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Servizio Nazionale Studi e documentazione sull'ambiente di lavoro Elisabetta Ceroni CONOSCERE E COMBATTERE LO STRESS CORRELATO AL LAVORO TECNICHE DI COMUNICAZIONE RISORSE DI SELF-ASSESSMENT E SELF –EMPOWERMENT (Incedere Incerto, Luca Matti 2006. Courtes Frittelli arte contemporanea, Firenze)

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Servizio Nazionale Studi e documentazione sull'ambiente di lavoro

Elisabetta Ceroni

CONOSCERE E COMBATTERE LO STRESS

CORRELATO AL LAVOROTECNICHE DI COMUNICAZIONE

RISORSE DI SELF-ASSESSMENT E SELF –EMPOWERMENT

(Incedere Incerto, Luca Matti 2006. Courtes Frittelli arte contemporanea, Firenze)

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CONOSCERE E COMBATTERE LO STRESS CORRELATO AL LAVORO

TECNICHE DI COMUNICAZIONERISORSE DI SELF-ASSESSMENT E SELF –EMPOWERMENTDi Elisabetta Ceroni

Edizione curata dal

Servizio Nazionale Studi e documentazione sull'ambiente di lavoro

www.rs-ergonomia.com 2013

I contenuti di questo libro possono essere riprodotti con sistemi elettronici, meccanici o altri, purché venga citata la fonte.

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IndicePresentazione…………………………………………………......................5

Premessa………………………………………..............................................7

PARTE PRIMA

LO STRESS E I RISCHI PSICOSOCIALI DA LAVORO-CORRELATO

Cap. 1: Lo stress e la GAS: General Adaptation Sindrome,

Sindrome Generale di Adattamento

1.1 Stress……………………………………………......................11

1.2 Il fattore X ………………………………….............................16

Cap. 2: Stress occupazionale: i rischi psicosociali da stress lavoro-correlato………………………………….......................................20

Cap.3: Sicurezza sul lavoro e società del rischio

3.1 Fattore umano e sicurezza sul lavoro ……………………………….........................................................27

3.2 Immunitas: un paradigma filosofico per l’analisi della società del rischio........................................................................................30

Cap. 4: Valutazione normativa dei fattori di rischio stress psicosocia-le lavoro- correlato

4.1 Normativa legislativa ………....................................................34

4.2 Cenni alle procedure di assessment…………………...…….....36

Cap. 5: Stress e manager………......................................................39

Cap. 6: Qualità del lavoro e elementi di riflessione per la valutazione nel management dei rischi stress lavoro-correlato …………………………………………….....................................43

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PARTE SECONDA

MANAGER E COMUNICAZIONE

RISORSE DI SELF-ASSESSMENT E SELF–EMPOWERMENT PER COMBATTERE LO STRESS

Introduzione…………………………………................................58

Cap. 1: Oltre lo stress: costruirsi autodifese

1.1 Stile di vita e cambiamento ………………………………………………….………….....60

Cap. 2: Leader e Leadersheep

2.1 Il leader…………………........................................................65

2.2 Modelli .……………………………..……..….……...............68

2.3 Organizzazione e leadership patogena e nevrotica……............74

Cap. 3: Comunicazione

3.1 Riflessioni terminologiche ........................................................77

3.2 Il processo comunicativo ..........................................................81

Cap. 4: Comunicazione non verbale ...............................................83

Cap. 5: Comunicazione e Management

5.1. Feedback …...............................................................................89

5.2 Ascolto attivo e Listening skills …............................................95

5.3. La persuasione …......................................................................97

5.4 Il conflitto; riflessioni per il superamento dei diverbi …..........98

Conclusioni …...............................................................................103

Glossario …...................................................................................115

Cenni bibliografia ….....................................................................121

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Presentazione

Partita doppia

Molte questioni affrontate dal libro sono presentate due volte, o divise in due parti: la parte delle risorse umane e la parte dei ma-nager.

Questa ripetizione non è ridondante e va considerata uno dei pregi di questo manuale, anche alla luce di quanto scrive un so-ciologo come Alessandro dal Lago:

“L’azienda dei manager non è quella degli impiegati, la fabbrica dei dirigenti non è quella degli operai, (…). In tali campi, cono-scere è inevitabilmente parteggiare”. (A. Dal Lago, Il Business del pensiero, Manifesto libri, Roma, 2007, p.68)

Riconoscere che le aziende sono luoghi di conflitto in cui parti diverse perseguono interessi non sempre conciliabili mette in di-scussione la nozione di benessere, che non può essere ingenua-mente inteso come uno star bene con tutti e con se stessi, ma può essere ridefinito e perseguito, da una parte e dall’altra, come assenza di quelle patologie della comunicazione che, a seconda dei casi, mascherano il conflitto quando servirebbe avere chiaro di che si tratta, oppure lo inaspriscono molto di più di quanto non meriti la posta in gioco.

Seguendo questo ragionamento, l’autrice evita l’impostazione consolatoria che Adorno definiva “bifasica”, che consiste nel dare consigli del tipo “Non prendetevela troppo per quello che accade in ufficio, rilassatevi dopo il lavoro e godetevi le piccole gioie della vita” (T.W. Adorno, Stelle su misura, Einaudi, Tori-no, 2010).

Il libro tratteggia, invece, una figura di lavoratore meno superfi-ciale, ma anche meno sottomesso e risentito, un lavoratore che concepisce il diritto alla sicurezza anzitutto come un dovere ver-

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so se stesso. Egli può negoziare le modalità di attuazione del di-ritto senza transigere sul principio.

E’ un’immagine che si potrebbe prestare a qualche strumentaliz-zazione, come nel caso delle campagne pubblicitarie a cui si fa riferimento nell’introduzione, tuttavia mi sembra una buona im-magine, che tiene conto della complessità delle persone e delle cose.

Massimo De Micco

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Premessa

“Lo stress generativo si attiva quando le sfide esistenziali, se pur rischiose, sono percepite come superabili, mentre lo stress depri-vante è correlato ai dubbi esistenziali che percepiamo irrisolvibi-li.”

Come ben sappiamo, il modello sociale postindustriale dell’era della globalizzazione è pervaso da una condizione esistenziale di incertezza e insicurezza; si rincorre sempre di più l’uomo cultu-rale a discapito dell’uomo biologico. La paura del futuro risulta essere una condizione comune dell’ideologia della flessibilità e della mobilità contemporanee; la continua mutazione antropolo-gica, che vede il know how lavorativo cambiare in continuazio-ne, ha insito spesso il fattore del mobbing, del bullying e del burn out, come conseguenza delle grandi trasformazioni produt-tive.

Oggi come oggi, finalmente il fenomeno dello stress è ricono-sciuto e studiato in molti ambiti scientifici. All’interno dei nuclei sociali organizzati, in particolare nelle aziende, si è da tempo, reso necessario, attuare azioni per fornire a tutti le garanzie di si-curezza imprescindibili al buon vivere comune.

La formazione alla sicurezza, dunque, viene pensata e attuata, non per prevenire il malessere, ma per progettare il benessere; la prevenzione è pensata come un problema e un’opportunità che rientrano nell’area manageriale. La sicurezza è un costrutto in-tersoggettivo dinamico, continuamente negoziato fra manage-ment e operatori; può essere considerata come l’allineamento fra la costruzione sociale del rischio e la sua effettiva presenza, cioè la probabilità che nel sistema si verifichino eventi inattesi e in-desiderati, tenendo conto anche del comportamento degli opera-tori, delle loro interazioni, delle loro cognizioni e delle loro emozioni.

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Attualmente, è stato rivalutato il valore soggettivo dello stato di sicurezza; lo si concepisce come un dovere individuale di fronte a se stessi e perciò come un diritto inalienabile che la società ga-rantisce all’individuo.

La motivazione di ogni campagna di sicurezza si basa su questa concezione sociale della sicurezza sul lavoro, anche se l’aspetto etico di dovere verso la comunità non è ancora veramente senti-to da molti.

Il lavoro è oggi la prima causa di stress per il 54% degli abitanti del pianeta, in particolare con la punta più alta in Giappone, dove 30.000 persone l’anno muoiono di karoshi, cioè decesso per troppo lavoro.

Un’azienda che non ha un piano e una metodologia per motivare i dipendenti, che non trasmette informazioni, che non ottimizza il sistema di gestione, è un’azienda in cui la possibilità di verifi-care la presenza di fattori di rischio psicosociale stress lavoro correlato è alta.

Nella considerazione delle diverse dimensioni della qualità del lavoro, diventa estremamente importante per tutti i manager, an-che una maggiore conoscenza del quadro legislativo di riferi-mento del fenomeno stress lavoro- correlato, oltre che alla con-divisione del modello sociologico interpretativo che chiarifica il rapporto tra stress e organizzazione con particolare attenzione ai fattori di rischio e alla rilevazione dei segnali predittori dell’e-scalation di rischio, in un’ottica che si serve delle tecniche di co-municazione e relazione, per essere in primis preventiva.

Immersi come siamo nello scenario iperinformativo contempo-raneo, risulta essere più che mai importante cercare di decostrui-re l’assunto secondo il quale il “prendersi cura” richieda “il cu-rare”come un fenomeno centralizzato sul medico.

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La comunicazione, con le sue potenzialità dialogiche, ci può in-vece servire per prenderci cura delle forme vitali in genere; Le-benswelt diviene un aspetto fondamentale di ogni expertise ama-toriale e professionale.

La consapevolezza che ogni fenomeno anche psichico è inten-zionale deve essere sempre presente.

Credo, innanzi tutto, nell’importanza di cercare di stabilire lin-guaggi comuni, in cui i soggetti sociali, come attanti sono sem-pre pronti a interpretare e negoziare via via i significati che emergono attraverso pratiche di self assessment.

L’indagine sulle dinamiche teoriche e pratiche, che ruotano in-torno alla problematica dello stress, in particolare correlato al la-voro, possono aiutare o agevolare davvero il benessere soggetti-vo, permettendo, oltre che snodi di self empowerment, un prota-gonismo consapevole che ci induca a “staccare la spina” al mo-mento giusto, per individuare altre rotte significative di vita.

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PARTE PRIMA

LO STRESS E I RISCHI PSICOSOCIALI DA LAVORO-CORRELATO

“La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale”.

E inoltre.

“Il Benessere è uno stato mentale dinamico caratterizzato da un’adeguata armonia tra capacità, esigenze e aspettative di un individuo, ed esigenze e opportunità ambientali”.

O.M.S.

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Cap. 1

Lo stress e la GAS (Gas Adaptation Sindrome, Sindrome Ge-nerale di Adattamento)

1.1 Stress

Ritengo fondamentale iniziare questo percorso narrativo con la chiarificazione scientifica del fenomeno dello stress, in quanto nel vocabolario comune, molto spesso il lemma è usato a spro-posito e in ultima analisi, credo che la conoscenza specifica, sia la base per sviluppare qualsiasi opinione. L’origine etimologica del termine stress si trova nell’aggettivo latino stricuts, stretto, compresso, e nell’uso popolare di distric-tia, una stretta, una strizzata, un’angustia o angoscia. All’inizio del XIX secolo, la fisica e l’ingegneria utilizzano il lemma per indicare la somma delle forze di qualsiasi natura che agiscono su di un corpo.In ambito scientifico, il concetto contemporaneo di stress, emer-ge per opera del fisiologo americano Walter Bradford Cannon (1871-1945) che lo definì in associazione al concetto di omeo-stasi o autoregolazione tra individuo e ambiente interno, assicu-rata da interventi fisiologici.Omeostasi dal greco, Òmoios, identico, stabile e stasis condizio-ne, è alla base di delle funzioni alimentari, dell'equilibro idrico, della respirazione e di tutte le funzioni metaboliche. Si considera l’essere umano come un’entità in equilibrio con il mondo ester-no, ma soggetta a modificazioni che richiedono risposte adattive regolate dal Sistema Nervoso Autonomo e dal Sistema Nervoso Centrale.La compromissione dell’omeostasi, produce la sindrome di disa-dattamento, una vera e propria patologia. I principali effetti fisiologici provocati dall’attivazione di questo sistema (accelerazione del ritmo cardiaco, vasocostrizione nel-

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l’area spanchica e cutanea, aumento della pressione sanguigna, riduzione del tempo di coagulazione del sangue, broncodilata-zione, liberazione di glucosio), furono interpretati da Cannon come espressione di una reazione integrata e aspecifica che l’or-ganismo mette in atto nelle varie situazioni di emergenza.Tale reazione detta anche di reazione di lotta-fuga (Fight-Flight- Reaction) è immediata e prepara l’organismo a combattere e/o a fuggire di fronte a qualunque situazione che costituisca una mi-naccia per la sua incolumità.Sempre agli studi di Cannon dobbiamo la prima dimostrazione che anche stimoli di natura emotiva, come la rabbia e la paura, scatenano la reazione simpatoarenomidollare e che quindi, al pari di un’omeostasi organica, esista un’omeostasi psichica la cui perturbazione provoca le stesse modificazioni periferiche che si osservano quando l’organismo viene sottoposto a stress di natura fisica.Nel 1936 Hans Selye, medico di origini austriache e famoso fi-siologo-ricercatore alla McGill University di Montreal, grazie alla pubblicazione (1936) di un articolo sulla rivista Nature, è considerato l’iniziatore degli studi moderni sullo stress, (oggi si annoverano circa 200.000 pubblicazioni sull'argomento); egli propose la tesi che esistesse nei meccanismi biologici che pre-siedono alle risposte di adattamento di un organismo a fronte di un agente nocivo, un insieme di segni e di sintomi tra loro corre-lati e coerenti tale da far pensare all’esistenza di una sindrome generalizzata di risposte. Già l’anno precedente, Selye aveva indicato con il termine stress:“Uno stato di tensione aspecifica della materia vivente, che si manifesta mediante trasformazioni morfologiche tangibili in vari

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organi e, in particolare nelle ghiandole endocrine che stanno sot-to il controllo dell’ipofisi anteriore”.”1

La ricerca selyeriana affonda le sue radici sugli studi perpetuati per opera del fisiologo francese Claude Bernard, intrapresi alla metà dell'Ottocento. Il dottor Bernard, si concentrò sul cosiddet-to Milieu intèrieur dell'organismo. Cioè sui meccanismi di com-penso e di scompenso che caratterizzano il nostro corpo. Il fisio-logo, attraverso esperimenti di vivisezione su animali, aveva analizzato quali fossero i limiti di questi meccanismi di compen-so, indicando in tal modo come la natura umana, pur essendo pur essendo plastica e adattabile, non possa adattarsi a situazioni estreme se non a prezzo di gravi turbe che si traducono nello sta-to di malattia.Quando nel 1975 l’OMS chiese a Selye che cosa fosse lo stress o General Adaptation Syndrome, Sindrome Generale di Adatta-mento (GAS), egli rispose che lo stress è una risposta generale aspecifica a qualsiasi richiesta/demand proveniente dall’ambien-te.Anche uno stimolo piacevole e gioioso è in grado di attivare una GAS; da ciò si deduce che perfino le richieste ambientali solite, se percepite come intense, sono potenzialmente in grado di pro-durre una risposta di stress e che lo stato di stress è una condi-zione fisiologica normale; la completa libertà dallo stress è la morte.La risposta adattiva può altresì divenire disfunzionale in relazio-ne alle caratteristiche dello stimolo (intensità-dutata), e in parti-colare delle condizioni individuali del soggetto, unico e reale protagonista del suo sistema regolatore e vitale. Selye afferma che il problema principale degli studi sullo stress è riscontrabile proprio nella soggettività, ovvero nel fatto che ciò che è stressante per una persona può non esserlo per un’altra.

