Internet e il mestiere dello storico

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Internet e il mestiere di storico. Riflessioni sulle incertezze di una mutazione(*) Rolando Minuti R. Minuti, "Internet e il mestiere di storico. Riflessioni sulle incertezze di una mutazione", Cromohs, 6 (2001): 1-75 <URL: http://www.cromohs.unifi.it/6_2001/rminuti.html> Premessa - La transizione incerta verso una nuova normalità I - Gli strumenti dello storico e la rete Il miraggio della "risorsa" 1. Biblioteche e archivi 2. Problemi del documento digitale 3. II. La comunicazione storica all'epoca di internet Le incertezze della pubblicazione in rete 1. Nuovi modelli di scrittura storica 2. Comunità virtuali e insegnamento della storia 3. Bibliografia / sitografia * Il lavoro qui presentato in versione italiana è stato originariamente elaborato per l'edizione francese, ed è attualmente in corso di pubblicazione per la collana "Ecritures électroniques" delle Presses Universitaires de France. Alle PUF, che detengono il copyright dell'opera, va il ringraziamento dell'autore per avergli dato la possibilità di offrire questa versione elettronica italiana, che presenta peraltro alcune modifiche, nel testo e nella bibliografia, rispetto al lavoro destinato ai lettori di lingua francese [Rolando Minuti - febbraio 2001]. Ultima revisione: ottobre 2001. Ringrazio l'amico e collega Luigi Totaro per avermi aiutato a correggere errori e refusi, e a migliorare la forma del testo. Cromohs 2001 - Minuti - Internet e il mestiere di storico. Riflessioni sulle incertezze di una mutazione -... http://www.cromohs.unifi.it/6_2001/rminuti.html 1 di 2 05/01/2010 22.38

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Riflessioni sulle incertezze di una mutazione a cura di R.Minuti

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Internet e il mestiere di storico.Riflessioni sulle incertezze di una mutazione(*)

Rolando Minuti

R. Minuti, "Internet e il mestiere di storico. Riflessioni sulle incertezze di una mutazione",

Cromohs, 6 (2001): 1-75

<URL: http://www.cromohs.unifi.it/6_2001/rminuti.html>

Premessa - La transizione incerta verso una nuova normalità

I - Gli strumenti dello storico e la rete

Il miraggio della "risorsa"1.Biblioteche e archivi2.Problemi del documento digitale3.

II. La comunicazione storica all'epoca di internet

Le incertezze della pubblicazione in rete1.Nuovi modelli di scrittura storica2.Comunità virtuali e insegnamento della storia3.

Bibliografia / sitografia

* Il lavoro qui presentato in versione italiana è stato originariamente elaborato per l'edizione francese, edè attualmente in corso di pubblicazione per la collana "Ecritures électroniques" delle Presses Universitairesde France. Alle PUF, che detengono il copyright dell'opera, va il ringraziamento dell'autore per averglidato la possibilità di offrire questa versione elettronica italiana, che presenta peraltro alcune modifiche,nel testo e nella bibliografia, rispetto al lavoro destinato ai lettori di lingua francese [Rolando Minuti -febbraio 2001].

Ultima revisione: ottobre 2001. Ringrazio l'amico e collega Luigi Totaro per avermi aiutato a correggereerrori e refusi, e a migliorare la forma del testo.

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Rolando Minuti

R.Minuti, " Internet e il mestiere di storico. Riflessioni sulle incertezze di una mutazione ", Cromohs, 6 (2001):

1-75 < URL: http://www.cromohs.unifi.it/6_2001/rminuti.html >

Indice

Premessa

1. La diffusione dell’uso della rete nell’ambito generale degli studi umanistici, e degli studi storici inparticolare, costituisce ormai un fenomeno evidente: se pure ancora segnato da profonde differenze ediversi ritmi di sviluppo propri dei diversi contesti nazionali e culturali, rappresenta una realtà che nonpuò essere più valutata come marginale, che investe sempre più direttamente il quadro di riferimentogenerale della produzione storiografica e della sua ricezione, e che -in quanto strettamente legato adun’evoluzione tecnologica in rapida evoluzione- è sicuramente destinata ad espandersi.Se le applicazioni del computer alla ricerca storica costituivano fino ad alcuni anni fa un campo privilegiatodi attenzione per ambiti particolari e chiaramente identificabili della ricerca umanistica -dal versante delleapplicazioni quantitative alla ricerca storica a quello dell’analisi letteraria e linguistica, per le quali lastoria dell’interazione con la tecnologia informatica è più antica-, è a partire dai primi anni ‘90, con ladilatazione di Internet conseguente all’affermazione del web, che l’utilizzazione di tecniche e pratiche diconsultazione e di ricerca legate all’uso dei computer e della rete ha assunto connotati fortementepervasivi, che toccano pressoché ogni aspetto e ogni settore della ricerca storica.È in altri termini la trasformazione sostanziale delle strategie e delle tecniche comunicative -che derivadalla natura della rete, sia per l’accesso alla documentazione utile per la ricerca, sia per la comunicazionedei risultati della ricerca stessa, sia, infine, dal punto di vista dello scambio diretto di esperienze e diproblemi nell’ambito di una comunità di studiosi, che tende ad assumere caratteri e confini diversi rispettoalla tradizione accademica- ad aver aperto sostanzialmente un nuovo scenario.La moltiplicazione delle “risorse di rete” per gli studi storici di ogni tipo e livello, la cui rapidità ed il cuidisordine è direttamente conseguente alla facilità con cui si può giungere alla pubblicazione in rete, e chegià determina seri problemi di orientamento e di organizzazione, ne è forse la testimonianza più evidente.Ma l’affermazione di questo nuovo scenario, accolto da più parti, sin da subito, come l’inizio di unasostanziale rivoluzione rispetto ad una tradizione plurisecolare legata alla cultura del libro, porta con séuna complessità di interrogativi sui processi di trasformazione che la rete implica dal punto di vista delleforme consolidate del mestiere storico, a livello di contenuti, di pratiche e di linguaggi, che meritano di

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essere evidenziati per cercare di trovare linee di risposta convincenti -evitando i rischi opposti di unentusiasmo tecnologico acritico e di uno scetticismo radicale- ad un ordine di problemi che sta assumendouna rilevanza particolarmente forte.

2. È con l’intento di presentare indicazioni utili ad una maggiore chiarezza su quest’ordine di problemi cheè stato realizzato questo lavoro, senza l’ambizione di arrivare a risposte definitive ma con il desiderio dicontribuire ad una proposizione corretta dei problemi.L’autore di queste riflessioni non è un informatico, ma uno storico che si considera molto tradizionale, cheabitualmente si muove in quel territorio per molti aspetti di confine tra discipline differenti dato dallastoria delle idee e della cultura, e che ha condotto -e continua a condurre- il proprio lavoro e le propriericerche mediante l’analisi ed il commento di testi secondo tecniche e procedure consolidate dallatradizione filologica e critica. Non appartiene alla più giovane generazione di storici che sono cresciuti conil computer e per i quali l’uso della rete ha costituito sin dall’inizio uno strumento familiare; appartienepiuttosto alla generazione delle schede cartacee e della macchina da scrivere; ha successivamentescoperto, come la maggior parte dei colleghi della sua generazione, l’importanza e l’efficacia delcomputer come macchina da scrivere e archivio intelligente; ed ha infine sperimentato l’uso della retecome strumento di comunicazione e di accesso a informazioni utili alla ricerca, maturando la convinzioneche questo passaggio costituiva l’avvio di una trasformazione rilevante, e ricca di implicazioni, nelle formeconsolidate del proprio mestiere.La ragione di queste riflessioni non deriva dunque da problemi connessi ad un tipo specifico di ricerca perla quale le applicazioni informatiche abbiano avuto una incidenza diretta[1] -ciò che può essere piùevidente, ad esempio, nel caso delle ricerche di storia sociale, economica o demografica, o di analisi ditipo linguistico, per le quali le valenze e la rilevanza del trattamento quantitativo dei dati risultano piùsignificative ed evidenti- ma da un ordine più generale di considerazioni che hanno portato chi scrive -alpari di molti altri colleghi in questa fase delicata di problemi che investono globalmente il mestiere distorico- ad interrogarsi sulle implicazioni, le potenzialità e le conseguenze di un’integrazione tra reti emestiere di storico.

Ma, se le considerazioni che seguono non sono il risultato di una pratica di ricerca su un campospecificamente legato all’uso del computer, esse sono comunque il risultato di un’esperienza. Gliinterrogativi ai quali si cercherà di dare qualche risposta, frammentaria, provvisoria, nelle pagine cheseguono, si sono infatti presentati sin dalle prime manifestazioni della rilevanza del web, e hanno datovita a un esperimento, che è tuttora in corso.L’ipotesi di lavoro, assolutamente e volutamente empirica, era che per capire concretamente se e comela rete avrebbe influito sulle forme della ricerca e della comunicazione anche in ambito storico eumanistico, occorreva sperimentare direttamente, provare a costruire oggetti, concretizzare subito ciòche rischiava di essere irretito sin dall’inizio nelle maglie del dibattito sociologico o filosofico sullacomunicazione globale, i nuovi media, l’impatto di Internet sulla società e la cultura della fine del primomillennio. Un dibattito che è immediatamente sorto, e la cui crescita è divenuta ormai incontrollabile; mache, nonostante i materiali complessi e importanti di riflessione che comporta, non ci sembrava in gradodi rispondere in modo diretto ad alcune elementari domande: a cosa può concretamente servire la rete

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per lo storico attuale? può la rete cambiare, e in che termini, i caratteri tradizionalmente definiti econsolidati del suo mestiere? a quali problemi nuovi lo espone?Se era vero, come siamo tuttora convinti, che si trattava dell’avvio di un processo di profondatrasformazione destinato ad investire anche i quadri di riferimento degli studi umanistici -e storici inparticolare- con effetti ed implicazioni probabilmente più dirompenti rispetto alla rivoluzione tipografica,bisognava innanzitutto ed immediatamente cercare di verificare, cioè usare la rete per produrre oggettiutili alla ricerca e valutarne l’impatto.

3. Da qui nacque, nel lontano 1995, l’idea di una rivista storica esclusivamente elettronica, con unapiccola biblioteca di testi ad essa collegata[2]. Un esperimento, coltivato a margine delle normaliesperienze di lavoro, da tre amici e colleghi, due storici e un filosofo della scienza; sviluppatoautonomamente rispetto alle attività di centri di elaborazione informatica, che erano già presenti econsolidati; con la curiosità ed il piacere di verificare artigianalmente se e come le premesse che eranoindividuabili dall’affermazione del web potessero tradursi direttamente e rapidamente in realtàconcrete[3].Ed il progetto, maturato nel corso di lunghe discussioni serali, fu l’avvio di riflessioni e considerazioni chesi sono sviluppate nel corso degli anni seguenti, e che costituiscono il nucleo di esperienza che sta allabase delle pagine che seguono. Da un lato, infatti, siamo stati in grado di sperimentare la facilità e larapidità con cui i problemi vecchi e nuovi propri delle pubblicazioni scientifiche periodiche potevanorisolversi. Dalla relativa facilità con cui era possibile acquisire le tecniche di costruzione dei documenti perla comunicazione sul web (in un’epoca, peraltro, in cui non erano ancora disponibili gli automatismi chehanno ormai reso la pubblicazione in rete un’operazione quasi banale); all’adesione immediata eincuriosita di personalità rilevanti appartenenti agli ambiti disciplinari investiti dai temi della rivista -cheentrarono subito nel comitato scientifico indipendentemente dal loro grado diversissimo di competenzeinformatiche-; alla riduzione sostanziale dei costi rispetto alla produzione tipografica che costituiscono undato rilevante e sempre più pesante per la pubblicazione scientifica; alla partecipazione volontaria edentusiasta (talvolta imbarazzante, per la mancanza di risorse e di sostegni finanziari finalizzatiall’iniziativa) di giovani allievi, studenti, dottorandi, tecnici informatici e grafici, che costituiscono tuttorala spina dorsale di questo esperimento in corso, tutto sembrava dimostrare che le premesse di un nuovoscenario della comunicazione anche in ambito umanistico potevano tradursi subito, e senza particolaridifficoltà, in realtà.

Ma dall’altro lato, parallelamente a tutto questo, sono subito emersi anche problemi nuovi: dalriconoscimento accademico dell’equivalenza tra una pubblicazione elettronica e una pubblicazionecartacea; al deposito legale delle pubblicazioni; alla diversa natura della scrittura di un testo destinato allarete rispetto alla stabilità e alla conservazione dei documenti elettronici; alle potenzialità delle estensionimultimediali e alle implicazioni dei link esterni (che potenzialmente mettevano in crisi l’unità di unoggetto legata al proprio autore); alle citazioni e all’indicizzazione bibliografica dei documenti, che sonostati e sono tuttora oggetto di discussioni e di riflessioni.La convinzione, formatasi sin dall’inizio, che il nostro esperimento -concepito come laboratorio percomprendere con più precisione la natura di un fenomeno- sarebbe stato presto superato da altre

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iniziative -più robuste e più ambiziose negli intenti, nell’apparato tecnico e nelle risorse disponibili-,avviando un corso di pubblicazioni periodiche integralmente elettroniche tendenzialmente sostitutivo delleriviste cartacee, non si è in effetti avverata. Ancora restiamo, nel nostro ambito nazionale, una delle rareesperienze; ed anche in ambito internazionale l’affermazione risoluta dell’uso della rete per lacomunicazione scientifica in ambito umanistico -nonostante il grande sviluppo delle risorse, tra cui anche iperiodici elettronici- non si può dire sia ancora avvenuta in termini netti. Anche per spiegare le ragioni diquesto dato le riflessioni che seguono, frutto in massima parte di questa esperienza, intendono offrirequalche elemento utile ad elaborare possibili risposte e soluzioni.

4. All’esperienza legata al progetto di rivista elettronica si è poi unito, nel corso degli ultimi anni, unnuovo e diverso fronte di esperienze. Seminari, workshop, corsi di perfezionamento sulle nuovetecnologie applicate agli studi umanistici, attivati in ambito universitario -soprattutto presso ilDipartimento di studi storici e geografici dell’Università di Firenze-[4], hanno ampliato considerevolmenteil quadro delle esperienze e dei confronti su problemi concreti molto più utile, spesso, delle elaborazionepuramente teoriche o metodologiche, e hanno determinato maggiore chiarezza nell’individuazione deiproblemi, oltre alla possibilità di sviluppare nuovi livelli di riflessione.Un primo dato è apparso a tutti, promotori e partecipanti, particolarmente significativo. Intorno ai temi divolta in volta proposti alla discussione, nella cornice definita dal problema dell’uso della rete per la ricercastorica, si è andata costituendo una comunità di interessi e di interlocutori sostanzialmente nuova. Intornoai problemi relativi al reperimento delle risorse in rete, alla loro natura, alla loro classificazione, alla loroconservazione, si è stabilità una circolarità di scambio tra bibliotecari, archivisti, storici di diversaformazione e di diverso ambito di competenza, letterati, linguisti, filosofi, che in precedenzaprobabilmente non avevano avuto occasioni di ritrovarsi e di confrontarsi con la stessa immediatezza,separati da barriere disciplinari e professionali spesso intese in maniera troppo rigida. Una comunità diconfine, dove la centralità del problema del “documento in rete” ha costituito il comune denominatore diuna discussione volta alla risoluzione di problemi da tutti riconosciuti come comuni, e dove l’importanzadel problema -centrale per uno storico- dell’identificazione e della natura di una fonte, assumeva lafunzione d’elemento di raccordo di una molteplicità di contributi.

Le riflessioni presenti nelle pagine di questo lavoro sono anche il risultato di quell’esperienza, che siintegra con i dibattiti attivati nei gruppi di discussione sorti e sviluppatisi in rete, dove il connotatodell’interdisciplinarietà costituisce un tratto distintivo, e dove attorno al nuovo linguaggio della retetendono ad aggregarsi e ad articolarsi forme di appartenenza e di riconoscimento sostanzialmente diverserispetto a quelle definite dalla tradizione accademica.Anche questo costituisce un versante di problemi -che investe l’organizzazione delle strutture di ricerca e,in maniera particolarmente rilevante, della didattica- sui quali è opportuno cercare di offrire qualchecontributo utile alla chiarezza dei termini di una discussione che dovrà essere approfondita e che siprotrarrà certamente nei prossimi anni. L’inadeguatezza degli attuali percorsi formativi in ambitoumanistico -e storico in particolare- di fronte alle nuove tecnologie e all’uso della rete costituisce infatti undato evidente, non solo tipico del contesto italiano dove peraltro i ritardi e le difficoltà sono forse maggioriche altrove. Perché i problemi, anche per questo aspetto, vengano affrontati e risolti in maniera corretta,

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e perché non si cada nella tentazione di vedere le soluzioni unicamente nell’adeguamento delleinfrastrutture -che pure hanno un peso estremamente rilevante-, occorre una riflessione approfondita suicontenuti, sui metodi, sulle tecniche dell’insegnamento e della ricerca, che ci pare soltanto avviata.

5. Se quest’ordine di considerazioni, risultato di esperienze dirette, ha contribuito in maniera decisiva amantenere alto il livello di attenzione sul problema del rapporto tra reti e storiografia, nella convinzioneche tale rapporto costituirà un elemento importante nella formazione di una nuova generazione di storicie di ricercatori, al tempo stesso è stata fonte di un crescente disagio la constatazione che, intorno a tuttociò, una forma di separazione andava consolidandosi.Lo scetticismo, prima nei confronti dei computer e poi della rete, è stato un dato caratteristicodell’evoluzione delle tecnologie informatiche sin dalla loro prima penetrazione nei territori della ricercaumanistica, costituendo da questo punto di vista un versante della più generale critica dell’impatto dellenuove tecnologie informatiche sulla società contemporanea che rappresenta tuttora uno dei temiricorrenti di una letteratura critica e di una pubblicistica diffusa. Parallelamente è andata immediatamentedefinendosi una schiera di entusiasti che nella rete ha visto la crisi radicale della vecchia cultura,l’emergere ed il trionfo di forme nuove di identità e di autorità -legate in vario modo al concetto diipertestualità-, la crisi di tutti i postulati intorno ai quali era andata configurandosi, fino all’avvento dellarete, la nozione stessa di cultura; orientamento che ha avuto espressione particolarmente incisiva nellediscussioni sulla morte del libro e sulla fine dell’universo cartaceo come contesto regolativo dellacomunicazione culturale.

Certamente lo sviluppo forte delle iniziative e delle applicazioni in rete, anche nell’ambito della ricercaumanistica, ha contribuito ad allentare i termini puramente teorici o astratti del dibattito e ad orientarel’attenzione sulla risoluzione di problemi concreti; la contestazione radicale di fronte all’ingresso deicomputer nelle sale di consultazione riservata delle biblioteche o all’adeguamento tecnologico di istituti edipartimenti, fa ormai parte di una passato che ci appare lontanissimo.Ciononostante le antiche ragioni di perplessità non sono affatto venute meno, anche se menoesplicitamente esposte, forse per un maggiore imbarazzo a manifestarsi di fronte ad un trend delle nuovetecnologie che ha assunto decisamente negli ultimi anni i connotati del “politicamente corretto”.Perplessità sui contenuti, sull’oggetto stesso della rete come strumento autenticamente utile alla ricercastorica, perplessità sulla labilità dell’informazione e della documentazione affidata alla rete, interrogativisull’eccessiva rapidità della pubblicazione consentita dalla rete, rispetto alla serietà e alle lentezze dellaricerca (che dovrebbero essere tanto maggiori quanto più cresce la letteratura critica) e sullosmarrimento della nozione di ricerca di fronte alla dilatazione della scrittura, continuano ad essere vivi,non solo per la generazione meno giovane di studiosi.

6. Interrogativi seri, che se si traducono spesso in una sorta di tolleranza verso un mondo ed un corsodelle cose ormai impossibile a governare o indirizzare, parallelamente tendono fortemente a conservare,a distinguere e salvaguardare, i caratteri tradizionali della ricerca ed i suoi esiti, inclusa la pubblicazionecartacea. In altri termini è come se, esplicitamente o meno, si tendesse a stabilire come condizione dipartenza indiscutibile il fatto che, se il rapporto tra storiografia e reti rappresenta un aspetto dellecontemporaneità che non è possibile ignorare o marginalizzare, tutto ciò costituisce pur sempre un

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settore, un versante, che può anche essere affidato a competenti o appassionati, in genere giovaniambiziosi di trovarsi nuovi spazi all’interno del contesto accademico tradizionale, ma che la ricerca el’insegnamento della storia veri si fanno altrove, con altri mezzi e con le tecniche collaudate.E, d’altra parte, che la ricerca storica continui a seguire in massima parte le pratiche e le ritualità dellatradizione può essere dimostrato dal fatto che nei riferimenti bibliografici dei libri di storia importantiattualmente prodotti, il riferimento alle “risorse di rete” è ancora limitatissimo, se non del tutto assente;e parallelamente va crescendo e articolandosi una circolarità interna della discussione in rete da parte dichi usa la rete, e soprattutto sui temi legati all’uso della rete, che tende a confermare l’emergenza ed ilconsolidarsi di una nuova specie di sotto-disciplina nel quadro tradizionale.

Ebbene, se l’esito di questo processo dovesse essere la codificazione di mondi separati all’interno dellacomunità che globalmente si riconosce nei metodi e negli obiettivi della ricerca storica, di entità diverse esospettose della propria autonomia, e parallelamente convinte del proprio primato, credo che avremmoperso una grande occasione di riflessione e di crescita; e soprattutto non saremmo riusciti a tradurre lepotenzialità concrete della rete in un contesto diverso, e qualitativamente migliore, per lo studio, laricerca e la comunicazione storiografica.Forse proprio l’appartenenza, da parte di chi scrive, ad una generazione più anziana rispetto allagenerazione emergente di cyber-storici, lo mette nella condizione di comprendere meglio -e non diliquidare come residuato generazionale destinato più o meno rapidamente al superamento- le ragioni e laserietà di certe obiezioni, e di formulare su queste alcune considerazioni che possono risultare utili allacostituzione di un terreno di dialogo comune e più produttivo di risultati.È nell’intento principale di tradurre lo scetticismo ancora diffuso in un nuovo livello di consapevolezzacritica, utile parallelamente a temperare l’impazienza rivoluzionaria -e talora la superficialità- di molticavalieri delle nuove tecnologie, che ci si è decisi a svolgere queste riflessioni.

7. Il problema delicato infatti -se riconosciamo il fatto che la rete non costituisce un’appendice tecnologicacapace solo di incidere su alcuni aspetti di un mestiere codificato e stabile, ma che al contrario determinaun nuovo contesto e nuove forme dell’accesso all’informazione, della ricerca e dell’insegnamento- è di farsì che il risultato dell’incontro fra le tradizioni disciplinari, i problemi di metodo e di legittimazionescientifica dell’attività dello storico e le nuove tecnologie della comunicazione in rete, si traduca in unoscenario di normalità in cui possano ritrovarsi complessivamente la tradizione e l’innovazione.Ed è evidente che perché cio avvenga, e si prenda piena coscienza di un processo di mutazione che nondeve essere necessariamente una frattura col passato -complemento inevitabile della “fine della storia” edella crisi dell’identità di storia e di mestiere di storico nell’età contemporanea- è necessario liberarsidalla sindrome dell’adeguamento, che tende a spostare l’intero asse del problema sul versantedell’adattamento tecnologico, ed assumere una chiara responsabilità critica e una funzione di guidaculturale rispetto alle nuove tecnologie.

Lo smarrimento di un’identità chiara e condivisa -rispetto al moltiplicarsi delle risorse della rete, alladilatazione di un mare informativo eterogeneo e indistinto, ad orientamenti che esaltano, confortatiproprio dalla realtà di Internet, la natura puramente discorsiva, rappresentativa ed effimera dellaconoscenza storica- rischia altrimenti di costituire un esito reale. Ma tutto ciò non sarà causato dalla

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natura di Internet e dalla forza incontrollabile della tecnologia, ma dalla scarsa responsabilità di coloro,storici compresi, che semplicemente ne accettano la presenza come fenomeno da tollerare, ignorandoneo fingendo di ignorarne la ricaduta fortissima sul piano della cultura e dell’identità civile collettiva, percontinuare a coltivare forme tranquillizzanti, accademiche, e sostanzialmente aristocratiche di sapere.Non ci pare che questo processo di costituzione di una nuova normalità dell’operare dello storico in uncontesto regolato dalla rete sia ancora avviato in maniera chiara. Forse l’osservatorio da cui cimuoviamo, quello italiano, presenta maggiori elementi di ritardo, dal punto di vista infrastrutturale,rispetto ad altri contesti; ma, se ciò è vero, è ragione di un ulteriore elemento di riflessione.

Se lo sviluppo della rete, in quanto legato al possesso di tecnologie e di risorse, è in grado di produrrenuove forme di primato culturale che hanno conseguenze dirette sulla conservazione, l’utilizzazione e ladiffusione della memoria storica, questo può risultare profondamente contraddittorio rispetto alle valenzeegualitarie, alla riduzione delle barriere di accesso all’informazione, all’annullamento delle gerarchie tracentri e periferie culturali, che la rete propone. Oggi forse solo il versante statunitense offre possibilitàconcrete di “fare storia” (anche se per lo più ad un livello divulgativo) utilizzando in maniera rilevante, pernon dire esclusivamente, risorse di rete[5]; mentre, sul versante opposto, aree enormi della societàmondiale sono ancora escluse dall’ “accesso”[6]. È possibile ritenere, ed è auspicabile, che questosquilibrio vada progressivamente attenuandosi; ma è anche legittimo temere il contrario, e vederel’approfondirsi di primati culturali nella rete, coerenti con primati e gerarchie di potere politico edeconomico. Sono problemi che vanno molto oltre l’ambito specifico del rapporto tra storiografia e reti;ma, poiché investono direttamente il problema della gestione e dell’uso della memoria storica, toccano inmaniera molto diretta il mestiere di storico e la sua responsabilità.

8. Poiché queste riflessioni hanno inteso affrontare tematiche molto generali che riguardano il rapportotra storiografia e reti, e poiché il loro intento prioritario è, come si diceva, quello di avvicinare sponde chetendono ad allontanarsi in modo preoccupante, e ad attribuire al problema della rete un’importanzacomplessiva ed un rilievo di contesto globale nel mestiere di storico, abbiamo volutamente evitato itecnicismi e la selva irritante delle sigle e degli acronimi (che continua a dare della rete -soprattutto ainon-entusiasti, che in ambito umanistico sono ancora una parte maggioritaria- l’immagine di uno spazioiniziatico ed esoterico).Abbiamo inoltre evitato le lunghe elencazioni o la repertoriazione delle “risorse utili”, limitandoci a pochiriferimenti, in nota e in bibliografia, che non hanno alcuna pretesa né di esaurire l’ambito della letteraturautile né di selezionare quella oggettivamente più importante, ma solo di segnalare alcuni termini delpercorso di riflessione che chi scrive ha seguito. Di “guide alle risorse utili” per gli storici -o di metarisorseche dir si voglia- sempre più voluminose e sempre più in difficoltà di fronte al compito di censire unvolume informativo che si fa ogni giorno più ricco, e che risulta spesso drammaticamente instabile, vi èormai ampia disponibilità (in rete e su carta); basta accedere ad uno dei portali dedicati alle risorse direte per la storia, e si è immessi in un circuito di liste di risorse, di elenchi più o meno ragionati, direpertori che rinviano ad altri repertori[7].L’abbondanza e la crescita quantitativa di repertori, di indirizzi e di guide alle risorse sono piuttostorivelatori di un altro problema, su cui varrà la pena di spendere qualche parola nelle pagine che seguono,

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ossia la difficoltà crescente di arrivare efficacemente a risposte precise, sensate e non fuorvianti rispettoai problemi che ci poniamo; e soprattutto -ciò che è ancora più difficile perché legato a variabili individualinon facilmente traducibili anche dalle tecnologie più sofisticate della ricerca- di individuare e diselezionare la qualità della “risorsa” cercata. Ciò che la rete sembra offrire immediatamente (rapidità efacilità di accesso a ciò che si vuole) si rivela assai meno corrispondente alla realtà di quanto, sulla spintadi un senso comune acritico favorito dai mass media, si possa ritenere; ed anche questo è fonte difrustrazioni e di scetticismo.

I colleghi e gli amici che dividono con me l’avventura dell’incontro con le nuove tecnologie dellacomunicazione in rete spero perdoneranno il tono volutamente discorsivo e intenzionalmente tendente adevitare l’approfondimento su aspetti specifici o tecnici di una realtà che offre ogni nuovo giorno motivi dinuove considerazioni, di riflessione su nuove possibilità e nuovi scenari potenziali; queste pagine nonhanno lo scopo né di aggiornarli né di guidarli, ma mirano piuttosto ad essere lette da chi -studiosi anzianio meno, e giovani che si avviano alla pratica della ricerca- segue con minore assiduità e pazienza taleevoluzione e da essa ricava soprattutto impressioni di disorientamento e di incertezza.

Più in generale, si è inteso illustrare e chiarire i termini entro i quali sia possibile, con i molti problemi chesi cercherà di mettere in luce, la ricomposizione di una nuova comunità di storici nel contesto regolatodalla rete, e nel riconoscimento dell’identità forte e condivisa di una metodologia fondata sul rapportocritico con le fonti al fine della costruzione di discorsi veri; e come questa possibilità -risultato, come sidiceva, di una mutazione più che di una rivoluzione- costituisca un obiettivo che tutti coloro che operanonell’ambito della ricerca e dell’insegnamento della storia dovrebbero responsabilmente ed attivamenteperseguire.

[1] Il problema del rapporto tra computer e storia è oggetto da anni di analisi articolate, legate anche adiniziative di studio e di coordinamento internazionali quali l’ Association for History and Computing (AHC)e le sue varie ramificazioni nazionali. Il sito web dell’AHC < http://grid.let.rug.nl/ahc/ > e la rivistaufficiale dell’associazione, il Journal of the Association for History and Computing <http://mcel.pacificu.edu/JAHC/JAHCindex.HTM > costituiscono due punti di riferimento di particolareimportanza per quest’ordine di problemi. Per altri riferimenti vedi la bibliografia del presente volume.

[2] Vedi Abbattista, G., Minuti, R., 1998, con riferimento a Cromohs (Cyber Review of ModernHistoriography),< http://www.cromohs.unifi.it >.

[3] Agli amici Guido Abbattista e Alberto Mura, che hanno condiviso con chi scrive questa esperienza,desidero dedicare queste pagine.

[4] Vedi le iniziative coordinate da A.Zorzi e da chi scrive, al sito <http://www.storia.unifi.it/_storinforma>.

[5] Vedi, tra gli esempi più rilevanti da questo punto di vista, il progetto MOA (Making of America), voltoalla digitalizzazione di fonti primarie per la storia americana e gestito da un consorzio di istituzionibibliotecarie e universitarie statunitensi, < http://www.umdl.umich.edu/moa/ >. Vedi anche il progetto

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NINCH (National Initiative for a Networked Cultural Heritage), < http://www-ninch.cni.org/ >.

