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INTERVENTO PUBBLICO PER IL CONTROLLO DELLE ESTERNALITA Quando le soluzioni private non sono possibili è fondamentale l’intervento del settore pubblico per cercare di risolvere il problema. Esistono due tipi fondamentali di politiche: Politiche di regolamentazione (command-and-control: si impongono dei limiti quantitativi e si controlla che siano rispettati) Politiche di mercato

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INTERVENTO PUBBLICO PER IL

CONTROLLO DELLE ESTERNALITA’ • Quando le soluzioni private non sono possibili è

fondamentale l’intervento del settore pubblico per cercare

di risolvere il problema.

Esistono due tipi fondamentali di politiche:

• Politiche di regolamentazione (command-and-control: si

impongono dei limiti quantitativi e si controlla che siano

rispettati)

• Politiche di mercato

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INTERVENTO PUBBLICO PER IL

CONTROLLO DELLE ESTERNALITA’ • Esempi di regolamentazione (Command-and-Control)

• Imposizione di standard di comportamento o tecnologici:

• E’ proibito fumare nei locali pubblici

• L’impianto elettrico deve essere «a norma» di legge

• Imposizione di soglie di emissione:

• I livelli di emissioni delle auto non devono superare un certo

limite

• Limiti alle emissioni delle fabbriche

• La regolamentazione con soglie di emissione è considerata in

genere uno strumento meno efficiente rispetto agli strumenti di

mercato, perché impone lo stesso standard a tutti senza tener

conto dei costi e benefici dell’uso della risorsa.

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POLITICHE DI MERCATO PER IL

CONTROLLO DELLE ESTERNALITA’ • Imposte sulle emissioni (imposta Pigouviana): conducono il

mercato alla allocazione socialmente efficiente.

• In questo caso i costi e benefici dell’uso della risorsa sono tenuti in considerazione dallo strumento

• La tassa Pigouviana è pari al costo esterno associato all’attività di produzione e/o consumo del bene. Con l’applicazione di questa tassa, il costo viene «internalizzato», cioè subito dai consumatori e dai produttori del bene.

• Il meccanismo di mercato regolerà la quantità prodotta del bene, in modo tale che il beneficio (sociale) marginale sia uguale al costo (sociale) marginale.

• Invece l’imposizione di una soglia di emissioni indipendente dal meccanismo di mercato determinerà in genere una situazione di disequilibrio: eccesso di produzione nel caso in cui la soglia imposta sia inferiore all’equilibrio socialmente efficiente (ottenuto con l’internalizzazione del costo esterno); produzione insufficiente nel caso in cui la soglia imposta sia superiore rispetto all’equilibrio socialmente efficiente.

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Imposta Pigouviana e Benessere

• Come per qualunque imposta sui beni di consumo, anche la tassa Pigouviana comporta una perdita di surplus.

• Si ha una perdita secca dovuta alla tassazione, che sarà ripartita tra venditori e consumatori del bene in modo diverso a seconda delle elasticità relative delle curve di domanda e offerta

• La perdita secca dovuta all’imposta è una perdita dei produttori e consumatori del bene,

• La tassa pigouviana d’altra parte permette di evitare la perdita di benessere sociale dovuta all’esternalità. Il risparmio di surplus è esattamente uguale alla perdita secca dovuta alla tassazione.

• Quindi la tassazione Pigouviana trasferisce sui produttori e consumatori del bene tassato il costo esterno della produzione e consumo del bene

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EFFICIENZA DELL’IMPOSTA

PIGOUVIANA

𝑷𝒅

P

𝑷𝒐

𝑸𝑶𝑻𝑻𝑰𝑴𝑶 𝑸𝑴𝑬𝑹𝑪𝑨𝑻𝑶

Costo

esterno /

Tassa

pigouviana

Perdita di surplus

per l’esternalità

Domanda

(valore privato)

Offerta

(costo privato)

Costo sociale

(costo privato e

costo esterno)

Perdita secca

della tassazione

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Efficienza dell’imposta Pigouviana

• Per la società nel suo complesso la somma è zero: o si

ha la perdita di surplus da parte di produttori e

consumatori del bene, o si ha perdita di surplus da parte

del resto dei cittadini.

