Introduzione al laboratorio di CHIMICA ORGANICA II · CHIMICA ORGANICA II - laboratorio E. Menna -...

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AA 2012/13 V11.001 Università di Padova Dipartimento di Scienze Chimiche Corsi di Studio in Chimica e Chimica Industriale I I I n n n t t t r r r o o o d d d u u u z z z i i i o o o n n n e e e a a a l l l l l l a a a b b b o o o r r r a a a t t t o o o r r r i i i o o o d d d i i i C C C H H H I I I M M M I I I C C C A A A O O O R R R G G G A A A N N N I I I C C C A A A I I I I I I

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AA 2012/13

V11.001

Università di Padova Dipartimento di Scienze Chimiche

Corsi di Studio in Chimica e Chimica Industriale

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Enzo Menna

Dipartimento di Scienze Chimiche

049.827.5660

[email protected]

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Sommario

Sommario ................................................................................................................... 3

Norme di Comportamento e Sicurezza nel Laboratorio .............................................. 4

ALCUNE PROCEDURE FONDAMENTALI ................................................................ 6

1. Dispense .......................................................................................................................................... 6

2. Relazioni e quaderno di laboratorio ................................................................................................. 6

3. Vetreria e assemblaggio ................................................................................................................ 11

4. Isolamento e purificazione del prodotto della reazione ................................................................. 12

Estrazione ...................................................................................................................................... 12 Distillazione .................................................................................................................................... 13 Evaporatore rotante ....................................................................................................................... 15 Cristallizzazione ............................................................................................................................. 16 Cromatografia ................................................................................................................................ 17

5. Utilizzo di apparecchiatura per riflusso .......................................................................................... 19

Bibliografia ................................................................................................................ 21

Informazioni .............................................................................................................. 22

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Norme di Comportamento e Sicurezza nel Laboratorio

1. Indossare sempre il camice, gli occhiali di protezione e, quando necessario, i guanti. Non

indossare lenti a contatto in laboratorio.

2. Assolutamente vietato fumare. Nessuna fiamma libera in laboratorio.

3. Vietato introdurre e consumare cibi e bevande in laboratorio.

4. Conoscere la collocazione e l’uso corretto dei dispositivi di emergenza (uscita di sicurezza,

estintori, docce, lavaocchi, coperta ignifuga).

5. Sapere esattamente quello che si sta facendo in ogni momento. Questo significa prepararsi

prima di iniziare l’esperimento, studiare e capire le reazioni da effettuare e i relativi

meccanismi, documentarsi e conoscere le proprietà di solventi, reagenti, prodotti e

sottoprodotti (proprietà fisiche, tossicità, pericolosità) ed il modo di utilizzarli con sicurezza.

Imparare i simboli di pericolosità ed il significato delle frasi di rischio. Le principali proprietà

fisiche e i codici di rischio di ogni prodotto utilizzato e le frasi di rischio vanno riportate in fondo

al quaderno di laboratorio.

6. Seguire rigorosamente le istruzioni e non prendere l’iniziativa di modificare in alcun modo le

procedure stabilite senza consultare prima gli incaricati del corso.

7. Essere sempre informati di quello che stanno facendo i propri vicini.

8. Non perdere mai di vista la reazione in corso.

9. Non versare alcun prodotto, solvente di scarto o residuo solido o liquido negli scarichi dei

lavandini o nei cestini della carta straccia. Usare gli appositi contenitori per la raccolta dei

residui e degli scarti.

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10. Gettare la vetreria di scarto (pipette, capillari e vetreria non riparabile), le TLC, e la vetreria

riparabile solo nei rispettivi contenitori di raccolta.

11. Tenere il proprio banco e tutte le aree di lavoro comuni (bilance, cappe, banchi strumenti)

sempre puliti e in ordine.

12. Lavare la vetreria subito dopo l’uso.

13. Non lasciare mai contenitori con prodotti o soluzioni privi di etichetta, ma con l’indicazione del

contenuto, della data di preparazione e del vostro nome.

