Introduzione alla storia di Roma (1) La ricostruzione storica della … · 2020. 3. 3. ·...

20
Antichità e Istituzioni Romane (a.a. 2019-2020) Introduzione alla storia di Roma (1) La ricostruzione storica della storia romana arcaica: attendibilità delle fonti scritte Liv., praef., 6-8 Le leggende che corrono circa l’età anteriore alla fondazione di Roma o circa la fondazione stessa, più convenienti a racconti di poeti che ad una fedele e documentata opera storica, non mi sento né di accettarle né di respingerle. Alle antiche età si suole fare questa concessione, di rendere più venerabili i primordi della citta mescolando l’umano con il divino; e se mai ad un popolo deve essere lecito il fare sacre le sue origini e il riportarne agli dei la fondazione, tanta e la gloria di guerra del popolo romano, che se esso ama vantare Marte come padre suo e del suo fondatore, le umane genti dovrebbero sopportare ciò altrettanto di buon animo come ne sopportano l’impero. Liv., 6.1.1-3 Ho raccontato in cinque libri le imprese che, dalla fondazione di Roma fino al momento in cui conquistata [dai Galli], furono compiute, innanzitutto sotto i re, poi i consoli e i dittatori e i tribuni con potestà consolare, le guerre all’esterno e le sedizioni all’interno della citta, tutte vicende oscure perché troppo antiche, allo stesso modo delle cose che per la grande distanza sono visibili con difficoltà, anche perché a quel tempo erano rari i testi affidati alla scrittura, sola custodia fedele della memoria delle imprese, e perché, anche se c’erano notizie nei commentari dei pontefici e in altri documenti pubblici e privati, per la maggior parte essi sparirono con l’incendio della città. Narrerò ora avvenimenti sui quali ci sono maggiore chiarezza o sicurezza, quelli che si succedettero in pace ed in guerra dopo che la citta rinacque, come se fosse risorta più fiorente e vigorosa dalle sue stesse radici. Liv., 8.40.3-5 Alcuni scrittori ricordano che la guerra fu combattuta dai consoli e che essi ottennero un trionfo per la vittoria sui Sanniti; dicono anche che Fabio avanzo in Apulia e da li porto via grandi prede. Ma c’è accordo sul fatto che in quell’anno fu dittatore Aulo Cornelio: il dubbio e se sia stato creato dittatore per condurre operazioni belliche o, piuttosto, dal momento che il pretore Lucio Plauzio si era gravemente ammalato, per dare il segnale di partenza alle quadrighe nelle celebrazioni dei Ludi Romani; compiuto il suo compito, che certo non richiedeva un’autorità da ricordare, avrebbe abdicato alla dittatura. Non è facile scegliere una tesi piuttosto che un’altra o preferire una tesi piuttosto che un’altra o preferire uno scritto piuttosto che un altro. Infatti io ritengo che la memoria degli avvenimenti sia stata alterata dagli elogi che vengono recitati nei funerali, e dalle false iscrizioni poste sotto le immagini degli antenati, dal momento che ogni famiglia cerca di attribuire a sé la fama delle imprese dei singoli e i documenti ufficiali delle vicende sono confusi, e non c’è uno scrittore dello stesso periodo di questi avvenimenti sulla cui autorità ci si possa sufficientemente fondare. Materiali e fonti a disposizione per la ricostruzione delle fasi più antiche della storia di Roma - patrimonio di dati e annotazioni conservato dalle tabulae pontificum almeno dopo 386 a.C., se non dal V sec.; tavole redatte e conservate dal collegio dei pontefici che privilegiano eventi dal significato sacrale, ma non escludevano eventi profani. Gli Annales maximi, tratte da queste tabulae, furono raccolti in 80 libri attorno al 130 a.C. (dal pontefice massimo P. Mucio Scevola) Le fonti: la tabula dealbata del pontefice massimo, la raccolta degli Annales Maximi Serv. (auctus), in Aen. 1.373 Ogni anno il pontefice massimo aveva a disposizione una tavola bianca (tabulam dealbatam), su cui poneva l’intestazione attraverso la menzione dei consoli e degli altri magistrati; su di essa annotava giorno per giorno

Transcript of Introduzione alla storia di Roma (1) La ricostruzione storica della … · 2020. 3. 3. ·...

  • Antichità e Istituzioni Romane (a.a. 2019-2020) Introduzione alla storia di Roma (1) La ricostruzione storica della storia romana arcaica: attendibilità delle fonti scritte Liv., praef., 6-8 Le leggende che corrono circa l’età anteriore alla fondazione di Roma o circa la fondazione stessa, più convenienti a racconti di poeti che ad una fedele e documentata opera storica, non mi sento né di accettarle né di respingerle. Alle antiche età si suole fare questa concessione, di rendere più venerabili i primordi della citta mescolando l’umano con il divino; e se mai ad un popolo deve essere lecito il fare sacre le sue origini e il riportarne agli dei la fondazione, tanta e la gloria di guerra del popolo romano, che se esso ama vantare Marte come padre suo e del suo fondatore, le umane genti dovrebbero sopportare ciò altrettanto di buon animo come ne sopportano l’impero. Liv., 6.1.1-3 Ho raccontato in cinque libri le imprese che, dalla fondazione di Roma fino al momento in cui conquistata [dai Galli], furono compiute, innanzitutto sotto i re, poi i consoli e i dittatori e i tribuni con potestà consolare, le guerre all’esterno e le sedizioni all’interno della citta, tutte vicende oscure perché troppo antiche, allo stesso modo delle cose che per la grande distanza sono visibili con difficoltà, anche perché a quel tempo erano rari i testi affidati alla scrittura, sola custodia fedele della memoria delle imprese, e perché, anche se c’erano notizie nei commentari dei pontefici e in altri documenti pubblici e privati, per la maggior parte essi sparirono con l’incendio della città. Narrerò ora avvenimenti sui quali ci sono maggiore chiarezza o sicurezza, quelli che si succedettero in pace ed in guerra dopo che la citta rinacque, come se fosse risorta più fiorente e vigorosa dalle sue stesse radici. Liv., 8.40.3-5 Alcuni scrittori ricordano che la guerra fu combattuta dai consoli e che essi ottennero un trionfo per la vittoria sui Sanniti; dicono anche che Fabio avanzo in Apulia e da li porto via grandi prede. Ma c’è accordo sul fatto che in quell’anno fu dittatore Aulo Cornelio: il dubbio e se sia stato creato dittatore per condurre operazioni belliche o, piuttosto, dal momento che il pretore Lucio Plauzio si era gravemente ammalato, per dare il segnale di partenza alle quadrighe nelle celebrazioni dei Ludi Romani; compiuto il suo compito, che certo non richiedeva un’autorità da ricordare, avrebbe abdicato alla dittatura. Non è facile scegliere una tesi piuttosto che un’altra o preferire una tesi piuttosto che un’altra o preferire uno scritto piuttosto che un altro. Infatti io ritengo che la memoria degli avvenimenti sia stata alterata dagli elogi che vengono recitati nei funerali, e dalle false iscrizioni poste sotto le immagini degli antenati, dal momento che ogni famiglia cerca di attribuire a sé la fama delle imprese dei singoli e i documenti ufficiali delle vicende sono confusi, e non c’è uno scrittore dello stesso periodo di questi avvenimenti sulla cui autorità ci si possa sufficientemente fondare. Materiali e fonti a disposizione per la ricostruzione delle fasi più antiche della storia di Roma - patrimonio di dati e annotazioni conservato dalle tabulae pontificum almeno dopo 386 a.C., se non dal V sec.; tavole redatte e conservate dal collegio dei pontefici che privilegiano eventi dal significato sacrale, ma non escludevano eventi profani. Gli Annales maximi, tratte da queste tabulae, furono raccolti in 80 libri attorno al 130 a.C. (dal pontefice massimo P. Mucio Scevola) Le fonti: la tabula dealbata del pontefice massimo, la raccolta degli Annales Maximi Serv. (auctus), in Aen. 1.373 Ogni anno il pontefice massimo aveva a disposizione una tavola bianca (tabulam dealbatam), su cui poneva l’intestazione attraverso la menzione dei consoli e degli altri magistrati; su di essa annotava giorno per giorno

