno di una struttura polimorfa, complessa, ap-parentemente senza uscita.

L’immagine del labirinto è pressoché onnipresente tra le pa-gine del Manoscritto. Rocce, alberi caduti in mezzo al sentierocostringono spesso il viandante ad abbandonare la linea rettadel proprio cammino. Caverne, precipizi, vuoti improvvisi siaprono inaspettati davanti agli zoccoli dei cavalli costringendoa lunghi détours, alla scelta ogni volta di nuovi sentieri, all’ac-cettazione supina di un sorte non più governabile secondo i pa-rametri geografici del vivere civile.

È facile infatti smarrire la strada in un luogo dalle innume-revoli direzioni, ora simile ad un assembramento tortuoso digomiti, di anse, di ostacoli:

Il faut convenir que la vallèe de Los Hermanos semblaittrès propre à favoriser les entreprises des bandits et leurservir de retraite. L’on y était arrêté tantôt par des ro-ches détachées du haut des monts, tantôt par des arbresrenversés par l’orage. En bien des endroits le chemintraversait le lit du torrent ou passait devant des cavernesprofondes, dont l’aspect malencontreux inspirait la dé-fiance21.

Nous descendîmes les montagnes et tournâmes dans decreux vallons, ou plutôt dans des précipices qui sem-blaient atteindre aux entrailles de la terre. Ils coupaientla chaîne des monts sur tant de directions différentesqu’il était impossible de s’y orienter ni de savoir de quelcôté on allait22.

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IL LABIRINTO CANNIBALE

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23 Ivi, p.34.24 Ivi, p.36.25 “Si bien dit-il, si bien dit-elle que tout en marchant et devisant, ils

arrivèrent au bout du faubourg, à une chaumière isolée dont le petit nègreouvrit la porte avec une clef qu’il avait à sa ceinture. Certes, l’intérieur dela maison n’était pas d’une chaumière. On y voyait belles tentures de Flan-

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LABIRINTI

ora invece presentato nella forma di luogo desertico, senza vita,perennemente uguale a se stesso:

Je ne vis rien que la plaine déserte et sauvage, nulletrace d’hommes, d’animaux ou d’habitants, nulle routeque le grand chemin que j’avais suivi, et personne n’ypassait. Partout le plus grand silence. Je l’interrompispar mes cris, que les échos répétèrent au loin23.

La stessa Venta Quemada appartiene di fatto, per forma estruttura, al variopinto genere delle costruzioni a dedalo: (“Jetraversai beaucoup de chambres et de salles. La plupart étaientrevêtues en mosaïques jusqu’à la hauteur d’un homme, et lesplafonds étaient en cette belle menuiserie où les Maures met-taient leur magnificence. Je visitai les cuisines, les greniers etles caves; celles-ci étaient creusées dans le rocher; quelques-unes communiquaient avec des routes souterraines qui parais-saient pénétrer fort avant dans la montagne, mais je ne trouvaià manger nulle part”24).

La dilatazione improvvisa dello spazio, la moltiplicazionedei luoghi e delle distanze all’interno di un perimetro architet-tonico apparentemente piccolo, costituisce uno degli elementicaratterizzanti della struttura labirintica. Fondato su un conti-nuo variare delle proporzioni spaziali, su un costante slitta-mento delle prospettive ottiche, lo spazio del labirinto è unospazio vivo, metamorfico. All’interno di un povero hostal divia, si nascondono sale stuccate, cucine, corridoi; dentro ad unacabane male in arnese (come quella in cui Orlandine si appar-terà con Thibaud de la Jacquière), riposano arazzi di fiandra,poltrone di velluto, candelabri, letti intessuti d’oro veneziano25.

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dres à personnages si bien ouvrés et portaits qu’ils semblaient vivants, deslustres à bras en argent fin et massif, de riches cabinets en ivoire et ébène,des fauteuils en velours de Gênes, garnis de franges d’or, et un lit en moirede Venise” (Ivi, p.132).