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ALCUNE PROCEDURE FONDAMENTALI

1. Dispense

Lo studente deve procurarsi le dispense nei giorni precedenti l’inizio dell’esperienza.

Sono reperibili:

- in portineria

- nel sito e-learning (http://elearning.scienze.unipd.it)

- nel sito del corso (http://www.chimica.unipd.it/organica2)

Si compongono di:

1. Descrizione esperienza

2. Scheda di verifica: da consegnare prima di iniziare l’attività di laboratorio

3. Scheda di sicurezza: da consegnare prima di iniziare l’attività di laboratorio

2. Relazioni e quaderno di laboratorio

Anche se molte delle esperienze di questo corso saranno svolte in gruppo, ciascuno studente dovrà

redigere la propria relazione individualmente. Per tutte le esperienze la stesura della relazione va

fatta nel proprio QUADERNO DI LABORATORIO da consegnare ai docenti entro l’ultimo giorno di

ciascuna esperienza.

La relazione dovrà essere quanto più possibile accurata, concisa e completa. Dovranno essere

riportate le seguenti informazioni:

Titolo dell’esperienza e Data

Schema di reazione

Reagenti e solventi (Tabella)

- proprietà (PM, densità, b.p., …)

- quantità usate (g, ml, moli)

- frasi di rischio e sicurezza (le più rilevanti)

Procedura

- Descrizione sintetica della procedura e delle eventuali variazioni dalla ricetta. Riportare

anche le TLC.

Resa e caratterizzazione dei prodotti

- Calcolare la resa

- Riportare punti di fusione, Rf, IR,

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Conclusioni e commenti

- indicare le possibili fonti di rischio (prodotti tossici, infiammabili, ecc.) e le precauzioni da

prendere

- motivare le eventuali variazioni della procedure descritte nella dispensa

- eventuali osservazioni e commenti

- confronto tra le caratterizzazioni effettuate e i dati di lettaratura e commenti (identità,

purezza)

NOTE:

quantità usate: per i reagenti devono essere espresse in g (mg) o, qualora si misurassero volumi, in

millilitri (ml) specificando la densità, e moli (o mmoli), per i solventi in ml.

apparecchiatura usata e procedura sperimentale. Riportare concisamente le osservazioni fatte

(cambiamenti di colore, evoluzione di gas, formazione di precipitato, ecc.) nel corso della reazione,

dell'isolamento e della purificazione del prodotto. Riportare il peso, le moli e la resa percentuale del

prodotto grezzo e, qualora sia previsto uno stadio di purificazione, anche il peso, le moli e la resa

percentuale del prodotto purificato.

dati analitici del(i) prodotto(i): aspetto fisico, p.e. (°C/torr) o p.f. (°C), valori questi che vanno

confrontati con i dati di letteratura.

È di seguito fornito un esempio di relazione a cui attenersi.

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pag. 1 10 ottobre 2006

Sintesi della 2-piridinchetossima

NCH3

O

NH2OH·HCl

K2CO3, 60 °CEtOH/H2O

NCH3

NOH

PM d (g/mL) g mL mol Equiv.

2-acetilpiridina 121.14 - 4.1 - 3.4·10-2 1

NH2OH·HCl 69.49 - 2.7 - 3.8·10-2 1.1

K2CO3 138.20 - 2.7 - 1.9·10-2 1.1

H2O 20

EtOH 10

Procedura: In un pallone da 100 mL, munito di refrigerante a bolle, viene posta la 2-acetilpiridina

sciolta in etanolo; separatamente vengono preparate una soluzione di idrossilammina cloridrato in 10

mL d’acqua e una di carbonato di potassio in 10 mL di acqua. Le due soluzioni acquose vengono aggiunte

nel pallone, la miscela viene portata a 60° C in un bagno a olio e lasciata sotto agitazione magnetica

per un’ora, osservando il procedere della reazione tramite TLC (gel di silice, eluente: CHCl3).