[6]Per un quadro generale dei problemi dell’ accesso nella realtà contemporanea, vedi Rifkin, 2000.

[7] Per le guide cartaceee vedi soprattutto Trinkle et Merriman, 2000. Tra i numerosi metasiti, vedi inparticolare la guida della AHC, History Links: WWW pages for Historians < http://grid.let.rug.nl/ahc/histlink/welcome.html >, The Horus History Links < http://www.ucr.edu/h-gig/ > e WWW-VLHistory < http://www.ukans.edu/history/VL >.

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Internet e il mestiere di storico.Riflessioni sulle incertezze di una mutazione

Rolando Minuti

R.Minuti, " Internet e il mestiere di storico. Riflessioni sulle incertezze di una mutazione ", Cromohs, 6 (2001):

1-75 < URL: http://www.cromohs.unifi.it/6_2001/rminuti.html >

Indice

I . 1. Il miraggio della "risorsa"

9. E’ indubbio che nella terminologia del web una delle parole di maggior successo e diffusione è “risorsa”.Il web si presenta come una fonte inesauribile di risorse; e la loro ricchezza appare tanto più affascinantequanto più i mezzi di comunicazione di massa ci dicono che l’accesso alla rete è la chiave di tutto, delsuccesso negli affari come del superamento dei problemi della vita relazionale, di nuove dimensioni dellavoro come di nuovi e meno noiosi modi di fare e comunicare cultura; basta aprire la porta, immettersinella rete percorrendo uno qualsiasi dei sentieri tracciati nella ragnatela, e disporsi a navigare: edinevitabilmente a qualsiasi domanda sarà trovata una risposta.L’impressione che dunque nella rete si trovi “tutto”, oltre che “di tutto”, e che anche le esigenze specifichedi un’utenza di studio e di ricerca appartenenti all’ambito della storiografia risultino già ampiamentesoddisfatte, può ottenere certamente molte giustificazioni; tuttavia, ad un’osservazione più diretta, emeno soggetta all’insistenza talora irritante dei mass media, ciò non corrisponde pienamente alla realtà.

Che la crescita del numero delle risorse sia vertiginosa e difficilmente quantificabile è un fatto noto, everificato anche per quanto riguarda l’ambito -apparentemente contenuto ed appartato- della storia. Ilpiù recente ed accurato repertorio a stampa delle risorse per la storia disponibile nel web lo testimonia inmaniera chiara[1]. L’individuazione di Internet come “quite simply the most revolutionary storehouse ofhuman knowledge in history”[2] è sufficientemente indicativa, da un lato, dell’entusiasmo dei curatori difronte ad un fenomeno straordinario di moltiplicazione e di diffusione dell’informazione storica; e,dall’altro, delle difficoltà di mettere ordine nel caos, di distinguere, di qualificare e quindi di orientare ilpotenziale utilizzatore. Cercare di realizzare efficacemente questo obiettivo è veramente come “to sipwater from a fire hose”[3] -oggi assai più che nel 1996, anno della prima edizione della guida-; enonostante l’impegno ammirevole e la sistematicità con cui i redattori di History Highway hanno intesoassolvere a questo compito, essi stessi non possono evitare, alla fine, di rinviare al senso criticoindividuale, alla capacità di distinguere e verificare direttamente anche all’interno del repertorio di risorseselezionate -come, a maggiore ragione, per quanto riguarda tutte le risorse che possono non essereincluse in questa pur vastissima guida, ma che possono ciononostante offrire qualcosa di interessante e di

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utile-, come ultima e valida risorsa per muoversi con consapevolezza nell’intrico del web.

10. La moltiplicazione delle risorse a disposizione di ogni livello di curiosità e di interesse storico consentesicuramente di vedere nel web un territorio di esplorazione vastissimo; ma, al tempo stesso, la naturaeterogenea della nozione di “risorsa”, la sua estrema variabilità in funzione della tipologia di chi cercainformazione in rete e di chi la offre, la rendono particolarmente scivolosa e non agevolmente utilizzabilecon riferimento specifico agli studi storici.Credo si possa individuare entro questi termini il primo consistente versante di critica e di scetticismoverso l’uso sistematico della rete per la ricerca storica e, a maggior ragione, verso la sostituzione delletecniche tradizionali con le nuove tecniche suggerite dal web. In altri termini, per lo studioso esperto nellepratiche definite e consolidate dalla tradizione, che porta con sé una precisa mappa mentale deglistrumenti disponibili per giungere all’informazione di cui ha bisogno -e che trova nell’uso di questa mappala chiara identificazione di un connotato peculiare del proprio mestiere- costituisce sicuramente un motivodi insoddisfazione, e una sostanziale convinzione di perdere tempo, la necessità di districarsi nel maremagnum di informazione che gli viene offerta ad ogni possibile interrogazione di un motore di ricercageneralista.Dove la rete promette di far guadagnare tempo, di accelerare i ritmi del lavoro, in realtà si rivela fonte difrustrazione e di incertezza. È esperienza comune, credo, quella di aver digitato un termine nellamaschera di ricerca di un motore e di aver ottenuto migliaia di risposte che hanno in comune unicamentela presenza del termine che abbiamo chiesto in qualche luogo della pagina o del sito esaminato, ma cheper l’oggetto specifico che ci interessa non danno alcun apporto significativo[4].Anche la selezione che è offerta dai miglioramenti più recenti introdotti nei motori di ricerca generalistiper termini, che cercano di accorpare le richieste più frequenti mediante segnalazioni, o “folder”, risultantida procedure automatiche di assimilazione tra rilevanza e frequenza, non offrono dal punto di vista deicontenuti un aiuto particolarmente efficace; e anche dal punto di vista della tipologia dei siti sono soggettia esiti fuorvianti. Credo che sia ormai a tutti noto che la digitazione di una voce come “storia” nellamaschera di interrogazione di un motore generalista non abbia alcun senso, dato il volume incontrollabiledei siti all’interno dei quali tale termine ha una qualche presenza. Ma se mi illudo che l’affinamentorecente dei motori di ricerca generalisti consenta di offrire, di questo volume di dati, un qualcheordinamento gerarchico, che metta in primo piano, per esempio, le metarisorse o gli indici, per poiscendere a livelli inferiori e minimi in termini di rilevanza di contenuti, compio ancora un erroreclamoroso, proprio perché il termine (e non il contenuto, l’oggetto, che io attribuisco al termine “storia” )è presente in una variabile estrema di interrogazioni, il cui accorpamento, puramente in termini difrequenza, può portare a risultati aberranti.

11. E’ un rischio che sul versante dei motori per termini risulta certamente amplificato, ma che anchericorrendo a motori generalisti tematici o indicizzati[5] non è facile evitare; e in questo caso subentral’ulteriore difficoltà derivante dalla necessità di affidarsi a criteri selettivi che si basano fondamentalmentesulla segnalazione diretta da parte dell’utenza del web -evitando dunque l’automatismo integrale- ma chesono per questo soggetti a variabili molto forti.E’ pur vero che l’apprendimento delle caratteristiche e delle potenzialità specifiche dei diversi motori di

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ricerca generalisti -sia sul versante degli indici sistematici sia su quello della ricerca per termini, checostituisce una delle prime esigenze primarie di alfabetizzazione per l’uso consapevole della rete-consente di disciplinare e di correggere molte di queste difficoltà. Ma se, dal punto di vista di quell’utenzaabituata alle tecniche tradizionali di reperimento delle informazioni a cui abbiamo fatto riferimento, alledifficoltà di acquisire pratica ed esperienza nell’uso della rete e dei motori e di organizzare in archivi oelenchi di bookmark le informazioni utili recuperate -operazione meno banale di quanto possa apparire,che produce essa stessa rapidamente un eccesso di riferimenti (propria della tentazione, indotta dallanavigazione in rete, di non perdere o dimenticare nulla, data la difficoltà incontrata nel recupero) e cheimpone continue revisioni e controlli perché gli indirizzi del web, com’è noto, non sono stabili e mutano dicontinuo- aggiungiamo il fatto che il volume prevalente dell’informazione che genericamente può esseredefinita di interesse storico è attualmente costituita da compendi, riassunti, schede, informazioni spessopiù agevolmente recuperabili in una qualsiasi biblioteca, si può ben comprendere come lo scetticismo sullerisorse di rete per la ricerca storica possa emergere.

Si tratta di considerazioni che possono dunque portare a reazioni di insofferenza, relativamente comuni inquesta fase di sviluppo del web nell’ambito della comunità interessata in primo luogo alla ricerca e allostudio; considerazioni che certamente non sono facilmente aggirabili o liquidabili, che rinviano ad unproblema reale nella gestione dell’informazione in rete, ma per le quali si possono comunque individuarelinee di risposta convincenti, e già in parte rilevabili dalle esperienze presenti in rete.In realtà, l’idea che l’indeterminatezza del web costituisca un suo peccato d’origine ineliminabile; che lalibertà un po’ anarchica -che ha contrassegnato la natura della rete sin dagli inizi e che costituiscecertamente una valenza che non deve essere mortificata- sia inevitabilmente e irrimediabilmente incontraddizione con criteri d’ordine, di selezione e di riconoscimento; e che non sia possibile, infine,distinguere con chiarezza la qualità, la rilevanza scientifica, l’innovazione, dalla ripetizione o addiritturadalla falsità, non ha giustificazioni fondate.Se è infatti vero che la possibilità che il web offre a ciascuno di essere autore ed editore consente anche-per le caratteristiche proprie del linguaggio di comunicazione riconosciuto dalla rete- di qualificare icontenuti del proprio elaborato, della più diversa natura, con segnalatori (meta-names) tramite i quali siintende richiamare l’attenzione, essere considerati, esseri visti, dai motori di ricerca e dalla comunitàdella rete nella sua estensione massima, ciò non significa che da questo rischio non ci si possa cautelare,esaltando piuttosto quella dimensione della libertà nell’accesso all’informazione che consiste nell’avere lecondizioni di scegliere e nel proteggersi dall’inganno o dal richiamo verso oggetti indesiderati.

12. Proprio all’uscita dalla genericità e dall’indeterminatezza delle “risorse”, assai poco disciplinabile daimotori di ricerca generalisti; e ad una sorta di autolimitazione della libertà assoluta, al fine di ottenereuna maggiore garanzia per il conseguimento efficace di risultati, ci si sta movendo in molte direzioni,anche sul versante delle discipline umanistiche e storiche.La presenza di cataloghi di risorse tematici e di motori di ricerca più specialistici -che rinunciano all’idea difiltrare l’intero web e si limitano a cercare all’interno di un circuito preliminarmente selezionato di siti e dipagine, accettando il rischio di un’esclusione ingiusta, ma consentendo di offrire indicazioni più qualificatee pertinenti- offre , come vedremo, possibili alternative e risposte valide al disordine, alla ridondanza e

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all’eccesso di informazione; ed è auspicabile che dal perfezionamento e dallo sviluppo di questeesperienze si giunga a soluzioni sempre più efficaci e convincenti.Lo sviluppo delle discussioni sui criteri di valutazione delle risorse presenti sul web è un indice significativodi questo orientamento, e della volontà di pervenire a criteri uniformi di valutazione delle risorsemediante procedure di rating e di classificazione basate in primo luogo sulla qualità e la serietà dellestesse[6]. Questa operazione è il risultato di una volontà e di una decisione -in ultima analisi diun’autorità-, ma soprattutto di un impegno collettivo in cui un ruolo decisivo sarà svolto, accanto agliappartenenti ai diversi ambiti disciplinari e ai tecnici informatici, dai nuovi bibliotecari del web; ad essispetta il ruolo importante e delicato -e come tale soggetto a nuove forme di specializzazione e diqualificazione professionale rispetto alla formazione tradizionale del bibliotecario- di organizzatori ecomunicatori di un patrimonio documentario che non è più racchiuso tra le mura di un edificio, ma che èesteso all’intera rete ed è in continua crescita.La messa a punto di procedure di valutazione coerenti risulta fondamentale per elaborare decisionirelative soprattutto all’acquisizione di risorse da parte di istituzioni bibliotecarie; ma risulta essenzialeanche per produrre guide o portali la cui presenza, per ogni tipologia di utenza della rete nonnecessariamente ed esclusivamente vincolata a specifici ambiti disciplinari, è sempre più percepita comevia d’uscita dal rumore informativo; che ciò significhi l’avvio di un disciplinamento della rete inteso comesacrificio delle sue potenzialità liberatorie, ed in ultima analisi l’affermazione di nuovi criteri di controllo,può essere oggetto di discussione; ma non credo debba essere inteso in chiave unilateralmentepessimistica.Definire criteri uniformi di rilevanza, che abbiano come primo elemento il contenuto scientifico; e tradurrequesti criteri in strumenti di orientamento, distinti per ambiti disciplinari, interessi, metodologie differenti,ma uniti dall’accettazione di alcuni criteri universalmente riconosciuti -il rispetto delle fonti e laverificabilità, in primo luogo-, costituisce uno degli obiettivi primari della fase attuale di sviluppo dellerisorse di rete per gli storici. Un obiettivo non ancora pienamente realizzato ma già chiaramenteindividuato e che in parte già risulta tradotto in strumenti utili ed affidabili.

13. E’ già possibile infatti trovare esempi concreti di strumenti che, per ambiti specifici di interesse,consentono di muoversi tra le risorse presenti nel web con una sufficiente consapevolezza di non esseredestinati a smarrirsi o ad annegare nell’eterogeneità e, in ultima analisi, di non incorrere in perdite ditempo eccessive. E’ probabilmente proprio a causa della natura della rete, e più in generale di un eccessodi aspettative in termini di rapidità ed efficacia che l’ambito umanistico tradizionale tende a riporre nellatecnologia e nell’uso delle macchine -in virtù di una separazione di linguaggi e di pratiche che si èmantenuta forte al di là di settori e di ambiti di ricerca specifici- che si è sviluppata l’opinione secondo laquale un’ora di tempo dedicata alla ricerca in rete costituisca un dispendio di energie eccessivo rispetto aquanto si possa ottenere ricorrendo a strumenti cartacei; dimenticando troppo facilmente, per esempio,quanto maggiore sia il tempo da dedicare al reperimento di un’informazione bibliografica con gli strumentitradizionali, e come questa operazione sia impossibile per chi non abbia facile accesso ad una bibliotecaadeguatamente fornita di strumenti di consultazione.Il problema non risiede tanto nei tempi, e nella necessità di un’acquisizione minima di esperienza nell’uso

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dei computer e delle reti -ancora assai meno diffusa di quanto si possa ritenere, e soprattutto assaiinegualmente distribuita nei diversi contesti nazionali e tra centri e periferie degli stessi contesti-, quanto,contrariamente all’illusione che nella rete si trovi tutto, nella quantità e nella qualità oggettiva diinformazioni rilevanti e attualmente disponibili sul web per chi intenda utilizzarlo per lo studio e la ricercastorica.

E’ comunque indispensabile insistere sul fatto che per rispondere alla necessità di uscire dal caosdell’indistinzione e dell’informazione indifferenziata, soprattutto dal punto di vista qualitativo, non èpossibile ricorrere a soluzioni puramente informatiche. Non è possibile, almeno allo stadio attuale dellatecnologia -anche se l’evoluzione recente ci insegna a non assumere posizione assolute neppure di frontealle possibilità che appaiono più remote- delegare totalmente ad un software un’operazione che richiamaenergicamente il ruolo della comunità scientifica. Il problema è allora di capire se e come una comunitàscientifica di storici che riconosca nella rete lo strumento essenziale della propria attività e del proprioruolo -ciò che non è ancora possibile vedere affermato in termini generali - possa trovare le forme ed imodi non per imporre un nuovo potere ma per far sentire efficacemente la propria voce, che non solo èlegittimata dalla propria identità scientifica, ma è precisamente individuata come funzione sociale daparte della collettività.

14.Quella funzione di disciplinamento, di riconoscimento, di valutazione e di giudizio, che costituisce lanatura di una comunità scientifica, e che ha trovato nel tempo possibilità di manifestarsi mediante varistrumenti -dall’organizzazione istituzionale dell’insegnamento e della ricerca, alle riviste, al sistemaregolativo delle pubblicazioni- deve trovare modo di esprimersi in maniera efficace anche nel web; edesiste oggettivamente la possibilità che ciò avvenga, anche se con modalità che determineranno esigenzedi riconfigurazione e di adattamento profonde. La strategia stessa che ha dettato la nascita di alcunimotori di ricerca specialistici che possono dirsi già affermati sul web, ci indica chiaramente come alla basedella ricerca di soluzioni informatiche adeguate allo scopo si ponga l’esigenza prioritaria di “riconoscersi”dal punto di vista dell’appartenenza ad una comunità scientifica. Ritengo che, da questo punto di vista,uno degli esperimenti più interessanti condotti in questi ultimi anni sia quello proposto da un gruppo dilavoro dell’Università di Evansville. Le finalità che hanno determinato, a partire dal 1995, lo sviluppo dellaricerca presso lo Internet Applications Laboratory di questa Università statunitense, e che hanno portatoalla realizzazione di un modello di motore di ricerca ad area limitata[7], corrispondono sostanzialmentealle esigenze e agli obiettivi di selezionamento e di ordine che abbiamo sopra richiamato. Da questaricerca sono derivati dapprima Argos[8] -motore di ricerca ad area limitata dedicato agli studi sul mondoantico e medievale- e successivamente Hippias[9] -motore di ricerca ad area limitata dedicato a gli studidi filosofia-.L’idea di base che ha portato allo sviluppo di queste applicazioni è stata che la tecnologia attuale, ed inparticolare l’uso di meta-tag, non risultassero sufficienti per un’efficace soluzione del problema delcontrollo della qualità delle risorse presenti sul web; un problema particolarmente rilevante soprattuttoper tutto quel versante di navigatori del web che non corrispondono necessariamente alla comunità deglistudiosi o degli specialisti, e che possono quindi essere indotti in confusioni e fraintendimenti in meritoall’affidabilità delle risorse recuperate tramite motori di ricerca generalisti.

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15. Le difficoltà di un’affermazione diffusa di standard riconosciuti e condivisi sull’uso dei meta-tag[10]-alla quale lo sviluppo di nuovi linguaggi di marcatura orientati ai contenuti, come XML, potrà apportareun considerevole contributo- , ha determinato un serio problema di quality-control che è statogiustamente inteso come non facilmente superabile. La possibile soluzione è stata allora vista nellacostituzione di una comunità di soggetti affiliati, caratterizzati essenzialmente dalla qualificazioneuniversitaria e dal fatto di gestire le proprie risorse su server istituzionali, e dall’elaborazione di unsoftware di ricerca che operasse esclusivamente su questi siti e sui link presenti nelle “guide alle risorse”o nelle “liste di indirizzi utili” incluse in questi siti, con alcune esclusioni automatiche quali le paginepersonali o i motori di ricerca generalisti (che riproporrebbero inevitabilmente il problema che si intenderisolvere).Una soluzione, in altri termini, che ha inteso unire una limitazione dal punto di vista informatico -laricerca, da parte di un motore, soltanto su un numero circoscritto di siti- ad una selezione di caratterescientifico, basata sull’accreditamento di alcune risorse e sull’attribuzione ai siti affiliati -la cui adesione èil risultato di una valutazione e di una selezione- di una responsabilità diretta nella selezione dei siti suiquali il limited area search engine (LASE) verrà ad operare; ciò significa che se il link ad un sito presentein una lista di risorse inclusa in uno dei siti affiliati decade, perché tale sito si dimostra incapace dimantenere uno standard accettabile di qualità, e viene pertanto eliminato dalla lista stessa, anche ilmotore di Argos e di Hippias cesseranno di vederlo.Una soluzione intelligente, non particolarmente complicata o impegnativa nella gestione, che certamenteriduce fortemente il rumore informativo difficilmente eliminabile dai motori generalisti, sulla base diun’esplicita e dichiarata assunzione di responsabilità nella selezione delle risorse e dell’idea che lacostituzione di una comunità omogenea di affiliati offra sufficienti garanzie di ampiezza e di coerenza.

16. In realtà queste aspettative non si sono rivelate pienamente corrispondenti all’esperienza realizzata.Come illustra puntualmente Anthony Beavers[11], principale responsabile di questo progetto, proprio ladifficoltà di stabilire una chiara coerenza di intenti tra gli affiliati al progetto ha continuato a produrre -siapure in misura fortemente ridotta rispetto ai motori generalisti- risultati disomogenei e in alcuni casifuorvianti. Se l’idea della ricerca ad area limitata si confermava come una soluzione ricca di potenzialità,il modello che intendeva seguire la traccia del collegamento tra siti autonomi associati non si è rivelato inultima analisi pienamente soddisfacente.Alla fine, la totale gestione da parte di un solo soggetto, sul modello sviluppato da Jurist: The LawProfessor’s Network[12], si è rivelata più interessante; e soprattutto da uno sviluppo di questa esperienzaè derivato il modello di Noesis[13].Noesis è in realtà un progetto più ambizioso, e con valenze più ricche ed articolate rispetto al soloproblema dell’ordinamento e della selezione delle risorse di rete per un particolare ambito disciplinare;l’ambizione dei suoi curatori è infatti di costituire un punto di riferimento organico per la comunicazionescientifica sul web in ambito filosofico[14]. Per quanto riguarda il problema specifico del recupero diun’informazione qualitativamente selezionata, quello che ci pare interessante sottolineare è che conNoesis assistiamo ad un’ulteriore riduzione, o addomesticamento, della tecnologia informatica avantaggio di un primato della responsabilità scientifica.

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Quello che prima era infatti lasciato ad un automatismo regolato da una pre-selezione di soggettiautonomi, adesso si traduce in una enciclopedia di risorse gestita da un unico soggetto, e da unacatalogazione -secondo diverse tipologie- che accentua ancora di più la decisione e l’autorità nella scelta enell’esclusione. La compilazione di questa catalogazione e l’utilizzazione di un motore di ricerca che andràad operare unicamente all’interno delle risorse selezionate si presentano dunque non tanto comel’asettica applicazione di soluzioni informatiche, ma come autentica e responsabile operazione critica chel’utente deve riconoscere come tale, utilizzandone consapevolmente i risultati, nella convinzione che nellerisposte offerte dal sistema non troverà tutto quello che è possibile trovare in rete ma che quello chetroverà risulterà corrispondente ad uno standard qualitativo riconosciuto dalla comunità scientifica.Le potenzialità di questa soluzione, che, come accennato, mira a costituire un punto di riferimentoaccreditato per la comunicazione in ambito filosofico, sono numerose e suscettibili di sviluppo e diperfezionamento[15]; ma l’accentuazione della responsabilità scientifica sull’automatismo della ricerca aifini del recupero di informazione utile ci pare un dato generale la cui importanza merita di essere rilevata.

17. Si può facilmente obiettare quanto sia difficile riprodurre questo tipo di esperienza per l’ambitocomplessivo delle discipline storiche. Ciononostante, anche da questo punto di vista significativeesperienze, che si offrono come utili strumenti di orientamento e di selezione, sono presenti sul web, eritengo che l’esempio più significativo, da questo punto di vista, sia il WWW-Virtual Library History IndexNetwork[16]. Le strategie, le finalità e l’articolazione operativa di questo repertorio sono sensibilmentediverse rispetto ai criteri fortemente selettivi che abbiamo sopra richiamato a proposito dei motori diricerca specialistici, e rispondono ad un’esigenza che intende da un lato proporre criteri di ordine nel web,ma dall’altro mantenere una forte connotazione democratica ed aperta. Esigenza sentitaimmediatamente, sin dalle origini del web, da uno dei suoi principali creatori, Tim Berners-Lee, a cui sideve appunto l’idea e la realizzazione della Virtual Library[17], il più antico progetto di catalogazione eselezione delle risorse sul web, nell’ambito del quale proprio la sezione storica è stata tra le prime, nel1993, ad avere una propria importante collocazione[18]. La strategia di WWW-VL History (comedell’intera VL) si basa sull’iniziativa volontaria e sul coordinamento, regolato dal comitato responsabile delprogramma, di autonomi progetti di repertoriazione di risorse utili[19]; un autentico networkinternazionale di indici, dunque, volto ad integrare e coordinare il lavoro di molti gestori di repertori e digateway di risorse per gli studi storici, sulla base della definizione di uno standard comune di qualità e diserietà.La natura al tempo stesso democratica e federativa dell’iniziativa -ciascun membro del network ha egualeautorità nella definizione dei criteri e nella loro discussione-, è quanto garantisce la sua ampiezza e la suaespandibilità. L’articolazione del catalogo centrale del network, situato presso l’Università del Kansas,prevede la possibilità di accedere a sezioni relative ai contesti nazionali, ai periodi storici, ai soggetti, edun motore di ricerca che lavora sul complesso dei siti presenti nel network consente un’ampia possibilitàdi risposta, che evita l’eccesso di rumore dei motori generalisti, per gli utenti della rete.

18. Una maggiore possibilità di accesso all’informazione dunque, rispetto ai criteri selettivi dei motorisettoriali e specialistici che abbiamo citato, ma anche un maggior rischio di eterogeneità, di ripetizione, dieccesso di risposte insoddisfacenti per una domanda volta in primo luogo alla ricerca. Un rischio

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evidentemente percepito dai curatori del sistema, quando richiamano che i “maintainers should attemptto establish standards of coverage and selectivity that will make their sites effective tools for practicinghistorians wishing to work on-line”[20], ma evidentemente non risolto, e forse non risolvibile, in terminiconvincenti. Se anche i responsabili di Argos e Hippias ricordano come, nonostante tutti i criteri e leregole di selettività proposti, fosse difficile stabilire argini e limitazioni al motore di ricerca di fronte a linkinterni o nascosti presenti anche nei siti più seri appartenenti al circuito associato[21], possiamo benimmaginare quale margine di indeterminatezza e di eterogeneità possa essere proprio di un motore cheopera sul complesso dei siti raggiungibili tramite i repertori “confederati” del network. Leraccomandazioni al buon senso scientifico, all’adeguamento rispetto agli standard qualitativi propri dellediverse aree di competenza, all’importanza del fatto che la “uniform excellence”[22] costituisce elementofondamentale della reputazione del progetto e condizione essenziale per il riconoscimento dello stessocome strumento qualitativamente utile alla comunità degli storici -e in ultima analisi per un’affermazioneautentica del web nel mondo della ricerca-, rischiano di non produrre i risultati attesi proprio a motivodell’articolazione molto forte, delle variabili e delle diverse concezioni in merito alla qualità e allarilevanza delle risorse, che è propria della logica del sistema.Ciononostante, se dobbiamo valutare lo stato attuale degli strumenti presenti sul web, WWW-VL Historysi presenta come uno strumento essenziale ed una mappa fondamentale che consente, anche agli utentinon particolarmente esperti nella ricerca in rete, di evitare i disturbanti effetti dei motori generalisti.Due strategie diverse, dunque, due possibili vie di sviluppo per l’ordinamento delle risorse di rete -da unlato la via dell’autonomia regolata e della responsabilità all’interno di un organismo federativo, dall’altroquello della forte selezione disciplinare e dell’assunzione diretta di un’autorità di scelta- che offronocomunque possibilità di orientamento efficaci, anche se in buona parte da sviluppare e potenziare, e checonsentono di eliminare molto del rumore informativo tipico della rete[23].

19. Ma se è possibile, con lo sviluppo ed il potenziamento di queste esperienze, evitare le irritanticonfusioni dei motori generalisti ed anche distinguere tra i siti che offrono occasionali ed episodiciriferimenti al tema che ci interessa da quelli che ne fanno l’oggetto principale di attenzione -eventualmente distinguendo all’interno di un sito o di un portale quelle sezioni che possono essereidentificate e qualificate come risorse utili-, si può effettivamente giungere ad una reale valutazione diqualità e di rilevanza di risorse proponibile come standard alla comunità degli storici? E’ possibile in altritermini, una volta identificata la specificità e la rilevanza di una risorsa e ricondotta a criteri uniformi dicatalogazione e di ordinamento fruibili dall’utente della rete, stabilire oggettivamente quali contenitorisiano più ricchi di informazioni rilevanti per uno storico e stabilire, in ultima analisi, una gerarchia tra le“risorse” che possono essere più o meno utili alla ricerca storica?Questo interrogativo rivela la possibilità di un sostanziale fraintendimento e di un possibile errore diinterpretazione sul rapporto tra potenzialità della rete ed esigenze proprie dello studio e della ricercastorica, che è opportuno cogliere. Dire che una risorsa è qualificabile per contenuto e serietà, dire chequesti elementi sono rilevabili ed utilizzabili per uscire dall’indistinzione e dal disordine, non significaaffatto stabilire una corrispondenza automatica tra un contenitore preordinato di informazioni ed i possibiliinterrogativi che uno storico si pone.

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Il problema investe dunque complessivamente la nozione di “risorsa” per la storia, il suo carattereintrinsecamente variabile, come si diceva, e la sua natura fondamentalmente scivolosa e difficilmentedefinibile in termini uniformi. Che cos’è infatti una risorsa se non la possibilità di dar risposta a quesiti edesigenze interamente riconducibili al problema che uno storico in un dato momento della sua attività sipone, e assai difficilmente riducibili ad uno standard? Può essere dunque il riferimento ad un documentopresente in una biblioteca o in un archivio, ma anche il riferimento ad un libro in commercio o ad unsaggio pubblicato su una rivista, recente o passata; oppure l’indirizzo -fisico o elettronico- di un centro diricerca o di un collega che si ritiene possano costituire riferimenti utili per il lavoro in corso; o infine undocumento testuale o un manoscritto, un filmato, un’immagine digitalizzata, una registrazione, o, in annipiù recenti, un intervento presente in una mailing list o in un forum, e via dicendo.A tutte queste esigenze, separatamente considerate, la rete offre risposte molto efficaci e destinatecertamente ad ampliarsi e a potenziarsi in termini qualitativi oltre che quantitativi nel corso dei prossimianni; ma a queste risorse non riesco ad accedere, o lo faccio con particolare difficoltà, se digito nellamaschera di accesso del motore di ricerca il termine che corrisponde all’oggetto del mio studio.