26 Ivi, pp.34-35.27 Romanzo gotico, e non soltanto. Nel Dictionnaire infernal di J.A.S.

Collin de Plancy (voix Bohémiens), fascinazione per il sottosuolo, sincre-tismo religioso, e una certa propensione per l’irrazionale sembrano trovarevasta eco all’interno della storia leggendaria del popolo zingaro: “Vers lemilieu du quatorzième siècle, l’Europe, et principalement les Pays-Bas,l’Allemagne et la France, étant ravagée par la peste, on accusa les juifs, onne sait pourquoi, d’avoir empoisonné les puits et les fontaines. Cette accu-sation souleva la fureur publique contre eux. Beaucoup de juifs fuirent etse jetèrent dans les forets. Ils se réunirent pour être plus en sûreté et ména-gèrent des souterrains d’une grande étendue. On croit que ce sont eux qui

Luogo di annullamento di ogni verosimiglianza prospettica,il labirinto proietta le proprie fughe in ogni campo direzionale,aprendosi all’infinito, annullando limiti e confini all’interno diognuno dei suoi elementi strutturali (“Je m’élançai sur moncheval et le mettant tout de suite au plus grand trot, j’arrivai aubout de deux heures sur les bords du Guadalquivir, qui n’estpoint là ce fleuve tranquille et superbe dont le cours majestueuxembrasse les murs de Séville. Le Guadalquivir, au sortir desmontagnes est un torrent sans rives ni fond”26), o precipitan-dosi in verticale, facendo sprofondare la propria struttura com-plessa fin dentro le viscere della terra.

Il palazzo sotterraneo di Zoto, la caverna dello sceicco, verie propri dedali di cunicoli e stanze buie, amplificano, raddop-piandone la funzione straniante, il tracciato tortuoso dellaSierra. Ad una ragnatela di strade interrotte in superficie, si ac-compagna sotterraneamente un gioco continuo di pieni e divuoti, di scale, gomiti, falsi passaggi. Una struttura binaria, op-positiva e allo stesso tempo speculare, che Potocki, mutuan-done certamente l’uso dalla passione del romanzo gotico percripte e cantine, sembra riprendere più e più volte all’internodel Manoscritto27.

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IL LABIRINTO CANNIBALE

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ont creusé ces vastes cavernes qui se trouvent encore en Allemagne et queles indigènes n’ont jamais eu intérêt à fouiller (…) Pendant leur demi-siè-cle de solitude ils (les juifs) avaient étudié la divination et particulièrementl’art de dire la bonne aventure par l’inspection de la main; ce qui ne de-mande ni instrument, ni appareil, ni dépense aucune; et ils comptèrent bienque la chiromancie leur procurerait quelque argent” (J.A.S. Collin dePlancy, Dictionnaire Infernal (1844), Paris, Lacour, 1993, p.93).

28 “Monte-Salerno” nell’edizione 1804.29 E ancora: il labirinto sotterraneo di Osymanydas, unico dedalo nel

testo di natura non puramente letteraria (pur non facendo cenno alle sue ro-vine nel suo Voyage en Turquie et en Egypte del 1784, sono più che note leconoscenze approfondite di Potocki sulla geografia e la cultura egizie). “Iciles porteurs firent du feu et nous portèrent encore quelque cent pas jusqu’àune espèce de môle où des barques étaient amarrées. Mes porteurs m’of-frirent ici quelque nourriture; eux-mêmes se fortifièrent en buvant et en fu-mant du hascisch, qui est une espèce de chanvre. Ensuite ils allumèrent unemasse résineuse qui répandait un grand éclat; ils la portèrent à la proue d’unbateau. Nous nous embarquâmes et nos porteurs devenus rameurs nous fi-rent naviguer sous terre tout le reste du jour. Sur le soir, nous arrivâmes àun bassin circulaire où le canal se partageait en plusieurs branches. Syd-Hamet me dit qu’en cet endroit commençait le labyrinthe d’Osymanydas,si célèbre dans l’antiquité. La partie souterraine de l’édifice est la seule quisubsiste encore. Elle communique avec les caves de Louxor et avec toutesles cavernes de la Thébaïde. (…) Le lendemain on recommença de ramer.Notre barque avançait sous des galeries spacieuses, couvertes en pierre pla-tes d’une dimension prodigieuse. Quelques-unes étaient couvertes d’hiéro-glyphes” (J. Potocki, op.cit., pp.554-555).