Terminata la reazione, il solido viene filtrato su gooch e purificato per ricristallizzazione da

etanolo/acqua. Si ottengono 2.430 g di 2-piridinchetossima, solido bianco, per una resa del 53%.

p.f. 122-123° C (lett. 121° C)

IR (pastiglia di KBr): 3520, 3069, 2964, 2680, 1470, 695 cm-1.

TLC (gel di silice, CHCl3): Rf = 0.34

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Alcune indicazioni generali per il QUADERNO DI LABORATORIO:

E’ personale (uno per studente)

Usare un quaderno PICCOLO, a quadretti, e NON ad anelli

Scrivere sulla COPERTINA ESTERNA il Cognome, Nome e numero di GRUPPO, scritti in grande

con pennarello indelebile

Compilare in laboratorio e consegnare alla fine dell’esperienza (ultimo giorno)

Scrivere a penna

Numerare ogni pagina

Riportare sempre la data.

Lasciare SEMPRE in laboratorio, nell'apposita scatola, salvo accordi con il docente

Usare un block-notes piccolo per gli appunti provvisori (es. pesate …)

pag. 2Variazioni, osservazioni e commenti:

Sicurezza: L’idrossilammina cloridrato è un reagente tossico per ingestione (R22-R48/22) ma soprattutto

irritante a contatto con la pelle (R36/38) fino a provocare sensibilizzazione (R43): deve quindi essere

posta particolare attenzione nel maneggiarla indossando guanti e camice. La 2-acetilpiridina è irritante

per occhi, vie respiratorie e pelle (R36/37/38): oltre alle precauzioni appena menzionate è quindi

importante mantenere il più possibile il composto sotto cappa. Gli altri solventi e reagenti utilizzati non

richiedono particolari precauzioni oltre a quelle normalmente messe in atto nel trattare composti

chimici.

La sintesi del prodotto è stata effettuata seguendo la procedura riportata nella dispensa senza variazioni.

Al termine della reazione si è osservata la formazione di un precipitato rosso. Per la ricristallizzazione

sono stati utilizzati 10 ml di miscela di etanolo/acqua 1:1. La resa ottenuta è discreta, le perdite

maggiori ottenute possono essere attribuite al processo di ricristalizzazione.

La temperatura di fusione è molto simile a quella riportato in letteratura, indice di una buona purezza

del composto. La purezza è confermata anche dall’analisi TLC, dove si osserva la presenza di una sola

macchia.

L’analisi TLC conferma anche l’identità del composto: il valore di Rf del prodotto ottenuto è uguale a

quello del prodotto puro di riferimento. L’analisi IR conferma la struttura del prodotto: sono infatti

rilevabili un segnale a 2680 cm-1, tipico del gruppo C=N, e segnali a 3520 ( O-H), 3069 ( C-H

aromatici), 2964 ( C-H alifatici), 1470 ( CH3), 695 ( CH aromatici).

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Procedura:

a. Leggere e firmare scheda di rischio, che deve essere consegnata APPENA SI ENTRA IN

LABORATORIO all'inizio di ogni nuova esperienza (nell'apposita scatola)

b. Rispondere ai questi della scheda di verifica, da consegnare APPENA SI ENTRA IN

LABORATORIO all'inizio di ogni nuova esperienza (nell'apposita scatola)

c. Firmare la presenza (tutti i giorni)

d. Eseguire l’esperienza

e. Preparare la relazione

f. Consegnare quaderno con relazione

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3. Vetreria e assemblaggio

Sono di seguito riprodotti elementi di vetreria e piccola attrezzatura di uso comune nel laboratorio

di chimica organica.

Figura 1 1. becher; 2. bottiglia; 3. beute; 4. palloni; 5. imbuto; 6. vetrini d’orologio; 7. provetta; 8. pipetta di Pasteur.

Figura 2 1. cilindro graduato; 2. buretta; 3. pipetta tarata; 4. matracci tarati; 5. imbuto di Buchner; 6. tubo a cloruro di calcio; 7. imbuto separatore; 8. essiccatore.

