AA 2012/13
V11.001
Università di Padova Dipartimento di Scienze Chimiche
Corsi di Studio in Chimica e Chimica Industriale
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CHIMICA ORGANICA II - laboratorio E. Menna - AA 2012/13
2
Enzo Menna
Dipartimento di Scienze Chimiche
049.827.5660
CHIMICA ORGANICA II - laboratorio E. Menna - AA 2012/13
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Sommario
Sommario ................................................................................................................... 3
Norme di Comportamento e Sicurezza nel Laboratorio .............................................. 4
ALCUNE PROCEDURE FONDAMENTALI ................................................................ 6
1. Dispense .......................................................................................................................................... 6
2. Relazioni e quaderno di laboratorio ................................................................................................. 6
3. Vetreria e assemblaggio ................................................................................................................ 11
4. Isolamento e purificazione del prodotto della reazione ................................................................. 12
Estrazione ...................................................................................................................................... 12 Distillazione .................................................................................................................................... 13 Evaporatore rotante ....................................................................................................................... 15 Cristallizzazione ............................................................................................................................. 16 Cromatografia ................................................................................................................................ 17
5. Utilizzo di apparecchiatura per riflusso .......................................................................................... 19
Bibliografia ................................................................................................................ 21
Informazioni .............................................................................................................. 22
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Norme di Comportamento e Sicurezza nel Laboratorio
1. Indossare sempre il camice, gli occhiali di protezione e, quando necessario, i guanti. Non
indossare lenti a contatto in laboratorio.
2. Assolutamente vietato fumare. Nessuna fiamma libera in laboratorio.
3. Vietato introdurre e consumare cibi e bevande in laboratorio.
4. Conoscere la collocazione e l’uso corretto dei dispositivi di emergenza (uscita di sicurezza,
estintori, docce, lavaocchi, coperta ignifuga).
5. Sapere esattamente quello che si sta facendo in ogni momento. Questo significa prepararsi
prima di iniziare l’esperimento, studiare e capire le reazioni da effettuare e i relativi
meccanismi, documentarsi e conoscere le proprietà di solventi, reagenti, prodotti e
sottoprodotti (proprietà fisiche, tossicità, pericolosità) ed il modo di utilizzarli con sicurezza.
Imparare i simboli di pericolosità ed il significato delle frasi di rischio. Le principali proprietà
fisiche e i codici di rischio di ogni prodotto utilizzato e le frasi di rischio vanno riportate in fondo
al quaderno di laboratorio.
6. Seguire rigorosamente le istruzioni e non prendere l’iniziativa di modificare in alcun modo le
procedure stabilite senza consultare prima gli incaricati del corso.
7. Essere sempre informati di quello che stanno facendo i propri vicini.
8. Non perdere mai di vista la reazione in corso.
9. Non versare alcun prodotto, solvente di scarto o residuo solido o liquido negli scarichi dei
lavandini o nei cestini della carta straccia. Usare gli appositi contenitori per la raccolta dei
residui e degli scarti.
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10. Gettare la vetreria di scarto (pipette, capillari e vetreria non riparabile), le TLC, e la vetreria
riparabile solo nei rispettivi contenitori di raccolta.
11. Tenere il proprio banco e tutte le aree di lavoro comuni (bilance, cappe, banchi strumenti)
sempre puliti e in ordine.
12. Lavare la vetreria subito dopo l’uso.
13. Non lasciare mai contenitori con prodotti o soluzioni privi di etichetta, ma con l’indicazione del
contenuto, della data di preparazione e del vostro nome.
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ALCUNE PROCEDURE FONDAMENTALI
1. Dispense
Lo studente deve procurarsi le dispense nei giorni precedenti l’inizio dell’esperienza.
