Interpretazione pedagogica del pensiero di senecapropone ... · cano di studiare lo stoicismo non...

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Interpretazione pedagogica del pensiero di Seneca Benedetto Lo Piccolo FrancoAngeli IstItuto dI studI e RIceRche economIche e socIalI

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Interpretazionepedagogicadel pensierodi Seneca

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Interpretazione pedagogica del pensiero di seneca propone una rifles-sione che parte dal rapporto tra logos e volont, problematica fondamen-tale del filosofo e scrittore latino di cordova, seneca, per approdare alla ri-flessione pedagogica.

In effetti il giusto rapporto che nelluomo si crea tra questi due elemen-ti che porta alla conoscenza del Vero e del Bene, due obiettivi fondamen-tali sia della teoretica che delletica di seneca.

non dunque un caso che seneca affermi che luomo insiste in unarealt, definita a priori, che pu interpretare grazie alla ragione individualee conoscere anche per opera della volont. ed il pathos a dare origineallamore per la realt e per la vita che deve tendere al bene.

seneca concepisce quindi la filosofia come ricerca della virt e della li-bert dove la virt intesa nellaccezione stoica, secondo lideale dellhu-manitas, come partecipazione sociale attiva e concreta per tutti gli uomini,e non soltanto come autonomia spirituale.

e ritornare al concetto di volont pu essere un esercizio pedagogicofondamentale che concorre a ridefinire lanimo contemporaneo dellera di-gitale, per dare slancio a una nuova filosofia dalle modalit educative le-gate alla contemporaneit e che la tecnologia sta mettendo a dura prova.

Benedetto lo Piccolo, laureato in pedagogia, docente a contrattopresso luniversit degli studi di Palermo e ha insegnato pedagogia, di-dattica generale e speciale, oltre che progettazione didattica e legislazio-ne scolastica specifica. Formatore nazionale, componente del consiglioregionale dellunione cattolica italiana insegnanti medi (ucIIm), nonchvicepresidente della sezione ucIIm di Palermo. collabora con diverseassociazioni ed aziende (tra cui cesPed, di cui direttore) ed impe-gnato in molteplici contesti quali la formazione iniziale e in servizio di do-centi e dirigenti scolastici. stato poi consulente dellassessore regiona-le alla Pubblica Istruzione della Regione sicilia.

772.17B. LO PICCOLO

INTERPRETAZIONE PEDAGOGICA DEL PENSIERO DI SENECA

Benedetto Lo PiccoloInterpretazione pedagogicadel pensiero di Seneca

FrancoAngeli

IstItuto dI studI e RIceRche economIche e socIalI

FrancoAngeliLa passione per le conoscenze

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Benedetto Lo Piccolo

Interpretazionepedagogicadel pensierodi Seneca

FrancoAngeli

In copertina: Jacques-Louis David, Morte di Seneca, 1773, olio su tela

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Indice

Introduzione pag. 71. La tematica del volere in una prospettiva educativa

negli studi critici generali sullo stoicismo e in quelli specifici su Seneca 9

1. Luomo nel suo naturale cammino esistenziale 291. La volont di fronte alla natura 292. Il volere umano di fronte alla vita e alla morte 43

2. Conoscenza e volont nelle loro espressioni educative 571. Ragione e volont 572. La volont di fronte al male e al bene 663. La fase conoscitiva 76

3. La virt come volont di costante progresso morale della persona umana 921. Virt come stabilit del volere 922. La sovranit del volere 111

Bibliografia 125Edizioni critiche delle opere consultate 125Opere critiche 126

Bibliografia ragionata 131

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Introduzione

Questo lavoro intende approfondire lidea di educazione in Lucio Anneo Seneca che ha dominato gli studi critici, fino a tutto lOttocen-to, alla ricerca di un pensiero rigorosamente sistematico nello stoici-smo, anche se considerato un pensiero minore rispetto alle filosofie di Platone e Aristotele, quindi, poco originale ed eclettico, sostanzial-mente stoico, un generico umanitarismo.

