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MESE di MAGGIO 2020 #preghiamoMaria 6 Sulle tracce di Maria Virgen del Pilar di Saragozza Continuiamo, cari amici, il nostro cammino “Sulle tracce di Maria”, con l’intento di seguire il cammino di Maria tra gli uomini, ripercorrendo alcune delle più importanti tracce che la Vergine ha lasciato nel mondo, ovvero i santuari a Lei dedicati, intesi come risposta umana all’iniziativa di Maria di rivolgersi all’umanità con apparizioni o messaggi in precisi momenti della storia. La “traccia” mariana che andiamo a esaminare questa volta è davvero molto particolare poiché si tratta di un santuario che è sorto in quello che è un luogo di devozione assai profonda nei confronti della Vergine Maria: Saragozza, in Spagna. Ciò che rende particolare la devozione mariana là radicata, e che trova espressione nel bellissimo Santuario del Pilar, è il fatto che tale luogo di preghiera non si origina come risposta dell’uomo a una apparizione mariana – come è invece stato nel caso del santuario di Notre Dame de Laus, in Francia, o della cappellina della Regina della Famiglia a Ghiaie di Bonate, in Italia, come abbiamo visto nelle puntate precedenti; la cattedrale dedicata alla Virgen del Pilar – una delle più grandi chiese al mondo – sorge infatti in Saragozza, capitale dell’Aragona, in Spagna, per ricordare non una apparizione ma una “venuta” di Maria. Che cosa si intende con “venuta”? Per comprenderlo meglio dobbiamo rifarci a quanto riferito dalla tradizione.

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MESE di MAGGIO 2020#preghiamoMaria 6

Sulle tracce di MariaVirgen del Pilar di Saragozza

Continuiamo, cari amici, il nostro cammino “Sulle tracce di Maria”, conl’intento di seguire il cammino di Maria tra gli uomini, ripercorrendo alcune delle piùimportanti tracce che la Vergine ha lasciato nel mondo, ovvero i santuari a Leidedicati, intesi come risposta umana all’iniziativa di Maria di rivolgersi all’umanitàcon apparizioni o messaggi in precisi momenti della storia.La “traccia” mariana che andiamo a esaminare questa volta è davveromolto particolare poiché si tratta di un santuario che è sorto in quello che è unluogo di devozione assai profonda nei confronti della Vergine Maria: Saragozza, inSpagna. Ciò che rende particolare la devozione mariana là radicata, e che trovaespressione nel bellissimo Santuario del Pilar, è il fatto che tale luogo di preghiera nonsi origina come risposta dell’uomo a una apparizione mariana – come è invece statonel caso del santuario di Notre Dame de Laus, in Francia, o della cappellina dellaRegina della Famiglia a Ghiaie di Bonate, in Italia, come abbiamo visto nelle puntateprecedenti; la cattedrale dedicata alla Virgen del Pilar – una delle più grandi chiese almondo – sorge infatti in Saragozza, capitale dell’Aragona, in Spagna, per ricordarenon una apparizione ma una “venuta” di Maria. Che cosa si intende con “venuta”? Percomprenderlo meglio dobbiamo rifarci a quanto riferito dalla tradizione.

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Proprio secondo la tradizione, nella notte del 2 gennaio dell’anno 40d.C., in una città posta sulla riva destra dell’Ebro, in Spagna – una città allorachiamata Cesarea Augusta e in seguito ribattezzata Saragozza – la Vergine Mariasarebbe apparsa all’apostolo Giacomo che si trovava in terra spagnola per annunciarela Buona Notizia. Comprendiamo subito perché si debba parlare di “venuta” e non diapparizione: perché nel 40 d.C. la Madonna era ancora vivente in terra, essendotrascorsi neppure dieci anni dalla morte e resurrezione del Figlio Gesù che, comeormai la critica storica ha dimostrato, può essere collocata con una certa sicurezza neigiorni di Pasqua dell’anno 30 d.C.La tradizione afferma che Maria, trasportata dagli angeli, sarebbe giuntain Spagna direttamente da Gerusalemme in carne mortale. Perché in Spagna?Perché poco dopo l’Ascensione di Gesù e l’effusione dello Spirito Santo sugli Apostolie su Maria stessa riuniti nel cenacolo, ecco che gli Apostoli stessi si erano diretti aiconfini del mondo per annunciare la Buona Novella, come era stato loro chiesto daGesù stesso: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura” (Mc 16,15). Giacomo – detto “il Maggiore”, per distinguerlo dall’omonimo discepolo che i testievangelici e gli scritti paolini definiscono “cugino del Signore” e che fu il primovescovo di Gerusalemme – si era dunque diretto verso ovest, raggiungendo la terraspagnola. Spirito indomito, carattere forte, Giacomo era fratello di Giovannil’Evangelista. Giacomo e Giovanni, prediletti del Signore – che ebbe a definirli “figlidel tuono” per via del loro vivo temperamento – furono chiamati ad assistere allaTrasfigurazione di Gesù sul monte Tabor.Giacomo dunque, animato da profondo ardore missionario, si reca inSpagna, all’epoca dominio dell’impero romano. La sua predicazione raccoglie peròpochi frutti poiché pochi sono quelli disposti ad accogliere la Buona Novella predicatadall’apostolo. Talmente pochi che la tradizione riferisce di appena otto discepoli cheGiacomo sarebbe riuscito a guadagnare alla causa del Vangelo. Ecco, andiamo dunquecon la mente e con il cuore a quel lontano 40 d.C. e immaginiamo i sentimenti diGiacomo: lontano da Gerusalemme, stanco per il lungo pellegrinare, dopo averradunato i suoi otto compagni, sconfortato per aver raccolto così poche anime per ilSignore, ecco che si trova presso l’Ebro, fuori le mura della città di Cesarea Augusta,l’odierna Saragozza. Che cosa sta pensando Giacomo? Sta progettando, in preda a unprofondo scoramento, di ritornare a Gerusalemme. Quand’ecco, all’improvviso, unaluce penetra il buio della gelida notte di quel 2 gennaio del 40 d.C.: una moltitudinedi angeli appare dinnanzi a Giacomo, cantando festosa, e trasportando su una colonna– in spagnolo “pilar”, pilastro – la Vergine Maria. Che cosa poteva aver spinto Maria,che allora si trovava in Gerusalemme, a recarsi “in carne e ossa” in quel di CesareaAugusta per comparire dinnanzi a Giacomo, se non il desiderio di confortarel’apostolo e di esortarlo a proseguire la sua missione?Secondo la tradizione, gli angeli avrebbero fissato nel terreno il “pilar” e,sopra di esso, Maria si sarebbe rivolta all’apostolo Giacomo dicendo: “Figlio mio, è quiil luogo segnalato e destinato ad onorarmi. Qui, grazie a te e in memoria mia, la miachiesa deve essere edificata”. Notiamo come sia Maria stessa – come poi a Lourdes,tanto per citare il caso più famoso – a chiedere che le venga edificato un luogo dipreghiera in cui far crescere la devozione a Maria e tramite Lei onorare il Figlio SuoGesù, e dunque il santuario che là sorgerà si presenta come la risposta umana cheverrà data a una precisa iniziativa del Cielo.

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Prosegue poi Maria, secondo la Tradizione, rivolta a Giacomo: “Cura questacolonna sulla quale io sono poiché, stanne certo, è il Figlio mio e Maestro tuo che l’hainviata dal Cielo, facendola portare dai suoi angeli. Presso questa colonna poserail’altare della cappella. E in questo luogo, per le mie preghiere e la mia intercessione,la forza dell’Altissimo opererà prodigi e portenti mirabili, specialmente per coloro che,nella loro necessità, mi invocheranno. Questa colonna si eleverà in questo luogo sinoalla fine del mondo e mai mancherà in questa città chi veneri il nome di Gesù Cristo,mio Figlio”. Possiamo osservare come Maria precisi subito che quel luogo, in virtùdelle sue preghiere e della sua intercessione sarà un luogo di grazie speciali per quantila invocheranno. Ecco, Maria si presenta a Giacomo come la Mediatrice pereccellenza, come la Madre che può intercedere per i Suoi figli presso Gesù, al cui Nomeinfine va reso ogni onore, come è nella volontà di Maria stessa: “Mai mancherà inquesta città chi veneri il nome di Gesù Cristo, mio Figlio”.Sempre secondo la tradizione, Giacomo avrebbe eretto attorno allacolonna posta dagli angeli nel terreno una cappella – come riferiscono i documentimedievali, delle dimensioni grosso modo corrispondenti a quelle dell’attuale cappelladedicata alla Virgen del Pilar. Dopodiché l’Apostolo sarebbe ripartito alla volta diGerusalemme, dove avrebbe incontrato il martirio un paio di anni dopo, primo tra gliApostoli, morendo di spada su ordine di Erode stesso poiché questo era “gradito aiGiudei” (Atti degli Apostoli 12, 2-3). Morto per testimoniare la fede, il suo corposarebbe stato poi trasportato dai suoi discepoli in Spagna, dando origine a quellagrande tradizione di devozione che è il “cammino di Santiago de Compostela”. Iprotagonisti della Reconquista – il processo storico di liberazione delle terre spagnoledall’occupazione dei Musulmani – ne faranno successivamente il proprio paladino,attribuendo sempre maggior valore alla tradizione popolare che voleva San Giacomo– “Santiago”, appunto – essere apparso su un cavallo bianco alla testa delle colonnecristiane per salvare la Spagna dall’invasione dei Mori. (…)Alla cappellina … sono seguite poi successive opere che hanno portato a un edificiopaleocristiano, seguito da uno romanico, sostituito a sua volta da un tempio gotico, ilquale a sua volta venne rifatto – tra la fine del ‘600 e l’inizio del ‘900 – instile barocco-neoclassico, portando a quello splendido edificio sacro che ancora oggisi può ammirare a Saragozza.

Vediamo ora alcune caratteristiche che rendono la cattedrale diSaragozza davvero unica nel suo genere.