  • i fatti salienti, in patria e in guerra, per terra e per mare. Dalla diligenza del pontefice gli antichi trassero commentari annui in ottanta libri e li chiamarono Annali Massimi dai pontefici massimi, dai quali erano stati redatti. Cato, Origines, fr. 77 Peter = FRHist, M. Porcius Cato, F80 (da Gell., Noctes Atticae, 2.28.4-7) Non meno i Romani si occuparono di trovare le cause delle eclissi di luna e di sole. Ma M(arco) Catone, uomo di grandi studi, ebbe opinioni incerte, superficiali ed affrettate su tali fenomeni. Ecco le parole di Catone dal quarto libro delle Origini: “Non vale la pena riportare i dati che si trovano sulla tavola del pontefice massimo, e cioè su quante volte ci sia stata carestia, quante volta la luce del sole o della luna si sia oscurata o per quale ragione si sia eclissata”. A tal punto considero di poco rilievo conoscere e comunicare dati veri sulle eclissi del sole e della luna. I documenti pubblici, gli archivi Fest., s.v. clipeum p. 48.19-21 (ed. Lindsay) clipeum antiqui ob rotunditatem etiam corium bovis appellarunt, in quo foedus Gabinorum cum Romanis fuerat descriptum (*foedus Gabinum, inciso su scudo di pelle e conservato nel tempio di Semo Sancus [Zeus Pistios] sul Quirinale) Cic., Balb., 23, 53 Chi ignora che durante il consolato di Spurio Cassio e Postumo Cominio e stato fatto un trattato con i Latini? Ricordiamo che fino a poco fa era inciso e registrato su una colonna di bronzo davanti ai Rostri. (*foedus Cassianum, 493 a.C.) Le leges sacrae Il cippo del Foro (Roma, Foro Romano): CIL, I2, 1, cfr. pp. 717, 739, 831, 853-85 ; cfr., di recente, G. Rocca, in Alessandria, 10, 2016, pp. 3-6; E. Tassi Scandone, in Index, 44, 2016, pp. 73-90 (580-560 a.C . ca.)

    Gli archivi di famiglia Pol., VI, 53-54 Quando in Roma si celebra il funerale di un cittadino illustre (τις παρ' αὐτοῖς τῶν ἐπιφανῶν ἀνδρῶν), questi e portato nel foro presso i Rostri con grande solennità, il più delle volte in piedi, raramente disteso. Alla presenza di tutto il popolo, un suo figlio maggiorenne, se esiste e si trova in citta, altrimenti il suo parente più prossimo, sale sulla tribuna e parla del valore del morto e delle imprese che ha compiuto in vita. Cosi tutto il popolo ricorda e quasi ha davanti agli occhi le sue imprese. [...] In occasione dei sacrifici pubblici i Romani espongono le immagini degli antenati e le ornano solennemente; quando muore qualche altro

  • personaggio illustre della famiglia, le fanno partecipare alle cerimonie funebri, indossate da persone simili al morto per statura e taglia. Costoro indossano, se il defunto e stato console o pretore, vesti orlate di porpora, se censore, toghe purpuree, se ha ottenuto il trionfo o qualche altro simile onore, vesti ricamate d’oro. Tutti avanzano su carri preceduti da faci, da scuri e da altre insegne onorifiche, secondo le cariche rivestite in vita da ciascuno nella sua attività politica. Quando sono giunti davanti ai Rostra, tutti siedono su seggi d’avorio. Non è possibile per un giovane di buona educazione, che ami la gloria, assistere ad uno spettacolo più nobile e splendido di questo; chi infatti non rimarrebbe affascinato nel vedere tutte insieme, come se fossero vive e respirassero le immagini degli uomini che col loro valore hanno ottenuto la fama? Quale visione potrebbe essere più bella? L’oratore incaricato dell’elogio funebre, dopo aver parlato del morto, ricorda le imprese e i successi dei suoi antenati cominciando dal più antico: cosi la fama degli uomini valorosi viene continuamente rinnovata e diventa immortale, e la gloria di chi ha ben meritato nei confronti della patria viene diffusa a tutti e tramandata ai posteri [...] CIL, I2 7 = ILLRP 309 (Roma, sepolcro degli Scipioni) Sarcofago di L. Cornelius Cn.f. Scipio Barbatus, cos. 298 a.C., iscrizione (in saturni) incisa sulla cassa Cornelius Lucius Scipio Barbatus, Cnaivod patre / prognatus, fortis vir sapiensque, quoius forma virtutei parisuma / fuit, consol censor aidilis quei fuit apud vos, Taurasia Cisauna / Samnio cepit, subigit omnem Loucanam opsidesque abdoucit. Tabulae triumphales Plin., Nat. Hist.35.7.22 La dignità della pittura si accrebbe a Roma, ritengo, a partire da Manio Valerio Massimo Messalla, che per primo nell’anno 490 di Roma (= 263 a.C.), espose sul lato della Curia Hostilia un quadro con la battaglia in cui aveva vinto i Cartaginesi e Ierone in Sicilia. La pittura funeraria a carattere storico