Nel mondo doggi, caotico e superficiale, pi facile non sentire e non vedere che guardarsi dentro e riflettere sul vuoto e linfelicit della propria esistenza. Di qui linteresse al ritorno a se stessi1 alla cura del s; e il ritorno al dialogo e alleducare la coscienza che sembra aver perso quella forza intenzionale e significante2. Luomo nel mondo, ma sceglie di vivere il proprio esserci, la propria esistenza, seguendo un progetto inautentico, senza voler fare sacrifici, senza approfondire la conoscenza del s e del mondo, unesistenza basata sulle opinioni, sul si dice, unesistenza senza traguardi, senza la volont di autorea-lizzarsi, senza la consapevolezza che luomo nel mondo artefice del proprio destino3.

Tale situazione mette in risalto quella che tra le emergenze pedagogi-che attuali ritengo la pi importante: la mancanza di fiducia che i ragaz-zi hanno in se stessi, nella possibilit di superare i limiti delle proprie capacit ed acquisire competenze che ti conducono verso un naturale

1 Foucault M., La cura di s, Feltrinelli, Milano, 2006, p. 67-ss.2 Husserl E., Lidea della fenomenologia, Il Saggiatore, Milano, 1988.3 Laberthonnire L., Teoria delleducazione, La Nuova Italia, Firenze, 1967,

VIII ristampa.

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confronto con il mondo. Hanno paura delle prestazioni e del con-fronto, rifuggono dalle responsabilit, amano alterare la real t attra-verso gli stupefacenti, oppure dietro la consolle di un video gioco che li aliena e li allontana dal coinvolgimento sociale, dalla partecipazione responsabile. Uomini che non si prospettano un futuro, che non hanno progetti, uomini che non si pongono il problema del senso della vita, del mondo, uomini senza filosofia direbbe Seneca: senza filosofia lanima malata, anche il corpo, se pure sano e in forze Perci se vorrai stare bene, cura soprattutto la salute dellanima, e poi quella del corpo.

Per Laberthonnire la volont, limpegno, lo spirito di sacrificio, la dedizione sono la testimonianza diretta che leducatore deve operare per rendersi protagonista di unazione pedagogica disinteressata, ba-sato sullamore profondo per laltro, che lo rende formatore di persone che appartengono a se stesse interiormente essendo responsabili di quanto pensano e vogliono4.

Ritornare al concetto di volont e alla visione del mondo nello stoi-scismo, e in Seneca in particolare, pu essere un esercizio pedagogico fondamentale che concorre a contribuire, a ridefinire lanimo contem-poraneo, lanimo nellera digitale, lanimo del post-umano direbbe Bo-strom5, per dare slancio a una nuova filosofia per la vita che pretende nuove modalit educative legate alla contemporaneit, che la tecnologia sta mettendo a dura prova, che consentano di dar luogo e far consolidare una formazione scolastica che mette al centro la dimensione antropolo-gica calcolando con molta attenzione le implicazioni etiche e culturali.

Per gli stoici leducare alla sapienza e lo sviluppo dellautoco-scienza consentono alluomo virtuoso di conquistare la propria vita raggiungendo lautocontrollo. Esercizio necessario, oggi, e che ritro-viamo in Eduard Zeller6, autorevole rappresentante di questinterpre-tazione dello stoicismo.

4 Ivi, p. 41.5 Bostrom N.A., History of Transhumanist Thought, Journal of Evolution

and Technology, 14, 2005, pp. 1-25. Sulla teroria del transumanesimo: http//:www.transhumanism.org. Inoltre, si possono trovare numerosi spunti sulla teoria nel volu-me di S. Young, Designer Evolution: a transhumanist manifesto, Prometheus Books, New York, 2006.

6 Zeller E., Die Philosophie der Griechen in ihrer geschichtlichen Entwicklung, vol. I, Leipzig, 1892.

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Considerando gli studi scientifici sullargomento, solo agli inizi del Novecento i critici guardano allo stoicismo romano e a Seneca e cer-cano di studiare lo stoicismo non tanto come pura teoresi, bens come filosofia per la vita, rispondente alle pi profonde esigenze dellanimo. Su questa linea interpretativa si muove Max Pohlenz7, il pi accurato studioso dello stoicismo.