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LABIRINTI

Ad ogni costruzione-labirinto corrisponde quasi sempre undedalo intricato che ne rode le fondamenta; il castello dellaprincipessa di Mont-Salerne28 e il suo lago sotterraneo; le se-grete sotto il palazzo della duchessa di Medina Sidonia; lastessa Venta Quemada, costruita sull’equilibrio instabile di unaserie apparentemente infinita di caverne29.

Mondo superficiale e mondo ctonio, luce del giorno e bra-ceri accesi sembrano formare un tutt’uno nell’universo simbo-lico di Potocki quasi fossero le membra sparse di un unicocorpo, di un’unica sostanza viva sottomessa ad improvvise

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30 Questo episodio non è presente nella redazione del 1810, la cita-zione è tratta dall’edizione 1804 del Manoscritto (J. Potocki, Œuvres IV, 2Manuscrit trouvé à Saragosse [1804], cit., p.84).

31 J. Attali, Chemins de sagesse. Traité du labyrinthe, Paris, Fayard,1996, p.63.

leggi di crescita e di diminuzione. Nel momento in cui Al-phonse, nella sua notte d’amore, abbandona la reliquia cheporta al collo in una fessura della roccia nell’antro dei Gome-lez, è giocoforza che la ritrovi il mattino dopo tra le assi scon-nesse del pavimento della Venta Quemada. Durante il suosonno, infatti, l’immenso labirinto della Sierra Morena ha cam-biato forma, mutando l’ordine delle sue strade, la disposizionedei luoghi, il respiro stesso delle sue carni architettoniche:

J’étais occupé de ces réflexions, lorsque le cabaliste mefit remarquer quelque chose de brillant entre les ais maljoints du plancher. J’y regardai de plus près, et je visque c’était la relique que les deux soeurs avaient ôtéede mon cou. J’avais vu qu’elles l’avaient jetée dans unefente du rocher de la caverne, et je la retrouvais dansune fente du plancher30.

Abitanti di uno spazio polimorfo i personaggi del Mano-scritto, nomadi per necessità e per orgoglio identitario, diven-tano allora i paladini di una vita continuamente mutevole, ciecaad ogni qualsiasi stella polare, slegata da ogni riferimento allafissità rassicurante di un qualsiasi ordine stanziale. “Le laby-rinthe, scrive Jacques Attali, raconte d’abord un voyage. Il nefaut pas s’en étonner. Il exprime avant tout la sagesse laisséepar les nomades en legs aux sédentaires. Dans le désert, enforêt, le premiers avancent, reculent, tournent, reviennent surleurs pas, se perdent, désespèrent. Leurs identités se forgent aulong de ce périple sans autre but que de survivre”31.

All’interno di un labirinto sono altri i nemici, altre le proverispetto alle comuni imprese da affrontare nel mondo diritto del

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32 Così come a suo tempo aveva fatto Massoud Gomelez: “Le lende-main je me rendis au rendez-vous que m’avait donné ma mère. -Mon cherMassoud, me dit-elle, vous voulez respirer un air plus libre et plus pur quen’est celui de nos cavernes. Ayez donc la patience de vous traîner sur leventre sur ce rocher; vous arriverez à un vallon très profond et très étroit,mais enfin l’air y est plus libre qu’ici. Dans quelques endroits, vous pour-rez même gravir les rochers et vous verrez sous vos pieds un immense ho-rizon. Ce chemin creux n’était dans l’origine que la fente d’un rocher quis’est crevassé en tous sens. C’est comme un labyrinthe de routes qui secroisent. Voici donc quelques charbons; lorsque vous verrez des cheminsqui se traversent, marquez celui que vous avez fait. C’est le seul moyen devous y retrouver” (J. Potocki, op.cit., p.550).

33 Ivi, p.41.

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quotidiano. Innanzitutto il demone del dubbio: chi entra in undedalo deve prepararsi a scegliere continuamente tra due o piùistanze. Alphonse per tutto il viaggio sembra trovarsi di frontea innumerevoli biforcazioni, bivi, doppie opzioni logistiche emorali32. Deve decidere, dopo aver letto l’avvertimento del-l’oste della Venta Quemada, se accamparsi lì per la notte o ti-rare dritto; se tradire il giuramento fatto alle due more odifenderne il segreto fino alla fine; se continuare il proprio cam-mino, al suo risveglio sotto la forca dei due impiccati, o andar-sene definitivamente ripiegando i propri passi verso Andujar.

