GABRIELE D'ANNUNZIO BARALDI UN ARCHEOLOGO SULLE TRACCE …

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GABRIELE D'ANNUNZIO BARALDI UN ARCHEOLOGO SULLE TRACCE DI ATLANTIDE Gabriele D’Annunzio Baraldi Anna Baraldi Holst Pablo Villarrubia Maus Fabio Bettinassi Debora Goldstern Ulisses Capozoli Luiz G. Moreira junior Claudio Bacilieri J.A. Fonseca Yuri Leveratto Libro elettronico

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GABRIELE D'ANNUNZIO BARALDI

UN ARCHEOLOGOSULLE TRACCEDI ATLANTIDE

Gabriele D’Annunzio BaraldiAnna Baraldi Holst

Pablo Villarrubia MausFabio Bettinassi

Debora GoldsternUlisses Capozoli

Luiz G. Moreira juniorClaudio Bacilieri

J.A. FonsecaYuri Leveratto

Libro elettronico

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Gli autori

Gabriele D’Annunzio Baraldi è l’ultimo atlantologo: loscopriremo pagina per pagina.Anna Baraldi Holst vive in Brasile, a Itapema; è la sorella diGabriele.Pablo Villarrubia Maus vive in Spagna ed è giornalista, ricercatoree ufologo. Scrive per la rivista Más Alla.Fabio Bettinassi vive a Araxà in Brasile. E’ pubblicista, ricercatore eco-editore di UFOVIA.Debora Goldstern vive in Argentina; ricercatrice e curatrice delblog “CRÓNICA SUBTERRÁNEA, l’altro lato della storia”http://cronicasubterranea.blogspot.comUlisses Capozoli è un giornalista che scrive sul Jornal de SãoPaulo.Luiz G. Moreira junior è ricercatore e studioso di archeologia eantiche civiltà. Membro dell’Instituto Paulista de Arqueologia edell’Instituto de Cultura Megalítica. Ha effettuato scavi a Tiahuanaco(Bolivia) e Ollantaytambo (Perù).Claudio Bacilieri è autore di un articolo (anche ascoltabile con lavoce di Mascia Foschi) dedicato a Baraldi, apparso suwww.radioemiliaromagna.it/protagonisti/enigma_degli_ittiti_americani.aspxJ.A. Fonseca è nato a Itauna e risiede a Herons Bar; scrittore,conferenziere, studioso di archeologia ed esoterismo, è presidentedell'Associazione Fraternidade Teúrgica do Sol em Barra do Garças,editorialista del giornale elettronico Fanzine (www.viafanzine.jor.br)e membro del comitato editoriale del portale UFOVIA.Yuri Leveratto, nato a Genova, ha vissuto a New York e dal 2005 sitrova in Colombia. Appassionato di Storia, viaggia per venire incontatto con culture autoctone e studiarne la cultura. E’ autore di “Laricerca dell’El Dorado” e “1542 I primi navigatori del Rio delleAmazzoni”.

Idea, progetto grafico, traduzioni e adattamenti dal portoghese edallo spagnolo a cura di Simone Barcelli.

Le fotografie provengono dall’archivio di Anna B. Holst ad eccezionedi quelle che corredano gli articoli di Yuri Leveratto, J.A.Fonseca,eLuiz G. Moreira junior, che sono dei rispettivi autori.I testi sono tratti dal sito web www.gabrielebaraldi.arq.br fattaeccezione per quelli di Yuri Leveratto.Testi e fotografie sono qui pubblicati per gentile concessione di AnnaBaraldi Holst [email protected]

© 2010 dei rispettivi autori. Tutti i diritti riservati.Edizione elettronica in download gratuito dal portale simonebarcelli.org

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Indice

Pag.Simonetta SantandreaPrefazione 4Gabriele D’Annunzio BaraldiBiografia 8Pablo Villarrubia MausBaraldi, l'ultimo atlantologo 10Fabio BettinassiIntervista a Anna Baraldi Holst 21Debora GoldsternL’esploratore d’altri tempi 26Gabriele D’Annunzio BaraldiE’ esistito un impero Ittita in Brasile? 40Ulisses CapozoliUn ricercatore afferma che la pietra di Paraiba haiscrizioni in lingua ittita 45Luiz G. Moreira juniorI Quattro mondi esoterici 49J.A. FonsecaIl lavoro di un grande ricercatore 54Claudio BacilieriL’enigma degli Ittiti americani 60Yuri LeverattoIl messaggio cifrato della Pedra do Ingá 65Yuri LeverattoLa città perduta di Ingrejil, eredità della culturamegalitica americana 71

A nome della redazione di Tracce d’eternità ringraziosentitamente Anna Baraldi Holst, persona davverosplendida e genuina: questo libro elettronico è nato dalfitto scambio epistolare, avvenuto negli ultimi mesi, con lameravigliosa sorella di Gabriele.

Simone Barcelli

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Simonetta SantandreaPREFAZIONE

Il guerriero della luce – l’uomo capace di comprendere ilmiracolo della Vita e di lottare fino alla fine per qualcosa incui crede.

Paulo Coelho

« Innanzi a quella foce stretta che si chiama colonne d'Ercole,c'era un'isola. E quest'isola era più grande della Libia edell'Asia insieme, e da essa si poteva passare ad altre isole eda queste alla terraferma di fronte. (...) In tempi posteriori(...), essendo succeduti terremoti e cataclismi straordinari, nelvolgere di un giorno e di una brutta notte (...) tutto in massasi sprofondò sotto terra, e l'isola Atlantide similmenteingoiata dal mare scomparve. »

Platone

Il mito di Atlantide da sempre regala sogni aglistudiosi dell’antica e moderna archeologia nonchè aisemplici appassionati, togliendocontemporaneamente il sonno nell’incessantericerca di prove circa la sua esistenza.

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Platone, che ne parla in una discussione avvenutanel 421 a.C fra Socrate, Timeo, Ermocrate e Criziaad Atene, potrebbe aver inventato il racconto diAtlantide per suffragare l’intento politico contenutonei dialoghi Timeo e Crizia, celebrando di fatto lasuperiorità ateniese nei confronti del mondo alloraconosciuto.La leggenda atlantidea però potrebbe contenereriferimenti a storie e tradizioni precedenti, piùantiche, una sorta di memoria storica con baseveridica.Quando possiamo affermare che degli indizi(materiali o testuali), sono così pregnanti dacostituire una prova?Il nostro ordinamento penale, nel suo art. 192,richiede la compresenza di tre elementi essenzialiper l’acquisizione di una prova indiziaria: la gravità(l’appartenenza al thema probandum), la precisionee la concordanza.Questi requisiti, che soffrono già della fallibilitàinsita in un sistema normativo per sua stessanatura, divengono più aleatori e complessi se simuta l’ambito di applicazione, cercando diconiugarli ad una scienza come quelladell’archeologia e della ricerca storica.Dunque, nel momento in cui si cercano collegamentifra storia e mito, si suffragano con le ricerche sulcampo le informazioni e le intuizioni, si stabilisconopunti di contatto fra gli elementi trovati, che sononel contempo partenza e arrivo di un viaggio aritroso nel tempo, si può provare ad affermare che,seppur in diverso ambito, si soddisfano gli elementiessenziali della prova indiziaria.

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Si fa ricerca e, come sempre, cercando, si trova.Atlantide e il suo mito allora potrebbero divenirequalcosa di più concreto di un pretesto per celebrarela civiltà ateniese, potrebbero servire per spiegareun’origine comune che lega l’antico mondo orientaleittita e mesopotamico con quello occidentale meso esudamericano, culla dell’odierno nostro vivere.Non è di certo intuizione comoda né facile dastabilirne tacito consenso, ma grazie ad un uomocome Gabriele D’Annunzio Baraldi, ai suoi studi e alsuo coraggioso credere abbiamo oggi non solo laprova provata della scoperta (anzi, ritrovamento)della “città perduta” di Ingrejil, nello stato di Bahia,ma anche della decriptatura della “pedra do Ingà”,un monolite lungo 24 metri per 3 di altezza, che sitrova nello Stato del Paraíba, completamentericoperto di “petroglifi”, opera degli Ittiti.Questo popolo, insediatosi in Anatolia, si espanse inMesopotamia fino a conquistare la stessa Babilonia.Il suo linguaggio, sostiene Baraldi, parlato nellascomparsa Atlantide di 50.000 anni fa, hacaratteristiche simili se non affini con la lingua e lascrittura Tupi-Guarani, parlata dalle popolazioniindigene brasiliane all’arrivo dei portoghesi.Il proto-ittita e il Tupi sono idiomi chiave, hanno lostesso gene.Dopo un evento catastrofico, di cui si ha menzione ememoria in diverse fonti, la civiltà ittita raggiunsela Mesopotamia e poi, ancora verso ovest, leAmeriche.In questi salvifici nuovi siti avrebbe portato lacultura e la conoscenza, seme di un mondo nuovo,diverso.