Questa nuova prospettiva valorizza lintimo peculiare significato della filosofia stoica e d rinnovato impulso agli studi specifici su Se-neca, mirati a rivalutarne la personalit e il pensiero; la storiografia contemporanea sviluppa ulteriormente questa svolta interpretativa pri-vilegiandone un approccio problematico, sia del sistema stoico sia dei singoli filosofi, ed esaminandone gli entrambi particolari aspetti, non ancora sufficientemente e ampiamente trattati. Qui rappresentativo della pi recente critica lo studio di Voelke sullidea di volont nel pensiero stoico8.

1. La tematica del volere in una prospettiva educativa negli studi critici generali sullo stoicismo e in quelli specifici su Se-neca

Nellapproccio al problema della volont in Seneca, la maggiore difficolt che si incontra costituita dalla pressoch inesistenza di stu-di specifici sulla questione.

Occorrer, dunque, desumerla prima dallesame della produzione senechiana e poi dagli studi generali sullo stoicismo, tenendo presenti le tre impostazioni critiche che hanno determinato levoluzione sto-riografica. Da tali studi critici possibile individuare alcuni proble-mi-chiave dai quali emerge pi chiaramente la questione del volere umano, come rapporto tra la conoscenza e latto morale, tra la volont e la conoscenza (o ragione), tra la volont individuale e il destino (o problema del determinismo cosmico).

7 Pohlenz M., La Sto: storia di un movimento spirituale (trad. it. di B. Proto), La Nuova Italia, Firenze, 1967.

8 Voelke A.-J., Lide de volont dans le stocisme, PUF, Paris, 1973.

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Nello specifico, il concetto di volont non trova particolare rico-noscimento e della dottrina stoica vengono sottolineate la centralit del letica e limportanza della motivazione pratica ed lo Zeller che valorizza la tendenza interpretativa di riconoscere negli stoici i soste-nitori di una gnoseologia come fondamento di ogni comportamento morale9, come la molla per ogni agire volontario, tale che lo stoicismo romano (e in esso Seneca) viene considerato unappendice spuria ed eclettica, contrassegnata dallaccentuazione di sentimenti umanitari.

Si richiama a questinterpretazione anche A. Dyroff10 che, oltre a ribadire i principi delletica stoica, afferma che essa si nutre di un in-tellettualismo esclusivo del concetto di volont, mentre, daltro canto, si assiste a un crescente interesse per gli stoici dellet imperiale, tra cui anche Seneca, sul quale iniziano a venir fuori opere critiche di una certa rilevanza. Tra gli studi specifici di questo periodo da segnalare lopera di C. Pascal, in cui lanalisi filosofica ancora inficiata dai pregiudizi di eclettismo e incoerenza dottrinali11. Concetto Marchesi, nel suo volume su Seneca, anche se tende a difendere la personalit del filosofo, dedica allaspetto dottrinale una parte minima rispetto a quel-la in cui elenca le vicende biografiche e politiche12 e riconosce nella scuola stoica lesistenza di un determinismo rigoroso, affermando che lesercizio del potere delluomo non pu essere considerato volonta-rio, ma solo predestinato13.

Una svolta radicale nellapproccio critico al problema, in contrasto con la precedente interpretazione, si ha nel primo Novecento. Vernon Arnold14 pone lo stoicismo accanto alle grandi religioni monoteistiche e rivaluta la considerazione dellimportanza dello sforzo volontario allinterno della dottrina stoica della rappresentazione catalettica. Per

9 Zeller E., Die Philosophie der Grieche in ihrer geschichtlichen Entwicklung, V, Reiseland, Leipzig, 1982, pp. 355-359.

10 Dyroff A., Die Ethik der alten Stoa, S. Calvary & Co., Berlin, 1897, pp. 149-150.

11 Pascal C., Seneca, Aracne, Catania, 1906.12 Marchesi C., Seneca, Rizzoli, Milano, 1944.13 Ivi, pp. 317-318.14 Vernon Arnold E., Roman Stoicism: being lectures on the history of the stoic

philosophy with special reference to its development within the roman empire, CUP, Cambridge, 1911. Oppure ledizione di Routledge & Kegan Paul, London, 1958.

