Intervista sulla Russia (Nov 2016)

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Le nuove frontiere di Moscaguardano all’estSotto embargo da due anni e colpito dal calo del prezzo del petrolio, il paese sta uscendodalla recessione. Ma per il made in Italy il danno è stato enorme e difficilmente recupererà le quote di mercato perse

Gloria Valdonio

RUSSIA

e elezioni presiden-ziali russe dello scor-so settembre hanno riconfermato la lea-

dership di Vladimir Putin, che sarà nominato per la terza volta consecutiva «l’uomo più potente dell’anno» dalla rivista america-na Forbes.Il popolo russo sembra aver trac-ciato una specie di cerchio ma-gico intorno al suo presidente,

L dando sostanza al suo progetto politico, e questo nonostante le sanzioni economiche decise dall’Occidente avessero tutt’al-tro obiettivo rispetto a quello di alimentare l’orgoglio nazionale russo.Le sanzioni non hanno neanche centrato il bersaglio dell’isola-mento (che dovrebbe essere il primo obiettivo), visto che Mo-sca ha attivato nuovi canali e fir-

mato il cosiddetto «accordo del secolo» con la Cina, che vede la costruzione di un gasdotto che, dalla Russia e attraverso la Mon-golia, finirà nel nord della Cina, la quale troverà così il modo di riempire di operai le sue nume-rose città-fantasma. Putin ha anche saputo approfit-tare della vetrina offerta dalla crisi siriana per esibire gli ul-timi gioielli del suo repertorio

ACCORDO DEL SECOLOIl presidente russo, Vladimir Putin, e quello cinese, Xi Jinping, hanno firmato un accordo per la costruzione di un gasdotto che collegherà i due paesi, passando attraverso la Mongolia

bellico, mentre in patria ha av-viato la faraonica costruzione del ponte sullo stret-to di Kerch, in Crimea: quattro corsie stradali e due ferroviarie per una ventina di chilometri che saranno pronte già nel 2018, cioè in soli tre anni e mezzo, e che rilanceranno l’immagine di

un leader che sa che cosa vuole dire realizzare un’infrastruttura importante, sotto embargo, e in pochi mesi.

Doppio choc. Sembra che le san-zioni abbiano fatto certamente male alla Russia, ma che ne ab-biano anche risvegliato il senti-mento di rivalsa che ha portato all’accelerazione di alcune tra-sformazioni strutturali che era-no necessarie, e da troppo tem-po rimandate. Negli ultimi anni l’economia russa ha dovuto far fronte a un duplice choc: il note-vole peggioramento della bilan-cia dei pagamenti provocato dal calo dei prezzi del petrolio e le sanzioni economiche e finanzia-rie che hanno provocato una vio-lenta contrazione delle attività. «Gli ultimi indicatori fanno tut-tavia presagire che, con l’aiuto della stabilizzazione del prezzo

del petrolio, l’economia russa possa riprendere la crescita già nel 2017», spiega Christophe Dumont, economista di Can-driam Investors Group.

Ma come è possibile questa ri-presa, tenuto conto del duplice carattere dello choc e soprattutto della recente escalation di ten-sione tra Russia e Usa, che non lascia certo presagire una rimo-zione delle sanzioni nel gennaio 2017, come previsto? La risposta, secondo gli stra-tegist, sta nella decisione delle autorità di lasciare che il rublo si svalutasse fortemente. «Certo, l’esplosione dell’inf lazione che ne è seguita ha indotto una forte contrazione dei consumi», spie-ga Dumond, «ma questa strate-gia ha permesso di lasciare più o meno intatte le riserve in valuta a disposizione della Banca cen-trale». Soprattutto, la svalutazio-ne ha permesso di ammortizzare il costo in bilancio del calo del prezzo del petrolio: convertiti in rubli, infatti, gli introiti di legati al petrolio sono diminuiti assai meno che in dollari.Da ultimo, la svalutazione del rublo e le sanzioni finanziarie hanno spronato le imprese russe a ridurre il loro debito esterno. «La conseguenza è che oggi l’e-conomia russa ha ampiamente assorbito questi choc e si ritro-va in posizione favorevole per approfittare della recente stabi-lizzazione (per non dire ripre-sa) del prezzo del petrolio», è il commento di Dumont.