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Baraldi crede, poi, che ci sia un’origine “superiore”della vita, che deriva da mondi altri, oltre il nostro,per giocare con le allitterazioni.Nel nostro essere sistemi biologici, abbiamo lacompresenza di cellule che si specializzanoaltamente per svolgere determinati e difficilissimicompiti vitali.Può accadere che un evento, una malattia, miniirrimediabilmente queste funzioni e per questo siacompromesso l’intero sistema.Esistono alcune cellule però, come le staminali, chefanno della loro vergine duttilità il punto di forza eripartenza del sistema, adattandosi ad imparare lefunzioni primigenie e sostituendosi a quellecompromesse. Resta nell’organismo tracciadell’evento, ma la vita riprende.Siamo tutti propensi ad accettare che la scienzaspieghi questa metamorfosi cellulare nel nostromicrocosmo, ma non siamo altrettanto aperti nelriconoscere che così possa essere accaduto nel piùvasto macrocosmo storico che parimenti ci riguarda:Baraldi attende ancora che le sue intuizioni trovinodegno riconoscimento e che i suoi scritti abbianoquella rilevanza che merita chi ha fatto dello studio,della ricerca e del sogno ingrediente di vita.Un ringraziamento speciale va ad Anna BaraldiHolst, sorella di Gabriele, che ci apre la porta deglistudi e del ricordo dell’indimenticato fratello e agliautori dei testi che trovate in questo e-book.Il mio personale grazie a Simone Barcelli, che hacurato in toto questo nuovo progetto.Accomodatevi alla lettura…

Simonetta Santandrea

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Gabriele D’Annunzio BaraldiBIOGRAFIA

Adattamento di Anna Baraldi Holst

L’origine del mio nome è una polemica scaturita tramio padre e il prete che mi avrebbe battezzato, datoche il poeta guerriero di Fiume era stato scomunicatodalla Chiesa: alla fine mio padre ebbe la meglio. Sononato sotto il segno della Bilancia (Tigre in Oriente) il 6ottobre 1938 in Italia, a Modena, città che ha dato inatali a personaggi del calibro di Pico della Mirandola,Giuseppe Verdi, Enzo Ferrari, Luciano Pavarotti eValentino Rossi.La mia famiglia è emigrata in Argentina nel 1950.La mia è stata una grande famiglia, composta dai mieigenitori e sei figli. Mi sono laureato in Filosofia eLettere a Buenos Aires per poi emigrare negli StatiUniti in cerca di lavoro. Sono poi tornato in Brasileattraversando l'Uruguay e da lì è iniziata un'avventuraentusiasmante, di ricerca e di scoperte. Ho viaggiato inmolti luoghi in tutto il mondo ma sono rimastoaffascinato dal Brasile, questo bel paese dalla naturaesuberante. Mi sono stabilito a Sao Paulo, dove horicoperto posizioni di responsabilità in societàstraniere specializzate in prestazioni di servizi. Parlocorrettamente quattro lingue latino-americane. Sonopittore e scultore e nel 1985, presso l'Hotel CaesarPark, ho ricevuto un Premio Internazionale per la miaspeciale tecnica di pittura: questo premio ha di fattosponsorizzato la mia ricerca. Sono autore di Os HititasAmericanos -Ittiti americani- (Imega-Edicon-1997) eA Descoberta Doc.512, premiato con il Clio deHistória e disponibile al pubblico negli archivi dellaBiblioteca Nacional di Rio de Janeiro.

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IMEGA-EDICON, SãoPaulo, 1997.Livro, 110 págs.Gabriele D. BaraldiHistória

In download gratuito dalportale Tracce d’eternitàhttp://simonebarcelli.org

IMEGA-EDICON, SãoPaulo, 1997.Livro, 464 págs.Gabriele D. BaraldiDicionário Hitita

INDEPENDENTE, SãoPaulo, 1997.DVD - palestra.Gabriele D. BaraldiArqueologia

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Pablo Villarrubia MausoBARALDI, L'ULTIMO ATLANTOLOGOINTERVISTA A GABRIELE D'ANNUNZIO BARALDI

per la rivista Enigmas Express – Spagnahttp://www.viafanzine.jor.br/entrevistas4.htm

1983

Gabriele D'Annunzio Baraldi, nato a San Prosperodi Modena in Italia, visse molti anni in Argentina esuccessivamente in Brasile. In archeologia èconsiderato uno degli atlantologi, letteratoappassionato di tutte le aree d’indagine riferite allastoria umana. Purtroppo gli uomini non hanno piùla capacità di sognare e di vivere le utopie, direinventarsi e questo ci rende ogni giorno che passapiù poveri. Baraldi ha mantenuto accesa la fiammadella speranza "per imparare dagli errori"commessi dalle civiltà che hanno abitato la Terra nelsuo lontano passato.

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Quando l'ho incontrato nel 1988 ho visto in lui unuomo circondato da libri, giornali e statuetteprecolombiane nella soffitta della sua casa. Era unostudente della storia nascosta dell'umanità, unpensatore "libero, in grado di mettere indiscussione i modelli statici che il resto della societàci impone. L'amore non può essere acquisito, deveessere conquistato. Questa è la vita", ha detto inuna delle tante visite che ha fatto a Sao Paulo, doveha vissuto. La sua vita è piena di avventura.Nonostante la mia insistenza sul fatto che avrebbedovuto scrivere un libro con le sue memorie, con lamodestia mi ha detto che non gli importava; lasciacomunque un grosso volume che si è pagato da solo,dove espone un sistema di traduzione di scritturesconosciuto: Gli ittiti dell’America centrale (culturamegalitica São Paulo, 1997), con una tiratura di sole500 copie. Gabriele d'Annunzio Baraldi ci ha lasciatinel 2002, aveva 64 anni.

L'intervista

Qual è stata la ragione che ti ha condotto aricercare città perdute in America?

Ad Ica, nel Museo del professor Cabrera, c’èuna pietra con inciso qualcosa di curioso: lamappa più antica del mondo. Mostra ilcontinente antartico libero dai ghiacci conAtlantide e Lemuria. L'altro lato della pietramostra l’Africa unita all’Europa, fino agliUrali, e anche il Madagascar è unitoall'Africa.

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In Sud America apparivano più "cittàperduta". Una è quella di Ingrejil, che nel1984 ho scoperto nello Stato di Bahia, inBrasile.Questa è una sorta di Sacsayhuaman, congrandi rocce scolpite, sassi e altri repertiarcheologici, tra cui marciapiedi in pietrache facevano parte di un gran numero disentieri e strade che si collegavano con lazona andina.

Hai diverse iscrizioni decifrate, rimastecompletamente ignorate…

No. Nel 1988 ho scoperto la lingua checorrisponde alla scrittura geroglifica eproto-ittita, che in realtà è la lingua Tupi.Era la lingua parlata dalle popolazioniindigene che hanno vissuto in Brasile, almomento dell'arrivo dei portoghesi.E' quasi universale poiché è risultata similealle lingue delle altre regioni del mondo. Hoconfrontato le parole soprattutto Tupi con lascrittura degli Ittiti della piana di Anatolia,nell’attuale Turchia. Sono stato in grado diutilizzare il "corpus epigrafico" del franceseEnmanuel Laroche, dell’italiano Meriggi edel tedesco, Guterbock per stabilire questerelazioni.

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Mostraci un esempio…

Uno dei simboli scolpiti sull’enorme pietradell’Inga situata nello Stato nord-orientaledel Paraiba, in Brasile, è simile al numero163 sul bordo della Hittite Laroche.

In Tupi si pronuncia "Mu-ora", che significa"parenti", "razza" o "nazione". Dal momentoche il simbolo 199 è "Jassi" in Tupi significa"mese" o "luna". Ho inviato questo e altristudi all’Ecological Linguistic di Washingtone il suo presidente, Lloyds Anderson, mi harisposto mostrando interesse per questetraduzioni.

Nel tuo libro Os Hititas Americanos dimostri chel'antica lingua Tupi-Guarani è un idioma chiave,universalmente valido per tradurre scritturesconosciute…

In realtà è lo stesso del protoittita, la linguaparlata nella dispersa Atlantide almeno50.000 anni fa. Basandomi su questo hopotuto decifrare le facce A e B del Disco diFesto scoperto a Creta, in Grecia, nel 1908,con scritte come il famoso monolite di Inga,con i suoi quasi 24 metri di lunghezza epieno di iscrizioni molto elaborate.

Abbiamo visto che molti hanno cercato di decifrarela Pedra de Inga senza conseguire risultaticonvincenti, ma tu ci sei riuscito.

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Sì, con questo sistema ho decifrato molti deisimboli del monolito di Inga, che sono similia quelli che si trovano in Turchia, l'anticaAnatolia degli Ittiti. Una serie di iscrizioniparla di una "guerra di confine" tra duesovrani della Mesopotamia.

Un'altra storia racconta di una terribileeruzione vulcanica che coprì di cenere unacittà di pietra sulla costa atlantica,similmente a Pompei ed Ercolano.

Mesopotamia? Atlantide? Spiegaci, per favore.

Sono arrivato alla conclusione che igeroglifici della Pedra de Inga sono statiimpressi tra il 1374 e 1322 a.C. La civiltà ittitafiorì sulle pianure dell'Anatolia, ora laTurchia, dal 2500 anni prima di Cristo inpoi. Avevano acquisito un alto livellomentale, spirituale e tecnico. Maconservavano nella memoria e nellecronache una catastrofe molto anticaavvenuta in un arcipelago nel mezzodell'Oceano Atlantico. Si rifugiarono in varieparti del mondo, come in Mesopotamia. Piùtardi, riuscirono con le loro imbarcazioni araggiungere le Americhe. La cosa strana èche le iscrizioni di Inga sono simili a quelledi Barranco di Candia e di Hierro, che sitrovano nelle isole Canarie.

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Le iscrizioni di Inga sono perfettamente scolpite.Hai una teoria per spiegarlo?

Io credo che i proto-Ittiti controllasserol'energia geotermica e apparentemente igeroglifici sono impressi con modelliapplicati ad alta pressione meccanica, colcalore, sulla roccia a partire dalle colate di

lava di un vulcano. Un altro dettaglioimportante che ho scoperto è che il monolitoera parte della facciata di un colossalemonumento andato distrutto. Era la statuadi un monarca seduto sul trono con dueleoni o giaguari ai piedi.Dove si trova il seme di future incarnazioni origenerazioni della terra? Il seme èspirituale, è una vita che esiste nello spazio enel tempo, in ogni dimensione '

Che cosa ti intriga di più di queste indaginilinguistiche?

Ho trovato che i simboli dei geroglifici ittiti eproto-ittiti hanno a che fare con gli alieni.L’ho scoperto da una placca di metalloprelevata dall’astronave precipitata aRoswell, negli Stati Uniti, nel 1947. E' statauna cosa strana, è successo perché ero incerca dell’origine della civiltà di Atlantidedurante la traduzione, ma ci sono altreconnessioni diverse.

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Il proto ittita potrebbe essere una specie diEsperanto preistorico proveniente dallestelle. Il significato degli ideogrammi ècomplesso. Mesopotamia, Brasile, Isola diPasqua, i monumenti lì presenti hannomolte analogie negli scritti antichi.