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gli stoici la volont, chiarisce lautore inglese, un potere indipen-dente e autonomo, ma il suo culmine nel volere, paradossalmente, la sottomissione allEssere supremo15. Il problema del volere umano costituirebbe dunque unaporia, origine di unaperta conflittualit che gli stoici non riescono a risolvere, la cui consistenza sta nel fatto che essi, pur sostenendo la libert della volont individuale, rifiutano di ammettere che il potere delluomo sia limitato dal destino.

Al nuovo indirizzo interpretativo si legga anche lopera di Max Pohlenz con cui la nozione di volont, nello stoicismo e in Seneca, trova la prima e fondamentale trattazione. Il critico afferma che, per la filosofia greca, la volont connessa allintelletto: essa non una forza che determina autonomamente la vita, ma una funzione legata allintelletto, il quale indica la meta da raggiungere16. Luomo omeri-co ignorerebbe perci, nel modo pi assoluto, il libero atto di volont. Nel ribadire la differenza sostanziale tra il moderno concetto di vo-lont e il volere come concepito dalluomo greco, Pohlenz spiega che, nel pensiero greco, il volere ha sempre una direzione gi in parte tracciata e conosciuta17.

Infatti uno dei verbi greci che possono avvicinarsi di pi al termine volont (aver volont, intenzione), che indica un volere im-pulsivo e pi spesso un esser pronto ad accogliere una sollecitazione esterna18. La volont si configurerebbe come conseguenza quasi spon-tanea del processo conoscitivo e intellettivo, lo sforzo prodotto dalla conoscenza19, sforzo irresistibile e desiderio irrefrenabile di realizzare e portare a compimento ci che lintelletto ha ritenuto giusto e buono da conseguire.

In tale ottica tutto dipende dalla conoscenza; questo il postulato fondamentale intorno al quale ruota linterpretazione del Pohlenz.

Secondo lo studioso, il rigido intellettualismo della mentalit greca venne attenuato dal socratico Antistene, che dichiarava importante per la felicit, oltre alla virt, il continuo esercizio della vita morale. Que-

15 Ivi, p. 18-ss.16 Pohlenz M., Luomo greco, La Nuova Italia, Firenze, 1976, p. 14.17 Ivi, p. 396.18 Ivi, p. 397.19 Ivi, pp. 579-580.

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sto concetto della forza psichica (virt) sarebbe stato ripreso dagli stoici, i quali definivano appunto la virt come tonos o tensio-ne20. Gli uomini per natura hanno in s una consapevolezza morale, senza che ci comporti uninnata volitivit21.

Nellatto di precisare il momento e il luogo dellorigine del concet-to di volont, Pohlenz, conseguentemente alle precedenti affermazio-ni, dichiara che non solo il termine voluntas, ma anche il concetto stes-so si devono alla mentalit romana. E sarebbe stato proprio Seneca, a partire dal De Beneficiis, a introdurre e a fondere filosoficamente la voluntas22, nel senso che proprio nel contatto con un modo di vivere e di pensare alieno dalla pura speculazione, come era quello romano, essenzialmente volto agli scopi pratici, che lintellettualismo dellan-tica Sto si attenua23.

, dunque, nello spirito pratico romano che Max Pohlenz individua il nascere di una dimensione volitiva specifica delluomo: limperativo supremo non pi il conoscere, ma lagire. E Seneca, da buon romano:

diede importanza solo allazione pratica e fece appello pi alla coscienza che alla scienza. Per lui la vita una continua lotta morale, che richiede la severa autocritica e autodisciplina gi praticata dai pitagorici e limpegno totale di una volont coscientemente diretta al fine, e che daltra parte prospetta lim-mancabile ricompensa della felicit24.

Ci che a Pohlenz preme sottolineare che la volont in Seneca non pi esclusivamente un prodotto dellintelletto, ma lesercizio

20 Ivi, p. 652. Quando Pohlenz afferma che gli stoici scoprirono per primi il pro-blema del libero arbitrio e della libert del volere, riconduce tutto questo allorigine semitica dei primi fondatori (quasi deus ex machina); si ritrova continuamente in lui il binomio ellenismo-semitismo che viene a risolvere questioni di cui altrimenti non riuscirebbe a spiegare lorigine.