Naturalmente ogni scelta è una questione à jamais. Unavolta imboccata una via, automaticamente se ne chiudono altre,per sempre (“Emina parut rêver un instant, puis, me regardantavec l’air du plus vif intérêt, elle prit ma main et me dit: – CherAlphonse, il est inutile de vous le cacher: ce n’est pas le hasardqui nous amène ici. Nous vous attendions; si la crainte vous eûtfait prendre une autre route, vous perdiez à jamais notreestime”33).

Ma del resto, non sembra esserci altra alternativa al rischionecessario di un errore. Chi è all’interno di un labirinto, nonpuò forzatamente abbracciarne l’intera struttura. Il suo è unosguardo parziale, una visione continuamente impedita. Da unaparete, da un’ansa, da un ostacolo.

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34 Varie sono le ipotesi interpretative che vedono il Manoscritto comeun libro dalla struttura labirintica. Segnalo qui il lavoro monografico di LucFraisse, Potocki ou l’itineraire d’un initié, Nimes, Lacour, 1992: “Grâce àl’ampleur qu’il confère à son roman, grâce aussi au cloisonnement qu’il in-troduit entre les récits et les vies de ses personnages, Potocki expérimenteà l’intérieur d’un seul livre le principe qui fascinera plus tard Balzac, à par-tir du Père Goriot, le retour des personnages. Le labyrinthe du Manuscrittrouvé à Saragosse dessine une Comédie Humaine dont l’auteur aurait pré-féré maintenir ensemble et même entremêler les divers volumes” (L.Fraisse, op.cit., p.42).

Nel vocabolario inglese una distinzione di termini divide chiil labirinto lo vede dall’alto, da colui che invece vi è immersodentro. Maze-viewer e maze-trader rappresentano due polaritàprospettiche opposte rivolte ad una stessa struttura: lo sguardolucido del costruttore, visione sincretica capace di riunire in ununico atto contemplativo l’inizio, il centro e la fine di un per-corso, e l’occhio miope del viaggiatore, un occhio che sembraesaurire il suo potere conoscitivo all’interno delle maglie strettedella propria stessa visione.

È questo il caso di Alphonse Van Worden. All’interno dellospazio complesso della Sierra il suo passo è continuamente for-zato a girare in tondo, a riandare sempre lungo lo stesso cam-mino, così come sostanzialmente la sua parola è costretta,all’interno del dedalo linguistico del Manoscritto, ad essere unaparola parziale, manchevole, colpevole, proprio perché in boccaad un narratore-personaggio, di non poter vedere (raccontare)al di là del muro della propria prospettiva34. Alphonse non sa,sostanzialmente perché non vede. Egli tiene in mano soltantouna parte della verità dei fatti così come conosce soltanto unaparte esigua del labirinto.

Il continuo ritorno all’imbocco della valle di Los Hermanos,il conseguente azzeramento di ogni minimo tentativo di avan-zare nella Sierra, costituiscono un giusto scacco, una condi-zione naturale per il giovane ufficiale delle guardie valloni. Nonconoscendo la strada diretta verso l’uscita, il viaggiatore di un

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IL LABIRINTO CANNIBALE

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35 J. Potocki, op.cit., p.32.36 Ibidem37 Sullo stretto rapporto tra struttura labirintica e percorso iniziatico, ri-

mando, tra gli altri, ai noti studi di K. Kerényi riuniti nella edizione ita-liana: Nel labirinto, Torino, Bollati Boringhieri, 1983.

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dedalo deve considerare come inevitabile la possibilità di uncontinuo perdersi, di un eterno vagare oscillatorio lungo l’interoperimetro di una costruzione mai uguale a se stessa.