1 Selye h., McKeowen T., Studies on the physiology of the materna placenta in the rat, Landon,1935, p 119

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Due variabili sono responsabili per il processo degenerativo del-lo stress sul soggetto: la suscettibilità individuale e la predisposi-zione individuale.La suscettibilità individuale è principalmente legata al significa-to soggettivo che è dato a un evento, in altre parole alla sua va-lutazione.La predisposizione individuale determina l’organo bersaglio del-la patologia stress-correlata: l’apparato cardiovascolare, quello digestivo, la sfera sessuale, il sistema muscolo-scheletrico, la psiche, il sistema immunitario, ora singolarmente coinvolti, ora in combinazione tra loro.La risposta individuale da stress da cui si può sviluppare una malattia psicosomatica, può costituire un vero e proprio precur-sore di malattia.Gli individui, secondo Selye, possiedono un “serbatoio di ener-gie” per fronteggiare gli stimoli esterni, in base al quale si deter-mina il livello di resistenza al fenomeno. Questa resistenza si esaurisce quando: a) l’agente stressante è particolarmente inten-so; b) più fattori stressanti agiscono contemporaneamente; c) l’azione degli agenti stressanti è prolungata nel tempo.Del 1977 è la prima dimostrazione che lo stress causa il blocco della produzione di cellule staminali nell’ippocampo di un indi-viduo adulto. In precedenza, tali ricerche, erano state fatte solo su macachi. Viene stabilito che nello stress cronico la produzio-ne eccessiva e prolungata di cortisolo causa una riduzione del-l’ippocampo e dei danni alla memoria e alle abilità cognitive fino al 60%.Come dicevo all’inizio, risulta essenziale incontrare la sindrome in modo efficace e trarre vantaggio dalla conoscenza dei suoi meccanismi.Per meglio definire la GAS è indispensabile capire la reazione di stress la quale si articola in tre fasi:

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a) Fase di allarme; è la fase in cui si spiega l’immediata rispo-sta del nostro organismo a uno stimolo stressorio. Le attivazioni neurovegetative in cui si assiste alla secrezione delle due principali catacolamine, l’adrenalina e la noradrenali-na, permettono una rapida reazione del sistema nervoso autono-mo; tali conduzioni nervose consentono di accelerare la rapidità di risposta dell’organismo all’ambiente. Questa fase è però ca-ratterizzata da labilità, in quanto le catacolamine vengono altret-tanto rapidamente metabolizzate.b) Fase di resistenza; ha un andamento di maggiore durata; è, infatti, correlata alla durata dello stato di stress. Questo processo è sostenuto da fenomeni endocrini in cui l’ACTH (ormone adre-nocorticotropo individuato come first mediator o sostanza bio-chimica presente in tutte le risposte di stress) e altri ormoni se-creti dall’ipofisi anteriore come il GH o ormone della crescita, hanno una funzione fondamentale.Sono gli effetti di questi ormoni, oltre alla presenza del cortisolo nell’organismo, a configurarsi come tracce biochimiche irrever-sibili comprimarie nei processi di deterioramento e degenerazio-ne dell’organismo.c) Fase di esaurimento; i valori di funzionalità dell’organismo sono al di sotto dello stato normale, si arriva fino alla vera e pro-pria morte.Lo stress, come dicevamo, è di per sé una risposta normale di adattamento generale all’ambiente, la base psicofisiologica ed energetica che si attiva di fronte ad uno stimolo-novità, ad esem-pio, è sempre la stessa.L’energia ben utilizzata permette una maggiore sintonia tra l’in-dividuo e i suoi obiettivi rispetto all’ambiente e in tal caso si parla di eustress, (dal greco eu o bene), al contrario, con il termi-ne distress (dal greco di o male), si indica un fallimento cronico adattivo alla risposta psicofisiologica di stress.

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Pertanto le principali caratteristiche dello stress, si possono rias-sumere come segue:a) Il binomio stimolo-risposta,b) Lo sforzo di adattamento,c) Un alto consumo energetico.In sintesi, visto che l’ambito medico non è competenza di questa indagine, posso solo affermare che le ricerche medico-scientifi-che relative allo stress si sviluppano intorno a tre aree fonda-mentali: 1) Area neurovegetativa,2) Area neuro-endocrina, 3) Area immunitaria.

1.2 Il fattore X

A noi, invece, spetta ora, il compito di ricostruire una parte del-l’analisi dei fenomeni che costituiscono la risposta di stress, tale indagine non può prescindere dalla considerazione dei seguenti fattori:a) analisi degli agenti o cause che la determinano; si è soliti in questo caso, parlare di stressors, accadimenti o agenti nocivi; b) processi cognitivi di valutazione della rilevanza della situa-zione in cui l’individuo s’imbatte;c) differenze individuali;d) conseguenze.Le potenzialità stressogene dipendono sia dalla durata sia dal-l’intensità dello stimolo; quantità e durata dei potenziali stres-sors, quindi, sono gli aspetti focali che permettono di definire le caratteristiche di attivazione di una GAS da parte di uno stimolo esterno nei confronti di un organismo.Le prime ricerche svolte a tale proposito individuarono anche stressors esterni di natura fisica o chimica, come sostanze nocive

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inoculate e stimoli fisici particolarmente accentuati; erano tutti stressors potenzialmente nocivi caratterizzati da un rapporto prossimale con l’organismo.Le attuali indagini scientifiche hanno messo in evidenza che gli stressors fisici prossimali non sono gli unici ad attivare una ri-sposta di stress; ci si è resi conto dell’esistenza di una serie di stimoli di natura estremamente complessa che determina una ri-sonanza psicologica soggettiva.È così che oggi si considerano non solo gli stimoli biofisici, ma anche le abilità comunicative intrapersonali (linguaggi verbali e linguaggi non verbali), la sfera cognitiva e affettiva individuale e le capacità nelle relazioni interpersonali, come fenomeni simbo-lici in grado di attivare una GAS.Il minimo comune denominatore tra i vari stimoli è l’attivazione emozionale.Gli agenti psicosociali si presentano come fonte di stress, oltre che in forma diretta, ad esempio malattia, povertà ecc., anche in forma indiretta come fatti ed esperienze di vita normali, ad esempio cambiamenti, separazioni, forti conflitti, ospedalizza-zione di familiari ecc.Ogni individuo che affronta lo stesso evento ha reazioni diverse e l’impatto è fortemente influenzato dalla risposta che darà l’am-biente come possibile scudo protettivo per ridurre le fonti di stress.Concludo questa brevissima sezione con una valutazione che ri-tengo importante ai fini analitici: considerando l’incidenza cu-mulativa di tanti piccoli fattori di distress che via via si possono assommare tra loro nel corso del tempo, possiamo chiaramente capire come potrebbe agire all’improvviso l’ultimo di essi.Apparentemente può essere anche l’episodio più insignificante a rappresentare il fattore X, cioè l’elemento scatenante della sin-drome GAS. Semplificando si può dire che il fattore X agisce come la famosa “goccia che fa traboccare il vaso”; gli equilibri

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omeostatici personali si frantumano grazie all’evento improvvi-so e la soglia ottimale di resistenza, appunto omeostatica, che probabilmente era già fragile non funziona più da filtro o barrie-ra anti-stress.Un segnale generale psicofisiologico importante che ci può met-tere in allarme quando stiamo subendo il famigerato X factor, è lo scatenarsi di atteggiamenti di ipermobilità o al contrario di ipomobilità.Stiamo veramente iniziando a sentirci un po’ strani? Allora, a questo punto, non serviranno a niente tutti i meccanismi di dife-sa che servono all’auto-protezione individuati da Freud e che ab-biamo inconsciamente attuato da una vita. Rimozione, sublima-zione, razionalizzazione e proiezione non saranno più sufficienti a proteggerci dallo stress acuto e cronico.Ho già detto che il verificarsi di qualsiasi reazione è strettamente collegato alle variabili personali e soggettive di ogni individuo. Lo stesso evento negativo che si ripercuote improvvisamente su due soggetti diversi, ha rispettivamente conseguenze alquanto dissimili, dunque risulta inutile sottolineare che filtri e barriere di difesa, sono e si attivano con modalità diverse in ogni indivi-duo. Sottolineo che ai fini della prevenzione di stati di stress acuto e prolungato nel tempo, appare chiara l’importanza di essere il più possibile consapevoli delle cause. La riconoscibilità delle cause di stress autopromuove dinamiche vitali di contrasto che limita-no il perdurare patologico nel tempo. Le cause di stress spesso agiscono nell’ombra, e sono vere e proprie insidie occulte; se non le riconosciamo in tempo tendono a stabilizzarsi nell’inconscio, come una specie di rumore di fon-do, una barriera psicobiologia che costantemente attenta alla no-stra salute.L’unico vero strumento in nostro possesso per affrontare la sin-drome è quello di fermarsi, sospendere, oltre che il giudizio, an-

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che le pratiche che siamo obbligati a sostenere, insomma “stac-care la spina” prima che sia troppo tardi.

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Cap. 2

Stress occupazionale: i rischi psicosociali da stress lavoro-correlato

Secondo Freud il disagio della civiltà, per la maggior parte, si identifica con le sollecitazioni croniche e continue cui è soggetto l’essere umano, in particolare sono l’impossibilità di fuga e il senso di impotenza che ne deriva, che lo caratterizzano.In particolare, è proprio nell’ambiente organizzato che acquista-no rilievo e possono verificarsi alcuni degli stressors più sofisti-cati e civilizzati dell’uomo contemporaneo. Richieste psicologi-che, psicosociali, relazionali e intellettuali diventano gli stres-sors principali nei confronti dei quali si gioca sia l’integrità per-sonale, l’autostima, il benessere, sia l’efficienza dell’organizza-zione.Fin dagli anni ‘50 gli aspetti psicologici del lavoro sono stati og-getto di ricerca; l’analisi si è focalizza sull’impatto esercitato da determinati aspetti dell’ambiente di lavoro sulla salute.L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce lo stress lavo-ro-correlato (Work-related stress) come la costellazione di rea-zioni che si verificano in presenza di richieste lavorative non ap-propriate alle conoscenze, competenze e abilità dei lavoratori e che mettono alla prova le loro capacità di farvi fronte. Tali rea-zioni possono manifestarsi a diversi livelli:-Fisiologico, con incremento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, l’iperventilazione, la secrezione di ormoni dello stress e la produzione di adrenalina e cortisolo.-Emotivo, con stati di nervosismo e irritazione.-Comportamentale, con la messa in atto di comportamenti ag-gressivi e impulsivi e il verificarsi di errori.Lo stress legato al lavoro rappresenta un rischio in continua dif-fusione; le situazioni di disagio lavorativo sono in costante au-mento: sappiamo che una percentuale compresa tra il 50 e il

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60% delle giornate lavorative perse in un anno è correlata allo stress lavorativo.La condizione di stress lavorativo in Europa interessa circa il 22% dei lavoratori; nel 2002 l’Unione Europea valutò che il co-sto economico dello stress legato all’attività lavorativa, era di circa 20 miliardi di euro.È dunque un dato di fatto che i rischi psicosociali da stress lavo-ro-correlato rappresentino un elemento fondamentale da valutare e prevenire, per il benessere individuale e organizzativo.I rischi psicosociali da stress lavoro-correlato sono così scientifi-camente riconosciuti; possono essere definiti come: “Quegli aspetti di progettazione, organizzazione e gestione del lavoro, nonché i rispettivi contesti ambientali e sociali, che potenzial-mente possono creare danni fisici o psicologici” (Cox e Griffi-ths, 1995).Gli effetti psicologici dei rischi fisici rispecchiano non solo l’a-zione diretta esercitata dagli stessi sul cervello e il loro potenzia-le di disturbo, ma anche la consapevolezza, il sospetto o la paura da parte di noi, in quanto lavoratori, di essere esposti a situazioni pericolose che possono dar luogo all’esperienza di stress.Come ben sappiamo, l’obiettivo fondamentale di tutte le aziende è raggiungere il benessere organizzativo, definito da Avallone, (2003) come: “L’insieme dei nuclei culturali, dei processi e delle pratiche organizzative che animano la dinamica della conviven-za nei contesti di lavoro, promuovendo, mantenendo e miglio-rando la qualità della vita e il grado di benessere fisico, psicolo-gico e sociale delle comunità lavorative.”Da qualche anno la psicologia del lavoro e delle organizzazioni utilizza il termine strain in alternativa al termine stress come connotazione negativa di una situazione di stress, per indicare lo sforzo psicologico e psicofisiologico di un individuo a fronte delle domande ambientali in particolare lavorative, o a fronte di difficoltà adattive alle stesse.

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La situazione di stress psicosociale, se ripetuta e prolungata nel tempo, aumenta il logoramento individuale e produce danni fun-zionali e strutturali.I rischi psicosociali come abbiamo tante volte sperimentato noi stessi, possono incidere sulla salute sia fisica sia psicologica, in modo diretto e indiretto attraverso l’esperienza di stress.Quando lo stressor è di natura psicosociale la valutazione sog-gettiva/cognitiva che l’individuo dà della situazione è una varia-bile cruciale del processo di adattamento: la reazione di stress dipende dal modo in cui il soggetto interpreta e valuta il signifi-cato di un evento pericoloso e potenzialmente dannoso e dal co-ping pattern o comportamento di adattamento che adotta

TOP TEN DEI RISCHI PSICOSOCIALI PER LA SALUTE

E LA SICUREZZA SUL LAVORO

-CONTRATTI PRECARI IN UN AMBITO DI LAVORO IN-STABILE-MAGGIORE VULNERABILITA’ DEI LAVORATORI NEL CONTESTO DELLA GLOBALIZZAZIONE-NUOVE FORME CONTRATTUALI-SENSAZIONE DI INSICUREZZA DEL POSTO DI LAVORO-FORZA LAVORO CHE INVECCHIA-LUNGHE ORE DI LAVORO-INTENSIFICAZIONE DEL LAVORO-PRODUZIONE SNELLA E OUTSOURCING-ELEVATO COINVOLGIMENTO EMOTIVO SUL LAVORO-SCARSO EQUILIBRIO TRA VITA PRIVATA E LAVORO

Agenzia Europea per la Salute e Sicurezza sul lavoro (2007)

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Figura 1: Il duplice percorso rischio-danno-ISPESL

Se si verificano risposte di adattamento pre-patologiche come precursori di malattia è importante conoscerne la natura, vista l’incidenza percentuale sempre maggiore di malattie polieziolo-giche multifattoriali o psicosomatiche, collegabili ai meccanismi bio-psicologici dello stress.È ormai accettato dal punto di vista delle problematiche relative al work stress, che esistono specificità di risposte a stimoli di na-

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tura psicosociale o lavorativa, in cui situazioni ambientali (ru-more, sostanze pericolose, posture troppo scomode), o relazioni col tipo di compito svolto (livello di controllo o sostegno ricevu-to dai colleghi, turn over ecc.) corrispondono a situazioni umo-rali specifiche.

Le parti sociali europee hanno riconosciuto, inoltre, che anche le molestie e la violenza sul posto di lavoro sono potenziali fattori di stress psicosociale lavoro- correlato.Bullying, Mobbing, Bossing (frequente nella pubblica ammini-strazione da parte del diretto superiore, detto in questo caso mobber), Straining (stress forzato costante su un aspetto lavora-tivo da parte di uno strainer), spesso, rappresentano una concen-trazione di fattori che determinano sovraccarico emotivo con ri-cadute fisiopatologiche sulla persona.La versione di queste manifestazioni, attualmente analizzata, è lo Stalking occupazionale, una forma di stalking, in cui l’effet-tiva attività persecutoria si esercita sulla vita privata della vitti-ma, ma la cui motivazione proviene invece dall’ambito lavorati-vo da parte di uno stalker. Ma non è competenza di questa indagine approfondire le suddet-te problematiche, che pur hanno una fortissima incidenza sui li-velli di rischio stress cronico, posso solo ribadire che tutti i dan-ni provocati dalle interazioni negative (le quali hanno un effetto sull’umore cinque volte maggiore di quelle positive), produco-no un rischioso effetto cumulativo sull’equilibrio psicologico.Tutti questi fattori, inoltre, procurano alterazioni altamente lesi-ve, non solo alle vittime, ma anche alla performance aziendale nel suo complesso.Per non raggiungere situazioni di stress occupazionale acute e croniche, occorre evitare che i seguenti fattori entrino in condi-zioni di squilibrio; gli elementi in questione sono:-Richieste, intese come livello delle prestazioni richieste. Con-trollo, inteso come possibilità di chi lavora di gestire il carico la-

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vorativo. Ricompensa, intesa come gratificazione e riconosci-menti non solo di natura economica.