Qual è stata l'età di Atlantide?

Almeno 200.000 anni. Questa cifra sembrauna cosa folle per gli archeologi ortodossi.Gli Atlantidei impararono a padroneggiarel’energia geotermica, cioè il calore deivulcani, e fecero grandi opere di ingegneriaper incanalare l'acqua. Atlantide era, inrealtà, una confederazione di popolichiamata "Costellazione", suddivisa in"Costellazione del Cane", del "Leone","Croce del Sud" e così via. Il gruppo tribaleche conosciamo oggi è una ripartizione ditali vecchie strutture sociali e le costellazionierano simboleggiate da immagini di animaliche divennero ben presto culti totemici.

Quali sono le tue fonti di ricerca per questoargomento?

La Bibbia degli Ebrei, il Popol Vuh dei MayaQuiché del Guatemala e il Mahabharata.Tutti parlavano di grandi catastrofi ealluvioni, dei superstiti di grandi civiltà.

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Quando e come Atlantide scomparve?

Come risultato del cambiamento dellaposizione dell'asse terrestre e anche perl'accumulo di acqua ai poli. Tra il 17.500 e il13.500 a.C. ci fu una grande convulsionetellurica: tsunami provocati dallospostamento dell'asse terrestre stravolsero

la geografia della Terra. Tra il 13.500 e il9000 a.C. si è completata la composizionedelle placche continentali che conosciamooggi.

In mezzo a tutto questo, ci sono state molti grandiciviltà sconosciute, non è vero?

Esattamente. Abbiamo avuto diverse civiltàportatrici di sviluppi importanti ma andateciclicamente in rovina. Alcune di esse sisono estinte nel corso di milioni di anni,come dimostrato dai libri sacri dell'anticaIndia.

Quali sono le lezioni e le conclusioni che si ha contutte queste indagini?

Dov’è il seme di future incarnazioni o larigenerazione della terra?Il seme è spirituale, è una vita che esistenello spazio e nel tempo, in qualsiasidimensione.

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La preoccupazione ecologica che esiste oggiè più un sentimento di paura delladisintegrazione della nostra umanità. La vitaè nello spazio e nel tempo, pronta a risorgerequando trova condizioni a lei favorevoli. E cidovrebbe aiutare. Quindi non abbiate pauradi catastrofi e non trasformatevi in fanaticireligiosi o umani impazziti per la paura delfuturo.

Hai incontrato i principali protagonisti dellescoperte di Cueva de los Táyos, in Ecuador. Haianche tradotto alcune delle lastre dal proto-ittita.Qual è la tua conclusione di tutto questo?

Molti simboli sono astronomici. Pochi sannoche le piastre erano smontate in pezzi di tredimensioni, che gli indigeni hanno trovato econsegnato a Padre Crespi.

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Antica statua dell’Ecuador

Hai visto le tavole d'oro dal famoso Crespi nel suomuseo a Cuenca, in Ecuador?

Sì, erano targhe in ottone, argento e oro.Eric Von Däniken non ha le foto di tuttementre io ho alcune nuove immagini. PadreCrespi aveva molti pezzi falsi fra gliautentici. Ha dovuto seppellire una piramidevicino a Cuenca, per conservarla ai posteri acausa dei furti. Gli indiani lo amavano tantoperché era il più grande difensore del loropatrimonio storico e culturale.

Che tipo di contatto hai avuto con Juan Móricz, loscopritore ufficiale della Cueva de los Táyos?

Sono andato a Guayaquil Móricz a parlare elui mi ha portato nella zona di Tayos.

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Siamo andati al quartier generale della suasocietà mineraria incontrando i soldati checombatterono contro i peruviani. Avevainteressi nelle miniere di oro, argento e altriminerali rari che si trovano nella regione.Non sono potuto entrare nella caverna maho imparato molte cose segrete che ungiorno rivelerò.

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Fabio BettinassiINTERVISTA AD ANNA BARALDI HOLST

per UFOVIAwww.viafanzine.jor.br/site_vf/ufovia/entrevistas2.htm

Walter e Anna Baraldi Holst

Anna Baraldi Holst, come il fratello Gabriele, è nataa Modena, in Italia. Anna vive in Brasile, a Itapema,da molti anni; è vedova di Walter Holst, pilotaaviatore. In un'intervista al portale UFOVIA parlavadell’eredità lasciata dall’archeologo Gabriele Baraldie la sua grande figura umana.

Suo fratello, Gabriele Baraldi, è stato unarcheologo italiano di primo piano, che sostenevauna teoria interessante riguardo la pietra di Inga,aveva una visione molto audace del passato suparticolari aspetti della nostra umanità.

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Quali sono state le principali ricerche condotte dasuo fratello, vero e proprio Indiana Jones italiano?

Devo andare un po' indietro nel tempo perrispondere alla tua domanda. La nostrafamiglia, Baraldi di Modena, è uscitadall’Italia, per la prima volta, raggiungendoil continente sudamericano. Il primo passo èstato l'Argentina dove abbiamo raggiuntomio padre, che era già lì ad aspettarci, con lasperanza nel cuore di una casa nuova,lontano dalla guerra. Nel 1950 abbiamoraggiunto il Sud America per la prima volta.Questi sono stati anni di abbondanzadurante il periodo del mandato di Peron edEvita. Mio fratello Gabriele è stato un grandearcheologo, per me è un onore essere ingrado di dimostrare a parole la suapersonalità. Era un personaggio originale,ha viaggiato molto, ha vissuto qualche tempoin Europa, in Belgio, sempre con l'interesseincentrato sulle sue ricerche; sposato adHannelore, una cittadina tedesca, aveva unafiglia, Tania. Gabriele era impavido,intuitivo, aveva un grande sensodell'umorismo e un grande rispetto perl'essere umano. Era sensibile ed allo stessotempo un filosofo nato, con l'equilibrio diuna tipica Bilancia. Nella nostra famiglia,era un fratello, un padre, un amico e unconsigliere. Tutto questo non deve essereinteso come un’esagerazione perchéGabriele lo ha dimostrato in tutta la sua vita.

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Egli è stato il punto focale della famiglia…

Sì. Nei momenti di crisi, con la sua creativitàe determinazione, poteva risolvere qualsiasidecisione controversa e lo ha dimostratospecialmente quando mio padre si è recatoin Argentina.Era un guerriero con la nobiltà di unamorevole altruista e con la comprensioneportò gioia alla nostra famiglia.Era il solo sostentamento di nostra madrequi in Italia ed aveva la responsabilità ditutta la famiglia.Quando la fame premeva, sapeva comerisolvere avendo il coraggio di chiedere e difare favori, contribuendo con il suo lavoro aportarci tutti in Brasile nel 1960.Era già lì Gabriele, con il suo lavoro diricerca. Ed eccomi qui in Brasile, a Itapema,coi miei fratelli, persone meravigliose conun grande spirito di sacrificio: Romano,Giancarlo, Gabriele, Anna, Giorgio e Gianni.Anche mio padre, Guerrino, 90 anni, ha lostesso spirito di avventura, come tutti noi.Tornando a mio fratello maggiore, Gabrieleera un "artista pazzo", molto diverso daglialtri perché amava le sfide. Io sono stataquasi una sua copia e per questo siamosempre stati molto in sintonia.

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Raccontaci un po' il lavoro e l'eredità, nel mondodell’archeologia, di Gabriele.

Il materiale di Gabriele è rimasto a me. Trale sue opere principali un libro-dizionariodal titolo "Gli Ittiti americani" (GabrieleD'Annunzio Baraldi – Imega Edicon, 1997),che affronta l’argomento della “Pietra Inga”,e il libro “Discovery doc.512”, premiato conil “Clio Award” il 9 ottobre 2002: questolibro è attualmente nella Biblioteca Nacionaldi Rio de Janeiro. Gabriele si è dedicatoanche alla pittura e nel 1985, presso l'HotelCaesar Park, ha ricevuto l'OscarInternazionale per la sua particolare tecnica.

Un’importante scoperta di Baraldi, è stata la cittàperduta di Ingrejil.

La scoperta della città di Ingrejil è statamolto significativa perché ha trovato tracceprecolombiane. Il sito è stato datato al 2000a.C. e c’è ancora un DVD in cui è possibilecapire molto del suo lavoro. La sua vita eradedicata alla ricerca archeologica. Nelseminterrato della casa dove ha vissuto aSan Paolo c’era il suo studio ed era lì incompagnia di libri, quadri, statuetteprecolombiane, pietre, piramidi. Il progettoera di scrivere il libro “L’ultima Arcadell'Alleanza”. Amava il calcio e tifava per ilBrasile.

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La domenica ci invitava tutti a giocare a dadio a poker e questo ha mantenuto unita lafamiglia. Gabriele era nato il 6 ottobre 1938e ci ha lasciato il 24 settembre 2002. Era unguerriero, ha lottato fino alla fine.

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Deborah GoldsternL’ESPLORATORE D’ALTRI TEMPICon un’intervista esclusiva ad Anna Baraldi Host

http://cronicasubterranea.blogspot.com2008

Era conosciuto come l’ultimo atlantologo. Spirito diun'epoca passata, ha dedicato gran parte della suaesistenza ad esplorare i misteri di civiltà scomparse.

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In Brasile, dove ha vissuto la maggior parte dellasua vita, ha raggiunto qualche riconoscimento anchese il suo lavoro è stato considerato controverso.Ricercatore e scopritore di primo piano, la figura diBaraldi è quasi sconosciuta a livello internazionale.Cinque anni dopo la sua morte è necessaria unaretrospettiva del suo lavoro. Capire la storia diquesto studioso, un appassionato della storiaperduta delle Americhe.Nato a Modena, in Italia, Baraldi era il terzo figlio diuna famiglia numerosa. A 22 anni emigrò inArgentina, dove conseguì la laurea con un Bachelorof Arts. In seguito si trasferì in Brasile e poi inEuropa, dove sposò la cittadina tedesca Hanneloreed ebbe una figlia, Tania. Ritornato a Rio, Gabrielelavorò per alcune società estere; parlavacorrentemente quattro lingue.La sua vera passione era l'archeologia, interessematurato durante i numerosi viaggi intorno almondo. Il Brasile è diventato il suo campo di studio,qui avrebbe sviluppato le sue teorie, poi condensatein due libri. Dedicò gli ultimi anni alla scultura e allapittura, affermandosi come artista di talento.Baraldi è morto nel 2002 all'età di 64 anni.Per comprendere l’importanza delle sue ricerche cisiamo rivolti a chi meglio conosceva il suo lavoro,sua sorella Anna Baraldi Holst.Ex assistente di volo della Varig, traduttrice dispagnolo e italiano, Anna fa parte del comitato diredazione della rivista UFOVÍA, una pubblicazionebrasiliana dedicata alla ricerca del fenomeno UFO.