21 Ivi, p. 657. Uno dei contributi pi originali del Pohlenz riguarda il grande rilievo dato alla synasthesis (compercezione interiore), che egli unisce poi stretta-mente alla oikeosis (appropriazione di s), e proponente una soluzione della pole-mica tra innatisti e sostenitori del sensismo. A tale proposito, si confronti Proto B., La Sto, cit., pp. 228-229.

22 Pohlenz M., La Sto, cit., pp. 89-90.23 Ivi, I, pp. 535-544.24 Ivi, II, p. 8.

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una funzione primaria che, a volte, assume una rilevanza maggiore della stessa conoscenza25.

Il volume di Adolfo Levi sulla storia della filosofia romana inoltre da segnalare in quanto primo tentativo italiano di uno studio specifico sul pensiero filosofico romano26. Nel trattare dellincontro della filoso-fia stoica con il mondo culturale della Roma del I secolo d.C., lautore afferma che la ragione della sua vasta diffusione da spiegare nel fatto che pi degli altri indirizzi rispondeva alle esigenze della coscienza romana, per la severit delle sue norme, per il valore dato alla volont razionale consapevole di s di fronte alle tendenze interiori27.

Levi interpreta la volont in Seneca come latteggiamento della ra-gione retta e perfetta nel suo attuarsi concreto28, perch dalla volont che dipende il valore di unazione; ma esiste in Seneca un profondo conflitto tra la fede nella libert del volere e la dottrina del determini-smo cosmico, conflitto che resta insoluto29.

Allinterno di questa nuova impostazione, che mira a considerare lo stoicismo in tutta la sua ricchezza, si pone il contributo di R. Mondolfo che propende per uninterpretazione attivistica della gnoseologia stoi-ca. Egli afferma, infatti, che alla tensione dellambiente esterno corri-sponde una tensione interiore dellanima, e la percezione sensibile si produce con lincontro delle due30.

La stessa ricezione non si pu considerare puramente passiva, po-sto che legemonico stesso la vuole e la cerca, e perci trae da se stes-so, come da una sorgente, gli strumenti per afferrarla31.

E questa esigenza del soggetto di ricevere e cogliere attivamente le sensazioni non pu essere che volontaria, anzi Mondolfo sottolinea che questa ricezione conseguenza di una ricerca volontaria32, il cui elemento volontario concreto si evidenzia soprattutto nellassenso e

25 Ivi, II, pp. 89-90.26 A. Levi, Storia della filosofia romana, La Nuova Italia, Firenze, 1949.27 Ivi, p. 19.28 Ivi, p. 155.29 Ivi, p. 157-ss.30 Mondolfo R., La comprensione del soggetto umano nellantichit classica, La

Nuova Italia, Firenze, 1956, p. 201.31 Ivi, pp. 201-202.32 Ivi, p. 203-ss.

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nella comprensione, attraverso cui la primitiva impressione sensibile diventa rappresentazione catalettica e scienza.

In relazione allattivismo presente nella dottrina stoica, il Mondolfo chiama in causa lideale del saggio che la personificazione di questa forma di volont che determina tutto lagire umano33.

Opinione del Mondolfo che un orientamento volontaristico sia presente in tutta la filosofia greca, dal pensiero eracliteo al misticismo di Plotino34.

Eraclito avrebbe, infatti, anticipato la teoria stoica della conoscenza per la quale la percezione e la stessa comprensione nascono da una disposizione favorevole della volont35. La posizione che assume il Mondolfo a riguardo si pone in netto contrasto con il giudizio di M. Pohlenz il quale, invece, afferma il concetto di volont essere total-mente estraneo alla sensibilit delluomo greco. Comunque evidente che per entrambi la questione della volont risulta di estremo interesse per una pi attenta comprensione sia del pensiero stoico sia del mondo antico in generale. Un fenomeno a parte costituito dalla rivalutazione della logica stoica, che pure si collega profondamente al nuovo orien-tamento della critica.