• Secondo il principio del “chi inquina paga” è preferibile

che la perdita sia di chi produce e consuma il bene

piuttosto che del resto dei cittadini.

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POLITICHE DI MERCATO PER IL CONTROLLO

DELLE ESTERNALITA’: PERMESSI NEGOZIABILI

• I Permessi di inquinamento negoziabili conducono alla

stessa allocazione efficiente delle imposte.

• Operativamente, si stabilisce qual è la quantità di

inquinamento socialmente efficiente, e si vendono alle

imprese dei certificati che permettono all’impresa di

produrre una certa quantità di emissioni. La somma dei

permessi sarà uguale alla quantità totale socialmente

efficiente.

• A che prezzo potranno essere venduti i permessi?

• Il prezzo di equilibrio nel mercato dei permessi sarà

esattamente uguale al costo marginale sociale delle

emissioni: cioè uguale alla tassa Pigouviana

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Efficienza Dei Permessi Negoziabili

• La quantità ottimale di emissioni viene prefissata (e conseguentemente anche il livello di produzione del bene che genera emissioni)

• Per quella quantità i consumatori sono disposti a pagare il prezzo Pd, ed i produttori sono disposti a vendere al prezzo Po

• La differenza tra i due prezzi è il prezzo al quale potranno essere venduti i permessi

• L’acquisto di permessi consente di produrre fino al punto Q_ottimo

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Permessi di inquinamento

• Le imprese potranno scambiare tra loro i permessi.

• Un’impresa che può ridurre l’inquinamento senza

spendere troppo, può vendere parte dei suoi permessi

ad un’impresa che avrebbe costi più elevati di riduzione

dell’inquinamento.

• L’impresa più efficiente ci guadagna (il ricavo della

vendita dei permessi) quella meno efficiente ci perde (la

spesa per i permessi).

• Chi inquina di più viene penalizzato, e siccome i costi si

trasferiscono in parte ai consumatori, anche chi

consuma il prodotto che inquina paga qualcosa.

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ESTERNALITA’ POSITIVE

• Quando la produzione o il consumo di un bene determina un beneficio indiretto su altri individui, abbiamo un’esternalità positiva.

• In questo caso il valore sociale del bene è superiore rispetto al valore privato. La curva di domanda rappresenta il beneficio privato dei consumatori

• Se vogliamo considerare anche il beneficio sociale, possiamo rappresentarlo come una traslazione verso destra della curva di domanda; la differenza (segmento LN nel grafico) è il valore dell’esternalità positiva.

• L’equilibrio di mercato condurrebbe ad una q. minore di quella ottimale (punto H), con una conseguente perdita di benessere (triangolo OJG)

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ESTERNALITA’ POSITIVE

• L’intervento del settore pubblico può correggere il fallimento del mercato: per esempio, se si eroga un sussidio per l’acquisto di istruzione, pari al valore unitario dell’esternalità positiva (segmento LN), i consumatori potranno acquistare la q. ottimale: i venditori riceveranno il prezzo L, ed i compratori pagheranno di tasca loro il prezzo N: la differenza è il sussidio. L’area GJM rappresenta il benessere sociale acquisito con il sussidio

Beneficio sociale

Beneficio privato

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Esternalità positive

• I sussidi hanno lo scopo di internalizzare le esternalità positive. • Il sussidio fa sì che il prezzo percepito dal produttore sia uguale al

valore sociale (valore privato più beneficio esterno) derivante dal consumo del bene che produce esternalità

• Esempi di sussidi:

• Sussidi a scuole, ed attività culturali

• Sussidi alle industrie • Per incentivare la produzione di energie, di auto, etc. non

inquinanti.

• Per incentivare le attività di ricerca e sviluppo

I brevetti sono invece un diritto di proprietà concesso a chi ha elaborato l’idea.

