Vecchie e nuove forme di

intervento pubblico in economia:

opportunità e limiti

Giuseppe GarofaloDipartimento Economia e Impresa

Università della Tuscia

Due polarità nelle

economie capitalistiche di mercato

• Mercato senza freni (manchesterismo)

• Economia sociale di mercato:

mercati + regolazione + Welfare state

Questione di …“fallimenti”

Modelli di capitalismo

• Modello liberale (Stati Uniti) – variante individualistica semi-welfarista (UK)

• Modello socialdemocratico (paesi scandinavi)

• Modello conservatore (Francia) – variante conservatrice istituzionalista (Germania)

– variante familistica (Italia, Spagna)

A partire dagli anni ’80 del secolo scorso, il modello

liberale tende a prevalere basandosi su:

• Netta separazione tra proprietà (azionisti) e controllo (managers) delle imprese

• Centralità dei mercati finanziari � prototipo dei mercati efficienti (anche nell’uso delle informazioni) che si autoregolano. Grazie a loro, si avrebbe una corretta gestione dei rischi

• Stato minimo e deregolamentazione (Reaganismo/Thatcherismo � «Lo Stato non è la soluzione dei problemi, lo Stato è il problema»)

• Visione ottimistica circa le diseguaglianze distributive• Shortermismo

La crisi del 2008-…

• … ha evidenziato i limiti di tale modello

• … non ha, però, determinato riedizioni di politiche interventiste, soprattutto in Europa, a causa di vincoli stringenti nei conti pubblici e di politiche improntate all’austerità e a logiche nazionalistiche

In Italia …

• il senso dello Stato è storicamente debole

• i meccanismi di delega ai politici di compiere scelte per conto e nell’interesse dei cittadini hanno mostrato limiti di efficacia

• si è sperimentato in passato la figura dello “Stato produttore” con una sua presenza ingombrante nella sfera economica ed un ruolo marginale della classe imprenditoriale

segue:

• vi è una storica carenza di capitali ma, soprattutto, una loro scarsa canalizzazione verso impieghi produttivi selezionati

• si sono mostrati, nell’ultimo quarto del Novecento, ritardi di recepimento/attivazione della rivoluzione digitale (ITC) ed incapacità di adattarsi/approfittare dei processi di globalizzazione dato il ruolo passivo e la carenza di classe dirigente

• è mancata di fatto una reazione alla crisi del 2008-…

In questa luce andremo a rileggere le vicende dell’IRI e del ruolo dell’intervento pubblico nel nostro Paese, la successiva fase delle dismissioni e ci chiederemo, da ultimo, se in Italia …- la presenza pubblica non continui ad essere invadente - non si rischi di essere, per così dire, “più realisti del re”avendo noi rinunciato ad azionare, come fanno altri paesi, strumenti importanti di politica industriale, come furono, nel bene e nel male, le pp.ss.

Ne parleremo più avanti, ma ci si riferisce ad

interventi coordinati riferiti all’apparato produttivo

La parabola dell’IRI

• Nascita: dopo la Grande crisi del ’29 con caratteristiche di ente provvisorio (acquisizione-risanamento-dismissione)

• Periodo pre-bellico: diventa ente permanente di gestione in una fase di forte depressione dell’attività economica

• Periodo post-bellico: si afferma come modello di cooperazione di capitale pubblico e capitale privato

• Declino: si manifesta una crescente sottovalutazione dei vincoli di bilancio e dei principi gestionali ed una crescita elefantiaca dell’apparato con una contaminazione politico-partitica sempre più accentuata

• Fine: sotto la spinta dell’Europa le pp.ss. si trasformano (da enti pubblici economici) in s.p.a. (1992) e si avvia la stagione delle privatizzazioni. Le poche aziende rimaste in mano all’Iri vengono trasferite al Tesoro e l’Ente viene liquidato

E’ vero che lo Stato …

• non può fornire “occupazione di ultima istanza” svincolata da ogni logica economica

• più che produttore, deve essere regolatore, un ruolo delicato perché lo Stato non deve opprimere l’iniziativa privata, ma guidarla ed incanalarne le energie vitali

Ma lo Stato ….