La rinnovata attenzione di alcuni critici, per quel che pu interessa-re in questa ricerca, ha prospettato, oltre a una pi giusta impostazione del problema logico, anche una diversa valutazione della dimensione intellettualistica presente nelletica stoica. Questo approfondimento ha portato la maggior parte dei critici moderni a rifiutare uninterpre-tazione intellettualistica della volont stoica.

Il primo che si accinse ad affrontare un particolare studio sulla lo-gica stoica fu V. Brochard, il quale intese rivalutarla come momento centrale di tutta la filosofia stoica36, ovviando alla precedente critica che laveva spesso trascurata riducendola a una dimensione seconda-ria rispetto al momento etico.

33 Ivi, p. 205.34 Ivi, p. 156.35 Ivi, pp. 154-155.36 Brochard V., tudes de philosophie antique et de philosophie moderne, 1912,

4a ed., Vrin, Paris, 1974, pp. 220-251.

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Seguirono quindi gli studi di G. Rodier37 e del grande studioso del-lo stoicismo antico E. Brhier38. Da queste ricerche emersa linte-ressante affermazione di una sostanziale diversit che esisterebbe tra lintellettualismo stoico e quello delle precedenti filosofie: lo stoici-smo infatti rifiuta precisamente di ammettere il dualismo tra natura e ragione proprio di Platone e Aristotele.

Diversamente dalle dottrine di questi filosofi, per lo stoicismo nelle cose sensibili che la ragione acquista la pienezza della propria realt39.

Parlare di intellettualismo della Sto ora non significa altro che af-fermare che il logos universale nello stesso tempo natura e ragione quale fondamento e termine di tutto ci che esiste. Per quanto riguarda gli studi specifici da sottolineare il contributo di M. Gentile che ha cercato di mettere in luce lesistenza di un interesse metafisico in Se-neca e il peso che questo ha avuto nella costituzione del suo pensiero40. Non rivolge per alla questione della volont una specifica attenzione.

De Bovis sottolinea, invece, loriginalit e la particolarit degli svi-luppi operati da Seneca rispetto alloriginaria dottrina stoica. Pi spe-cificatamente il filosofo avrebbe contribuito ad arricchire di nuovi e profondi significati il concetto di volont41, ma arriva ad affermare che vi contraddizione tra ratio e voluntas, non cogliendo nella sua giusta valenza la ratio stoica.

I successivi contributi della critica contemporanea hanno privilegiato un approccio problematico al pensiero stoico: gli ultimi decenni hanno, infatti, visto luscita di opere dedicate a specifici problemi e aspetti par-ticolari dello stoicismo, aprendo alla ricerca nuove vie interpretative. In questa prospettiva si pone lo studio di V. Goldschmidt sulla concezione stoica del tempo: egli afferma che nella dottrina stoica la conoscenza dellazione della natura prioritaria rispetto allagire individuale42.

37 Rodier G., tudes de philosophie grecques, Vrin, Paris, 1957, p. 219-ss.38 Brhier E., Chrysippe et lancien stocisme, Vrin, Paris, 1951.39 Brhier E., Histoire de la philosophie, I, Vrin, Paris, 1967, pp. 265-266.40 Gentile M., I fondamenti metafisici della morale di Seneca, Vita e Pensiero,

Milano, 1932.41 De Bovis A., La sagesse de Snque, Aubier, Paris, 1948, pp. 78-81.42 Goldschmidt V., Le systme stocien et lide de temps, Vrin, Paris, 1953, 2a

ed., 1969, pp. 78-79.

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Ma, ribadisce Goldschmidt, non si tratta di una teoria che precede lazione ed appunto questimpercettibile novit che lautore vuole determinare e che esprime in questi termini: la distanza, in apparen-za non individuabile, tra essere trascinato e seguire di buon grado43. In questo seguire volentieri il corso della natura si delinea lequilibrio perfetto fra la volont individuale e il volere della natura e del destino, come Goldschmidt dimostra riferendosi alla contemporaneit dellin-tenzione e dellatto.

Grazie a questa contemporaneit nello stesso istante la nostra vo-lont raggiunge e scopre lavvenimento e il moto pi segreto della no-stra persona morale coopera con il corso, esterno a noi, del destino44.