Una curiosa analisi per valutare la presenza intorno a te di indivi-dui da cui ben guardarsi

ROBERT SUTTON

Misfatti comuni e quotidiani commessi dagli stronzi-Insulti personali-Invasione del territorio del prossimo-Contatto fisico non richiesto-Minacce e intimidazioni sia verbali sia non-“Battute sarcastiche” e “prese in giro” usate come scorciatoie per l’insulto-E-mail violente e distruttive-Attacchi allo status con l’intento di umiliare la vittima-Mortificazione pubblica o riti di “degradazione sociale”-Interruzioni sgarbate- Attacchi ipocriti-Occhiatacce -Trattare qualcuno come se fosse invisibile.

FATTORI DA CONSIDERARE NEL CALCOLO DEL COSTO TOTALE DEGLI STRONZI IN AZIENDA (CTS)

Danni alle vittime e alle persone circostanti-Distrazione dall’obiettivo: energie deviate; -Il clima di tensione psicologica e di paura, si ripercuote negativamen-te sulla capacità di iniziativa, di rischio ed apprendimento;-Mancanza di energia per la motivazione;-Malattie fisiche e psicologiche causate dallo stress;-Danni alle capacità intellettive;-Contagio della vittima che subendo esposizione; prolungata alle pre-potenze tende a trasformarsi in stronzo;-Assenteismo;

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-Elevato turnover e tempo impiegato nell’orario di lavoro per cercarne un altro.

Conseguenze negative per i dirigenti-Tempo impiegato per pacificare o disciplinare gli stronzi;-Tempo impiegato per riconciliare le vittime;-Tempo impiegato per assumere altro personale al posto di vittime o stronzi;-Logoramento e stress.

Costi legali e delle risorse umane-Iniziative di formazione;-Costi legali per consulti interni ed esterni coach aziendali e psicologi;-Costi di risarcimento legali e cause vinte dalle vittime;-Costi di risarcimento in giudizio e cause vinte da presunti stronzi;-Costi dell’assicurazione sanitaria. Quando comandano gli stronzi: effetti negativi sull’organizzazione-Scarsi miglioramenti all’interno di sistemi consolidati-Minore innovazione e creatività-Minore coesione interna e collaborazione -Minore sforzo discrezionale-Distorsione della collaborazione interna-Costi di rivalsa delle vittime-Scarsa collaborazione da parte di aziende e professionisti esterni-Scarsa capacità di attirare persone più efficienti e brillanti.-Maggiori compensi per i professionisti esterni: stipendio di guerra per poter lavorare con gli stronzi.

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Cap.3

Sicurezza sul lavoro e società del rischio

3.1 Fattore umano e sicurezza sul lavoro

Alla luce delle precedenti riflessioni, ritengo opportuno svilup-pare una breve riflessione sul paradigma della sicurezza sociale. La sicurezza è un costrutto intersoggettivo dinamico, continua-mente negoziato fra management e operatori. Attualmente è sta-to rivalutato il valore soggettivo dello stato di sicurezza; lo si concepisce come un dovere individuale di fronte a se stessi e perciò come un diritto inalienabile che la società garantisce al-l’individuo.La motivazione di ogni campagna di sicurezza si basa su questa concezione sociale della sicurezza sul lavoro, anche se l’aspetto etico di dovere verso la comunità, purtroppo, non è ancora pie-namente sentito.Il termine sicurezza viene utilizzato da diverse discipline per esprimere diversi concetti: a) uno stato d’animo o modo di vivere affettivamente la certezza security; b) come condizione oggettiva, il realizzarsi di talune condizioni per cui gli individui che svolgono un determinato comportamen-to hanno obiettivamente una probabilità minima (teoricamente nulla) di ricevere un danno safety.Si può definire la motivazione alla sicurezza come tendenza del-l’individuo all’integrità fisica, all’unificazione del comporta-mento e delle dinamiche psichiche, all’accettazione sociale e ad un’unità etica consistente nel controllo del senso di colpa. La formazione alla sicurezza, viene pensata, programmata e at-tuata, non solo per prevenire il malessere, ma per progettare il benessere.

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L’attuazione della prevenzione nelle organizzazioni di qualun-que dimensione e settore d’attività è un problema prevalente-mente gestionale che deve essere progettato, voluto, promosso, attuato e controllato dal datore di lavoro, dai dirigenti, dai pre-posti e dai lavoratori supportati e aiutati con funzioni di aiuto staff, servizi di protezione e prevenzione SSP, medico competen-te MC, rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza RLS, addet-ti alla gestione delle emergenze e del primo soccorso. Il RSPP deve imparare a fronteggiare un fenomeno complesso che può essere efficacemente gestito e controllato solo con attività siste-miche aventi aspetti normativi, organizzativi, gestionali, tecnici e soprattutto con particolare attenzione ai fattori umani e alla co-municazione intesa come l’insieme delle informazioni, dell’ad-destramento, e della formazione.La psicologia del lavoro, nella ricerca delle cause, vede un fatto-re scientifico molto importante che determina la sicurezza.Se il pericolo nel lavoro umano è sempre presente, sono le con-seguenze che possono essere modificate, dobbiamo fare in modo che i pericoli non si trasformino in infortuni.Il primo passo da fare è credere in questa possibilità.La percezione delle condizioni di pericolo (e non le reali condi-zioni di pericolo), è definibile rischio o rischiosità della situazio-ne, è una percezione e come tale può essere appresa.Nella situazione pericolosa il lavoratore ha sempre una probabi-lità di infortunio ed è necessario poter definire questa probabili-tà.Ogni anno mediamente il 6% dei lavoratori italiani subisce un incidente sul lavoro.Si tratta di 1.000.000 di eventi di natura diversa e diversa gravi-tà, dei quali circa 600.000 mila con esiti di inabilità superiore a tre giorni.Oltre 27.000 determinano un’invalidità permanente alla vittima e più di 1.300 ne causano la morte.

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Ciò vuol dire che ogni giorno per disgrazie legate alla propria at-tivà lavorativa quasi tre persone perdono la vita. A questo scopo si è parlato del cosiddetto criterio-sicurezza cioè della possibilità di qualificare la reale pericolosità di una man-sione e una lavorazione.Psicologicamente il rischio e il sentimento di essere capaci di superare un pericolo senza conseguenze dannose, stanno alla base di tutte le iniziative umane.Tra i fattori generatori di rischio, alle inadempienze da parte del-le aziende, va sommata la disattenzione dei lavoratori che sotto-valutano i rischi, ma del resto nel fattore umano si è sempre os-servato un continuo variare tra stati di fuga dal rischio e stati di tendenza al rischio.La tendenza dell’essere umano nei confronti del rischio è molto forte, in tutti i processi decisionali è implicita, anche se lo scopo è sempre quello di raggiungere la sicurezza.Ci sono persone che percepiscono il rischio più di altre; la perce-zione del rischio va oltre gli aspetti cognitivi e abbraccia quelli emotivi.Non è la norma a guidare i comportamenti, ma l’elaborazione culturale condivisa del rischio; le azioni delle persone e dei gruppi sono guidate da un concetto di rischio che è interpretato e negoziato socialmente.La sicurezza può essere considerata, dunque, come l’allineamen-to fra la costruzione sociale del rischio e la sua effettiva presen-za cioè la probabilità che nel sistema si verifichino eventi inatte-si e indesiderati, tenendo conto anche del comportamento degli operatori, delle loro interazioni, delle loro cognizioni ed emozio-ni e di quant’altro costituisca la loro psiche.

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3.2 Immunitas: un paradigma filosofico per l’analisi della so-cietà del rischio

L’improvvisa intensificazione dei flussi migratori, le catastrofi naturali, le esalazioni del nucleare e la guerra, come avvenimenti del contempo attuale, in fondo, risultano anche loro fenomeni ri-conducibili a una risposta protettiva nei confronti del rischio; si verificano come rottura di un equilibrio precedente e come esi-genza di ricostruzione. Qualcosa di estraneo entra in circolo pro-vocando una sorta di contagio e quello che prima era sano, ora è esposto a contaminazione. Risulta essere così per qualsiasi for-ma di organizzazione umana; l’esigenza di immunizzazione di-venta il nocciolo attorno cui ruota ogni aggregazione.Quello che spaventa oggi è il fenomeno della contaminazione incontrollata e inarrestabile presente in tutti i centri produttivi della vita.“Quanto più il pericolo da cui la vita è incalzata circola indistin-tamente in tutte le sue pratiche, tanto più la risposta converge negli ingranaggi di un unico dispositivo: al rischio sempre più diffuso del comune risponde la difesa sempre più serrata del-l’immune”.2. Ora, mi sembra importante, ai fini della presente analisi, indagare come si determina la relazione tra immunità e organizzazione.Il sostantivo latino immunitas, come del resto l’aggettivo corri-spondente immunus, è un vocabolo privativo o negativo che de-riva il proprio senso da ciò che nega o di cui risulta privo, vale a dire il munus. Il munus rappresenta l’incarico, l’onere, il dovere: il termine al suo contrasto è appunto immunitas.L’immunità è sentita come tale se si configura come un’accezio-ne rispetto a una regola osservata da tutti gli altri. Il concetto di immunità è un concetto essenzialmente comparativo, che si può esplicitare come diversità rispetto alla condizione altrui.

2 Esposito R. 2002.,Immunitas,Torino, Einaudi, p.7

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Si ipotizza allora che il vero senso di immunità non sia in munus assente, bensì in communitas di coloro che se ne fanno portatori. La privazione riguarda il munus e il punto di contrasto da cui l’immunità assume senso, è il cum, generalizzato nella forma della comunità.L’immunità è dunque anche una condizione di particolarità, sia si riferisca al singolo individuo, o a un gruppo; il suo carattere è antisociale e interrompe il senso di donazione reciproca cui in-vece rimanda communitas. In quest’accezione di senso, risulte-rebbe immune solo che si mettesse al dì fuori della comunità.Analizzando, invece, il percorso bio-medico, vedremo come per immunità si debba intendere la condizione di refrattarietà del-l’organismo rispetto al pericolo di contrarre una malattia conta-giosa. Tra il XVIII e il XIX secolo, il concetto si evolve grazie alle scoperte della batteriologia medica, in particolare risulta in-teressante il passaggio dall’immunità naturale all’immunità ac-quisita. L’idea è che una forma attenuata di infezione può pro-teggere da una più virulenta dello stesso tipo.Questo significa che il meccanismo dell’immunità presuppone la presenza del male che deve contrastare; è il rischio dell’infezio-ne a giustificare la misura profilattica.Così la metafora immunitaria ben si presta, per esempio, all’ana-lisi dei rischi psicosociali da stress lavoro-correlato nelle orga-nizzazioni, spesso caratterizzate da ipertrofia degli apparati di si -curezza. La società contemporanea, molte volte, anziché adegua-re la protezione dell’effettivo livello del rischio, tende ad ade-guare la percezione del rischio al crescente bisogno di protezio-ne, facendo così della stessa protezione uno dei maggiori rischi.L’analisi dei livelli di rischio stress psicosociale da lavoro-corre-lato deve, necessariamente, muovere dal paradigma protezione/esposizione; infatti è il concetto di protezione che chiama in causa il processo di immunizzazione; nel lavoro sia-

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mo sempre di fronte a rischi da cui siamo chiamati a protegger-ci.I fattori di rischio psicosociale stress lavoro -correlati sono stati a lungo sottovalutati e ora che è chiaro che il processo di immu-nizzazione permette l’autoregolazione di un organismo mediante un’attività compensatoria, siamo in parte in grado di bilanciare l’azione del “negativo” di questi fattori, rendendola funzionale alla vita.Il lavoro, che gli esperti attuano con gli aspetti negativi delle realtà lavorative, è un percorso di funzionalizzazione che rappre-senta l’unico modo per garantire la vita attraverso una dinamica di canalizzazione in forme compatibili del potenziale distruttivo. È nel campo della cultura, dell’autodisciplina e dell’educazione che l’uomo può porre riparo alle condizioni mancanti della pro-pria esistenza lavorativa. La vita pulsionale si può gestire attra-verso il ri-orientamento delle energie. È così che l’uomo ha creato i sistemi di controllo attraverso le istituzioni che devono garantire la “normalità”.Si cerca attraverso i dispositivi di controllo di prevenire ossessi-vamente il presentarsi del disordine è il mito del rischio zero, propagandato dal management del rischio e della sicurezza.Questa società del controllo è alla ricerca della “neutralizzazione preventiva” che ha come obiettivo l’esclusione totale del rischio. Ma, come abbiamo avuto modo di intuire, il sistema immunita-rio deve la sua vittoria alla capacità di dialogare con il negativo e positivizzarne la portata distruttiva. Ecco perché il vero rischio del management del controllo può essere quello di esporre il corpo sociale all’esplosione ciclica di fenomeni autoimmunitari suicidi, come si diceva all’inizio a proposito di eventi come guerre e altro.Con l’intersecarsi di questo meccanismo l’organismo inizia a di-struggere se stesso e le proprie protezioni, vale a dire a immu-nizzarsi dalla propria immunità, contro la propria immunità.

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Nei sistemi sociali contemporanei le organizzazioni risultano sempre più tormentate dall’imperativo della sicurezza, ma spes-so è proprio la protezione a generare il rischio stesso, e tutto l’apparato sociale, che si occupa della sicurezza in senso lato, deve tener presente questo piano di lettura della problematica.Il filosofo francese Foucault ci esorta a considerare come modo di vita, un ethos, utile a sospendere momentaneamente i mecca-nismi di controllo per attuare invece il principio sartiano, secon-do il quale il soggetto è colui che fa qualcosa di quello che gli altri hanno fatto di lui.Seguire il suggerimento di Sartre non significa altro che ri-crea-re incessantemente se stessi senza cadere vittime della prigione a cui noi stessi siamo soliti condannarci e di cui le forme attuali del controllo sono l’emblema.