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Sposata con Walter Holst, pilota dell'aviazioneinternazionale, risiede in una bella casa a Itapema,Santa Catarina, Brasile meridionale.A 67 anni Anna ha conservato bellezza e freschezzanonché una lucidità eccezionale.

Anna Baraldi Host

All’estero l'opera di Gabriele D'Annunzio Baraldi èpoco conosciuta. Tuttavia il lavoro è innovativo erimuove alcuni tabù sulla storia delle antiche escomparse culture amerinde. Perché pensi che glistudi non abbiano raggiunto un maggiorericonoscimento?

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La verità è che questi temi archeologici inBrasile non hanno avuto molto spazio anchese negli ultimi anni l'interesse si è un po’risvegliato.C’è il desiderio di saperne di più sulla civiltàdei nativi americani, di culture che credosiano state alla pari di quelle europee dimilioni di anni fa. Gabriele ha fatto moltoma solo ora i frutti sono maturi. Negli ultimianni l’interesse è fortemente cresciuto epenso che sia arrivato il momento. Forse c’èstata una mancanza di comunicazione tra luie le figure importanti dell’archeologia, sia inEuropa che in Brasile. Gabriele era uncombattente instancabile e non ha mai persola capacità di sognare, di vivere utopie oanche di reinventarle. Ha mantenuto lafiamma della speranza, imparando anchedagli errori. La distanza e l’incredulità sonoinsite nell’uomo, la lotta è sempre grandeper le conquiste.

La presenza ittita era una componente importantenello sviluppo delle sue teorie. Come ha fatto questainfluenza a diventare fondamentale nei suoi scritti?

A Gabriele è sempre piaciuta la lettura, findall’infanzia aveva la curiosità e il suo cuorebatteva per l’avventura. Era assetato diconoscenza e la lettura lo ha portato aindagare le civiltà del passato.

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Appassionato studioso di uno dei territoripiù ricercati nel corso di centinaia di anni, lamitica Atlantide, questa ricerca lo ha portatoa spaziare anche sulle antiche civiltàamericane. In Argentina riteneva di averindividuato la mitica città dei Cesari,presumibilmente abitata da naufraghispagnoli. In Brasile la città preistorica diINGREJIL.

Specialista di lingue antiche ed espertoepigrafo, ebbe il coraggio di decodificare isimboli della famosa statua Fawcett, cheportò con sé in Mato Grosso, e raccontò diuna eruzione vulcanica che caratterizzavatutto l'impero della costellazione della Crocedel Sud o Sud America.

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Questa conoscenza gli ha permesso diimmergersi nello studio degli Ittiti, popolodimenticato e in gran parte ignorato seconfrontato con gli egiziani ed altri. Lasvolta si ebbe con La Pietra di Inga,monolito con pittogrammi fino ad alloraindecifrabili, che Gabriele fu in grado diinterpretare grazie ai suoi studi sugli Ittiti.

Disse che il significato degli ideogrammi eracomplesso. Mesopotamia, Brasile e Isola diPasqua avevano tra loro molte somiglianzenelle loro antiche scritture. Il suo camminoera l’archeologia e non è possibile rimuovereil suo coraggio e la sua passione.

Ha sviluppato un sistema di traduzione che hapermesso l’interpretazione delle lingue sconosciute.I geroglifici proto-ittiti dell’antica regionedell’Anatolia, oggi Turchia, erano correlati al TupiGuarani, conosciuto dalle tribù del Rio delleAmazzoni. Ha pensato che questo puzzlelinguistico, che collega il Mediterraneo orientalecon il latino, potrebbe essere risolto accettandol'esistenza di un ponte continentale come Atlantide.

Nel 1988 Gabiele scoprì che il linguaggiogeroglifico ittita o proto-ittita corrispondevaalla lingua Tupi, parlata dalle popolazioniindigene del Brasile. Era quasi un idiomauniversale, simile ad altre lingue del mondo.

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Gabriele comparò il vocabolario esoprattutto i suoni del Tupi con la scritturadegli Ittiti delle pianure dell'Anatolia, oggiTurchia.

Riuscì a farlo attraverso il “corpusepigrafico” del francese Emmanuel Larochefrancese, basandosi anche sugli studi dellostudioso italiano Meriggi e del tedescoGiiterbock. Questo gli ha permesso dicorrelare entrambe le lingue. Così collegò ilMediterraneo orientale con l’America latina,accettando l’esistenza di un pontecontinentale, Atlantide. E c’è qualcosa di più:i simboli geroglifici trovati, ittiti e proto-ittiti, sono in qualche modo legati ad esserialieni.

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Questo è stato scoperto in una placca dimetallo proveniente da un UFO precipitato aRoswell, negli Stati Uniti, nel 1947.

E' molto strano. Ha cercato prima l'origine dellaciviltà di Atlantide sulla terra, ma ora emergononelle traduzioni altre correlazioni. Il proto-ittitapotrebbe essere una specie preistorica di Esperantodelle stelle.

Anna vorrebbe forse dirmi che potrebbe essere lastessa civiltà che milioni di anni fa cadde sullaTerra, gli “Dei" come li chiamavano gli indiani.

Nel 1984 Gabriele fece una scoperta sensazionalenello stato di Bahia, nel nord del Brasile. Trovò iresti di una civiltà sconosciuta, ribattezzataIngrejil. I primi rapporti parlarono di strutturesimili a quelle delle culture andine pre-colombiane.Si disse che Ingrejil poteva essere correlata a “Z”, lacittà perduta che ossessionò Percival Fawcett.

In effetti, nel 1984, Gabriele riteneva diessere stato fortunato e lui stesso disse chegli dèi erano con lui e lo aiutarono a trovarela città perduta. In Ica (Perù), presso ilMuseo del professor Cabrera, vi è una pietraincisa che rappresenta la più antica mappadel mondo, libero dai ghiacci dell'Antartide,con Atlantide e il continente di Mu oLemuria. L'altro lato della pietra, presental'Africa unita all'Europa fino agli Urali.

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Diverse città del Sud America sembravanoperse. Una era Ingrejil che nel 1984 Gabrielescoprì all'interno dello Stato di Bahia, qui inBrasile.È una specie di Sacsahuaman (Cuzco-Perù),con grandi rocce scolpite, monoliti e altriresti archeologici, compresi sentieri inpietra che facevano parte di un complesso distrade che collegavano tutta la zona.Gabriele riuscì a dimostrare che Ingrejil erala stessa città perduta che ossessionòParcival Fawcett, che la denominò “Z”.

Anna Baraldi Host col marito

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Sono trascorsi cinque anni della sua scomparsa.L'eredità è immensa. Il suo lavoro ha riguardato ilcampo archeologico, linguistico, storico, così comela ricerca e la scrittura tra gli altri argomenti.Pensi che il suo lavoro possa avere un seguaceoggi?

Sì, ormai sono trascorsi cinque anni e quelloche sto facendo oggi è in onore di questosognatore che è stato il mio caro fratello, unguerriero, sicuro del suo messaggio scaturitoda anni di ricerca.Un lavoro di grande importanza che emergedai suoi libri, necessaria base di partenzaper ulteriori verifiche. L'America ha moltoda raccontare e la ricerca non è ancorafinita.Archeologia, amore e verità: in questo modole generazioni future potranno capire meglioda dove vengono, chi erano i nostri antenatie rispondere alle domande sulla nostraesistenza.Occorre capire chi erano questi grandiuomini d’azione che hanno dedicato lapropria vita alla ricerca del passato e dellaverità che nasconde.Uno di questi era Gabriele D'AnnunzioBaraldi. Molti di questi ricercatori hannoperso la vita nella giungla amazzonica,questi che potremmo chiamare “IndianaJones della vita”.

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Mi chiedi se Gabriele può avere un seguacein questo momento, io penso sia possibileperché la strada è lì ed è già tracciata.Chi sono queste persone? Ancora non lo so,solo il tempo potrà dirlo…Ci sono ancora molti altri monoliti dispersida scoprire e questa è una faccenda cheriguarderà il futuro Indiana Jones.

Come vorresti che le generazioni futurericordassero Gabriele D'Annunzio Baraldi?

Che meraviglia questa domanda!L'unica speranza è che le generazioni futuresi ricordino di Gabriele come un fratellodella Terra, venuto al mondo per fare la suaparte, nel miglior modo possibile, percompletare la grande opera. Non bisognamai rinunciare a lottare per i propri ideali eoccorre fare il meglio che si può perl'umanità.

Tappe fondamentali nel lavoro di Baraldi

Sviluppo di un sistema di traduzione basato suproto-ittita in combinazione con il Tupi Guaranì,che consente l'interpretazione delle lingue antichesenza decodifica. Questo lavoro è ampiamenteesposto in “OS Hititas Americanos”. Grazie a questosistema, Baraldi è stato in grado di decifrare alcuniscritti criptici, come quelli della statuetta di Fawcette della Pietra di Inga.

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Caratteri della statuetta Fawcett

Geroglifici della Pietra di Inga

L'opera di Baraldi ha confermano che l'idolo diFawcett potrebbe davvero provenire dal continentesudamericano, ed è stato associato con un gruppodi superstiti o discendenti degli abitanti delcontinente perduto di Atlantide. Dopo anni di studilinguistici, Baraldi ha trovato simboli cheriguardano l'impero della costellazione di Navio. Siparla di una catastrofe che si è verificataall'improvviso, un'eruzione vulcanica.