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COSTI, PRODUZIONE,

MERCATI

CONCORRENZIALI

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RICAVO TOTALE, COSTI TOTALI, PROFITTO

DELL’IMPRESA

• Secondo la teoria economica, gli agenti economici

compiono le loro scelte al fine di ottenere il massimo

obiettivo raggiungibile con le risorse a loro disposizione

• Per i consumatori questo obiettivo è l’utilità derivante dal

consumo dei beni; o, in altri termini, il livello di benessere

che possono raggiungere con le loro risorse

• Per i produttori (le imprese) l’obiettivo è quello della

massimizzazione del profitto: quanto possono

guadagnare dalla vendita del prodotto, al netto dei costi

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Obiettivo dell’impresa

• L’obiettivo dell’impresa è la massimizzazione del profitto:

questo è dato dalla differenza tra ricavo totale e costo

totale

• Ricavo Totale: quanto l’impresa riceve in seguito alla

vendita del suo prodotto

• Costo Totale: il costo a prezzi di mercato per i fattori

della produzione (materie prime, lavoro, etc.) utilizzati

dall’impresa per la produzione del bene

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Costi espliciti e costi impliciti: costi opportunità

• Il costo di produzione dell’impresa include tutti i costi

opportunità della produzione di un bene.

• Costi Espliciti ed Impliciti

• I costi Espliciti sono costi che comportano un esborso di

denaro (acquisto di input necessari alla produzione)

• I costi Impliciti sono tutti i mancati guadagni derivanti

dal fatto di avere impiegato risorse nella produzione di

quel bene piuttosto che in qualunque altra attività

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Costo opportunità

• Esempio: cap.13, esercizio 2

• I costi di apertura e funzionamento di un negozio sono di

500mila euro all’anno

• Se l’imprenditore decide di aprire il negozio deve

rinunciare al suo attuale lavoro da cui trae un reddito di

50mila euro l’anno.

• Costo opportunità: 550mila

• Costo esplicito: 500mila (costo contabile)

• Costo implicito: 50mila

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Profitto Economico e Profitto Contabile

• Il profitto economico è dato dalla differenza tra ricavi totali meno costi totali, inclusi i costi impliciti dell’impresa.

• Il profitto contabile è dato dalla differenza tra i ricavi totali e i costi espliciti dell’impresa.

• Nel decidere se effettuare o meno un investimento occorre tenere conto anche dei costi impliciti: nell’esempio precedente, se i ricavi d’impresa fossero 510mila euro converrebbe aprire il negozio?

• Dal punto di vista contabile, i ricavi superano i costi di esercizio, quindi la risposta sarebbe SI

• Invece la risposta per un economista è NO, dato che i costi opportunità superano i ricavi d’impresa

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PRODUZIONE E COSTI

• Da che cosa sono determinati i costi dell’impresa?

• I costi sono dipendenti dai fattori di produzione (input)

utilizzati nel processo produttivo

• In generale ci possiamo riferire a due macro categorie di

fattori di produzione: capitale e lavoro.

• Il capitale può essere di diversi tipi: capitale finanziario,

capitale fisico (strutture, macchine, etc.), capitale fondiario

• La funzione di produzione rappresenta la relazione tra

quantità di input (fattori di produzione) necessari per

produrre il bene e la quantità di bene prodotto (output).

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LA FUNZIONE DI PRODUZIONE

• Se consideriamo costanti gli altri fattori della produzione,

possiamo osservare come varia la produzione al variare

di un certo fattore: il prodotto marginale di quel fattore

• Il prodotto marginale di un fattore della produzione è la

quantità di bene prodotto da una unità addizionale di quel

fattore (tenuti costanti gli altri fattori)

• Dal punto di vista grafico, il prodotto marginale è misurato

dalla pendenza della curva della funzione di produzione

• Aumentando la quantità di input, la produzione aumenterà

(almeno fino al punto in cui un eccesso di input diventi

dannoso per il processo produttivo, e faccia diminuire la

produzione)