    Roma, Esquilino – sepolcro dei Fabii/Fannii (affresco)

  • Le tradizioni orali Cato, Origines, VII,13 Chassignet = FRHist, M. Porcius Cato, F 113 (Cic., Tusculanae Disputationes, IV,3) Uno scrittore di grande autorevolezza come Catone scrisse nelle Origini che nei banchetti i nostri antenati convitati usavano cantare a turno, accompagnandosi con il suono del flauto, le lodi e gli atti di valore degli uomini illustri. Da questo risulta evidente che allora esistevano sia i canti, scritti in modo tale da corrispondere ai suoni, sia i componimenti poetici. Cic., Brutus, 62 E queste (cioè le mortuorum laudationes ricordate subito prima) ci restano, diamine! Le famiglie stesse le conservano quasi come titoli d’onore e come documenti, per farne uso in caso di morte di altri membri della stessa casata, per tramandare la memoria delle glorie familiari, e per dare lustro alla propria nobiltà. Tuttavia da questi elogi la nostra storia nazionale e stata alquanto alterata. Vi si trovano scritte molte cose mai accadute: falsi trionfi, un numero esagerato di consolati, anche genealogie false e passaggi alla plebe, quando si riversavano personaggi di origine molto più umile in un’altra famiglia dallo stesso nome; come se io dicessi di discendere da Manio Tullio, patrizio che fu console con Servio Sulpicio dieci anni dopo la cacciate dei re. (trad. E. Narducci). Materiali e fonti a disposizione per la ricostruzione delle fasi più antiche della storia di Roma

    - Fasti consulares (elenco di consoli dal 483 a.C. al 13 d.C.) e fasti triumphales (elenchi di generali che ottennero il trionfo dal 753 al 19 a.C.): lastre in origine collocate all’interno di quattro edicole sulle pareti di arco trionfale nel Foro Romano (tarda eta augustea) - Libri lintei: elenchi di magistrati conservati su rotoli di lino nel tempio di Iuno Moneta (consacrato nel 344 a.C., Campidoglio). Le prime opere storiografiche SEG XXVI, 1123 fr. III, col. A = FRHist., Q. Fabius Pictor, T7 (ginnasio di Tauromenion/Taormina, iscrizione dipinta su intonaco ca. 125 a.C.): Lanoios, eponimo della citta di Lanuvium (Latium vetus) [Κόι]νντος Φάβνι[ο]ς ὁ Πι/[κτω]ρῖνος ἐπικαλού/[μεν]ος, Ῥωμαῖος, Γαΐου [υἱό]ς /· [ὃ]ς ἱστόρηκεν τὴν / [Ἡ]ρνακλέους ἄφιξιν / [εἰ]ς Ἰταλίαν καὶ δ’ ἔτι / [νόσ]τνον Λανοΐου συμ/[μάχ]ου τνεν Αἰνεία καὶ / [Ἀσκα]νίου· πολὶ ὕστε/ρον ἐγ]ένοντο Ῥωμύλος / [καὶ Ῥ]έμος καὶ Ῥώμης / [κτίσις ὑ]πὸ Ῥωμύλου, [ὃς] / [πρῶτο]ςν βεβασί[λευκεν — —]

  • Quinto Fabio, detto Pittorino, romano, figlio di Caio, egli riferì nella sua storia dell’arrivo di Eracle in Italia, poi [del ritorno?] di Lanoio [e dei suoi alleati?] Enea [e Ascanio?]; molto più tardi ci furono Romolo e Remo e la fondazione di Roma da parte di Romolo, che per primo vi fu re. (trad. G. Zecchini) Strabo, 5.3.1 C 228 = FRHIst., Q. Fabius Pictor, F24 Secondo lo storico Fabio i Romani conobbero per la prima volta la ricchezza solo quando divennero padroni di questo popolo (290 a.C.) (trad. A.M. Biraschi) Corn. Nep., Cato, 3, 3-4 = FRHist., Marcius Porcius Cato, T1 (Catone) decise di scrivere storie quando era ormai anziano. I libri di quest’opera storica sono sette, il primo tratta delle imprese compiute dai re del popolo romano, il secondo e il terzo narrano da dove e sorta ogni citta italica, per la qual cosa sembra che avesse chiamato l’intera opera storica Origines. Il quarto poi racconta la prima guerra punica; il quinto la seconda. E tutte queste sono narrate per sommi capi (capitulatim), allo stesso modo delle altre guerre fino alla pretura di Servio (Sulpicio) Galba, che distrusse i Lusitani. Di queste guerre non nomino i comandanti, ma senza fare i nomi registro i fatti. In questi stessi libri espose o quello che era avvenuto o quello che sembrasse degno di ammirazione in Italia e in Spagna. In questi libri c’è molta abilita e diligenza, ma nessuna dottrina. Cato, Origines, II, 28 Chassignet = FRHist., M. Porcius Cato, F 36 a) Prisc., GL, 2, 129 Cato Censorius… ibidem [sc. libro II delle Origines] : lucum Dianium in nemore Aricino Egerius Baebius Tusculanus dedicavit dictator Latinus. Hi populi communiter: Tusculanus. Aricinus, Lanuvinum, Laurens, Coranus, Tiburtis, Pometinus, Ardeatis Rutulus. b) Prisc., GL, 2, 337 Idem in eodem: populus communiter: Tusculanus, Aricinus, Lanuvinum, Laurens, Coranus, Tiburtis, Pometinus, Ardeatis.