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Cap.4

Valutazione normativa dei fattori di rischio stress psicosocia-le lavoro- correlato

4.1 Normativa legislativa

Le prassi nella sicurezza al lavoro sono caratterizzate da interdi-sciplinarità: competenze tecniche, giuridiche, psicologiche, or-ganizzative e sociologiche, tutte orientate al team psichological safety (sicurezza psicologica del gruppo di lavoro).Il datore di lavoro che ha l’obbligo giuridico di tutelare la salute e la sicurezza sul lavoro, deve essere in grado di prevenire, eli-minare o ridurre anche le problematiche relative ai fattori psico-sociali stress- lavoro correlato.In Italia, dove almeno 1/3 della popolazione ha sperimentato at-tacchi di ansia e panico, a seguito di stati di stress lavoro-corre-lato, tra UNICE/UEAPME, CEEP e CES si conclude l’8 Ottobre 2004, a Bruxelles, l’Accordo interconfederale per il recepimento dell’Accordo quadro europeo sullo stress lavoro-correlato.Si mette in evidenza, che nell’Unione Europea, oltre uno lavora-tore su quattro lamenta situazioni di stress.CONFINDUSTRIA - CONFAPI – CONARTIGIANATO – CA-SARTIGIANI – CLAAL – CNA –CONFESERCENTI - CONF-COOPERATIVE - LEGACOOPERATIVE - AGCI - CONF-SERVIZI -CONFAGRICOLTURA COLDIRETTI e CGIL, CISL, UIL concordano il recepimento dell’accordo quadro e producono l’attuale normativa di riferimento: l’ACCORDO IN-TERCONFEDERALE 9 GIUGNO 2008.Nel documento lo stress-lavoro correlato viene individuato a li-vello europeo, come oggetto di preoccupazione sia per i datori di lavoro, sia per i lavoratori, pertanto, affrontarne le problemati-che può condurre a una maggior efficienza e a un miglioramento

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della salute e della sicurezza dei lavoratori, con conseguenti be-nefici economico-sociali anche per le imprese e la società.Tra le novità introdotte dal D. Lgs 81/08, un ruolo di primo pia-no assume la definizione mutuata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, del concetto di salute intesa quale “Stato di benes-sere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un'assenza di malattia o d'infermità”, (art.2, comma 1 lettera o) premessa per la garanzia di una tutela dei lavoratori anche nei confronti dei rischi psicosociali.Contestualmente la definizione del concetto di: “Sistema di pro-mozione della salute e sicurezza” come “complesso dei soggetti istituzionali che concorrono, con la partecipazione delle parti so-ciali alla realizzazione dei programmi di intervento finalizzati a migliorare le condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori.” (art.2, comma 1 lettera p), introduce una visione più ampia della prevenzione della salute e sicurezza sul lavoro che rimanda a quelli che sono i principi della “Responsabilità sociale” definita, (art.2 comma 1), come “integrazione volontaria delle preoccupa-zioni sociali ed ecologiche delle aziende e organizzazioni nelle loro attività commerciali e nei loro rapporti con le parti interes-sate.”In occasione della stesura del D. Lgs 81/08, è stato esplicitato con chiarezza, all’art. 28, comma 1, che la valutazione dei ri-schi: “….deve riguardare tutti i rischi…tra cui anche quelli col-legati allo stress lavoro- correlato, secondo i contenuti dell’Ac-cordo europeo dell’8 ottobre 2004.” In complesso, nelle attività di prevenzione un ruolo primario viene affidato allo studio dell'organizzazione del lavoro, concre-tizzato nell'inserimento all'art.15, comma 1, lett.d del D.Lgs. 81/08, “del rispetto dei principi ergonomici nell'organizzazione del lavoro”, in linea con quanto per altro già disposto dall'art. .3, comma 1, lett. F del D.lgs. 626/94, del ”... rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta del-

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le attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produ-zione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo.”Inoltre, l'art.32, comma 2 dello stesso D.lgs sottolinea che la for-mazione del RSPP, deve riguardare anche i rischi di natura ergo-nomica e da stress-lavoro correlato.Con le integrazioni successive apportate dal D.lgs106/09 che ha introdotto il comma 1-Bis dell’art. 28, (art.28, c.1-bis), si affer-ma: “La valutazione dello stress lavoro-correlato, è effettuata nel rispetto delle indicazioni di cui all’art.6, comma 8, lettera –qua-ter, e il relativo obbligo decorre dall’elaborazione delle predette indicazioni, e comunque, anche in difetto di tale elaborazione, a fare data dal 1 agosto 2010, termine quest’ultimo, successiva-mente prorogato al 31 Dicembre 2010 dalla L. 122/10.”E’ la Commissione Consultiva Permanente per la Salute e la Si-curezza sul Lavoro, destinataria del compito di elaborare le indi-cazioni di cui all’art.6, comma 8, lettera –quater del D. Lgs 81/08, al fine di dare piena attuazione allo specifico obbligo va-lutativo.Tali indicazioni, sono state elaborate dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e relativa Commissione, e rese note il 18-11-2010.

4.2 Cenni alle procedure di assessment

Per l’individuazione dei rischi stress lavoro-correlato presenti nelle aziende, esistono delle misure attuabili da professionisti; in generale, sono psicologi del lavoro, che sviluppano procedure di valutazione dei rischi attraverso strumenti specifici, liste di con-trollo, questionari e interviste; ricordiamo che in questo contesto

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non si vuole assolutamente entrare nel merito dei protocolli tec-nici e delle procedure di assessment.Si tratta di convenzioni di intervento, protocolli di assessment mirato, in primis, alla protezione e alla prevenzione dei fattori di rischio psicosociale stress lavoro-correlato. Il fine risiede nella promozione del benessere organizzativo.L’esperienza di stress, come abbiamo visto, dipende in parte dal-la capacità dei singoli di far fronte alle richieste provenienti dal lavoro e dal modo in cui tali richieste vengono soddisfatte, ma si collega anche a questioni di controllo e di appoggio. Infatti, la misurazione dello stato di rischio si basa altresì su misure sog-gettive di valutazione che si concentrano sull’esperienza emoti-va di stress.Il rilevamento viene proposto principalmente attraverso l’uso di strumenti autocompilativi che cercano di cogliere anche le per-cezioni relative all’interrelazione tra le attività svolte dai sogget-ti nell’ambito dell’organizzazione lavorativa che ha commissio-nato la valutazione.Ai fini della nostra analisi, abbiamo considerato i fattori che sul lavoro sono potenzialmente stressanti e li abbiamo distinti in tre grandi aree di seguito, a grandi linee, menzionate. Tutti questi elementi variabili, singolarmente o miscelati tra loro, possono contribuire a creare situazioni di rischio psicosociale stress lavo-ro-correlato.Ricordiamo a tale proposito la differenza tra work stress o stress occupazionale più oggettivamente misurabile e work strain, come riflesso sul piano emotivo emozionale e psichico di avve-nimenti lavorativi.I Fattori materiali o legati al contenuto del lavoro; sono elementi che non vanno sottovalutati poiché giocano un ruolo fondamen-tale negli equilibri delle dinamiche bio-psico-sociali.Ambiente di lavoro rumoroso, inquinanti aerei, sbalzi di tempe-ratura, posizioni cinetiche stancanti, distribuzioni ergonomiche

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dei piani e materiali di lavoro, inadeguate distanze spazio-pros-semiche sono tutti elementi che contribuiscono alla generazione di stress.Ci sono poi i fattori organizzativi o legati al contesto del lavoro; dipendono dalle scelte aziendali e dalle dinamiche specifiche che si vengono a creare all’interno dell’azienda; si riferiscono, in particolare, ai turni lavorativi, al lavoro notturno, agli orari e ai carichi di lavoro, ai ritmi, alla ripetitività e alla monotonia, come fattori causali o concausali di stress.I fattori psicosociali legati al contesto e al contenuto lavorativo; sono spesso determinati dalle carenze della cultura organizzati-va, motivazionale e comunicativa dell’azienda. Sono fattori che riguardano il rapporto con l’ambiente di lavoro, le relazioni in-terpersonali, le dinamiche e il rapporto con il contenuto del lavo-ro stesso. Possiamo, ad esempio, evidenziare il ruolo che rive-stono le persone nell’ambito dell’organizzazione, le loro possibi-lità di carriera, il controllo, la responsabilità.Il nostro compito, e quello di chi si occupa della governance di una qualsiasi azienda, è prima di tutto operare in direzione di un’informazione, prevenzione e sensibilizzazione sui fattori di rischio, che offra a tutti pari opportunità per prevenire eventuali episodi di rischio stress lavoro-correlato cronico.Dopo aver rilevato e valutato i livelli del rischio stress, come previsto dalla suddetta normativa, gli esperti possono agire effi-cacemente, sia individualmente (counseling emozionale) che in gruppi (circle time), in direzione di un continuo monitoraggio fi-nalizzato al recupero delle potenzialità e degli equilibri.

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Cap. 5

Stress e managers

Dopo aver inquadrato, sia pur brevemente le problematiche affi-ni al nostro argomento, risulta essenziale, ora, affrontare il feno-meno dal punto di vista del manager, del leader, del responsabi-le. La problematica dello stress inteso come boss disease o come malattia dello yuppie è più che mai all’ordine del giorno del “tutto campo” delle organizzazioni e della psicologia del lavoro. L’intraprenditorialità, come processo in senso lato, subisce la pressione dell’incertezza, dimensione che caratterizza la con-temporanea costruttività organizzativa. L’insicurezza e l’incer-tezza sono sfere spesso inevitabili da parte dei manager, i quali le vivono con effettivo disagio. Renato Gilioli, psichiatra occupazionale, insieme al giornalista Alessandro Gilioli coniano, nel 2001 il termine di Stress econo-my per definire il contesto generale di insicurezza lavorativa che caratterizza il pianeta delle organizzazioni.Condizioni di ipervita, logiche di flessibilità, stock option, de-skless sono le condizioni a cui spesso, i managers contempora-nei sono sottoposti. Le conseguenze si manifestano anche sotto forma di attacchi di ansia e depressione che creano preoccupanti livelli di guardia per i rischi da stress acuto e cronico. Una recente indagine dell’Istat rivela che i managers italiani sono, insieme alle casalinghe, la categoria più stressata.Nelle odierne società post-industriali, il concetto di stress, inteso come espressione di un sintomo della fatica fisica, si esplica sempre di più come fatica mentale richiesta per il management contestualizzato nella complessità del environment e delle sue nuove tecnologie.Con il termine stressato si intende, dunque, una condizione di sofferenza psichica che, o si manifesta attraverso uno stato di di-

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sagio soggettivo definibile stato non sintomatico, o si traduce in sintomi di natura somatica.Il manager è così considerato l’emblema di questo work and stress; il concetto, che indica ogni forma di stanchezza fisica e mentale, tensione, noia e alienazione, richiede, però, un’inqua-dratura scientifica che lo svincoli finalmente da ogni concettua-lizzazione banale.Quando si parla di stress management, in realtà, si sta parlando di pressure management, o management della pressione lavorati-va. Se la pressione lavorativa può essere positiva nel raggiunge-re e mantenere un certo livello di efficienza, lo stress è la rispo-sta naturale all’eccesso di pressione lavorativa. L’impostazione di ricerca è quella del superamento dei modelli cosidetti di person environment, (in cui è solo la percezione in-dividuale e soggettiva che si vuole indagare) nella considerazio-ne anche dell’aspetto macro.Spesso, si parla di stress come se fosse solo un problema indivi-duale e si sottovaluta l’incidenza delle strutture dell’organizza-zione, dei ruoli, delle mansioni, delle reti comunicative, conside-rando tutti questi fattori variabili secondarie e non invece sour-ces of stress.

Principali fonti di stressRuolo

nell’organizzazione

Rapportisul lavoro

Evoluzione dellecarriere

Clima e strutturaorganizzativa

Interfacciacasa-lavoro

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ALCUNI SINTOMI INDIVIDUALI

Aumento pressione sanguigna Stato di depressione

Bere in modo eccessivo Insoddisfazione professionale

Aspirazioni ridotte

ALCUNE MALATTIE SOMATICHE

Disturbi cardiocircolatoriSalute mentale vacillante

Patologie muscoloscheletrichePatologie gastrointestinali

Elaborazione dal modello di Cooper 1976

ALCUNI INDICATORI BIOLOGICI DI STRESS SUI QUALI PUOI RIFLETTERE

1. Aumento dei livelli di catecolamine2. Profilo del cortisolo3. Profilo ACTH4. TSH, FT45. Melatonina (metaboliti salivari)6. Modificazioni delle sottopopolazioni linfocitarie7. Alterazione della liberazione di interleuchine (IL6 e ILIB)8. GH e somatomedina C (IGF1)9. Modificazione delle IG sieriche e salivari10. Anticorpi Antitirodei11. Anticorpi anti HP12. Aumento della secrezione gastrica di HCI13. Alterazioni del metabolismo lipidico e glucidico14. Alterazioni degli oppioidi edogeni15. Pressione arteriosa in clino ortostatismo, valori pressori nelle 24 h

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Fino a pochi anni fa, l’interesse era concentrato sul malessere di alcune categorie lavorative dell’industria soggette a condizioni distruttive dal punto di vista fisico, si parlava di stress arising from the physical environment, task-based stress.Oggi che le condizioni lavorative sono nettamente migliorate, l’interesse degli studiosi, si sta spostando sul disagio manageria-le vissuto come malattia relazionale, come role-based stress o comunque come una forma di malessere derivante dal contesto sociale e interpersonale.Spesso, tale fenomeno è correlato al contesto organizzativo e concettualizzato come crisi delle aspettative di auto-efficacia, ossia come una totale perdita di fiducia nelle capacità di rispon-dere adeguatamente ed efficacemente alle richieste esterne (Bonzagni 1994).

ALCUNI SINTOMI ORGANIZZATIVIAlto assenteismo/presenzialismo

Elevato turnover Difficoltà relazioni aziendali

Scarsi controlli di qualità Alta conflittualità

ALCUNE MALATTIE ORGANIZZATIVEScioperi prolungati

InfortuniPerformance scarsa

Elaborazione dal modello di Cooper

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Cap. 6

Qualità del lavoro e elementi di riflessione per la valutazione nel managment dei rischi dello stress correlato al lavoro

L’intento di questa ricerca è di individuare ai fini della sensibi-lizzazione del lettore, i più importanti fattori di rischio stress la-voro-correlato e il tipo di management che possa agire in una prospettiva di massimizzazione dell’efficienza e della qualità del lavoro.Non risulta certo facile analizzare la qualità del lavoro nei suoi aspetti positivi e negativi in riferimento ai rischi di stress, ma è essenziale individuare sources of stress (le fonti di stress) che possono diminuire e abassare la qualità del lavoro per poter in-tervenire su di esse.Generalmente, le motivazioni all’autorealizzazione in chi im-prende ruoli di responsabilità, sono ben basate e determinanti; la maggior parte dei managers è mossa dal bisogno di portare a compimento le attività intraprese, di riconoscersi e realizzarsi in esse. L’atto di conquistare successo, accettando situazioni di sfi-da con se stessi, implica anche un forte rischio.Allo stile motivazionale che soggiace all’organizzazione corri-spondono differenti rischi, ad esempio, se lo stile è burocratico ed egualitario, i rischi risiedono nell’appiattimento e nel disco-noscimento dei valori; allo stile negativo e differenziale invece sono correlati i rischi di alta tensione e iniquità.Se per la maggior parte dei managers, la vera natura del loro ruolo, oltre al guadagnare denaro, risiede nel potere decisionale, per molti altri invece, essere manager ha significato in primo luogo un aumento dei problemi da risovere. Molti managers sentono, infatti, di stare “subendo” la loro situa-zione lavorativa; si tratta di assuefazione al lavoro come sotto-missione e non legame; tali soggetti partecipano al lavoro il

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meno possibile, ma vi si familiarizzano e l’accettano quale male necessario.