La forca di Los Hermanos, vera e propria soglia, porta dilegno conficcata nel terreno polveroso della valle a mostrarecon il suo doppio peso di cadaveri una dimenticata vicinanzatra mondo dei vivi e regno dei morti, segna infatti l’ingresso diuno spazio necessario nella sua strutturazione polimorfa. Al-phonse Van Worden, soldato ancora imberbe (“votre merced mepermettra de lui observer que si le roi l’a honoré d’une compa-gnie aux gardes avant que l’âge eût honoré du plus léger duvetle menton de votre merced, il serait expédient de faire des preu-ves de prudence”35), per poter diventare adulto, per poter passaredalla legge del Padre che lo ha generato alla legge del Re che loattende a Madrid, deve forzatamente affrontare i pericoli di unviaggio labirintico. Egli deve prendere il cammino più breveper la capitale senza curarsi di alcun turbamento, “sans deman-der s’il était le plus dangereux36”, perché questo è l’unico modoper potersi immergere in una dimensione lattiginosa di pura per-dita di sé. Una condizione estrema, quest’ultima, necessarioviaggio nell’al di là, per poter eseguire correttamente il géranos,la danza ritorta della propria iniziazione37.

Luogo di azzeramento di ogni dimensione sociale, storica,spaziale, la lingua scabrosa di monti che divide Mancia e An-dalusia è la soglia, il limite per eccellenza. Universo aperto,specchio e matrice del costante stato di anarchia sociale dei suoiabitanti (così come, secondo Barthes, la clôture dell’universosadiano non può che essere specchio e matrice della autarchia

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38 Cfr. R. Barthes, op.cit., p.23.39 V. Turner, The Ritual Process. Structure and Anti-Structure (1969),

tr. it., Il processo rituale, Brescia, Morcelliana, 2000, pp.113-114.

sociale del modello libertino contenuto al suo interno38), il la-birinto della Sierra Morena sembra possedere tutte le caratteri-stiche dello spazio iniziatico.

“È come se vi fossero due “modelli” principali, scrive VictorTurner in Il processo rituale, per i rapporti tra gli esseri umani,modelli che si affiancano e si alternano. Il primo è quello dellasocietà come sistema strutturato, differenziato e spessogerarchico di posizioni politico-giuridico-economiche, conmolti tipi di valutazioni che separano gli uomini in termini dipiù e meno. Il secondo, che emerge in modo riconoscibile nelperiodo liminale, è quello della società come comunità ocomunione non strutturata e relativamente indifferenziata diindividui uguali che si sottomettono insieme all’autorità deimajores rituali. Per gli individui e per i gruppi, la vita sociale èun tipo di processo dialettico che comporta in successioneesperienze di alto e di basso, di communitas e di struttura, diomogeneità e di differenziazione di uguaglianza e di di su -guaglianza. Il passaggio da uno status inferiore a uno statussuperiore avviene attraverso un limbo nel quale non c’èstatus”39.

Universo non strutturato, la communitas di Avadoro si op-pone-convive con il mondo sociale che la circonda. Societàdalla “morale aperta” come direbbe Bergson, senza classi,senza unità di denaro, di tempo, di spazio, il mondo del Mano-scritto si inserisce negli interstizi della vita civile spagnolacome un improvviso vuoto normativo, come una zona aggre-gativa regolata dai parametri atemporali delle leggi del sacro.

Se l’accettazione del margine porta Alphonse, durante il suoviaggio, a spogliarsi degli abiti secolari della propria vita pas-sata, è l’esperienza della propria stessa morte ad aspettarlo lungoil sentiero che conduce e oltrepassa la Venta Quemada. Una

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40 A. Van Gennep, Les rites de passage (1909), tr.it., I riti di passag-gio, Torino, Bollati Boringhieri, p.98.

41 “Celui (l’hôte) de l’hôtellerie d’Andujar attestait Saint Jacques deCompostelle de la vérité de ces récits merveilleux. Enfin, il ajoutait que lesarchers de la sainte Hermandad avaient refusé de se charger d’aucune ex-pédition pour la Sierra Morena, et que les voyageurs prenaient la route deJaen ou celle de l’Estrémadure. Je lui répondis que ce choix pouvait con-venir à des voyageurs ordinaires, mais que le roi don Philippe Quinto ayanteu la grâce de m’honorer d’une commission de capitaine aux gardes wal-lonnes, les lois sacrées de l’honneur me prescrivaient de me rendre à Ma-drid par le chemin le plus court, sans demander s’il était le plus dangereux”(J. Potocki, op.cit., pp.31-32).