Fuori dal tunnel. Gli indicato-ri congiunturali puntano del re-sto in questa direzione: l’indice Pmi composito è arrivato a quota 52,6 a settembre, la produzione industriale è in accelerazione e la fiducia dei consumatori sta migliorando. Quanto all’inf la-zione, è scesa sotto la soglia del 7% in agosto rispetto al 16% di un anno fa, permettendo così

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RIPRESA«Gli ultimi indicatori fanno presagire che l’economia russa tornerà a crescere già nel 2017», dice Christophe Dumont, economista di Candriam Investors Group

onostante il quadro poco incorag-giante, Gabetti ha inaugurato a

Mosca la prima agenzia in terra russa, primo step di un accordo siglato con il gruppo bancario-assicurati-vo russo Cpbk che prevede l’apertura nei prossimi mesi di altre 27 filiali Gabetti tra Mosca, San Pietroburgo, Sebastopoli e la Crimea. L’aspetto interessante dell’i-niziativa è che Gabetti non si occuperà solo di intermedia-zione locale, ma trasferirà stock di immobili italiani sul mercato russo, ovvero pro-porrà ai russi appartamenti e residenze di pregio situate a Roma, Milano, Venezia, Firenze, ma anche in Sardegna e Toscana, che sono le mete preferite dagli investitori russi. «Ritengo che questa iniziativa possa essere un fattore di ripresa per il settore immobiliare domestico», spiega Paolo Bellini, strategic advisor di Gabetti e

REAL ESTATE

Gabetti si espande in RussiaIl gruppo immobiliare, dopo la prima agenzia a Mosca, si prepara ad aprirne altre 27 in tutto il pase. Non si occuperà solo di intermediazione locale, ma metterà sul mercato russo anche immobili italiani

N presidente dell’Ira (Italian russian asso-ciation), un network immobiliare im-prontato sui rapporti con i paesi dell’Est. «Vogliamo offrire alla classe media rus-

sa i nostri immobili che oggi stentano a passare di mano». Quanto alla Russia, il settore, dopo la pesante flessione del-lo scorso anni, indica vitalità, che sarà più concreta in caso di rafforzamento del rublo. «Putin si è messo di lena per favorire l’acquisto della casa ai cittadini russi attraverso la costruzione di interi quartieri a prezzi convenzionati e le cooperative edili ne stanno

promuovendo la vendita a prezzi ac-cessibili e offrendo mutui a un tasso dell’11%», spiega ancora Bellini. «Le prospettive sono positive nelle gran-di città, ma soprattutto in Crimea, rientrata definitivamente nell’orbita russa, dove apriranno i battenti molte aziende nel prossimo futuro».

PIANI DI SVILUPPO Paolo Bellini, strategic advisor di Gabetti

IL CROLLO DELL’EXPORTLe sanzioni economiche sono state un danno irreversibile per il made in Italy. Se per l’Europa nel complesso il costo dell’embargo si stima in 10 miliardi di euro di perdita, per l’Italia si parla di 3,6 miliardi di mancate esportazioni

alla Banca centrale di allentare lievemente la sua politica mone-taria.In conclusione, l’economia rus-sa sta uscendo dalla recessione: «Con il barile intorno a 50 dolla-ri, il Pil potrebbe registrare ad-dirittura un aumento dell’1,7 % nel 2017», prevede Dumont. «E un accordo sulle quote di produ-zione tra i membri dell’Opec e la Russia potrebbe lasciare intrave-dere una crescita ancora maggio-re». Sul medio termine, tuttavia, la capacità dell’economia russa di crescere in modo sostenibi-le oltre l’1,5% appare limitata e alcune delle ragioni somigliano molto a quelle che stanno alla base della stagnazione occiden-tale. «L’invecchiamento della popolazione, la mancanza di diversificazione al di là dello sfruttamento delle risorse natu-rali e il riequilibrio delle finan-ze pubbliche che è stato avviato rappresentano altrettanti freni difficili da sbloccare», conclude Dumont.