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Anzitutto la città sorge sulla riva destra dell’Ebro, il fiume dal cui nome latino Hiberustrae la denominazione la Spagna tutta come penisola iberica; l’importanza del fiumesi evince dal fatto che attraversa Castiglia, Navarra, Rioja, Aragona e Catalogna,scorrendo per circa mille chilometri. La venuta di Maria sulle rive del fiume Ebrosignificava dunque una venuta per tutta la terra spagnola che da questo fiume èbagnata. Dal XII secolo almeno la festa della dedicazione della Cattedrale del Pilar sicelebra il 12 di ottobre, data che coincide con un altro famosissimo 12 ottobre, quelloin cui, nel 1492, si ricorda la scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombosulla caravella “Santa Maria”. Non stupisce dunque che la Virgen del Pilar vengariconosciuta patrona non solo di tutta la Spagna ma dell’intera Hispanidad, ovvero deiterritori di lingua spagnola – numerosi, in terra d’America – le cui bandierecircondano entrambi i lati della “Santa y Angelica Capilla” dove è custodito e veneratoil “pilar”, il pilastro stando sul quale nel 40 d.C. la Madonna apparve all’apostoloGiacomo proprio là dove ancora oggi si trova, nella stessa posizione in cui, secondo latradizione, gli angeli stessi lo avrebbero collocato.Il “pilar” è dunque una colonna di diaspro, di forma cilindrica, alta 177 cme con un diametro di 24 cm. Da secoli è avvolta – come protezione e decoro – daun artistico rivestimento in argento e bronzo. Su di essa è stata collocata una statuettadi legno nero della Madonna con il Bambino, risalente al XV secolo. (…) Sul retro dellaCappella una piccola apertura permette ai fedeli di baciare la superficie della colonna:un gesto di profonda devozione, la cui frequenza si può almeno intuire notando come,nei secoli, questi baci di fedeli appassionati abbiano scavato di alcuni centimetri quelladurissima pietra. (…)Perché avere una tale fiducia nella promessa di Maria, se non perché già unavolta, in modo straordinario, la Vergine ha mantenuto la parola data, concedendo lagrazia richiesta a un fedele che ad Ella si era rivolto animato da profonda fede filiale?Sto parlando di uno dei miracoli più straordinari che siano mai accaduti, un eventocosì prodigioso che si potrebbe definire il Santuario della Virgen del Pilar un’oasi diguarigione paragonabile senz’altro alla più famosa Lourdes. Di questo miracolo voglioora parlarvi, cari ascoltatori, per condividere con voi la storia del miracolo deimiracoli, “el milagro de los milagros”, operato per intercessione della Virgen del Pilarnel Seicento, una storia nel narrare la quale devo riconoscere un profondo debito digratitudine a Vittorio Messori e al suo libro “Il miracolo” (Rizzoli 1998).Per raccontarvi questa storia, devo anzitutto chiedervi di fare unosforzo. Dobbiamo infatti tornare con la mente e con il cuore alla prima metà delSeicento, in una povera provincia dell’Aragona, nel villaggio (“pueblo”) di Calanda,situata a sud-est di Saragozza.Che cosa c’entra Calanda con Saragozza? Lo scopriremo tra poco, per ora vi bastisapere che in questo piccolo centro dell’Aragona, nell’unica piazza presente, si trovauna piccola chiesa; sull’arco dell’unico portale di tale edificio sacro si trova scolpitauna statuetta della Madonna: è la Virgen del Pilar. E tale statua è sovrastata da unascultura molto particolare: quella di una gamba tagliata sotto il ginocchio, segno delmiracolo di cui sto per narrarvi.Entrando nella chiesa di Calanda, si trova una cappellina dedicata al “miracolodei miracoli”, come esso viene definito in terra di Spagna, e come ricorda la lapide neipressi della stessa cappella: “In questo stesso luogo e per intercessione della VergineSantissima del Pilar, fu restituita al suo devoto Miguel Juan Pellicer la gamba che damolto tempo gli era stata amputata”.

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Eccolo dunque el milagro de los milagros: per intercessione della Virgen del Pilar, aun uomo è stata ridata la gamba che aveva perso. Che cosa ha di eccezionale questomiracolo? Anzitutto che esso si presenta come la risposta alla sfida lanciata dalloscetticismo e dal materialismo ateo di Otto e Novecento. Basti pensare a che cosa disseil celebre romanziere Emile Zola, profeta del positivismo letterario, quando si recò aLourdes, nel 1894: entrato nella grotta di Massabielle, dove la Vergine era apparsa aBernadette nel 1858, il letterato aveva esclamato: “Vedo molti bastoni e stampelle, manon vedo gambe di legno!”, come a dire: il vero miracolo, quello dinnanzi al qualeanche uno scettico o un ateo dovrebbe ricredersi, sarebbe il far ricrescere una gamba,non semplicemente camminare uno zoppo. (…)Riprendiamo dunque il racconto del miracolo della gambaamputata. Protagonista è il già citato Miguel Juan Pellicer, battezzato in quel diCalanda il giorno 25 marzo 1617, festa dell’Annunciazione di Maria. Secondo di 8 trafratelli e sorelle, Miguel Juan nasce da genitori che sono poveri contadini ma buonicristiani. Di poca cultura – pare che sia rimasto analfabeta per tutta la vita – fu istruitoai contenuti fondamentali della fede cattolica dalle lezioni del parroco di Calanda,caratterizzando la propria umile fede con una profonda devozione mariana, pregandoquella Virgen del Pilar che, secondo la tradizione popolare, sarebbe stata invocatadalla gente di Calanda nel IX secolo e avrebbe salvato il povero villaggio dal saccheggiodi un feroce capo-banda islamico. Da allora, Calanda avrebbe riconosciuto nellaVirgen del Pilar la propria protettrice. Intorno ai vent’anni il giovane Miguel Juanavrebbe lasciato la casa paterna per non gravare sul povero bilancio familiare e sisarebbe trasferito nelle terre lungo il Mediterraneo, nel regno di Valencia, lavorandonelle campagne come bracciante presso uno zio.Un giorno di fine luglio 1637, mentre stava riconducendo alla fattoriadello zio il carro trainato da due muli, cadde dal dorso di uno degli animali, forse perun colpo di sonno dovuto alla grande calura estiva e alla fatica del lavoro compiuto findalle prime ore del mattino, finendo con la gamba destra sotto una delle ruote delcarro.

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Il carro, carico di grano, fratturò la gamba sotto il ginocchio, spezzando la tibia nellaparte centrale. Ricoverato all’ospedale di Valencia, dopo alcuni giorni di inutili cure,Miguel Juan ottiene di essere trasferito presso l’ospedale “De Nuestra Senora deGracia” di Saragozza, desiderando di riavvicinarsi alla casa dei genitori. Il viaggio –immaginatevi le condizioni dell’epoca – è un vero martirio: circa 300 km percorsi inoltre 50 giorni nel pieno della calura estiva, trasportato da carrettieri e mulattieri cheprestavano il dovuto soccorso all’infermo. Insomma, quando il giovane giunge aSaragozza siamo già nell’ottobre 1637.Malgrado la fatica e la febbre altissima, Miguel Juan si trascina alSantuario della Virgen del Pilar per rendere onore a quella Mamma cui è tantodevoto fin da bambino. Lì si confessa e si comunica, quindi viene trasferitonell’ospedale dove i medici, vista la terribile cancrena che si è sviluppata, decidono diamputare la gamba destra appena sotto il ginocchio, nell’estremo tentativo di salvarela vita al giovane.L’arto amputato viene poi rinchiuso in una cassetta di legna e sepolto in un appositosettore del cimitero dell’ospedale, in ossequio alla pratica allora in voga che voleva chesi trattasse con massimo rispetto, in vista della Resurrezione dei corpi, non solo ilcadavere dell’uomo, ma ogni parte del suo corpo che avesse dovuto trovare la morte– per amputazione, appunto – prima del tempo.Dopo alcuni mesi di ricovero, Miguel Juan si trascina nuovamente alSantuario della Virgen del Pilar, per render grazie alla Madonna che gli hasalvato la vita, dimostrando così una fede e una riconoscenza profonde pur nellagrande sventura che lo ha colpito. Giunge infine la primavera del 1638 e il giovane ex-bracciante è dimesso dall’ospedale.Per sopravvivere, non gli resta che fare il mendicante, poiché la famiglia non è in gradodi mantenerlo e così, ottiene il permesso dai Canonici del Santuario di sostare neipressi della Cappella di Nostra Signora della Speranza per chiedere l’elemosina. Tuttele mattine Miguel si reca al Santuario e, dopo aver assistito alla Messa nella SantaCapilla del Pilar, si mette a mendicare.Ogni giorno poi, quando gli inservienti puliscono le ottanta lampade che ardono nellaCapilla, il giovane ottiene un poco di olio per ungere la gamba amputata. Questapratica viene compiuta con una fede ingenua, umile, eppure ricalca precisiinsegnamenti della Sacra Scrittura, laddove il Vangelo di Marco ricorda che gliapostoli di Gesù ungevano di olio molti infermi e li guarivano (Mc 6, 12ss) mentre lalettera di Giacomo esorta a ungere con olio, nel nome del Signore, gli ammalati.Dopo due anni di vita da mendicante presso il Santuario di Saragozza, Miguel decidedi fare ritorno presso la casa paterna, nel villaggio di Calanda, per riabbracciare igenitori che non vede da circa tre anni.Tornato a casa, a Calanda, si giunge al 29 marzo 1640, giovedì della settimanadi “Passione”, precedente cioè la domenica delle Palme che apre la Settimana Santa.E’ un anno molto importante per la ricorrenza del 1600° anno dell’apparizione dellaVirgen del Pilar: può quindi essere una occasione che la Vergine stessa ha scelto percelebrare la sua “venuta” in terra di Spagna omaggiando l’Aragona – e il mondo tutto– dello straordinario miracolo che in quell’anno, e in quella notte del 29 marzo, staper accadere.

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Torniamo dunque al 29 marzo 1640. Rientrato a casa dopo una dura giornata di lavoro– se infatti era mancante di una gamba, il giovane Miguel usava le braccia percollaborare alle attività agricole familiari – Miguel Juan decide di andare a coricarsipresto. Non potrà dormire nel suo letto, però, quella notte, poiché la famiglia deveospitare un soldato della Cavalleria dell’Esercito Reale.