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La violenta eruzione, oltre alla distruzione, hagenerato un’enorme nube nera che ha impeditol'ingresso dei raggi del sole producendo quindi unanotte artificiale lunga e terribile.Le vittime, in preda alla fame e alla sete, erano inattesa dei soccorsi da parte dei Signori dell'Imperodella costellazione della Croce del Sud e hannopregato il "Padre Bianco" per ripristinare la lucedel sole.La traduzione di Baraldi sembra coincidere inparte con i dati appresi del medium- psicometristaconsultato a Londra dal colonnello Fawcett.

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Il piatto di pietra di Ingrejil

La Pietra di Inga: enorme parete di roccia di 24 mtdi lunghezza che si trova nello stato di Paraíba,Brasile del nord, coperto di caratteri indecifrabili.

Secondo diverse interpretazioni del messaggio daparte di Baraldi, si parla di una guerra di confinetra due sovrani di origine mesopotamica. Un'altrastoria narra di una terribile cenere vulcanica chericoprì una città di pietra sulla costa atlantica.

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Gabriele D’Annunzio BaraldiCI FU UN IMPERO ITTITA

IN BRASILE?www.gabrielebaraldi.arq.br

1994

Divinità ittite

In tutto il Sud America resta l'eco della "profezia" diantenati amerindi. Nel Nord-Est brasiliano iCáryryia ariya (Anziani Cariri) hanno sempreaffermato che gli scritti dei nonni avevano un"messaggio".

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La relazione del Rev. Martin de Nantes Fr. TheodoreLuce circa la missione del Rio São Francisco (1706)è molto importante per la storia del Brasile perchésuccessiva al massacro della "Confederazione deiCariri " (vedi Scout Francisco Dias de Avila, tra1671/91).Questa confederazione di amerindi, chiamati Cariridai conquistatori, era composta da persone con ilnome di Tamaquì (a ovest di Paraíba), Tapuia (rivasinistra del fiume), Guargéia (fiumi Pajaú, SanFrancisco e Salitre), Paiaià (fiume San Francisco),Tomimó (rio San Francisco), Gualachos (Isole delrio San Francisco), che difendevano l'ultimo tempiomistico della loro civiltà (una grotta sacra), inquanto sia Ilha do Bananal (rio delle Banane) cheOs Martìrios (Rio dei Martiri) erano stati uccisi.L'archeologo britannico Richard Burton, reduce dauna spedizione fallita in Africa alla ricerca dellesorgenti del Nilo, come ambasciatore britannico inBrasile viaggiò nel secolo scorso lungo il fiume SanFrancisco, sedotto dalla narrazione del Documento512 della Biblioteca Nazionale di Rio de Janeiro, allaricerca di una città perduta, senza peraltro alcunafortuna.Tra il 1906 eil 1914 anche il colonnello PercyFawcett viaggiò in Brasile per l'individuazione delreale confine tra Bolivia e Brasile per conto dellaBritish Royal Geographical Society. Nel 1925l'esercito si mise alla ricerca di Fawcett, di suo figlioJack e di un amico in quanto, sedotti dalla cittàscomparsa di Manoa (Eldorado), erano scomparsi.

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In Salvador (Bahia), nel 1914, apparve la primascuola di ittologia per merito del dottor Felix VonLuschan, nato nei pressi di Vienna nel 1854.Antropologo e medico, membro attivo dei MuseiReali di Berlino, nell’aprile 1888, con gli amici KarlHumann e Otto Puchstein, iniziò gli scavi nel sitoarcheologico di Zinjirli (Turchia) portando alla lucele rovine di una fortezza cittadella che confermava larealtà del grande impero ittita.Felix Von Luschan venne quindi in Brasile, attiratoda quello che c’era scritto nel documento 512, checitava la città perduta descritta da Richard Burton.E’ evidente come la potente ed efficace societàtedesca, nel Vicino Oriente, facendo il gioco deipotenti, decise infine il destino della ricercaarcheologica agli inizi del ventesimo secolo.Il Dr. Hugo Winckler, assiriologo tedesco (1863-1913), avrebbe dovuto essere il cattivo di una storiadi avventure: arrogante, razzista, intelligente,rilassante, geloso, malato, sospettoso, non etico –stando al diario di Ludwig Curtius - ma aveva inquel momento un elemento indispensabile perraggiungere il successo: la fortuna! Infatti, all'ultimomomento, andò a sostituire uno dei miglioriarcheologi del tempo, l’inglese John Garstang, cheaveva già ricevuto il permesso dal governo turco perscavare nella Boghazkoy (Turchia) e questo cambiòil corso delle cose: Winckler non era in grado diattirare la simpatia di nessuno ma questacoincidenza cambiò la storia dell’Ittitologia.

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Il più appassionato storico contemporaneo diIttitologia, CW Ceram, diede conto di questasituazione: la scarsa attenzione data alla spedizionetecnicamente perfetta di Humann, Von Luschan ePuchstein a Zinjirli (1888) e il successo dellaspedizione archeologica amatoriale di Winckler aBoghazkoy, con risultati rapidi e sorprendenti.Ceram era sospettoso o forse era animato daantipatia nei confronti di Winckler che avevaraggiunto il risultato? E’ molto difficile dadimostrare. Si deve anche considerare che il gruppodi spedizione Humann nel 1888 doveva ancorarispondere alle aspettative, coinvolto com’era nellastagnazione degli ittitologi bloccati su una questionecruciale: era esistito un impero ittita? Winckler, ilfilologo che aveva tradotto la lettera Arzawa di Tell-el-Almarna del Museo di Bulaq, si trovava in unaposizione privilegiata e poteva rispondere al quesito.Come dimostrato e confermato con le tavoletted’argilla in cuneiforme babilonese rinvenute aBoghazkoy, vale a dire la copia delle lettere ittite diRamses il Grande di Egitto e Hattusili III, re diHatti.Come sempre, l'importanza della scrittura èinsostituibile, così come il linguaggio e la suainterpretazione, per far sì che il messaggio giunga anoi attraverso i millenni e ci possa dire come vivevaquesta gente, quali erano le loro abitudini, quali leloro conoscenze, da dove proveniva questa civiltà ecome è scomparsa.Ora il Brasile, dalla fine del XX secolo, è per gliEuropei un crocevia archeologico: c'è stato unimpero ittita in Brasile?

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Il sito archeologico di Inga è l’unica testimonianzadi una colonia ittita in Brasile? L’élite Inca di pellebianca delle Ande era discendente di un imperoittita in Sud America? Non lo so ancora, ma miritengo molto fortunato!

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Ulisses CapozoliUN RICERCATORE AFFERMA CHE LA

PIETRA DI PARAIBA HA ISCRIZIONI INLINGUA ITTITA

Per dirimere la controversia Gabriele Baraldi suggerisce il parere diuno specialista in merito al contenuto della pietra Inga

1994

Pedra de Inga (Paraíba), incisioni rupestri con tecnologianon familiare.

Dopo sei anni di lavoro, il ricercatore indipendenteGabriele Baraldi sostiene di aver decifrato einterpretato i simboli iscritti sulla Pedra de Inga,situata a 88 km da Joao Pessoa, Paraiba, Brasile.Quattro anni fa Baraldi sostenne che le iscrizionigeroglifiche fossero scritte dagli Ittiti, un popolo cheviveva in Mesopotamia e che raggiunse il suo picconel 2500 a.C.

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Ora che il lavoro d’interpretazione è completato, haaggiunto che i segni raccontano di scene comel'eruzione di un vulcano e la reazione di unapopolazione che visse il fenomeno.La pietra di Inga, un blocco di roccia lunga 24 metri,alta fino a 3,8 metri e con uno spessore di 3, è statastudiata fin dal secolo scorso. Baraldi ha fatto le suericerche utilizzando il dizionario del franceseEmmanuel Laroche, che fornisce suoni e significatipossibili di ogni parola oltre al dizionario Tupi-Guarani di Luiz Caldas Tibiriçá.Sulla scorta delle sue indagini, Baraldi propone chela Pietra di Inga è "una prova che essi (gli ittiti)sono stati in precedenza nel continente americano,da almeno 5 mila anni, ed erano parenti strettidegli Indiani d'America".La pietra di Inga, secondo Baraldi, sarebbe parte diun pezzo più grande che è stato spezzato e hacambiato la sua posizione a causa delle forti piogge.Il ricercatore, esperto in lettere e filosofia, pensa cheil blocco originale fosse stato in origine il doppiodelle dimensioni attuali, con la forma della facciatadi un monumento e con la figura di un monarca concappello, seduto sul trono, con due leoni ai suoipiedi. Tra le altre scene tradotte da Baraldi "E' ilCapodanno. La luna appare madre bianca adilluminare la baia e la poppa della nave del grandeimpero della costellazione della Croce del Sud nonpuò lasciare il sito perché il fuoco, che è ovunquenella baia, è già arrivato a prua della nave. "

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Dettaglio della Pietra di Inga

Altri ricercatori, come l’archeologo Maria Beltrao el’antropologo Antonio Porro, sono in disaccordo conBaraldi per ciò che concerne la prima fase del suolavoro. I geologi hanno inoltre sostenuto che le zonedi vulcanismo recente in Brasile sono da collocare amilioni di anni fa.In un articolo scritto nel 1975 per la rivista di Storiadella USP, anche la ricercatrice Gabriela Martincontesta l’interpretazione proposta da Baraldi: “nonoccorre essere un esperto in lingue morte e averefamiliarità con gli alfabeti antichi per rendersiconto che i petroglifi di Inga non sono una scritturae i segni non seguono un ordine preciso, non c’èrelazione simmetrica per quel che riguarda le lorodimensioni dal momento che alcuni sono ripetuti. "Baraldi, tuttavia, è fiducioso circa il significato delleiscrizioni, aggiungendo che dovrebbero essere letteda destra a sinistra e dall'alto verso il basso.