  • La fondazione di Roma Le date di fondazione (calcolo fondato su parallelismo tra storia greca e storia romana) Timeo di Tauromenion: 814 a.C. (sincronismo con fondazione di Cartagine) Fabio Pittore: 748/747 a.C. Cincio Alimento; 729/728 a.C. Catone/Polibio: 751/750 a.C. Varrone: 754/753 a.C. La base documentaria a) fonti scritte, b) indagini archeologiche c) studi antropologici I modelli a) atto di fondazione b) sinecismo

    Palatino: abitato di capanne (plastico)

  • Riti di fondazione: il sulcus primegenius, il pomoerium Varro, lingua Lat., 5.143 Nel Lazio molti fondavano i villaggi secondo il rito etrusco; dopo aver aggiogato dei buoi, un toro e una vacca all’interno, tracciavano un solco; facevano questo per motivi religiosi in un giorno in cui erano stati presi gli auspici per essere protetti da una fossa e da un muro. Il luogo da cui estraevano la terra la chiamavano “fossa” e “muro” la terra gettata all’interno. Il perimetro che risultava dietro questi due elementi era considerato il principio della città; e poiché esso si trovava dopo il muro venne chiamato postmoerium; lì era il limite degli auspici urbani.

    (Aquileia)

    Tac., Ann., 12.23.2-24.1 Cesare (cioè l’imperatore Claudio) ampliò anche il pomerio di Roma, in omaggio all’antica tradizione per cui, a chi avesse ampliato l’impero, era consentito anche ampliare i confini della città. Tuttavia i grandi comandanti di Roma, pur avendo sottomesso grandi popoli, non si erano valsi di tale diritto, salvo Lucio Silla e il divo Augusto. Circa l’ambizione o la vera gloria dei re a questo riguardo, varie sono le notizie tramandate. Mi sembra però pertinente fare chiarezza sul punto iniziale della fondazione di Roma e sul pomerio tracciato da Romolo. Dal Foro Boario, dove ancora oggi scorgiamo la statua di bronzo di un toro – e questo perché è il tipo di animale che si piega all’aratro – si cominciò il solco per tracciare il perimetro della città, in modo da includere la grande ara di Ercole. A partire da lì, furono posti, a intervalli regolari, dei cippi di pietra, dalle falde del colle Palatino fino all’ara di Conso e poi sino alle antiche Curie e ancora sino al sacello dei Lari. E si è sempre creduto che il Foro Romano e il Campidoglio siano stati aggiunti alla città non da Romolo ma da Tito Tazio. In seguito col crescere della fortuna di Roma, si è ampliato il pomerio. I limiti fissati da Claudio appaiono oggi di facile identificazione e sono registrati negli atti pubblici. (trad. M. Stefanoni).

  • La posizione di Roma Cic., de re publica, 2.5.10 Come avrebbe potuto con maggiore ispirazione Romolo abbracciare i vantaggi offerti dal mare ed evitarne i difetti, che col porre la sua città sulla riva di un fiume perenne e di costante volume e con un largo sbocco nel mare? Per suo mezzo la città avrebbe potuto ricevere dal mare ciò di cui abbisognasse, e mandare fuori ciò di cui sovrabbondasse, e in modo tale da poter per mezzo del medesimo fiume non soltanto assumere per via di mare quanto fosse necessario al sostentamento e alla vita, ma anche riceverne le merci importate da parte di terra, sicché mi sembra che egli già sin d’allora quasi abbia divinato che un giorno questa città avrebbe dato ricetto e sede a un grandissimo impero.

  • Tipizzazione delle prime figure regali: Romolo fondatore delle istituzioni civili Numa Pompilio inventore dei fondamenti religiosi (feste, sacerdozi, calendario) Tullio Ostilio re guerriero per eccellenza (distruzione di Alba Longa) Anco Marzio sintesi delle funzioni dei predecessori L’organizzazione romulea della città L’asylum Dion. Hal., 2.15.4 In seguito, constatato che molte città d’Italia erano rette da tirannidi malvagie e da oligarchie, cercava di accogliere e di attrarre a sé i fuggitivi di queste città, che erano numerosi, purché fossero liberi […] Consacrò la zona che si trova tra il Campidoglio e l’Arce…come asilo per i supplici e vi costruì un tempio…se avessero (i supplici) voluto rimanere presso di lui, li avrebbe resi partecipi della cittadinanza e di una quota di quelle terre che egli avesse conquistato ai nemici Tribù e curie Plut., Romulus, 20, 2-3 (Romolo e Tazio) create tre tribù, chiamarono un gruppo Ramnenses, da Romolo, un altro Titienses, daTazio, il terzo Lucerenses, a causa del bosco sacro verso il quale molti erano fuggiti per, concesso il diritto di asilo, entrare a fare parte della cittadinanza. In latino i boschi si chiamano luci. Ciascuna tribù raggruppava dieci curie. Varro, de lingua latina, 5,55 Ager Romanus primum divisus in partis tris, a quo tribus appellata Titiensium, Ramnium,Lucerum. Nominatae, ut ait Ennius, Titienses ab Tatio, Ramnenses ab Romulo, Luceres, ut Iunius, ab Lucumone; sed omnia haec vocabula Tusca, ut Volnius, qui tragoedias Tuscas scripsit, dicebat. Le origini di Servio Tullio/Mastarna

    ILS, 212 = FIRA, I2, 43 (oratio Claudii, 48 d.C.) … Quondam reges hanc tenuere urbem, nec tamen domesticis successoribus eam trader contigit […] Huic quoque et filio nepotive eius (nam et / hoc inter auctores discrepat) insertus

  • Servius Tullius, si nostros / sequimur, captiva natus Ocresia; si Tuscos, Caeli quondam Vi/vennae sodalis fidelissimus omnisque eius casus comes, post/quam varia fortuna exactus cum omnibus reliquis Caeliani / exercitus excessit, montem Caelium occupavit et a duce suo / Caelio ita appellitatus mutatoque nomine (nam Tusce Mastarna / ei nomen erat) ita appellatus est, ut dixi, et regnum summa cum rei / p(ublicae) utilitate optinuit…

    Tomba François (Vulci, IV sec. a.C., decenni finali) Tablinum Parete di sinistra: sacrificio dei prigionieri troiani da parte di Achille sulla tomba di Patroclo Parete di destra: impresa vittoriosa di Vulcenti guidati dai fratelli Vibennae (4 coppie, tra cui: Caile Vipinas che viene liberato da Macstarna; Avile Vipinas che uccide un avversario) Atrium – parete di fondo: Marce Camitlnas si accinge ad uccidere Cneve Tarchunies Rumach