Managers di successo spesso soffrono di cardiopatia cronica da stress

I tratti comuni che si manifestano sono:

-Elevato livello di aspirazioni-Forte competitività-Fretta -Non avvertire stanchezza-Incapacità di rilassarsi

Il possesso e il potenziamento delle tecniche di comunicazione personali è fondamentale per minimizzare i pericoli di rischio stress acuto e cronico e massimizzare la produttività.Il trend della sintomatologia nervosa ed emotiva, invece, è ri-scontrato nelle dirigenti donne, dove la somatizzazione preva-lente è situata a livello vertebrale.Se si considerano gli aspetti positivi, in particolare, è la dimen-sione del controllo che fornisce ai managers la vera valenza mo-tivazionale del lavoro.La consapevolezza di controllare la situazione lavorativa nella sua globalità è uno dei principali elementi di gratificazione e realizzazione professionale e di conseguenza, fonte di eustress. Ricordiamo che oltre ai rischi determinati dagli stressor ambien-tali, a favore del manager, si inseriscono importanti meccanismi di buffering che contribuiscono a mitigare i rischi di stress croni-co: prestigio sociale, libertà decisionale, autonomia, potere, sup-porto sociale.Fra gli elementi significativi che contribuiscono a determinare i livelli di rischio stress lavoro-correlato, ricordiamo: la quantità

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di decisioni, il tipo di decisioni, il livello di capacità richieste per il lavoro svolto, l’autonomia nella gestione del tempo di lavoro, e il livello di partecipazione alle decisioni che riguardano il campo di intervento (Dalla ricerca a cura di La Rosa, 1994).In sintesi, i fattori personali, che attribuiscono maggiore spesso-re al manager, sono sopratutto quelli riconducibili alle conoscen-ze tecniche e alle capacità decisionali.Il contenuto discrezionale (valutare la situazione, scegliere la de-cisione, iniziare l’azione), è quello che qualifica il lavoro diretti-vo; dipende da funzioni psichiche inconscie e conscie e dai rela-tivi sforzi psichici che vengono effettuati dal manger.La capacità di lavoro è determinata dunque dalla coerenza del-l’inconscio, dall’integrazione e forza dell’Io, nonchè dalla sua capacità di fronte all’ansia e all’incertezza, di sostenere le pro-prie funzioni, di mantenere il principio di realtà, di sforzarsi di rendere conscio l’inconscio, in quanto il rischio di condizioni ambigue nella vita organizzativa è costante.Una causa di rischio stress è rappresentata dall’ambiguità di ruo-lo che spesso crea dinamiche intraconflittuali, in particolare, quando non si riesce a soddisfare le aspettative dei collaboratori.Le tecniche di analisi dei fattori di rischio riguardano l’interrela-zione tra le attività, sono orientate a cogliere la qualità delle in-formazioni e delle comunicazioni, la qualità dell’ambiente, la di-visione del lavoro, gli ambiti di autonomia e di responsabilità, in sintesi, la qualità del lavoro.In conclusione, la valutazione dei livelli di rischio psicosociale stress lavoro-correlato, anche in questo contesto, include piani di fattori con relativi items diversi, al fine di verificare l’intensità di alcuni sintomi e problemi fisiologici, psicologici e comporta-mentali, la localizzazione del controllo in generale e la percezio-ne del potere.

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La comprensione della patogenesi delle disfunzioni permette al manager, di ridisegnare anche la salute dell’organizzazione, in direzione della sua innovazione e realizzazione.Si suggerisce, inoltre, ai managers di operare in una prospettiva filosofico-manageriale, che sviluppa le competenze nell’assoluto riconoscimento dei limiti, sia soggettivi sia strutturali e organiz-zativi.

CATEGORIA FATTORI CAUSA DI STRESSStruttura e stile gestionale

Struttura, stile, comunicazioni

Gestione risorse umane

Selezione, feedback, retribuzione, formazione, incentivi, procedure disciplinari, interazioni, salute e sicurezza

Processo di lavoro Durata, carico, turni/orari, con-trollo qualità, obiettivi, formazio-ne

Caratteristiche di la-voro

Varietà competenze, identificazio-ne e valore mansioni, autonomia e feedback

Ambiente sociale e tecnico

Lavoro di squadra e di gruppo, mutamenti tecnologici, struttura ambientale

Incidenti Esubero, riorganizzazione, as-sorbimento

Fonte: Agenzia Eu per la sicurezza e la salute sul lavoro - Siste-mi e Programmi

Dott.ssa Francesca Mereu

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Must che generano stress -Hargreaves (1998)-

-Devo essere sempre puntuale-Le altre persone devono essere sempre puntuali-Devo visitare i parenti tutte le domeniche-Devo incontrarmi con… tutti i lunedì sera-Devo sempre dire di sì di fronte a lavoro straordinario-Devo guadagnare per permettermi una casa grande e una macchina costosa-Devo andare d’accordo con tutti-Devo sempre essere disponibile per gli altri al momento del bisogno.

Il saper individuare i limiti, i rischi, e il loro fronteggiamento è condizione essenziale per attuare con equilibrio qualsiasi perfor-mances, dunque caro lettore, ti propongo subito un’autovaluta-zione sommativa dei tuoi livelli di rischio stress lavoro –correla-to.Il test, che nasce come uno strumento di analisi per l’esperto e non come uno strumento di autoanalisi, è molto complesso e de-licato; devi assolutamente prendere il test come uno strumento che ti indica solo il livello di rischio stress a cui sei sottoposto, se poi sei particolarmente riflessivo, puoi individuare anche da solo gli aspetti più problematici cui sei soggetto.Prima di affrontare l’ultima parte di questo percorso di ricerca, armati di santa pazienza e compila il seguente questionario, at-tribuendo 2 punti a ogni Sì solo del PLANE n°1 e 1 punto a ogni SI di tutta la lista di controllo, ricordandosi che per ogni No il punteggio è 0.

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LISTA DI CONTROLLO: MONITORAGGIO INTEGRATO DEI PRINCIPALI OUT PUT DI RISCHIO PSICOSOCIALE DELLO STRESS ACUTO E CRONICO MANAGEMENT LAVORO-CORRE - LATO

PLANE N°1: CEKLIST VALUTAZIONE DELLE PATOLOGIE, DEI SINTOMI, E DEI COMPORTAMENTI CORRELATI A RISCHIO STRESS ACUTO E CRONICO

Indicatori di rischio/potenziali stressors Sì No

Psoriasi

Patologia autoimmune tiroidea

Maggiore suscettibilità a infezioni virali, batteriche, micoticheIpertensione arteriosa transitoria o permanente

Tachicardia transitoria o permanente

Extrasistoli

Infarto miocardico acuto e morte improvvisa

Disturbi mestruali (sindrome dell’ovaio policistico, oligomenorrea/amenorrea ipotalamica)Riduzione della fertilità

Calo della libido fino all’impotenza nell’uomo

Maggiore incidenza di aborti spontanei e di parti pre-maturi Increzione dei livelli di cortisolo

Diabete mellito

Eczemi ad altre eruzioni cutanee

Dolore cervico-dorso-lombare

Contrazioni muscolari dolorose

Dispepsia

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Gastralgie fino alla gastrite ed all’ulcera

Alterazioni da colite spastica e sindrome del colon ir-ritabilePatologie oculistiche

Astenia

Ansia

Depressione

Disturbi del sonno

Disturbi del comportamento alimentare in senso ano-ressico e/o bulimicoCefalea

Tabagismo

Alcolismo

Dipendenza da farmaci

Dipendenza da droghe

Infortuni subiti

Interventi subiti

Affezioni della bocca e della masticazione-Bruxsismo

TOTALE PUNTEGGIO

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PLANE N.1 a.: CHECKLIST VALUTAZIONE DEGLI STRESSORS FAMILIARI (Sono qui considerati eventi vissuti anche in età infantile, causa di durevole sofferenza affettiva.)

Eventi indicatori di rischio/potenziali stressors Sì NoPerdita di un genitore o di entrambiSeparazione dei genitori

Disaccordo tra i genitoriInterruzione studi Perdita del coniuge o di figliSeparazione Gravi problemi familiariIncapacità nella gestione di equilibrio dell’interfaccia tra fattori lavorativi ed esigenze familiari

TOTALE PUNTEGGIO

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PLANE N°2: CEKLIST AUTOPERCEZIONE GLOBALE DEI FATTO-RI DI RISCHIO STRESS CORRELATI AL RUOLO NELL’ORGANIZ-ZAZIONE E ALLE RELAZIONI LAVORATIVE

Indicatori di rischio/potenziali stressors Sì NoSi dichiara insoddisfatto delle sue conoscenze e competenze professionali

Si dichiara insoddisfatto dell’autorità esercitata

Si dichiara insoddisfatto delle sue capacità di deci-sione

Si dichiara insoddisfatto delle sue capacità di co-mando

Si dichiara insoddisfatto del livello gerarchico e del-la posizione occupata

Si dichiara insoddisfatto dello sviluppo di carriera

Si dichiara insoddisfatto della propria azienda

L’ambiente di lavoro non rispetta pienamente le sue esigenze psicofisiche

Si dichiara insoddisfatto della dimensione ergono-mica e del comfort del posto di lavoro

Impossibilità a decidere autonomamente i compiti da svolgere durante la giornata

Fronteggiamento delle problematiche di comunica-zione aziendale insoddisfacente

Insufficiente abilità nella gestione della Leader-sheep

Percezione generale del proprio valore professionale scarsa

TOTALE PUNTEGGIO

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PLANE N° 2 a): CHECKLIST STRESSORS LAVORATIVI INERENTI AL RUOLO

Indicatori che producono tensione Sì No

Scadenze da rispettare

Celerità nelle decisioni

Lavoro disturbato da interruzioni

Responsabilità per il lavoro di altri

Orari protratti

Trasferte

Responsabilità per l’affidamento di beni o per dena-ro da gestire

Responsabilità per la sicurezza

Reperibilità

Irregolarità dei pasti

TOTALE PUNTEGGIO

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PLANE N°2 b): CHECKLIST STRESSORS LAVORATIVI INERENTI ALL’ORGANIZZAZIONE E ALLE POLITICHE AZIENDALI

Indicatori che producono tensione Sì No

Sostenere con equilibrio i rapporti verticali

Sostenere con equilibrio i rapporti orizzontali

Conflittualità di ruolo

Disconoscimento dei meriti

Insicurezza del contratto di lavoro

Insufficienza dei mezzi

Comunicazioni insufficienti

Politica incentivi

Relazioni sindacali

Sottoutilizzazione

Impedimenti burocratici

Collaboratori insufficienti

Turnover collaboratori

TOTALE PUNTEGGIO

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PLANE N°3: CHECKLIST AUTOPERCEZIONE DEI FATTORI DI RISCHIO STRESS CORRELATI AL LIVELLO DI GESTIONE DEL CONTROLLO E DEL POTERE

Indicatori di rischio livelli di controllo Sì No

Scarso livello di controllo sulle condizioni generali in cui il lavoro è inserito Scarso livello di controllo del proprio settore o della pro-pria mansione di ruoloScarso livello di controllo sugli obiettivi e sui mezzi per realizzarliScarso livello di controllo su se stessi

Scarso livello di controllo sugli altri

Reazioni negative a fatalità ed eventi incontrollabili

Scarso livello di controllo sull’azienda nel suo comples-so (strategie, progetti per il futuro)

Indicatori di rischio nella percezione del potere

Percezione negativa del potere nei confronti del lavoro, del gruppo, dell’organizzazione nel suo complessoScarso grado di soddisfazione del potere attuale

Scarso grado di soddisfazione del potere attivo del con-trolloreScarso grado di soddisfazione del potere passivo del controllatoScarso grado di equilibrio del desiderio di potere

Scarsa autopercezione della soddisfazione del potere

TOTALE PUNTEGGIO

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PLANE N°4: CHECLIST AUTOVALUTAZIONE DELLE CAPACITA’ DI COMUNICAZIONE UTILI ALLA CULTURA ORGANIZZATIVA

Skill (Capacità) Sì No

Scarsa capacità di gestire il linguaggio non verbale cinesico (del corpo) in generaleScarsa capacità di gestire il linguaggio paralinguistico (timbro e tono di voce, le pause ecc.)Scarsa capacità di gestire la comunicazione prossemica, cioè i rapporti di intimità e di distanza con gli interlocutoriScarsa capacità di ascoltare attivamente gli altriScarsa capacità di attuare l’empatia per comprendere la ragione degli altriScarsa capacità di adeguare il comportamento comunicativo in contesti diversi al fine di raggiungere gli obiettivi individuali e di gruppoScarsa capacità comunicativa nella gestione dei conflittiScarsa capacità nelle relazioni comunicative di generare feed-back produttiviScarsa capacità di fare emergere implementazione e innovazio-neScarsa capacità di esercitare uno stile comunicativo adeguato per coordinare il gruppo di lavoro

TOTALE PUNTEGGIO

TOTALE PUNTEGGIO SOMMATIVO RAGGIUNTO

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TABELLA DI LETTURA DEI RISULTATI

Da 0 punti a 33 punti raggiuntiLivello di rischio stress correlato al lavoro: BASSO L’analisi degli indicatori non evidenzia condizioni tali che possono deter-minare la presenza di stress correlato al lavoro, si consiglia un monitorag-gio ogni due anni.ATTENZIONE: per ogni condizione identificata si devono, comunque, adottare azioni di miglioramento mirate.Da 33 punti a 66 punti raggiuntiLivello di rischio stress correlato al lavoro: MEDIOL’analisi degli indicatori evidenzia alcune condizioni che possono determi-nare la presenza di stress correlato al lavoro. Per ogni condizione identifi-cata si devono assolutamente adottare azioni di miglioramento mirate.ATTENZIONE: Si consiglia una valutazione della percezione dello stress anche attraverso il medico competente e il monitoraggio annuale degli in-dicatori.Da 66 punti a 132 punti raggiuntiLivello di rischio stress correlato al lavoro: ALTOL’analisi degli indicatori evidenzia condizioni palesi che indicano la presenza di identificare con la massima precisione le condizioni che rappresentano il maggior rischio. Oltre ad effettuare personali azioni volte al recupero, si consiglia di effettuare una valutazione dello stress da parte di un medico competente. ATTENZIONE: il monitoraggio delle condizioni di stress e dell’efficacia delle azioni di miglioramento deve essere a questo punto affidato ad un esperto.

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PARTE SECONDA

MANAGER E COMUNICAZIONE

RISORSE DI SELF-ASSESSMENT E SELF –EMPOWER-MENT PER COMBATTERE LO STRESS

“Un essere vivente è un flusso di energia e materia sottoposto al continuo cambia-mento; nelle catene comunicative causali, lineari e progressive, ha senso parlare del

principio e della fine, tali termini sono privi di significato in sistemi con circuiti di retroazione. Non c’è fine né principio in un cerchio”

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Introduzione

La procedura di analisi della problematica relativa allo stress la-voro-correlato privilegiata in questa ricerca si avvale di continui richiami teorici alle scienze delle comunicazioni. Credo ferma-mente che nella costruzione di modelli di self-assessment e self–empowerment, (un concetto molto complesso che affronteremo in seguito), il leader debba utilizzare il maggior numero di infor-mazioni possibili veicolate dalla conoscenza scientifica. Del re-sto, il desiderio di chiarezza è sempre stato il filo conduttore di ogni intelletto che non si arrende; per combattere è necessario conoscere e se vogliamo sopravvivere nel migliore dei modi in questo universo mortale, oltre all’ormai decantato “stile di vita” il più possibile salutista, dobbiamo anche affilare le nostre “lan-ce comunicazionali”.Proprio oggi Edoardo Boncinelli ha fatto sorridere una platea, definendo gli esseri umani informicoli, mangiatori di informa-zioni.Le scienze della comunicazione rappresentano un’ottima trama su cui elaborare autovalutazioni riguardanti il livello di autoper-cezione delle nostre capacità; le nostre abilità di comunicazione intrapersonali e interpersonali, se ben consolidate, rappresentano un valido aiuto nei conflitti e possono costituire una barriera contro inutili ed evitabili rischi stress lavoro-correlato. Dall’ana-lisi della complessità dei contesti in cui si agisce, vediamo che agli individui, è richiesto di farsi partecipi, non solo delle cono-scenze, ma anche del know-how, caratteristica indispensabile per raggiungere con successo gli obiettivi.La maggiore o minore efficacia della comunicazione influisce sul rendimento individuale e del gruppo e dalla comunicazione dipende l’instaurarsi di dinamiche relazionali sane o disfunzio-nali. Talvolta, si osservano relazioni rigide dovute all’esercizio di ruoli fissi e sfide di potere che creano tensione e rendono fatico-

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sa un’atmosfera; favorendo la consapevolezza risulta possibile riattivare modalità di interazione più efficaci, collaborative e soddisfacenti. Una riflessione sulle caratteristiche della comunicazione è utile, in particolare a chi opera in un contesto ove è importante essere consapevoli dei propri messaggi verbali ma ancora di più di quelli non verbali per favorire comunicazioni funzionali.La parte che segue può a prima vista risultare un po’ noiosa e un po’ troppo teorica, ma sono sicura, che molti di voi saranno con-tenti, alla fine, di aver finalmente fatto trasparenza su molti nodi conoscitivi che il panorama delle tanto decantate Scienze della Comunicazione dal secolo scorso ci offre.La seguente traccia, inoltre, mette a vostra disposizione, la pos-sibilità di realizzare attraverso le riflessioni personali che indu-ce, numerosissimi feedback, attraverso i quali si può realmente rilevare la possibilità di evoluzione e sperimentare strategie di attivazione e potenziamento del patrimonio cognitivo, esperien-ziale, relazionale già in vostro possesso.