Sono reperibili:
- in portineria
- nel sito e-learning (http://elearning.scienze.unipd.it)
- nel sito del corso (http://www.chimica.unipd.it/organica2)
Si compongono di:
1. Descrizione esperienza
2. Scheda di verifica: da consegnare prima di iniziare l’attività di laboratorio
3. Scheda di sicurezza: da consegnare prima di iniziare l’attività di laboratorio
2. Relazioni e quaderno di laboratorio
Anche se molte delle esperienze di questo corso saranno svolte in gruppo, ciascuno studente dovrà
redigere la propria relazione individualmente. Per tutte le esperienze la stesura della relazione va
fatta nel proprio QUADERNO DI LABORATORIO da consegnare ai docenti entro l’ultimo giorno di
ciascuna esperienza.
La relazione dovrà essere quanto più possibile accurata, concisa e completa. Dovranno essere
riportate le seguenti informazioni:
Titolo dell’esperienza e Data
Schema di reazione
Reagenti e solventi (Tabella)
- proprietà (PM, densità, b.p., …)
- quantità usate (g, ml, moli)
- frasi di rischio e sicurezza (le più rilevanti)
Procedura
- Descrizione sintetica della procedura e delle eventuali variazioni dalla ricetta. Riportare
anche le TLC.
Resa e caratterizzazione dei prodotti
- Calcolare la resa
- Riportare punti di fusione, Rf, IR,
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Conclusioni e commenti
- indicare le possibili fonti di rischio (prodotti tossici, infiammabili, ecc.) e le precauzioni da
prendere
- motivare le eventuali variazioni della procedure descritte nella dispensa
- eventuali osservazioni e commenti
- confronto tra le caratterizzazioni effettuate e i dati di lettaratura e commenti (identità,
purezza)
NOTE:
quantità usate: per i reagenti devono essere espresse in g (mg) o, qualora si misurassero volumi, in
millilitri (ml) specificando la densità, e moli (o mmoli), per i solventi in ml.
apparecchiatura usata e procedura sperimentale. Riportare concisamente le osservazioni fatte
(cambiamenti di colore, evoluzione di gas, formazione di precipitato, ecc.) nel corso della reazione,
dell'isolamento e della purificazione del prodotto. Riportare il peso, le moli e la resa percentuale del
prodotto grezzo e, qualora sia previsto uno stadio di purificazione, anche il peso, le moli e la resa
percentuale del prodotto purificato.
dati analitici del(i) prodotto(i): aspetto fisico, p.e. (°C/torr) o p.f. (°C), valori questi che vanno
confrontati con i dati di letteratura.
È di seguito fornito un esempio di relazione a cui attenersi.
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pag. 1 10 ottobre 2006
Sintesi della 2-piridinchetossima
NCH3
O
NH2OH·HCl
K2CO3, 60 °CEtOH/H2O
NCH3
NOH
PM d (g/mL) g mL mol Equiv.
2-acetilpiridina 121.14 - 4.1 - 3.4·10-2 1
NH2OH·HCl 69.49 - 2.7 - 3.8·10-2 1.1
K2CO3 138.20 - 2.7 - 1.9·10-2 1.1
H2O 20
EtOH 10
Procedura: In un pallone da 100 mL, munito di refrigerante a bolle, viene posta la 2-acetilpiridina
sciolta in etanolo; separatamente vengono preparate una soluzione di idrossilammina cloridrato in 10
mL d’acqua e una di carbonato di potassio in 10 mL di acqua. Le due soluzioni acquose vengono aggiunte
nel pallone, la miscela viene portata a 60° C in un bagno a olio e lasciata sotto agitazione magnetica
per un’ora, osservando il procedere della reazione tramite TLC (gel di silice, eluente: CHCl3).
Terminata la reazione, il solido viene filtrato su gooch e purificato per ricristallizzazione da
etanolo/acqua. Si ottengono 2.430 g di 2-piridinchetossima, solido bianco, per una resa del 53%.
p.f. 122-123° C (lett. 121° C)
IR (pastiglia di KBr): 3520, 3069, 2964, 2680, 1470, 695 cm-1.