Laccettazione degli avvenimenti richiede dunque contemporanea-mente la ragione e la volont, perch bisogna volere gli avvenimenti e anche conoscerli cos come si producono45. Ragione e volont non sono disgiunte e non ha pi motivo di esistere il problema del prima e del poi, della priorit della conoscenza sullazione o dellavveni-mento che si presenta sulla conseguente decisione. Riferendosi pro-prio ai risultati delle ricerche della critica pi recente, A. Bridoux, nel volume in cui tratta dello stoicismo in generale, afferma che lanima della dottrina nellunit della volont e della ragione46; questa unit che costituisce la forza dellautentico stoico, forza che non pu essere disfatta o incrinata dalla debolezza. propria di Seneca, invece, la coscienza della radicale debolezza delluomo tanto che questa consa-pevolezza lo porta a valorizzare limportanza del fattore volitivo per ci che riguarda la realizzazione di una condotta virtuosa47.

Ai fini della presente ricerca interessante il tentativo di A. Bodson, il quale ha cercato di leggere in chiave sociologica letica degli ultimi stoici48.

Secondo lautore stato lo stoicismo romano a porre sempre pi in primo piano lintenzione del singolo, chiarita da Seneca nel De Be-

43 Ibid.44 Ivi, p. 101.45 Ivi, pp. 134-143.46 Bridoux A., Le stocisme et son influence, Vrin, Paris, 1966, p. 166-ss.47 Ibid.48 Bodson A., La morale sociale des derniers stociens, Vrin, Paris, 1967.

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neficiis, dove, appunto, viene accentuata continuamente limportanza della volont di fare il bene da parte di chi compie un beneficio, pi che il valore dellazione realizzata49.

Un problema molto dibattuto dalla critica contemporanea riguarda il rapporto della volont individuale con il corso ineluttabile del destino. Cos, per esempio, J. Brun afferma linevitabilit di unalternativa tra un uomo libero e responsabile e un destino che stringe nei suoi legami tutti gli esseri50. Il problema di sapere come possa permanere in noi questa dottrina un posto per la libert umana una delle maggiori difficolt po-ste agli studiosi del determinismo stoico. Secondo il Brun, da tali consta-tazioni discende che lo stoico padrone di una libert che non reale51.

Dello stesso parere G. Rodis-Lewis, quando si chiede se la libert dello stoico non sia puramente formale52. La Rodis-Lewis, per, pro-pone uninteressante soluzione al problema, prospettando la distinzio-ne, gi operata da Epitteto, tra ci che dipende da noi e ci che non dipende da noi53.

Laccettazione passiva, o meglio il distacco, si produrr solo nei confronti delle cose che sfuggono al nostro volere, mentre la nostra libert si esprimer nelle cose che la volont personale pu dominare.

La condizione fondamentale per questa libera volont che luomo non ha pi criteri al di fuori di se stesso, egli stesso lunico respon-sabile del proprio agire.

Un ulteriore e interessante contributo stato offerto da J. Rist in un volume sullo stoicismo in generale, in cui prende a chiarire, pur attra-verso un approccio estremamente problematico, lintima coesione tra volont e azione54.

Al problema della volont lo studioso dedica un intero capitolo at-traverso il quale tenta di indagare la concezione stoica del rapporto tra conoscenza e volere, in termini intellettualistici. La posizione di Rist emerge chiaramente sin dallinizio, quando afferma che nello stoici-

49 Ivi, p. 72-ss.50 Brun J., Le stocisme, Presses Universitaires de France, Paris, 1966, pp. 80-81.51 Ivi, p. 125.52 Rodis-Lewis G., La morale stocienne, Nauwelaerts, Paris, 1970, pp. 108-110.53 Ibid.54 Rist J., Stoic philosophy, CUP, Cambridge, 1969.

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smo non c nessuna cosa come atto puramente intellettuale55, tutti i consensi della sfera morale includono per lo stoico lintenzione di realizzare una certa azione, in altre parole ogni atto morale contiene in s una comprensione del fine morale e un attuarlo di fatto56.