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Cap. 1Oltre lo stress: costruirsi autodifese

1.1 Stile di vita e cambiamento

Hai fatto il test che ti ho proposto e hai verificato la presenza di fattori a rischio stress? Ora, la lettura che segue, non potrà esser-ti di nessuna utilità, se non consideri anche l’aspetto corporeo; se sei preda di cardiopatie e continui a fumare, se sei in sovrap-peso e ti ostini ad assumere grassi e bere troppi alcoolici, devi assolutamente risolvere il problema delle prescrizioni mediche e agire in concomitanza in direzione di un cambiamento anche psichico; è la vera formula per raggiungere l’attivazione spesso inaspettata di sostanziali cambiamenti.Avrai capito che i sintomi e i rischi sono strettamente collegati allo stile di vita individuale e devi perciò renderti consapevole delle conseguenze che puoi ottenere in primis, dai cambiamenti di comportamenti rilevanti per la salute.A tale proposito, se sei un lettore conscio dell’importanza della ricerca e dell’evidenza scientifica, ti chiederai, leggendo le ri-flessioni che seguiranno se esse ti potranno servire realmente al fronteggiamento dei livelli di rischio acuto, la risposta è: ”Sì e No”. Le riflessioni e le strategie presentate sono solo alcune e da utilizzarsi in diverse situazioni. Questi metodi costituiscono solo un approccio dai confini aperti, rappresentano un incoraggia-mento al cambiamento dello stile di vita, inteso come cambia-mento del sistema di comunicazione intra e interpersonale, per-ché l’impatto corrosivo dello stress sull’individuo può essere as-solutamente modificato dalla reazione dell’ambiente.A questo punto, lasciamoci alle spalle tutti i fattori di vulnerabi-lità, come la scarsa autostima, la rigidità, il pessimismo, la di-pendenza. Allontaniamo da noi questi elementi che ci espongono

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solo a disagio psichico e non ci permettono l’apprendimento di valide strategie di adattamento e superamento dello stress croni-co.Cerchiamo di elaborare in termini positivi e costruttivi il nostro progetto esistenziale; fiducia in noi stessi, consapevolezza e au-toefficacia rappresentano ora i prossimi obiettivi da raggiungere e prima delle considerazioni sulla comunicazione ti propongo questa riflessione sullo sviluppo e il cambiamento della persona-lità.La nostra mente possiede le energie sufficienti per aiutarci nel cambiamento, si tratta di operare un fitness cognitivo ed emoti-vo, attraverso il quale implementare gli elementi che ci porteran-no all’autoefficacia.Arrivare a essere soddisfatti del presente è il primo step di que-sta breve analisi che ci porterà a essere “response able” (capaci-tà di rispondere in maniera ottimale a ciò che accade) e rappre-senta un importante indice di salute psicologica.La parola d’ordine è d’ora in poi azione, e la lettura di questi brevi appunti ti sarà senz’altro di aiuto.Iniziamo parlando della strategia di coping, il coping è un pro-cesso attivo caratterizzato sempre da un buon grado di motiva-zione (Folgheraiter 2004).Tale procedimento indica la capacità della persona di cavarsela in situazioni difficili utilizzando le proprie risorse mentali o emotive. Con il termine coping s’intendono gli sforzi cognitivi e comportamentali necessari a dominare ridurre o tollerare richie-ste specifiche interne o esterne ai conflitti.Lazarus e FolKman (1984) hanno diviso due stili di coping co-gnitivo:a) Coping centrato sul problema attraverso il quale l’individuo cerca di definire la natura del problema e reagendo tenta di mo-dificare la situazione;

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b) Coping centrato sulle emozioni che vede l’individuo impe-gnato a ridurre lo stato di disagio emotivo che deriva dalla per-cezione dello stress.Le strategie di coping o fronteggiamento partecipano al fenome-no della resilienza ma essa costituisce un fenomeno molto più vasto.La resilienza indica un processo di adattamento positivo in cir-costanze in cui le difficoltà personali, familiari o ambientali, sia-no così estreme che farebbero pensare a conseguenti alterazioni delle capacità conoscitive o funzionali della persona.È possibile formarsi e educarsi allo sviluppo della personalità re-siliente al fine di promuovere la salute e il miglioramento della qualità della vita, in particolare attraverso lo sviluppo del pro-cesso di empowerment (il termine deriva dall’inglese to empo-wer che significa dare, conferire potere, mettere in grado, rende-re capace).L’empowerment fu definito per la prima volta da Rappaport (1981), come un processo che permette l’acquisizione del potere inteso come crescita delle possibilità dei singoli e dei gruppi di controllare attivamente la propria vita. Si tratta di un potere in-terno.L’Organizzazione Mondiale della Sanità descrive l’empower-ment come il processo generale di rinforzo, crescita e responsa-bilizzazione delle persone e della comunità perché diventino sempre più capaci di svolgere la loro funzione sociale.Zimmemerman (1999) ha identificato quattro componenti psico-logiche dell’empowerment che sono:a) Attribuzione di causalità interna (internal locus of controll) è la tendenza a interpretare i risultati e gli effetti delle proprie azioni come determinate più dai propri comportamenti che non da forze esterne.

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b) Percezione di autoefficacia o self efficacy indica come il giu-dizio individuale sulla mobilitazione delle proprie risorse cogni-tive e sulle proprie azioni sia importanti.c) Speranza appresa (learned hopefullness) è la tendenza a rite-nere che determinati eventi siano gestibili e controllabili e indi-rizzabili verso eventi positivi.d) Pensiero operativo positivo è guardare gli eventi con obietti-vità, si correla alla possibilità di partecipare alla costruzione e alla valorizzazione, utilizzando le proprie risorse mentali o emo-tive.

RelaxL’attività cerebrale non può effettuare la sintesi delle esperienze e l’elaborazione di nuove idee se non in alcuni momenti di di-stacco; sono tempi che se apparentemente sembrano “morti” ap-paiono invece indispensabili alla vita.Relax è sforzo volontario che deve trasformarsi in abitudine!Si deve poter essere in grado di concentrarsi su se stessi!Si deve lasciare da parte l’eccessiva tensione nei confronti dell’ambiente esterno!Si devono distogliere le tensioni che creano immagini mentali negative!Si devono rimuovere le tensioni corporee che creano disagio!

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Esercizio per evitare l’ indisponibilità cerebrale Sdraiatevi e mettetevi comodi;Respirate molto profondamente per due minuti;Pensate e ripetete (con ordine iniziando dalla testa, al viso, al collo, spalle, braccia, mani, torace, colonna vertebrale, inguine, gambe e piedi) muscoli del … rilassatevi!Ripetete per almeno 2 volte l’esercizio fino al raggiungimento di uno stato di tranquillità psicocorporea.Formatevi un’immagine mentale del vostro corpo rilassato e come per la tecnica di autoipnosi, potete ora vedervi in azione come realmente vorreste agire rispetto alle vostre quotidiane si-tuazioni.Le immagini saranno sempre più realistiche, la vostra mente lo-gica funzionerà meglio e l’inconscio sarà in grado di accogliere nuove gestalt comportamentali e nuovi insight.

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Cap. 2

Leader e Leadersheep

2.1 Il leader

Prima di analizzare i sistemi di comunicazione, la tattica che consiglio a tutti i managers e a chi occupa un posto di responsa-bilità, è di dare un’occhiata allo scenario teorico che ruota intor-no al loro ruolo sociale; si tratta di una strategia di riflessione utile a fare chiarezza sulla propria figura sociale concepita come leader. Il leader di un gruppo è la persona che guida, dirige, controlla: è il capo, ha più potere e influenza gli altri e anche se tu che leggi, non sei proprio un manager, ricordati che infondo ciascuno di noi è leader di se stesso.La posizione del leader e la conseguente situazione di potere re-lazionale che si crea intorno a lui, viene definita leadership. Le variabili proprie dell’esercizio di tale funzione sono personali, contingenti e in continuo mutamento.Si considereranno i vari tipi di potere interpersonali propri del soggetto e il livello di equilibrio dimostrato nell’elargirli: il po-tere di esempio, basato su persuasioni di prestigio; il potere di competenza; il potere di ricompensa, economico, morale e affet-tivo; il potere coercitivo; il potere legittimo, legato all’effettiva posizione ricoperta; infine il potere comunicazionale, in quanto il leader riveste la funzione chiave di una vasta rete relazionale.Inoltre, si tende a considerare il senso di autorità emanato, come una variabile continua, di cui un individuo è dotato secondo il suo influsso sulla condotta del gruppo.Si può analizzare l’autorità del leader attraverso il possesso di alcune variabili: a) Investimento; inteso come il possesso di stili che indicano l’individuo fortemente impegnato per una libera scelta verso uno scopo tenuto in alta considerazione.

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b) Autonomia; possesso di stili che indicano indipendenza, giu-dizio e obiettività.c) Consistenza; riflette il senso di una scelta coerente e inflessi-bile.d) Rigidità; come senso di percezione, che il capo non si sotto-mette!e) Equità; riferita al senso di reciprocità delle relazioni e delle opinioni favorevoli o contrarie.Un altro aspetto, analizzato e considerato dal senso comune, fondamentale per il successo del leader, riguarda “il morale”, ovvero il livello positivo o risonante che egli è in grado di eser-citare su se stesso e sul gruppo; è il leader che fissa le norme e massimizza collaborazione e armonia affinché il team sfrutti ap-pieno i migliori talenti posseduti da ciascun suo componente.A differenza della dissonanza, che si manifesta a volte, come in-capacità di comprendere i sentimenti delle persone e come spira-le negativa di sentimenti di delusione e rancore, la risonanza o sintonia, produce quell’equilibrio fondamentale per coltivare energie gruppali costruttive e produttive.Tale equilibrio si raggiunge attraverso il paradosso tra il perso-naggio/leader che sembra essere il più meschino o il più realisti-co e il leader più idealista che rincorre nobili ideali senza fare veri sforzi per raggiungerli.Se è vero che le emozioni hanno guidato la sopravvivenza del-l’uomo nel corso della sua evoluzione, per prevenire situazioni di stress cronico, e per il successo della leadership, è necessario porsi costantemente la problematica di come non cadere vittime dei numerosi sequestri emozionali che si incontrano quotidiana-mente e che sopraffanno, producendo ansie, rabbie e minacce.Come dicevamo, Daniel Goleman ha elaborato la teoria dell’in-telligenza emotiva o IE.

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Lo sviluppo equilibrato di questa abilità consente al leader di svolgere il suo compito principale che consiste nel generare en-tusiasmo e ottimismo, senso di fiducia e collaborazione.La consapevolezza e il possesso delle quattro dimensioni del-l’intelligenza emotiva forniscono strumenti fondamentali per l’esercizio di una leadership risonante.

Le quattro dimensioni dell’intelligenza emotiva e le loro re-lative competenze___________________________________________________Appartengono alla sfera delle competenze personali:___________________________________________________a) Consapevolezza di sé; comprende: consapevolezza del pro-prio stato emotivo, accurata autovalutazione, fiducia in se stessi.b) Gestione di sé; comprende: saper gestire le proprie emo-zioni, trasparenza, adattabilità, orientamento al risultato, iniziativa, ottimismo.___________________________________________________Appartengono alla sfera delle competenze sociali e comuni-cazionali:___________________________________________________a) Consapevolezza sociale; comprende: empatia, consapevo-lezza dell’organizzazione, orientamento al cliente.b) Gestione delle relazioni interpersonali; comprende: leader-ship ispiratrice, influenza, sviluppo del potenziale altrui, agente di cambiamento, gestione dei conflitti, creare legami, lavoro di gruppo e collaborazione.

È sulla base di riflessioni sulle succitate competenze e nella con-siderazione del proprio io reale e del proprio io ideale che puoi effettuare, come leader, l’autoapprendimento.

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Puoi stabilire delle tappe per il miglioramento, in direzione di fi-losofie umaniste, valutare attentamente gli spettri dei feedback negativi e le possibilità costruttive dei feedback positivi, senza mai dimenticare quanto sia logorante lo stress che è implicito nello svolgimento del tuo compito.

2.2 Modelli

Nel corso della storia, si sono individuati e denominati vari mo-delli di stile del leader, con il fine di individuare quello migliore. Di seguito, ne riportiamo un breve elenco cosicché tu possa me-glio riflettere sul tuo stile personale ed eventualmente migliorar-lo.

Leader autocratico

Le decisioni sono assunte soltanto da lui, è lui solo che determi-na le attività, le tecniche e suddivide i compiti tra i membri del gruppo.Non partecipa effettivamente alla attività e propone apprezza-menti personali.Le coesioni e comunicazioni tipiche dei suoi gruppi sono dette a stella, tutto si basa sul capo.E’ stato constatato un livello massimo di ostilità nei confronti di questo capo e un livello minimo di socialità e coscienza riguardo ai compiti, tra i membri del suo gruppo.Inoltre, gli appartenenti ai gruppi a leadership di carattere auto-cratico, dimostrano un massimo di competizione e aggressività tra loro e un massimo di difficoltà a supplire il capo.Il livello dei rapporti interpersonali e il grado di soddisfazione alla produzione/partecipazione è mediocre e di conseguenza la qualità del lavoro risulta mancante di elementi significativi.

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Si distinguono tre tipi di leader autocrate: 1) Rigido; è severo ma giusto, non delega l’autorità, è impersonale, a volte meschi-no e realista.2) Benevolo; è afflitto da una coscienza non conformista, vuole essere amato, agisce per il bene dei propri collaboratori, anche se è conservativo.3) Incompetente; è infantile, non ha il giusto equilibrio per co-mandare, è ossequioso con i superiori, umilia i collaboratori di cui invidia le qualità, è pronto a qualsiasi compromesso utile alla sua carriera, essendo un debole, compensa i suoi comportamenti contradditori con impulsi di comando.Per quanto riguarda lo stato d’animo morale, riferito al “senso del futuro”, il leader autocratico, propone ai suoi subordinati uno scopo alto e ideale, ma per ciò che concerne l’azione imme-diata, egli rivela solo il passo successivo dei suoi veri piani, così non solo ha in pugno il futuro, ma rende “dipendenti” e può in-dirizzare i movimenti a suo piacimento. In tale modo il “morale di gruppo” sembra non avere la forza necessaria per reggersi alto.

Leader autoritario

Il suo è uno stile coercitivo, richiede obbedienza immediata senza spiegazione degli ordini.I leader autoritari vogliono esercitare un controllo ferreo sugli altri, concentrano le critiche sugli aspetti negativi e, di conse-guenza, non producono feedback costruttivi.Il carattere di tale leader è freddo e intimidatorio e così, di ri-flesso, lo spirito del gruppo non farà che peggiorare e produrre addirittura sentimenti di alienazione.È uno stile che rifiuta la manipolazione e manifesta la capacità di dominare le proprie emozioni; in caso contrario, la rabbia del leader esplode e sfugge a ogni controllo.