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4. Isolamento e purificazione del prodotto della reazione

Al termine di una reazione è generalmente necessario isolare il prodotto da reagenti residui,

eventuali sottoprodotti ed impurezze e dal solvente.

Estrazione: la procedura più comune per l'isolamento del prodotto consiste nell'aggiunta di acqua (o

di una soluzione acquosa acida o basica) ed estrazione con un solvente organico (etere etilico,

cloruro di metilene, cloroformio). Per questa operazione si impiega generalmente un imbuto

separatore (Figura 3).

A B C

Figura 3 Passaggi della procedura di estrazione con imbuto separatore. (a = fase più densa, b = fase meno densa).

Dopo aver introdotto nell’imbuto le due fasi a e b (passaggio A), si agita in modo da consentire il

massimo scambio di soluti fra i due liquidi, sfiatando ripetutamente, come indicato in Figura 4, per

rilasciare i vapori ed i gas sotto pressione che spesso si formano.

ATTENZIONE: ricordarsi di sfiatare ripetutamente l'imbuto separatore (Figura 4) durante le estrazioni

(! PERICOLO !).

Dopo aver atteso la completa separazione delle due fasi (passaggio B), si toglie il tappo e si fa

gocciolare la fase a dal beccuccio inferiore. Quindi si chiude il rubinetto e si versa la fase b

(passaggio C) dall’apertura superiore.

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Figura 4 Sfiatare correttamente l’imbuto separatore per non arrecare danni alle persone.

(Nota: assicurarsi di aver completato l'isolamento del prodotto, compreso il calcolo della resa, prima di

eliminare le fasi di scarto). Gli anidrificanti più usati sono il solfato di magnesio anidro (non adatto per

prodotti sensibili agli acidi), il solfato di sodio anidro ed il calcio cloruro anidro (non adatto per ammine,

alcoli e prodotti sensibili alle basi).

Se il prodotto reagisce con l'acqua, il solvente organico viene allontanato per distillazione ed il

prodotto viene isolato e purificato per cristallizzazione, distillazione o cromatografia. Le tecniche di

purificazione più comuni sono:

Distillazione: la semplice apparecchiatura della Figura 5 è sufficiente solo se i punti di ebollizione dei

componenti da separare differiscono di almeno 60°C, negli altri casi è necessario eseguire una

distillazione frazionata con una colonna di frazionamento (Figura 6).

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Figura 5 Distillazione semplice a pressione atmosferica o a pressione ridotta.

Generalmente è buona norma distillare un prodotto a temperature non troppo elevate per evitare

decomposizione termica: se il punto di ebollizione del prodotto a pressione atmosferica è maggiore di

120°C è consigliabile eseguire la distillazione a pressione ridotta utillizzando una pompa ad acqua o

una pompa meccanica. In questi casi è importante montare una trappola fra la pompa e la coda del

distillatore per evitare i problemi di un eventuale risucchio di acqua nel caso di una pompa ad acqua o

di contaminare la pompa meccanica con i vapori sfuggiti al condensatore. In questo secondo caso la

trappola deve essere raffreddata con un bagno freddo (ghiaccio secco/acetone).

Figura 6 Distillazione con colonna Vigreaux a pressione atmosferica o a pressione ridotta.

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Evaporatore rotante: è un’apparecchiatura che consente di allontanare velocemente il solvente ed

isolare il soluto, sia che si tratti di una sostanza solida, sia che si tratti di un liquido altobollente. Un

evaporatore rotante si compone di tre parti (Figura 7). Il bagno riscaldante A, che serve all’adduzione

di energia, la struttura di supporto B, che tiene insieme i componenti e l’elevatore 1 ed accoglie il

motore per la rotazione 2, il sistema di controllo 3, e il complesso in vetro C, nel quale avvengono i

processi di distillazione. Il complesso in vetro è composto da pallone di evaporazione 4, sistema di

tenuta 5, collettore in vetro 6 e recipiente di raccolta.