Viene cos postulata una profonda unit tra la volont e la comprensio-ne razionale, in cui, appunto, la razionalit diventa la motivazione e nello stesso tempo la molla per lagire. Rist ritiene, in polemica con Pohlenz, che una dimensione volitiva esista gi nella Sto antica, ma che essa sia implicitamente contenuta nei termini greci come (dianoia) o (proairesis) che designano in modo particolare la scelta razio-nale57. Sarebbe perci esclusivamente merito della traduzione in latino la nascita del termine voluntas, senza che si debba nulla alla mentalit ro-mana. Di conseguenza, lenfasi che Seneca pone nel discorrere della vo-lont dovuta esclusivamente al fatto che egli scrisse e pens in latino58.

Un originale tratto caratterizzante per Seneca laver distinto lin-telletto dalla volont, anche se, come spiega Rist, non si tratta di una vera e propria separazione; infatti, da solo, il volere non basta, essendo solamente un impulso alla virt, ma non ancora la virt che, invece, pu essere definita come lunione di scienza e volont59.

Secondo Rist, quando Seneca si riferisce al volere non intende in-dicare altro se non il nostro carattere morale, il quale si identifica nella psicologia stoica con legemonico, da cui scaturiscono gli atti indivi-duali di volont60.

Lipotesi che sembra scaturire lidentit della volont e dellege-monico e, di conseguenza, della ragione, che lorigine e il fulcro di ogni sua attivit.

55 Ivi, pp. 220-221.56 Ibid.57 Ivi, pp. 222-224.58 Ibid. Il giudizio di Rist impone unosservazione sulleffettivo legame che esi-

ste tra il linguaggio di un popolo e il modo culturale di questo: ci che si vuoi far notare e che il risvolto semantico sotteso al termine voluntas, non pu non avere determinato un modo diverso di concepire la volitivit umana e, perci, il merito certamente della traduzione in latino, in quanto in quel tradurre si aperto tutto un mondo di simboli e significati nuovi.

59 Ivi, pp. 224-225.60 Ivi, p. 227.

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N Seneca n Epitteto, che pi degli altri stoici hanno sottolineato il valore della volizione umana, hanno, di fatto, variato la dottrina stoica della volont e della conoscenza. Dire con Seneca voluntas e con Epit-teto proaiesis fondamentalmente la stessa cosa: lunica differenza sta nellintroduzione di un nuovo linguaggio, dovuto esclusivamente a particolarit linguistiche61. La questione del volere viene invece col-locata da Long entro la problematica che investe il senso del rapporto tra libert individuale ed il determinismo cosmico62.

Nella prospettiva cosmica la volont dellagente fa parte del nesso cau-sale, ma levento in cui essa si esprime co-determinato dalla situazione esterna dellagente e da un cosciente atto di scelta63.

Secondo Long, quindi, non tanto laspetto spazio-temporale del-lazione a non poter essere altrimenti, quanto il suo carattere morale64.

Ci che viene posto in primo piano limportanza attribuita dagli stoici al carattere personale, ritenuto determinante ai fini della scelta di unazione e della creazione di atti di volont. Tuttavia, anche tale ca-rattere risultava essere predeterminato dalleducazione e dalla natura; ci non significa che

gli uomini non vogliono in modo genuino le loro azioni, ma che un atto di volont non indipendente dal carattere e dalle cause che contribuiscono a formarlo65.

La libera volizione consiste, dunque, per lautore, nel rapporto di co-determinazione tra il carattere umano e la situazione esterna: Long si domanda se effettivamente si tratta di una rigida teoria deterministi-ca, salvo precisare pi avanti che c sempre un riferimento allinter-vento personale, altrimenti non avrebbe alcun senso la distinzione tra volere e non volere66.

61 Ivi, pp. 231-232.62 Long A., Problems in stoicism, CUP, Cambridge, 1971.63 Ivi, pp. 183-184.64 Ibid.65 Ivi, pp. 187-189.66 Ivi, pp. 192-193.

IndiceIntroduzione1. La tematica del volere in una prospettiva educativa negli studi critici generali sullo stoicismo e in quelli specifici su Sen