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Il sito archeologico ha anche un'altra pietra coniscrizioni, l’Arzawa, che secondo Baraldi sarebbe undocumento in cuneiforme ittita.Il ricercatore suggerisce che il governo brasilianodovrebbe invitare un esperto internazionale inIttitologia per ottenere una conferma scientificadelle iscrizioni: in Brasile, infatti, non ci sonoesperti in questo settore. Questo passo, ha detto,sarebbe un modo per porre fine al dibattito edeterminare la natura e la collocazione storica delleiscrizioni.L'iscrizione sulla seconda pietra di Inga, secondoBaraldi, non è stata realizzata in modoconvenzionale ma con un procedimento a“francobollo” utilizzando la lava del vulcano.

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Luigi G. Moreira JuniorLA CITTA’ PERDUTA DI INGREJIL

Vestigie precolombiane degli antichi civilizzatoridel Brasile

Pubblicato su “Mundo Esoterico”2004

Quest'anno sono trascorsi 20 anni dalla scoperta delsito archeologico denominato “Città perduta diIngrejil”, nell’inospitale ed inesplorata Serra dasAlmas coperta dalla Chapada da Diamantina, neipressi del Municipio di Livramento de NossaSenhora nello stato di Bahia.Studi e confronti effettuati sul posto, indicano che èun luogo di grande antichità.Fatta risalire al 2000 a.C. dall'esperto archeologoGabriele D’annunzio Baraldi, scopritore diINGREJIL, così come dagli archeologi Aurelio deAbreu e Luiz G. Moreira Junior, quest’ultimo il

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ricercatore che si occupa tuttora dell’importanteciviltà antica che abitò il nostro Brasile in un temporemoto.Il lavoro degli archeologi è stato avvalorato anchedal famoso ricercatore nordamericano, esperto inantiche civiltà, David Hatcher Childress, che hapubblicato più di venti libri su questo argomento edè presidente in carica del WEX-World ExplorerClub: è stato diverse volte a Ingrejil, dimostrandol’esistenza di un’antica città.Quattromila anni non sono stati sufficienti percancellare le vestigia di questa preziosa anticaciviltà. Coincidenza o no, INGREJIL è alla stessalatitudine di Macchu Picchu, la Città Sacra Inca, unadelle più importanti civiltà precolombiane cheabitarono il nostro vasto continente.INGREJIL dimostra l’esistenza di una civiltà perchéi suoi abitanti facevano ricorso in manieraautonoma ai propri fabbisogni e questo è un aspettomolto importante, similare ad altre avanzate civiltàche abitarono il Sud America prima di Colombo.La scoperta di questo importante sito archeologico èavvenuta attraverso il "Documento 512", conservatonella Biblioteca Nazionale di Rio de Janeiro,realizzato da molti ricercatori negli ultimi secoli,partendo dalla ricerca del leggendaria città perdutacitata da Sir Richard Burton e dal famoso colonnelloFawcett."INGREJIL non è la città di cui parla il ‘doc.512’ mauna nuova scoperta nella storia del nostro vastocontinente sudamericano, pieno di misteri", spiegaLuiz G. Moreira Junior.

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Le maggiori ripercussioni si sono registrate nelmese di agosto 1984 con la divulgazione su TVGlobo del programma FANTASTICO che haaccompagnato una spedizione al sito.L'obiettivo finale di Baraldi era il ribaltamento delleattuali teorie riguardo il sito archeologico ma lostesso morì nel 2002 senza riuscirci.Per Luiz G. Moreira Jr, amico e collega di Baraldi, ,la ricerca continua a INGREJIL, dopo ben 6 ore diarduo cammino attraverso un fitto bosco, doveoccorre scegliere le rocce giuste per salire. In certimomenti dell'anno le condizioni atmosfericheimpediscono la salita della montagna.Luiz G. Moreira Jr., descrive per i lettori le propriesensazioni: "Possiamo facilmente notare che laterra è piatta artificialmente in vari punti, questoera molto comune in diverse culture precolombianedel nostro continente perché si aveva l'abitudine diabitare luoghi elevati facendo leva sulle risorsenaturali. Abbiamo osservato l'allineamento didiverse pietre che dovrebbero essere marchi a finiastronomici o forse segnalatori religiosi per lepersone anziane. Vi è anche un locale con pietreincassate ad angolo retto, tanto da formare unmuro. Un altro dettaglio importante è che vi è unafonte importante che ancora oggi fornisce acquaalla popolazione ai piedi della montagna. Su ogniedificio si può osservare un importante locale.L'esistenza di due tumuli piramidali indicano forsela presenza di templi o edifici sepolti da tempo.Abbiamo anche osservato, nell’intera area diIngrejil, diversi allineamenti che potrebbero esserele fondamenta di vecchi edifici”.

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Secondo Luiz G. Moreira Jr., INGREJIL ècollegabile con le civiltà precolombiane poiché siriscontrano molte similitudini con città di antichepopolazioni andine: “Prendiamo atto di questesomiglianze quando si analizzano le opere di tagliodella pietra, molto raro e praticamente senzaprecedenti in siti archeologici presenti sul territoriobrasiliano. In un unico scavo abbiamo trovato unmuro di pietra incorporato con lo stesso spessore:TV Globo, che era presente, ha registrato questofatto”.Secondo Luis e Baraldi la datazione da assegnare aINGREJIL sarebbe intorno al 2000 A.C, vale a dire4000 anni fa."Ci sono diverse ipotesi su Ingrejil: potrebbe essereuna civiltà influenzata o che ha influenzato quellaAndina perché la sua datazione è molto precocerispetto alla maggior parte delle popolazioniandine. Solo gli scavi potranno riscattare la storiadi questa enigmatica città scomparsa”.

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Luiz dice di sentirsi responsabile del sito e pertantoè cauto nella sua divulgazione perché temedepredazioni e visite di furtivi collezionisti econclude: "Questo è un patrimonio di tutti ibrasiliani, che un giorno avranno la capacità divalorizzare la cultura del nostro passato. Vorreiringraziare il giornale Mundo Esoterico e tutticoloro che mi sostengono a Livramento de NossaSenhora e Itaguassú e i miei compagni, guideesperte e tagliaboschi: Lourival, Elio, Zequinha eDodo che contribuiscono, al pari di Baraldi, a faredel Brasile un paese pieno di ricchezze inesauribilicoi misteri delle antiche civiltà”.

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J. A. FonsecaIL LAVORO

DI UN GRANDE RICERCATOREwww.viafanzine.jor.br

2004-2008

L’autore dell’articolo alla Pietra di Ingà

Sono a conoscenza delle ricerche di questo notevolepioniere di misteri, in primo luogo unapubblicazione sulla rivista Planet (Maggio 1988)sulla scoperta di una città perduta a Bahia.In seguito, attraverso la rivista elettronica ViaFanzine, ho letto una sua intervista che mi hacolpito molto per la parte degli accertamenti chehanno portato alla decifrazione della Pietra Inga.Poi ho avuto la possibilità di contattare la Sig.raAnna Baraldi, sorella di questo grande ricercatore diverità e ultimo atlantologo, che mi fece avere i due“gioielli” di Baraldi, i libri "The American ittiti" e"The Document Discovery 512 .

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Inutile dire che si tratta di due libri rari eaccademici, essenzialmente sulla storia antica delBrasile, contenenti l'audace affermazione che gliIttiti erano presenti qui nella nostra terra nelpassato remoto. Le iscrizioni lapidarie rinvenutesulla Pietra di Inga sono state collegate agli scritti diorigine ittita e, dopo aver studiato a fondo laproblematica, tenendo in considerazione che nessunaltro era ancora riuscito nell’impresa, Baraldi haaffermato che le sue conclusioni sono definitive,anche se molti archeologi non le accettanopreferendo attribuire i geroglifici ad avi cheabitavano la zona da sempre.Con grande interesse ho letto i suoi libri e ho cercatodi comprendere la complessità del suoragionamento su questo misterioso monumentoarcheologico brasiliano, la Pietra di Inga, che hacostretto molti archeologi a piegarsi davanti ai suoimisteri, incapaci di spiegare il dilemmaTuttavia, come ricercatore di misteri antichi delBrasile, so che questo non è un compito facile ebisogna essere animati da un elevato grado diaudacia, coraggio e intuizione per chiarire come eperché le iscrizioni sono state fatte (per non parlaredi molte altre, all'interno del nostro paese e in moltealtre regioni della Terra), in mezzo a una diversità disegni meno sofisticati, e altri ancora che sonorelativi a persone primitive che hanno vissuto quiper millenni.Per il ricercatore Baraldi, tuttavia, ci sono ostacoliinsormontabili.

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Con sottigliezza, il coraggio di rompere con i limitiimposti dal mezzo stesso e dichiarare l'esistenza diuna scrittura geroglifica che lui chiamava proto-ittita, precisando che questa non è altro che lapropria lingua tupi-guarani, parlata dallamaggioranza degli indiani del Brasile. Questa ipotesiè sorta attraverso il confronto delle parole Tupi conla scrittura degli Ittiti, grazie anche alle tavole ittitesviluppate da Laroche, Meriggi e Guterbock.Baraldi ha detto che il vecchio Tupi-Guarani harapporti diretti con il linguaggio primordiale,originario quindi, rilevando che attraverso di essa sipotrebbero tradurre gli scritti sconosciuti delpassato. Per lui proto-ittita o Tupi era la linguaparlata in Atlantide, il continente scomparso circa50.000 anni fa.Armati di questa chiave simbolica in grado didecifrare i segni del monolito di Inga, che erano,disse, simili a quelli trovati in Turchia, l'anticaAnatolia, la terra degli Ittiti. L’autore afferma che ilmodo in cui sono stati scritti i simboli di Inga e pro-ittita è il medesimo, cioè con procedimentogeotermico prodotto da una muffa, applicatameccanicamente sulle rocce, derivante dal vaporeprodotto dalla lava di un vulcano spento. In questosenso credo al ricercatore vadano conferiti deimeriti incontestabili.Dopo la mia visita all’eccezionale monumento, dopoaverlo esaminato, ho cominciato a nutrire l'idea cheeffettivamente i segni siano stati ottenuti attraversouna specifica tecnica che consisteva nellapreparazione e rammollimento della roccia, usandouna formula sconosciuta.