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Ceduto il proprio letto al milite, Miguel si trascina dunque su un misero giaciglio chela madre ha preparato per lui ai piedi del letto dei genitori. La cosa non deve stupire,pensando che la grandezza della casa dovesse essere proporzionata alla miseracondizione della famiglia Pellicer e dunque le stanze dovessero senz’altro mancare perun eventuale ospite – se così vogliamo chiamare il soldato che si trovavano a dover,loro malgrado, ospitare.Dopo una cena leggera, verso le dieci, Miguel va dunque a dormire. Versole undici la madre si reca con una lampada a olio nella camera matrimoniale. Subitoavverte, come testimonierà in seguito, una “fragranza e un odore soavi e mai sentitiprima”. Avvicinatasi all’improvvisato giaciglio, per controllare se il figlio abbia presosonno, la donna resta sorpresa nel vedere che dal fondo della coperta spuntano duepiedi. Pensando che sia il soldato che è andato a dormire nel posto sbagliato, chiamail marito. Questi, appena giunto in camera, solleva la coperta con l’intenzione disvegliare il soldato. Grandissima è la sorpresa di entrambi quando vedono che l’uomoche sta dormendo è proprio loro figlio, Miguel, al quale è ricresciuta la gambaamputata!Ripresisi dallo stupore, i due genitori scuotono il figlio e, a fatica, loridestano come da un sonno profondissimo. Miguel, stupito per l’accaduto, subitodomanda al padre perdono per ogni peccato. Questo è un particolare moltoimportante: la guarigione fisica – impossibile, a viste umane – porta con sé laguarigione dell’anima: il figlio desidera riconciliarsi con il padre, chiedendo perdonoper i peccati commessi nei confronti dei suoi famigliari.Interrogato, Miguel dice di non sapersi spiegare l’accaduto, ma aggiungeche stava sognando di essere nella Santa Cappella di Nostra Signora del Pilar e che sistava ungendo la gamba amputata con l’olio di una lampada della Cappella, comeusava fare quando era mendicante presso il santuario. Non esita neppure un attimodunque ad attribuire alla intercessione della Virgen del Pilar la guarigione miracolosaappena ottenuta. Giova a questo punto ricordare che, in tema di miracoli, occorresempre distinguere: è la potenza divina che li opera, ma è l’intercessione – di Maria odei Santi – che li può impetrare e ottenere dalla Misericordia Divina.Esaminato l’arto alla luce della lampada ad olio, Miguel e i genitori si rendono contoche si tratta della gamba amputata (e sepolta) più di due anni prima, poiché vi siritrovano la cicatrice della ruota che aveva fratturato la tibia e le tracce di un morsoche un cane gli aveva in precedenza dato sul polpaccio. Che si tratti della stessa gambaverrà poi provato quando, dissotterrata e aperta nel giugno dello stesso anno lacassetta di legno in cui era stata riposta la gamba amputata, questa verrà ritrovatavuota. Non vi è dunque stata una “creazione” della gamba quanto piuttosto unariparazione o una restituzione.Il giorno seguente, 30 marzo 1640, la voce del miracolo si è ormai sparsarapidamente. Il giovane viene condotto presso la chiesa parrocchiale di Calanda,dove la popolazione è in attesa. Tutti constatarono che Miguel aveva riacquistato lagamba amputata, quasi come se si trattasse di un anticipo – scandaloso e folle, per laragione umana – di quella resurrezione nella carne che, per fede, sappiamo essere lasperanza cristiana.Il primo aprile, domenica delle Palme, numerosi visitatori e curiosigiungono a Calanda, desiderosi di sincerarsi del fatto. La voce è giunta anche aMazaleòn, un villaggio a una cinquantina di km a est di Calanda, portata forse daisoldati che si spostavano di villaggio in villaggio.

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E proprio la voce del presunto miracolo ha fatto sì che il parroco di Mazaleòn, con ilvicario e il notaio reale del comune, decidesse di recarsi a Calanda. Non sappiamo sei tre vi giunsero già nella sera del 1 aprile, fatto sta che il documento redatto dal notaioreale appena citato porta la data del 2 aprile. L’originale di tale atto è esposto, dal1972, nell’ufficio del Sindaco di Saragozza, in quel palazzo municipale che è separatodalla Basilica della Virgen del Pilar solo da una piccola strada chiamatasignificativamente “calle milagro de Calanda”.Perché si è giunti a redigere un atto notarile relativo a tale miracolo? Forseil parroco di Mazaleòn, don Marco Seguer, era così devoto della Madonna da volercertificare il miracolo ottenuto per sua intercessione? Oppure era invece uno scetticoche voleva metter fine a voci e dicerie prima che intervenisse la stessa Inquisizione?Fatto sta che porta con sé il notaio del comune di Mazaleòn, quando sa benissimo chea Calanda se ne trova uno, per evitare di coinvolgere elementi “di parte” o interessati.La scelta fa apparire la dichiarazione del notaio, dunque, ancor più degna di fede.Perché è importante questa certificazione notarile?Perché ben risponde a quanto in seguito avrebbe detto Voltaire in merito ai miracoli,dicendo che per loro natura potevano essere degni di venire presi in esame solo quellidotati di certificazione notarile: il miracolo di Calanda pare dunque ben degno disoddisfare le esigenze dello scettico più radicale…Oltre all’atto notarile di cui abbiamo appena parlato, occorre ricordare ancheil rapporto redatto dal giudice ordinario di Calanda, poiché fu esso che giunse sultavolo del ministro di Filippo IV, il Conte-Duca di Olivares, a Madrid, il quale decisedi informarne il sovrano. Che a sua volta invitò, in tutta risposta, il giovane Miguel acorte.Mentre la notizia si diffonde in tutta la Spagna, l’Arcivescovo accoglie l’istanzadell’autorità civile e apre il processo canonico sul fatto. Processo che, per trasparenza,sarà aperto al pubblico e con la redazione degli atti in volgare (solo la sentenza finalesarà in latino). Accanto all’Arcivescovo siedono nove teologi e canonisti. Il fatto chel’Inquisizione non intervenga né durante, né dopo tale processo è una prova dellaserietà e accuratezza con cui le indagini sono condotte, ben sapendo che un troppofacile riconoscimento avrebbe causato un riesame del Tribunale dell’Inquisizione,preoccupato di contrastare eresie e presunti miracoli che sconfinassero nel fantasioso.In tutto sono convocati 24 testimoni – tra famigliari, vicini di casa, autorità locali,ecclesiastici – cui viene rivolto un formulario di 33 domande.Dopo quasi undici mesi di lavoro, giunge la sentenza firmatadall’Arcivescovo, mons. Apaolaza, datata 27 aprile 1641:“Perciò, considerate tutte queste e altre cose, con il consiglio degli infrascritti illustriDottori sia di Sacra Teologia, sia di Diritto Pontificio, affermiamo, pronunciamo edichiariamo che a Miguel Juan Pellicer, nativo di Calanda, di cui si è trattato in questoprocesso, fu restituita miracolosamente la gamba destra che in precedenza gli era stataamputata; e che non è stato un fatto operato dalla natura, ma opera mirabile emiracolosa; e che si deve giudicare e tenere per miracolo, concorrendo tutte lecondizioni richieste dal Diritto perché si possa parlare di un prodigio nel caso qui inesame. Pertanto lo ascriviamo tra i miracoli, e come tale lo approviamo, dichiariamoe autorizziamo, e così diciamo”.Giunse infine il giorno dell’atteso ricevimento di Miguel da parte del Sovranodella Spagna, Filippo IV. Vestito per l’occasione con abiti nuovi, il giovane si presentò,imbarazzato, dinnanzi al Sovrano.

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Avuta conferma dalle autorità ecclesiastiche dell’esito positivo del processo canonico,Filippo IV disse: “Non è più il caso di discutere e di cavillare. E’ il momento in cuioccorre accogliere e venerare il Mistero, rallegrandoci come cristiani”. Detto questo,si inginocchiò dinnanzi al giovane contadino, gli fece scoprire la gamba destra, e baciòcon devozione la cicatrice rimasta la dove l’arto era stato amputato.Dinnanzi alla grandezza di un tale omaggio si comprende lastraordinarietà dell’evento occorso a Miguel Juan, un miracolo che non èaccaduto per lui – del quale si persero ben presto le tracce, per scoprire poi che morìancor giovane, il 12 settembre 1647, secondo quanto attestato dall’atto di mortefirmato dal parroco del villaggio di Velilla de Ebro, situato tra Calanda e Saragozza –ma è accaduto perché, come ben sottolinea Vittorio Messori nel suo “Il miracolo”, ioe voi, qui e ora, ci sentiamo spinti a prendere posizione dinnanzi a quella che parequasi una violenta intrusione dell’eterno nel tempo terreno, dinnanzi a un miracoloche pare costringere a credere, ma che infine ci lascia sempre liberi.Liberi di aderire, liberi di rifiutare. Così come, dinnanzi al Miracolo dellaResurrezione, e ai molti altri miracoli operati da Gesù, vi furono quanti scelsero diseguire il Figlio di Dio e quanti, pur essendo testimoni dei prodigi da Lui operati, lorifiutarono.In quest’ottica si comprende come la grazia concessa al giovane Miguel JuanPelliccer, di ottenere la gamba amputata per intercessione della Virgen del Pilar, nonsia se non la conferma della materna cura con cui Maria cerca di sostenere il camminodegli uomini – di tutti gli uomini: di Giacomo nel 40 d.C., di Miguel e dei compaesaninella Calanda del 1640, di noi oggi – verso la piena adesione a Cristo.Certi dell’aiuto di Maria, a lei ci rivolgiamo con la seguente preghiera:Oh Virgen del Pilar, Reina y Madre. / O Vergine del Pilar, Regina e MadreEspaña y todas las naciones hispanas / La Spagna e tutta l’Ispanitàreconocen con gratitud tu protección constante / Riconoscono grate la tuacostante protezioney esperan seguir contando con ella. / E sperano di continuare a contarciObténnos de tu Hijo fortaleza en la fe, / Che otteniamo da tuo Figlio fortezza nellafedeseguridad en la esperanza y constancia en el amor. / Sicurezza nella speranza ecostanza nell’amoreQueremos que en todos los instantes de nuestra vida / Ti chiediamo che ogni istantedella nostra vitasintamos que tu eres nuestra Madre. / Sentiamo che tu sei nostra MadrePor Jesucristo nuestro Señor. Amén. / Per Gesù Cristo nostro Signore. Amen

di Diego Manetti http://www.lanuovabq.it

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Benedetto XVI:Mese di maggio

Magistero integrale

DISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVIDURANTE LA CELEBRAZIONE MARIANA

PER LA CONCLUSIONE DEL MESE DI MAGGIO IN VATICANOGrotta della Madonna di Lourdes nei Giardini Vaticani Martedì, 31 maggio 2005

Cari Fratelli e Sorelle!