  • Società dell’età dei re familia (proprio iure): unità elementare fondata sul matrimonio; linea di parentela agnatizia; a capo di ciascuna famiglia (comprensiva di schiavi e di proprietà) è il pater familias; a fianco dei membri della famiglia sono, in posizione di subordinazione, i clientes gentes: aggregazione di famiglie che recano lo stesso nomen e che vantano un antenato comune (Cic., Topica, 6: “i gentili sono coloro che portano lo stesso nome, che discendono da ingenui e che nei loro antenati non abbiano che ingenui e che non abbiano subito alcuna capitis deminutio) dualismo interno: struttura piramidale della società, con vertice aristocratico (patres, patrizi) distinto dalla plebe (possibile fondamento economico originario della distinzione) Le istituzioni dell’età monarchica rex - figura carismatica dalla forte accentuazione religiosa; carica non ereditaria: il re viene designato (creatus) dal senato, con ratifica del popolo (lex curiata de imperio) -supremo capo militare (detentore di imperium) e sommo sacerdote (tramite della comunità con i suoi dèi); garante e custode dei mores (coadiuvato dai pontefici) patres (senato) Assemblea ristretta di anziani (patres delle famiglie più eminenti), creato secondo la tradizione da Romolo (Liv., I, 8,7: i discendenti dei primi patres sarebbero stati chiamati patricii), con funzione di consiglio del re; in occasione della morte del re auspicia ad patres redeunt; prassi dell’interregnum populus Insieme della popolazione (provvista di civitas), suddiviso da Romolo (o comunque create prima dell’arrivo dei re etruschi) in tre tribù (intese variamente come creazione politica, retaggio etnico, differenzazione funzionale o economica), a loro volta articolate in 10 curie ciascuna (alcune curie hanno denominazioni territoriali, altre fanno riferimento a strutture gentilizie; le sedi delle curie più antiche raggruppate alle pendici del Palatino, curiae veteres); curiae alla base dell’assemblea popolare più antica (comitia curiata) e in relazione con la struttura dell’esercito più antico (legione composta da 300 cavalieri/celeres e da 3000 pedites)

  • La caduta della monarchia e Il passaggio alla repubblica Roma e il Lazio al tempo della monarchia etrusca

    Il governo tirannico di Tarquinio il Superbo

    Liv.,1.53.1-3 Tarquinio fu un re ingiusto coi suoi sudditi, ma abbastanza un buon generale quando si trattò di combattere. Anzi, in campo militare avrebbe raggiunto il livello di quanti lo avevano preceduto sul trono, se la sua degenerazione in tutto il resto non avesse offuscato anche questo merito. Fu lui a iniziare coi Volsci una guerra destinata a durare due secoli, e tolse loro con la forza Suessa Pomezia. Ne vendette il bottino e coi quaranta talenti d'argento ricavati concepì la costruzione di un tempio di Giove (Capitolino) le cui dimensioni sarebbero state degne del re degli dèi e degli uomini, nonché della potenza romana e della sua stessa posizione maestosa. Il denaro proveniente dalla presa di Suessa fu messo da parte per la costruzione del tempio. Gli inizi della Repubblica Pol.,3.22 (primo trattato romano cartaginese) Il primo trattato fra Romani e Cartaginesi è dell’epoca di Lucio Giunio Bruto e Marco Orazio, i primi consoli che furono eletti dopo la fine della monarchia, dai quali fu anche consacrato il santuario di Giove Capitolino. Questi eventi accaddero 28 anni prima del passaggio di Serse in Grecia. L’abbiamo trascritto dandone l’interpretazione più precisa possibile. La differenza tra la lingua dei Romani di oggi e quella antica è così forte, infatti, che anche i più esperti conoscitori a stento comprendono qualcosa, dopo avervi fissato la loro attenzione. Il trattato è il seguente: «A queste condizioni ci sia amicizia fra i Romani e gli alleati dei Romani e i Cartaginesi e gli alleati dei Cartaginesi: né i Romani né gli alleati dei Romani navighino al di là del promontorio detto Bello, a meno che non vi siano costretti da una tempesta o da nemici: qualora uno vi sia trasportato a forza, non gli sia permesso comprare né prendere nulla, tranne quanto gli occorre per riparare l’imbarcazione o per compiere sacrifici, e si allontani entro cinque giorni. A quelli che giungono per commercio non sia possibile portare a termine alcuna transazione, se non alla presenza di un araldo o di un cancelliere. Quanto sia venduto alla presenza di costoro, se venduto in Libia o in Sardegna, sia dovuto al

  • venditore sotto la garanzia dello stato. Qualora un Romano giunga in Sicilia, nella parte controllata dai Cartaginesi, siano uguali tutti i diritti dei Romani. I Cartaginesi non commettano torti ai danni degli abitanti di Ardea, Anzio, Laurento (?), Circei, Terracina, né di alcun altro dei Latini, quanti sono soggetti; nel caso di quelli non soggetti, si tengano lontani dalle loro città: ciò che prendano, restituiscano ai Romani intatto. Non costruiscano fortezze nel Lazio. Qualora penetrino da nemici nella regione, non passino la notte nella regione». I supremi magistrati della repubblica: i loro poteri e la loro denominazione

    - sostituzione del re con due capi eletti ogni anno, in una diarchia equilibrata: introduzione del concetto di magistratura e del principio della collegialità.

    - I due magistrati supremi vengono indicati nelle fonti come praetores e consules Le magistrature supreme tra 509 e 367 a.C. (leges Liciniae Sextiae): i dati della tradizione 509-451 a.C.: coppie di consules annui (5 nel primo anno), sostituite da dictatores tre volte 451-450 a.C.: due collegi di Xviri , autori delle leggi delle XII tavole 449-444 a.C.: cinque coppie di consules annui 444-367 a.C.: coppie di consules annui, sostituite (in più occasioni) da un collegio (numero variabile, da 3 a

    6) di tribuni militum consulari potestate annui, da dittatori, con periodo di vacatio magistratuum tra 375 e 371 a.C.

    P. Valerius Publicola a Satricum (?) CIL, I2 2832a (Satricum, in reimpiego nelle fondazioni del tempio tardo-arcaico; fine VI sec. a.C.) [---]+̲IEISTETERAI Popliosio Valesiosio / suodales Mamartei.

    La conquista del Lazio e della penisola (1)

    Il Lazio tra VI e V sec. a.C. 509/8 a.C.: primo trattato con Cartagine 348 a.C.: secondo trattato con Cartagine 306 a.C.: terzo trattato con Cartagine 278 a.C.: quarto trattato con Cartagine

  • Il foedus Cassianum (493 a.C.) Cic., Pro Balbo, 53 Chi ignora che durante il consolato di Spurio Cassio e Postumo Cominio e stato fatto un trattato con i Latini? Ricordiamo che fino a poco fa era inciso e registrato su una colonna di bronzo davanti ai Rostri (Rostra).