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Così facendo, gli autori sarebbero poi stati in gradodi scrivere facilmente, consentendo loro una finituraeccezionale. Secondo alcuni ricercatori, gli Incasconoscevano una "formula magica" in grado diammorbidire la roccia e i metalli come l'oro, peresempio, in modo da poterli manipolare a propriopiacimento.Può darsi che gli autori delle scritte sulla Pietra diInga siano stati a conoscenza di questa formulasegreta.Per quanto riguarda questo monumento Paraiba sipuò notare una finitura elegante, senza interruzionidi sorta, che ci porta a pensare seriamente a questapossibilità, vale a dire che i segni siano stati prodottida muffe, come facciamo noi dalla stampa di unoggetto o su un pezzo di argilla umida.Data la complessità di questi segni e la contrarietàespressa da altri ricercatori riguardo le traduzioni diG. Baraldi, non vorrei limitarmi ad un pensieroconclusivo dei suoi studi e della sua proposta.Il fatto che il ricercatore abbia affermato che lalingua proto-ittita è parte di un linguaggio primitivoe universale, che non è altro che il tupi-guarani, èuno degli aspetti più importanti di questa ricerca eBaraldi sembra averne trovato la chiave.Se verrà dimostrata la sua tesi avremo compiuto ungrande passo in avanti nella decifrazione di altrisegni archeologici in Brasile, con caratteri simili aquelli incisi sulla Pietra di Inga in molte altreregioni.

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In definitiva credo che l'ottimo lavoro di GabrieleBaraldi abbia aperto una porta sul corridoio buiodell'accademismo illuminato, dell’archeologianazionale e internazionale, consentendo cheulteriori studi possano essere fatti partendo daquesto, al fine di rivelare nuovi aspetti riguardo itanti misteri che ancor oggi sfidano gli uomini discienza.

Non sorprende che per gli esigenti cercatori dellaverità questi sorprendenti risultati siano semprefraintesi e spesso rigettati.Questo comportamento sembra essere una sorta dianatema per i misteri che avvolgono l'evoluzione enon premiano la temerarietà di questi pionieri, rarinaufraghi a vela in mari agitati, che cercano discrutare nella sua interezza l'ascesa e la decadenzadel passato, quello che si cela nel linguaggio velato esimbolico.

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Per la nostra parte, noi lodiamo lo spiritocombattivo di questo grande pioniere che ha osatosfidare e sconfiggere questo male recondito che sibatte contro la conoscenza umana, per rompere labarriera del dogma accademico.Possiamo solo avere il coraggio di unire le forze esconfiggere la maledizione che attraversa i millenni;questa resistenza non può mai essere messa inombra dagli storici conservatori che rifiutano diriprendere il loro sguardo agli albori dei tempi nuoviche si stagliano con forza in lontananza.Solo allora potremo realizzare le nuove intuizioniche emergono in modo indelebile ad illuminare lavera storia degli uomini, incoronando con l'alloro lafronte di questi intrepidi esploratori dellosconosciuto, studiosi come Baraldi a cui non è statofinora concesso il permesso di rientrare nel puzzleproponibile per il nostro passato.

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Claudio BacilieriL’ENIGMA DEGLI ITTITI AMERICANI

www.emilianoromagnolinelmondo.it2008

Si può vivere senza utopia, senza illusione? La realtàpuò essere diversa da ciò che appare? Ci vuole rigorescientifico, certo, ma anche immaginazione, per farel’archeologo, un lavoro che sta tra la scienza e, forse,la poesia, soprattutto se si indagano i territoriinesplorati della storia, quelli che hanno lasciatopoche, labili, effimere tracce.

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Si definisce un "libero pensatore" e uno "studiosodella storia occulta dell’umanità", GabrieleD’Annunzio Baraldi, il cui lavoro ci viene segnalatodalla sorella Anna.Con quel nome importante legato al grande poetaitaliano, l’immaginifico Gabriele, e un cognomediffuso nella Bassa modenese, Baraldi, l’archeologodi cui ci occupiamo, ha vissuto dapprima inArgentina, dov’è emigrato nel 1950, e poi in Brasile,a San Paolo.Ma è nato nel modenese, nel comune di SanProspero, nel 1938, da Guerrino Baraldi, che facevail capostazione a Bastiglia, altro comune della Bassa,e da Albertina Pellacani, insieme a cinque fratelli.Gabriele D’Annunzio Baraldi, scomparso nel 2002 a64 anni, è ricordato come un uomo semprecircondato di libri, carte e statuette precolombianenel salotto di casa. E’ conosciuto come archeologoatlantologo, con una passione per i territori miticipoco indagati, che gli viene dall’esame attento diuno dei misteri del Brasile preistorico: la "pedra doIngá", un monolite lungo 24 metri per 3 di altezza,che si trova nello Stato del Paraíba, completamentericoperto di "petroglifi", la cui datazione ipotetica licolloca tra il 6000 e il 1000 a.C.La tesi di Gabriele Baraldi, espressa nel libro "OsHititas Americanos" (São Paulo, 1997), è che igeroglifici della pedra do Ingá sarebbero opera degliIttiti, la popolazione che si insediò in Anatolia,l’attuale Turchia, intorno al 2000 a. C. e che siespanse poi in Mesopotamia arrivando, intorno al1595 a. C., a conquistare la stessa Babilonia.

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Questa convinzione, che apparirebbe azzardata,Gabriele Baraldi la deriva dal confronto tra l’anticoidioma Tupi-Guarani, parlato dalle popolazioniindigene brasiliane all’arrivo dei portoghesi, e lascrittura geroglifica e proto-ittita.Ebbene, si tratterebbe dello stesso linguaggio. IlTupi, sostiene Baraldi, è un idioma chiave,primigenio e universale, che può essere usato pertradurre una lunga serie di scritture sconosciute. Edè lo stesso del proto-ittita, la lingua che si parlavanella scomparsa Atlantide, quasi 50 mila anni fa.Baraldi è convinto che le iscrizioni contenute nei latiA e B del famoso Disco di Phaestos, scoperto a Cretanel 1908, siano simili a quelle del monolito di Ingá,così come queste assomigliano ai geroglifici ittiti.Queste iscrizioni ci parlerebbero di una "guerra difrontiera" tra due sovrani della Mesopotamia, eun’altra di una terribile eruzione vulcanica che hacoperto di cenere una città di pietra sulla costaAtlantica.Questo passaggio, in effetti, è difficile da capire.Chiediamo spiegazioni all’atlantologo. "Sonoarrivato alla conclusione - ha detto Baraldi inun’intervista - che i geroglifici della pedra do Ingásiano stati lavorati tra il 1374 e il 1322 a. C. La civiltàittita è fiorita nella piana anatolica 2500 anni primadi Cristo, raggiungendo un alto livello mentale,spirituale e tecnico. Nelle sue cronache si èconservata memoria di una catastrofe molto antica;quella dell’arcipelago in mezzo all’Atlantico. Sirifugiarono in varie parti del mondo, come inMesopotamia. Più tardi, riuscirono con le loroimbarcazioni a sbarcare sulle coste dell’America.

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E’ curioso che le iscrizioni di Ingá assomiglino aquelle di Barranco de Candia e di Hierronell’arcipelago delle Canarie".Ci risulta più difficile seguire Baraldi quando parladella capacità degli abitanti di Atlantide di dominarel’energia geotermica, cioè il calore del vulcano,realizzando grandi opere di ingegneria percanalizzare le acque. "Atlantide - dice - fu, in realtà,una grande confederazione di popoli che sichiamava Costellazione e che si divideva inCostellazione del Leone, Croce del Sud ecc.Il raggruppamento tribale che oggi conosciamo èuna disgregazione delle antiche strutture socialisimboleggiate da costellazioni e figure di animaliche si trasformarono in culti totemici".A questo punto, si può anche dire - o forse sognare -che quella specie di esperanto preistorico che era,secondo Baraldi, l’idioma proto-ittita, veniva dallestelle, da civiltà extraterrestri…Le grandi costruzioni simboliche della Bibbiaebraica, del Gilgamesh sumero, del Popol Vuh deiMaya, del Mahabarata indiano, con la memoriacustodita di grandi catastrofi e diluvi, sarebbero laprova della nostra origine dalle grandi civiltàscomparse. Ma, come è stato detto da autorevolistudiosi, prima di parlare di continenti inghiottitinel nulla o di UFO, bisognerebbe non dare perscontato che il mito Atlantide abbia un rapporto conla realtà. Potrebbe non essere altro che una favolapresa troppo sul serio. Come ha scritto Vidal-Naquet nel suo bellissimo "Atlantide. Breve storia diun mito", edito da Einaudi, solo Platonenell’antichità ha parlato di Atlantide.

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E’ lui che ne ha creato il mito, raccontando dellaricchissima rivale di Atene, un’isola al di là dellecolonne d’Ercole, inabissata per volere degli dei.Potrebbe essere solo un gioco narrativo:contrapporre la superpotenza ostile e cattiva allapurezza ateniese delle origini. E in tanti ci hannocreduto, vedendo Atlantide ovunque: nelle diecitribù perdute d’Israele, nell’attuale Svezia, nelCaucaso.Da impero del male, Atlantide è stata trasformata -dal poeta Novalis, ad esempio - in paradiso segreto.Ma in fondo, è bello sognare: per questo è statainventata la fantascienza.

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Yuri LeverattoIL MESSAGGIO CIFRATODELLA PEDRA DO INGÁ

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Per svelare il mistero del popolamento antico delNuovo Mondo è necessario conoscere e studiare isiti archeologici del continente, allo scopo di cercaredelle relazioni tra di essi. Nel mio recente viaggio inBrasile ho avuto modo di studiare il grandepetroglifo detto Pedra do Ingá, situato nell’internodello Stato del Paraiba, a circa 80 chilometridall’Oceano Atlantico.La Pedra do Ingá è un enorme masso orizzontalelungo circa 24 metri e alto 3 metri. In totale vi sonopiù di 450 disegni incisi nella roccia. Lamaggioranza di queste incisioni sonoapparentemente astratte, ma secondo alcuniricercatori la Pedra do Ingá nasconderebbe unantichissimo messaggio cifrato.