20. Anche i motori specialistici o i cataloghi tematici non riescono ad arrivare al riferimento bibliografico diun catalogo OPAC, per esempio, per il quale ho bisogno di percorrere un’altra strada. E, al tempo stesso,la risorsa che per me risulta essere importante, addirittura decisiva, per un problema che intendoaffrontare per portare qualche contributo nuovo di conoscenza o di riflessione, non è affatto reperibilericercando, attraverso un motore di ricerca anche specialistico, le risorse disponibili relative all’oggetto,semplicemente e banalmente perché la connessione tra problema e risorsa -e dunque la presenza dimeta-tag che segnalano i contenuti della pagina ai motori di ricerca- non è presente; ed è normale edovvio che sia così, perché questa connessione è esattamente l’aspetto, o uno degli aspetti qualificantidella mia ricerca, la natura specifica del mio contributo.Può sembrare una considerazione banale -che peraltro è la semplice registrazione di un’obiezioneimmediatamente avanzata da chi non ha esperienza con il web- ma l’idea che si possa giungere, peresempio, digitando il nome di “Voltaire” nella maschera di interrogazione di un motore di ricerca ad averetutto quanto può essere utile ad una mia ricerca su Voltaire, non ha alcun fondamento, ed oltre a rivelarela natura illusoria dell’immagine di un “mondo a portata di mouse”, come si accennava -che è ancora benlontana dal costituire la realtà- , mette in luce un errore metodologico che la rete può contribuire adamplificare.Le risorse (o fonti, nel linguaggio più tradizionale degli storici)[24] non sono quello che risulta racchiuso inun contenitore prestabilito e preordinato, fisico o virtuale, ma ciò che uno storico individua come tale inrelazione ad un problema. Se la rete amplifica il contenitore ed aumenta straordinariamente, einesorabilmente, la quantità delle risorse e la loro eterogenea qualità, esalta al tempo stesso la necessitàdella definizione e della chiarezza nella formulazione dei problemi, al fine di evitare la tentazione diaffidare all’automatismo e al flusso inerziale della comunicazione e della fruibilità delle risorse lagenerazione dei problemi stessi. Accettando questa seconda strada -che certamente può essere accettata,che può essere subita, ma che non è imposta e non costituisce necessariamente l’unica via percorribile-,ed accettando l’idea che le connessioni problematiche, le relazioni logiche ed argomentative derivino

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inevitabilmente, per chi si affida al web, dai marcatori introdotti all’interno delle stesse pagine web,invece di ottenere un’espansione dell’orizzonte problematico e conoscitivo, che è certamente una dellepotenzialità oggettive dell’ipertestualità del web, possiamo ricavare la riproposizione, estremamenteamplificata, dello stesso orizzonte e degli stessi problemi, con effetti di ridondanza, di superfetazione delvolume discorsivo, di mancanza di originalità, di uniformazione e di ripetitività particolarmente forti.E neppure è consentito dire che, se tutto questo è intrinsecamente nocivo allo sviluppo di idee innovativee di ricerche originali, può invece essere più favorevole ad un uso didattico, soprattutto a livelli inferiori,delle risorse di rete, perché su questo, come vedremo più avanti, si apre un nuovo e serio ordine diproblemi, che richiedono risposte convincenti.Certamente la molteplicità di informazioni determina suggestioni, produce stimoli e interessi nuovi,consente -proprio in virtù della navigazione- di vedere o cogliere rapporti, recepire indicazioni e strumentidi riflessione; ma perché questo si traduca in materiale fertile per una storiografia seriamente intesaoccorre una consapevolezza chiara della natura -e dei problemi nuovi che derivano dal passaggio dallafisicità alla virtualità- delle fonti che si offrono nel web, e del loro uso critico.

21. Ci pare chiaro, ed è un punto sul quale torneremo, che indipendentemente da una consapevolezzacritica di fronte alle possibilità e ai materiali che la rete ci offre, un reale arricchimento della culturastorica sia assai meno automatico di quanto l’espansione complessiva del fenomeno Internet possa farritenere, ed il rischio di una confusione tra dilatazione del discorso sul passato e conoscenza critica -che gliorientamenti dell’approccio post-modernista tendono a favorire - sia reale.Ciò che è allora opportuno fare, per non confondere tra la libertà di movimento -o la rapidità nell’accessoalle “risorse” consentita dall’ipertestualità del web- e l’autonomia critica intesa come uso responsabile econsapevole di quello che la rete offre, è superare la nozione di “risorsa” e la sua attrattivaindeterminata, e disarticolarla in una pluralità di domande che corrispondono a quello che in undeterminato momento io individuo come problema di conoscenza e di ricerca.Assumendo questo punto di partenza la rete si rivela veramente e pienamente uno strumentostraordinario, le cui potenzialità sono in parte già dispiegate, in parte ancora no; e soprattutto unterritorio di applicazione di soluzioni nuove che alla maturazione di una coscienza critica intimamentecollegata all’uso delle nuove tecnologie della comunicazione possono efficacemente contribuire.

Più precisamente, ciò che alla rete la comunità degli storici di mestiere soprattutto domanda non sono viedi accesso a risorse genericamente individuate come utili e interessanti per indagini o curiosità di tipostorico, ma strumenti per individuare, con maggiore precisione rispetto a quanto consentito dai metoditradizionali, i documenti che costituiscono la base del proprio lavoro, e se possibile (con un passaggioricco di implicazioni problematiche, come vedremo) di averne la riproduzione o l’edizione fruibile adistanza rispetto al luogo della loro presenza materiale. Nel soddisfacimento di queste esigenze credopossano essere individuate le aspettative ed i desideri della maggior parte degli storici che assistonoall’evoluzione del web e che ritengono di potersene avvalere efficacemente per le proprie ricerche; e nelmodo in cui queste aspettative possono trovare risposta nella realtà attuale di Internet e nelle sueprospettive future, credo possa essere individuata una parte rilevante dei problemi che riguardano ilpieno riconoscimento dell’importanza della rete per la comunità degli storici.

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Ma è anche chiaro che per ottenere risposte convincenti a questo tipo di esigenze primarie, non èpossibile attendere passivamente i risultati di un’evoluzione inerziale della rete, e che il pienocoinvolgimento e la partecipazione responsabile e diretta della comunità scientifica umanistica sonoindispensabili; esse debbono costituire un orientamento metodologico chiaro, rivolto soprattutto allenuove generazioni per le quali l’uso della rete, anche per la ricerca, sarà sempre più un fatto normale.

[1] Vedi Trinkle et Merriman, 2000, p.25.

[2] Ibid., "Introduction", p.XIII.

[3] Ibid.

[4] La famiglia dei motori di ricerca è in continua espansione. Per poterne controllare l'evoluzione e perpoterli utilizzare al meglio sono disponibili numerose liste, guide e repertori, tra cui: Search Engine Guide.The Guide to Search Engines, Portals and Directories,; The Spider's Apprentice. A Helpful Guide to WebSearch Engines, < http://www.monash.com/spidap.html >; Search Engine Watch, <http://searchenginewatch.com/ >; Directory Guide, < http://www.directoryguide.com/ >; CEA/DISTMoteurs de recherche, < http://www-dist.cea.fr/ext/neuf/moteur/tabledesmatieres.html >; Guidacompleta ai motori di ricerca, < http://www.motoridiricerca.it/ >.

[5] Il più importante e celebre esempio di motore "tematico", che non è in realtà un vero e propriomotore di ricerca ma un indice di siti organizzato per categorie secondo una struttura ad albero, ècertamente Yahoo!, < http://www.yahoo.com/ >.

[6] Per seguire la già vasta bibliografia sui criteri di valutazione delle risorse web, uno strumentoparticolarmente utile è il sito curato da A.Smith, Evaluation of information resources <http://www.vuw.ac.nz/~agsmith/evaln/evaln.htm >, che è parte del più vasto progetto, curato daT.M.Ciolek e I.M.Goltz, The Internet Guide to Construction of Quality Online Resources <http://www.ciolek.com/WWWVL-InfoQuality.html >. Per una guida alla valutazione delle risorse utili pergli storici, vedi The Internet for Historians, < http://www.humbul.ac.uk/vts/history/ >.Vedi anche, tra glialtri, Grassian, 1996; Smith, 1997; Harris, 1997; Auer, 1998; Tillman, 1998; Alexander and Tate, 1999.

[7] LASE è l'acronimo di Limited Area Search Engine.

[8] Argos, < http://argos.evansville.edu/ >.Collegata ad Argos è l'ottima Rassegna degli StrumentiInformatici per lo Studio dell'Antichità Classica Guida, curata da A.Cristofori <http://www.economia.unibo.it/dipartim/stoant/rassegna1/intro.html >.

[9] Hippias, < http://hippias.evansville.edu/ >.

[10] Il progetto più avanzato, a questo proposito, è la Dublin Core Metadata Initiative, <http://purl.oclc.org/dc/ >.

[11] Vedi Beavers, 1998.

[12] Jurist: The Law Professor's Network, a cura di Bernard Hibbit, < http://jurist.law.pitt.edu/ >.

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[13] Noesis: Philosophical Research On-Line, < http://noesis.evansville.edu/ >.

[14] Vedi ibid., "Future plans".

[15] In Noesis, alla data di composizione di queste pagine, è prevista l'inclusione di Hippias e di un'altraimportante selezione di risorse filosofiche, ossia la Guide to Philosophy on the Internet curata da PeterSuber, < http://www.earlham.edu/~peters/gpi/index.htm >.

[16] Vedi < http://www.ukans.edu/history/VL/ >.

[17] WWW-VL, < http://www.vlib.org/ >. George Manning è il responsabile della manutenzione delcatalogo centrale.

[18] Per un breve presentazione di questa sezione del progetto WWW-VL, vedi < http://www.ukans.edu/history/VL/about/about.html>.

[19] Tra le sezioni europee risultano di particolare spessore quella tedesca, divisa a sua volta in diversesezioni coordinate da S.Jenks, < http://www.phil.uni-erlangen.de/~p1ges/vl-dtld-e.html >, quellaitaliana, curata da S.Noiret, < http://www.iue.it/LIB/SISSCO/VL/hist-italy/Index.html >, quella francese,diretta da M.Dacos,< http://www.revues.org/vlib/ >, quella spagnola, curata da I. Lopez Martin <http://www.iue.it/LIB/SISSCO/references/eur-spain.html >.

[20] Ibid., "General Purpose".

[21] Vedi Beavers, 1998, "The Argos Model".

[22] Vedi < http://www.ukans.edu/history/VL/about/about.html >, "General Purpose".

[23] Un interessante esperimento recente, ancora in fase sperimetnale, di motore di ricerca specializzatonelle scienze umane enza recente tne, è ALEPH, < http://www.aleph.ens.fr/revues/index.html >,realizzato dai coordinatori del sito Revue.org, < http://www.revues.org/ >.

[24] E' stata proposto il termine di "metasource" per indicare "l'ensemble structuré des informationsmises en formes et transmises à l'ordinateur et traitées par lui" (Genet, 1994, p.8).

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Internet e il mestiere di storico.Riflessioni sulle incertezze di una mutazione

Rolando Minuti

R.Minuti, " Internet e il mestiere di storico. Riflessioni sulle incertezze di una mutazione ", Cromohs, 6 (2001):

1-75 < URL: http://www.cromohs.unifi.it/6_2001/rminuti.html >

Indice

I .2. Biblioteche e archivi

22. L’aspetto sul quale è più difficile non riconoscere immediatamente l’efficacia degli strumenti telematiciper la ricerca storica è certamente costituito dall’informazione bibliografica. Credo sia possibile affermare,allo stadio attuale dell’evoluzione del web, che anche coloro che con maggiore scetticismo si avvicinanoall’uso dei computer e della rete riconoscano senza difficoltà il fatto che l’accesso on-line ai cataloghielettronici delle biblioteche e ad altri repertori bibliografici costituisce uno strumento di eccezionalerilevanza ed efficacia.L’avvento della catalogazione elettronica ha indubbiamente costituito l’avvio di strategie nuove per larisoluzione dei problemi dell’accesso all’informazione bibliografica, e l’apertura di possibilità di controllo edi gestione dell’informazione estremamente efficaci[1]. Se questo vale per i cataloghi di grandi bibliotecheche già disponevano di importanti edizioni cartacee, com’è il caso della Library of Congress diWashington, della Bibliothèque Nationale di Parigi, della British Library di Londra, della Staatsbibliothek diMonaco etc.[2], e che mediante Internet consentono una loro fruibilità di evidente ed immediata efficacia-sia per la possibilità di operare con criteri di ricerca impossibili sul cartaceo, sia, conseguentemente, perla possibilità di pianificare ricerche e soggiorni di studio in maniera assai più precisa ed economicamentevantaggiosa- ciò risulta ancora più significativo per quei contesti culturali che sul versante dellacatalogazione cartacea hanno accumulato ritardi antichi e pesanti.Il caso delle biblioteche italiane è particolarmente significativo, perché esso -che può essere assuntocome esemplare dei problemi e delle prospettive operative che si presentano nell’uso della rete per laricerca bibliografica, a fronte di un patrimonio librario di straordinaria importanza e diffusione sulterritorio nazionale- descrive problemi di gestione, organizzazione ed accesso all’informazione cherendono particolarmente avventurosa e faticosa la conduzione della ricerca.Certamente le aspettative che a questo proposito sono state immediatamente riposte nel web, sarebberostate meno ansiose se si fosse potuto disporre sugli scaffali di consultazione delle nostre biblioteche,accanto ai cataloghi delle grandi biblioteche che abbiamo prima ricordato, di cataloghi a stampa completialmeno delle biblioteche nazionali italiane; ciò che sappiamo bene non essere, purtroppo, una realtà.

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La catalogazione elettronica, l’automazione, e l’acronimo un po’ magico ed iniziatico di OPAC si sonodunque presentati, soprattutto in contesti culturali come quello italiano, come l’occasione per procedereefficacemente al superamento di una carenza storica, consentendo per gradi la costruzione di una reteinformativa organica e affidabile.

23. Si potrà forse lamentare, come risulta anche da alcune autorevoli voci della tradizionebiblioteconomica[3], il fatto che l’eccesso di automazione possa produrre effetti disumanizzanti, e fartrascurare l’importanza del rapporto diretto con le solide e affidabili competenze dei bibliotecari, nonsostituibili dalle modalità automatiche di ricerca a soggetto sui cataloghi. Ed è certamente vero che lepotenzialità della ricerca per soggetto sui cataloghi elettronici rischiano di produrre aspettativesproporzionate rispetto a quanto può e deve derivare da una specifica esperienza di studio, e dallacollaborazione diretta con competenze bibliotecarie in grado di orientare anche sui contenuti deidocumenti. Valgono, da questo punto di vista, ragioni sostanzialmente simili a quelle che ostacolano,come abbiamo in precedenza sottolineato, una catalogazione automatica ed un recupero efficientedell’informazione presente nelle risorse distribuite sul web. L’illusione di poter delegare alle tecniche direcupero automatico dell’informazione un vaglio ed un controllo completo dell’informazione bibliografica,e l’idea che questa operazione, in virtù della tecnologia informatica, risulti facile e immediata, possonosicuramente essere fonte di frustrazione[4] e far erroneamente ritenere che il ruolo del bibliotecario(come dell’archivista, e lo vedremo) sia destinato a svanire; dove invece proprio lo sviluppo delle nuovetecnologie ne esalta la funzione, e sollecita una più stretta collaborazione con chi usa la biblioteca e chedeve essere guidato nell’intrico delle tecniche di interrogazione.Tuttavia, ha certamente un effetto disturbante constatare come i ritardi nei programmi di automazione, ele difficoltà e i problemi di accesso all’informazione libraria in rete, che caratterizzano una realtàcomplessa al pari di quella italiana, possano essere fatte apparire quasi una sorta di privilegio di fronte aicaratteri propri di una realtà segnata dal forte impatto tecnologico sulle biblioteche e sul mestiere dibibliotecario come gli USA. E’ probabilmente facile dimenticare che l’esistenza di cataloghi a stampacompleti di singole grandi biblioteche non è, in aree culturali come quella italiana, un dato normale, e cheil solo fatto di poter consultare a distanza il catalogo per autori e per titoli (completo) di particolaribiblioteche o di più biblioteche contemporaneamente (tralasciando le illusioni di un recupero automaticoper soggetto) costituisce di per sé un elemento di straordinaria importanza per ogni tipo di studio storico.Può essere forse dimenticato, in contesti dove l’accesso all’informazione bibliografica è mediato da grandicataloghi generali come il National Union Catalogue e dove il prestito interbibliotecario anche per imateriali più rari funziona con particolare rapidità ed efficienza, che in altri contesti l’unico modo diverificare il contenuto è quello di recarsi fisicamente a consultare il catalogo a schede, con i tempi, i costie le difficoltà che questo comporta, legati ad orari di apertura variabili e ad un rapporto con un personalebibliotecario che non è sempre warmly come si vorrebbe.Lo sviluppo ed il potenziamento della catalogazione elettronica fruibile in rete costituiscono in questoquadro un’occasione di risposta alle esigenze del mondo della ricerca (non solo storica) e della societàcivile nel suo complesso, di cui non è legittimo dubitare.

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24. E’ anche vero, peraltro, che nel momento in cui l’oggetto del desiderio sembra avere contorni chiari edefiniti, e soprattutto conformi allo stato attuale della tecnologia disponibile, intervengono spesso perl’utente tradizionale una serie di problemi che rendono più incerto il conseguimento di obiettivi chesembrano a portata di mano. Partendo, ancora una volta, da chi usa le biblioteche a fini di studio ed èsollecitato all’uso della rete dalla sempre maggiore presenza di cataloghi elettronici fruibili sul web, forsela speranza maggiore sarebbe di avere la possibilità di digitare il nome dell’autore o parte del titolo cheinteressa, e di avere una lista esaustiva della distribuzione dell’opera cercata in un dato ambito nazionale,con l’indicazione delle biblioteche che lo posseggono, i dati relativi alla loro organizzazione, le modalità dirichiesta dell’esemplare in prestito o di una sua riproduzione.Aspettative eccessive? certamente no, considerando sia l’attuale stato della tecnologia -e l’uso peresempio, di un protocollo quale lo Z39.50, che consente interrogazioni omogenee su cataloghi eterogenei,e la produzione di un output uniforme- sia la presenza reale di strumenti già utilizzabili concepiti perrispondere direttamente a questa esigenza[5].Ciononostante, a fianco di queste iniziative, ed al loro sviluppo talvolta problematico, com’è il caso delsistema SBN[6] si ha una presenza numerosa di sistemi di accesso ai cataloghi informatizzati chemantengono caratteristiche specifiche e modalità di accesso particolari e variabili, dal telnet allo Z39.50.E’ un aspetto importante che, insieme alla presenza ancora non sistematica di cataloghi unificati, nonagevola certamente l’uso e spesso contribuisce ad alimentare perplessità e scetticismo sulla realeimportanza delle iniziative di informatizzazione da parte di un’utenza che non sia almeno minimamenteesperta nelle procedure di ricerca bibliografica telematica. Ed è ancora opportuno sottolineare che proprioa questo tipo di utenza, tipica in particolare della generazione meno giovane di studiosi, si dovrebbesoprattutto guardare perché -limitando il discorso all’ambito degli studi umanistici- è nella saldatura tra latradizione scientifica e le nuove procedure di indagine legate all’innovazione tecnologica che è possibilevedere la continuazione fruttuosa delle esperienze di ricerca e delle eredità culturali nel nuovo mondoregolato dalle reti.Per quanto mi è possibile affermare per esperienza diretta, la percentuale degli studiosi meno giovani cheaccettano e usano regolarmente le risorse telematiche è ancora assai ridotta; e molto frequente è ilcostume di appoggiarsi ad un esperto, collega o amico o tecnico di laboratorio, che possa aiutare arisolvere in casi specifici problemi anche banali di ricerca bibliografica in rete, contribuendo a costruiredelle gerarchie di merito separate e improprie, che contrastano con la necessità che le nuove tecniche dilavoro legate alla rete costituiscano uno standard di esperienza normale e comune. Programmi dialfabetizzazione informatica e telematica rivolti alle generazioni più giovani -di cui si sente forte necessitàsoprattutto in ambito universitario umanistico, e che sono ormai imposti dal piano generale di riformadell’università- rischiano allora di non produrre tutti i frutti che ci si potrebbe attendere se poi non trovanosul versante della docenza e della ricerca un’integrazione adeguata e la possibilità di un confronto direttodi esperienze.

25. Vale la pena allora di richiamare il fatto che ciò che ai sistemi bibliografici informatizzati chiedel’utenza scientifico-umanistica ancora più diffusa -che deve fare i conti con problemi di formazioneculturale e di abitudini di lavoro consolidate- investe in primo luogo l’interfaccia[7]: si desiderano

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modalità di interrogazione chiare e semplici, o di complessità variabile e controllabile, che si esprimanovisivamente in maschere chiare e semplici. In secondo luogo, si vorrebbe che queste procedure e questemaschere non soffrissero di variabilità eccessive nel passaggio da un sistema di catalogazione all’altro,consentendo l’integrazione e la combinazione delle ricerche tra cataloghi diversi. In terzo luogo, che tuttoquesto funzionasse veramente, con rapidità ed efficacia: ciò che, in ultima analisi, stabilisce l’affidabilità diun sistema. Perché va da sé che, di fronte a possibilità di ricerca bibliografica che si presentano anchesbalorditive, se le procedure di interrogazione vanno incontro a interruzioni continue, a lentezze eccessivee alla necessità frequente di ricominciare il lavoro dal punto di partenza, si è fortemente tentati di tornarealla scheda cartacea.Infine, sarebbe auspicabile una maggiore precisione nell’indicazione della copertura esatta dellacatalogazione elettronica rispetto al reale patrimonio librario conservato da ciascuna biblioteca. Perchéuna ricerca su un catalogo informatizzato risulti qualitativamente equivalente, oltre che tecnicamente piùefficace, rispetto alla consultazione dei volumi o degli schedari cartacei di una biblioteca, sarebbeessenziale che l’intero patrimonio librario fosse fruibile telematicamente; o, in alternativa, e in attesa chei programmi avviati di catalogazione giungano a compimento, che si sapesse esattamente ciò che si puòtrovare e ciò che almeno temporaneamente resta escluso, il che non è sempre facile sapere.

Ancora una volta, come per quanto concerne in generale le risorse presenti sul web, l’illusione che inInternet si trovi tutto e che la rete, nel caso specifico, dia accesso alla totalità dell’informazionebibliografica disponibile, non è fondata e può alimentare ulteriori illusioni e frustrazioni.Lo sviluppo degli OPAC è stato certamente rilevante negli ultimi anni, ma non investe affatto la totalitàdel patrimonio bibliotecario europeo (con forti squilibri derivanti anche da disuguaglianze nello sviluppostorico, politico-amministrativo ed economico delle diverse aree). Di fronte alle grandi bibliotechenazionali o universitarie degli Stati più avanzati, che hanno per prime attivato processi importanti diinformatizzazione, esiste una miriade di biblioteche che sono spesso da intendersi come minori solo sulpiano quantitativo, costituendo il più delle volte autentiche gemme che sfuggono all’utenza nonspecialistica e per le quali proprio una maggiore conoscenza e valorizzazione potrebbe contribuire adaffrontare in maniera nuova e più efficace problemi di conservazione materiale che spesso risultanodrammatici.

26. In un contesto articolato e stratificato in maniera straordinaria come quello italiano, per esempio, leopportunità che si sono presentate con la tecnologia informatica e telematica hanno assunto un valore eduna rilevanza eccezionali. Molte iniziative importanti sono state avviate in questa direzione, e da esse èlegittimo attendersi risultati significativi; ma la constatazione attuale resta sempre quella di un lavoroenorme da fare, e, soprattutto, dell’esigenza di strategie e di metodologie informatiche uniformi, chesiano assunte come problema prioritario, e che siano studiate avendo presente in primo luogo la logicadella rete più che gli oggetti catalografici informatizzati in un’accezione ristretta e chiusa. E quantoosservato per l’Italia può facilmente ripetersi, in termini amplificati, per aree culturali attualmentemarginali o periferiche.Di nuovo la differenza, nel quadro generale dei problemi, rispetto alla realtà statunitense, emerge congrande evidenza. Il problema della quantità di informazione bibliografica disponibile in rete risulta dunque

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particolarmente rilevante, sia se consideriamo il numero delle biblioteche sia se volgiamo l’attenzione allatipologia dei documenti di cui è disponibile un’informazione in formato elettronico fruibile in rete. Per chi,com’è il caso di chi scrive, si occupa prevalentemente di testi settecenteschi, è sconfortante notare comenegli OPAC disponibili (ed è questo un discorso non solo italiano) tenda ad essere privilegiato il patrimoniolibrario più recente, per ragioni che possono anche essere facilmente comprensibili, mantenendo lacuneimportanti sul versante dei fondi antichi.E’ probabilmente, anche in questo caso, solo una questione di tempi, ma è certamente un dato dasegnalare il fatto che, per un’utenza rivolta alla ricerca, poter disporre -per portare solo un esempio- delcatalogo in linea della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze senza poter accedere alla consultazione inlinea di un fondo straordinario come il Fondo Magliabechiano costituisce senz’altro un motivo di fortedelusione[8]. Se soprattutto riportiamo il discorso alla miriade di fondi antichi e di manoscritti disseminatinel mare magnum delle biblioteche cosiddette minori alle quali prima si accennava -che spesso sonoconoscibili solo attraverso uno schedario cartaceo, e quindi impongono peregrinazioni assai poco virtuali-il problema, e il fronte delle aspettative deluse, si amplia in maniera straordinaria. Mi sono chiestospesso, visitando piccole e preziose biblioteche locali, quanto sarebbe utile per la comunità scientifica chegli inventari talvolta eccellenti di fondi antichi e di manoscritti compilati da intelligenti bibliotecari localifossero immessi in rete, e non imponessero l’ingresso fisico nella sala di consultazione riservata e larichiesta personale e riservata della loro consultazione. Per chi studia e fa ricerca resta insomma laconstatazione, da un lato, delle enormi opportunità scientifiche offerte dalla rete; e, dall’altro, del loroancora inadeguato sfruttamento.

27. Si tratta certamente di valutazioni che debbono tener conto di forti variabili nazionali, relative allacomplessità del patrimonio gestito e alla disponibilità di risorse adeguate; ed è comunque opportunoinsistere, da questo punto di vista, sull’importanza dell’armonizzazione e del coordinamento tecnico escientifico delle iniziative, al fine di pervenire alla realizzazione di strumenti di controllo estensibili apatrimoni librari diversi.La quantità dell’informazione bibliografica a cui si può accedere mediante strumenti telematici non èperaltro limitabile agli OPAC delle biblioteche. Basi di dati bibliografiche fruibili, gratuitamente o apagamento, in Internet o tramite sistemi di accesso a CdRom in rete locale, quali bibliografienazionali[9], indici di periodici[10], cataloghi dei libri in commercio[11], repertori ed abstratcs diriviste[12], banche dati testuali, archivi biografici[13], e gli stessi cataloghi di alcuni grandi siticommerciali[14]- che per la loro ampiezza possono offrire molto non solo in una prospettiva di acquistoma anche di conoscenza e di controllo bibliografico- costituiscono strumenti ormai difficilmente ignorabilida parte della comunità intera degli storici[15].La disponibilità di questi strumenti nella sala di consultazione delle biblioteche costituisce un’esigenza nonpiù eludibile, e definisce ormai un indice importante della qualità dei servizi erogati, che va molto al di làdella conservazione e comunicazione del patrimonio conservato e che apre certamente problemi nuovi digestione, di amministrazione e di infrastrutture.

Quanto osservato a proposito delle biblioteche vale, in termini per molti aspetti più complessi, per gliarchivi. I problemi dell’automazione degli archivi storici,-ormai avviata da anni in vari Paesi europei, pur

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con ritmi ed intensità molto diversi, e sempre più sollecitata a confrontarsi con l’espandersi delle reti,implicano una molteplicità di fattori che investono da un lato la responsabilità pubblica delle istituzioniarchivistiche nella conservazione e gestione del patrimonio loro affidato e dall’altro l’esigenza dimantenere saldi, nei nuovi scenari delineati dallo sviluppo tecnologico, i termini di una tradizione e di unmestiere che molti ritengono, forse con un eccesso di preoccupazione, minacciato.Dal punto di vista di chi usa la rete a fini di studio e di ricerca storica, che non sempre coincidono con leesigenze primarie di chi gestisce e deve aver cura della conservazione della documentazione d’archivio, lepossibilità di un mutamento delle strategie di ricerca e di reperimento dell’informazione archivisticaaperte dallo sviluppo di Internet sono indubbiamente suggestive. In sintesi si può ritenere possibile,attraverso indici di ricerca informatizzati e fruibili in rete, di giungere direttamente all’informazione volutasuperando la mediazione istituzionale e l’esperienza diretta dell’archivista; si può ritenere, digitando unnome, un luogo, un soggetto, di poter disporre immediatamente del repertorio di documenti che loriguardano, presenti in un singolo archivio o in più archivi contemporaneamente. L’esplorazione di unarchivio, che mantiene sempre una dimensione affascinante di scoperta e di avventura, si aprirebbe adesperienze nuove, forse più vaste e diversificate rispetto al quadro dell’utenza attuale, con unamolteplicità di ricadute interessanti sia per il ruolo degli archivi nella società civile contemporanea sia pergli sviluppi della ricerca.

28. Speranze illusorie, aspettative fantasiose di fronte all’estrema eterogeneità delle fonti archivistiche, alloro volume, alla diversità dei contesti istituzionali? Può certamente non essere prudente, al momentoattuale dell’evoluzione del web, offrire una risposta risoluta e immediata, soprattutto considerandoquanto oggettivamente è disponibile rispetto alla realtà effettiva degli archivi storici; ma è anche possibileindividuare prospettive operative ed esempi che rendono questo scenario meno incerto ed immaginario diquanto gli storici legati alla pratica consolidata della consultazione archivistica possano ritenere.Due ordini di problemi in particolare si pongono per una piena soddisfazione delle aspettative a cuiabbiamo accennato: da un lato, l’adozione di criteri di descrizione dei documenti archivistici che siano piùorientati all’utenza -rispetto ad una tradizione archivistica che privilegia la descrizione di fondi, serie,unità, in relazione al contesto istituzionale di provenienza-: che siano, in altri termini, più attenti aicontenuti che ai contenitori. Congiuntamente, l’adozione di standard uniformi di descrizione che rendanopossibile la comunicazione e lo scambio di informazioni tra database archivistici differenti. Lo sviluppodelle discussioni su quest’ordine di problemi -in particolare sull’uso di authority list e di thesauri inarchivistica, e sull’adozione di standard condivisi per la descrizione archivistica connessa con l’uso ditecnologie informatiche e telematiche- è già fortemente avanzato, e costituisce un punto di riferimentoimportante[16].Da un altro punto di vista, ciò che gli storici si attendono è una maggiore sensibilità per un’interfaccia eper modalità di interrogazione che tengano conto di esigenze di ricerca storica che, come prima siaccennava, sono rivolte in primo luogo ai contenuti più che ai contenitori, o, per meglio dire, si rivolgonoai contenitori e al contesto a cui fa riferimento il documento archivistico nella misura in cui questoconsente di pervenire al documento specifico e al suo contenuto.La descrizione di un documento e l’introduzione di indici di rilevanza, da parte di chi fa ricerca su un

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determinato argomento, sono tuttavia strettamente legati a strategie soggettive e personali, che rinvianoalla natura peculiare del problema storico che il singolo studioso intende affrontare. Come per laschedatura di un libro, pensando di usare per questo un database, così per l’utilizzazione di un documentoarchivistico, l’organizzazione dell’informazione dipende in misura sostanziale dalla soggettività di chisvolge la ricerca; e l’adozione sistematica di standard di descrizione dei contenuti può sistematicamenterivelarsi insoddisfacente o addirittura fuorviante, orientando gli studiosi verso obiettivi e risultati in certomodo preordinati.