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• L’aumento della produzione (output) in seguito all’aumento di una unità di input potrà essere proporzionale (prodotto marginale costante), più che proporzionale (prodotto marginale crescente) o meno che proporzionale (prodotto marginale decrescente)

• Nel primo caso la funzione di produzione sarà lineare, nel secondo caso sarà una curva convessa, nel terzo caso sarà una curva concava

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LA FUNZIONE DI PRODUZIONE

• Le imprese di un mercato concorrenziale sono caratterizzate

da funzioni di produzione concave, con prodotto marginale

decrescente

• Per esempio, se aumenta un solo fattore (lavoro) mentre gli

altri rimangono costanti (macchine, spazi) non si potranno

utilizzare le risorse in modo efficiente: questo si traduce in un

prodotto marginale positivo (la produzione aumenta) ma

decrescente (aumenta in modo meno che proporzionale)

• Se si aumentasse a dismisura l’uso di un fattore senza

aumentare anche gli altri si potrebbe per assurdo arrivare ad

una diminuzione del prodotto: una funzione di produzione

decrescente. Evidentemente nessun imprenditore deciderà mai

di utilizzare un fattore della produzione in questo modo

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CURVE DI COSTO

• La relazione tra quantità prodotta e costo di produzione è

rappresentata dalle Curve di Costo.

• Le curve di costo determinano le decisioni relative alla

decisione di produrre il bene ed il prezzo da chiedere sul

mercato per il bene prodotto.

• Esistono diverse curve di costo: curva di costo totale, di

costo (totale) fisso, di costo (totale) variabile, di costo

marginale.

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COSTI FISSI E VARIABILI

• I costi Fissi sono quei costi indipendenti dalla quantità

prodotta

• I costi Variabili invece dipendono da quanto si produce:

è il costo delle materie prime, del lavoro e dell’usura delle

macchine (ammortamento), impiegati per la produzione di

una certa quantità di output

• La somma di costi fissi + costi variabili = costi totali

• I costi marginali indicano come variano i costi variabili per

una unità aggiuntiva di output

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COSTI MARGINALI E FUNZIONE DI

PRODUZIONE • La curva dei costi marginali dipende dalla funzione di

produzione

• Se la funzione di produzione è a rendimenti crescenti,

occorrono meno input per un’unità aggiuntiva di output, e

la curva di costo marginale è decrescente

• Se la funzione di produzione è a rendimenti costanti,

occorre la stessa quantità di input per un’unità aggiuntiva

di output, e la curva di costo marginale è costante

• Se la funzione di produzione è a rendimenti decrescenti,

occorrono più input per un’unità di output, e la curva di

costo marginale è crescente

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COSTI MARGINALI, VARIABILI E

TOTALI • La curva di costo variabile si costruisce come somma

cumulata dei costi marginali

• La curva dei costi totali si costruisce come somma dei costi variabili e dei costi fissi

• Quindi, i costi marginali possono essere espressi in

questo modo: 𝑑𝐶𝑉

𝑑𝑞 , ovvero la variazione dei costi variabili

per una unità incrementale di output, o alternativamente

come 𝑑𝐶𝑇

𝑑𝑞 , ovvero la variazione dei costi totali per una

unità incrementale di output.

• Per definizione i costi fissi non incidono sulle variazioni di costo.

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CURVE DI COSTO

• Esistono diverse curve di costo: curva di costo totale, di

costo (totale) fisso, di costo (totale) variabile, di costo

marginale.

• Se i costi totali (fissi e variabili) sono divisi per quantità

prodotta si hanno le curve di costo medio, costo medio

fisso, costo medio variabile

• Costi Medi Fissi (CMeF)= CF/q

• Costi Medi Variabili (CMeV)= CV/q

• Costi Medi Totali (CMeT) =CT/q

• CMeT = CMeF + CMeV

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ESERCIZIO 1, p. 144: Un’impresa produce la seguente quantità di prodotto in relazione al numero di

lavoratori impiegati. I costi fissi sono pari a 200€ , ed ogni lavoratore costa 100€. Calcolare: Prodotto

marginale, Costo Medio totale, Costo Medio Variabile e Costo marginale.