Con grande gioia mi unisco a voi al termine di questo incontro di preghiera, promossodal Vicariato della Città del Vaticano. Vedo con piacere che siete in molti radunati neiGiardini Vaticani, per la conclusione del mese di maggio. In particolare, tra voi ci sonotante persone che vivono o lavorano in Vaticano e le loro famiglie. Saluto tutticordialmente; in special modo i Signori Cardinali ed i Vescovi, iniziando daMonsignor Angelo Comastri, che ha guidato quest’incontro di preghiera. Saluto poi isacerdoti, i religiosi, le religiose presenti, con un pensiero anche alle Suorecontemplative del Monastero Mater Ecclesiae a noi unite spiritualmente.

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Cari amici, siete saliti alla Grotta di Lourdes recitando il santo Rosario, quasirispondendo all’invito della Vergine ad elevare lo spirito verso il Cielo.

La Madonna ci accompagna ogni giorno nella nostra preghiera. Nello speciale Annodell’Eucaristia, che stiamo vivendo, Maria ci aiuta soprattutto a scoprire sempre piùil grande sacramento dell’Eucaristia. L’amato Papa Giovanni Paolo II nell’ultimaEnciclica – Ecclesia de Eucharistia – ce l’ha presentata come “donna eucaristica”nell’intera sua vita (cfr n. 53). “Donna eucaristica” in profondità, a partire dal suoatteggiamento interiore: dall’Annunciazione, quando offrì se stessa perl’incarnazione del Verbo di Dio, fino alla croce e alla risurrezione; “donna eucaristica”nel tempo dopo la Pentecoste, quando ricevette nel Sacramento quel Corpo che avevaconcepito e portato in grembo.

In particolare oggi, con la liturgia, ci soffermiamo a meditare il mistero dellaVisitazione della Vergine a santa Elisabetta. Maria si reca dall’anziana cuginaElisabetta, che tutti dicevano sterile e che invece era giunta al sesto mese di unagravidanza donata da Dio (cfr Lc 1,36), portando in grembo Gesù appena concepito.E’ una giovane ragazza, ma non ha paura, perché Dio è con lei, dentro di lei. In uncerto modo possiamo dire che il suo viaggio è stato – ci piace sottolinearlo in questoAnno dell’Eucaristia – la prima “processione eucaristica” della storia. Tabernacolovivente del Dio fatto carne, Maria è l’arca dell’Alleanza, nella quale il Signore havisitato e redento il suo popolo. La presenza di Gesù la ricolma di Spirito Santo.Quando entra nella casa di Elisabetta, il suo saluto è traboccante di grazia: Giovannisussulta nel grembo della madre, quasi avvertendo la venuta di Colui che dovrà undomani annunciare ad Israele. Esultano i figli, esultano le madri. Quest’incontropervaso dalla gioia dello Spirito trova la sua espressione nel cantico del Magnificat.

Non è forse questa anche la gioia della Chiesa, che incessantemente accoglie Cristonella santa Eucaristia e lo porta nel mondo con la testimonianza della carità operosa,permeata di fede e di speranza? Sì, accogliere Gesù e portarlo agli altri è la vera gioiadel cristiano! Cari fratelli e sorelle, seguiamo ed imitiamo Maria, un’animaprofondamente eucaristica, e tutta la nostra vita diventerà un Magnificat (cfr Ecclesiade Eucaristia, 58). Sia questa la grazia che insieme questa sera domandiamo allaVergine Santissima, a conclusione del mese di maggio. A voi tutti la mia benedizione.

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DISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI DURANTE LA CELEBRAZIONEMARIANA PER LA CONCLUSIONE DEL MESE DI MAGGIO IN VATICANO

Grotta della Madonna di Lourdes nei Giardini Vaticani Mercoledì, 31 maggio 2006Cari fratelli e sorelle,

ho la gioia di unirmi a voi al termine di questo suggestivo incontro di preghieramariana. Chiudiamo così, davanti alla Grotta di Lourdes nei Giardini Vaticani, il mesedi maggio, caratterizzato quest’anno dall’accoglienza dell’effigie della Madonna diFatima in Piazza San Pietro, nel 25° anniversario dell’attentato all’amato GiovanniPaolo II, e segnato anche dal viaggio apostolico che il Signore mi ha dato di compierein Polonia, dove ho potuto visitare i luoghi cari al grande mio Predecessore. Di questopellegrinaggio, del quale ho parlato questa mattina nell’udienza generale, mi tornaora in mente, in modo particolare, la sosta nel santuario di Jasna Góra aCzęstochowa, dove ho compreso ancor più quanto la nostra celeste Avvocataaccompagni il cammino dei suoi figli, e non lasci inascoltate le suppliche che a Leivengono rivolte con umiltà e fiducia.

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Desidero ringraziarLa ancora una volta insieme a voi per avermi accompagnatodurante la visita nella cara terra di Polonia. Voglio anche esprimere a Maria la miagratitudine per il sostegno che mi offre nel quotidiano servizio alla Chiesa. So di potercontare sul suo aiuto in ogni situazione; anzi so che Lei previene con intuito maternoogni necessità dei suoi figli e interviene efficacemente per sostenerli: questa èl’esperienza del popolo cristiano fin dai suoi primi passi a Gerusalemme.

Nell’odierna festa della Visitazione, come in ogni pagina del Vangelo, vediamo Mariadocile ai disegni divini e in atteggiamento di amore previdente verso i fratelli. L’umilefanciulla di Nazaret infatti, ancora sorpresa per quanto l’angelo Gabriele le haannunciato – che cioè sarà la madre del Messia promesso – apprende che purel’anziana parente Elisabetta attende un figlio nella sua vecchiaia. Senza indugio sipone in cammino, nota l’evangelista (cfr Lc 1,39), per raggiungere “in fretta” la casadella cugina e mettersi a sua disposizione in un momento di particolare bisogno.Come non notare che, nell’incontro tra la giovane Maria e l’ormai matura Elisabetta,il nascosto protagonista è Gesù? Maria lo porta nel suo seno come in un sacrotabernacolo e lo offre come il dono più grande a Zaccaria, alla moglie di lui Elisabettaed anche al bimbo che si sta sviluppando nel grembo di lei. “Ecco – le dice la madredi Giovanni Battista – appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, ilbambino ha esultato di gioia nel mio grembo” (Lc1,44). Dove giunge Maria è presenteGesù. Chi apre il suo cuore alla Madre incontra ed accoglie il Figlio ed è invaso dallasua gioia. Mai la vera devozione mariana offusca o diminuisce la fede e l’amore perGesù Cristo nostro Salvatore, unico mediatore tra Dio e gli uomini. Al contrariol’affidamento alla Madonna è una via privilegiata, sperimentata da tanti santi, peruna più fedele sequela del Signore. A Lei, dunque, affidiamoci con filiale abbandono!

Con questi sentimenti saluto cordialmente ciascuno di voi, Signori Cardinali, veneratifratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, ed anche voi, cari religiosi e religiose, carifedeli laici che non avete voluto mancare a questo annuale appuntamento di finemaggio. Vorrei raccomandare alla vostra preghiera segnatamente la Veglia, che lasera di sabato prossimo si terrà in Piazza San Pietro con i Movimenti e le nuoveComunità laicali, queste promettenti realtà che sono fiorite nella Chiesa dopo ilConcilio Vaticano II. La materna intercessione della Regina dei Santi ottenga per tuttii discepoli di Cristo il dono di una fede salda e di una invitta testimonianzaevangelica. A voi tutti la mia Benedizione, che estendo volentieri alle persone a voicare, specialmente agli ammalati, agli anziani e a quanti si trovano in difficoltà.

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CELEBRAZIONE MARIANA PER LA CONCLUSIONE DEL MESE DI MAGGIODISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Grotta della Madonna di Lourdes nei Giardini Vaticani Giovedì, 31 maggio 2007Cari fratelli e sorelle!con gioia mi unisco a voi al termine di questa veglia mariana, sempre suggestiva, conla quale si conclude in Vaticano il mese di maggio nella festa liturgica dellaVisitazione della Beata Vergine Maria. Saluto con fraterno affetto i Cardinali e iVescovi presenti, e ringrazio l’Arciprete della Basilica, Mons. Angelo Comastri, cheha presieduto la celebrazione. Saluto i sacerdoti, le religiose e i religiosi, in particolarele monache del Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano; come pure le tante famiglie cheprendono parte a questo rito. Meditando i misteri della luce del santo Rosario, sietesaliti su questo colle ove avete rivissuto spiritualmente, nel racconto dell’evangelistaLuca, l’esperienza di Maria, che da Nazaret di Galilea “si mise in viaggio verso lamontagna” (Lc 1,39) per raggiungere il villaggio della Giudea dove abitava Elisabettacol marito Zaccaria.Che cosa ha spinto Maria, giovane ragazza, ad affrontare quel viaggio? Che cosa,soprattutto, l’ha spinta a dimenticare se stessa, per spendere i primi tre mesi della suagravidanza al servizio della cugina bisognosa di assistenza? La risposta sta scritta inun Salmo: “Corro per la via dei tuoi comandamenti, [Signore,] / perché hai dilatato ilmio cuore” (Sal 118,32).