29. Penso che una delle preoccupazioni maggiori del mondo archivistico -soprattutto del versante piùscettico verso l’adozione sistematica di nuove tecnologie di automazione- ruoti intorno a quest’ordine diproblemi, inducendo ad attenersi alle regole della tradizione, intese a guidare il procedere della ricercacon un’attenzione prevalente al contesto formale di appartenenza dei documenti, ma evitando strategie disoggettazione dei singoli documenti che investano direttamente i contenuti e gli obiettivi della ricerca. Maè d’altra parte pensabile, e probabilmente accettabile anche dagli archivisti più legati alla tradizione,mantenersi ad un livello generale di descrizione tale da poter orientare chi intende usare l’archivio anchesui contenuti dei documenti, senza tuttavia spingersi verso livelli troppo avanzati o specifici, che investonodirettamente la natura della ricerca e la scelta dei singoli studiosi.Una descrizione dettagliata dei singoli documenti di un archivio storico, sulla base di strategie chedovrebbero essere il risultato di una collaborazione stretta tra storici e archivisti, è certamente possibile,soprattutto per piccole entità archivistiche; ma non è facilmente ipotizzabile che un simile criterio, voltoad un’esaustività e ad una completezza della soggettazione che è in contrasto con la natura soggettiva diogni ricerca, possa essere esteso ed affermato in termini di standard. Soprattutto la necessità di disporredi standard uniformi, che si traducano in criteri di interrogazione e interfacce simili, se non proprioidentiche -superando strategie autonome basate sullo sviluppo e l’adozione di sistemi chiusi e pensandosoprattutto alla realtà della rete-, è sentita come primaria da parte di chi pensa di poter accedere allerisorse archivistiche attraverso i nuovi strumenti che le tecnologie informatiche e telematiche mettono adisposizione, ma senza per questo divenire un esperto di database.

Si è molto discusso in un recente passato sull’adozione di strumenti informatici di organizzazione erecupero dell’informazione che risultassero specificamente rispondenti alle esigenze degli storici, esoprattutto alla necessità di organizzare una documentazione di tipologia eterogenea che mantenesse lapropria integrità e non risultasse preliminarmente strutturata secondo le caratteristiche proprie deidatabase relazionali[17].Certamente l’esempio più rilevante da questo punto di vista è stato il progetto Kleio, sviluppato daManfred Thaller presso il Max-Planck Institut di Berlino[18]. Un progetto interessante, sia dal punto divista “politico”, in quanto intendeva offrire un software non commerciale, sviluppato nell’ambito di uncontesto universitario per la comunità degli studiosi; sia dal punto di vista progettuale, per caratteristichedi flessibilità nel trattamento di fonti che non risultassero strutturate entro campi rigidamente impostati,di integrazione con strumenti e moduli configurabili in relazione a specifiche esigenze e di possibilità dicollegamento tra progetti diversi.La historical workstation progettata da Thaller mirava con questi caratteri, e sulla base dell’idea

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fondamentale di offrire uno strumento source-oriented, a divenire un punto di riferimento, uno standard,per l’organizzazione dell’informazione documentaria utile alla ricerca storica in tutte le sue possibiliarticolazioni. Se ciò non è avvenuto, e se questo progetto sostanzialmente non è riuscito a decollare e aduscire dall’applicazione su singoli progetti -ben lungi dall’affermarsi come standard- credo sia da imputarea ragioni che non toccano la qualità sostanziale del progetto stesso, e la sua correttezza metodologica,ma che si collocano ad un livello più empirico.

30. Chi ha avuto modo di confrontarsi con Kleio, sin dal momento della sua presentazione alla comunitàinternazionale degli storici, difficilmente avrà evitato la percezione di una complicazione e di una difficoltànell’uso dello strumento probabilmente superabili per chi avesse già una qualche esperienza informaticama certamente non adatte ai neofiti, soprattutto in una fase delicata di transizione; l’apprendimento dellemodalità di uso e lo sfruttamento delle potenzialità del sistema richiedono una seria applicazione,concettuale e pratica, preferibilmente sostenuta da una formazione specifica, improponibili per uncontesto disciplinare umanistico e storico che, a parte settori circoscritti, aveva ed in larga misura hatuttora difficoltà a stabilire un rapporto di piena fiducia con gli strumenti informatici.Il limite stava sostanzialmente in quella che abbiamo visto più volte essere una ragione di difficoltà didialogo tra storici e informatici, ossia una preoccupazione troppo ridotta per un’utilizzazione user-friendlyed un’attenzione limitata per la costruzione di un’interfaccia che, evitando la necessità di acquisirespecifiche ed elevate competenze informatiche, consenta a studiosi e docenti di utilizzare gli strumentiofferti dalle nuove tecnologie[19].Parallelamente alla presentazione e all’applicazione di Kleio su progetti specifici, soprattutto in ambitotedesco, si è infatti diffusa la presenza di software, commerciali e non che, pur presentando fortilimitazioni rispetto alla strategia source-oriented proposta da Kleio, consentivano un più rapidoapprendimento e una più immediata utilizzazione, e che con il tempo hanno acquisito potenzialità edestensibilità sempre maggiori. Ma se questo ha consentito una maggiore diffusione dell’uso dei computer,al di là dei programmi di scrittura, anche nella comunità degli storici -sulla base soprattutto delladiffusione di pacchetti integrati- ha anche determinato una proliferazione di applicazioni eterogenee e dioggetti non sempre facilmente condivisibili, che hanno evidenziato quella che costituiva una delle esigenzefondamentali sentite dagli ideatori del progetto: l’affermazione di uno standard condiviso di regole e ditecniche nel trattamento e nell’organizzazione della documentazione storica che avesse alla base ilrispetto dell’integrità della fonte documentaria, prima dell’intervento di criteri di analisi e tecniche diindicizzazione che sono legate alla natura specifica delle ricerche e che debbono essere previste come unpassaggio successivo e distinto; e, parallelamente, l’estensibilità e la condivisione di questa procedura,sulla base di un rigore metodologico non alterato dalle caratteristiche di software, in particolare didatabase relazionali, sviluppati non pensando ai caratteri propri della ricerca storica.

31. Sono esigenze che proprio l’estensione della rete ha messo in luce con particolare evidenza e che, aldi là del destino di un progetto che era stato concepito non pensando in primo luogo agli sviluppiimponenti che Internet avrebbe avuto, costituiscono tuttora un problema aperto ed investonoparticolarmente le strategie di organizzazione e le condizioni di fruibilità in rete degli archivi di documentistorici[20].

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Probabilmente, più che nell’affermazione di singoli progetti e nella possibilità o nella speranza di una loroaffermazione come standard, è nello sviluppo dei linguaggi di marcatura sorti e sviluppati per la rete chepossono essere viste indicazioni importanti per la soluzione di quest’ordine di problemi. Le ricerche sulleapplicazioni del linguaggio SGML e la probabile affermazione dell’ XML[21] come linguaggio del webaprono prospettive molto interessanti anche dal punto di vista dell’accesso alla documentazionearchivistica, e consentono un’estensibilità tale da poter coniugare le esigenze e le preoccupazioni deiconservatori con le esigenze di recupero qualitativo dell’informazione proprio degli studiosi.Il progetto EAD (Encoded Archival Description) offre indicazioni interessanti da questo punto di vista[22],consentendo di sviluppare strategie di recupero dell’informazione e finding aids, e di includere unadescrizione dei contenuti della documentazione archivistica, sulla base delle regole stabilite dal GeneralInternational Standard Archival Description (ISAD(G)) nell’ambito del Conseil International desArchives[23]; ma soprattutto aprendosi ad un’estensibilità, ad un’integrazione informativa e ad unacondivisione dell’informazione tra entità archivistiche diverse, conformi all’evoluzione del linguaggio delweb.

Prospettive, problemi e soluzioni sulle quali nel mondo in espansione dell’informativa archivistica si staalacremente lavorando[24], ma che rischiano tuttavia di costituire un ambito di discussione separato, permolti aspetti criptico per chi è abituato ad accedere alla documentazione archivistica sulla base dellaregola tradizionale della consultazione degli archivi, cioè l’esperienza della ricerca e l’aiuto diretto delpersonale archivistico. Per questo tipo di utenza, al di là dei problemi di metodo, di strategia informatica,di standard etc., restano alcuni interrogativi sostanziali: che cosa concretamente posso trovare dal puntodi vista dell’informazione archivistica tra tutto quanto è attualmente diffuso in rete? la rete mi consenteveramente di risolvere prima e in maniera più efficace i problemi che mi pongo in relazione alla ricerca diarchivio? la rete mi offre, oltre alle indicazioni su come pervenire alla documentazione che mi interessa,anche la riproduzione del documento di cui ho bisogno per la mia ricerca?

32. Credo che a questo tipo di domande sia possibile dare una risposta positiva, che ovviamente devetener conto del fatto che un lavoro enorme resta da fare; e che dalla rete non si ricava affatto tuttoquanto ci si potrebbe aspettare, ma che sulla base di esempi concreti è legittimo individuare come unoscenario concreto ed in progressiva espansione, alla cui attuazione un parte rilevante del mondoarchivistico sta dando contributi importanti[25].Un primo livello, quello costituito dalla possibilità di accedere attraverso la rete agli indici relativi a singoleunità o a complessi archivistici nazionali, fornisce già strumenti preziosi per una pianificazione dellericerche e per l’individuazione più precisa dei materiali. A parte l’esempio statunitense, che anche inquesto ambito costituisce un chiaro punto di riferimento, e che mediante il NARA archival informationlocator consente l’utilizzazione di un database che mira ad essere esaustivo sulla documentazionearchivistica nazionale[26], anche nel contesto europeo sono già presenti strumenti importanti.Attraverso ARCHON[27], per esempio, curato dalla Historical Manuscript Commission di Gran Bretagna, sipuò accedere on-line al National Register of Archives, interrogabile secondo modalità diverse, conl’ulteriore vantaggio di poter diporre di information sheets relative a ambiti generali di ricerca e di potergiungere attraverso questi alle singole unità archivistiche e ai loro indici. E’ un esempio, che mi pare

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significativo, di come si possano inserire strumenti di orientamento a soggetto non particolarmentemirati, tali cioè da non condizionare in maniera significativa la specificità e la singolarità delle ricercheindividuali, e che non alterano pertanto la correttezza del rapporto tra archivista e storico, ma che sonocomunque molto utili per chi deve orientarsi nel mare della documentazione archivistica.Un altro esempio eccellente, da questo punto di vista è il Censo-Guía de Archivos Iberoamericanos offertodal Ministerio de Educacion y Cultura di Spagna[28]. Ed infine, per la rilevanza che assume in rapportoalla realtà europea contemporanea, merita di essere segnalato il sistema EURHISTAR[29], che consentel’accesso agli indici degli archivi storici della comunità europea.Il solo fatto di poter disporre di questo tipo di informazione in rete, a distanza dal luogo di deposito e conla possibilità di chiedere direttamente informazioni e aiuto al personale archivistico locale, si presentaanche all’utenza più tradizionale come immediatamente ed evidentemente utile. Che questo tipo distrumenti sia ancora frammentario e ineguale, che copra ancora una parte minoritaria dell’interopatrimonio archivistico presente sul territorio europeo non incide sulla sua oggettiva utilità e sullanecessità di perseguire in questo tipo di interventi con sistematicità.

33. Certo, la rete offre possibilità e suggestioni maggiori rispetto alla semplice disponibilità di consultareindici e regesti. Offre soprattutto la possibilità di ottenere la riproduzione del singolo documento; lapossibilità di disporre sulla scrivania, con i semplici strumenti del collegamento in rete e di unastampante, delle fonti primarie della ricerca. Una possibilità che è ritenuta da molti troppo ambiziosa,impossibile da realizzare oltre la soglia degli esempi selezionati, troppo impegnativa rispetto al volumedella documentazione posseduta anche da un archivio minore, e sostanzialmente impraticabile. E’ un tipodi obiezione che viene spesso avanzata -analogamente alle obiezioni sulle potenzialità reali dellebiblioteche digitali- da parte soprattutto della comunità meno giovane di studiosi, e che certamentecorrisponde a reali difficoltà, di ordine tecnico ed economico, ma che non per questo deve essereproiettata immediatamente verso uno scenario futuribile o fantasioso.La rete ci offre già esempi di come un intero archivio possa essere reso fruibile sul web, dagli indici allariproduzione digitale dei documenti. Proprio da uno sviluppo del sistema Kleio, a cui abbiamo inprecedenza fatto riferimento, e da una sua applicazione al web, deriva un esempio che credo possaessere individuato, tra i molti, come particolarmente significativo a questo proposito. L’archiviomunicipale di Duderstadt, ed il progetto di digitalizzazione integrale sviluppato in collaborazione con ilMax-Planck Institut di Berlino, offre questo tipo di risorsa, che integra gli inventari con la riproduzionefotografica dei documenti ed offre un sistema in grado di rendere possibile la consultazione degli originalipreservandoli dall’uso materiale e dalla manipolazione; consente inoltre l’integrazione successiva diinformazioni relative al singolo documento, in virtù delle caratteristiche del sistema informatico utilizzato,e pertanto una dinamicità che non è ipotizzabile per le edizioni cartacee dei documenti[30].Lo strumento elettronico integrato con la rete consente dunque, in questo caso, non solo la possibilità diottenere la riproduzione dei documenti a cui si può pervenire attraverso gli indici predisposti dal sistema;ma si offre anche come una possibile via di soluzione elettronica al problema dell’edizione delle fonti,curata non da un singolo studioso, e rigidamente chiusa entro i confini dell’edizione cartacea, ma dallacollettività dei ricercatori che a quel documento possono accedere ed il cui contributo può essere integrato

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nel database informativo del sistema.Un progetto certamente ambizioso, sicuramente oneroso dal punto di vista tecnico e finanziario e forsenon facilmente o immediatamente riproducibile in altri contesti. Ma, ciononostante, un fatto concreto, unarealizzazione e non solo un progetto; e che in quanto tale può essere indicato come una possibilità reale enon come una fantasia.Si può certamente ritenere che progetti di questo tipo incontrino maggiori difficoltà per strutturearchivistiche più imponenti e complesse. Ma anche considerando queste difficoltà e questi problemi, lanecessità di provvedere a strumenti di conservazione del materiale archivistico in formato elettronico -edi rispondere in questo modo a esigenze primarie di salvaguardia del patrimonio documentarioconsentendo al tempo stesso l’accesso, attraverso la rete, alla comunità degli studiosi- è diffusamentesentita e ha già dato avvio a iniziative che, seppure parziali, non per questo sono meno importanti. Unesempio, particolarmente vicino a chi scrive, è quello dell’Archivio di Stato di Firenze con il progettoMediceo avanti il Principato[31]. Un progetto, che a partire dall’inventario del fondo, e mediando il rigoremetodologico e le strategie di recupero dell’informazione proprie della tradizione archivistica conl’esigenza di un’informazione diffusa sollecitata dalla rete, mette a disposizione degli utenti una banca datidi immagini di un complessivo carteggio politico-diplomatico.E, a fianco di queste iniziative che si propongono di affrontare in maniera sistematica il problemadell’accesso telematico all’informazione archivistica relativa ad un fondo specifico o a un intero archivio, losviluppo di iniziative volte alla presentazione in rete di selezioni, esempi o serie particolari di documenti,scelte soprattutto per esigenze di conservazione e di salvaguardia dai rischi di una manipolazione diretta,sono numerosi[32], ed il loro sviluppo è un fatto che possiamo dire certo.

34. Esempi concreti, oggetti già fruibili, e modalità di accesso al materiale archivistico che non siseparano dalle esigenze di contestualizzazione stabilite e consolidate dalla tradizione archivistica, ma sonoin grado di integrarle e potenziarle: sono soprattutto queste realizzazioni che aiutano a vincerescetticismo e perplessità della comunità scientifica nei confronti della rete, forse più che le discussioniteoriche su standard, linguaggi e struttura dei database, che, pur essenziali per un’evoluzione delleapplicazioni delle nuove tecnologie, sono spesso inaccessibili e talvolta irritano la parte più rilevante degliutenti di biblioteche e archivi.Uno storico, e soprattutto colui che proviene dalla tradizione delle discipline e della ricerca -non lo storico-informatico di nuova generazione- si attende legittimamente, sulla base dello stato attuale dellatecnologia informatica e delle aspettative alimentate intorno al fenomeno Internet, di trovare almenoquesto tipo di risposte: l’accesso on-line ai cataloghi completi delle biblioteche, l’accesso a guide ragionatee organiche relative al materiale archivistico. E, in entrambi i casi, modalità di interrogazione (interfacce)omogenee, rispondenti alle caratteristiche proprie della tradizione consolidata nella ricerca e nonparticolarmente complicate dal punto di vista tecnico. Se ancora ciò non è possibile, per difficoltàorganizzative o finanziarie, se le interrogazioni di cataloghi e indici impongono peregrinazioni tra sistemidiversi e modalità diverse di interrogazione, se soprattutto la quantità di informazioni che ci si attendenon è ancora esaustiva ed equivalente ai repertori cartacei, si tratta di problemi che è possibile affrontaree risolvere sul piano strategico e tecnico. L’attuale possibile frustrazione di fronte a quanto la rete sembra

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promettere ma non mantiene, non può giustificare in altri termini uno scetticismo radicale nei confrontidel web.E, d’altra parte, senza domande chiaramente impostate su quale informazione (documento) si vacercando e per quali scopi, e rivolgendoci indistintamente al web come fornitore indiscriminato edesaustivo di risorse informative, si rischia sistematicamente di andare fuori strada o di alimentareaspettative che per non tradursi sistematicamente in frustrazioni debbono essere disciplinate entro ambitidi conoscenza, di esperienza, di saperi. E’ inutile, in altri termini, la possibilità di disporre di strumentianche tecnologicamente raffinati di recupero dell’informazione archivistica, se alle spalle non c’è unproblema e una ricerca, se non ci sono interrogativi ed esigenze chiare che ci portano ad un archivio e alsuo materiale. La semplice disponibilità universale dell’informazione archivistica attraverso le retitelematiche (che peraltro è ancora ben lungi dall’essere realizzata), non produce affatto, da sola,problemi di studio e di ricerca; e non fa di ciascuno, indistintamente e automaticamente, uno studioso eun ricercatore.

[1] Per l'accesso ai cataloghi elettronici delle biblioteche vedi, tra i vari repertori disponibili, Libweb <http://sunsite.berkeley.edu/Libweb/ >; Library Web-Based OPACS < http://www.lights.com/webcats/ > ;Gabriel. Gateway to Europe's National Libraries < http://portico.bl.uk/gabriel/en/welcome.html >;Ministère de la Culture et de la Communication - Internet culturel - Bibliothèques, <http://www.culture.gouv.fr/culture/int/index.html > ; SiteBib, < http://www.abf.asso.fr/sitebib/ >; AIB[Associazione Italiana Biblioteche]. Il mondo delle biblioteche in rete, < http://www.aib.it/aib/lis/lis.htm>. Parte delle considerazioni svolte in questo capitolo sono già state presentate in Minuti, 2000.

[2] Vedi Library of Congress < http://lcweb.loc.gov/ > ; Bibliothèque Nationale de France, <http://www.bnf.fr/ >; British Library < http://opac97.bl.uk/ >; Bayerische Staatsbibliothek <http://www.bsb.badw-muenchen.de/index2.htm >.

[3] Vedi Lancaster, 2000.

[4] Vedi Pickard et Dixon, 2000.

[5] Per un repertorio dei sistemi e dei progetti nazionali europei di catalogazione elettronica vedi lapagina relativa del gateway Gabriel, < http://portico.bl.uk/gabriel/en/union.html >.

[6] Vedi < http://www.sbn.it/ >.

[7] Vedi, a questo proposito, le indicazioni presenti in Guidelines for OPAC displays - 65th IFLA Counciland General Conference - Conference Programme and Proceedings, < http://www.ifla.org/IV/ifla65/papers/098-131e.htm >.

[8] Vedi Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, < http://www.bncf.firenze.sbn.it/ >.

[9] Vedi per sempio il Catalogue collectif de France, < http://www.ccfr.bnf.fr/ >.

[10] Vedi < http://portico.bl.uk/gabriel/en/periodicals.html >. Di particolare interesse sono la versioneon-line di Ulrich's Periodicals Directory, < http://www.ulrichsweb.com/ulrichsweb/ >, il PCI - Periodical

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Contents Index , distribuito da Chadwyck-Healey, < http://pci.chadwyck.com/ >, la base di dati FRANCIS, < http://www.inist.fr/francis/francis.htm >.

[11] Vedi la base di dati ELECTRE, < http://www.electre.fr/ >, disponibile su CD Rom, che ha un accessointernet, su abbonamento, all'indirizzo < http://www.electre.com/ >; per altri ambiti nazionali, vedi, peresempio, Books in print, < http://www.booksinprint.com/bip/ > e Alice < http://www.alice.it/ >.

[12] Vedi per esempio ABC-Clio , < http://sb1.abc-clio.com:81/ >, da cui si accede a Historical Abstracts,uno dei principali strumenti per il controllo della letteratura periodica di argomento storico.

[13] Vedi il World Biographical Index database edito dalla Saur, < http://www.saur-wbi.de/ >.

[14] L'esempio più significativo è certamenente quello di Amazon < http://www.amazon.com/ >. Per unalista delle librerie accessibili on-line vedi < http://www.culture.gouv.fr/culture/autserv/livre.htm >.

[15] Per una guida alla ricerca bibliografica in internet, vedi Metitieri e Ridi, 1998.

[16] Vedi Gagnon-Arguin, 1989; Black, 1992. Per un aggiornamento sull'evoluzione delle discussionirelative agli standard in ambito archivistico, vedi il sito del Conseil International des Archives, <http://www.ica.org/ > . Vedi anche Unesco Archives Portal, < http://www.unesco.org/webworld/portal_archives/ >.

[17] Vedi Townsend, S., Chappell, C., Struijvé, O., 1999, chap. 3: "From Source to Database". Per unadifesa del valore dei database relazionali nella ricerca storica vedi Harvey and Press, 1996.

[18] Vedi Thaller, 1991, e Thaller, 1993.

[19] Vedi il manuale on-line per l'uso di Kleio, < http://www.gwdg.de/kleio/manual/tutorial/welcome.htm>.

[20] Queste esigenze sono attualmente alla base anche degli sviluppi di uno dei più interessanti progetti diorganizzazione e catalogazione di archivi di documenti storici, ossia dello History Data Service, <http://hds.essex.ac.uk/ >. HDS è parte di un più ampio arco di progetti coordinati, l'AHDS (Arts andHumanities Data Service, < http://www.ahds.ac.uk/ > ), e si è progressivamente specializzato nellagestione e distribuzione di raccolte documentarie particolari, quali censimenti della popolazionebritannica, statistiche, e soprattuito del GBHD (Great Britain Historical Database). Cfr. Struijvé, 1999. Ilsito di HDS fornisce una serie di strumenti utili all'organizzazione e alla gestione di database storici.

[21] Il punto di partenza per seguire l'evoluzione dei linguaggi del web, ed in particolare di XML, è il sitodel World Wide Web Consortium, < http://www.w3.org/ >.

[22] Vedi Encoded Archival Description (EAD) - Official Web Site, < http://lcweb.loc.gov/ead/ >.

[23] Voir < http://www.ica.org/index.html >.

[24] Per una rassegna di progetti di digitalizzazione di matriale archivistico, con particolare riferimentoalla medievistica, vedi Uhde, 2000.

[25] Il sito dell'Università dell'Idaho fornisce un buon indirizzario ai siti di interesse archivistico; vedi <http://www.uidaho.edu/special-collections/Other.Repositories.html >. Vedi anche, per l'ambito francese,

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l'ottima lista di risorse archivistiche in internet curata dal Ministère de la Culture et de la Communication,< http://www.culture.gouv.fr/culture/autserv/archives.htm >.

[26] Vedi < http://www.nara.gov/ >.

[27] Vedi < http://www.hmc.gov.uk/archon/archon.htm >.

[28] Vedi < http://www.mcu.es/cgi-bin/ALBALA/AlbalaCGI?CMD=INICIAL >.

[29] Vedi < http://wwwarc.iue.it/eharfr/Welco-fr.html >.

[30] Vedi < http://www.archive.geschichte.mpg.de/duderstadt/dud-e.htm >. Vedi in aprticolare ladescrizione del progetto all'indirizzo < http://www.archive.geschichte.mpg.de/duderstadt/projekt-e.htm>.

[31] Vedi < http://www.archiviodistato.firenze.it/Map/ >.

[32] Vedi per esempio ARCHIM (Banque d'images numériques réalisées à partir de documents conservésau Centre historique des Archives nationales à Paris), < http://www.culture.gouv.fr/documentation/archim/accueil.html >. Vedi anche, per seguire lo sviluppo delle iniziative in ambito francese, il sito deCentre Historique des Archives Nationales (CHAN), < http://www.archivesnationales.culture.gouv.fr/CHAN/CHANmain.htm >.

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R.Minuti, " Internet e il mestiere di storico. Riflessioni sulle incertezze di una mutazione ", Cromohs, 6 (2001):

1-75 < URL: http://www.cromohs.unifi.it/6_2001/rminuti.html >

Indice

I.3. Problemi del documento digitale

35. Se la possibilità di accedere per via telematica ai cataloghi elettronici delle biblioteche o agli indici edinventari degli archivi costituisce un aiuto importante per la ricerca e offre strumenti di grande efficaciaper l’organizzazione del lavoro, la pianificazione delle indagini e l’accesso ai materiali desiderati, ancorapiù suggestive, come si accennava in precedenza, sono le prospettive connesse allo sviluppo dellebiblioteche digitali. La possibilità di disporre sulla scrivania e tramite il monitor di un computer di interecollezioni di testi, talvolta rari e di difficile reperimento nelle biblioteche, ha rappresentato, sin dalla primadiffusione del web, uno degli scenari più affascinanti per il mondo della ricerca umanistica e unaprospettiva che ha stimolato una molteplicità di iniziative importanti[1].Le perplessità iniziali di fronte all’idea di un trasferimento globale della memoria depositata sulla carta inmemoria digitale si sono andate progressivamente attenuando di fronte allo sviluppo dei progetti e alforte impegno istituzionale -nell’ambito delle singole realtà nazionali o in forme coordinate econsorziate[2]- che in questa direzione si è manifestato. Un impegno che non deriva in prima istanza dalleesigenze proprie del mondo della ricerca, ma che è l’esito di problemi relativi alla preservazione delpatrimonio culturale e della convinzione che la tecnologia digitale possa offrire da questo punto di vistamigliori opportunità rispetto ai metodi sinora seguiti, in particolare mediante la riproduzione in microfilmse microfiches. Il progressivo deperimento del patrimonio librario conservato nelle biblioteche è un datoallarmante ma purtroppo accertato, riconducibile alle proprietà fisiche del supporto cartaceo ed alleconseguenze determinate nel lungo periodi da fattori quali l’acidità che, in termini crescenti in relazioneall’evoluzione delle tecniche di produzione dalla seconda metà del XVIII secolo in avanti, stadeterminando il rapido decadimento e la perdita irrimediabile di quantità imponenti didocumentazione[3]. La consapevolezza della gravità di questo problema ha sollecitato l’adozione distrategie coordinate di intervento e lo sviluppo di progetti importanti[4] a livello internazionale.In altri termini, anche se non ritenessimo indispensabile, ai fini dello studio e della ricerca, la possibilità didisporre di riproduzioni digitali dei documenti che ci interessano, resterebbero comunque esigenzefondamentali di preservazione del patrimonio culturale tali da spingere fortemente in questa direzione; e

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da allontanare progressivamente, come in parte sta già accadendo in molte biblioteche, l’uso e lamanipolazione diretta del libro o del documento cartaceo (a stampa o manoscritto) che ci interessa, afavore della consultazione della sua riproduzione, per ora in maggior parte mediante microfilm, maprogressivamente in formato digitale. E’ un mutamento di scenario di cui occorre tener conto, sia perchécomporta nuove tecniche di reperimento e di accesso; sia, soprattutto, perché investe problemimetodologici oltre che tecnici che non è possibile considerare con superficialità, ritirandosi nell’angolodella tradizione e della conservazione di pratiche di lavoro che non saranno più riproponibili alle nuovegenerazioni in termini identici al passato.

36. Il primo, fondamentale problema metodologico che si pone di fronte ad un documento digitale ches’intende utilizzare come fonte per un determinato studio è proprio la sua assenza di fisicità, la sua naturadi oggetto virtuale. Senza entrare direttamente nella discussione sulla nozione di virtualità, che affascinateorici della comunicazione e filosofi[5], e limitandoci, come ci siamo ripromessi, al livello empirico delmestiere e della pratica della ricerca storica, un dato emerge con grande immediatezza.Quando mi trovo di fronte ad un documento cartaceo, a stampa o manoscritto, così come quando mitrovo di fronte ad un monumento, ad una testimonianza materiale di una realtà passata, posso disporredi tecniche e di procedure consolidate da una tradizione filolologica e critica affermatasi a partire dall’Etàdell’umanesimo, che mi consentono di contestualizzarlo, di investirlo di storia, di collegarlo ad altridocumenti e monumenti egualmente contestualizzati, e di costruire su questa base un discorso storico. Lafisicità del documento, la sua inerzialità e stabilità mi consentono di affinare queste tecniche e diconvogliarle nel quadro di una procedura scientificamente condotta, anche se qualitativamente diversarispetto a quanto caratterizza le scienze del mondo fisico, per l’impossibilità evidente e ovvia di riprodurrela realtà passata in termini di esperienza di laboratorio, e per il primato della dimensione argomentativae discorsiva rispetto al linguaggio formalizzato. La natura specifica del sapere storico; la sua differenzarispetto alle scienze del mondo fisico, verso le quali la tradizione positivista tendeva forzatamente aricondurlo; il suo stretto legame con la formulazione di problemi che non possono dirsi dati una volta pertutte, ma che mutano insieme al mutare della realtà complessiva nella quale gli uomini vivono -e cheproducono discorsi storici, narrazioni, concettualizzazioni che progressivamente si trasformano e sirinnovano-, sono elementi caratterizzanti della storiografia e definiscono i caratteri specifici del mestieredi storico e del suo ruolo nella società.Il ripensamento, la riscrittura, il riesame di problemi che sistematicamente mutano di prospettiva ilrelazione alle sollecitazioni della contemporaneità, sono pertanto elementi necessari e non marginali,anche rispetto alla scoperta di un nuovo documento -che deve essere collocato su una trama di problemiperché possa produrre nuova storiografia- o al contributo di conoscenza relativo a problemi specifici, cheinvestono direttamente la funzione e la responsabilità dello storico. Ma perché questo procedere dellavoro storiografico mantenga i caratteri propri della verificabilità, dell’eventuale contestabilità ed inultima analisi della scientificità propria ed originale del sapere storico, occorre che i documenti e letestimonianze che costituiscono la base del suo operare risultino identificabili, stabili e inalterabili, e cometali suscettibili di analisi, di critica e di interpretazione.