TLC (gel di silice, CHCl3): Rf = 0.34
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Alcune indicazioni generali per il QUADERNO DI LABORATORIO:
E’ personale (uno per studente)
Usare un quaderno PICCOLO, a quadretti, e NON ad anelli
Scrivere sulla COPERTINA ESTERNA il Cognome, Nome e numero di GRUPPO, scritti in grande
con pennarello indelebile
Compilare in laboratorio e consegnare alla fine dell’esperienza (ultimo giorno)
Scrivere a penna
Numerare ogni pagina
Riportare sempre la data.
Lasciare SEMPRE in laboratorio, nell'apposita scatola, salvo accordi con il docente
Usare un block-notes piccolo per gli appunti provvisori (es. pesate …)
pag. 2Variazioni, osservazioni e commenti:
Sicurezza: L’idrossilammina cloridrato è un reagente tossico per ingestione (R22-R48/22) ma soprattutto
irritante a contatto con la pelle (R36/38) fino a provocare sensibilizzazione (R43): deve quindi essere
posta particolare attenzione nel maneggiarla indossando guanti e camice. La 2-acetilpiridina è irritante
per occhi, vie respiratorie e pelle (R36/37/38): oltre alle precauzioni appena menzionate è quindi
importante mantenere il più possibile il composto sotto cappa. Gli altri solventi e reagenti utilizzati non
richiedono particolari precauzioni oltre a quelle normalmente messe in atto nel trattare composti
chimici.
La sintesi del prodotto è stata effettuata seguendo la procedura riportata nella dispensa senza variazioni.
Al termine della reazione si è osservata la formazione di un precipitato rosso. Per la ricristallizzazione
sono stati utilizzati 10 ml di miscela di etanolo/acqua 1:1. La resa ottenuta è discreta, le perdite
maggiori ottenute possono essere attribuite al processo di ricristalizzazione.
La temperatura di fusione è molto simile a quella riportato in letteratura, indice di una buona purezza
del composto. La purezza è confermata anche dall’analisi TLC, dove si osserva la presenza di una sola
macchia.
L’analisi TLC conferma anche l’identità del composto: il valore di Rf del prodotto ottenuto è uguale a
quello del prodotto puro di riferimento. L’analisi IR conferma la struttura del prodotto: sono infatti
rilevabili un segnale a 2680 cm-1, tipico del gruppo C=N, e segnali a 3520 ( O-H), 3069 ( C-H
aromatici), 2964 ( C-H alifatici), 1470 ( CH3), 695 ( CH aromatici).
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Procedura:
a. Leggere e firmare scheda di rischio, che deve essere consegnata APPENA SI ENTRA IN
LABORATORIO all'inizio di ogni nuova esperienza (nell'apposita scatola)
b. Rispondere ai questi della scheda di verifica, da consegnare APPENA SI ENTRA IN
LABORATORIO all'inizio di ogni nuova esperienza (nell'apposita scatola)
c. Firmare la presenza (tutti i giorni)
d. Eseguire l’esperienza
e. Preparare la relazione
f. Consegnare quaderno con relazione
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3. Vetreria e assemblaggio
Sono di seguito riprodotti elementi di vetreria e piccola attrezzatura di uso comune nel laboratorio
di chimica organica.
Figura 1 1. becher; 2. bottiglia; 3. beute; 4. palloni; 5. imbuto; 6. vetrini d’orologio; 7. provetta; 8. pipetta di Pasteur.
Figura 2 1. cilindro graduato; 2. buretta; 3. pipetta tarata; 4. matracci tarati; 5. imbuto di Buchner; 6. tubo a cloruro di calcio; 7. imbuto separatore; 8. essiccatore.
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4. Isolamento e purificazione del prodotto della reazione
Al termine di una reazione è generalmente necessario isolare il prodotto da reagenti residui,
eventuali sottoprodotti ed impurezze e dal solvente.