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Lo Spirito Santo, che rese presente il Figlio di Dio nella carne di Maria, dilatò il suocuore alle dimensioni di quello di Dio e la spinse sulla via della carità.La Visitazione di Maria si comprende alla luce dell’evento che immediatamenteprecede nel racconto del Vangelo di Luca: l’annuncio dell’Angelo e il concepimentodi Gesù ad opera dello Spirito Santo. Lo Spirito scese sulla Vergine, la potenzadell’Altissimo stese su di Lei la sua ombra (cfr Lc 1,35). Quello stesso Spirito la spinsead “alzarsi” e a partire senza indugio (cfr Lc 1,39), per essere di aiuto all’anzianaparente. Gesù ha appena incominciato a formarsi nel seno di Maria, ma il suo Spiritoha già riempito il cuore di Lei, così che la Madre inizia già a seguire il Figlio divino:sulla via che dalla Galilea conduce in Giudea è lo stesso Gesù a “spingere” Maria,infondendole lo slancio generoso di andare incontro al prossimo che ha bisogno, ilcoraggio di non mettere avanti le proprie legittime esigenze, le difficoltà, lepreoccupazioni, i pericoli per la sua stessa vita. E’ Gesù che l’aiuta a superare tuttolasciandosi guidare dalla fede che opera mediante la carità (cfr Gal 5,6).Meditando questo mistero, noi vediamo bene che cosa significhi che la carità cristianaè una virtù “teologale”. Vediamo che il cuore di Maria è visitato dalla grazia delPadre, è permeato dalla forza dello Spirito e spinto interiormente dal Figlio; vediamocioè un cuore umano perfettamente inserito nel dinamismo della Santissima Trinità.Questo movimento è la carità, che in Maria è perfetta e diventa modello della caritàdella Chiesa, come manifestazione dell’amore trinitario (cfr Enc. Deus caritas est, 19).Ogni gesto di amore genuino, anche il più piccolo, contiene in sé una scintilla delmistero infinito di Dio: lo sguardo di attenzione al fratello, il farsi vicino a lui, lacondivisione del suo bisogno, la cura delle sue ferite, la responsabilità per il suofuturo, tutto, fin nei minimi dettagli, diventa “teologale” quando è animato dalloSpirito di Cristo. Ci ottenga Maria il dono di saper amare come Lei ha saputo amare.A Maria affidiamo questa singolare porzione di Chiesa che vive e lavora in Vaticano;Le affidiamo la Curia Romana e le istituzioni ad essa collegate, perché lo Spirito diCristo animi ogni compito ed ogni servizio. Ma da questo colle allarghiamo losguardo a Roma e al mondo intero, e preghiamo per tutti i cristiani, perché possanodire con san Paolo: “l’amore di Cristo ci spinge”, e con l’aiuto di Maria sappianodiffondere nel mondo il dinamismo della carità.Vi ringrazio ancora per la vostra devota e calorosa partecipazione. Portate il miosaluto ai malati, agli anziani e a ciascuno dei vostri cari. A tutti imparto di cuore lamia Benedizione

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CELEBRAZIONE A CONCLUSIONE DEL MESE MARIANOPAROLE DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Piazza San Pietro, Sagrato della BasilicaSabato, 31 maggio 2008

Cari fratelli e sorelle!Concludiamo il mese di maggio con questo suggestivo incontro di preghiera mariana.Vi saluto con affetto e vi ringrazio della vostra partecipazione. Saluto, in primo luogo,il Signor Cardinale Angelo Comastri; con lui saluto gli altri Cardinali, Arcivescovi,Vescovi e sacerdoti, intervenuti a questa celebrazione serale. Estendo il mio saluto allepersone consacrate e a tutti voi, cari fedeli laici, che con la vostra presenza avetevoluto rendere omaggio alla Vergine Santissima.Celebriamo quest’oggi la festa della Visitazione della Beata Vergine e la memoria delCuore Immacolato di Maria. Tutto pertanto ci invita a volgere lo sguardo con fiduciaa Maria. A Lei, anche questa sera, ci siamo rivolti con l’antica e sempre attuale piapratica del Rosario. Il Rosario, quando non è meccanica ripetizione di formuletradizionali, è una meditazione biblica che ci fa ripercorrere gli eventi della vita delSignore in compagnia della Beata Vergine, conservandoli, come Lei, nel nostro cuore.In tante comunità cristiane, durante il mese di maggio, esiste la bella consuetudine direcitare in modo più solenne il Santo Rosario in famiglia e nelle parrocchie.

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Ora, che termina il mese, non cessi questa buona abitudine; anzi prosegua con ancormaggiore impegno, affinché, alla scuola di Maria, la lampada della fede brilli semprepiù nel cuore dei cristiani e nelle loro case.Nell’odierna festa della Visitazione la liturgia ci fa riascoltare il brano del Vangelo diLuca, che racconta il viaggio di Maria da Nazareth alla casa dell’anziana cuginaElisabetta. Immaginiamo lo stato d’animo della Vergine dopo l’Annunciazione,quando l’Angelo partì da Lei. Maria si ritrovò con un grande mistero racchiuso nelgrembo; sapeva che qualcosa di straordinariamente unico era accaduto; si rendevaconto che era iniziato l’ultimo capitolo della storia della salvezza del mondo. Ma tutto,intorno a Lei, era rimasto come prima e il villaggio di Nazareth era completamenteignaro di ciò che Le era accaduto.Prima di preoccuparsi di se stessa, Maria pensa però all’anziana Elisabetta, che hasaputo essere in gravidanza avanzata e, spinta dal mistero di amore che ha appenaaccolto in se stessa, si mette in cammino “in fretta” per andare a portarle il suo aiuto.Ecco la grandezza semplice e sublime di Maria! Quando giunge alla casa di Elisabetta,accade un fatto che nessun pittore potrà mai rendere con la bellezza e la profonditàdel suo realizzarsi. La luce interiore dello Spirito Santo avvolge le loro persone. EdElisabetta, illuminata dall’Alto, esclama: “Benedetta tu fra le donne e benedetto ilfrutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco,appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioianel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole delSignore” (Lc 1,42-45).Queste parole potrebbero apparirci sproporzionate rispetto al contesto reale.Elisabetta è una delle tante anziane di Israele e Maria una sconosciuta fanciulla di unosperduto villaggio della Galilea. Che cosa possono essere e che cosa possono fare inun mondo nel quale contano altre persone e pesano altri poteri? Tuttavia, Mariaancora una volta ci stupisce; il suo cuore è limpido, totalmente aperto alle luce di Dio;la sua anima è senza peccato, non appesantita dall’orgoglio e dall’egoismo. Le paroledi Elisabetta accendono nel suo spirito un cantico di lode, che è un’autentica eprofonda lettura “teologica” della storia: una lettura che noi dobbiamocontinuamente imparare da Colei la cui fede è senza ombre e senza incrinature.“L’anima mia magnifica il Signore“. Maria riconosce la grandezza di Dio. Questo è ilprimo indispensabile sentimento della fede; il sentimento che dà sicurezza all’umanacreatura e la libera dalla paura, pur in mezzo alle bufere della storia.Andando oltre la superficie, Maria “vede” con gli occhi della fede l’opera di Dio nellastoria. Per questo è beata, perché ha creduto: per la fede, infatti, ha accolto la Paroladel Signore e ha concepito il Verbo incarnato. La sua fede Le ha fatto vedere che i tronidei potenti di questo mondo sono tutti provvisori, mentre il trono di Dio è l’unicaroccia che non muta e non cade.

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E il suo Magnificat, a distanza di secoli e millenni, resta la più vera e profondainterpretazione della storia, mentre le letture fatte da tanti sapienti di questo mondosono state smentite dai fatti nel corso dei secoli.Cari fratelli e sorelle! Torniamo a casa con il Magnificat nel cuore. Portiamo in noi imedesimi sentimenti di lode e di ringraziamento di Maria verso il Signore, la sua fedee la sua speranza, il suo docile abbandono nelle mani della Provvidenza divina.Imitiamo il suo esempio di disponibilità e generosità nel servire i fratelli. Solo, infatti,accogliendo l’amore di Dio e facendo della nostra esistenza un servizio disinteressatoe generoso al prossimo, potremo elevare con gioia un canto di lode al Signore. Ciottenga questa grazia la Madonna, che questa sera ci invita a trovare rifugio nel suoCuore Immacolato.

CELEBRAZIONE MARIANA PER LA CONCLUSIONEDEL MESE DI MAGGIO IN VATICANO

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVIGiardini Vaticani Sabato, 30 maggio 2009

Venerati Fratelli, cari fratelli e sorelle,vi saluto tutti con affetto, al termine della tradizionale veglia mariana, che concludeil mese di Maggio in Vaticano. Quest’anno essa ha acquistato un valore tutto speciale,perché cade alla vigilia di Pentecoste. Radunandovi insieme, spiritualmente raccoltiintorno alla Vergine Maria, e contemplando i misteri del Santo Rosario, aveterivissuto l’esperienza dei primi discepoli, riuniti nel Cenacolo con “la madre di Gesù”,“perseveranti e concordi nella preghiera” in attesa della venuta dello Spirito Santo(cfr At 1,14).