37. Un documento, perché possa assumere i caratteri di fonte storica, non deve in altri termini poter

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mutare, non deve essere soggetto a trasformazioni che non siano documentabili; deve poter essereattribuito ad una persona o ad un’istituzione e soprattutto ad un contesto temporale, ed è su questa baseche può divenire materiale utile per un racconto vero; e se questo racconto non può mai aspirare atradurre in forme verbali la realtà passata, che nella sua integralità e completezza ci rimane inaccessibile,al pari della realtà presente, ciononostante la sua qualità di essere racconto vero e di distinguersi dallaletteratura di fantasia, al di là delle variabili delle interpretazioni e delle concettualizzazioni -caratteripropri e necessari del lavoro storico- si basa fondamentalmente sulla verificabilità dei documenti. Si potràdiscutere a lungo sullo stile e sul linguaggio dello storico, e sull’importante questione del rapporto tranarrazione e ricerca storica; ma il riferimento a questa regola di metodo critico, sulla base della quale lanozione stessa di storiografia è andata costituendosi a partire dall’Età dell’umanesimo e dall’incontrofecondo con la cultura classica, non può non rappresentare un punto di orientamento preciso anche in unarealtà comunicatica segnata dall’elettronica e dalla telematica[6].Ora, appunto la natura del documento digitale, quel connotato virtuale proprio di oggetti che perdono laloro fisicità e si traducono in tracce magnetiche costituite, alla radice, da lunghe stringhe di 0 e 1, èquanto pone direttamente problemi ad una loro utilizzazione diretta da parte degli storici.A differenza dei supporti cartacei o della materialità propria delle testimonianze monumentali, ildocumento elettronico è, per propria natura, plastico, è soggetto a mutamenti ed alterazioni che possononon lasciare tracce rilevabili. Si può ritenere di poterlo bloccare, di poterlo consolidare ricavandone copiecartacee, ma è una soluzione illusoria in quanto, nella comunicazione telematica, la copia cartacea èelemento subordinato, secondario rispetto alla memoria elettronica, che assume il valore di basedocumentaria. E, di fronte al primato del documento elettronico sul documento cartaceo, anche glistrumenti tradizionali della filologia e della critica sono sollecitati ad evolversi e a trasformarsi, purmantenendo fermi alcuni loro fondamentali postulati metodologici. Chi dovrà affrontare problemi diidentificazione, di datazione e di contestualizzazione di documenti elettronici, che già possono dirsi parterilevante della realtà contemporanea, dovrà avvalersi in maniera sempre più forte di strumenti qualil’esame delle tracce lasciate dai protocolli di comunicazione, i frammenti di informazione recuperabili suiweb-server e sui mail-server, l’esame dei cookies introdotti su macchine specifiche, per esempio.L’uso ormai diffuso della posta elettronica, come sostitutivo ambivalente di corrispondenza scritta ecomunicazione orale, pone già problemi rilevanti per gli storici contemporanei, di natura radicalmentediversa rispetto a quelli propri delle corrispondenze cartacee, sia dal punto di vista tecnico -dove, come siaccennava, il livello della competenza tecnico-informatica assumerà valore crescente rispetto, peresempio, alle tecniche tradizionali di indagine sulla grafia, la natura della carta, le filigrane- sia dal puntodi vista giuridico, poiché apre il problema di una riservatezza dei dati che, nonostante forme avanzate diprotezione, resta sempre e comunque più debole rispetto al singolo documento manoscritto.

38. L’uso dei computer e della rete a fini di indagine sulle attività criminali nella realtà contemporaneaoffrono già indicazioni interessanti su come il “paradigma indiziario” proprio della ricerca storica si evolvain funzione dell’uso della telematica, e sulla direzione che potranno assumere in maniera sempre piùrilevante le tecniche di ricerca e di analisi del documento elettronico in termini direttamente collegati allastoriografia del mondo contemporaneo.

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Un problema strettamente connesso alla natura del documento elettronico investe poi la mediazionemeccanica ed elettronica di accesso al documento. Di fronte ad un documento scritto o stampato su carta,ad una tavoletta d’argilla o a un’epigrafe, l’unica mediazione che si pone tra me e la testimonianza derivadalle mie capacità di analisi critica, dalla mia esperienza di ricerca, dal livello generale delle conoscenzeche possono consentirmi di decifrarlo, di contestualizzarlo, di interpretarlo; posso utilizzare a questo fineriproduzioni o edizioni, nelle quali può essere visto un livello di mediazione rispetto all’originale che risultaaccreditato e riconosciuto dalla comunità scientifica, ma in ultima istanza il rapporto che vengo stabilirecon il documento non è mediato dalla tecnologia ma dalla conoscenza e dall’esperienza.Un documento elettronico ha caratteristiche sostanzialmente diverse perché, per essere accessibile, deveessere tradotto e restituito in forma visibile da una macchina, senza la quale non è niente. Di fronte ad undocumento testuale, elaborato, per esempio, con un word processor di una decina di anni fa, sviluppatoper un sistema operativo da tempo estinto e registrato su un dischetto da 5 pollici e 1/4, si incontrano giàseri problemi di accesso e di lettura. Possiamo immaginarci la sorte di questo stesso documento,mettiamo, tra 500 o 1000 anni ( senza tener conto della deperibilità fisica del supporto, che è ben lontanadal potersi dire garantita per periodi di tale lunghezza ); posto in questa prospettiva, il nostro documentoelettronico si mostra assai più debole e fragile non solo rispetto ai documenti cartacei degli ultimi 500 anni(la stabilità e la resistenza di incunaboli e cinquecentine sono noti), ma anche rispetto alle pergamene, aipapiri o alle solidissime tavolette d’argilla.Non poniamo limiti alle possibilità degli sviluppi futuri della tecnologia, e alla capacità di elaborare sistemiche siano in grado di decodificare tutti i linguaggi e tutte le tracce informatiche del passato; ma ilproblema attualmente esiste e non può essere sottovalutato. La possibilità di mantenere in vita, eperfettamente funzionanti, elaboratori di più antica generazione e di concezione ormai superata, in gradodi leggere e consentire la riconversione di formati elettronici e linguaggi ormai perduti, abbandonati,sperimentali o marginali, appare, allo stato attuale delle cose, come la via più diretta per affrontare unordine di problemi di non facile soluzione. Si può obiettare che questo scenario fa parte di una preistoriadella tecnologia informatica e telematica che è in via di superamento rapido, con l’evoluzione deglistandard e l’affermazione di protocolli e di linguaggi condivisi. Ma, allo stesso tempo, si può anchereplicare che dove il problema può essere superato con il passaggio dai personal computer e dai lorosoftware al linguaggio universale della rete, esso si ripropone in relazione alla stabilità e alla sicurezza deiserver; le conseguenze di un evento catastrofico (guerre, fenomeni naturali etc.) su un deposito unico didocumenti elettronici possono essere più drammatiche rispetto alla distruzione di un’intera biblioteca,poiché in quel caso la parte più rilevante della documentazione (a parte i manoscritti, se non ne sonostate fatte riproduzioni) può essere reperita altrove.

39. Come rendere stabile dunque un materiale documentario che per sua natura tende alla variabilità e almovimento? Come rendere affidabile la rete come deposito di documenti utili (di fonti) al lavoro storico, emettere al sicuro il patrimonio documentario mantenuto su un server e reso accessibile tramite Internet,da alterazioni, manipolazioni, distruzioni accidentali o volute? Qual’è il modo migliore, se esiste un “modomigliore” inteso in senso generale, per convertire il patrimonio documentario cartaceo in formato digitalee renderlo accessibile tramite Internet, o per garantire la permanenza e la stabilità di un documento che

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è elettronico allo stato nativo e per il quale la versione cartacea costituisce una delle tante forme possibili,e variabili, di riproduzione? Un fronte complesso di problemi si apre, dietro lo scenario affascinante di unintero universo documentario che può comparire sullo schermo del computer attraverso le reti dicomunicazione.

Al problema della stabilità e della preservazione del documento elettronico, per il quale si stanno giàimpegnando energie e sono state avviate iniziative che meritano di essere seguite[7], non credo siapossibile dare risposte in termini puramente tecnici. L’evoluzione della sicurezza dei server, l’adozione ditecniche di mirroring, lo sviluppo degli standard di comunicazione sul web ed il perfezionamento delletecnologie di accesso alla documentazione tramite crittografia, costituiscono senz’altro un aspettofondamentale per la proposta di soluzioni al problema. Certamente l’uso sempre più consistente diInternet per i rapporti tra amministrazione pubblica e cittadino e l’introduzione di servizi innovativi checonsentono di compiere con la rete operazioni delicate quali l’autocertificazione fiscale, di accedere alladocumentazione bancaria, di ottenere certificati e attestati e, in un prossimo futuro, di registrarelegalmente transazioni di proprietà tra privati, ha fortemente sollecitato la ricerca di soluzioni tecnicheadeguate alla salvaguardia della riservatezza dei dati e alla preservazione della documentazione. Tuttoquesto ha evidentemente ricadute dirette ed importanti sul problema tecnico della conservazione dellamemoria digitale, che costituisce la principale preoccupazione degli storici.

Ma ciò che risulta egualmente essenziale per quanto riguarda i depositi di memoria storica digitale èl’adozione di regole accettate a livello internazionale, e l’assunzione di responsabilità da parte di autoritàriconosciute che possano assumere funzioni di garanzia del deposito della documentazione e curarne inmaniera coerente la salvaguardia, l’intangibilità e la comunicabilità mediante l’adeguamento a nuovistandard.Per la memoria digitale dovrebbero in altri termini essere adottati criteri uniformi e condivisi a livellointernazionale che consentano di poter difendere l’intero patrimonio depositato da ogni possibilealterazione, volontaria o meno, e di accedere ad esso indipendentemente da variazioni di ordine politiconazionale, da conflitti, da catastrofi naturali. Sono dunque quelle caratteristiche di difesa e di protezioneche erano proprie delle esigenze militari e strategiche da cui, com’è noto, Internet è derivata[8] che,tradotte in termini di strategia internazionale di salvaguardia del patrimonio culturale digitale, dovrebberostabilire la condivisione, la stabilità e la permanenza della memoria elettronica dell’umanitàindipendentemente dalla perdita di uno o più poli del sistema.

40.Tutto ciò richiede evidentemente un forte impegno dal punto di vista tecnico (in termini diattrezzature, di memorie di massa, di sviluppo di tecnologie informatiche), ma soprattutto un forteimpegno e precise volontà politiche a livello internazionale. Una “memoria del mondo”[9] digitale,distribuita nei vari contesti nazionali ed in più punti degli stessi contesti, ed in grado di mantenersi integraindipendentemente dalle alterazioni o dalle catastrofi eventuali di ogni singola unità collegata, è quantocostituisce probabilmente la speranza massima, e forse la via d’uscita definitiva al problema delleincertezze sulla stabilità del documento digitale. E’ una soluzione che è ancora ben lungi dal potersi direrealizzata o anche delineata in termini globali e strategici, e che rimane per ora sullo sfondo dellesuggestioni alimentate dallo sviluppo delle reti. Nella realtà, la risposta a quest’ordine di problemi deve

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far riferimento ad iniziative più settoriali e circoscritte, all’esistenza di organismi consorziati che svolgonofunzioni di mirroring o a istituzioni bibliotecarie e archivistiche che intendono lodevolmente assolverequesta nuova funzione, traducendo i compiti tradizionalmente legati alla conservazione e alla tutela delpatrimonio documentario cartaceo nei termini propri delle esigenze nuove di salvaguardia ecomunicazione del documento digitale.

In una situazione ancora caratterizzata da una forte variabilità e da un marcato squilibrio qualitativo,dalla compresenza di iniziative individuali o volontarie -talvolta eccellenti, talvolta discutibili- e di grandiiniziative sostenute da una consistente base di risorse, la biblioteca digitale presente su Internet è andatacomunque crescendo in maniera rilevante nel corso degli ultimi anni[10]. Fino a che punto si può dire,indipendente-mente dalle questioni tecniche relative alla sicurezza e alla permanenza nel tempo deidocumenti digitali a cui abbiamo fatto cenno, che essa costituisca uno strumento utile e affidabile per glistorici?Direi che, se ci limitiamo ai termini della riproduzione fotografica in formato digitale delle pagine di unlibro o di un manoscritto, i problemi metodologici e le perplessità si riducono al minimo o svanisconointeramente. La corrispondenza tra riproduzione digitale e documento originale è in questo caso stabilitacon chiarezza evidente, al pari di un microfilm; ma con il vantaggio di una riproducibilità pressoché infinitae senza rischio di alterazione nell’immagine, e soprattutto di una comunicabilità in rete che le riproduzionisu pellicola non consentono.E’ anche la soluzione che più va incontro ad esigenze di ricerca specialistica degli studiosi, consentendol’osservazione diretta di aspetti -caratteri, segni tipografici, elementi grafici inseriti nel testo- che possonorisultare importanti. Resta sempre, peraltro, la soglia dell’esame materiale del documento, della cartacon cui è stato prodotto; è un esame che risulta importante per determinati studi sui documenti a stampa-la storia dell’editoria, del rapporto tra produzione cartacea e produzione editoriale, etc.- e che è semprefondamentale per i manoscritti (in questo caso l’esame materiale non vale solo per la carta, ma ancheper altri elementi, quali ad esempio l’inchiostro utilizzato per la scrittura, etc.).

41. Per queste esigenze le risorse dell’informatica a molti non appaiono in grado di dare risposteequivalenti all’esperienza diretta; in realtà esse potrebbero fare anche di più, consentendo un’analisi delmateriale in grado di evidenziare filigrana, diversità di spessore e altre caratteristiche, ma a costi assaipiù rilevanti rispetto alla consultazione diretta dell’originale, non proponibili se non per documenti dieccezionale importanza e non traducibili nelle tecniche correnti di riproduzione digitale per lacomunicazione in rete. Si tratta peraltro di esigenze che si pongono ad un livello molto avanzato especialistico di analisi del documento, e che non possono far venir meno la grande utilità di poterdisporre, da ogni terminale collegato alla rete, di riproduzioni fotografiche di documenti originali,consentendone al tempo stesso una loro più efficace salvaguardia dai rischi della manipolazione.La via della riproduzione fotografica digitale è di fatto seguita da molte iniziative[11], soprattutto perchéconsente una maggiore rapidità nell’operazione di riproduzione del documento -permettendo quindi diaffrontare con ritmo più accelerato il problema della salvaguardia e della conservazione primarichiamato- ed un lavoro molto ridotto rispetto alla traduzione in formato elettronico realizzata mediantel’uso di linguaggi di marcatura. La possibilità di seguire questo percorso è inoltre agevolata, per i

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documenti testuali, dalla possibilità di utilizzare compressioni grafiche più forti rispetto a quelle consentiteda documenti non testuali (cartografia, stampe, fotografie, etc.) per i quali il problema del colore e delladefinizione, e la necessità di mediare tra chiarezza dell’immagine e velocità di comunicazione in rete,sono certamente più spinosi.Ma si tratta anche di una soluzione che, rispetto alle possibilità offerte dall’informatica e dalla telematica,comporta importanti sacrifici. Il movimento interno ad un testo riprodotto in formato grafico puòrisultare, dati i limiti tecnici attuali della comunicazione sul web, molto più penoso rispetto allaconsultazione di un documento cartaceo. E’ possibile ovviamente superare l’ostacolo dedicando il tempo,a volte lungo, necessario al downloading del testo dal server su cui è depositato, per poi stamparlo edottenere così una copia identica all’originale; e ciò costituisce comunque un vantaggio notevole per lostudio e la ricerca, soprattutto in considerazione di documenti rari o difficilmente accessibili.La presenza in rete di collezioni di riproduzioni digitali d testi e documenti ad accesso libero è di per sé,anche considerando la semplice riproduzione in formato immagine, uno scenario affascinante per ognistudioso, di fronte ai costosi volumi di reprint attualmente disponibili sul mercato.

42. Ciononostante, come dicevamo, si tratta di uno sfruttamento ancora molto parziale delle risorse reseattualmente disponibili dalla tecnologia informatica. Di fronte ad un testo riprodotto in formato fotograficonon sono possibili tutte quelle operazioni di interrogazione, di utilizzazione di sue parti all’interno di wordprocessor, di manipolazione, in una parola, del materiale testuale , che risultano di grande importanzaper diversi aspetti e livelli di ricerca.Per tutto questo è indispensabile una traduzione del documento testuale nei formati e con i sistemi dimarcatura adeguati alla comunicazione sul web. Ma a questo punto interviene un passaggio delicato dalpunto di vista metodologico, in quanto la corrispondenza esatta con l’originale, garantita dall’immaginefotografica della pagina, si perde, e si deve ricorrere ad un’edizione; essa può essere più o meno raffinatao complessa, può limitarsi alla semplice riproduzione del testo (in ascii puro o in html con un minimoapporto di formattazione), o presentare una ricco apparato di codici di marcatura che consentano diinterrogare il documento secondo strategie avanzate, com’è dato in particolare dall’applicazione dellasintassi sgml ai documenti sviluppata dalla TEI[12]; ma sempre di edizione si tratta, in quanto comporta iltrasferimento di un documento verso un’altra forma di rappresentazione ed in un altro linguaggio, conl’intento, innanzitutto, di perdere il minor quantitativo possibile di informazione propria dell’originale, e insecondo luogo, di consentire più efficaci possibilità di utilizzazione.Di fronte ad un’edizione, allora, non sono solo gli aspetti tecnico-informatici ma soprattutto le questioni diordine scientifico e filologico a risultare centrali. Un’edizione elettronica si qualifica in primo luogo, in altritermini, per la corrispondenza all’originale fondata su criteri e metodiche che sono andate definendosi econsolidandosi nella storia della cultura moderna, e che devono essere tradotte nei termini propri dellacomunicazione telematica. In questo caso non è l’apparato tecnologico o informatico che risultaqualificante e garante della qualità dell’oggetto, ma l’editore (il quale deve necessariamente averecompetenze informatiche adeguate) e la sua responsabilità, nella stessa misura che è propria delleedizioni a stampa. Sia che si tratti di un semplice copista o di un informatico-umanista in grado di allestireun apparato di marcatura complesso e tale da soddisfare le esigenze di linguisti, storici della lingua,

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lessicologi etc., la natura critica e non puramente meccanica dell’edizione elettronica -pur con gradazionidiverse di qualità e di impegno, relative agli obiettivi che ci si propongono- è un elemento che deveessere sottolineato. In particolare, la scelta delle strategie di marcatura “semantica” di un testo destinatoalla comunicazione in rete e l’adozione di tecniche efficaci di presentazione delle varianti -insieme ad unapparato informativo o di commento non vincolato ai limiti spaziali propri delle edizioni a stampa, mamolto più libero ed estensibile-, fanno dell’edizione critica elettronica una delle prospettive piùinteressanti in assoluto nel panorama attuale degli studi umanistici[13].

43. La realizzazione di un’edizione elettronica dipende sostanzialmente dagli obiettivi che ci si propongononella sua realizzazione, che possono essere molto variabili e diversamente impegnativi; l’affidabilità di undocumento elettronico e di una biblioteca digitale non dipende comunque dalla natura specifica di taliobiettivi, ma dalla chiarezza con cui tali obiettivi sono dichiarati, e dal loro rispetto, a partire dalla minoreperdita possibile di informazione rispetto al documento originale.Tra le risorse offerte dalle biblioteche di riproduzioni fotografiche digitali di documenti, di testi presentatiin formato html o codificati con altri linguaggi, dire quale sia la più utile ai fini di una ricerca storicadipende inevitabilmente dal tipo di interrogazione e dal problema che si intende affrontare. Non sempre,ad esempio, avrò bisogno di una marcatura TEI per poter utilizzare un documento che mi interessa, e misarà sufficiente applicare un motore di ricerca testuale per html per ottenere i risultati che mi servono;talvolta, come nel caso di importanti dizionari, l’utilizzazione di sistemi di marcatura più avanzati ol’organizzazione del materiale documentario in forma di database risulteranno più efficaci[14];talvolta,soprattutto di fronte a documenti rari, sarò ben grato al curatore di una biblioteca digitale se miconsentirà di avere sulla scrivania, riprodotti in formato fotografico, un testo o un manoscritto che sitrovano in luoghi difficilmente accessibili e che non mi sarebbe agevole procurarmi in altro modo; in altricasi infine, la possibilità di avere la versione elettronica del testo ma di mantenere l’integritàdell’impostazione grafica dell’originale, consentita da formati quali PDF, risulterà particolarmente gradita.In tutti i casi, ferme restando quelle esigenze di affidabilità che dovranno essere inevitabilmenteaffrontate caso per caso -chiamando in causa non la rete ma i responsabili e gli autori dei singoliprogetti-, difficilmente, se mi sarà possibile giungere al documento che mi interessa, potrò dire di averperso tempo.

Piuttosto rimarrà forte, ancora una volta, l’impressione di un gigantesco lavoro da fare, e di una distanzanotevole tra le aspettative che possono essere riposte nella rete e la quantità effettiva dei materiali,qualitativamente significativi, che vi si possono trovare. E’ pur vero che ormai i testi digitalizzati presentiin reti sono diverse decine di migliaia, ma se li confrontiamo con il patrimonio documentario di unabiblioteca di medie dimensioni si tratta ancora di poca cosa. Siamo ancora ben lungi, in altri termini, dalpoter dire che la rete è in grado di sostituire la biblioteca, anche per settori molto limitati e settoriali diricerca. Perché ciò possa avvenire un concorso di energie e un impegno organizzativo, finanziario escientifico risulterà indispensabile; in particolare, l’interesse ancora prevalente per i classici e i grandinomi delle letterature nazionali dovrà ampliarsi considerevolmente agli autori e alle riviste minori, a tuttoquel patrimonio di cultura ed erudizione locale, per esempio, che non potrà non essere cura dellespecifiche realtà territoriali tradurre in formato elettronico, come parte importante della propria eredità

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culturale.Lo scetticismo e la perplessità di fronte alla rete, quando non si trovano i testi e i documenti che si speradi trovare, non dovrebbero dunque rivolgersi alla sua natura e alle sue possibilità, puntando il dito sul suoinevitabile disordine, sulla sua irrimediabile assenza di qualità e, alla fine, sulla sua sostanziale inutilitàcome deposito di documenti utili al lavoro dello storic; ma tradursi piuttosto in impegno più preciso esistematico per riempirla di contenuti e per gestirli in modo responsabile.

[1] Per un aggiornamento sui progetti e le iniziative in corso vedi il repertorio des BibliothèquesNumeriques du site du Ministère de la Culture e de la Communication français, <http://www.culture.gouv.fr/culture/autserv/biblionum.htm >; la lista curata dal Berkeley Digital LibrarySunSITE, < http://sunsite.berkeley.edu/Collections/othertext.html >; la bibliografia presente in IFLANET.Digital Libraries. Resources and Projects, < http://www.ifla.org/II/diglib.htm >; il repertorio DigitalInitiative Database della Association for Research Libraries (ARL) statunitense < http://www.arl.org/did/resources.html >; il repertorio curato dalla University of Texas at Austin, Books on the Internet.Library onLine, < http://www.lib.utexas.edu/Libs/PCL/Etext.html >. Per le iniziative specificamenteaccademiche vedi Directory of Electronic Text Centers del Center for Electronic Texts in the Humanities(CETH), < http://scc01.rutgers.edu/ceth/infosrv/ectrdir.html >. Un utile repertorio di biblioteche digitali èpresent al sito del progetto ATHENA, < http://un2sg4.unige.ch/athena/html/booksite.html >. Vedi ancheKlemperer, K. and Chapman, S., 1997 e DigitalLibrary.net, < http://www.digitallibrary.net/ >. La rivistaAriadne, < http://www.ariadne.ac.uk/ > , costituisce uno strumento informativo importante anche perseguire gli sviluppi delle biblioteche digitali.

[2] Vedi in particolare, a questo proposito, il progetto Bibliotheca Universalis, < http://www.kb.nl/gabriel/bibliotheca-universalis/index.htm >.

[3] Vedi Gregory e Morelli, 1997; in particolare i contributi di Rütimann, Dalhø, Flieder, ivi.

[4] Vedi il Memory of the World Programme. Preserving Documentary Heritage, < <http://www.unesco.org/webworld/mdm/index_2.html >. Un elenco dei programmi avviati è consultabileal sito < http://thoth.bl.uk/ddc/index.html >.

[5] Vedi Levy, 1995 e 1997.

[6] Vedi Momigliano, 1984.

[7] Per un utile repertorio delle iniziative e dei progetti avviati per la preservazione del patrimonioculturale in relazione alle nuove tecnologie, vedi la pagina Conservation - restauration su site du Ministèrede la Culture e de la Communication, < http://www.culture.gouv.fr/culture/autserv/conservation.htm >.Vedi anche Preserving Digital Information. Report of the Task Force on Archiving of Digital Information in< http://www.rlg.org/ArchTF/tfadi.index.htm >.

[8] Un repertorio di risorse per la storia di internet è accessibile presso il sito della Internet Society <http://www.isoc.org/internet/history/ >. Vedi anche, nella ormai vastissima letteratura sull'argomento,

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gli aggiornamenti dello Hobbes' Internet Timeline, < http://info.isoc.org/guest/zakon/Internet/History/HIT.html >.

[9] Memory of the World è il titolo di un programma organico di intervento promosso dall'UNESCO; vediqui n.4.

[10] Per una repertoriazione delle iniziative è indispensabile far riferimento a guide e liste quali qullecitate sopra, n.56. Tra i grandi progetti curati da istituzioni bibliotecarie, possono comunque esseresegnalati la Digital Libraries Initiative (DLI) statunitense, < http://dli.grainger.uiuc.edu/national.htm > acui è collegata la rivista D-Lib Magazine, < http://www.dlib.org/ >, il progetto britannico eLib, <http://www.ukoln.ac.uk/services/elib >, ed il progetto Gallica della Bibliothèque Nationale de France, <http://gallica.bnf.fr/ >. Tra gli altri progetti, sorti in ambito accademico, meritano particolare attenzione l'Oxford Text Archive (OTA), < http://ota.ahds.ac.uk/ >; il Center for Electronic Texts in the Humanities(CETH), < http://www.ceth.rutgers.edu/ >; Frantext, < http://zeus.inalf.cnrs.fr/frantext.htm >, a cui ècollegato il Project for American and French Research on the Treasury of French Language (ARTFL), <http://humanities.uchicago.edu/ARTFL/ARTFL.html > ; il Women Writers Project, <http://www.wwp.brown.edu/ >; l'italiano CIBIT (Centro Interuniversitario per la Biblioteca ItalianaTelematica), < http://cibit.humnet.unipi.it/ >. Ma l'ambito delle biblioteche digitali comprende ancheprogetti non direttamente legati a istituzioni universitarie, quali il progetto Gutenberg, <http://www.gutenberg.net/ >, l' ABU (Association des Bibliophiles Universels), <http://cedric.cnam.fr/abu/ >, LiberLiber < http://www.liberliber.it/ >, che documentano la serietà el'utilità di iniziative legate al principio del volontariato.

[11] La più importante raccolta di testi digitalizzati in formato immagine è certamente quella messa adisposizione sul server Gallica della Bibliothèque Nationale de France, < http://gallica.bnf.fr/ >. Vedianche l'importante collezione digitale i documenti relativi alla storia canadese realizzata dal progetto ECO(Early Canadiana On-line), < http://www.canadiana.org/ >. Un progetto interessante, anche se noncompletato, è la Internet Library of Early Journals (ILEJ), archivio elettronico in formato immagine digiornali inglesi del XVII e XVIII sec., < http://www.bodley.ox.ac.uk/ilej/ >.

[12] TEI è l'acronimo di Text Encoding Initiative, un progetto volto allo sviluppo di un'applicazione (oDTD, Document Type Definition ) della sintassi SGML sviluppata specificamente per l'edizione didocumenti letterari; vedi < http://www.uic.edu/orgs/tei/ >.

[13] Un punto di riferimento importante per seguire l'evoluzione delle discussioni sui progetti e suiproblemi che riguardano l'edizione elettronica di testi e documenti è la conferenza annuale DigitalResources for the Humanities (DRH), < http://www.drh.org.uk/ >.

[14] Vedi per esempio l'edizione elettronica on-line dell' Encyclopédie di Diderot e d'Alembert, curata daM.Olsen nell'ambito del Project for American and French Research on the Treasury of the FrenchLanguage (ARTFL), < http://www.lib.uchicago.edu/efts/ARTFL/projects/encyc/ >. Vedi, nel quadro dellostesso progetto, Dictionnaires d'autrefois. French Dictionaries of the 16th, 17th, 18th et 19th centuries,(tra questi, il Dictionnaire historique et critique de Pierre Bayle), < http://www.lib.uchicago.edu/efts/ARTFL/projects/dicos/ >.

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Rolando Minuti

R.Minuti, " Internet e il mestiere di storico. Riflessioni sulle incertezze di una mutazione ", Cromohs, 6 (2001):

1-75 < URL: http://www.cromohs.unifi.it/6_2001/rminuti.html >

Indice

II.1. Le incertezze della pubblicazione in rete

44. Lo sviluppo incessante della rete sta dunque significativamente mutando le modalità di accesso aglistrumenti e alla documentazione utili alla ricerca storica, pur con tutti i problemi sui quali abbiamocercato rapidamente di porre l’accento, e nonostante il fatto che il fronte delle aspettative, in relazioneallo sviluppo delle nuove tecnologie e all’insistenza dei mass-media, rimanga ancora assai più ampiorispetto alle realizzazioni concrete.Non è dunque possibile sostenere, allo stato attuale delle cose, che già la rete rappresenti un contestorealmente sostitutivo delle condizioni di lavoro e degli strumenti tradizionalmente propri della ricercastorica, anche se si può affermare con certezza che già offre aiuti rilevanti, in molti casi più potenti edefficaci rispetto agli strumenti tradizionali; e che la loro conoscenza ed il loro potenziamento sono digrande importanza perché la mutazione -probabilmente inevitabile- del mestiere dello storico e dellapratica storiografica, nel contesto comunicativo regolato dalle reti, avvenga in modo consapevole eresponsabile.Il fatto che la presenza di riferimenti bibliografici a siti web, nelle note e nelle bibliografie degli studistorici pubblicati, sia ancora assai marginale -se non per quei lavori che si muovono entro la cerchia deglistudi sui nuovi media e sul rapporto tra Internet e ricerca, o che sono rivolti alla repertoriazione dellerisorse web: per tutti quei lavori, insomma, per i quali la rete è comunque un oggetto di riflessione oltreche uno strumento di lavoro- è indicativo. Come potrebbe essere altrimenti, d’altra parte, in unadimensione in cui gli indirizzi web dei documenti citati, per portare un esempio a cui spesso si fariferimento, sono soggetti a mutamenti che rischiano di farli smarrire completamente, o di consentire illoro recupero solo a costo di tempo e con difficoltà a volte notevoli? Rischio forse ridotto per documentipresenti in siti istituzionali importanti o fortemente accreditati, ma assai forte per i siti più deboli o legatia iniziative individuali, che non necessariamente, tuttavia, meritano per questo di essere esclusi dallaconsiderazione scientifica.La comunità scientifica degli storici, complessivamente intesa, continua in altri termini a mantenere un

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atteggiamento perplesso e incerto nei confronti della rete: non tanto perché non siano chiaramentepercepibili -al di là del disordine, dell’eterogeneità, e di certe difficoltà di approccio iniziale- gli aiuti chedalla rete possono derivare alla ricerca; da questo punto di vista, anche assumendo un atteggiamentomoderato, riconoscendo che i problemi non sono banali e che molto resta ancora da fare rispetto alleattese, non occorre né particolare competenza informatica né l’assunzione di ipotesi rivoluzionarie legateall’avvento dei new-media per rendersi conto che accedere a cataloghi di biblioteche, indici di archivi,documenti digitalizzati, può costituire un grande aiuto.