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Leader democratico

Assume decisioni dopo discussioni gruppali e indica alternative.Lascia ai membri le scelte di divisione spontanea del lavoro e delle tecniche.Partecipa attivamente e impartisce apprezzamenti obiettivi.Le coesioni e comunicazioni in questi gruppi sono dette a rete, in quanto le affinità tra i membri sono notevoli.Risulta essere uno stile comparativo, funzionale, che propone procedure riflessioni e attenzioni.La dinamica di tale tipo di gruppo si evolve a partire dall’inte-grazione dei diversi membri, si sviluppa attraverso valutazioni e previsioni, analisi e sintesi.La qualità del lavoro risulta essere solida e ben costruita. Il livel-lo di soddisfazione dei membri risulta essere omogeneo e abba-stanza alto.Si distinguono due tipi di leader democratico: a) Autentico; come un direttore, sa delegare la propria autorità, è sensibile e sa come trascendere gli individui.b) Pseudo/democratico; manca di maturità affettiva, spesso è solo un abile manipolatore.Per quanto riguarda il morale o stato d’animo, il leader demo-cratico prevede e comprende tutti i comportamenti presenti e fu-turi e li comunica; risulta questo, essere un sistema per mantene-re alto il morale del gruppo.

Leader affiliativo

Tali leader tendono a dare valore alle persone e ai loro sentimenti, dando molta importanza ai bisogni emozionali dei dipendenti.È uno stile di leadership di impatto positivo, che crea risonanza attraverso comunicazioni che suscitano fiducia.

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Il leader affiliativo tende a far applicare praticamente le compe-tenze di tipo collaborativo, anche se fornisce raramente ai dipen-denti consigli costruttivi su come migliorare.Spesso il lavoro risulta essere trascurato proprio per l’eccessivo zelo che tali individui dimostrano nel voler per forza avere buo-ni rapporti con tutti.La leadership di tipo affiliativo, proprio per il suo stile simpatico e amichevole, risulta a volte, lasciare il gruppo disorientato.

Leader coach

È uno stile che si concentra sullo sviluppo personale e il potere comunicazionale; avviando conversazioni personali con i propri dipendenti i leaders coach stabiliscono con loro un rapporto di intesa e fiducia.Tali leaders aiutano gli individui a riconoscere le proprie doti e i propri limiti e a metterli in relazione con aspirazioni personali e professionali.Se praticato in modo esagerato, questo stile finisce per rassomi-gliare a una microgestione del dipendente, emana un senso di controllo eccessivo.A volte lo stile coach assume la forma di un vero e proprio pro-gramma formativo.

Leader battistrada

È uno stile di leadership determinato e ossessionato dal desiderio di migliorare il rendimento, individua immediatamente nei suoi collaboratori i mediocri e li opprime con continue richieste di miglioramento.Questi leader sono talmente concentrati sui propri obiettivi da apparire indifferenti verso le persone e il risultato che ottengono non è duraturo nel tempo.

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Tale stile funziona se è alternato o supportato da feedback che provengono dallo stile visionario.

Leader visionario

Indica al gruppo la meta, ma non la strada da seguire, lasciando così a ognuno la libertà di innovare, sperimentare e assumersi ri-schi calcolati.I leaders visionari tendono a trattenere i dipendenti di maggior valore, aiutano i collaboratori a comprendere come la loro fun-zione s’inserisca nel grande quadro di insieme e nel farlo, li ren-dono consapevoli non solo del valore del loro lavoro ma anche del motivo per cui esso è così importante.Se tali leaders credono veramente nell’ideale proposto, riescono a guidare il gruppo con mano ferma. La dote più forte espressa da tale leadership è l’empatia e il senso di innovazione e trasfor-mazione.

Leader lassista

Le sue decisioni risultano essere indeterminate, non aiuta nelle scelte di lavoro o di tecniche, anche se fornisce materiale ed informazioni. Non si propone attivamente e non pronuncia nessun apprezzamento.La dinamica di tale leader, induce il gruppo a difficoltà di intesa e di analisi e a risultare disordinato o mal collegato. La qualità del lavoro risulta essere diversa, un po’ confusa e di conseguenza il grado di soddisfazione del gruppo non è omogeneo, varia da membro a membro.Il sentimento morale di tale gruppo risulta essere il più basso, in quanto non sono del tutto chiari scopi e obiettivi.

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Alla fine di questa passerella connotativa delle diverse tipologie delle leadership, posso solo consigliarti di riflettere sul fatto che i leaders più efficaci non adottano un unico stile, ma hanno la capacità di sfumare da uno stile all’altro, in modo impercettibile, a seconda delle circostanze e dei contesti situazionali.

Il manager assume inoltre quattro stili di leadership diversi, a se-conda della natura del suo compito e delle caratteristiche dei su-bordinati.

Leadership DirettivaÈ efficace in situazioni dove il compito è poco strutturato e i membri del gruppo accettano il potere in maniera acritica.

Leadership SupportivaOrientata alle relazioni, risulta positiva se il compito è ben strut-turato e i membri esprimono bisogno di riconoscimento sociale.

Leadership Orientata alla riuscitlÈ efficace per subordinati con forte motivazione all’autorealiz-

zazioneLeadership Partecipativa

Attuabile quando i membri del gruppo attribuiscono il successo alle loro personali qualità nelle decisioni e nei comportamenti, dunque manifestano alti livelli di partecipazione.Stile di leadership nei quali può essere più o meno prevalente la dimensione legata al compito o quella legata alle relazioni

TellingPrevale una forte direttività, la comunicazione è unidirezionale, i

collaboratori sono insicuri e poco capaci.Selling

La comunicazione è bidirezionale, il gruppo ha un’alta compo-nente motivazionale e una forte maturità ma scarsa abilità come

nel caso di neoassunti, il leader sostiene ed incoraggia.

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ParticipatingSi facilita con supporto emotivo in quanto è presente una note-

vole professionalità, ma manca maturità psicologica; il leader in-coraggia all’autonomia

DelegatingSono presenti ottimi livelli di competenze e maturità; il leader

lascia ampi spazi di autonomia, spesso il suo compito è solo in-dividuare il problema.

Concludo ricordandoti che il tuo ruolo di manager e leader è il nucleo da cui si sviluppano: l’individuo che viene aiutato ad integrare i suoi bisogni con la cultura dell’organizzazione; il gruppo per il quale si costruisce una visione comune e il sen-so di coesione gruppale; l’organizzazione che tu stesso perpetui alla ricerca di modalità gestionali efficenti ed efficaci.

2.3 Organizzazione e leadership patogena e nevrotica

Naturalmente non sempre sono tutte rose e fiori, hai fatto il test che ti ho proposto? Il tuo livello del rischio stress correlato al la-voro è alto? Allora probabilmente ti saranno utili le seguenti considerazioni, perché sicuramente avrai influenzato negativa-mente anche il tuo stile di leadership.

Gli stili nevroticiOrganizzazione paranoide

Fondata su diffidenza, enfasi, decisioni poco analitiche, potere centrato e non delegato. Piani severamente controllati e coordinati, astensione dal rischio.

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Organizzazione compulsivaFissata in attività perfezionistiche e politiche standardizzate. Progetti dettagliatissimi sempre soggetti a continui checkpoint, a rischio di eccessiva pignoleria burocratica. Visione fobica del cambiamento.

Organizzazione drammaticaFissata sull’attrarre l’attenzione, narcisismo, immodestia. Il potere è solo al vertice e le comunicazioni sono ordini a rischio di autoritarismo ed esposizione.

Organizzazione depressivaAbitudinarismo inerte e burocratico, clima di automatismo e rassegnazione, decisioni mancate e procrastinate. Gli scopi sono scontati e non in linea con le tecnologie mature.

Organizzazione schizoideIndecisione e neutralizzazione reciproca tra diversi orientamenti. Le proposte sono ad opera di manager di secondo livello che scadono spesso in competizioni carrieristiche producendo conflitti anche minacciosi.

Lo stile nevrotico di un’organizzazione o di una leadership, del resto come quello sano, permea le decisioni su strategie e strut-ture e condiziona le relazioni con l’ambiente. Merry e Brown (1978) hanno individuato alcuni fattori che caratterizzano le or-ganizzazioni a grave disagio psicologico o nevrotiche, le varia-bili evidenziate, si riferiscono a:

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Scopi -valori - normeNon esistono fini, valori e norme condivisi, non sono identificati e ordinati per priorità i bisogni, di conseguenza non si discrimina nello scambio con l’ambiente l’inutile e il dannoso.

FunzionamentoE’ inneficace e innefficiente con incapacità di pianificare a lungo respiro, disordine nelle allocazioni decisionali, inettitudine a soluzioni tempestive e innovative, dispersione delle energie.

ComunicazioniSono ristrette inadeguate e mancanti di feedback. Diffidenza, conflittualità caratterizzano i rapporti tra i settori. Le comunicazioni verso l’alto management sono filtrate e reticenti con conseguenti livelli di scarsità sul controllo.

Clima organizzativoBasso morale, frustrazione. Abbandono dell’organizzazzione da parte di persone valide, socializzazione disdicevole.

Immagine interna dell’organizzazioneelusione e sfiducia, confronti avvilenti, senso di impotenza e di

fallimento inevitabile.

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Cap. 3

Comunicazione

3.1 Riflessioni terminologiche

A questo punto dell’esposizione, consiglio una semplicissima ri-flessione chiarificatrice sui termini della Comunicazione, per-ché, come ho già affermato in precedenza, considero le sue tec-niche, un ottimo strumento per fronteggiare la vulnerabilità e i rischi psicosociali di stress correlati al lavoro. Iniziamo dall’etimologia del vocabolo: la radice del termine “comunicazione” risale ai verbi greci: koinòo (rendo comune) e koinonèo (partecipo) e al latino communico (metto in comune, condivido).Dalla terminologia si è intuito il modo in cui nel passato si defi-niva la comunicazione come “l’atto di mettere in relazione”. Oggi le trasformazioni tecnologiche hanno portato all’estensione e all’articolazione del significato di comunicazione.Le attuali scienze della comunicazione sono un universo conteso e futuro che si serve di infinite contaminazioni interdisciplinari e la definizione di comunicazione si propone di conseguenza con una molteplicità di significati o interfacce tra il mondo origina-rio e il futuro dell’essere vivente. È una definizione che oscilla continuamente tra il paradigma in-formazionale e quello relazionale, sviluppandosi quasi come una rete interculturale in continua mutazione. La comunicazione si serve di tutti questi linguaggi, spesso in azione contemporaneamente, per veicolare e trasmettere “ener-gia“ di forze fisiche e mentali, negative e positive, che influen-zano continuamente gli interlocutori o protagonisti del dialogo e dello scambio comunicativo.La comunicazione è una dinamica di modificazione dei compor-tamenti “a due vie”, spesso l’informazione che si ottiene è di

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eguale importanza all’informazione che si dà, in quanto rende possibile ed efficace la relazione fra i due comportamenti sul piano del percepire, agire e realizzare.Il processo comunicativo, elemento fondamentale dell’agire umano, è manifestazione di personalità, comportamento, atteg-giamenti, e modi di essere. Nello scambio comunicativo, inoltre, è insito il procedimento di condivisione di valori e regole sociali. L’uomo è un animale sociale e vive in gruppo fin da cucciolo, il segreto per il funzionamento positivo della vita di gruppo consi-ste nel rispetto delle regole e nella credenza in valori morali. È la comunicazione ragionevole che permette che tali norme si sviluppino e siano trasmesse all’interno dei gruppi.Importante è chiarire che alla base di tutti i sistemi linguistici so-pra elencati, c’è una definizione accademica da rispettare.

COS’E’ LA COMUNICAZIONE?Un sistema di linguaggi verbali orali e scritti

È la facoltà che hanno gli esseri umani di apprendere una o più lingue, di parlarle di scriverle, di tradurle e di servirsene per ra-gionare e dialogare o anche per il contrario, in altre parole con-fondere e negare le informazioni.

Un sistema di linguaggi paraverbali o paralinguisticiÈ l’insieme di tutti quei suoni o espressioni fonico/emotive che accompagnano il linguaggio verbale: l’intonazione, il timbro e la qualità della voce, la velocità e il tono e che contribuiscono alla costruzione del senso del messaggio o alla sua distruzione.

Un sistema di linguaggi non verbaliÈ un universo di linguaggi che servono all’essere umano per mettersi in relazione con gli altri, in particolare sono ottimi siste -

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mi per controllare la vita interiore delle emozioni e dei senti-menti. Tali linguaggi sono basati sul funzionamento degli organi di sen-so, sono vari e così denominati: linguaggio artistico o visivo, linguaggio del cinema, linguaggio cinesico, linguaggio della danza, linguaggio digitale, linguaggio erotico, linguaggio fisio-gnomico, linguaggio gastronomico, linguaggio grafologico lin-guaggio della moda, linguaggio della magia, linguaggio olfatti-vo, linguaggio prossemico, linguaggio teatrale e pantomimico.Un sistema di mezzi di comunicazione di massa o mass-me -

dia systemÈ il complesso dei mezzi di comunicazione pubblici; si serve di strumenti denominati mass-media come i giornali, la radio, la te-levisione, il cinema ed internet; tali mezzi usano linguaggi au-dio/visivi, grafici, digitali, virtuali e domotici. Sono mezzi che realizzano le comunicazioni a distanza, i divertimenti e le infor-mazioni simultaneamente in tutto il pianeta.

Un sistema di comunicazione aziendale o di impresaÈ il veicolo fondamentale del processo di Marketing, in partico-lare nel contemporaneo universo della New Economy.Si possono sintetizzare le fasi di comunicazione aziendale, es-senzialmente volte alla “Pubblicity “ del prodotto/servizio, in otto obiettivi:a) Definizione del pubblico obiettivo o targetb) Scelta degli obiettivi specifici di comunicazionec) Definizione del messaggiod) Scelta dei canali comunicativie) Definizione del budget totale di comunicazionef) Definizione del mix promozionaleg) Misurazione dei risultati della comunicazioneh) Gestione della comunicazione integrata di Marketing.

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Modelli generali di comunicazione

Comunicazione interpersonaleSi attua con il dialogo e l’interazione o feedback tra due persone o in piccoli gruppi.La dimensione spazio/temporale che la caratterizza si consuma nel “qui ed ora”.Teoricamente, il potere a pari status sociale è equiprobabile e coinvolge l’essere umano in tutti i suoi aspetti biologici e teleo-logici.

Comunicazione sociale o di massaSi attua con il mass-media system; la contemporanea tecnologia digitale ha permesso il superamento della diffusione unidirezio-nale o one way communication che la caratterizzava fino a poco tempo fa, la simultaneità che ora la contraddistingue prevede per forza il coinvolgimento relazionale e l’interazione.Il potere appartiene quasi sempre all’establishment mediatico che costruisce e veicola tale forma di comunicazione. Si ritiene, inoltre, importante sottolineare come un’ampia fascia di studiosi delle discipline psicosociali; in particolare della psi-cologia del lavoro e delle organizzazioni, si siano occupati di ap-profondire le tematiche, caratterizzanti le dinamiche della comu-nicazione di gruppo, di cui si propone di seguito, una sommaria definizione.

Comunicazione di gruppoSi attua nei gruppi; scuola, esercito, azienda, amici. Le dinami-che di comunicazione si svolgono tra la leadership, tra il leader e i gregari, e tra tutti i componenti.Le influenze prodotte dal gruppo, si manifestano in altri gruppi; infatti, oltre alla dimensione dell’interazione, sono coinvolti i rapporti di relazione la cui dimensione spazio/temporale è illimi-tata; per ora mi fermo qui, ma più avanti questo tipo di comuni-cazione sarà meglio esplicitata.

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3.2 Il processo comunicativo

Il processo comunicativo è un rapporto di discussione e condivi-sione di significati, avente luogo tra personalità impegnate in una situazione comune; viene così concepito come l’incontro di più universi simbolici e di più coscienze appartenenti a soggetti caratterizzati da precisi ruoli e identità psico/sociali. Gli interlocutori sono coinvolti in un sistema circolare di intera-zioni dinamiche che ho chiamato in modo quasi alchemico, se-miosfera, prendendo in prestito una nota definizione del semio-logo Lotman, che la idealizzava come quello spazio semiotico, attraverso cui i segni agiscono e assumono un senso.