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Anche noi, in questa penultima sera di maggio, dal colle Vaticano invochiamol’effusione dello Spirito Paraclito su di noi, sulla Chiesa che è in Roma e su tutto ilpopolo cristiano.La grande festa di Pentecoste ci invita a meditare sul rapporto tra lo Spirito Santo eMaria, un rapporto strettissimo, privilegiato, indissolubile. La Vergine di Nazaret fuprescelta per diventare la Madre del Redentore ad opera dello Spirito Santo: nella suaumiltà, trovò grazia agli occhi di Dio (cfr Lc 1,30). In effetti, nel Nuovo Testamentonoi vediamo che la fede di Maria, per così dire, “attira” il dono dello Spirito Santo.Prima di tutto nel concepimento del Figlio di Dio, mistero che lo stesso arcangeloGabriele spiega così: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ticoprirà con la sua ombra” (Lc 1,35). Subito dopo Maria si recò ad aiutare Elisabetta,ed ecco che quando giunge da lei e la saluta, lo Spirito Santo fa sussultare il bambinonel grembo dell’anziana parente (cfr Lc 1,44); e tutto il dialogo tra le due madri èispirato dallo Spirito di Dio, soprattutto il cantico di lode con cui Maria esprime i suoisentimenti profondi, il Magnificat. L’intera vicenda della nascita di Gesù e della suaprima infanzia è guidata in maniera quasi palpabile dallo Spirito Santo, anche se nonviene sempre nominato. Il cuore di Maria, in perfetta consonanza con il Figlio divino,è tempio dello Spirito di verità, dove ogni parola e ogni avvenimento vengonocustoditi nella fede, nella speranza e nella carità (cfr Lc2,19.51).Possiamo così essere certi che il cuore santissimo di Gesù in tutto l’arco della vitanascosta a Nazaret ha sempre trovato nel cuore immacolato della Madre un“focolare” sempre acceso di preghiera e di costante attenzione alla voce dello Spirito.Testimonianza di questa singolare sintonia tra Madre e Figlio nel cercare la volontàdi Dio, è quanto avvenne alle nozze di Cana. In una situazione carica di simbolidell’alleanza, quale è il banchetto nuziale, la Vergine Madre intercede e provoca, percosì dire, un segno di grazia sovrabbondante: il “vino buono” che rimanda al misterodel Sangue di Cristo. Questo ci conduce direttamente al Calvario, dove Maria sta sottola croce insieme con le altre donne e con l’apostolo Giovanni. La Madre e il discepoloraccolgono spiritualmente il testamento di Gesù: le sue ultime parole e il suo ultimorespiro, nel quale Egli incomincia ad effondere lo Spirito; e raccolgono il gridosilenzioso del suo Sangue, interamente versato per noi (cfr Gv 19,25-34). Maria sapevada dove veniva quel sangue: si era formato in lei per opera dello Spirito Santo, esapeva che quella stessa “potenza” creatrice avrebbe risuscitato Gesù, come Egliaveva promesso.Così la fede di Maria sostenne quella dei discepoli fino all’incontro con il Signorerisorto, e continuò ad accompagnarli anche dopo la sua Ascensione al cielo, nell’attesadel “battesimo nello Spirito Santo” (cfr At 1,5). Nella Pentecoste, la Vergine Madreappare nuovamente come Sposa dello Spirito, per una maternità universale neiconfronti di tutti coloro che sono generati da Dio per la fede in Cristo.

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Ecco perché Maria è per tutte le generazioni immagine e modello della Chiesa, cheinsieme allo Spirito cammina nel tempo invocando il ritorno glorioso di Cristo:“Vieni, Signore Gesù” (cfr Ap 22,17.20).Cari amici, alla scuola di Maria, impariamo anche noi a riconoscere la presenza delloSpirito Santo nella nostra vita, ad ascoltare le sue ispirazioni e a seguirle docilmente.Egli ci fa crescere secondo la pienezza di Cristo, secondo quei frutti buoni chel’apostolo Paolo elenca nella Lettera ai Galati: “Amore, gioia, pace, magnanimità,benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal5,22). Vi auguro di esserericolmi di questi doni e di camminare sempre con Maria secondo lo Spirito e, mentrevi esprimo la mia lode per la partecipazione a questa celebrazione serale, imparto dicuore a tutti voi e ai vostri cari la Benedizione Apostolica.

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CONCLUSIONE DEL MESE MARIANODISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Grotta di Lourdes nei Giardini Vaticani Lunedì, 31 maggio 2010

Cari fratelli e sorelle!Con grande gioia mi unisco a voi, al termine di questo tradizionale incontro dipreghiera, che conclude il mese di Maggio in Vaticano. Con riferimento alla liturgiaodierna, vogliamo contemplare Maria Santissima nel mistero della sua Visitazione.Nella Vergine Maria che va a visitare la parente Elisabetta riconosciamo l’esempio piùlimpido e il significato più vero del nostro cammino di credenti e del cammino dellaChiesa stessa. La Chiesa è per sua natura missionaria, è chiamata ad annunciare ilVangelo dappertutto e sempre, a trasmettere la fede ad ogni uomo e donna, e in ognicultura.«In quei giorni – scrive l’evangelista san Luca – Maria si alzò e andò in fretta verso laregione montuosa, in una città di Giuda» (Lc1,39). Quello di Maria è un autenticoviaggio missionario. È un viaggio che la conduce lontano da casa, la spinge nelmondo, in luoghi estranei alle sue abitudini quotidiane, la fa arrivare, in un certosenso, sino ai confini da lei raggiungibili. Sta proprio qui, anche per tutti noi, il segretodella nostra vita di uomini e di cristiani. La nostra, come singoli e come Chiesa, èun’esistenza proiettata al di fuori di noi. Come era già avvenuto per Abramo, ci èchiesto di uscire da noi stessi, dai luoghi delle nostre sicurezze, per andare verso glialtri, in luoghi e ambiti diversi. È il Signore che ce lo chiede: «Riceverete la forza dalloSpirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni… fino ai confini dellaterra» (At 1,8). Ed è sempre il Signore che, in questo cammino, ci mette accanto Mariaquale compagna di viaggio e madre premurosa. Ella ci rassicura, perché ci ricorda checon noi c’è sempre il Figlio suo Gesù, secondo quanto ha promesso: «io sono con voitutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).L’evangelista annota che «Maria rimase con lei (con la parente Elisabetta) circa tremesi» (Lc 1,56). Queste semplici parole dicono lo scopo più immediato del viaggio diMaria. Aveva saputo dall’Angelo che Elisabetta aspettava un figlio e che era già alsesto mese (cfr Lc 1,36). Ma Elisabetta era anziana e la vicinanza di Maria, ancoramolto giovane, poteva esserle utile. Per questo Maria la raggiunge e rimane con leicirca tre mesi, per offrirle quella vicinanza affettuosa, quell’aiuto concreto e tutti queiservizi quotidiani di cui aveva bisogno. Elisabetta diventa così il simbolo di tantepersone anziane e malate, anzi, di tutte le persone bisognose di aiuto e di amore. Equante ce ne sono anche oggi nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, nelle nostrecittà! E Maria – che si era definita «la serva del Signore» (Lc 1,38) – si fa serva degliuomini. Più precisamente, serve il Signore che incontra nei fratelli.La carità di Maria, però, non si ferma all’aiuto concreto, ma raggiunge il suo verticenel donare Gesù stesso, nel “farlo incontrare”.

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È ancora san Luca a sottolinearlo: «Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, ilbambino sussultò nel suo grembo» (Lc 1,41). Siamo così al cuore e al culmine dellamissione evangelizzatrice. Siamo al significato più vero e allo scopo più genuino diogni cammino missionario: donare agli uomini il Vangelo vivente e personale, che èlo stesso Signore Gesù. E quella di Gesù è una comunicazione e una donazione che –come attesta Elisabetta – riempie il cuore di gioia: «Ecco, appena il tuo saluto è giuntoai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo» (Lc 1,44). Gesù è ilvero e unico tesoro che noi abbiamo da dare all’umanità. È di Lui che gli uomini e ledonne del nostro tempo hanno profonda nostalgia, anche quando sembrano ignorarloo rifiutarlo. È di Lui che hanno grande bisogno la società in cui viviamo, l’Europa, ilmondo intero.A noi è affidata questa straordinaria responsabilità. Viviamola con gioia e conimpegno, perché la nostra sia davvero una civiltà in cui regnano la verità, la giustizia,la libertà e l’amore, pilastri fondamentali e insostituibili di una vera convivenzaordinata e pacifica. Viviamo questa responsabilità rimanendo assidui nell’ascoltodella Parola di Dio, nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere(cfr At 2,42). Sia questa la grazia che insieme questa sera domandiamo alla VergineSantissima. A voi tutti la mia benedizione.

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CONCLUSIONE DEL MESE MARIANODISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Grotta di Lourdes nei Giardini Vaticani Martedì, 31 maggio 2011

Cari fratelli e sorelle,sono lieto di unirmi a voi in preghiera, ai piedi della Vergine Santa, che oggicontempliamo nella Festa della Visitazione. Saluto e ringrazio il Signor CardinaleAngelo Comastri, Arciprete della Basilica di San Pietro, i Cardinali e i Vescovipresenti, e tutti voi che siete qui convenuti questa sera. A conclusione del mese diMaggio, vogliamo unire la nostra voce a quella di Maria, nel suo stesso cantico dilode; con Lei vogliamo magnificare il Signore per le meraviglie che continua adoperare nella vita della Chiesa e di ciascuno di noi. In particolare, è stato e rimane pertutti motivo di grande gioia e gratitudine l’avere iniziato questo mese mariano con lamemorabile Beatificazione di Giovanni Paolo II. Quale grande dono di grazia è stata,per la Chiesa intera, la vita di questo grande Papa! La sua testimonianza continua adilluminare le nostre esistenze e ci è di sprone ad essere veri discepoli del Signore, aseguirLo con il coraggio della fede, ad amarLo con lo stesso entusiasmo con cui egliha donato a Lui la propria vita.Meditando oggi la Visitazione di Maria, siamo portati a riflettere proprio su questocoraggio della fede. Colei che Elisabetta accoglie nella sua casa è la Vergine che “hacreduto” all’annuncio dell’Angelo e ha risposto con fede, accettando con coraggio ilprogetto di Dio per la sua vita e accogliendo così in sé la Parola eterna dell’Altissimo.Come sottolineava il mio beato Predecessore nell’Enciclica Redemptoris Mater, èmediante la fede che Maria ha pronunciato il suo fiat, «si è abbandonata a Dio senzariserve ed “ha consacrato totalmente se stessa, quale ancella del Signore, alla personae all’opera del Figlio suo”» (n. 13; cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumengentium, 56). Per questo Elisabetta, nel salutarla, esclama: “Beata colei che ha credutonell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (Lc 1,45). Maria ha davverocreduto che “nulla è impossibile a Dio” (v. 37) e, forte di questa fiducia, si è lasciataguidare dallo Spirito Santo nell’obbedienza quotidiana ai suoi disegni. Come nondesiderare, per la nostra vita, lo stesso abbandono fiducioso? Come potremmoprecluderci quella beatitudine che nasce da una così intima e profonda consuetudinecon Gesù? Perciò, rivolgendoci oggi alla “piena di grazia”, le chiediamo di ottenereanche a noi, dalla Provvidenza divina, di poter pronunciare ogni giorno il nostro “sì”ai disegni di Dio con la stessa fede umile e schietta con cui Lei ha pronunciato il suo.Ella che, accogliendo in sé la Parola di Dio, si è abbandonata a Lui senza riserve, ciguidi ad una risposta sempre più generosa e incondizionata ai suoi progetti, anchequando in essi siamo chiamati ad abbracciare la croce.