45. Alla base di scetticismi e perplessità stanno invece quegli aspetti strutturali del documento digitale sucui abbiamo in precedenza fermato l’attenzione. La sua mancanza di stabilità fisica, in particolare, lorende sospetto o utilizzabile con maggiore difficoltà in un contesto di discorso storico; la maggiore labilità,in altri termini, di quegli elementi capaci di far sì che qualsiasi traccia lasciata dall’esperienza umanamantenga intrinsecamente una propria aderenza ad un tempo e ad uno spazio, ad un contesto che ècompito dello storico decifrare con le tecniche di analisi di cui dispone e che consentono di attribuire ad unmonumento o ad un documento il valore di fonte storica.Abbiamo ricordato come per questi problemi possano essere trovate risposte adeguate e convincenti; maè anche opportuno sottolineare il fatto che tali soluzioni richiedono comunque una forte assunzione diresponsabilità nei confronti della documentazione digitale, volontà e strategie concertate a livellointernazionale che attualmente non è ancora possibile vedere espresse se non in termini di progetti. Leesperienze si susseguono, i programmi e le iniziative procedono con intensità, secondo un percorsoempirico di approssimazione ad una nuova normalità dei quadri di riferimento operativi, per tutte lediscipline umanistiche e specificamente per la ricerca storica; ma sarebbe azzardato sostenere che talepercorso si sia già tradotto in una realtà concreta e stabile, pienamente sostitutiva della strumentazionetradizionale.Se le perplessità stanno comunque progressivamente venendo meno, soprattutto di fronte alla possibilitàdi utilizzare edizioni digitali di documenti che mantengono comunque una loro realtà fisica in qualchebiblioteca o in qualche archivio; e se da questo punto di vista si aprono solo problemi di quantità didocumentazione disponibile e di strategie filologico-informatiche di digitalizzazione, la questionefondamentale dell’affidabilità del documento digitale torna con forte evidenza a proposito dellapubblicazione dei risultati della ricerca e della possibilità, per gli storici, di passare risolutamente dellacarta alla rete.Sin dagli inizi del web, in effetti, la percezione di un orizzonte affascinante di possibilità nuove che siaprivano alla comunicazione, allo scambio di informazioni ed esperienze tra studiosi, alla trasmissione deirisultati della ricerca, è stata chiara, determinando l’avvio di molte iniziative. In realtà si trattava di unorizzonte che ancora prima del web la realtà di Internet aveva aperto, e verso il quale soprattutto ilversante delle scienze “dure” (matematiche, fisiche, naturali) aveva investito energie ed interesse. Ma èsoprattutto in seguito all’affermazione del web e della dimensione ipertestuale che è il suo connotatodistintivo, che anche sul versante delle discipline umanistiche l’attrazione di questa nuova dimensionedella comunicazione è stata forte.

46. Le ragioni possono essere richiamate sinteticamente, senza insistere ulteriormente nell’illustrazione di

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aspetti che sono ampiamente noti e sui quali c’è ormai una letteratura critica fin troppo abbondante[1].L’uso della rete per la pubblicazione dei risultati della ricerca consente innanzitutto una rapiditàincomparabilmente maggiore rispetto ai tempi mediamente lunghi -a volte insopportabilmente lunghi-della pubblicazione cartacea; aspetto delicato, evidentemente, soprattutto per quelle discipline (le scienzedel mondo fisico, la medicina etc.) per le quali la rapidità della comunicazione dei risultati della ricerca odelle nuove scoperte risulta fondamentale; e non è un caso che siano questi i settori che per primi e conmaggiore decisione si sono mossi nell’utilizzazione sistematica della rete, rispetto alle disciplineumanistiche per le quali, in ultima analisi, la rapidità della pubblicazione è meno decisiva. In secondoluogo, per il documento pubblicato in rete si aprono possibilità di diffusione incomparabilmente più ampierispetto a quanto è possibile per i volumi stampati. Inoltre, attraverso la pubblicazione sul web èconsentita un’aggiornabilità e una modificabilità pressoché illimitata dei risultati della ricerca, una loroestensibilità (in termini di aggiornamenti bibliografici, di integrazione con documenti e testi, o conappendici multimediali, che difficilmente possono trovare spazio nelle pubblicazioni cartacee); ed ancora,un’interattività con gli autori, e l’apertura di tribune di discussione e di forum su temi specifici, collegati aparticolari contributi. Infine, la pubblicazione sul web consente un contenimento sostanziale dei costi diproduzione tipografica e dei costi relativi alla gestione (conservazione e accesso) di libri e riviste cartacee;problemi che, a fronte di una crescita dei costi di abbonamento alle riviste e dei problemi della lorogestione da un punto di vista bibliotecario, trovano sul versante dell’elettronica e della telematicapossibilità di soluzione particolarmente efficaci.Sono aspetti e temi noti, sui quali la discussione è avviata da tempo, e che ormai possono essereconsiderati come un dato acquisito. Ciononostante la transizione dal cartaceo al digitale per lapubblicazione delle ricerche non è avvenuta in tempi così rapidi come l’evidenza degli elementi soprarichiamati sembrava suggerire; ed ancora ci muoviamo in una fase di transizione, di adattamento e dilento adeguamento verso una dimensione nei confronti della quale l’ambito umanistico continua a nutriresospetti.E’ un fatto che la parte assolutamente maggioritaria della storiografia contemporanea, al pari dellaricerca storico-letteraria e dell’edizione di testi, continui ad essere prodotta ed utilizzata in base alleforme della pubblicazione proprie dell’universo tipografico. Ed è un fatto che non può non sollevareinterrogativi, in parte coincidenti con quanto osservato a proposito delle fonti della ricerca storicariprodotte in rete, in parte diversi, che meritano di essere evidenziati.

47. Un peso certamente rilevante, in questo contesto, hanno i problemi che investono il rapporto traattività scientifica e produzione editoriale, e le difficoltà in gran parte comprensibili che inducono glieditori ad assumere atteggiamenti cauti, se non di vero e proprio freno, nei confronti degli sviluppisollecitati dalla comunicazione telematica. E’ d’altra parte evidente che il ruolo dell’editore comestrumento essenziale della comunicazione culturale nell’era tipografica risulta fortemente ridimensionatonel contesto della comunicazione telematica. In questo contesto infatti non risulta più necessaria unafunzione specifica che renda possibile l’incontro tra autori e lettori ( che può avvenire direttamenteattraverso la rete ); e diviene pertanto fortemente discutibile l’intera architettura normativa che laregola, e che garantisce agli editori, proprio in virtù di questa funzione -indispensabile nell’era tipografica,

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non più tale nell’era telematica-, una serie di diritti, giuridici ed economici.E’ un problema che si presenta non solo per la produzione libraria, ma che investe tutti quegli ambiti per iquali la rete va assumendo il ruolo di canale primario di comunicazione culturale (la produzione musicaleper esempio, che è attualmente al centro di polemiche accese) e per il quale la volontà di riprodurre e diriaffermare rigidamente i riferimenti normativi tradizionali non appare convincente, né dal punto di vistadella legittimità né dal punto di vista della difendibilità.Ciò non significa che debbano essere considerati inutili o superati tutti quegli elementi di filtro e digaranzia di qualità che in parte significativa sono sempre stati svolti dagli editori. Ma è anche chiaro chetale funzione potrà essere svolta direttamente, forse in termini più convincenti, dalle comunitàscientifiche, dai contesti disciplinari, da nuove espressioni di interessi e di linguaggi che vanno sorgendonella rete. Ad esse può essere direttamente demandata quella funzione di selezione e di orientamento chesenza poter più essere radicalmente penalizzante per gli autori (che potranno sempre trovare il modo dipubblicare il loro lavoro in rete, senza incontrare quegli ostacoli, economici o d’altro tipo, che spessochiudono la strada della pubblicazione cartacea), potrà tuttavia fornire ai fruitori, attraverso chiareassunzione di responsabilità, uno strumento di orientamento che, come si diceva all’inizio, può risultare digrande importanza per la costruzione ordinata dell’edificio delle risorse presenti sul web.

48. Chi userà la rete potrà sapere in questo modo a quale tipologia di lavori potrà accedere visitando uncerto sito, scegliere e valutare di conseguenza. Questa funzione, e la pubblicazione di lavori all’interno disiti selezionati, potranno certamente consentire una transizione delle competenze e del ruolo degli editoritradizionali nel nuovo contesto comunicativo (in un quadro di editoria on-demand, per esempio[2]); macomporteranno certamente, su questo versante, riassestamenti, riconversioni e trasformazioni distrategie operative rilevanti.Ma, appunto, non è solo il ruolo dell’editore tradizionale che è posto in discussione, bensì l’intera cornicenormativa che regola, sul versante della ricerca umanistica, la pubblicazione e la legittimazione giuridicadell’autorità sui lavori pubblicati. La stessa nozione di copyright risulta difficilmente difendibile, in terminilegali ed economici, dove la riproducibilità dell’oggetto digitale ed il suo movimento attraverso la retecostituiscono aspetti intrinseci della comunicazione sul web; assai più difficile da difendere rispetto allastessa riproduzione fotomeccanica, con la quale gli editori manifestano tuttora chiare difficoltà diconvivenza.Riprodurre per la rete l’identica nozione di copyright propria della realtà tipografica è quasi un nonsenseed è sistematicamente fonte di incongruenze e complicazioni; ma la formulazione di una nozione dicopyright adeguata ai caratteri propri della comunicazione in rete, e che consenta una remunerazione dellavoro, dell’investimento di risorse e di energie, e delle funzioni svolte nel processo di produzione e dicomunicazione dell’oggetto culturale digitale, non è di semplice soluzione[3]. Analoghe difficoltà valgonoper la nozione di diritto d’autore, soprattutto di fronte a opere, com’è il caso dei lavori multimediali, perle quali le diverse componenti operative non sono distinguibili con chiarezza[4].Ed infine, ciò che risulta più rilevante dal punto di vista delle pubblicazioni accademiche, che esprimono lacomponente fondamentale della ricerca storica, problemi simili permangono per quanto riguarda ladisciplina giuridica del deposito legale.

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49. E’ sulla base del deposito legale delle pubblicazioni che si stabilisce, com’è noto, la legittimazione dellapaternità di un determinato lavoro e la possibilità di utilizzarlo a fini curriculari, concorsuali eprofessionali. La varietà della disciplina del deposito legale delle pubblicazioni nei diversi Paesi non alterail dato uniforme di una differenza sostanziale, dal punto di vista normativo, tra la pubblicazioneelettronica e la pubblicazione cartacea. Ed è certamente la debolezza di un chiaro quadro di riferimentonormativo che, dal punto di vista soprattutto dell’editoria accademica umanistica, ostacola la transizionedecisa verso la pubblicazione elettronica, anche di fronte alle possibilità assai più ampie e suggestive chel’edizione elettronica può fornire.Si fa spesso riferimento al problema di una mentalità e di una consuetudine nella pratica della ricerca edella comunicazione storica che fanno fatica ad adeguarsi ai mutamenti che si impongono nella transizionedal cartaceo al digitale; e si tende a vederne la soluzione in un progressivo -più o meno lento a secondadei contesti, ma comunque inevitabile- processo di adattamento della prassi tradizionale che regola laricerca e la pubblicazione alle nuove tecnologie; tecnologie la cui evoluzione è certamente rapida, forsetroppo rapida, rispetto ai tempi fisiologici di assorbimento, in termini di comportamenti e di attitudini, nelquadro tradizionale delle discipline storiche. Ciò è in parte vero, ma in parte rischia di sottovalutare,proponendo uno scenario di transizione generazionale, quegli aspetti giuridici e normativi che hannoinvece una grande rilevanza e sulla base dei quali si vanno sempre componendo i riferimenti generali diuna cultura collettiva e di una mentalità. D’altra parte, che non si tratti semplicemente di una questionegenerazionale lo dimostra il fatto che proprio la generazione più giovane di studiosi diffida della solapubblicazione elettronica e, di fronte alla possibilità di pubblicare un proprio lavoro nella collana di uneditore celebre, accoglie con maggior favore questa prospettiva, che è certamente più remunerativa, allostato attuale delle cose, in termini di prestigio, di riconoscimento accademico, di carriera.

50. Esistono dunque dei problemi specifici, tecnici e soprattutto normativi che devono essere affrontati erisolti perché il passaggio dal cartaceo al digitale avvenga in modo deciso. Varie soluzioni, da questopunto di vista, possono essere proposte e sono concretamente allo studio in diversi Paesi[5]. E’ possibilepensare, per esempio, all’individuazione di alcuni server istituzionali, attivati presso biblioteche, centri diricerca o istituzioni universitarie, a cui possa essere attribuita quella funzione tecnica e giuridica digaranzia del deposito legale delle pubblicazioni elettroniche; ciò non impedirà agli autori la modificazione,l’aggiornamento e anche la trasformazione del proprio lavoro -mantenendo per esso quel carattere dicantiere aperto che costituisce una delle peculiarità della comunicazione telematica- ma consentirà difarlo con una datazione esatta degli interventi o una presentazione di versioni diverse, mutate nel tempo,di un testo. Ciò permetterebbe da un lato una migliore salvaguardia del documento, rispetto alladisseminazione incontrollata dei documenti sul web, dall’altro la sua storicizzazione e la sua utilizzabilità aifini della ricerca, soprattutto in relazione alla verificabilità dei riferimenti e delle citazioni[6] da documentinon più fluttuanti nel web e soggetti a spostamenti incontrollabili. E se questo fosse realizzato seguendoprocedure condivise e sulla base di standard, sarebbe un importante passo verso quella memoriacollettiva della ricerca, costantemente accessibile sul web, che costituisce una delle prospettive piùsuggestive per lo sviluppo futuro della pratica storiografica[7].

Tutto questo, come abbiamo ricordato in precedenza, non comporta necessariamente la fine del supporto

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cartaceo e la morte del libro, in quanto la riproducibilità dell’oggetto digitale su supporti di varia natura eformato è una possibilità ovvia, e resa già agevole da una tecnologia di riproduzione meccanica checonsente il downloading di testi dalla rete e l’immediata produzione di un volume più o menoelegantemente rilegato[8]. Ciò che invece muta è la gerarchia nella logica della pubblicazione, el’affermazione della pubblicazione elettronica come forma primaria e fondamentale di pubblicazione,rispetto alla quale quella cartacea viene ad assumere il carattere di semplice derivato, la cui forma e lacui struttura, incluso il fatto di corrispondere all’intero documento o a una sua parte, possono variare inrelazione agli interessi di chi intende utilizzarla. Se questo derivato cartaceo sia destinato a rimanere, ose sia presto sostituito da altre forme di supporto portatile, e in che tempi, non è dato dirlo né mi parecostituisca un problema di grande interesse. Attualmente libri e documenti cartacei mantengono una loroindubbia utilità ed una serie di vantaggi che ancora non sono sostituiti dalla tecnologia telematica.D’altra parte, fino a non molto tempo fa si poteva ancora sostenere che un libro aveva rispetto alcomputer il vantaggio enorme di essere trasportabile e manipolabile; oggi questa argomentazione è giàdivenuta debole, di fronte agli e-books[9] e agli orizzonti recenti dalla tecnologia degli schermi checonsente spessori che si avvicinano alla carta, per cui il “libro universale”, o il “giornale universale”,aggiornabile con tutte i testi che ci si possono procurare in rete, e trasportabile come un libro tascabile ocome un quotidiano, se proprio siamo affezionati a quelle forme, rischia di non costituire più una fantasia.Se e quando carta e libri scompariranno dall’uso corrente e saranno relegati all’anti-quariato o ai depositidi conservazione e tutela del patrimonio culturale, sarà perché non se ne sentirà più la necessità e perchéla cultura collettiva si sarà orientata verso altri strumenti, senza che lamentazioni o rimpianti sul mondodella carta che abbiamo perduto abbiano più grande senso.

51. Se dunque è di una diversa gerarchia nella logica della pubblicazione che si tratta, e se il documentoelettronico deve assumere un ruolo primario, ribaltando sostanzialmente la realtà adesso prevalente percui è il documento elettronico a costituire un’appendice, un derivato, rispetto al documento cartaceogiuridicamente riconosciuto, un passaggio fondamentale è inevitabilmente costituito dalla soluzione diquei problemi normativi ai quali talvolta viene attribuita rilevanza secondaria ma che hanno tuttavia unpeso notevole nel mantenere un atteggiamento di distanza e di perplessità verso la pubblicazioneelettronica.

Si tratta di un ordine complesso di problemi la cui soluzione non dipenderà solo da una discussione teoricao giuridica ma anche dalla spinta che deriva dalle realizzazioni concrete che, anche sul versantedell’editoria elettronica umanistica, sono già disponibili alla comunità degli studiosi. Soprattutto l’ambitodelle riviste è fortemente investito dalle opportunità offerte dalla comunicazione telematica. Problemi dicosti di produzione e di gestione bibliotecaria, oltre a potenzialità assai più forti, sul versante telematico,dal punto di vista della ricerca e della comunicazione dei documenti, stanno determinando una fortespinta verso la transizione dal cartaceo al digitale.Molte sono le riviste puramente elettroniche (senza cioè che abbiano un corrispondente cartaceo) sortenegli ultimi anni[10], ed importanti sono anche gli esempi di edizione parallela, tale cioè da salvare, da unlato, le esigenze proprie dell’editoria tradizionale, ma da consentire dall’altro alla comunità degli studiosile possibilità di fruizione consentite dalle nuove tecnologie telematiche. L’esempio di JSTOR credo sia, da

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questo punto di vista, particolarmente significativo[11]. Sulla base di un accordo stipulato con iresponsabili delle singole testate, al programma JSTOR è consentita l’archiviazione elettronica di unnumero rilevante di importanti riviste umanistiche allo scadere di un termine temporale prefissato(moving wall), definito generalmente in cinque anni. Dopo cinque anni di esistenza cartacea, che salvadiritti, interessi, investimenti dell’editoria tradizionale, i numeri delle riviste transitano dunque verso ildigitale e consentono ad ogni biblioteca l’accesso full-text alla rivista, risolvendo brillantemente problemidi spazio e di costi nella gestione del materiale librario e consentendo anche a piccole e nuove bibliotechedi dotarsi rapidamente di un patrimonio documentario rilevante. La digitalizzazione in formato-testo ed informato-immagine combinati consente poi l’interrogabilità e l’uso del documento elettronico secondo tuttele potenzialità consentite da tale procedura di archiviazione, e, al tempo stesso, il rispetto dell’integritàformale della pagina, importante per un documento che ha già avuto una prima edizione cartacea. Tuttociò non è gratuito, naturalmente, ma è legittimo ritenere che l’investimento, da parte di un’istituzionebibliotecaria, per l’accesso ad una banca dati di questo tipo, risulti economicamente e scientificamente piùvantaggioso rispetto al possesso di molte decine di metri lineari di volumi cartacei.E’ un esempio tipico di una realtà di transizione, utile per dimostrare come anche in questa fase, enonostante tutte le incertezze e le perplessità che caratterizzano il rapporto tra discipline umanistiche ereti, realizzazioni concrete e di utilità indiscutibile possano essere compiute, senza che si debba attenderela risoluzione di tutti i problemi -normativi, tecnici, gestionali- per cominciare a produrre risultati; eritenendo che proprio dalle realizzazioni concrete possano derivare stimoli importanti e idee utili allasoluzione di problemi più generali. Altre importanti iniziative avviate in questa direzione, anche fuoridall’ambito statunitense, mostrano come quest’ordine di esperienze vada incontro a esigenze concrete esia destinato a svilupparsi considerevolmente nei prossimi anni[12]; e sarebbe auspicabile che, in questaprospettiva, un’attenzione particolare fosse rivolta al patrimonio meno recente delle riviste storiche,erudite, letterarie, correntemente intese come minori, che più facilmente sfuggono alle principaliiniziative di indicizzazione ma che rappresentano per la ricerca storica un ambito di notevole interesse.

52. Non è questa la sede per offrire indicazioni sul tipo di strategia che sarebbe opportuno seguire perarrivare alla realizzazione di progetti che richiedono certamente un notevole investimento di lavoro, madai quali è anche possibile -considerando l’esempio di JSTOR- avere un ritorno economico interessante,che può consentire (ad un ente pubblico, per esempio) di consolidare, ampliare e potenziare il quadroprogettuale iniziale. Sta di fatto che, per uno studioso, poter accedere direttamente, tramite un terminaledella rete universitaria o tramite Internet, alla collezione degli articoli di un centinaio di rivisteumanistiche integralmente digitalizzate, come consente il progetto MUSE della Johns HopkinsUniversity[13]; e poter operare sull’intero corpus testuale con diverse modalità di interrogazione,rappresenta un’opportunità di fronte alla quale scetticismi e perplessità sono destinati a svanireimmediatamente.L’ utilizzazione in rete delle banche dati testuali pubblicate su CDRom, sulla base di contratti e modalità diabbonamento diversificate; e la possibilità di accedervi all’interno delle diverse sedi universitarie e dapostazioni autonome, costituiscono una linea operativa già ben avviate in moltissime istituzioniuniversitarie europee (oltre ad essere già solidamente consolidata negli Stati Uniti), sulla cui utilità non ci

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sono molte ragioni di dubitare.Più rari sono gli esempi di un’editoria elettronica orientata alle monografie e a quegli studi chetradizionalmente si traducono in libri. Anche su questo versante, tuttavia, alcune iniziative già avviate euna serie di progetti[14] mostrano che, nonostante le difficoltà e le incertezze normative chepermangono, una forte spinta all’evoluzione dell’editoria accademica in questa direzione esiste.Soprattutto l’incremento dei costi delle pubblicazioni tradizionali, insieme alla necessità, particolarmentepressante in sistemi accademici come quello statunitense, di pubblicare per poter coltivare aspirazioni distabilità professionale e di carriera, ha indotto anche autorevoli rappresentanti della cultura storicastatunitense a sostenere con vigore la strategia dell’editoria elettronica[15]. Penso che anche in altricontesti istituzionali e culturali la scelta di avviare programmi sistematici di editoria elettronica fruibile inrete, una volta affrontati e risolti quei problemi normativi che rischiano di costituire uno scoglio su cuisono destinati ad infrangersi progetti importanti ed energie brillanti, dovrebbe essere seguita condecisione.

53. Se pensiamo al fatto che una parte ingentissima dei finanziamenti per la ricerca in ambito umanisticoè obbligata a seguire il percorso che porta alla pubblicazione cartacea; e se pensiamo ad una dotazioneper la ricerca che spesso non è adeguata ad un suo soddisfacente sviluppo, possiamo facilmente coglieremolti dei vantaggi che potrebbero derivare da un’editoria accademica elettronica intesa come autenticosostitutivo dell’editoria cartacea. Molte risorse sarebbero in questo modo dirottate dal percorso editorialetradizionale -che l’editoria elettronica potrebbe sostituire con un contenimento rilevante dei costi-all’incremento di finanziamento per lo sviluppo concreto delle ricerche e per il sostegno di nuovegenerazioni di studiosi. Meno volumi cartacei, in altri termini, e più borse e assegni di ricerca, piùlaboratori e maggiori disponibilità finanziarie per lo svolgimento dei progetti; ma anche una maggiorepossibilità di divulgazione di lavori (tesi di laurea e di dottorato, per esempio) per i quali la pubblicazionecartacea risulta spesso difficilmente sostenibile finanziariamente, ma che non infrequentemente(soprattutto nella tradizione universitaria italiana) presentano aspetti di notevolmente interessanti etalora importanti (per la trascrizione di inediti, per esempio, o per l’illustrazione di fonti poco note) e chenon meritano pertanto di essere abbandonati negli armadi polverosi di istituti e dipartimenti, destinandoliall’oblio.Una collezione digitale di tesi non è un obiettivo impossibile (gli stessi candidati potrebbero esseresollecitati a trasmettere un loro testo elettronico oltre che uno stampato) e richiede solo una definizione diregole, di sistemi di sicurezza, e di tecniche di conservazione e di gestione, a fronte di vantaggiindiscutibili. Anche su questo versante sono già disponibili progetti ed esempi interessanti[16], masarebbe certamente importante -e probabilmente è indispensabile- che su questo obiettivo sisviluppassero a livello nazionale programmi solidi e coordinati, sia per l’avvio di una prassi di depositoelettronico di tesi e dissertazioni, sia per il recupero del più antico patrimonio documentario, spessodimenticato ma talvolta di non trascurabile interesse.

[1] Per un aggiornamento bibliografico sui problemi dell'editoria elettronica scientifica, vedi in particolare

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Bailey, C.W., Jr., 1996-2000. Un accurato repertorio di risorse è presente nello stesso sito curato daBailey, < http://info.lib.uh.edu/sepb/sepr.htm >. Vedi anche, tra le numerose riviste che si occupanodell'argomento JEP - The Journal of Electronic Publishing, < http://www.press.umich.edu/jep > e D-LibMagazine, < http://www.dlib.org/dlib/september00/09contents.html > collegata a D-Lib Forum, <http://www.dlib.org/ >.

[2] Vedi, per esempio, il servizio Books on demand della società Bell & Howell, <http://wwwlib.umi.com/bod >. Vedi anche Universal Publishers, < http://www.upublish.com/upb01a.htm> e DocuNetworks, < http://www.docunetworks.com/ >. Vedi, anche, con riferimento all'esperienza e aiprogetti delle edizioni Bibliopolis, Sakoun, 1999.

[3] Per un aggiornamento sui problemi relativi al copyright, vedi il sito dell' European Copyright UserPlatform, < http://www.eblida.org/ecup/ >. Vedi anche il repertorio di siti curato da AIB. Il mondo dellebiblioteche in rete. Copyright, < http://www.aib.it/aib/lis/lpi08.htm > e, ivi, De Robbio e Brancatisano.

[4] Vedi Liscia, 1998 [1 e 2].

[5] Vedi The Legal Deposit of Electronic Publications, 1997; Oppenheim, 1997; Bergamin, 1999. Per unquadro dei progetti in corso, vedi PADI, Preserving Acces to Digital Information, < http://www.nla.gov.au/padi/ >, le iniziative della British Library < http://www.bl.uk/diglib/dlp/overview.html >, e, per l'Italia, ilprogetto EDEN della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, < http://www.bncf.firenze.sbn.it/progetti/Eden/home.htm >, che ha l'obiettivo di "produrre una sezione apposita della Bibliografia NazionaleItaliana denominata «BNI-Documenti elettronici»". La legge italiana non include ancora le publicazionion-line nella cornice del deposito legale ( vedi, a questo proposito, < http://www.aib.it/aib/cen/dl3610.htm >); ciononostante un'iniziative recente, promossa dalla Firenze University Press <http://epress.unifi.it/ > e dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, definisce i termini di un accordoper il "deposito legale volontario delle pubblicazioni elettroniche edite dalla Firenze University Press" <http://epress.unifi.it/accordo.htm > e costituisce pertanto un significativo passo avanti rispetto ai terminidella legislazione vigente.

[6] Vedi in particolare Basic Columbia Guide of OnLine Style (CGOS), < http://www.columbia.edu/cu/cup/cgos/idx_basic.html > > e H-Net. A brief citation guide for internet sources in history and thehumanities, < http://www2.h-net.msu.edu/about/citation >. Per una lista di risorse utili vediIndispensable Writing Resources. A Complete Collection of Writing Essentials, <http://www.quintcareers.com/writing/writeref.html > e IFLANET, Citation Guides for ElectronicDocuments, < http://www.ifla.org/I/training/citation/citing.htm >. Vedi inoltre Ridi, 1995.

[7] Alla problema della definizione di standard di accesso all'informazione digitale è rivolta l'attenzionedella recente Open Archives Initiative, < http://www.openarchives.org/ >.

[8] Vedi per esempio il sito della InstaBook Corporation, < http://instabook-corporation.com/ >.

[9] Con il termine e-book si fa riferimento ad un particolare formato del documento elettronico checonsente la lettura, la scrittura (la possibilità per esempio di inserire appunti e annotazioni) e soprattuttola trasportabilità su dispositivi hardware leggeri e di piccolo formato. L'utilizzazione dei documenti offerti

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come e-books è possibile mediante software specifici, quali MS Reader (distribuito gratuitamente). Vedi inparticolare, su questa tematica, l' Open eBook Forum < http://www.openebook.com/ >, che ha definitole specifiche di codifica per il formato elettronico degli e-books , basate su HTML e XML, <http://www.openebook.com/specification.htm >; la definizione di questo formato come standard per glie-books è tuttora contesa, in particolare, dal formato PDF della Adobe. Per una valutazione attenta diquesta problematica vedi il capitolo "E-Book" ini Calvo, Ciotti, Roncaglia, Zela, 2001. Per un esempiointeressante, in ambito italiano, dell'evoluzione delle esperienze relative agli e-books vedi Evolutionbook< http://www.evolutionbook.com/ > . Nello stesso sito è presente un repertorio di indirizzi utili perseguire l'evoluzione degli e-books < http://www.evolutionbook.com/Links/Siti_ebook.htm>.

[10] Vedi Bailey, 1996-2000.

[11] Vedi JSTOR, Journal Storage, < http://www.jstor.org/ >.

[12] Vedi in particolare, sul versante europeo, Ingenta.com. The Global Research Gateway, <http://www.ingenta.com/ >, una delle più importanti iniziative di diffusione elettronica di letteraturaperiodica.

[13] Vedi Project MUSE, < http://muse.jhu.edu/muse.html >.