Estrazione: la procedura più comune per l'isolamento del prodotto consiste nell'aggiunta di acqua (o
di una soluzione acquosa acida o basica) ed estrazione con un solvente organico (etere etilico,
cloruro di metilene, cloroformio). Per questa operazione si impiega generalmente un imbuto
separatore (Figura 3).
A B C
Figura 3 Passaggi della procedura di estrazione con imbuto separatore. (a = fase più densa, b = fase meno densa).
Dopo aver introdotto nell’imbuto le due fasi a e b (passaggio A), si agita in modo da consentire il
massimo scambio di soluti fra i due liquidi, sfiatando ripetutamente, come indicato in Figura 4, per
rilasciare i vapori ed i gas sotto pressione che spesso si formano.
ATTENZIONE: ricordarsi di sfiatare ripetutamente l'imbuto separatore (Figura 4) durante le estrazioni
(! PERICOLO !).
Dopo aver atteso la completa separazione delle due fasi (passaggio B), si toglie il tappo e si fa
gocciolare la fase a dal beccuccio inferiore. Quindi si chiude il rubinetto e si versa la fase b
(passaggio C) dall’apertura superiore.
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Figura 4 Sfiatare correttamente l’imbuto separatore per non arrecare danni alle persone.
(Nota: assicurarsi di aver completato l'isolamento del prodotto, compreso il calcolo della resa, prima di
eliminare le fasi di scarto). Gli anidrificanti più usati sono il solfato di magnesio anidro (non adatto per
prodotti sensibili agli acidi), il solfato di sodio anidro ed il calcio cloruro anidro (non adatto per ammine,
alcoli e prodotti sensibili alle basi).
Se il prodotto reagisce con l'acqua, il solvente organico viene allontanato per distillazione ed il
prodotto viene isolato e purificato per cristallizzazione, distillazione o cromatografia. Le tecniche di
purificazione più comuni sono:
Distillazione: la semplice apparecchiatura della Figura 5 è sufficiente solo se i punti di ebollizione dei
componenti da separare differiscono di almeno 60°C, negli altri casi è necessario eseguire una
distillazione frazionata con una colonna di frazionamento (Figura 6).
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Figura 5 Distillazione semplice a pressione atmosferica o a pressione ridotta.
Generalmente è buona norma distillare un prodotto a temperature non troppo elevate per evitare
decomposizione termica: se il punto di ebollizione del prodotto a pressione atmosferica è maggiore di
120°C è consigliabile eseguire la distillazione a pressione ridotta utillizzando una pompa ad acqua o
una pompa meccanica. In questi casi è importante montare una trappola fra la pompa e la coda del
distillatore per evitare i problemi di un eventuale risucchio di acqua nel caso di una pompa ad acqua o
di contaminare la pompa meccanica con i vapori sfuggiti al condensatore. In questo secondo caso la
trappola deve essere raffreddata con un bagno freddo (ghiaccio secco/acetone).
Figura 6 Distillazione con colonna Vigreaux a pressione atmosferica o a pressione ridotta.
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Evaporatore rotante: è un’apparecchiatura che consente di allontanare velocemente il solvente ed
isolare il soluto, sia che si tratti di una sostanza solida, sia che si tratti di un liquido altobollente. Un
evaporatore rotante si compone di tre parti (Figura 7). Il bagno riscaldante A, che serve all’adduzione
di energia, la struttura di supporto B, che tiene insieme i componenti e l’elevatore 1 ed accoglie il
motore per la rotazione 2, il sistema di controllo 3, e il complesso in vetro C, nel quale avvengono i
processi di distillazione. Il complesso in vetro è composto da pallone di evaporazione 4, sistema di
tenuta 5, collettore in vetro 6 e recipiente di raccolta.