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In questo tempo pasquale, mentre invochiamo dal Risorto il dono del suo Spirito,affidiamo alla materna intercessione della Madonna la Chiesa e il mondo intero.Maria Santissima che nel Cenacolo ha invocato con gli Apostoli il Consolatore,ottenga ad ogni battezzato la grazia di una vita illuminata dal mistero del Diocrocifisso e risorto, il dono di saper accogliere sempre più nella propria esistenza lasignoria di Colui che con la sua risurrezione ha sconfitto la morte. Cari amici, suciascuno di voi, sui vostri cari, in particolare su quanti soffrono, imparto di cuore laBenedizione Apostolica.

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CONCLUSIONE DEL MESE DI MAGGIOPAROLE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Grotta di Lourdes nei Giardini Vaticani Giovedì, 31 maggio 2012Cari fratelli e sorelle,sono sempre molto lieto di partecipare a questa veglia mariana in Vaticano, unmomento che, anche con la presenza di tante persone, ha sempre un carattere intimoe familiare. Il mese che la devozione dei fedeli dedica in modo tutto particolare alculto della Madre di Dio si chiude con la festa liturgica che ricorda il «secondo misterogaudioso»: la visita di Maria alla parente Elisabetta. Questo evento è caratterizzatodalla gioia espressa dalle parole con le quali la Vergine Santa glorifica l’Onnipotenteper le grandi cose che Egli ha compiuto guardando all’umiltà della sua serva:«L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore» (Lc 1,46). Il Magnificat è il canto di lode che sale dall’umanità redenta dalla divinamisericordia, sale da tutto il popolo di Dio; in pari tempo è l’inno che denuncial’illusione di coloro che si credono signori della storia e arbitri del loro destino.Al contrario, Maria ha posto Dio al centro della propria vita, si è abbandonatafiduciosa alla sua volontà, in atteggiamento di umile docilità al suo disegno d’amore.A motivo di questa sua povertà di spirito e umiltà di cuore, è stata scelta per essere iltempio che porta in sé il Verbo, il Dio fatto uomo. Di Lei, pertanto, è figura la «Figliadi Sion» che il profeta Sofonia invita a rallegrarsi, a esultare di gioia (cfr Sof 3,14).Cari amici, questa sera vogliamo volgere il nostro sguardo a Maria con rinnovatoaffetto filiale. Tutti abbiamo sempre da imparare dalla nostra Madre celeste: la suafede ci invita a guardare al di là delle apparenze e a credere fermamente che ledifficoltà quotidiane preparano una primavera che è già iniziata in Cristo Risorto. AlCuore Immacolato di Maria vogliamo attingere questa sera con rinnovata fiducia perlasciarci contagiare dalla sua gioia, che trova la sorgente più profonda nel Signore. Lagioia, frutto dello Spirito Santo, è distintivo fondamentale del cristiano: essa si fondasulla speranza in Dio, trae forza dalla preghiera incessante, permette di affrontare conserenità le tribolazioni. San Paolo ci ricorda: «Siate lieti nella speranza, costanti nellatribolazione, perseveranti nella preghiera» (Rm 12, 12). Queste parole dell’Apostolosono come un’eco al Magnificat di Maria e ci esortano a riprodurre in noi stessi, nellavita di tutti i giorni, i sentimenti di gioia nella fede, propri del cantico mariano.Vorrei augurare a tutti e a ciascuno di voi, cari fratelli e sorelle, venerati SignoriCardinali, Vescovi, sacerdoti, persone consacrate e fedeli tutti, che questa letiziaspirituale, traboccata dal cuore ricolmo di gratitudine della Madre di Cristo e Madrenostra, sia alla fine di questo mese di maggio più consolidata nei nostri animi, nellanostra vita personale e familiare, in ogni ambiente, specialmente nella vita di questafamiglia che qui in Vaticano serve la Chiesa universale. Grazie a tutti voi!

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Maria, Madre del sì, tu hai ascoltato Gesùe conosci il timbro della sua voce e il battito del suo cuore.

Stella del mattino, parlaci di Luie raccontaci il tuo cammino per seguirlo nella via della fede.

Maria, che a Nazareth hai abitato con Gesù,imprimi nella nostra vita i tuoi sentimenti,la tua docilità, il tuo silenzio che ascolta

e fa fiorire la Parola in scelte di vera libertà.Maria Immacolata, Porta del Cielo,aiutaci ad elevare in alto lo sguardo:

vogliamo vedere Gesù! parlare con Lui,annunciare a tutti il Suo Amore. Amen

VISITA AL SANTUARIO DELLA MADONNA DEL DIVINO AMOREDISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

AL TERMINE DELLA RECITA DEL SANTO ROSARIOLunedì, 1° maggio 2006

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Cari fratelli e sorelle,è per me motivo di conforto essere oggi con voi per recitare il Santo Rosario, in questoSantuario della Madonna del Divino Amore, in cui si esprime il devoto affetto per laVergine Maria, radicato nell’animo e nella storia del popolo di Roma. Una gioiaparticolare nasce dal pensiero di rinnovare così l’esperienza del mio amatoPredecessore Giovanni Paolo II, che, esattamente 27 anni or sono, primo giorno delmese di maggio 1979, compì la sua prima visita da Pontefice a questo Santuario.Saluto con affetto il Rettore, Mons. Pasquale Silla, e lo ringrazio per le calde paroleche mi ha rivolto. Saluto con lui gli altri Sacerdoti Oblati Figli della Madonna delDivino Amore e le Suore Figlie della Madonna del Divino Amore, che si dedicano congioia e generosità al servizio del Santuario e di tutte le sue multiformi opere di bene.Saluto il Cardinale Vicario Camillo Ruini e il Vescovo Ausiliare del Settore Sud, Mons.Paolo Schiavon, e voi tutti, cari fratelli e sorelle, che siete qui tanto numerosi.Abbiamo recitato il Santo Rosario percorrendo i cinque misteri “gaudiosi”, che fannopassare davanti agli occhi del nostro cuore gli inizi della nostra salvezza, dalconcepimento di Gesù per opera dello Spirito Santo nel grembo della Vergine Mariafino al ritrovamento di Lui, ormai dodicenne, nel Tempio di Gerusalemme, mentreascoltava e interrogava i Dottori. Abbiamo ripetuto e fatto nostre le paroledell’Angelo: “Rallegrati Maria, piena di grazia, il Signore è con te”, e anche leespressioni con cui santa Elisabetta accolse la Vergine, che si era prontamente recatada lei per aiutarla e servirla: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuogrembo”. Abbiamo contemplato la fede docile di Maria, che si fida senza riserve diDio e si mette totalmente nelle sue mani. Ci siamo sentiti anche noi, con i pastori,vicini al Bambino Gesù che giace nella mangiatoia e abbiamo riconosciuto e adoratoin Lui il Figlio eterno di Dio diventato, per amore, nostro fratello e così anche nostrounico Salvatore. Siamo entrati anche noi, con Maria e Giuseppe, nel Tempio per offrirea Dio il Bambino e compiere il rito della purificazione: e qui ci siamo sentiti anticipare,nelle parole del vecchio Simeone, insieme alla salvezza la contraddizione e la croce, equella spada che, sotto la croce del Figlio, trafiggerà l’anima della Madre e propriocosì la renderà non soltanto madre di Dio ma anche nostra comune madre.Cari fratelli e sorelle, in questo Santuario veneriamo Maria Santissima con il titolo diMadonna del Divino Amore. È posto così in piena luce il legame che unisce Mariaallo Spirito Santo, fin dall’inizio della sua esistenza, quando nella sua concezione loSpirito, l’Amore eterno del Padre e del Figlio, prese dimora in Lei e la preservò daogni ombra di peccato; poi, quando il medesimo Spirito fece nascere nel suo gremboil Figlio di Dio; poi ancora per tutto l’arco della sua vita, lungo la quale, con la graziadello Spirito, si è compiuta in pienezza la parola di Maria: “Eccomi, sono la serva delSignore”; e finalmente quando, nella potenza dello Spirito Santo, Maria è stataassunta con tutta la sua umanità concreta accanto al Figlio nella gloria di Dio Padre.

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“Maria – ho scritto nell’Enciclica Deus caritas est – è una donna che ama … In quantocredente che nella fede pensa con i pensieri di Dio e vuole con la volontà di Dio, Ellanon può essere che una donna che ama” (n. 41). Sì, cari fratelli e sorelle, Maria è ilfrutto e il segno dell’amore che Dio ha per noi, della sua tenerezza e della suamisericordia. Per questo, insieme ai nostri fratelli nella fede di ogni tempo e di ogniluogo, ci rivolgiamo a Lei nelle nostre necessità e speranze, nelle vicende liete edolorose della vita. Il mio pensiero va in questo momento, con profondapartecipazione, alla famiglia dell’isola di Ischia, colpita dalla sciagura avvenuta ieri.Con il mese di maggio aumenta il numero di coloro che, dalle parrocchie di Roma maanche da tante altre contrade, vengono qui pellegrini, per pregare e anche per goderedella bellezza e della serenità riposante di questi luoghi. Da qui, da questo Santuariodel Divino Amore, attendiamo dunque un forte aiuto e sostegno spirituale per laDiocesi di Roma, per me suo Vescovo e per gli altri Vescovi miei collaboratori, per isacerdoti, per le famiglie, per le vocazioni, per i poveri, i sofferenti, gli ammalati, peri bambini e per gli anziani, per tutta l’amata nazione italiana. Attendiamospecialmente l’energia interiore per adempiere il voto fatto dai romani il 4 giugno1944, quando chiesero solennemente alla Madonna del Divino Amore che questaCittà fosse preservata dagli orrori della guerra e furono esauditi: il voto e la promessacioè di correggere e migliorare la propria condotta morale, per renderla più conformea quella del Signore Gesù. Anche oggi c’è bisogno di conversione a Dio, a Dio Amore,perché il mondo sia liberato dalle guerre e dal terrorismo. Ce lo ricordano purtroppole vittime, come i militari caduti giovedì scorso a Nassiriya, in Iraq, che affidiamo allamaterna intercessione di Maria, Regina della pace.Cari fratelli e sorelle, da questo Santuario della Madonna del Divino Amore rinnovodunque l’invito che ho formulato nell’Enciclica Deus caritas est (n. 39): viviamol’amore e così facciamo entrare la luce di Dio nel mondo. Amen!