Il problema della diversifica-zione. Tutto russo è invece il tema della mancata diversifica-zione produttiva ereditato dalla struttura economica sovietica, che oltre 25 anni di democrazia non hanno risolto. «Sotto il profilo strutturale, la situazione dell’economia russa è quella di un grande Paese con un vasto mercato che, tuttavia, deve ancora realizzare la transizione verso un modello evoluto sotto il profilo tecnologico e delle spe-cializzazioni settoriali», spiega Gioacchino Fazio, professore di Scienze Economiche, aziendali e statistiche presso l’Università di Palermo. «Per alcuni aspetti, la sua elevatissima dipendenza

dall’industria energetica sembra replicare modelli propri dei Pae-si emergenti, con grandi dotazio-ni di risorse primarie che devono strategicamente essere utilizzate per finanziare le trasformazioni strutturali verso un modello di sviluppo più equilibrato, capace di valorizzare le potenzialità del vasto mercato interno».

L’indipendenza dal gas. Se è l’eccessiva dipendenza da petro-lio e gas, più che le sanzioni, la prima causa della recessione rus-sa sono molti i problemi che Mo-sca dovrà affrontare nel medio e lungo periodo. Il primo è l’incer-

tezza che governa l’andamento dei prezzi in questo settore, che rende precario e altalenante il finanziamento dell’economia. Il secondo problema è di lungo pe-riodo e riguarda la riconversio-ne delle fonti energetiche. «Le politiche dei Paesi sviluppati», spiega Fazio, «lasciano intra-vedere una prospettiva di forte sostituzione del petrolio nei bi-lanci energetici nazionali. Il che significa che nel lungo periodo il prezzo non potrà che ridursi, con prevedibili effetti restrittivi sulla capacità di finanziamen-to degli investimenti necessari per sostenere le trasformazioni

strutturali». In questo scenario si inserisce la crisi delle relazioni commer-ciali della Russia con il mondo occidentale, e in particolare con l’Unione europea.Una crisi che di fatto ostacola il percorso di trasformazione strutturale anche nel breve e me-dio termine data la dipendenza dell’industria russa dalla tecno-logia dei Paesi europei.Per capire l’impatto è sufficiente scorrere i dati sulla composizio-ne merceologica dell’export Ue in Russia. Nel 2015, anno della crisi, quasi il 70% dell’export europeo ha riguardato prodotti industriali, macchinari, mezzi di trasporto, prodotti chimici e plastica.Di contro, l’import europeo dal-la Russia è stato, per una quota analoga (il 68%), concentrato sui prodotti minerari (gas e pe-trolio, appunto). «In altre parole, si può dire che le relazioni Mo-sca-Bruxelles sono condizionate

da una doppia dipendenza: da un lato l’Ue dipende fin troppo dalla Russia per gli approvvigio-namenti energetici e dall’altro la Russia dipende ancora troppo dal know how tecnologico dell’indu-stria europea», sottolinea Fazio.

Import substitution. Com’era prevedibile, le restrizioni dei f lussi commerciali, oltre che nel-la riduzione della domanda e dei consumi, si ribaltano nella diver-

sificazione dei canali di approv-vigionamento internazionali e, ove possibile, anche ricorrendo a “triangolazioni” che servono ad aggirare i divieti e che attivano processi di import substitution con l’espansione dell’industria nazionale nei settori di maggio-re dipendenza dalle forniture estere. Fenomeni di questa na-tura sembrano già in corso per i prodotti dell’industria chimi-ca e farmaceutica, oltre che per l’industria alimentare. Putin ha varato un piano da 50 miliardi di euro per la realizzazione di serre e per l’introduzione di nuo-ve coltivazioni con l’obiettivo di affrancare, nel lungo periodo, la domanda interna dalle importa-zioni dall’Europa (Spagna, Fran-cia, Olanda e soprattutto Italia). Difficile prevedere oggi l’impat-to a lungo di queste politiche. Tutto dipende dalla durata del-le restrizioni commerciali e dai tempi di realizzazione degli investimenti di import substitu-