L’evaporazione avviene a pressione ridotta (perché l’evaporatore è collegato ad una pompa da vuoto
tramite il raccordo 10) e quindi a temperature relativamente basse. Il pallone contenente la soluzione
da evaporare 4 è immerso nel bagno d’acqua A, alla temperatura opportuna, e lasciato in rotazione
durante l’evaporazione, così da prevenire la formazione di grosse bolle e lasciare esposta un’ampia
superficie del liquido. Il vapore che via via si forma risale verso il refrigerante 6 (raffreddato da una
serpentina d’acqua) e qui condensando scende verso il pallone di raccolta 7, immerso in bagno di
ghiaccio. In sintesi si opera come segue:
i. si prepara il bagno di ghiaccio per il pallone di raccolta e si apre l’acqua di raffreddamento;
ii. si collega il pallone, contenente la soluzione da evaporare, all’evaporatore, lo si fissa e senza
lasciare la presa si fa il vuoto nell’evaporatore.
dopo qualche secondo si immerge il pallone nel
bagno d’acqua e si inizia a farlo ruotare
controllando che l’evaporazione avvenga in
modo regolare.
Evaporato il solvente si procede in modo inverso:
i. si ferma la rotazione e si solleva il pallone
dal bagno;
si lascia entrare lentamente l’aria
nell’evaporatore dallo sfiato 9 ruotando il
rubinetto 8;
ii. si chiude la pompa da vuoto e si stacca il
pallone;
iii. si chiude l’acqua di raffreddamento e si
svuota il pallone di raccolta (eliminando il
solvente negli appositi contenitori di
raccolta)
Figura 7 Rappresentazione schematica di un evaporatore rotante.
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Cristallizzazione: è basata sull'ottenimento di una soluzione sovrasatura del prodotto:
per lento raffreddamento (a temperatura ambiente o inferiore) di una soluzione satura al punto di
ebollizione, eventualmente filtrata a caldo, (cristallizzazione “caldo/freddo”; Figura 8), oppure
- per aggiunta di un solvente in cui il prodotto non è solubile ad una soluzione satura a
temperatura ambiente; l'aggiunta prosegue fino al momento in cui scompare l'intorbidimento
della soluzione o della miscela (Nota: non sempre si separano due fasi).
Freddo Caldo Freddo
Impurezzeinsolubili
Acidobenzoico
Impurezzesolubili
Impurezzeinsolubili
Impurezzesolubili
Acidobenzoico
(filtrazione a caldo)
(filtrazione a freddo)
Freddo Caldo Freddo
Impurezzeinsolubili
Acidobenzoico
Impurezzesolubili
Impurezzeinsolubili
Impurezzesolubili
Acidobenzoico
(filtrazione a caldo)
(filtrazione a freddo)
Figura 8 Le fasi di una purificazione per ricristallizzazione caldo/freddo (nell’esempio si isola acido benzoico).
Coppie di solventi spesso usate sono: etere/etere di petrolio(o n-esano); cloroformio/etere di petrolio(o
n-esano); cloruro di metilene/etere di petrolio(n-esano); acetone/etere; acetone/acqua; etanolo/acqua;
metanolo/acqua.
CHIMICA ORGANICA II - laboratorio E. Menna - AA 2012/13
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Spesso se la cristallizzazione non inizia
spontaneamente, può essere indotta con
l'aggiunta di qualche cristallino del
prodotto, se disponibile, oppure grattando
la parete interna del recipiente in
corrispondenza alla superficie della
soluzione con una bacchetta di vetro
oppure raffreddando la soluzione a -70°C e
riportandola a temperatura ambiente
sempre grattando la parete interna del
recipiente. La temperatura della soluzione
sovrasatura dovrebbe essere di almeno
30°C inferiore al punto di fusione del
prodotto da ricristallizzare. Se questa
condizione non si verifica spesso il prodotto
separa come un olio anzichè formare un
precipitato cristallino. Il prodotto cristallino è filtrato sotto vuoto.
La cristallizzazione caldo/freddo si basa sull’aumento di solubilità con la temperatura. E’ pertanto
necessario scegliere un solvente che, nei confronti del composto da purificare, si comporti in modo
ottimale, cioè tale che la solubilità aumenti considerevolmente con la temperatura. Si veda ad
esempio l’andamento per l’acido benzoico in acqua (Figura 9). Le condizioni ideali consistono nella
quasi totale insolubilità a T ambiente (o comunque alla minima temperatura operativa) e quasi totale
solubilità alla massima T operativa (inferiore al Peb).