[14] Vedi The History E-Book Project, diretto dalla American Council for Learned Societies, <http://www.historyebook.org/ >. Tra le iniziative di edizione elettronica on-line di ricerche storicherecenti, relativamente ad un'ambito specifico di interesse, vedi il progetto LIBRO, The Library of IberianResources OnLine, < http://libro.uca.edu/ >.

[15] Vedi Darnton, 1999.

[16] Vedi in particolare il progetto NDLDT, Networked Digital Library of Theses and Dissertations, <http://www.ndltd.org/ >, ricco di informazioni e links utili su tesi e dissertazioni on-line, collegato allaETD, Electronic Thesis and Dissertation Initiative, < http://etd.vt.edu/ >; dal sito della NDLDT esso èpossibile accedere anche ai progetti universitari europei in questo ambito e ad altre iniziative editorialicollegate, quali Academic Dissertation Publishers,< http://www.dissertation.com/ > e DiplomarbeitenAgentur, < http://www.diplomica.com/welcome.html >. Molte istituzioni collegate al progetto NDLDThanno già aderito alla Open Archives Initiative. Vedi anche il Workshop on an international project ofelectronic dissemination of thesis and dissertations, (UNESCO, Paris 27- 28 September 1999), <http://firewall.unesco.org/webworld/etd/index.html > Per un quadro relativo alla situazione francese, edun panormana delle altre iniziative nazionali, vedi Lapeutrec, 1999; per la Gran Bretagna, vedi UniversityTheses On-line Group (UTOG) < http://www.cranfield.ac.uk/cils/library/utog/ >.

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Internet e il mestiere di storico.Riflessioni sulle incertezze di una mutazione

Rolando Minuti

R.Minuti, " Internet e il mestiere di storico. Riflessioni sulle incertezze di una mutazione ", Cromohs, 6 (2001):

1-75 < URL: http://www.cromohs.unifi.it/6_2001/rminuti.html >

Indice

II.2. Nuovi modelli di scrittura storica

54. Abbiamo richiamato in precedenza le titubanze che permangono nei confronti della pubblicazioneelettronica dei risultati della ricerca, con riferimento all’instabilità del documento digitale rispetto aldocumento cartaceo. Vi è tuttavia un altro versante di dubbi, particolarmente forti sul fronte dellatradizione storiografica, che riguarda non tanto la stabilità del documento elettronico quantol’ipertestualità che è propria della comunicazione sul web, e che investe le possibilità di sviluppo di unastoriografia digitale. Ciò che risulta importante, da questo punto di vista, non sono tanto gli aspetti tecnicie normativi che riguardano la sicurezza, la stabilità e la durata nel tempo di un documento, quanto i modie le forme della costruzione del lavoro storiografico, la scrittura, l’organizzazione dell’argomentazione e lostile; ed infine la dimensione non necessariamente chiusa, individuale e lineare del discorso storicotradizionalmente inteso, ma potenzialmente aperta, suscettibile di estensioni che possono uscire dalcontrollo diretto del singolo autore e cedere verso la dimensione del lavoro collettivo e progressivo, in cuil’individualità ed il ruolo dell’autore singolo possono smarrirsi. Sono aspetti tipici del problemadell’ipertestualità applicata alla comunicazione sul web, su cui un’ampia letteratura teorica è ormaidisponibile[1]. E sono aspetti che ancora una volta determinano perplessità, in quanto pongono in seriadiscussione le forme tradizionali della scrittura e della comunicazione del discorso storico, e rivelano lapossibilità di una dimensione complessiva della storiografia profondamente diversa dai caratteri che lesono stati propri lungo l’intero arco della cultura moderna.Il fatto che la maggior parte delle iniziative di editoria elettronica accademica, in ambito umanistico tendaa riprodurre la forma e la struttura tipica dei lavori destinati alla pubblicazione cartacea -nel rapporto tratesto e note, nelle citazioni, nei riferimenti bibliografici, nella presentazione di appendici e apparati- puòessere registrato come caratteristico di una fase di transizione e come espressione o di un tentativo dimediare un passaggio che può risultare troppo brusco, o anche come difficoltà di cogliere pienamente lepossibilità che la comunicazione telematica offre.

55. La stessa distinzione tra rivista, monografia, libro, consolidata nel contesto dell’edizione cartacea,rischia di risultare forzata se applicata meccanicamente alla pubblicazione in rete. Per rivista, ad esempio,

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intendiamo comunemente un contenitore periodico di elaborati coerente dal punto di vista tematico odisciplinare ed omogeneo dal punto di vista quantitativo, nel senso che generalmente una rivista includecontributi -ricerche, studi, rassegne o interventi critici- più brevi rispetto alla ricerca monografica di unlibro, tranne casi eccezionali. Con la rete, se i termini e le esigenze di coerenza contenutistica edisciplinare permangono -e dovrebbero anzi risultare rafforzati-, tutti gli altri vincoli, soprattutto dal puntodi vista della cadenza temporale di pubblicazione, delle dimensioni e dell’articolazione interna dei singolicontributi, possono non avere molto senso.La semplice datazione dei singoli contributi accolti in questo nuovo tipo di contenitore può sostituire laperiodicità vincolata alla pubblicazione di un certo numero di volumi per anno, e l’organizzazione internapuò strutturarsi secondo aree tematiche suscettibili di variazioni e di crescita diversificate. Aree didiscussione aperta, aree di dibattito specialistico legate a specifici contributi, aree di approfondimentotematico (con l’inte-grazione di testi e di documenti) sollecitate dalla particolare rilevanza di alcuniargomenti, sono aspetti che la natura stessa della pubblicazione elettronica sollecita e che possonoassumere dimensioni e spessore molto più liberi rispetto ai vincoli stabiliti dall’edizione cartacea;soprattutto, possono costituire ambiti permanenti di approfondimento e di integrazione, da parte deisingoli autori e di coloro che con essi vogliono collaborare o discutere. In altri termini, il termine rivista,applicata alla comunicazione telematica, non costituisce altro che un residuo lessicale, utile forse solo perstabilire un maggiore senso di familiarità con le consuetudini, radicate nella tradizione, dellapubblicazione, ma che sostanzialmente non si riferisce ad altro che ad un sito specialistico, la cui ricchezzaed il cui sviluppo dipenderanno dalla capacità di gestione degli organizzatori e dall’interesse mostrato peresso dalla comunità[2].Se d’altra parte la rivista tradizionalmente intesa si presentava come il luogo privilegiato dellapresentazione dei nuovi contributi della ricerca e delle discussioni ad essi relative, la rete può evidenziaree rendere molto più incisivo questo carattere, una volta liberatici dall’esigenza di conformità rispetto allatradizione cartacea.

56. Parallelamente, come una rivista è sollecitata dalla rete a trasformarsi in un sito di ricerca e didibattito -inclusivo di interventi brevi e di ricerche vastissime, per la cui distinzione è sufficiente, seritenuto necessario, distinguere aree specifiche all’interno del sito-, così gli autori sono fortementesollecitati a trasformarsi da scrittori di storia in autori di siti storici, pensando ai propri lavori comedestinati in primo luogo alla pubblicazione in rete; ciò che comporta strategie di elaborazione e dicomposizione del tutto diverse da quelle proprie dei lavori destinati alla pubblicazione cartacea. E’ unpassaggio che tutti coloro che abbiamo un’esperienza anche minimale con il web in relazione alle propriericerche, possono percepire agevolmente. La possibilità, ad esempio, di integrare il proprio testo condocumenti, apparati, riferimenti ad altre ricerche, attraverso la tecnica di link che è ormai resa di facilitàelementare da tutti i più correnti programmi di elaborazione di testo, si manifesta con evidenza; lapossibilità di introdurre estensioni multimediali integrate al documento testuale -immagini, filmati, branimusicali- determinano possibilità impraticabili o solo moderatamente utilizzabili (nel caso delle immagini)nell’ambito dell’editoria tradizionale, ed un’estensione forte della libertà di espressione dello storico. Unamassa di documentazione ingestibile dal punto di vista tipografico risulta in questo modo integrata, a

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livelli di lettura e di consultazione scanditi dall’autore del sito storico, ed è offerta alla conoscenza e all’usodi altri studiosi; e tutto questo, in virtù dei costi contenuti dell’edizione elettronica, apre possibilità dipubblicazione che la realtà editoriale tradizionale deve evidentemente sacrificare. E’ uno scenariocertamente suggestivo ed affascinante, che già alcuni storici contemporanei, com’è il caso di RobertDarnton, hanno individuato con chiarezza e proposto alla comunità degli storici accademici[3], ma che,innegabilmente, è anche produttivo di prospettive e di scenari che suscitano inquietudine.

L’equilibrio e l’ordine proprio della scrittura di un saggio storico -gerarchicamente strutturato intorno adun discorso e ad un’argomentazione che esprimono la posizione dell’autore, e corroborato da elementi diverifica che, soprattutto nelle note e talvolta nelle appendici e negli apparati, danno prova del suospessore scientifico- tendono sicuramente a disarticolarsi. Intorno all’evoluzione della funzione delle note,per esempio, come ha ben illustrato A.Grafton[4], si è andato costruendo un aspetto importante dellostile storiografico nell’età moderna, e del carattere peculiare della sua scientificità; un aspetto segnatoanche da un equilibrio, nella pagina e nel testo, che scandisce diversi gradi di lettura gestiti e regolatidalla volontà dell’autore e dalle sue scelte. Con l’ipertesto, la fine del vincolo spaziale determinato dallapagina e dal volume, e la stessa libertà di sviluppare sostanzialmente senza limiti precostituiti ognielemento secondario o accessorio dell’argomentazione, ogni aspetto relativo all’illustrazione delle provedocumentarie, allo stato della ricerca in corso, all’indicazione di tracce di indagine subordinate rispettoall’argomento principale -e per questo tradizionalmente ricondotte a cenni e brevi riferimenti, e allospazio più ridotto della nota- tende potenzialmente a rompere questo equilibrio. Alla gerarchia tende asubentrare un complesso parallelismo di discorsi, il cui sviluppo, data la possibilità di modifica eaggiornamento consentita dalla rete, può non avere termine e non avere limiti; quei limiti che inprecedenza erano dettati anche dai caratteri propri della pagina e del libro stampati e dallo stile edall’ordine argomentativo sviluppatisi intorno ad essi. Le ricerche possono proporsi infine come cantiere dilavoro e restare eternamente aperte, o produrre una stratificazione molto densa di nuove versioni,integrazioni e sviluppi per le quali la chiusura e la conclusione possono eternamente restare sullo sfondo.

57. La transizione dalla scrittura testuale, ordinata e gerarchizzata dal punto di vista formale e logico, allascrittura ipertestuale, come è stato ampiamente illustrato da G. Landow[5] ed altri teorici dellaletteratura che hanno riflettuto sul problema dell’ipertestualità, non propone una semplice amplificazionedi possibilità chiuse o difficilmente attuabili con la scrittura tradizionale (dal punto di vista per esempiodell’integrazione documentaria e della modificabilità), ma una riconfigurazione radicale del ruolodell’autore e del rapporto di autorità che si pone tra autore e lettore, il quale, in virtù delladestrutturazione dell’edificio testuale e del movimento interno attraverso i link, costruiscesistematicamente il proprio testo e partecipa in maniera diretta alla sua definizione.La convergenza stretta tra le possibilità di costruzione del documento elettronico attraverso l’uso dellenuove tecniche di scrittura e di comunicazione in rete, e le teorie linguistiche e letterariepost-strutturaliste è stata più volte sottolineata; ciò può indurre a ritenere che anche dal punto di vistadell’evoluzione della storiografia questo aspetto rappresenti una sorta di esito inevitabile, el’affermazione, sancita dalla diffusione delle nuove tecnologie della comunicazione, della fine dell’autore edell’autorità con il trionfo di una frammentazione, ricomponibile all’infinito, in base alla quale non si

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accede più ad un documento, ma semplicemente si entra, attraverso un porta, un link, in un docuverso,plastico ed in perenne trasformazione, dove sovrapposizione, contaminazione e intreccio stabiliscono unalogica in cui l’autore non trova più una collocazione definita.

Inevitabilmente, di fronte a questo orizzonte di possibilità, le posizioni tendono fortemente ad irrigidirsi, amanifestare forti imbarazzi, e a non rendere agevole il processo di transizione di pratiche e forme diorganizzazione e comunicazione del discorso storico, proprie della comunità degli storicicomplessivamente intesa, verso una nuova normalità condivisa. L’impressione, non del tutto fondatacome vedremo, che l’uso della rete come mezzo fondamentale, sostitutivo della carta, per la conduzionedella ricerca e la pubblicazione dei suoi risultati, determini l’adesione necessaria ai postulati delle teoriepost-strutturaliste e della cultura che genericamente è identificata come post-modernista, è un esito cheper molti storici risulta disturbante e che determina un arretramento complessivo di fronte alla rete e allenuove tecnologie; e, ancora una volta, scetticismo.

58. Sul versante storiografico -o, più precisamente, sul piano del dibattito relativo a teorie e metodologiedella storia- la destabilizzazione post-modernista dell’autorità dello storico, che è andata sviluppandosicon un non casuale parallelismo con lo sviluppo delle reti e della comunicazione sul web, ha fortementeamplificato la riduzione della storiografia alla dimensione linguistica e retorica, con un sostanzialeridimensionamento dei suoi parametri di scientificità, spesso sbrigativamente ricondotti ad una tradizionepositivista assunta come sinonimo di una nozione di cultura storica moderna genericamente intesa. Dovela possibilità di giungere a spiegazioni causali del divenire storico si rivela sistematicamente illusoria,dove la realtà risulta un obiettivo sostanzialmente inattingibile, il carattere di costruzione artificialeproprio della rappresentazione storica, ed il suo ancoramento a strumenti lessicali, linguistici e retorici-variabili e mutevoli nel tempo- ne risulta inevitabilmente esaltato[6].E’ un dibattito complesso, che non intendiamo affatto banalizzare e che merita certamente di essereseguito con attenzione soprattutto per le ricadute che un tale orientamento, diffuso nella cultura collettivaattraverso varie forme di mediazione, può avere sulla consapevolezza dell’importanza di una coscienzacritica della realtà, passata e presente, che rischia di risultarne gravemente alterata. Anche se lo sviluppodi questi problemi esce dai limiti di questo intervento e non è possibile seguirlo in modo approfondito,credo che quanto ha scritto L. Stone[7] a proposito del rapporto tra post-modernismo e storiografia,possa essere assunto come un punto di riferimento di grande equilibrio e di grande sensatezza empirica.Come, alla fine degli anni ‘70, Stone era intervenuto, con un saggio divenuto celebre, sulle derivepositivistiche legate all’uso dei computer nella storia e sulla quantificazione in storia, riproponendol’importanza della dimensione narrativa[8]; così, al principio degli anni ‘90, si è trovato ad arginare lariduzione della storiografia al solo racconto, alla sola dimensione narrativa. Soprattutto in un breve saggiodel ‘92, insieme al riconoscimento dell’apporto che il linguistic turn può dare per l’affinamento di tecnichee di problemi propri della scrittura storica, Stone ha inteso ribadire, con chiarezza non disgiunta da unapunta di ironia, alcuni termini essenziali di un mestiere e di una pratica che è da sempre problematica eche non è riconducibile ai termini di un rude positivismo (come deriva da molte ricostruzionipost-moderniste); ma che ciononostante assume come soglia discriminante il fatto che tra realtà efinzione esiste una differenza sostanziale, e che gli scopi e i problemi della storiografia sono quelli di

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mantenerla chiara, con tutti i limiti e con tutte le difficoltà proprie di un sapere per il quale non è possibilefar riferimento a fenomeni ripetibili[9].

59. La corrosione dell’autorità e della linearità del testo, sviluppata sul piano teorico dalle diverse correntipost-strutturaliste, ha pertanto trovato nella teoria e nella pratica degli ipertesti un’espressione diretta,esaltando i termini della frammentazione, dell’incontrollabilità di un ordine argomentativo volutodall’autore, della funzione del lettore come autore di propri percorsi all’interno di una struttura aperta edin grado come tale di assumere un’ autorità forte. Tra il linguistic turn derivante dall’approccio analitico diteorici quali White o Ricoeur[10], che tende a ridurre a livello ideologico o retorico l’unità, il senso e lacoerenza della narrazione storica; e la natura degli ipertesti, che offre la possibilità concreta di realizzarepercorsi non lineari e di ridurre il discorso storico ad un contesto frammentario e liberamentericomponibile, si stabilisce dunque un nesso forte -che per la maggior parte degli storici di mestiere, legatiin vario modo a postulati di scientificità, verificabilità e autorità che definiscono la ragion d’essere del lorosapere, del loro lavoro e della loro funzione civile di intellettuali- costituisce certamente una realtàinquietante.Sono allora opportune alcune precisazioni che possono contribuire a leggere questo scenariodell’evoluzione del rapporto tra storiografia e reti in termini meno apocalittici di quanto potrebbe a primavista apparire; e a sollecitare quelle soluzioni empiriche e tecniche in grado di ricondurlo entro unadimensione di responsabilità e di controllabilità che non è automaticamente esclusa dalla natura dellarete.

Abbiamo sottolineato più volte, in questi cenni sui nuovi scenari della scrittura storica connessiall’ipertestualità e alla rete, la dimensione della possibilità, perché, è bene rimarcarlo, tutto quantorientra nell’ampio contesto delle potenzialità non corrisponde affatto o immediatamente ad una necessitàimposta dalla rete.Nella rete lo abbiamo detto, posso essere riprodotte, come nella maggior parte dei casi avviene, forme diorganizzazione del discorso storico che sono identiche a quelle proprie della tradizione tipografica; lamultimedialità e la presentazione di vasti apparati documentari possono non alterare minimamente lastruttura del discorso, ed anche il rapporto tra testo e note, che l’autore intende mantenere. Ed inconcreto, la parte assolutamente più rilevante dei contributi di ricerca storica presenti in rete che possonoessere considerati qualitativamente significativi non fa altro che riprodurre in forma elettronica testi chehanno un carattere ipertestuale molto debole e che possono essere direttamente stampati riproducendocopie identiche ad una versione tipografica.Il carattere chiuso e internamente gerarchizzato del discorso storico può rimanere tale, ed avere cometale una stabilità e una permanenza nel tempo mediate dalla strumentazione tecnologica.

60. Il problema non è dunque dato dalla possibilità di conservare, anche nel passaggio alla rete, forma eordine proprie di un testo e di un’argomentazione lineare tradizionalmente proprie della scrittura storica;ma di capire se e come l’ipertestualità sia gestibile in modo da non produrre frammentazione edisintegrazione dell’autore e del testo: che alcuni intendono come avvio concreto di un processoaffascinante di evoluzione verso l’autore collettivo; altri, non a torto, come rischio di alterazione di queiconnotati di verificabilità e di aderenza ad una base documentaria gestita dalla responsabilità e della

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competenza dello storico, che costituiscono il fondamento e la ragione del suo mestiere. Il problema è dicapire, in altri termini, se, rinunciando alla semplice riproduzione elettronica dei modelli formalitipografici, che è sempre aperta ma che non consente di sfruttare adeguatamente le potenzialitàconsentite da un nuovo mezzo -per il quale i termini di pagina, libro, volume, rivista assumono un valoreinevitabilmente anacronistico-, sia possibile mantenere l’ordine e la coerenza che consentono di nonannegare nel docuverso, di salvare individualità e autorità e di produrre forme di lavoro collettivo cherisultino organizzate e strutturate. La domanda, e la risposta possibile, possono risultare ovvie per chiabbia una qualche esperienza di scrittura e di organizzazione di siti, ma possono non risultare tali permolti studiosi che si avvicinano con imbarazzo e perplessità alla realtà della rete.

Un primo fondamentale elemento che occorre richiamare è che la scelta di costruire un ipertesto noncostituisce affatto, di per sé, l’abbandono al dominio della casualità e l’attribuzione ad ogni utilizzatoredella libertà di operare una costruzione radicalmente libera di propri percorsi e di propri testi. Unipertesto richiede al contrario una progettualità ed una regia molto più forti, e più complesse, rispettoall’organizzazione di un discorso lineare, di un libro; che si traducono in possibilità di percorsi che risultanomolteplici ma preordinate da parte di chi organizza la strategia di consultazione dell’ipertesto e cheescludono, a meno che non sia coscientemente voluto dall’autore, la perdita della direzione e del senso,abbandonate alla libertà dell’utilizzatore. Non è affatto vero che da un punto qualsiasi di un CdRom o di unsito, per esempio, si possa arrivare a ricomporre in totale libertà ed immediatezza il proprio percorso dilettura; da questo punto di vista l’operazione di sfogliare le pagine di un libro stampato offre addiritturamaggiore rapidità e libertà di ricomposizione di propri percorsi testuali, secondo un procedimento che lacritica post-strutturalista ha più volte evidenziato[11] rispetto ad un CdRom, la cui consultazione èvincolata a mappe, collegamenti e indici che costituiscono la parte rigida della sua architettura.

61. Tanto nella costruzione di un CdRom quanto, a maggior ragione, nell’organizzazione di un sito web, lastrategia e la logica nell’ordinamento e nell’accesso alle varie sezioni, nei criteri di consultazione e diinterrogazione, nei legami interni ed esterni costituiscono un aspetto di grande rilevanza, in cui siesprimono l’ordine e la coerenza pensate dall’autore/regista. Questo certamente richiede unaconsapevolezza diretta da parte di un autore, che non possono essere immediatamente delegateall’informatico nella stessa misura in cui si affidava il manoscritto o il dattiloscritto al tipografo; richiedeun’estensione di quell’alfabetizzazione informatica che, già consolidata con l’uso dei word processor, dovràestendersi anche ai software di costruzione e gestione degli ipertesti destinati alla rete, perché, senza perquesto divenire informatici, si capisca se e come ciò che si intende costruire può essere realizzato informa di ipertesto. L’evoluzione rapida del software e lo sviluppo di procedure sempre più user friendlyrenderà certamente questo passaggio sempre più agevole, com’è stato in passato per i word processor oper i database, ma è bene aver chiaro che esso, nel processo di evoluzione dallo storico autore di testiallo storico autore di siti, non è di trascurabile rilevanza se si vuole che la consapevolezza e l’autoritàrimangano come elementi qualificanti della comunicazione in rete anche in ambito umanistico.

L’elemento fondamentale, ed il punto delicato nell’organizzazione di un documento destinato alla rete o diun complesso di documenti (testo di base, commenti, note, materiali vari, bibliografia etc.) organizzati inun sito, è dato dalla natura del link. Come il link rappresenta l’anima dell’ipertestualità del web, così nei

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criteri di costruzione dei link all’interno di un documento ipertestuale si condensano la maggior parte degliaspetti problematici relativi al suo ordine e alla sua coerenza. Un link può essere semplicemente unrimando interno ad una nota, o ad una parte del testo, o ad un altro documento presente nello stessosito; ciò esprime quella che possiamo definire un’ ipertestualità debole, che non determina particolariproblemi di strategia e di controllo. I problemi nascono invece nel momento in cui si intende attuareun’ipertestualità forte, e rinviare cioè ad altri documenti, o parti di documenti, o siti, presenti sul web. E’a questo punto, e solo a questo punto, mi pare, che i termini di autorità, individualità, responsabilitàvengono messi in discussione.Con il rinvio, all’interno di un mio testo, ad un altro testo elettronico presente altrove, realizzato e gestitoda altri, e sul quale non ho responsabilità né controllo, attuo concretamente quella disarticolazionedell’autorità a cui prima si accennava. Pensiamo ad esempio al caso di una citazione, in nota o nel testostesso di uno documento, di un passo tratto da un documento elettronico presente altrove. Nel momentoin cui decido di non trascrivere il passo ma di rinviare ad esso tramite un puntatore, ho costruito unoggetto che ha due componenti, l’una delle quali non è più inglobata e integrata nel mio testo, macontinua ad avere una vita propria; posso anche pensare che nel corso del tempo si trasformi (che aquello stesso puntatore, che identifica un luogo nel web, corrisponda un altro oggetto), che svanisca, chenon corrisponda più in altri termini al contenuto che ho inteso includere nel mio testo, il qualeinevitabilmente perde di senso.

62. E’ una possibilità paradossale e “apocalittica” solo fino ad un certo punto. Già adesso molti riferimentia documenti sul web, presenti in sitografie o nel corpo stesso di documenti, presentano la necessità diaggiornamenti e revisioni continue per non incorrere nella drammatica schermata “document not found” enella necessità da parte del lettore di affannose ricerche di documenti che si sono persi nella rete, pervarie ragioni. E’ certamente un problema per il quale, nello studio in corso sugli standard del linguaggiodel web, possono essere intraviste soluzioni; con il passaggio probabile dall’HTML all’XML come linguaggiodi comunicazione della rete, la possibilità di seguire gli URL nei loro spostamenti attraverso stili dimarcatura di nuova concezione sarà probabilmente possibil[12]; ma al momento in cui queste paginesono scritte si tratta di sperimentazioni e ricerche che ancora non si sono concretizzate nella correnterealtà del web, sempre solidamente ancorato all’HTML e ai suoi aggiornamenti. E, d’altra parte, anche lapossibilità di seguire i documenti nei loro percorsi non rappresenta una sicurezza sulla loro stabilità edinalterabilità, che sono legate alla natura del documento elettronico, alla sua diversità rispetto alla fissitàriproducibile propria dell’universo tipografico, e per la quale valgono le considerazioni e le possibilità disoluzione in precedenza indicate[13].Quanto maggiore è pertanto il grado di ipertestualità forte propria di un documento destinato allacomunicazione in rete, tanto minore, inevitabilmente, è il suo grado di controllabilità e di mantenimentodell’autorità e dell’individualità di un testo. Finché si organizzano e si strutturano siti anche complessimediante un reticolo di rimandi interni, e si stabilisce al loro interno un’ipertestualità che esprime laprogettualità ed il criterio d’ordine dell’autore o degli autori, non si aprono problemi particolari di controlloal di là di un diverso modo di costruire l’ordine dell’argomentazione e di attuare l’integrazione tra discorsoe strumenti di verificabilità; ma nel caso in cui si intenda costruire un ipertesto utilizzando documenti e

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banche dati variamente dislocate nel web, i problemi che abbiamo ricordato sono destinati a manifestarsivistosamente.

63. Essere consapevoli di questo fatto -oltre ad attendere, dall’evoluzione della tecnologia informatica edall’adozione di norme giuridiche sul deposito dei documenti elettronici, soluzioni convincenti e stabili- nonsignifica dover arretrare di fronte alle possibilità offerte dall’ipertestualità e riprodurre meccanicamente eun po’ ottusamente le forme della pubblicazione cartacea, ma semplicemente essere indotti alla cautela.Già quella che abbiamo definito ipertestualità debole apre in maniera molto ampia l’ambito dellepossibilità praticabili senza particolari problemi in ambito storiografico; e già essa consente lasperimentazione di forme di argomentazione e di strutturazione del discorso (nel rapporto tra testo, note,apparati documentari, per esempio) che determinano un stile ed un ordine diversi rispetto alle formetradizionali di storiografia. Le possibilità e gli arricchimenti possono essere numerosi, e variamenti intesidai diversi contesti disciplinari umanistici, ed il fatto che siano ancora limitatamente praticati e che sianoancora lontani dal costituire una nuova normalità della comunicazione può certamente derivare dal fattoche ad essere percepiti immediatamente siano solo i rischi di quell’ipertestualità forte cui abbiamo fattocenno, che invece può essere contenuta e controllata, rinviando una sua più sistematica applicazione almomento in cui i quadri di riferimento, tecnologici e normativi, della comunicazione scientifica sul webappaiano più certi. La distinzione tra aree dell’ipertesto vincolate ad una rete di relazioni interne ed areeaperte all’esterno, alla dimensione collaborativa e interattiva di lettori e commentatori (mediante tribunedi discussione collegate o connessioni a mailing-list o newsgroup esterni), alla modificabilità e allosviluppo dei percorsi di lettura e di consultazione non più ricondotti ad una responsabilità e ad unadecisione, fa parte della tecnica e della logica di costruzione di un ipertesto, che spettano all’autore e nonsono inevitabilmente perduti nel momento in cui intende passare da un testo destinato alla pubblicazionecartacea ad un ipertesto destinato alla rete.

64. Lo stesso vale per la possibilità di coordinamento e di organizzazione di un lavoro di équipe intorno adoggetti di ricerca traducibili in formato ipertestuale[14]. La specializzazione della storiografiacontemporanea e la moltiplicazione dei contributi su aspetti e temi che fino a non molti anni facostituivano ambiti estremamente specialistici di attenzione, è un fatto noto, che determina non soloproblemi di controllo seri relativi a quello che una volta era definito “lo stato della questione”,all’evoluzione della ricerca e alla bibliografia, ma anche una nuova e più urgente necessità dicoordinamento e di informazione. La dilatazione del discorso storico in ambito accademico e le difficoltà dicontrollo che ne derivano hanno alimentato fortemente l’accentuazione dei termini di indeterminatezza edi frammentazione che costituiscono uno dei punti rilevanti dell’approccio post-modernista allastoriografia. Da questo punto di vista la rete può apparire, con la facilità di pubblicazione che consente,niente più che la manifestazione clamorosa di un’incontrollabilità del discorso, anche in ambitostoriografico, che si presenta come inevitabile e che rende concrete le ipotesi e le teorie variamentecollegate all’approccio post-modernista, inducendo gli storici più legati alla tradizione del mestiere allarassegnazione, al ritiro in una sorta di riserva indiana fatta di antiche pratiche e linguaggi collaudati, esostanzialmente alla chiusura. La stessa maggiore facilità dell’accesso all’informazione, unita alle tecniche

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di composizione dei testi propri dei word processor o degli editor per i testi destinati al web, è spessoevidenziato, paradossalmente, come indice di una dimensione in cui la produzione testuale si riduce aniente più che ad un processo, ancorché evoluto, di cut and paste, di assemblaggio rapido di elementi suiquali la possibilità di verifica diviene impraticabile, e, in ultima analisi, neppure richiesta; come se alsuperamento degli ostacoli tecnici nella comunicazione e nella scrittura a cui le nuove tecnologie hannocontribuito, ed alla stessa maggiore libertà ed efficacia nell’organizzazione e nello svolgimento del lavoroda esse consentite, fossero imputabili le responsabilità di una cattiva qualità e di un basso livello cheproprio la costrizione ai tempi lunghi, alle stesure ripetute, alle difficoltà di accesso ai materiali avrebberoscongiurato. E’ una contestazione che anche all’inizio della diffusione di fotocopie e microfilm fumanifestata e che ora è ripresa con vigore a proposito della comunicazione elettronica.