L’evaporazione avviene a pressione ridotta (perché l’evaporatore è collegato ad una pompa da vuoto

tramite il raccordo 10) e quindi a temperature relativamente basse. Il pallone contenente la soluzione

da evaporare 4 è immerso nel bagno d’acqua A, alla temperatura opportuna, e lasciato in rotazione

durante l’evaporazione, così da prevenire la formazione di grosse bolle e lasciare esposta un’ampia

superficie del liquido. Il vapore che via via si forma risale verso il refrigerante 6 (raffreddato da una

serpentina d’acqua) e qui condensando scende verso il pallone di raccolta 7, immerso in bagno di

ghiaccio. In sintesi si opera come segue:

i. si prepara il bagno di ghiaccio per il pallone di raccolta e si apre l’acqua di raffreddamento;

ii. si collega il pallone, contenente la soluzione da evaporare, all’evaporatore, lo si fissa e senza

lasciare la presa si fa il vuoto nell’evaporatore.

dopo qualche secondo si immerge il pallone nel

bagno d’acqua e si inizia a farlo ruotare

controllando che l’evaporazione avvenga in

modo regolare.

Evaporato il solvente si procede in modo inverso:

i. si ferma la rotazione e si solleva il pallone

dal bagno;

si lascia entrare lentamente l’aria

nell’evaporatore dallo sfiato 9 ruotando il

rubinetto 8;

ii. si chiude la pompa da vuoto e si stacca il

pallone;

iii. si chiude l’acqua di raffreddamento e si

svuota il pallone di raccolta (eliminando il

solvente negli appositi contenitori di

raccolta)

Figura 7 Rappresentazione schematica di un evaporatore rotante.

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Cristallizzazione: è basata sull'ottenimento di una soluzione sovrasatura del prodotto:

per lento raffreddamento (a temperatura ambiente o inferiore) di una soluzione satura al punto di

ebollizione, eventualmente filtrata a caldo, (cristallizzazione “caldo/freddo”; Figura 8), oppure

- per aggiunta di un solvente in cui il prodotto non è solubile ad una soluzione satura a

temperatura ambiente; l'aggiunta prosegue fino al momento in cui scompare l'intorbidimento

della soluzione o della miscela (Nota: non sempre si separano due fasi).

Freddo Caldo Freddo

Impurezzeinsolubili

Acidobenzoico

Impurezzesolubili

Impurezzeinsolubili

Impurezzesolubili

Acidobenzoico

(filtrazione a caldo)

(filtrazione a freddo)

Freddo Caldo Freddo

Impurezzeinsolubili

Acidobenzoico

Impurezzesolubili

Impurezzeinsolubili

Impurezzesolubili

Acidobenzoico

(filtrazione a caldo)

(filtrazione a freddo)

Figura 8 Le fasi di una purificazione per ricristallizzazione caldo/freddo (nell’esempio si isola acido benzoico).

Coppie di solventi spesso usate sono: etere/etere di petrolio(o n-esano); cloroformio/etere di petrolio(o

n-esano); cloruro di metilene/etere di petrolio(n-esano); acetone/etere; acetone/acqua; etanolo/acqua;

metanolo/acqua.

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Spesso se la cristallizzazione non inizia

spontaneamente, può essere indotta con

l'aggiunta di qualche cristallino del

prodotto, se disponibile, oppure grattando

la parete interna del recipiente in

corrispondenza alla superficie della

soluzione con una bacchetta di vetro

oppure raffreddando la soluzione a -70°C e

riportandola a temperatura ambiente

sempre grattando la parete interna del

recipiente. La temperatura della soluzione

sovrasatura dovrebbe essere di almeno

30°C inferiore al punto di fusione del

prodotto da ricristallizzare. Se questa

condizione non si verifica spesso il prodotto

separa come un olio anzichè formare un

precipitato cristallino. Il prodotto cristallino è filtrato sotto vuoto.