• ha un ruolo essenziale per garantire le “regole del gioco”, per fare il mediatore di conoscenze, creando condizioni, incentivi, governance dei processi, per stimolare l’impegno dei capitali pubblici e privati in progetti infrastrutturali (materiali e immateriali)

• deve operare, come le imprese, attuando una “programmazione”degli interventi a lungo termine � necessità per un paese di una “Politica industriale” finalizzata alla crescita

• deve intervenire per contrastare le crisi (nella situazione europea, ciò deve avvenire non solo con interventi coordinati, ma con iniziative a livello dichiaratamente federale)

Garanzia alle imprese di condizioni quadro, agendo sulle esternalità di sistema

(contendibilità dei mercati, controllo delle barriere strategiche e delle asimmetrie

informative, coordinamento dei diversi attori del sistema innovativo, …)

Garanzia alle imprese di condizioni quadro, agendo sulle esternalità di sistema

(contendibilità dei mercati, controllo delle barriere strategiche e delle asimmetrie

informative, coordinamento dei diversi attori del sistema innovativo, …)

Agire avendo presente un orizzonte medio-lungo, dunque di crescita, anziché con interventi

spot di corto respiro

Agire avendo presente un orizzonte medio-lungo, dunque di crescita, anziché con interventi

spot di corto respiro

Lo Stato incassò circa 200mila miliardi di lire (103 miliardi di euro), al lordo delle commissioni (tra l’1% e l’1,7% dell’importo totale) pagate alle banche d’affari anglosassoni che curarono le procedure.Il debito pubblico si ridusse solo dell’8%.

Per avere un termine di

confronto, i debiti della P.A. vs. le

imprese ammontano,

attualmente, a 71 miliardi euro

Limiti delle procedure di privatizzazione ����

Dal monopolio pubblico al monopolio privato, senza vera liberalizzazione dei mercati

Documento della Corte dei conti pubblicato il 10 febbraio 2010

• Le procedure di privatizzazione hanno peccato di scarsa trasparenza; i proventi dalla vendita dei “gioielli di famiglia” non sono sempre stati impiegati per la riduzione del debito pubblico

• Il recupero di redditività realizzato dalle aziende privatizzate non èdovuto alla ricerca di maggiore efficienza, ma piuttosto all'incremento delle tariffe ben al di sopra dei livelli di altri paesi europei (dunque a danno delle famiglie).

• Modesti sono stati i progetti di investimento volti a migliorare i servizi offerti

La nuova IRI?Cassa depositi e prestiti

Nata a Torino nel 1850 in forma di banca, sia pure sotto l'egida dello Stato, viene prima trasformata in una Direzione Generale del Ministero del Tesoro (1898) e resa pienamente autonoma nel 1983.

Dal 2003 è una società per azioni, partecipata per il 70% dal Ministero dell'Economia e per il 30% da 65 fondazioni bancarie.

Nel 2006 CDP ha incorporato la società Infrastrutture S.p.A., da lei stessa costituita nel 2002 per finanziare la realizzazione di infrastrutture e di grandi opere pubbliche

L'attività della CDP si articola in due distinti rami di azienda:• "gestione separata“: gestisce il finanziamento degli investimenti statali e di

enti locali, utilizzando quale fonte principale di provvista la raccolta del risparmio postale

• "gestione ordinaria“: si occupa del finanziamento di opere, di impianti, di reti e di dotazioni destinati alla fornitura di servizi pubblici e alle bonifiche. Per far fronte a questa attività la CDP assume finanziamenti ed emette titoli, in particolare obbligazioni

La presenza pubblica in economia

Tremonti [Monti] bond

• Obbligazioni bancarie studiate nel 2009 per migliorare la capitalizzazione Tier 1 delle banche

• Sono emessi dalle banche e sottoscritti dal MEF• Il prestito va rimborsato dalla banca entro dieci anni. In caso di difficoltà, il prestito

può essere convertito in azioni ordinarie mediante aumento di capitale riservato allo Stato.

• Una delle 4 banche che li ha sottoscritti, il Banco Popolare, nel 2011 ha integralmente rimborsato i 1.450 milioni di prestito con l'aggiunta di 86.44 milioni di euro a titolo di interessi

• Nel 2012 un’altra banca sottoscrittrice, Monte dei Paschi di Siena, date le note difficoltà, ha richiesto al MEF di sottoscrivere Monti bond per sostituire i Tremonti Bond di cui sopra (1.900 milioni di euro), più altri 2.000 computabili nel patrimonio di vigilanza (Core Tier 1).