Cromatografia: è un processo di separazione basato sulla distribuzione differenziale dei componenti
di una miscela tra una fase mobile (in forma di liquido o gas) e una fase stazionaria (solida). La fase
stazionaria può essere sotto forma di colonna (cromatografia su colonna) attraverso cui fluisce la fase
mobile, o sotto forma di strato sottile (cromatografia su strato sottile) sul quale la fase mobile (liquida)
scorre per capillarità.
Le tecniche cromatografiche vengono utilizzate sia in applicazioni analitiche per:
- seguire il decorso della reazione
- determinare l'identità e la purezza del prodotto
sia preparative per:
- separare miscele di componenti
Le tecniche principali sono la cromatografia liquida su colonna e su strato sottile (TLC, thin layer
chromatography) e la gas cromatografia (GC). Le prime due sono adatte a composti solidi o liquidi
0
5
10
15
20
25
30
35
40
0 20 40 60 80 100
T (°C)S
olu
bil
ità
(g/l
)
Figura 9 Curva sperimentale solubilità / temperatura dell’acido benzoico in acqua
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con punto di ebollizione relativamente elevato, la gas cromatografia, al contrario, è particolarmente
indicata per composti volatili.
La cromatografia su strato sottile (TLC , Figura 10) è il metodo più comunemente usato per seguire
il decorso della reazione. Utilizzeremo lastrine di gel di silice contenenti un indicatore fluorescente che
permette la visualizzazione degli eluiti per esposizione della lastra sviluppata alla luce UV.
~ 1 cm
~ 0.5 cm
~ 0.3 cm
Lastrina(fase stazionaria)
Eluente(fase mobile)
polaritàeluente
polaritàanalita
A
B
C
D~ 1 cm
~ 0.5 cm
~ 0.3 cm
Lastrina(fase stazionaria)
Eluente(fase mobile)
polaritàeluente
polaritàanalita
AA
BB
CC
DD
Figura 10 Cromatografica su strato sottile (TLC): A. Caricamento dell’analita; B. Immersione nell’eluente; C. Eluizione; D. Effetti della polarità).
Alternativamente gli eluiti possono essere rivelati trattando la lastrina con un opportuno reattivo (iodio,
2,4-dinitrofenilidrazina, KMnO4, acido fosfomolibdico ecc.). È necessario provare alcuni eluenti diversi
(solventi puri o più comunemente miscele di solventi di diversa polarità, per es. etere di petrolio/etere
etilico, in diverse proporzioni) per poi scegliere l'eluente ottimale per la separazione dei componenti la
miscela di reazione (Figura 11).
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Composto A (meno polare)
Composto B (più polare)
Miscela A+B
Composto A (meno polare)
Composto B (più polare)
Miscela A+B
Figura 11 Separazione di una miscela mediante TLC.
Ricordarsi di riprodurre sempre sul quaderno di laboratorio i cromatogrammi-TLC ottenuti con i vari
eluenti, specificando i valori di Rf dei vari eluiti (Rf = distanza percorsa dall'eluito/distanza percorsa
dal fronte dell'eluente, Figura 12)
dA
Rf (A) =dS
dA
dSdA
Rf (A) =dS
dA
dS
Figura 12 Calcolo del fattore di ritenzione (Rf).
5. Utilizzo di apparecchiatura per riflusso
Quando si deve mantenere ad alta temperatura una soluzione, ad esempio per condurre una reazione
o una cristallizzazione, può essere necessario utilizzare un apparecchiatura per riflusso (Figura 13),
allo scopo di evitare che il solvente evapori. In pratica si tratta di montare un condensatore verticale
(solitamente “a bolle”) sopra il pallone di reazione. L’acqua nella camicia esterna raffredda le pareti
consentendo ai vapori di condensare e ricadere nel pallone.