L’export italiano in Russia... ...per settori

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CONTRO-SANZIONI«Il problema non è il danno economico attuale», dice l’avvocato Alessandro De Rosa, «ma la sua irreversibilità»

tion. «Ma certamente, l’ipote-si che la Russia sostituisca con forniture cinesi quelle europee in molti settori è altamente cre-dibile», è il commento di Fazio.Il peso delle sanzioni sull’Eu-ropa. A causa di questa dipen-denza le sanzioni sono state una vera zavorra per l’export euro-peo. I dati Eurostat segnalano per il 2015 una f lessione pesante per l’industria dei macchinari e del-le apparecchiature (che incido-no per il 32% dell’export Ue), in calo del 30%, per l’industria dei mezzi di trasporto (che in-cide per il 12% sull’export), giù del 40%, e per l’industria ottica, scesa del 23%. Pesanti anche le ricadute nel settore alimentare e agroalimentare, che a livello co-munitario pesa per il 10% a cau-sa delle contro-sanzioni dettate da Putin, che hanno bloccato le importazioni di latticini, carni, pesce, affettati e prodotti agro-alimentari dai Paesi che hanno aderito all’embargo.

E sull’Italia. Le restrizio-ni all’industria alimentare e ai prodotti agricoli freschi italiani sono state in media del 40%: le pesche della Romagna oggi ven-gono importate dall’Uruguay, i nostri salumi e formaggi vengo-no prodotti alle porte di Mosca, o meglio in Serbia e Bielorussia, e poco male se la qualità non è la stessa e se il parmigiano doc diventa parmesan... Certo i russi avrebbero preferito quello ita-liano, ma le sanzioni che hanno ridotto il rublo a un terzo del suo valore hanno reso difficili le importazioni dell’italian food. Anche il vino italiano è stato so-stituito da produzioni locali at-tingendo ai vigneti della Crimea

e della Moldavia. «Il problema non è solo il danno economico attuale», dice l’avvo-cato Alessandro De Rosa, part-ner dello studio romano Tonucci, specializzato in contrattualisti-ca internazionale. «Ma è l’ir-reversibilità del danno, poiché la gente si abitua a nuovi sapo-ri, anche se peggiori, che sono compensati dai prezzi più bassi. E questo per le aziende italiane significa perdere fette di mer-cato che sarà molto difficile re-cuperare». Quanto al turismo, le tradizionali mete delle vacanze (dalla Sardegna e alla Toscana)

sono state sostituite dalle spiag-ge del Mar Nero o dalle terme della Bulgaria, e le coste medi-terranee non sono più quelle di Rimini e Riccione, ma quelle del Montenegro e hanno provocato un crollo quest’anno del 30% di turisti russi, che rappresentano ben il 15% del turismo straniero in Italia.

Quote irrecuperabili. In bre-ve le sanzioni economiche sono state un danno irreversibile per il made in Italy, e in particolare per l’italian food tanto apprezza-to dai russi, e non solo dalle éli-

te. Se per l’Europa nel comples-so il costo dell’embargo si stima in 10 miliardi di euro di perdita, per l’Italia si parla di 3,6 miliar-di di mancate esportazioni. Ma probabilmente la cifra è più elevata se teniamo conto del-le esportazioni che venivano effettuate con triangolazioni, per esempio con la Germania. Un danno enorme che escamo-tage commerciali e uffici di consulenza legale sono riusciti ad arginare solo in parte. «No-nostante le triangolazioni con Serbia e Bielorussia attraverso distributori locali, la possibilità di esportare per le nostra azien-de è limitata», spiega De Rosa. Che aggiunge: «Eppure ogni volta che vado in Russia vedo un popolo che non vede l’ora di fare affari con noi: l’Italia, per i russi, è una seconda patria». Ma altri sono i settori che sono stati colpiti. «In Russia avevamo clienti importanti come la cate-na di magazzini Mpo. Nel 2015 non hanno più comprato e ab-biano perso introiti per 500mila euro su un giro di affari di 2,5 milioni», racconta Paolo Fon-tana, titolare della Eurolight di Pesaro (apparecchi di illumina-zione per esterni a uso civile e industriale).«La ragione di questo blocco è l’embargo, che ha por-tato alla svalutazione del rublo e ha reso non competitivi i prodotti dell’area euro, e anche la politica protezionistica di Putin che, per i prodotti con un basso contenuto di tecnologia, favorisce la produ-zione locale», spiega Fontana. he aggiunge: «Per noi, e per molti imprenditori di Pesaro del mo-bile-arredamento, è un mercato perso, difficilmente recuperabi-le e non sostituibile con alt r i mercati». n