• “Si dice che lo Stato, coi Tremonti-Monti bond, non userebbe i soldi del contribuente perché i bond verranno ripagati e hanno un interesse elevato. È falso: per superare un dissesto ci vuole capitale; e la pretesa dello Stato di farlo con il debito, ad alto rendimento e zero rischio, non è credibile. I Tremonti-Monti bond (due governi ne condividono la responsabilità) sono stati la peggiore delle soluzioni: lo Stato si accolla il rischio della ristrutturazione, lasciandone però la guida e i benefici nel caso di successo, agli azionisti che hanno creato il danno” (Alessandro Penati, La bomba-derivati che fa esplodere i bilanci delle banche, “La Repubblica” del 26 gennaio 2013)

Alcune esperienze estere

• USA: progetto del presidente Obama di creazione della National Infrastructure Bank con un capitale iniziale di soli 30 miliardi di $ ma in grado di mobilitare fondi privati e di emettere bond denominati America Fast Forward bond (“America avanti tutta”) [è stato stimato che negli Usa occorrano investimenti infrastrutturali pari a 2.200 miliardi di $ in 5 anni]

• Vi è un precedente: i Build America bonds lanciati nel gennaio 2009 nell’ambito del “Recovery Act”. Negli Usa, sono bastati quattro anni allo Stato per ristrutturare, e uscire

Per una nuova progettualità

pubblica

• La vecchia dogmatica statalista e interventista in campo economico è morta e sepolta: lo Stato non può tornare a «fare i panettoni»! (la frase era riferita appunto all’Iri), cioè a produrre beni che siano “escludibili” e “rivali”.

• L’ultima crisi però insegna che, anche puntando su politiche liberiste, le economie dell’Occidente non possono fare a meno della dimensione statuale per assicurare una cornice di regole dotate di effettività, unità di indirizzo su alcune materie fondamentali e possibilità di intervento diretto in caso di crisi.

• La dimensione statuale in alcuni casi è troppo piccola: occorre riferirsi a quella internazionale.

• Occorre recuperare il binomio crescita e democrazia (efficienza ed equità).• Via via, in Italia abbiamo bandito le parole programmazione e, tout court,

politica, per errori delle classi dirigenti. Ciò ci ha condotti ad una visione corta, che rischia di portarci verso una strada senza uscita.

• L’esperienza del passato ha da insegnarci qualcosa nel bene e nel male, perché non mancano in quell’esperienza lezioni per l’oggi e per evitare di ripetere gli stessi errori.

Una riflessione conclusiva

• Secondo la teoria della Public choice di Buchanan&C,

i politici si comportano non come “monarchi illuminati”

che hanno a cuore il benessere collettivo, ma come soggetti egoisti che massimizzano il proprio benessere individuale.

• Idem, mutatis mutandis, per quanto riguarda i burocrati

• L’approccio, benché realistico, è pericoloso perché le scelte pubbliche, che implicano forti effetti esterni, si basano su un meccanismo di delega, da parte dei cittadini/elettori

• In Italia la classe politica, i grandi burocrati pubblici e para-pubblici, oggi screditati, non si sono comportati sempre come una “casta”

• Rimanendo al tema del Convegno, un nome significativo è quello di Pasquale

Saraceno: all’Iri (dei Beneduce e Menichella) dal 1933, fondò nel 1946 la Svimez. Quest’ultima promosse una Scuola di formazione e specializzazione che, dal 1958 al 1962, fu diretta da Claudio Napoleoni. La Scuola fu una sorta di dottorato ante

litteram, in cui si insegnavano le idee di J.M.Keynes e di P.Sraffa, nonché le grandi questioni dello sviluppo economico e il dibattito sulla politica economica: oltre allo stesso Napoleoni, vi furono docenti prestigiosi, tra i quali G.Myrdal e J.Tinbergen, futuri premi Nobel; molti allievi sono diventati in seguito importanti economisti.

• Tale lezione va ripresa, con iniziative congiunte pubblico-privato