La cristallizzazione caldo/freddo si basa sull’aumento di solubilità con la temperatura. E’ pertanto

necessario scegliere un solvente che, nei confronti del composto da purificare, si comporti in modo

ottimale, cioè tale che la solubilità aumenti considerevolmente con la temperatura. Si veda ad

esempio l’andamento per l’acido benzoico in acqua (Figura 9). Le condizioni ideali consistono nella

quasi totale insolubilità a T ambiente (o comunque alla minima temperatura operativa) e quasi totale

solubilità alla massima T operativa (inferiore al Peb).

Cromatografia: è un processo di separazione basato sulla distribuzione differenziale dei componenti

di una miscela tra una fase mobile (in forma di liquido o gas) e una fase stazionaria (solida). La fase

stazionaria può essere sotto forma di colonna (cromatografia su colonna) attraverso cui fluisce la fase

mobile, o sotto forma di strato sottile (cromatografia su strato sottile) sul quale la fase mobile (liquida)

scorre per capillarità.

Le tecniche cromatografiche vengono utilizzate sia in applicazioni analitiche per:

- seguire il decorso della reazione

- determinare l'identità e la purezza del prodotto

sia preparative per:

- separare miscele di componenti

Le tecniche principali sono la cromatografia liquida su colonna e su strato sottile (TLC, thin layer

chromatography) e la gas cromatografia (GC). Le prime due sono adatte a composti solidi o liquidi

0

5

10

15

20

25

30

35

40

0 20 40 60 80 100

T (°C)S

olu

bil

ità

(g/l

)

Figura 9 Curva sperimentale solubilità / temperatura dell’acido benzoico in acqua

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con punto di ebollizione relativamente elevato, la gas cromatografia, al contrario, è particolarmente

indicata per composti volatili.

La cromatografia su strato sottile (TLC , Figura 10) è il metodo più comunemente usato per seguire

il decorso della reazione. Utilizzeremo lastrine di gel di silice contenenti un indicatore fluorescente che

permette la visualizzazione degli eluiti per esposizione della lastra sviluppata alla luce UV.

~ 1 cm

~ 0.5 cm

~ 0.3 cm

Lastrina(fase stazionaria)

Eluente(fase mobile)

polaritàeluente

polaritàanalita

A

B

C

D~ 1 cm

~ 0.5 cm

~ 0.3 cm

Lastrina(fase stazionaria)

Eluente(fase mobile)

polaritàeluente

polaritàanalita

AA

BB

CC

DD

Figura 10 Cromatografica su strato sottile (TLC): A. Caricamento dell’analita; B. Immersione nell’eluente; C. Eluizione; D. Effetti della polarità).

Alternativamente gli eluiti possono essere rivelati trattando la lastrina con un opportuno reattivo (iodio,

2,4-dinitrofenilidrazina, KMnO4, acido fosfomolibdico ecc.). È necessario provare alcuni eluenti diversi

(solventi puri o più comunemente miscele di solventi di diversa polarità, per es. etere di petrolio/etere

etilico, in diverse proporzioni) per poi scegliere l'eluente ottimale per la separazione dei componenti la

miscela di reazione (Figura 11).

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Composto A (meno polare)

Composto B (più polare)

Miscela A+B

Composto A (meno polare)

Composto B (più polare)

Miscela A+B

Figura 11 Separazione di una miscela mediante TLC.

Ricordarsi di riprodurre sempre sul quaderno di laboratorio i cromatogrammi-TLC ottenuti con i vari

eluenti, specificando i valori di Rf dei vari eluiti (Rf = distanza percorsa dall'eluito/distanza percorsa

dal fronte dell'eluente, Figura 12)

dA

Rf (A) =dS

dA

dSdA

Rf (A) =dS

dA

dS

Figura 12 Calcolo del fattore di ritenzione (Rf).

5. Utilizzo di apparecchiatura per riflusso

Quando si deve mantenere ad alta temperatura una soluzione, ad esempio per condurre una reazione

o una cristallizzazione, può essere necessario utilizzare un apparecchiatura per riflusso (Figura 13),

allo scopo di evitare che il solvente evapori. In pratica si tratta di montare un condensatore verticale

(solitamente “a bolle”) sopra il pallone di reazione. L’acqua nella camicia esterna raffredda le pareti

consentendo ai vapori di condensare e ricadere nel pallone.