65. In realtà tutto questo non costituisce affatto un esito inevitabile, né imputabile alle tecniche dicostruzione e di comunicazione dei risultati della ricerca consentite dagli strumenti elettronici e dalla rete.Rispetto alla sovrabbondanza reale della letteratura storiografica contemporanea la rete offre al contrariostrumenti di controllo e di verifica che, se adeguatamente utilizzati, si rivelano assai più efficaci -loabbiamo accennato a proposito di bibliografie e cataloghi- rispetto agli strumenti tradizionali; strumentiche consentono di rispondere all’esigenza di distinguere ciò che è qualitativamente significativo per laricerca da ciò che è ripetitivo o ridondante. Che non sia più possibile, ormai, distinguere tra questi dueordini di valori, e che la rilevanza del discorso storiografico in ambito contemporaneo sia riducibile ailivelli della persuasione, della diffusione, della retorica letteraria, non è affatto confermato o accentuatodalla natura della rete.Certamente i problemi della specializzazione della ricerca e della dilatazione della letteratura storiograficapermarranno; non solo, ed è un fatto noto, è pressoché impossibile per ogni storico contemporaneo,anche per i maggiori, spaziare dai problemi relativi al mondo antico alla contemporaneità con l’ambizionedi fornire contributi di ricerca e di riflessione originali -come poteva avvenire ancora intorno alla metà delsecolo scorso-, ma anche nell’ambito di periodizzazioni più circoscritte la delimitazione degli ambiti diricerca si rivela ormai inevitabile. Ma anche in questa dimensione necessariamente più specialisticarispetto al passato, le possibilità di valutazione e di controllo non risultano affatto sfumate, ma alcontrario troveranno nella rete importanti, forse indispensabili, possibilità di potenziamento.La rete si rivela da questo punto di vista esser proprio la dimensione che consente di superare ildisorientamento di fronte all’apparente incontrollabilità, e di ricomporre -in uno scenario necessariamentericonfigurato- i termini di una coerenza del discorso storico che non è altro, in ultima analisi, cheapproccio critico, basato su materiali identificabili e verificabili, alla realtà. Che la realtà sia, in terminiassoluti, inattingibile; e che la verità dello storico sia sempre una verità parziale e discutibile, è un fattoinnegabile, ed è quanto costituisce la problematicità ed il fascino del mestiere; ma che tale problematicitànon determini necessariamente un esito scettico, e che la rete non lo favorisca inevitabilmente, mi pareun dato altrettanto chiaro.

[1] Un riferimento "classico", a questo proposito, è Landow, 1997. Per un panorama bibliografico

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sull'argomento, vedi Hypertext Resources, < http://www.eastgate.com/Hypertext.html >, in particolareHypertext Resources in Print, < http://www.eastgate.com/hypertext/Sources.html >.

[2] Vedi, a proposito di questo processo di transizione, l'esempio particolarmente interessante di Retimedievali, < http://www.retimedievali.it/ >.

[3] Robert Darnton ha offerto un esempio interessante di un nuovo modo di scrivere storia con laversione ipertestuale e multimediale del saggio "An Early Information Society: News and the Media inEighteenth-Century Paris"; vedi Darnton, 2000. Per seguire gli sviluppi delle applicazioni multimediali allastoria, vedi The Journal for MultiMedia history, < http://www.albany.edu/jmmh/ >.

[4] Vedi Grafton, 1997.

[5] Vedi Landow, 1997.

[6] Per una rassegna dei diversi contributi al dibattito, vedi Jenkins, 1997.

[7] Vedi Stone, 1991 e 1992.

[8] Vedi Stone, 1979.

[9] "My only objection is when they declare not that truth is unknowable, but that there is no reality outthere which is anything but a subjective creation of the historian; in other words that it is language thatcreates meaning which in turn creates our image of the real. This destroys the difference between factand fiction", etc. (Stone, 1992, p.194). Vedi anche, a questo proposito, Zagorin, 1990 e 1999. La lineapost-modernista è sostenuta con particolare vigore da F.R.Ankersmit (vedi Ankersmit, 1989, 1990 eAnkersmit et Kellner, 1995). I documenti principali del dibattito sono raccolti in Jenkins, 1997.

[10] Vedi Ricoeur, 1983-85; White, 1973 e 1986.

[11] Vedi Barthes, 1970.

[12] Per gli sviluppi di XML vedi < http://www.w3.org/XML >. Sulla base di questo linguaggio vannodefinendosi ulteriori specifiche; in particolare, per quanto riguarda lo sviluppo di un nuovo standardrelativo ai links ipertestuali, ossia l' Extensible Linking Language (XLL), e le due parti fondamentali di cuisi compone (Xlink e Xpointer), vedi < http://www.w3.org./TR/xlink > e < http://www.w3.org/TR/WD-xptr >.

[13] Vedi I.3.

[14] Vedi, a questo proposito, l'interessante progetto HyperNietzsche, in D'Iorio, 2000.

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Internet e il mestiere di storico.Riflessioni sulle incertezze di una mutazione

Rolando Minuti

R.Minuti, " Internet e il mestiere di storico. Riflessioni sulle incertezze di una mutazione ", Cromohs, 6 (2001):

1-75 < URL: http://www.cromohs.unifi.it/6_2001/rminuti.html >

Indice

II.3 Comunità virtuali e insegnamento della storia

66. Intorno al tema dell’uso criticamente responsabile della rete vengono dunque ad addensarsi problemiche, a partire dalle forme della pubblicazione e dai nuovi scenari della scrittura storica e della suavalutazione, si estendono immediatamente all’identificazione della comunità che regola la produzionestoriografica, gli orientamenti della ricerca e l’insegnamento delle discipline storiche. Per tradizione tuttoquesto spetta fondamentalmente alle istituzioni universitarie; e le strutture accademiche sonoevidentemente le prime, con vario ritmo e diversi gradi di impegno nei diversi contesti culturali (ilprimato statunitense anche da questo punto di vista è innegabile), ad essere coinvolte nel processocomplesso di adeguamento ai nuovi scenari determinati da Internet; è in ambito universitario che,sistematicamente, le principali iniziative, sperimentazioni, attuazioni di progetti avvengono.Ma le forme del rapporto tra realtà accademica e nuovi scenari della comunicazione risultano meno linearie naturali di quanto potrebbe a prima vista apparire, e non solo dal punto di vista, sui cui abbiamo postol’accento, delle difficoltà ad accettare le nuove dimensioni del rapporto col documento, dellapubblicazione, della scrittura storica. Ciò che risulta particolarmente evidente nella diffusione dell’uso diInternet anche in ambito storiografico è infatti l’articolazione, molto più forte rispetto agli strumentitradizionali, della dimensione partecipativa, dello scambio di esperienze e di informazioni, e dellacollaborazione di comunità di studiosi a oggetti di ricerca e temi di discussione condivisi. Al di là dellenuove forme di pubblicazione dei risultati della ricerca che la rete rende possibili, e sulle quali ci siamosoffermati, la rete consente forme diverse e molto efficaci di scambio e coordinamento del lavoro, chepossono consolidarsi come nuove comunità, parallele, integrate, ma non necessariamente interne osubordinate rispetto ai contesti di appartenenza propri della realtà accademica consolidata[1].

67. Lo sviluppo delle mailing list[2] costituisce da questo punto di vista un fenomeno particolarmenteinteressante, e l’indice di un processo di evoluzione delle nozioni stesse di comunità scientifica ed diappartenenza disciplinare che meritano di essere colti.A differenza della libertà cumulativa che caratterizza la crescita delle informazioni disponibili suinewsgroup e che rende maggiori, al di là dell’efficacia che essi possono avere per ambiti specifici di

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interesse, il disorientamento e l’eterogeneità qualitativa, le mailing list consentono una regìa e unadisciplina che possono essere intese come prototipo di una comunità di interessi in grado di evolversi datribuna di scambio di informazioni a équipe di lavoro, suscettibile (in relazione a finanziamenti, supportiorganizzativi pubblici o privati, etc.) di produrre programmi e risultati che tradizionalmente sono propri, odovrebbero essere propri, di istituti e dipartimenti universitari; e la diffusione dell’uso della postaelettronica in ambito accademico umanistico, che è avvenuta in termini più rapidi e meno problematicirispetto all’accettazione delle nuove forme di pubblicazione elettronica in rete, può far ritenere possibilequesta evoluzione.Ma una diversa forma di comunità di interessi di studio e di ricerca (storica, nel caso specifico),configurata sulla base dell’uso delle risorse telematiche, a forte dilatazione geografica ma anche moltoomogenea dal punto di vista degli oggetti e degli obiettivi, determina inevitabilmente anche un diversoordine di responsabilità interne, una distribuzione di ruoli, nonché criteri di riconoscimento e divalutazione del lavoro dei singoli componenti, significativamente diversi rispetto ai meccanismi e alleliturgie che caratterizzano, un po’ dovunque, la realtà accademica tradizionale. Ed è egualmente chiaroche un’evoluzione seria in questo senso, che stabilisca una consapevole continuità tra linee operativeconsolidate in ambito accademico, logiche e pratiche di appartenenza tipiche dei diversi contestidisciplinari, e la nuova dimensione reticolare ed internazionale propria del web, rende necessaria unaforte assunzione di responsabilità istituzionale e l’avvio di sperimentazioni verso quelli che potrannodivenire centri, dipartimenti e istituti virtuali, se si vuole evitare un possibile consolidamento di sfereparallele, e far sì che questo processo produca i risultati complessivamente più efficaci[3].

68. E’ il contesto relazionale proprio del mondo accademico che, in altri termini, risulta suscettibile ditrasformazione -al di là del rapporto che può stabilirsi tra discipline umanistiche, singolarmente ocomplessivamente intese, ed informatica- ad essere ormai entrato nel quadro della programmazionedelle attività didattiche universitarie con riferimento, nel caso italiano, al quadro normativo della recenteriforma universitaria[4]. Da questo punto di vista, la nozione di R-technologies (tecnologie relazionali),coniata da teorici della new-economy[5] per identificare quel complesso di tecnologie informatiche etelematiche che consentono di controllare e gestire comunità di interessi dal punto di vista economico-prevedendo le modalità più efficaci per il soddisfacimento dei bisogni tipici di una comunità identificatasulla base di interessi e aspettative specifiche- ci sembra ricca di implicazioni interessanti anche perquanto riguarda la vita delle comunità scientifico-accademiche. Anche se è legittimo interrogarsi suglieffetti potenzialmente negativi dell’uso delle “tecnologie relazionali” nel quadro socio-economico checaratterizza l’“era dell’accesso” -dove, come ha illustrato J. Rifkin[6], l’intera esperienza di vita di unindividuo è suscettibile di essere trasformata in bene commerciabile-, si può tuttavia ritenere che unagestione delle tecnologie relazionali -orientata verso obiettivi che non siano la parcellizzazione economicadelle esperienze di vita ai fini di un loro sfruttamento economico- sia possibile e possa avere esiti positivi,dal punto di vista, per esempio, della costituzione di nuovi vincoli di appartenenza, della valorizzazione diesperienze culturali condivise, del superamento delle emarginazioni e della conservazione della diversitàculturale, in generale di una più diffusa consapevolezza civile.Ancora una volta, proprio sull’uso responsabile delle tecnologie, che investe istituzioni e soggetti

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individuali nella realtà della comunicazione in rete, occorre porre fortemente l’accento, più chesull’inevitabilità di un percorso regolato in maniera automatica da un’evoluzione tecnica in grado ditrascinare valori e principi, regole e idee, e rispetto alla quale le uniche vie possibili sono la resistenza o larinuncia. Su questa sfida, dunque, anche la comunità che si riconosce nel quadro generale degli studiumanistici, di cui gli storici costituiscono una parte non minoritaria, è sollecitata a manifestare il proprioruolo e la propria presenza attiva.

69. A partire dalla logica che sta alla base dell’esperienza delle mailing-list può esser colto in altri terminil’indice di un nuovo possibile orientamento organizzativo della comunicazione scientifica (e della didattica,conseguentemente); ed è intorno a questo diverso modello che l’intera struttura accademica tradizionaleè chiamata a confrontarsi e a riconfigurarsi, in maniera più incisiva di quanto non sia dato verificareattualmente. Certamente la gestione ed il controllo informatico dei programmi di ricerca costituiscono unpasso avanti significativo in questa direzione, come strumento di verifica degli interessi, dellaproduttività, della complementarietà o della possibile sovrapposizione dei progetti, tradizionalmente fontedi diseconomie e di incerto equilibrio tra finanziamento e risultati concreti; è un inizio, certamentesignificativo anche perché ormai consolidato, di un processo di piena utilizzazione della rete comecontesto normale anche nella gestione dell’attività di ricerca umanistica.I problemi che caratterizzano la vita e l’evoluzione delle mailing-list, anche relativamente ai circuiti piùsolidi e affermati come H-NET[7], mostrano bene come non sia facile tradurre immediatamente espontaneamente le condizioni offerte dallo scambio di informazioni ed esperienze in rete in nuovacomunità; l’eterogeneità, che si è riproposta anche a partire da un interesse specifico per gli studi storici,le difficoltà di disciplinamento, ed un eccesso -come in ogni altra esperienza sul web- di oggetti, problemi,modalità di scambio proprie del contesto culturale statunitense, sono caratteristiche anche di questa che ècertamente la più significativa esperienza di gestione di mailing list di interesse storico a livellointernazionale; ed una sua sostanziale incidenza sulle forme e le pratiche della storiografiatradizionalmente consolidata non si può dire che sia avvenuta in maniera significativa[8], se non percostituire una cospicua base di dati, in crescita, di materiale informativo utile a vari livelli della ricerca.D’altra parte, l’esperienza corrente ci mostra come le mailing list, insieme a notevoli risorse perl’informazione sugli studi correnti, su convegni e seminari, su progetti di ricerca (ancora con una nettaprevalenza statunitense, come si accennava) sia spesso fonte di frustrazione; l’eccesso di informazione, ilvolume di posta che riguarda questioni banali di informazione bibliografica o di aiuto per la conduzione ol’avvio di ricerche, il dislivello qualitativo e in altri termini l’eterogeneità, determinano la necessità diridurre presto il numero delle sottoscrizioni individuali alle liste di discussione potenzialmente interessanti,per non trovarsi quotidianamente di fronte ad una massa inutilizzabile e illeggibile, di posta, all’ansia delcontrollo della casella di posta sistematicamente inondata di messaggi dai quali solo una piccolapercentuale risulta utile. Ma, anche in questo caso come in altri precedentemente richiamati, non è ilmezzo in sé, la rete, a costituire l’ostacolo e l’inevitabile scivolamento verso un rumore informativoincontrollabile e sostanzialmente inutile, ma le sue forme di gestione e di ordinamento, che non possonofare a meno di mettere in primo piano una responsabilità scientifica e culturale non delegabile a strumentie tecniche puramente automatici.

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70. Nell’evoluzione delle forme di coordinamento e di collaborazione realizzate intorno ad oggetti diricerca specifici, consentita dalla comunicazione in rete, è dunque possibile individuare uno sviluppointeressante dell’attuale organizzazione accademica degli studi umanistici, che è attualmente percepibilesolo ad un livello molto iniziale.Più che la tradizionale struttura accademica è probabile, da molti segnali rilevabili nella vita attuale delweb, che a percorrere questa nuova strada e a proporre, nella pratica della sperimentazione e dellaproduzione di risultati concreti, soluzioni interessanti siano quelle comunità di interessi costituitesi intornoa tematiche o ad ambiti specifici di ricerca, già da tempo solidamente presenti nella realtà culturaleinternazionale e che possono avere, rispetto a contesti istituzionali accademici, maggiore flessibilità,libertà e volontà di apertura verso l’innovazione; associazioni culturali, società nazionali e internazionali distudio su determinati temi di storia della cultura e delle idee, gruppi di lavoro sorti intorno a progetti diricerca specifici e che intendono conservare e rendere stabile, nella rete, una dimensione collaborativapermanente attraverso varie forme di identificazione, costituiscono un territorio di particolare interesse eche già offre esempi significativi. Il caso di C18[9], per portare solo un esempio, di particolare interesseper chi scrive, penso possa essere segnalato come avvio di un progetto che mira a costituire uncoordinamento della ricerca su un determinato settore di studi -la storia culturale dell’etàdell’Illuminismo- ed, insieme, una banca dati di testi e documenti ed un sito editoriale per lapubblicazione dei risultati della ricerca. Un progetto che si è costituito a partire dalla consapevolezza delruolo primario assunto dalla rete nella comunicazione e che si presenta conseguentemente come esempiodi un orientamento nuovo nell’organizzazione delle attività di studio e di ricerca.

Se il contesto accademico della ricerca è fortemente investito dalle forme di organizzazione dellacomunità scientifica proposte dalla realtà comunicativa della rete; ed è chiamato a dare su quest’ordine diproblemi risposte efficaci e adeguate al suo ruolo istituzionale, non meno rilevante -ed anzi certamentepiù delicato e carico di implicazioni- è l’ordine dei problemi che riguarda il rapporto tra web e didatticadella storia; un ambito di problemi a proposito del quale i fraintendimenti e le approssimazioni, nonsempre inintenzionali, ci paiono particolarmente rilevanti.

71. La prima impressione di chi naviga in rete cercando informazioni utili allo studio è certamente diavere a disposizione un contenitore eccezionalmente ricco e facilmente accessibile. Repertorienciclopedici, compendi, sommari, schede cronologiche e biografiche non mancano certamente, e per lamaggior parte sono offerti ad una consultazione libera. Principalmente in ambito statunitense, istituti diformazione, collegi e università abbondano di materiale didattico, soprattutto sillabi e schemi diesercitazioni, distribuiti in rete[10]. Tutto ciò costituisce certamente un patrimonio informativoimportante, che la rete rende di più facile e immediata consultazione, ma non può non suscitare qualcheinterrogativo.Alla radice, le perplessità sono riconducibili, a mio avviso, ad uno slogan pubblicitario che non moltotempo fa era diffuso su giornali e riviste popolari. Si mostrava un adolescente dall’espressione vispa edinamica correntemente attribuita alla dot.com generation, che si poneva questo interrogativo: laprofessoressa mi ha dato il compito di svolgere una ricerca sui re di Roma. All’espressione perplessa evisibilmente annoiata alla prospettiva di prendere e consultare libri per svolgere il compito, subentrava

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l’immediata soddisfazione riassunta nella risposta: mi sono collegato alla banca dati della taleenciclopedia, e con un colpo di mouse ho risolto il problema. In altri termini, questo interessantedocumento pubblicitario proponeva un’associazione diretta tra rete, accesso all’informazione, rapiditànella risoluzione del problema e riduzione del tempo e della fatica solitamente necessarie, a cui puòessere ricondotta un’interpretazione molto diffusa del rapporto tra Internet e didattica storica. Ciò che èassente in questo quadro, e ciò che resta assente o gravemente debole nelle varie proposizionidell’importanza di Internet diffusa dai mass-media, è la valutazione del contenuto dell’informazione, delleragioni di una domanda e del valore dei documenti che servono per una risposta.

72. Ad una domanda semplicemente ricevuta, o subita, si offre una risposta semplicemente colta, megliose con l’ausilio di strumenti automatici, da una repertorio preconfezionato di risposte. Tutto ciò èesattamente il contrario dell’esercizio di quella coscienza critica e dell’affinamento di quella capacità dileggere i documenti per dare risposte a problemi necessariamente mutevoli che rappresenta un nucleoineludibile dell’esperienza propria della conoscenza storica; al di fuori del quale resta una routine, chefinora poteva essere esercizio di memorizzazione acritica, e adesso, in virtù delle risorse di rete, unabanale e rapida operazione di assemblaggio di frammenti informativi acriticamente ricomposti. Se l’esitoinevitabile della rete fosse solo questa deriva didattica, se l’impegno nell’uso della rete a fini didattici sirisolvesse in una prassi di information retrieval; e se in questo si dovesse intendere la natura effettivadell’insegnamento e dell’apprendimento della storia mediata dalle nuove tecnologie, a patire dai livelliinferiori fino all’università, non si potrebbe non restare fortemente perplessi e mantenere un forte livellodi scetticismo. Ma la rete non offre solo questa possibilità e non apre solo questa prospettiva.

Chiunque abbia fatto esperienza didattica, a vari livelli e gradi di insegnamento, ha verificato,indipendentemente da una specifica formazione pedagogica o da approfondimenti di ordine teorico ometodologico, come il momento più gratificante e formativo -riconosciuto come tale da docenti e allievi-sia quello che nella tradizione europea si esprime nel seminario. Ed il valore fondamentale dell’attivitàseminariale consiste nel superamento di quella dimensione, sostanzialmente passiva, propria della lezionetradizionalmente intesa, che presuppone, da un lato, un fornitore di informazioni, o un propositore diargomentazioni ordinate, e dall’altro un recettore, che sarà portato a riferire nella maniera più precisapossibile su quanto udito, ed eventualmente sviluppato sulla base di letture autonome consigliate; uncontesto nel quale, ovviamente, dispense e manuali vengono ad acquisite un ruolo importante.In un contesto seminariale ciò che risulto esaltato è invece il lavoro collettivo, i cui tempi e le cui forme siplasmano sulla natura, il livello, la sensibilità ai problemi del gruppo di lavoro, che è portatosistematicamente ad interrogarsi e a porre interrogativi sulla natura dei problemi proposti, manifestandoin questo modo il proprio ruolo attivo.

73. Dal punto di vista della didattica universitaria in ambito storiografico tutto questo acquisisce unparticolare valore, poiché permette -se il lavoro seminariale è correttamente inteso e non proposto comesimulazione di un ciclo tradizionale di lezioni- un lavoro diretto sui documenti che stanno alla base dellaformulazione dei problemi. Un lavoro che consente l’affinamento critico sulla ragione dei problemi(momento essenziale della formazione di uno storico) e sulla natura dei documenti, analizzati con tecnichee procedure di contestualizzazione che risultano direttamente ed immediatamente applicate; e l’obiettivo,

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l’esito di un buon lavoro seminariale, dovrebbe essere quello di evidenziare tanto la verificabilità dellacorrettezza dei problemi e delle risposte, quanto la loro innegabile relatività, e la suscettibilità, propria diogni forma di conoscenza storica, di una diversa lettura (confortata da diversi documenti) e di una diversarelazione ad altri problemi.Tutto questo contribuisce in maniera molto incisiva alla formazione di quell’autonomia nella lettura deidocumenti che la realtà, remota o vicina o contemporanea, propone; e che in senso più ampio è eserciziodi intelligenza critica ed espressione di una libertà che è ben altro rispetto alla disponibilità di unamemoria informativa separata ed interrogabile con tecniche di recupero automatiche. Se, comeriteniamo, tra i compiti propri dell’insegnamento della storia, a tutti i livelli, non sta solo l’acquisizione ditecniche o la memorizzazione di schemi di riferimento relativi ad ambiti specifici di conoscenza, mal’approfondimento di una coscienza critica della realtà, che deve sistematicamente produrre interrogativisu chi, perché e come si produce informazione, o si registrano eventi, o si formulano idee, allora ilcontesto operativo proprio del seminario è quello che consente i risultati più fruttuosi. Ed è quantoconsente, anche in termini strettamente legati ad esperienze specifiche di ricerche, l’avvio di ricerchenuove, la formulazione di problemi nuovi, che non si risolvano nell’esecuzione di compiti assegnati entrosentieri fortemente arginati.

Ci si può allora domandare se questa funzione, esaltata nella dimensione partecipativa che può essereindividuata in un contesto seminariale (o in altre forme variamente definibili ma corrispondenti allo stessocontenuto operativo) possa essere inevitabilmente ridimensionata, o addirittura annullata, dall’impattodelle nuove tecnologie e di Internet alla didattica. Ci si può domandare se la funzione docente, che in uncontesto partecipativo seminariale non si presenta come autorità indiscussa ma come livello di esperienzapiù avanzato, venga sostanzialmente a ridursi di valore e di significato, e se la diffusione di Internetdetermini inevitabilmente la sostituzione della funzione positiva del docente con sistemi automatici dicontrollo e di verifica di apprendimento.Direi, al contrario, che proprio individuando il valore autentico dell’insegnamento nella dimensionepartecipativa che abbiamo richiamato, la rete offre opportunità particolarmente rilevanti. Pensare allarete come ad un semplice contenitore di dispense, manuali e guide, se concretamente agevola l’accesso aquesto tipo di materiali rispetto alla circolazione cartacea, mediata da editori, tipografie o copisterie, nonesprime neppure in minima parte il valore potenziale della comunicazione telematica a fini didattici.

74. E’ invece intorno all’interattività, resa possibile dall’evoluzione dei sistemi di corrispondenzaelettronica, dalla costituzione di servizi integrati in cui siano compresenti documenti e materiali insieme aforme di scambio diretto tra docenti e allievi -comprese aree di discussione in tempo reale-, che èpossibile scorgere uno scenario nuovo della didattica distribuita, in cui la funzione del docente non solonon risulta ridimensionata, ma è chiamata al contrario (come accade nel lavoro seminariale) ad un’operapiù incisiva ed assidua rispetto al quadro di riferimento tradizionale. Proprio la dimensione del lavoroseminariale, in cui ci pare di individuare la forma qualitativamente più elevata dell’insegnamento dellastoria, e non la riproduzione del modello tradizionale della lezione, penso possa trovare nella rete la suapiù forte possibilità di applicazione ed estensione.

L’impegno che comporta il mantenimento di uno scambio diretto con tutti i partecipanti ad un gruppo di

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lavoro seminariale mediante lo strumento della posta elettronica, la necessità di una maggioredisponibilità di tempo che questo comporta e che tutti coloro che hanno familiarità con la posta elettronicahanno sperimentato, possono risultare certamente assai più onerosi rispetto agli orari comunementepropri dell’attività accademica; ma tutto questo, se comporta un quadro organizzativo nuovo, che richiedeun preciso impegno istituzionale oltre che un necessario adeguamento tecnico di infrastrutture, apreconcretamente scenari interessanti, che in ambito umanistico, e storico in particolare, devono ancoraessere sperimentati in maniera incisiva. Ed è importante, da questo punto di vista, sottolineare la forterilevanza civile che questo scenario può assumere, contribuendo in maniera concreta a colmare ildislivello tra centri e periferie nell’accesso alla formazione e a risolvere i problemi di una distanza daicentri tradizionale di formazione che si traduce spesso in forti penalizzazioni ed in sostanziali condizioni diineguaglianza.La sperimentazione sulla teleformazione è avviata in molti Paesi, mostra che proprio le realtà chemaggiormente soffrono dal punto di vista delle distanze fisiche tra centri di formazione e periferie possonoavvalersi in maniera particolarmente efficace di questa risorsa[11].

75. Ma anche in questo caso, come per la conversione digitale della memoria storica e per l’accesso alpatrimonio informativo che la rete offre, un forte squilibrio tra aree tecnologicamente avanzate ed aree inritardo è quanto attualmente costituisce lo scenario attuale del web. Se le perplessità e gli scetticismipropri della tradizione disciplinare caratterizzano una fase di mutazione comunque avviata in contesti chein vario grado partecipano direttamente al processo di sviluppo delle nuove tecnologie, importanti areedel mondo ne sono ancora escluse; e questo può contribuire alla proposizione di modelli e di primati(incluse le forme ed i caratteri propri della ricerca e della didattica storica di determinate aree culturaliattualmente dominanti) che la natura stessa della rete e la sua gestione, la sua direzione strategica etecnica, può tradurre in nuove forme di imposizione. Evitare che ciò accada, e smentire le profezienegative che sono spesso riproposte sul dominio della rete e sui suoi esiti in termini di omologazione eriduzione della diversità culturale ad un modello uniforme, non è un problema tecnologico -in quantoproprio la tecnologia telematica offre condizioni di riequilibrio impensabili anche in un recente passato-ma politico; esso comporta assunzioni di responsabilità politica nazionali e soprattutto internazionali,traducibili in programmi, progetti e risorse.

Non è compito di chi scrive queste pagine affrontarlo direttamente e proporre soluzioni; ma è certamenteun problema che l’intera comunità degli storici, come espressione non solo di un mestiere ma di unaconsapevolezza civile che la coscienza critica dello storico consente di mantenere solidamente, dovràcertamente assumere come oggetto di riflessione costante negli anni a venire, per poter offrire quelcontributo di esperienza e di responsabilità attiva che è proprio della sua identità.

[1] Vedi Reinghold, 1992 e 1993.

[2] Vedi CataList, the Official Catalog of Listserv Lists , < http://www.lsoft.com/catalist.html >.

[3] Vedi i contributi ed i riferimenti bibliografici presenti in Calvani, 2001, e, sull'uso di internet nei

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[4] Vedi la Classe delle lauree specialistica n.24/S, "Informatica per le discipline umanistiche", checonsente al suo interno anche l'attivazione di curricula di indirizzo storico, nell'elenco delle nuove classi dilaurea specialistica ( < http://www.murst.it/atti/2000/dm001128all16_30.pdf > ) che saranno attivenell'Università italiana a partire dall' A.A. 2001-2.

[5] Vedi Bressand e Distler,1995.

[6] Vedi Rifkin, 2000.

[7] Vedi H-Net. Humanities and Social Sciences on-line, < http://h-net2.msu.edu/ >.

[8] Vedi a questo proposito Andreucci, 1999.

[9] Vedi C18 < http://www.c18.org/ >.

[10] Vedi, per esempio, The History Guide, < http://www.pagesz.net/~stevek/index.html >. Per unalista di risorse dedicate alla didattica della storia, vedi History/Social Studies Web Site for K-12 Educators, < http://execpc.com/~dboals/boals.html >. Per una valutazione sull'uso delle nuove tecnologie per ladidattica vedi Cremascoli e Gualdoni, 2000; vedi inoltre Maragliano, 2000.

[11] Per un repertorio di risorse che riguardano la teledidattica in ambito storico, vedi <http://www.ukans.edu/history/VL/instruction/distance.html >. Vedi inoltre, tra le numerose esperienzeavviate, i percorsi di distance learning proposti da MindEdge < http://www.mindedge-inc.com/ >; VirtualUniversity < http://www.vu.org/ >; CyberED < http://cybered.umassd.edu/ > ; The American MemoryLearning Page < http://memory.loc.gov/ammem/ndlpedu/index.html >; University College HistoryCourses (Univ. of Minnesota) < http://www.cee.umn.edu/extc/bulletin/active/HIST.shtml > ; CyberU, <http://www.cyberu.com/home.asp > ; University of London. Distance Learning < http://www.lon.ac.uk/external/ > ; TeleEducation NB < http://teleeducation.nb.ca/ >. In Italia l'esperienza più consolidata diteledidattica universitaria è legata alle attività del Consorzio Nettuno < http://www.uninettuno.it/ >.

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Internet e il mestiere di storico.Riflessioni sulle incertezze di una mutazione

Rolando Minuti

R.Minuti, " Internet e il mestiere di storico. Riflessioni sulle incertezze di una mutazione ",

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* La presente bibliografia non intende essere esaustiva. Sono pertanto indicati soltanto quei lavori chehanno costituito per chi scrive un punto di riferimento diretto nello svolgimento delle riflessioni di questosaggio. I riferimenti sitografici sono aggiornati a marzo 2001. Ulteriori aggiornamenti degli indirizzi websaranno segnalati e datati.

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