    Dion. Hal., 6.95.1-3 Nello stesso tempo con tutte le città latine si fecero nuovi patti di pace e di amicizia, accompagnati da giuramenti rituali, … Il testo dei trattati era di questo tipo: “Ci sia pace reciproca tra i Romani e le città latine, finché il cielo e la terra abbiano la medesima posizione. Né essi combattano tra loro, né conducano nemici da altre nazioni, né a chi porta guerra offrano strade sicure, aiutino con ogni mezzo chi di loro è coinvolto in una guerra, entrambi abbiano parti uguali delle prede e del bottino fatto a danno dei nemici comuni. Le sentenze sui contratti privati vengano pronunciate entro dieci giorni presso la popolazione in cui sia stato fatto il contratto. A questi patti non sarà lecito aggiungere o togliere alcunché se non ciò cui consentano Romani e Latini tutti”.

    Le istituzioni repubblicane: le fasi iniziali Il ruolo e le competenze del senato Pol., 6.13.1-8 Il senato ha prima di tutto il potere amministrativo e controlla tutte le entrate e tutte le uscite. I questori infatti non possono per nessuna ragione ordinare spese senza l’approvazione del senato, eccettuate quelle imposte dai consoli; il senato controlla pure lo stanziamento di gran lunga più cospicuo di tutti gli altri, quello che i censori stabiliscono ogni cinque anni per la costruzione e il riattamento delle opere pubbliche e deve concedere il suo nulla osta ai censori stessi. Inoltre, il senato ha giurisdizione sui reati che si commettono in Italia e richiedono un’inchiesta statale, come quelli di tradimento, di cospirazione, di veneficio, di assassinio. Se poi un privato o una città d’Italia richiedono l’intervento romano per risolvere una controversia, per punire un delitto, per ottenere soccorso o difesa, la cura di tutto ciò è affidata al senato. Se occorre mandare fuori d’Italia un’ambasceria per comporre discordie, rivolgere esortazioni o imporre ordini o infine per ricevere una sottomissione o dichiarare una guerra, il senato deve provvedere a tutto ciò e inoltre deve ricevere le ambascerie che arrivano a Roma e dare a ciascuna la risposta opportuna. Nessuno di questi incarichi spetta al popolo Dig., 1.2.2.9 Poiché diventò difficile far riunire la plebe in assemblea, e ancora più difficile far riunire il popolo, per la gran massa di uomini, di necessità la cura dello stato passò al senato: allora il senato cominciò a intervenire e ogni sua decisione venne rispettata e costituiva una norma di diritto (ius) chiamata senatoconsulto.

  • CIL, I2 581 cfr. p. 907 = ILLRP 581 = FIRA, I2, 30, vv. 1-6 (Tiriolo/ager Teuranus)

    [Q.] Marcius L.f., S. Postumius L.f., co(n)s(ules) (= 186 a.C.), senatum consoluerunt N(onis) Octob(ribus) apud aedem / Duelonai. Sc(ribundo) arf(uerunt) M. Claudius M.f., L. Valeri(us) P.f., Q. Minuci(us) C.f. De Bacanalibus, (sc. Eis) quei foideratei / esent ita exdeicendum censuere: neiquis eorum Sacanal (: Bacanal) habuise velet; sei ques / esent quei sibei deicerent necesus ese Bacanal habere, eeis utei ad pr(aitorem) urbanum / 5 Romam venirent deque eeis rebus ubei eorum v tr a (:verba) audita esent, utei senatus / noster decerneret, dum ne minus senator(i)bus C(entum) adesent [quom e]a res cosoleretur /… I consoli Quinto Marcio, figlio di Lucio e Spurio Postumio, figlio di Lucio, consultarono il senato il 7 ottobre nel tempio di Bellona. Erano presenti alla verbalizzazione Marco Claudio, figlio di Marco, Lucio Valerio figlio di Publio e Quinto Minucio figlio di Gaio. In merito ai Baccanali decretarono che così si dovesse trasmettere alle comunità federate: nessuno di loro celebri baccanali; se ci fossero persone che affermino di avere necessità di celebrare baccanali, che vengano a Roma al cospetto del pretore urbano, e quanto verranno ascoltate le loro parole in proposito, il nostro senato prenda una decisione, a condizione che non meno di cento senatori siano presenti mentre la questione viene deliberata… La dittatura Dig., 1.2.2.2.18-19 (Pomponio) Accresciuto il popolo, poiché scoppiavano frequenti guerre, tra le quali alcune molto aspre, portate dalle popolazioni confinanti, si ritenne opportuno, in caso di necessità, creare una magistratura dotata di maggiori poteri. Comparvero quindi i dittatori, che non erano soggetti al diritto di appello e ai quali fu data anche la facoltà di infliggere punizioni capitali. Poiché questa magistratura era dotata dei sommi poteri, non era lecito detenerla per oltre sei mesi. E a questi dittatori si affiancavano dei magistri equitum, allo stesso modo in cui ai re (si affiancavano) tribuni celerum… La censura Cic., de legibus, 3.7 I censori censiscano il popolo per età, prole, insieme degli schiavi e sostanze; abbiano la cura sui templi della città, le vie, gli acquedotti, il tesoro e e le rendite dello stato e dividano il popolo in tribù e poi lo ripartiscano per ricchezze, età e ordine di appartenenza, ripartiscano i giovani tra la cavalleria e la fanteria, proibiscano che ci siano celibi, regolino i costumi del popolo, non permettano che alcuno che si sia macchiato di azioni vergognose rimanga in senato. I censori siano due e detengano la magistratura per cinque anni e il loro potere sia sempre in vigore, mentre le altre magistrature siano annuali. La questura Tac., Ann., 11.22.4-5 L'istituzione dei questori risale a quando il potere era detenuto dai re, come dimostra la legge curiata, ripristinata da Lucio Bruto. Rimase ai consoli la facoltà di sceglierli, finché non spettò al popolo designare a quella carica. I primi a