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PREGHIERA DEL ROSARIO PRESIEDUTA DAL SANTO PADREDISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Basilica di Santa Maria MaggioreSabato, 3 maggio 2008

Cari fratelli e sorelle,al termine di questo momento di preghiera mariana, desidero rivolgere a tutti voi ilmio cordiale saluto e ringraziarvi per la vostra partecipazione. Saluto in particolare ilCardinale Bernard Francis Law, Arciprete di questa stupenda Basilica di Santa MariaMaggiore. Questo è, in Roma, il tempio mariano per eccellenza, in cui il popolo dellaCittà venera con grande affetto l’icona di Maria Salus Populi Romani. Ho accoltovolentieri l’invito che mi è stato rivolto nel primo sabato del mese di maggio, aguidare il santo Rosario, secondo la bella tradizione che ho vissuto fin dalla miainfanzia. Nell’esperienza della mia generazione, infatti, le sere di maggio rievocanodolci ricordi legati agli appuntamenti vespertini per rendere omaggio alla Madonna.Come, infatti, dimenticare la preghiera del Rosario in parrocchia oppure nei cortilidelle case e nelle contrade dei paesi?

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Oggi insieme confermiamo che il santo Rosario non è una pia pratica relegata alpassato, come preghiera di altri tempi a cui pensare con nostalgia. Il Rosario sta invececonoscendo quasi una nuova primavera. Questo è senz’altro uno dei segni piùeloquenti dell’amore che le giovani generazioni nutrono per Gesù e per la Madre suaMaria. Nel mondo attuale così dispersivo, questa preghiera aiuta a porre Cristo alcentro, come faceva la Vergine, che meditava interiormente tutto ciò che si diceva delsuo Figlio, e poi quello che Egli faceva e diceva. Quando si recita il Rosario si rivivonoi momenti importanti e significativi della storia della salvezza; si ripercorrono le varietappe della missione di Cristo. Con Maria si orienta il cuore al mistero di Gesù. Simette Cristo al centro della nostra vita, del nostro tempo, delle nostre città, mediantela contemplazione e la meditazione dei suoi santi misteri di gioia, di luce, di dolore edi gloria. Ci aiuti Maria ad accogliere in noi la grazia che promana da questi misteri,affinché attraverso di noi possa “irrigare” la società, a partire dalle relazioniquotidiane, e purificarla da tante forze negative aprendola alla novità di Dio. IlRosario, quando è pregato in modo autentico, non meccanico e superficiale maprofondo, reca infatti pace e riconciliazione. Contiene in sé la potenza risanatrice delNome santissimo di Gesù, invocato con fede e con amore al centro di ogni Ave Maria.Cari fratelli e sorelle, ringraziamo Dio che ci ha concesso di vivere questa sera un’oracosì bella di grazia, e nelle prossime sere di questo mese mariano, anche se saremodistanti, ciascuno nelle proprie famiglie e comunità, sentiamoci ugualmente vicini euniti nella preghiera. Specialmente in questi giorni che ci preparano alla solennitàdella Pentecoste restiamo uniti con Maria invocando per la Chiesa una rinnovataeffusione dello Spirito Santo. Come alle origini, Maria Santissima aiuti i fedeli di ognicomunità cristiana a formare un cuore solo e un’anima sola. Vi affido le intenzioni piùurgenti del mio ministero, le necessità della Chiesa, i grandi problemi dell’umanità:la pace nel mondo, l’unità dei cristiani, il dialogo fra tutte le culture. E pensando aRoma e all’Italia vi invito a pregare per gli obiettivi pastorali della Diocesi, e per losviluppo solidale di questo amato Paese. Al nuovo Sindaco di Roma, OnorevoleGianni Alemanno, che vedo qui presente, rivolgo l’augurio di un proficuo servizioper il bene dell’intera comunità cittadina. A tutti voi qui convenuti e a quanti si sonouniti a noi mediante la radio e la televisione, in particolare ai malati e agli infermi,imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

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DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVIALLA DELEGAZIONE DELLA “MARIANISCHE MÄNNER-CONGREGATION

‘MARIÄ VERKÜNDIGUNG’” DI REGENSBURGSala dei Papi

Sabato, 28 maggio 2011

Caro Signor Presidente, cari sodali!Un cordiale “Vergelt’s Gott” [“Dio ve ne renda merito”] per la vostra visita, per ildono, per il fatto di aver tirato fuori dal cassetto una data dimenticata della mia vita.E’ una data, infatti, che non è semplicemente “passato”: l’ammissione nellaCongregazione mariana guarda al futuro, e non è mai semplicemente un fattoaccaduto. Ecco che, ancora dopo 70 anni, questa data è una data dell’“oggi”, una datache indica la via verso il “domani”. Vi sono grato per avere “tirato fuori” questa datae ne sono contento. Ringrazio di cuore Lei, caro Presidente, per le Sue gentili paroleche sono venute dal cuore e al cuore vanno. A quell’epoca, allora, erano tempi bui –c’era la guerra. Hitler aveva sottomesso uno dopo l’altro la Polonia, la Danimarca, gliStati del Benelux, la Francia e nell’aprile del 1941 – proprio in questo periodo, 70 annifa – aveva occupato la Jugoslavia e la Grecia. Sembrava che il Continente fosse nellemani di questo potere che, allo stesso tempo, poneva in forse il futuro delcristianesimo.

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Noi eravamo stati ammessi alla Congregazione, ma poco dopo iniziò la guerra controla Russia; il seminario fu sciolto, e la Congregazione – prima che si fosse riunita, cheriuscisse a radunarsi – era già stata dispersa ai quattro venti. Così ciò non è entratocome “data esteriore” della vita, ma è rimasto come “data interiore” della vita, perchéda sempre è stato chiaro che la cattolicità non può esistere senza un atteggiamentomariano, che essere cattolici vuol dire essere mariani, che ciò significa l’amore per laMadre, che nella Madre e per la Madre troviamo il Signore.Qui, attraverso le visite “ad limina” dei vescovi, sperimento costantemente come lepersone – soprattutto in America Latina, ma anche negli altri continenti – possonoaffidarsi alla Madre, possono amare la Madre e, attraverso la Madre, poi, imparano aconoscere, a comprendere e ad amare Cristo; sperimento come la Madre continui amettere al mondo il Signore, come Maria continui a dire “sì” e a portare Cristo nelmondo. Quando studiavamo, dopo la guerra – e credo che oggi non sia cambiatomolto, non credo che la situazione sia molto migliorata – la mariologia che siinsegnava nelle università tedesche era un po’ austera e sobria. Credo però che viabbiamo trovato l’essenziale.A quel tempo, ci orientavamo a Guardini e al libro del suo amico, il parroco JosefWeiger, “Maria, Mutter der Glaubenden” (Maria, Madre dei credenti), il quale si rifà alleparole di Elisabetta: “Beata te che hai creduto!” (cfr. Lc 1,45). Maria è la grandecredente. Ella ha raccolto la missione di Abramo di essere credente ed haconcretizzato la fede di Abramo nella fede in Gesù Cristo, indicando così a noi tuttila via della fede, il coraggio di affidarci a quel Dio che si dà nelle nostre mani, la gioiadi essere suoi testimoni; e poi la sua determinazione a rimanere salda quando tuttisono fuggiti, il coraggio di stare dalla parte del Signore quando egli sembravaperduto, e di rendere proprio così quella testimonianza che ha portato alla Pasqua.Sono dunque grato di sentire che in Baviera ci sono circa 40 mila sodali; che ancoraoggi ci sono uomini che, insieme a Maria, amano il Signore, che attraverso Mariaimparano a conoscere e ad amare il Signore, e, come Ella, rendono testimonianza alSignore nelle ore difficili e in quelle felici; che stanno con Lui, sotto la Croce e checontinuano a vivere gioiosamente la Pasqua insieme a lui. Ringrazio quindi voi tuttiperché tenete alta questa testimonianza, perché sappiamo che ci sono uomini cattolicibavaresi che sono sodali, che percorrono questo cammino aperto dai Gesuiti nel XVIsecolo, e che continuano a dimostrare che la fede non appartiene al passato, ma apresempre ad un “oggi” e, soprattutto, ad un “domani”.“Vergelt’s Gott für alles” [Dio vi renda merito per tutto], e Dio benedica voi tutti! Graziedi cuore.

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MARIA NELLA MUSICA

"Vergene bella" su versi del Petrarca

di Guillaume Dufay XV sec.

https://www.youtube.com/watch?v=SeUK8P53CWw

Vergine bella, che di sol vestita,coronata di stelle, al sommo Sole

piacesti sí, che 'n te Sua luce ascose,amor mi spinge a dir di parole:

ma non so' ncominciar senza tu 'aita,et di Colui ch' amando in the si pose.

Invoco lei che ben semper sentita,chi la chiamò con fede:Vergine, s'a mercede

miseria extrema de l'umane cosegià mai ti volse, al mio prego t'inchina,

soccorri a la mia guerra,bench'i’ sia terra , et tu del ciel regina.

Canto mariano: "Andrò a vederla un dì"

https://www.youtube.com/watch?v=6RuijEzIQHg