CHIMICA ORGANICA II - laboratorio E. Menna - AA 2012/13
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Il flusso d’acqua non deve essere elevato, in quanto la quantità di calore scambiata è limitata, mentre
le dimensioni del condensatore devono essere adeguate per consentire ai vapori di condensare
completamente prima di raggiungere la sommità.
E’ fondamentale NON CHIUDERE l’apertura alla sommità
dell’apparecchiatura, in quanto, nonostante il riflusso del
solvente, si possono avere comunque delle variazioni di
volume dovute all’eventuale sviluppo di gas nel corso
della reazione (ad esempio CO2, H2, …) o semplicemente
al riscaldamento dell’aria presente all’interno
(! PERICOLO !). E’ invece possibile montare un tubo a
CaCl2 che evita l’ingresso di umidità o corpi estranei,
mentre non impedisce il deflusso di aria e gas.
Per il riscaldamento si impiega generalmente un mantello
riscaldante o un bagno ad acqua (o olio) su piastra
riscaldante. Quest’ultima soluzione consente un miglior
controllo della temperatura.
Il pallone di rezione viene fissato con una pinza alla
rastrelliera, mentre l’apparecchio riscaldante è sorretto
da un elevatore meccanico, in modo da poterlo
facilmente abbassare per interrompere rapidamente il
riscaldamento all’occorrenza.
H2O
H2O
H2O
H2O
Figura 13 Apparecchiatura per il riscaldamento a riflusso.
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Bibliografia
1. “Vogel Chimica Organica Pratica” 2° ed.; A. I. Vogel, Casa Editrice Ambrosiana, Milano; 1988.
(Vogel's Textbook of Practical Organic Chemistry, 5th Edition; Addison-Wesley Pub Co; 5th
edition, 1989)
2. M. R. Royston, J. C. Gilbert, S. F. Martin “Chimica Organica Sperimentale”, Ed. Zanichelli,
Bologna – 1999
3. James W. Zubrick, “The Organic Chem Lab Survival Manual”, John Wiley & Sons - 2010
Proprietà chimico-fisiche di composti organici:
1. 'The Handbook of Chemistry and Physics' CRC Press, Boca Raton, Florida (71st ed., 1990-1991).
2. 'Merck Index' Merck and Company, Rahway, NJ, 11th ed., 1989.
3. Cataloghi delle varie ditte commerciali (Aldrich, Fluka, ecc.)
4. ''Heilbron's Dictionary of Organic Compounds” J. Buckingham, Ed., Chapman and Hall, London,
1982 (7 volumi, Biblioteca del Centro Interchimico).
Testo di riferimento generale di chimica organica con ricca bibliografia:
March's Advanced Organic Chemistry: Reactions, Mechanisms, and Structure, 5th Edition, Wiley
Interscience, 2000.
AA 2012/13
V11.001
Informazioni
Di seguito sono fornite alcune indicazioni relative all’organizzazione del corso. Gli studenti dei
Corsi di Laurea in Chimica e Chimica Industriale sono divisi in tre turni (Turno A e Turno B e Turno C)
equivalenti per numero. Il laboratorio si svolge all’VIII piano dalle 14:30 alle 18:30.
Salvo indicazioni diverse, ogni primo giorno di una nuova esperienza, alle 14:30 in aula, una
breve discussione introdurrà l’esperienza prevista per quella sessione di laboratorio. Ogni settimana
ciascuno studente dovrà stamparsi la scheda illustrativa dell’esperienza programmata per la/le
settimana/e successiva/e (presso la portineria o dal sito web http://elearning.scienze.unipd.it). È
richiesto che gli studenti studino e comprendano il materiale descritto nella scheda per arrivare
preparati alla esercitazione di laboratorio. Parte utile di questa importante preparazione all’esperienza
di laboratorio è costituita da alcune domande cui ciascuno studente dovrà rispondere per iscritto nella
relazione.
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