  • essere così eletti furono Valerio Potito ed Emilio Mamerco, sessantatré anni dopo la cacciata dei Tarquini, col compito di seguire le operazioni militari. Poi, col moltiplicarsi dell'attività pubblica, se ne aggiunsero altri due, responsabili dei problemi di Roma. In seguito, il numero fu raddoppiato, quando l'Italia venne soggetta ai tributi di Roma e si aggiunsero le imposte delle province. Successivamente, con una legge di Silla, ne furono creati venti, per riempire i vuoti del senato, al quale aveva affidato l'amministrazione della giustizia. Dig., 1.2.2.22-23 (Pomponio) In seguito, accresciutosi il tesoro dello stato, affinché vi fossero magistrati che presiedessero alla sua gestione, furono creato i questori che si occupavano delle questioni finanziarie, così chiamati perché istituiti allo scopo di indagare sullo stato delle finanze e conservare il tesoro. E poiché, come abbiamo detto, i consoli per legge non potevano pronunciare sentenze capitali senza l’approvazione del popolo, per questo motivo furono creati dal popolo dei questori che presiedessero i giudizi capitali: questi venivano chiamati, quaestores parricidii, di cui è menzione anche nella legge delle XII Tavole.

    La dialettica tra patrizi e plebei: dalla prima secessione della plebe alle leges Liciniae Sextiae

    La prima secessione della plebe Liv. 2.32.2-4 (494 a.C.) Ma questo provvedimento accelerò la rivolta. Sulle prime pare si fosse parlato di assassinare i consoli per svincolarsi dagli obblighi del giuramento. Quando però fu spiegato loro che non c'era delitto che potesse liberare da un vincolo sacro, allora le truppe, su proposta di un certo Sicinio, si ammutinarono all'autorità dei consoli e si ritirarono sul monte Sacro, sulla riva destra dell'Aniene, a tre miglia da Roma. Questa é la versione più accreditata. Stando invece a quella adottata da Pisone [= FRHist., L. Calpurnius Piso Frugi, F24]., la secessione sarebbe avvenuta sull'Aventino. Lì, senza nessuno che li guidasse, fortificarono in tutta calma il campo con fossati e palizzate limitandosi ad andare in cerca di cibo e, per alcuni giorni, non subirono attacchi né attaccarono a loro volta.

    I tribuni della plebe Liv., 2.33.1-3 (494-493 a.C.) Venne allora affrontato il tema della riconciliazione e si giunse al seguente compromesso: la plebe avrebbe avuto dei magistrati sacri e inviolabili il cui compito sarebbe stato quello di prendere le sue difese contro i consoli, e nessun patrizio avrebbe potuto avere quest'incarico. Quindi furono eletti due tribuni della plebe, Caio Licinio e Lucio Albino. A loro volta essi si scelsero tre colleghi, uno dei quali era Sicinio, il promotore della rivolta. Sui nomi degli altri due ci sono parecchie incertezze. Alcuni autori sostengono che sul monte Sacro vennero eletti soltanto due tribuni e che lì fu proposta la legge sull'inviolabilità.

    Gli edili della plebe Dion Hal., 4.90.2-3 Dopo aver fatto sacrifici di ringraziamento anche agli déi della città, persuasero i patrizi a legalizzare la loro magistratura [il tribunato della plebe]. Poiché ottennero anche questo, chiesero ancora che il senato concedesse loro di eleggere due plebei ogni anno che avrebbero prestato ai tribuni i servigi di cui essi avessero bisogno, avrebbero giudicato le cause che quelli avessero affidato loro e si sarebbero occupati dei templi, dei luoghi pubblici e del mercato, affinché fosse rifornito in abbondanza. Avendo ottenuto anche questa concessione dal senato, elessero degli uomini che chiamarono assistenti e colleghi dei tribuni o anche giudici. Ora, comunque, in latino, vengono chiamati, da una delle funzioni che svolgono, aediles e hanno un potere non più subordinato a quello degli altri magistrati come prima, ma sono affidate loro diverse importanti incombenze e per molti aspetti assomigliano all’incirca agli agoranomoi dei Greci.

    Il decemvirato e le leggi delle XII tavole Liv., 3.32.-5-7 I consoli successivi furono Gaio Menenio e Publio Sestio Capitolino. Neppure quell'anno vi furono guerre con paesi stranieri, ma scoppiarono disordini interni. Nel frattempo gli inviati erano tornati con le leggi dell'Attica. E proprio per questo i tribuni insistevano con sempre maggiore accanimento affinché si arrivasse finalmente a una codificazione scritta delle leggi. Si decise di nominare dei decemviri non soggetti al diritto d'appello e di non avere quell'anno nessun altro magistrato al di fuori di loro. Se i plebei avessero dovuto o meno prendere parte alla cosa fu argomento a lungo dibattuto. Alla fine ebbero la meglio i patrizi, a patto però che non venissero abrogate la legge Icilia riguardante l'Aventino (4 e le altre leggi sacrate.

  • Liv., 3.36.3-9 Così, appena assunto il potere, essi resero memorabile il primo giorno di magistratura con un'iniziativa terribilmente minacciosa. Infatti, mentre i predecessori nel decemvirato si erano attenuti con scrupolo alla disposizione secondo la quale soltanto un membro del collegio aveva diritto a portare i fasci e questa insegna regale doveva passare a turno a ciascuno di loro, i nuovi eletti si presentarono all'improvviso in pubblico ciascuno con dodici fasci. I 120 littori avevano invaso il foro brandendo davanti a sé le scuri tenute insieme dai fasci. I decemviri spiegarono che non c'era nessuna ragione di rimuovere le scuri perché la magistratura cui erano stati nominati non contemplava il diritto d'appello. Sembravano dieci re e ciò accrebbe il terrore non solo nei cittadini più umili, ma anche nei membri più influenti del senato, i quali sospettavano che i decemviri stessero cercando qualche pretesto per procedere a una strage: se qualcuno avesse osato, in senato o di fronte al popolo, intervenire in favore della libertà, verghe e scuri sarebbero state sciolte, magari solo per intimorire il resto della gente. Il popolo non aveva più alcuna garanzia dopo la soppressione del diritto d'appello; come se non bastasse, all'unanimità i decemviri eliminarono anche il diritto di opposizione interna, mentre i predecessori avevano tollerato che le sentenze da loro emesse venissero modificate su richiesta di un collega, accettando anche che talune cause, apparentemente di stretta competenza dei decemviri, venissero portate di fronte al popolo. Per un certo periodo il terrore fu uguale per tutti. Poi, a poco a poco, cominciò a concentrarsi interamente sulla plebe: i patrizi venivano lasciati in pace; i decemviri infierivano sui più umili con arbitraria crudeltà. Era tutta questione di persone, non di cause, visto che per quegli individui, invece dell'equità, contava l'influenza esercitata dal singolo. Manipolavano in privato le sentenze per poi andarle a pronunciare nel foro. Se qualcuno si appellava a uno di loro, se ne veniva via da quello a cui si era rivolto, pentendosi di non aver accettato la sentenza del primo. Nel frattempo si era anche diffusa una diceria di provenienza non accertata, secondo la quale i decemviri non si sarebbero limitati a concertare un operato criminoso per la sola durata della carica, ma, grazie a un patto giurato in segreto, avrebbero anche deciso di non tenere le elezioni e di conservare per sempre il potere conquistato una volta per tutte, protraendo così all'infinito il decemvirato. Cic., de re publica, 2.27.63 ergo horum ex iniustitia subito exorta est maxima perturbatio et totius commutatio rei publicae; qui duabus tabulis iniquarum legum additis, quibus etiam quae diiunctis populis tribui solent conubia, haec illi ut ne plebei cum patribus essent, inhumanissima lege sanxerunt, quae postea plebiscito Canuleio abrogata est (445 a.C.)