Addetti Output PMa CV CF CT CMeT CMeV CMa

0 0 -- 0 200 200 -- -- --

1 20 20 100 200 300 15 5 5

2 50 30 200 200 400 8 4 3.33

3 90 40 300 200 500 5.56 3.33 2.5

4 120 30 400 200 600 5 3.33 3.33

5 140 20 500 200 700 5 3.57 5

6 150 10 600 200 800 5.33 4 10

7 155 5 700 200 900 5.81 4.52 20

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Funzione di produzione e prodotto

marginale

0

20

40

60

80

100

120

140

160

180

1 2 3 4 5 6 7

Lavoratori

Prodotto

Prodotto Marginale

• La curva della funzione di produzione ha un primo tratto in cui cresce più che proporzionalmente al crescere del numero di lavoratori (curva convessa)

• Poi la crescita diventa meno che proporzionale (curva concava)

• Infatti la curva del prodotto marginale è prima crescente, e poi decrescente

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COSTO MEDIO E MARGINALE • La tipica curva di costo medio

totale ha una forma ad U.

• A livelli di output molto bassi il costo totale medio è alto a causa dell’incidenza dei costi fissi su poche unità di prodotto.

• All’aumentare dell’output il costo medio totale diminuisce fino ad un certo punto minimo

• Dopo tende a crescere a causa dell’incidenza dei costi variabili che aumentano

• La scala di produzione efficiente è quella per cui la curva di costo medio totale è al livello minimo

0

5

10

15

20

25

20 50 90 120 140 150 155

Quantità prodotta

Costo Medio Totale

Costo Medio Variabile

Costo Marginale

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COSTI NEL BREVE PERIODO E NEL

LUNGO PERIODO • I costi fissi sono i costi relativi a impianti, macchine, locali,

che non possono essere modificati velocemente, ma che in un periodo di tempo di più lungo possono essere variati.

• Il breve periodo è per l’impresa quel periodo in cui alcuni costi non possono essere variati: per esempio se interrompo la produzione certamente consumo meno energia elettrica ma continuo a pagare il canone dell’allaccio

• Il lungo periodo è per l’impresa il periodo in cui tutti i costi possono essere variati: posso decidere di chiudere definitivamente l’impresa, e quindi anche l’utenza elettrica; ma posso anche decidere di ampliare lo stabilimento, o di delocalizzare parte della produzione.

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COSTI NEL BREVE PERIODO E NEL

LUNGO PERIODO • Dato che nel lungo periodo tutti i costi possono essere

variati, l’impresa sceglierà quelle quantità di fattori di

produzione che le consentiranno di essere efficiente (di

produrre ad una scala efficiente) per qualunque livello di

produzione.

• La curva di costo medio di lungo periodo è costituita da

tutti i costi minimi di produzione di breve periodo.

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Economie e Diseconomie di Scala

• Rendimenti di scala crescenti: la quantità prodotta

aumenta più che proporzionalmente all’aumentare dei

fattori, e i costi medi di lungo periodo diminuiscono

all’aumentare della produzione.

• Rendimenti di scala costanti: la quantità prodotta

aumenta in modo proporzionale all’aumentare dei fattori,

e i costi medi di lungo periodo non variano all’aumentare

della produzione

• Rendimenti di scala decrescenti: la quantità prodotta

aumenta meno che proporzionalmente all’aumentare dei

fattori, e i costi medi di lungo periodo aumentano

all’aumentare della produzione

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CURVE DI COSTO DI LUNGO

PERIODO • Anche nelle curve di costo di lungo periodo si osserva un

andamento a U: costi decrescenti (e rendimenti di scala

crescenti) quando la dimensione è relativamente ridotta,

ma se la dimensione diventa molto grande sorgono

problemi di gestione che provocano costi crescenti (e

rendimenti di scala decrescenti)

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CONCORRENZA PERFETTA

• Un mercato perfettamente concorrenziale ha queste

caratteristiche:

• Molti compratori e molti venditori, tutti sufficientemente

piccoli e indistinguibili l’uno dall’altro

• I beni sono sufficientemente omogenei dal punto di vista

del consumatore

• Le imprese possono entrare e uscire facilmente dal

mercato

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CONCORRENZA PERFETTA

• Le condizioni precedentemente elencate determinano il seguente risultato: • Le azioni di un singolo compratore o venditore hanno un effetto

trascurabile sul prezzo di mercato del bene

• Ciascun compratore o venditore prende il prezzo di mercato come un dato, e si comporta di conseguenza:

• Se il venditore non riesce a coprire i suoi costi di impresa dato il corrente prezzo di mercato, dovrà uscire dal mercato

• Se il compratore ha una disponibilità a pagare inferiore al prezzo di mercato, non acquisterà il bene

• Il prezzo di mercato di equilibrio di concorrenza perfetta è sempre il minimo che i venditori sono disposti ad accettare per quella quantità, ed il massimo che i consumatori sono disposti a spendere per quella quantità

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RICAVO TOTALE E MEDIO

• La disponibilità a pagare dei consumatori dipende dalle loro preferenze e dal loro vincolo di bilancio

• Da cosa dipende la disponibilità ad accettare un certo prezzo da parte delle imprese? Dalle loro curve di costo

• Per capire in che modo l’impresa concorrenziale decide se e quanto produrre ad un certo prezzo dato dal mercato dobbiamo definire alcune variabili

• Ricavo totale: prezzo di vendita per quantità venduta.

RT = (P Q)

• Ricavo medio: Ricavo totale diviso per la quantità. In concorrenza perfetta

Rme= (P Q) /Q = P

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RICAVO MARGINALE

• Ricavo Marginale: la variazione del ricavo totale dovuta

ad una unità venduta in più

RM =DRT/ Dq

• Per un’impresa che opera in un mercato di concorrenza

perfetta, il ricavo marginale è fisso, ed indipendente

dalla quantità venduta

• Per l’impresa concorrenziale il ricavo marginale è

esattamente uguale al prezzo: RM=P

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MASSIMIZZAZIONE DEI PROFITTI

• L’obiettivo di una impresa concorrenziale è quello di

massimizzare i profitti.

• Ovvero, si tratta di massimizzare la differenza tra ricavi

totali e costi totali.

• Questa differenza è massima (ed il profitto è massimo)

quando il costo marginale è uguale al ricavo marginale

• Il produttore stabilirà la quantità ottimale da produrre in

corrispondenza del punto di equivalenza tra costo

marginale e ricavo marginale

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QUANTITA’

OTTIMALE:

RMa = CMa

Per quantità inferiori a q* i benefici di produrre una unità in più del bene (Ricavo marginale) sono superiori rispetto ai costi (Costo marginale): conviene produrre di più

Per quantità superiori a q* i benefici di produrre una unità in più del bene (Ricavo marginale) sono inferiori rispetto ai costi (Costo marginale): conviene produrre di meno

Il livello ottimale è q*, quantità per la quale il Costo Marginale è uguale al Ricavo Marginale

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PROFITTI E RICAVI

• Quando RM > CM l’impresa può aumentare i profitti

aumentando la quantità prodotta

• Quando RM < CM l’impresa può aumentare i profitti

diminuendo la quantità prodotta

• Quando RM =CM il profitto è massimizzato

• Quindi l’impresa fissa la quantità prodotta in

corrispondenza del punto in cui RM=CM: ricavo

marginale uguale a costo marginale

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PROFITTI E RICAVI

• Dato che il RM per un’impresa in concorrenza perfetta è

esattamente uguale al prezzo di vendita del bene, avremo

che il prezzo a cui l’impresa è disposta a vendere il bene

è esattamente pari al costo marginale

• Cioè per l’impresa concorrenziale la curva di offerta è la

curva di costo marginale

• Se decide di produrre, l’impresa produrrà le quantità per

cui il prezzo è uguale al suo costo marginale

• SE decide di produrre: infatti potrebbe decidere di

sospendere la produzione o di chiudere del tutto