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Il flusso d’acqua non deve essere elevato, in quanto la quantità di calore scambiata è limitata, mentre

le dimensioni del condensatore devono essere adeguate per consentire ai vapori di condensare

completamente prima di raggiungere la sommità.

E’ fondamentale NON CHIUDERE l’apertura alla sommità

dell’apparecchiatura, in quanto, nonostante il riflusso del

solvente, si possono avere comunque delle variazioni di

volume dovute all’eventuale sviluppo di gas nel corso

della reazione (ad esempio CO2, H2, …) o semplicemente

al riscaldamento dell’aria presente all’interno

(! PERICOLO !). E’ invece possibile montare un tubo a

CaCl2 che evita l’ingresso di umidità o corpi estranei,

mentre non impedisce il deflusso di aria e gas.

Per il riscaldamento si impiega generalmente un mantello

riscaldante o un bagno ad acqua (o olio) su piastra

riscaldante. Quest’ultima soluzione consente un miglior

controllo della temperatura.

Il pallone di rezione viene fissato con una pinza alla

rastrelliera, mentre l’apparecchio riscaldante è sorretto

da un elevatore meccanico, in modo da poterlo

facilmente abbassare per interrompere rapidamente il

riscaldamento all’occorrenza.

H2O

H2O

H2O

H2O

Figura 13 Apparecchiatura per il riscaldamento a riflusso.

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Bibliografia

1. “Vogel Chimica Organica Pratica” 2° ed.; A. I. Vogel, Casa Editrice Ambrosiana, Milano; 1988.

(Vogel's Textbook of Practical Organic Chemistry, 5th Edition; Addison-Wesley Pub Co; 5th

edition, 1989)

2. M. R. Royston, J. C. Gilbert, S. F. Martin “Chimica Organica Sperimentale”, Ed. Zanichelli,

Bologna – 1999

3. James W. Zubrick, “The Organic Chem Lab Survival Manual”, John Wiley & Sons - 2010

Proprietà chimico-fisiche di composti organici:

1. 'The Handbook of Chemistry and Physics' CRC Press, Boca Raton, Florida (71st ed., 1990-1991).

2. 'Merck Index' Merck and Company, Rahway, NJ, 11th ed., 1989.

3. Cataloghi delle varie ditte commerciali (Aldrich, Fluka, ecc.)

4. ''Heilbron's Dictionary of Organic Compounds” J. Buckingham, Ed., Chapman and Hall, London,

1982 (7 volumi, Biblioteca del Centro Interchimico).

Testo di riferimento generale di chimica organica con ricca bibliografia:

March's Advanced Organic Chemistry: Reactions, Mechanisms, and Structure, 5th Edition, Wiley

Interscience, 2000.

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V11.001

Informazioni

Di seguito sono fornite alcune indicazioni relative all’organizzazione del corso. Gli studenti dei

Corsi di Laurea in Chimica e Chimica Industriale sono divisi in tre turni (Turno A e Turno B e Turno C)

equivalenti per numero. Il laboratorio si svolge all’VIII piano dalle 14:30 alle 18:30.

Salvo indicazioni diverse, ogni primo giorno di una nuova esperienza, alle 14:30 in aula, una

breve discussione introdurrà l’esperienza prevista per quella sessione di laboratorio. Ogni settimana

ciascuno studente dovrà stamparsi la scheda illustrativa dell’esperienza programmata per la/le

settimana/e successiva/e (presso la portineria o dal sito web http://elearning.scienze.unipd.it). È

richiesto che gli studenti studino e comprendano il materiale descritto nella scheda per arrivare

preparati alla esercitazione di laboratorio. Parte utile di questa importante preparazione all’esperienza

di laboratorio è costituita da alcune domande cui ciascuno studente dovrà rispondere per iscritto nella

relazione.