    Tribuni militum consulari potestate Dig., 1.2. 2.25 (Pomponio) Deinde cum post aliquot annos duodecim tabulae latae sunt et plebs contenderet cum patribus et vellet ex suo quoque corpore consules creare et patres recusarent: factum est, ut tribuni militum crearentur partim ex plebe, partim ex patribus consulari potestate. Hique constituti sunt vario numero: interdum enim viginti fuerunt, interdum plures, nonnumquam pauciores.

    Le leges Liciniae Sextiae e le nuove magistrature del 366 a.C. Le leges Liciniae Sextiae Liv., 6.35.4-5 (375 a.C.] Vennero eletti Gaio Licinio e Lucio Sestio, i quali proposero solo leggi volte a contrastare l'influenza dei patrizi e a favorire gli interessi della plebe. Uno di questi provvedimenti aveva a che fare con il problema dei debiti e prescriveva che la somma pagata come interesse fosse scalata dal capitale di partenza e che il resto venisse saldato in tre rate annuali di uguale entità. Un'altra proposta riguardava la limitazione della proprietà terriera, e prevedeva che non si potessero possedere più di 500 iugeri pro capite. Una terza proponeva che non si eleggessero più tribuni militari e che uno dei due consoli fosse comunque eletto dalla plebe.

    Il pretore e gli edili curuli Dig., I, 2, 2, 26-28 (Pomponio) (26) Deinde cum placuisset creari etiam ex plebe consules, coeperunt ex utroque corpore constitui. Tunc, ut aliquo pluris patres haberent, placuit duos ex numero patrum constitui: (27) Ita facti sunt aediles curules. Cumque consules avocarentur bellis finitimis neque esset qui in civitate ius reddere posset, factum est, ut praetor quoque crearetur, qui urbanus appellatus est, quod in urbe ius redderet. (28) Post aliquot deinde annos non sufficiente eo praetore, quod multa turba etiam peregrinorum in civitatem veniret, creatus est et alius praetor, qui peregrinus appellatus est ab eo, quod plerumque inter peregrinos ius dicebat.

  • Aspetti istituzionali e principali tappe del conflitto patrizio-plebeo: cronologia

    494/3 a.C.: prima secessione della plebe (Monte Sacro); istituzione dei tribuni della plebe e dei concilia plebis tributa

    493 a.C. dedicatio del tempio di Ceres, Liber e Libera 486 a.C. proposte agrarie di Sp. Cassio 485 a.C. condanna a morte di Sp. Cassio 471 a.C. lex Publilia (plebiscito): introduzione della base tribale per l’assemblea plebea

    (concilium plebis); il numero dei tribuni sale a 4. 456 a.C. lex Icilia (plebiscito) de Aventino publicando 454 a.C. invio di una commissione in Grecia per studiare i codici legislativi 451 a.C. primo decemvirato 450 a.C. secondo decemvirato; completamento delle XII tavole; seconda secessione della plebe 449 a.C. leges Valeriae Horatiae (a) appello; (b) validità dei plebisciti; (c) sacrosanctitas dei

    tribuni della plebe 446 a.C. elezione dei quaestores (Tacito) 445 a.C. Lex Canuleia (plebiscito) sul conubium 444 a.C. sospensione del consolato: nomina dei primi tribuni militum consulari potestate 443 a.C. nomina dei primi censores (patrizi) 435 a.C. primo census presso la villa Publica (Campo Marzio); limite a 18 mesi della censura 421 a.C. numero dei quaestores aumentato a 4 409 a.C. primi quaestores plebei 405 a.C. introduzione dello stipendium 400 a.C. primi tribuni consolari plebei 387 a.C. istituzione delle tribù Stellatina, Tromentina, Sabatina, Arnensis 368 a.C. primo magister equitum plebeo 376-367 a.C. conflitti che portarono all’approvazione delle leges LIciniae Sextiae (367 a.C.): a)

    riduzione dei debiti; b) occupazione di ager publicus; c) ammissione dei plebei al consolato

    367 a.C. decemviri sacris faciundis (numero portato a 10) e plebei ammessi a tale collegio sacerdotale

    366 a.C. primo console plebeo; istituzione della pretura e dell’edilità curule 358 a.C. istituzione delle tribù Pomptina e Publilia 356 a.C. primo dictator plebeo 351 a.C. primo censor plebeo 336 a.C. primo praetor plebeo 332 a.C. istituzione delle tribù Maecia e Scaptia 326 o 313 a.C. lex Poetelia (sul nexum) 318 a.C. istituzione delle tribù Oufentina e Falerna 312 a.C. censura di Appio Claudio 304 a.C. Cn. Flavius (figlio di un liberto) aedilis curulis: pubblicazione delle legis actiones e del

    calendario (fasti) 300 a.C. lex Ogulnia (plebiscito): plebei ammessi nei collegi sacerdotali dei pontifices e degli

    augures; lex Valeria de provocatione 299 a.C. istituzione delle tribù Aniensis e Teretina 287 a.C. lex Hortensia 267 a.C. quaestores da 4 a 6 255-2 a.C. nomina del primo pontifex maximus plebeo 242 a.C. istituzione del praetor peregrinus 241 a.C. creazione delle tribù Quirina e Velina 227 a.C. praetores da 2 a 4