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morte sociale, ritualizzata nella sua dimensione di perdita e stra-niamento da un continuo liquefarsi, da un progressivo trascolo-rare di ogni dato di realtà (logistico, morale, linguistico)precedentemente certo. Ciò che prima era illecito, nella Sierradiviene possibile. “I novizi sono al di fuori della società e la so-cietà nulla può su di essi e tanto meno può estendere i suoi po-teri per il fatto che essi sono costitutivamente sacri e santi, epertanto intoccabili e pericolosi come le divinità. Ne consegueche se da un lato i tabù – in quanto riti negativi – innalzano unabarriera tra i novizi e la società generale, dall’altro questa è privadi difesa nei confronti delle attività dei novizi (…) infatti du-rante il noviziato i giovani possono rubare e depredare tutto ciòche loro aggrada o cibarsi e adornarsi a spese della comunità”40.

Del resto status e communitas, ordine strutturato e anarchialiminale, non sembrano essere due polarità in opposizionequanto piuttosto due condizioni attigue e indispensabili una al-l’altra. È la stessa voce del padre (sotto le forme imperative diloi d’honneur 41) che spinge il giovane Van Worden ad intra-prendere il cammino attraverso la Sierra Morena, così come èla voce del re ad ingiungergli le modalità ed i tempi del suo al-lontanamento marginale:

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42 Ivi, pp.113-114.43 “Proprio per il fatto che la componente communitas è elusiva, diffi-

cile da puntualizzare, non la si può dire non importante. Qui viene a pro-posito la storia della ruota del carro di Lao-Tse. I raggi della ruota e il mozzo(cioé la parte centrale della ruota che tiene l’asse e i raggi) al quale sonouniti sarebbero inutili, egli diceva, se non fosse per il buco, lo scarto, ilvuoto al centro. La communitas con il suo carattere non strutturato che rap-presenta il “punto vivo” del reciproco rapporto umano, quello che Buber hachiamato das Zwischenmenschliche, potrebbe essere rappresentata dal“vuoto al centro”, che è tuttavia indispensabile al funzionamento della strut-tura della ruota” (V. Turner, op.cit., p.143).

44 “J’arrivai à Madrid le 20 juin 1739. Je reçus de la maison Moro unelettre dont le cachet de cire noir m’annonçait quelque événement funeste.En effet mon père était mort d’apoplexie” (J. Potocki, op.cit., pp.568-569).

Seigneur Alphonse,C’est de la part de notre roi don Fernand quarto, que jevous fais parvenir l’ordre de ne point entrer encore enCastille. N’attribuez cette rigueur qu’au malheur quevous avez eu de mécontenter le saint tribunal, chargé deconserver la pureté de la foi dans les Espagnes. Ne di-minuez point de zèle pour le service du roi. Vous trouve-rez ci-joint un congé de trois mois. Passez ce temps surles frontières de la Castille et de l’Andalousie, sans tropvous faire voir dans aucune de ces deux provinces42.

Il labirinto iniziatico, luogo illusorio di ambiguità e continuemescolanze, appartiene infatti al mondo del quotidiano che lodelimita e lo contiene come un vuoto indispensabile. È uno spa-zio indifferenziato, muto, ma al contempo gravido di una parolafutura, di un discorso sociale realizzabile soltanto al di fuoridei suoi confini evanescenti43. Prima che Alphonse possa giun-gere a Madrid, entrando nel nuovo ordine di un universo adulto(un universo senza più padri, di nuovo regolato dallo scandiredel tempo civile44), sono infatti le sessantuno giornate all’in-terno della Sierra a deciderne la crescita, a sgrossarne la natura

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“un peu simple”45. Sono le prove del labirinto, più che la vitto-riosa sconfitta dei suoi mostri, il vero materiale, il ferro, illegno, con cui costruire la propria nuova corazza di giovaneuomo.

Le prove iniziatiche di un labirinto cannibale, divoratore diogni forma precostituita di spazio e di tempo. I mostri di un la-birinto abitato esso stesso da cannibali dove mangiare o esseremangiati, fagocitare o essere fagocitati, sembra rappresentarecertamente ben più di una semplice avventura commestibile.

45 “Puis il (le cabaliste) me dit: “Non, vous n’êtes pas des nôtres; vousvous appelez Alphonse, votre mère était une Gomelez, vous êtes capitaineaux gardes wallonnes, brave, mais encore un peu simple” (Ivi, p.110).

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