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In effetti la maggioranza degli archeologi non sisbilancia sull’interpretazione di molti petroglifi opinture rupestri, per il semplice fatto che a volte nonsi trovano evidenze archeologiche (resti umani,tracce di focolari, pietre levigate, strumenti di osso olegno etc.), nelle vicinanze delle incisioni o deipittogrammi.Uno dei ricercatori di lingue e scritture antiche piùautorevoli del secolo scorso fu l’italo-brasilianoGabriele D’Annunzio Baraldi, (nato a San Prospero,presso Modena e deceduto in Brasile nel 2002), cheattuò vari studi del petroglifo di Ingà e fu anche loscopritore della città perduta di Ingrejil, nel 1984.Baraldi, analizzò anche il famoso disco di Festorinvenuto nel 1908 nell’isola di Creta, e varieplacche d’oro ritrovate in alcune cavernedell’Ecuador.

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Nella sua visione atlantidea, alcuni gruppi di umanioriginari della mitica isola si sarebbero salvati dainondazioni e terremoti catastrofici dirigendosi siaverso est, ovvero verso l’Europa, sia verso sud-ovest,verso il Brasile.

Baraldi sostenne, che l’idioma tupi-guaranì, parlatoda molte etnie sud-americane, ha una lontanaorigine in comune con la lingua ittita, appartenutaal famoso popolo indo-europeo che prosperò inAnatolia diciotto secoli prima di Cristo. Piùprecisamente Baraldi dichiarò che nel petroglifo diIngà è narrata la storia della catastrofe che distrusseAtlantide, ovverosia il diluvio universale, accaduto9500 anni prima di Cristo.

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I caratteri incisi nel petroglifo sarebbero simili aquelli usati nella lingua primordiale che si parlava inMedio Oriente circa 18000 anni fa, in piena eraglaciale.Anche se sembra strano che le incisioni che sonostate fatte in epoche sconosciute sulla Pedra do Ingaabbiano una lontana affinità con la lingua ittita, ineffetti alcuni segni sembrano richiamare antichescritture oggi perdute, che forse facevano parte diun alfabeto antichissimo che si parlava nel MedioOriente durante il periodo glaciale.Da questo alfabeto primordiale, che alcuni famosistudiosi (ad esempio l’eminente genetista Luigi LucaCavalli Sforza), chiamano “nostratico”, potrebberoessersi originate sia la lingua sumera e egiziana, chequelle indoeuropee, uraliche, altaiche, semitiche edravidiche.

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Analizzando la Pedra do Ingá, si possono notaremolti segni che secondo Baraldi sono stati fattiutilizzando degli stampi quando l’intero monolitoera un enorme pezzo di lava fusa, in seguitoall’eruzione di un antico vulcano.Per esempio si nota un segno molto simile al qophfenicio, ovvero un circolo con una linea verticale alcentro, che corrisponde al latino q.In effetti bisogna aggiungere che le tesi di Baraldisono state indirettamente confermate da alcunieminenti linguisti come per esempio lo statunitenseJoseph Greenberg, che ha incluso molte lingueamerindie nella famiglia nostratica. Secondo questatesi il tupi-guaraní sarebbe derivato dal nostratico,ma non come pensava Baraldi, ovvero con unacolonizzazione diretta dall’Atlantico, ma seguendo lateoria classica del popolamento americano,attraverso lo stretto di Bering (tesi confermata dallagenetica).Quando sono giunto presso il petroglifo di Ingá hoavuto subito una strana percezione. Mi è sembratodi trovarmi davanti ad un messaggio cifrato, chealcuni antichi viaggiatori vollero lasciare ai posteri.Personalmente non credo che gli autori delmagistrale intaglio siano stati gli antenati degliindigeni americani.Secondo me è possibile che un limitato gruppo diumani, forse di origine afro-asiatica, abbiaattraversato l’oceano in seguito ad eventicatastrofici, ed abbia poi rappresentato la sua Storiain un enorme masso di roccia fusa, utilizzando deglistampi o semplicemente delle asce di pietra.

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Questo codice cifrato potrebbe realmente esserestato scritto in una lingua derivata dal nostratico, ese così fosse la Pedra do Ingá sarebbe il codicecifrato più antico dell’intera Storia umana.

E’ancora presto per poter scrivere l’ultima parolasulla Pedra do Ingá e sull’evoluzione del nostratico,ma sono convinto che solo con studi comparati diarcheologia, genetica e linguistica, si potrà ungiorno svelare l’enigma del popolamento antico delpianeta, oggi avvolto ancora nel mistero.

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Yuri LeverattoLA CITTÀ PERDUTA DI INGREJIL,

EREDITÀ DELLA CULTURAMEGALITICA AMERICANA

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Il mio viaggio ad Ingrejil ha avuto inizio da Feira deSantana, una media città commerciale dell’internodello Stato di Bahia, in Brasile.Per avere un’idea delle distanze, si deve ricordareche lo Stato di Bahia è più grande della Francia. Lestrade interne, soprattutto quelle che connettono ilsud dello Stato con la capitale federale, Brasilia,sono in pessime condizioni. A volte per percorrere90 chilometri si impiegano 3 ore di viaggio inscomodi bus polverosi, senza aria condizionata.

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Da Feira de Santana ho raggiunto Brumado, con unviaggio di circa 600 chilometri percorso in 10 ore.Quindi, con uno sgangherato “pulmann”, in stileanni 70’, sono giunto a Livramento de NossaSenhora (pron.: segnora), un bel paese situato inun’immensa pianura, ai piedi dell’imponente Serradas Almas, una vasta formazione montuosa estesacirca 100 chilometri, e facente parte della ChapadaDiamantina.Ho dormito in una graziosa “pousada”, e l’indomanimi sono svegliato presto, alle 6 in punto. Il cielo eraterso e dopo circa mezz’ora il sole già scottava sullapelle. In questa zona la temperatura può facilmentesuperare i 40 gradi all’ombra a mezzogiorno. Inlontananza scorgevo una magnifica cascata, acquafresca e pura che proviene dall’altopiano della Serradas Almas.Il viaggio è proseguito in moto: percorrendo unastrada sterrata di circa 10 chilometri si giunge alvillaggio agreste di Itaguassù. In questa zona siproducono principalmente manghi e maracujá, maanche grandi quantità di jaca, un grosso fruttomolto simile a quello dell’albero del pane e allaguanabana della Colombia, ma con una succosa edolce polpa gialla.Ad Itaguassú ho conosciuto la mia guida, Cosme, unragazzo robusto che conosce molto bene la Serra dosAlmas.Siamo partiti subito, sulla sua Honda fuoristrada,avanzando per un sentiero difficile e angusto. Dopocirca mezz’ora abbiamo raggiunto un luogo dalquale era impossibile proseguire con il mezzomotorizzato.

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Quindi abbiamo avanzato camminando per circa 2ore attraverso una densa foresta, e poi inerpicandocinella Serra das Almas. Erano già le 11 e il solecocente rendeva più ardua la salita.Verso mezzogiorno siamo giunti presso un altopianocircondato da una spettacolare “selva di pietre”,detto Ingrejil (pron. in portoghese: ingregiu).Ho avuto subito la strana sensazione di trovarmi inun luogo sacro, magico, dove vissero popolimegalitici in epoche arcaiche. Ingrejil mi haricordato subito Marcahuasi, anche se è menoesteso.Questo sito archeologico fu scoperto nel 1984 dallostudioso italo-brasiliano Gabriele D’AnnunzioBaraldi, coaudiuvato dagli archeologi Aurelio Abreue Luis G. Moreira Junior.

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Bisogna aggiungere inoltre, che il lavoro effettuatodai tre ricercatori fu riconosciuto dal famosostudioso di antiche civiltà David Childress.Camminando nella spianata di Ingrejil si notanomolti allineamenti di pietre, come per formare dellezone delimitate (forse per ragioni spirituali oastronomiche), e vari menhir, oltre ad aree dove ilterreno fu appianato.Nell’antichità varie etnie del Sud Americapreferivano vivere in luoghi elevati, nelle montagne,piuttosto che nelle caldissime pianure, per varimotivi.Innanzitutto perché vicino alle montagne vi sono lefonti d’acqua, e anche per motivi di difesa: l’accessoall’altopiano poteva essere controllato facilmente inquanto il sentiero per accedervi era angusto escosceso (anche a Marcahuasi, in Perú, lageomorfologia è del tutto simile, salvo l’altitudine).Un altro dei motivi era spirituale: la maggioranzadegli antichi popoli Sud Americani venerava il Solecome Dio e pertanto amava starvi vicino, in mododa poter celebrare delle cerimonie giornalmente.Il popolo che visse ad Ingrejil probabilmente vivevadi agricoltura, ma anche di incursioni venatorienella vallata dove oggi sorge Itaguassú, un temporicca di animali.Secondo il ricercatore Baraldi, che in alcunecampagne di scavo portò alla luce le fondamenta diun muro (fatto che fu documentato dalla retetelevisiva Globo), gli antichi megalitici abitaronoIngrejil intorno al 2000 a.C.

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Fino ad oggi però non è stato condotto un completolavoro di scavo con il metodo stratigrafico chepotrebbe portare alla luce ceramica e pietre levigate.

A mio parere il sito di Ingrejil è molto più anticorispetto alla datazione di Baraldi. Potrebbe esserestato abitato durante gli ultimi anni dell’era glaciale,quando il clima era più freddo e secco in tutto ilcontinente. In quel lontano periodo (circa 10millenni prima di Cristo), gli animali dellamegafauna come il megaterium, il gliptodonte e ilmastodonte pascolavano indisturbati nelle prateriecircostanti la Serra das Almas.Potrebbe essere stato il cambio climatico successivoalla fine dell’era glaciale che indusse i megalitici adabbandonare Ingrejil e a dirigersi forse verso ovest,unendosi ad altri gruppi di umani e dando inizio allacultura andina.

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La copertina del nr.7 (marzo 2010)della rivista elettronica Tracce d’eternità,

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