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L’emittente sceglie un codice con il quale formulare il messag-gio; è il processo di codifica.Il messaggio è trasmesso attraverso un canale al ricevente, il quale attua il processo di decodifica, in altre parole attribuisce al messaggio un senso.Per esempio, l’emittente sceglie, come codice, il linguaggio dei gesti per formulare un messaggio di saluto a un ricevente; in questo caso i canali di trasmissione sono i gesti delle mani e la vista del ricevente.Il processo comunicativo avviene in una sfera, contesto, situa-zione o universo di discorso dell’enunciato.Ad esempio il luogo fisico del saluto, supponiamo la stazione, o la situazione tra i comunicanti, che può essere di un incontro di affari, o la sfera psicologica che li avvolge, uno è il “capo, l’al-tro un semplice impiegato.Il processo comunicativo è sempre attraversato da noise o ru-mori; sono ostacoli e barriere che lo disturbano; voci, stati fisi-ci e mentali di malessere/benessere, effetti ottici e sensoriali, ru-mori tecnologici o prodotti dalla natura.Nel processo comunicativo, la gestione degli ostacoli comunica-zionali è di massima importanza; esistono un insieme di comuni-cazioni informali, che si manifestano sotto forma di conversa-zioni, rumori e messaggi che mettono a rischio la rete comunica-zionale, sottoponendola ad interruzioni o distorsioni.Per ottimizzare o rendere ridondanti i processi comunicativi, si utilizzano spesso filtri, naturali o artificiali, come microfoni, oc-chiali ecc.Nel gruppo è fondamentale innestare feedback (il concetto di feedback verrà meglio spiegato in seguito) basati sul common understanding, o linguaggio comune; sulla chiarezza, la preci-sione di pensiero nel far prevalere i fatti alle opinioni, l’empatia e la conoscenza.

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Cap. 4Comunicazione non verbale

Uno spazio di approfondimento specifico è di seguito dedicato alla definizione della comunicazione non verbale, tanto spesso sottovalutata o al contrario esaltata in particolare dai grandi ma-ghi della PNL, che ce ne offrono però una visione molto spesso parziale.La (CNV) è un universo di linguaggi che servono per controllare la vita interiore delle emozioni e dei sentimenti. Tali linguaggi sono basati sul funzionamento degli organi di senso, sono vari e così denominati: linguaggio artistico o visivo, linguaggio del ci-nema, linguaggio cinesico, linguaggio della danza, linguaggio digitale, linguaggio erotico, linguaggio fisiognomico, linguaggio gastronomico, linguaggio grafologico, linguaggio della moda, linguaggio della magia, linguaggio olfattivo, linguaggio prosse-mico, linguaggio teatrale e pantomimico. In questo contesto si propone un’attenzione particolare alla cine-sica e alla prossemica, discipline nei confronti delle quali, il lea-der deve possedere almeno una minima conoscenza teorico/pra-tica.La comunicazione non verbale agisce come sostegno, ottimizza-zione e sostituzione della comunicazione verbale vera e propria; nell’atto comunicativo il rapporto tra segnali verbali e non, è sempre presente; si configura come una connessione continua di correlazioni tra le due realtà significanti; è il gioco più importan-te della natura umana.Cenni, mormorii e spostamenti dello sguardo sono indici che se-gnano sintatticamente le pause grammaticali; ad esempio, il par-lante rivolge in alto gli occhi, per vedere se gli altri sono d’ac-cordo che egli prosegua, ossia se fanno cenni o mormorii d’as-senso.

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I feedback agiscono attraverso segnali d’attenzione, come quelli verso il volto altrui: la bocca indica piacere o dispiacere e le so-pracciglia segnalano sorpresa o perplessità.Tutta la vita relazionale si articola attraverso i sistemi di segna-lazione propri dei linguaggi non verbali; i messaggi che proven-gono da tali sistemi sono considerati a livello cosciente e incon-scio. Ad esempio, gesti, espressioni del viso e positure formano specifici codici cinesici e simbolici che stabiliscono relazioni: amicizia, denaro, amore, intimità, sottomissione, minaccia, su-bordinazione, dominanza, inganno.Argyle (1968) affermò che tali codici sono composti di atteggia-menti interpersonali, cioè atteggiamenti assunti nei confronti delle persone presenti: amicizia/ostilità, approvazione/disappro-vazione ecc.Ad esempio, dall’analisi dell’atteggiamento inferiore/superiore, emerge che l’atteggiamento di superiorità è così composto e ma-nifestato:a) Positura (corpo eretto, capo in alto)b) Espressione del volto (assenza di sorriso, aspetto arrogante)c) Tono della voce (volume alto e risonante, tono imperioso)d) Aspetto fisico/estetico (abiti indicanti status-sociale)e) Sguardo (diretto dall’alto verso il basso).È stato ampiamente notato come sotto i regimi autoritari, gli es-seri umani vanno sempre più in direzione dello sviluppo della percezione dei linguaggi non verbali, in particolare attraverso la gesticolazione e l’azione si valutano meglio le cose che non sono verbalmente codificate.Sappiamo che la trama della vita sociale e relazionale è compo-sta d’innumerevoli feedback extralinguistici e non verbali che agiscono spesso attraverso il procedimento dell’imitazione e, sfruttando tutti i linguaggi, contribuiscono alle costruzioni cultu-rali e interculturali.

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Paul Watzlawich, J.H. Beavin e D.D. Jackson, nel 1969 pubbli-cano un testo dal titolo Pragmatica della comunicazione umana e sintetizzano cinque postulati che confermano come la comunica-zione non verbale o analogica, sia un aspetto fondamentale della riuscita delle relazioni.Il primo assioma che tutti conoscono, è: “NON SI PUO’ NON COMUNICARE”L’assenza di comunicazione è paradossalmente impossibile, non esiste un qualcosa che sia un non comportamento, non è possibi-le non avere un comportamento. L’attività o l’inattività, le parole o il silenzio hanno tutti valore di messaggio: influenzano gli al-tri.Il linguaggio analogico o non verbale, spesso manca di precisio-ne e razionalità; è l’espressione della sfera emozionale, però rie-sce a manifestare il vero senso della comunicazione, rappresenta la cura della relazione. Intorno agli anni Ottanta si sviluppa una corrente di studi per opera di due autori o fondatori: Richard Bandler e John Grinder, che prende il nome di Programmazione Neurolinguistica. La PNL è un modello della comunicazione umana; utilizzando tale modello, si ritiene possibile descrivere in maniera specifica ogni attività umana e di conseguenza guarire fobie, superare limita-zioni, eliminare cattive abitudini, migliorare dinamiche relazio-nali ecc.Oltre al feedback verbale che è spesso sempre emanato a livello cosciente e da cui partono i feedback principali, si lavora essen-zialmente sul feedback non verbale spontaneo e inconscio.Secondo questo modello si deve aggiungere alla lista già nota dei fattori costituenti il processo comunicativo, la “mappa del mondo” intesa come gestalt, che ogni individuo si costruisce cir-ca la realtà interiore ed esteriore e come il complesso del suo si-stema sensoriale e dei suoi linguaggi.

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Si entra in contatto con l’essere umano, con i suoi principali si-stemi rappresentativi, con la sua specifica cenestesia: vista, udi-to, tatto.Le persone negli atti comunicativi privilegiano un canale senso-riale rispetto a un altro, alcune preferiscono il sistema uditivo, altre quello visivo, altre quello fisico/corporeo. Ogni canale sen-soriale possiede specifiche particolarità di trasmissione cogniti-va e comunicazionale.È un modo della comunicazione che ricerca nuove capacità, nuovi talenti, nuove avventure; vuole scoprire personalità gene-rative e geniali; ed è per questo motivo che gli innumerevoli cor-si di P.N.L., piacciono molto ai manager o ai leader in generale.

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Linguaggio della spazialità: la prossemica

La spazialità è un sistema mediante il quale gli uomini attribuiscono senso e valore al mondo, sulla base di un’articolazione fisica dell’estensione spaziale naturale o costruita. La prossemica è una disciplina così denominata da E.T. Hall, intorno agli anni Settanta.La prossemica indica come proprio il linguaggio di gestione spazio/territoriale delle relazioni umane.Studia e definisce le distanze spazio/temporali, le strategie per-cettive che gli individui adottano nei loro rapporti sociali e le differenze comportamentali tra culture diverse.La prossemica studia la territorialità definita come quella caratteristica con cui un organismo afferma i propri diritti su di un’area, definendola contro membri della sua stessa specie. A tal fine l’uomo usa l’apparato sensoriale formato da: a) ricettori di distanza: connessi all’esame di oggetti distanti, sono occhi, orecchi, naso. b) ricettori immediati: usati per esaminare l’ambiente più prossimo, sono la sfera del tatto, composta da pelle, membrane e muscoli.L’uomo usa i sensi per scegliere la distanza, la quale, dipende dal tipo di relazione fra gli individui che interagiscono, il loro sentimento rispetto alla situazione e ciò che stanno facendo.E.T. Hall ha definito varie zone di percezione spaziale, denominandole distanze, nel modo che segue.

DISTANZA INTIMA

Si può avvertire il calore del corpo dell’altra persona, il rumore e l’odore.Si distingue in:

FASE DI VICINANZA: è la distanza dell’amplesso e della lotta, del conforto e della protezione.

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FASE DI LONTANANZA: da cm.15 a cm.45, le mani possono afferrare le estremità dell’altro.

DISTANZA PERSONALESi potrebbe pensare come una piccola sfera protettiva o una bol-la trasparente che un organismo mantiene fra sé e gli altri.

FASE DI VICINANZA: da cm. 45 a cm.75; c’è la possibilità di entrare in vario rapporto con l’altro mediante le estremità.FASE DI LONTANANZA: da cm.75 a cm.120; si discutono argomenti di interesse e carattere personale.

DISTANZA SOCIALERappresenta lo spazio in cui si sviluppano relazioni impostate su convenevoli, tipici dei rapporti di lavoro.FASE DI VICINANZA: da m.1.20 a m. 2.10; si trattano gli affari personali; è abitualmente mantenuta anche negli incontri occasionali.FASE DI LONTANANZA: da m 2.10 a m 3.60; è la distanza degli affari e delle conversazioni a carattere formale.

DISTANZA PUBBLICAFASE DI VICINANZA: da m.3,60 a m.7,5; comporta l’uso di uno stile formale spesso accuratamente programmato in prece-denza.FASE DI LONTANANZA: da m.7,5 in su; è la distanza che si stabilisce intorno ad importanti personaggi pubblici; tutti gli atteggiamenti non verbali, verbali e paraverbali devono essere esagerati, è la distanza che intercorre tra un attore e il suo pubblico. Si assume uno stile congelato, finalizzato a farci rimanere estranee delle persone.

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Cap. 5

Comunicazione e Management

5.1 Feedback

Conoscere e praticare correttamente il concetto di feedback è una competenza fondamentale per qualsiasi quality manager. Quando esiste l’intenzione di individuare i motivi per cui un gruppo non è efficace, o scarsamente efficiente, significa innanzi tutto centrare l’analisi delle strutture di comunicazione che sot-tendo il gruppo stesso, riflettere su alcuni aspetti della comuni-cazione nel gruppo e mettere in relazione alcune variabili con gli obiettivi dell’organizzazione.Secondo Norbert Wiener, il padre della Cibernetica, è fonda-mentale prendere in esame i sistemi cognitivi e comunicativi forniti di strutture di retroazione, capaci di autoorganizzarsi e di programmarsi dall’interno mediante operazione di correzione degli errori.Attraverso il concetto di feedback costituisce probabilmente il contributo si prospetta la possibilità di pensare alla comunica-zione come processo interattivo.Il termine feedback tradotto letteralmente significa “alimenta-zione di ritorno” retroazione.Possiamo definirlo come un imput che permette di autoregolare le azioni comunicative, segnalando le variazioni, mette in moto il processo di controllo, permettendo così modifiche durante il corso delle interazioni.Le funzioni di tale meccanismo sono le seguenti:

Funzione di regolazione, volta a mantenere una situazione in uno stato stabile. In questo caso l’emittente invia un segnale e il ricevente risponde indican-do gli effetti di questo messaggio ricevuto.

Funzione di accumulo ciclico,

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destinata a fare evolvere a spirale una situazione attraverso l’ag-giunta delle istruzioni del programma di base ai messaggi rinvia-ti in feedback in occasione di ciascuno dei loro passaggi da parte dell’emittente.In questo caso, il ricevente rinvia all’emittente i propri segnali a cui costui aggiunge nuovi dati. Ad esempio, l’emittente sviluppa un ragionamento e utilizza cer-ti argomenti in risposta alle obiezioni sollevate dal ricevente.

Funzione di apprendimento cumulativo,destinata a rinviare alla memoria della fonte informazioni relati-ve agli effetti dei suoi messaggi.Ciò comporta la costituzione di un sapere e il suo inserimento in memoria, cosa che permette alla fonte nuove strategie di comu-nicazione a integrazione delle esperienze che possono risultare valide barriere ai fattori di rischio psicosociale da stress lavoro correlato.È il modello cibernetico della comunicazione con i suoi concetti di retroazione e circolarità che rappresenta il modello causale appropriato per l’analisi dei sistemi organizzativi considerati come interattivi.In un sistema circolare e autoregolantesi attraverso i vari feed-back autoprodotti, i risultati sono determinati proprio dalla natu-ra dei suoi processi in corso; è il comportamento equifinale.Nei sistemi aperti, le caratteristiche organizzative del sistema possono operare anche nell’indipendenza totale delle condizioni iniziali.Il fine è naturalmente mantenere l’omeostasi, la stabilità, l’equi-librio dell’organizzazione.Il termine omeostasi ha un duplice significato: a) è uno stato di costanza di fronte al cambiamento esterno; b) è un mezzo che attraverso i processi di feedback, minimizza i fattori di rischio legati ai cambiamenti.

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L’organizzazione è un sistema di regole; l’importanza del cam-biamento e della retroazione si fonda sulla premessa che ci sia alla base una qualche stabilità della variazione, è la calibrazione, la messa a punto del sistema o regola.Se dalla verifica degli stati di fatto, rispetto alla presenza o meno di fattori di rischio psicosociale da stress lavoro- correlato, emergono livelli di rischio anche minimi, è necessario cambiare la calibrazione su cui si fonda l’omeostasi dell’organizzazione.

FORME DI RETI COMUNICAZIONALIRete orizzontale o a catena

Il messaggio passa da una persona ad un'altra, a discapito della chiarezza del significato comunicazionale di base.

Rete triangolare o a raggio

Permette a più persone di comunicare con una posta al centro, di solito si sviluppa nelle comunicazioni tipiche della leadership autoritaria.

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Rete circolare o a cerchio

Tutti i membri hanno uguale occasione di partecipare al flusso comunicativo.

Rete a tutto circuito o a stella

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Gli stili comunicativi

STILE DOMINANTE

È ASSERTIVO, COMPETITIVO, SICURO, METODICO, ATTIVO, TENDENTE AD IMPARTIRE ORDINI E A MANTERE IL CON-TROLLO DI OGNI SITUAZIONE

STILE DRAMMATICOÈ ESAGERATO, ENFATICO, SVALUTATIVO, SATIREGGIA SPESSO, È RAPPRESENTATIVO DI FENOMENI INCONSCI

STILE POLEMICOÈ PROVOCATORIO, OPPOSITIVO, DISPOSTO ALLA DISCUS-SIONE, PENALIZZA LA COLLABORAZIONE, VUOLE SOPRAF-FARE

STILE ANIMATOÈ ESPRESSIVO, PREDILIGE I SISTEMI DI COMUNICAZIONE NON VERBALI E PARALINGUISTICI

STILE RILASSATOÈ CALMO, SERENO, ESPRIME CONFIDENZIALITA’ E PACE, NON DIMENTICHIAMO CHE MOLTO SPESSO APPARE COSÌ SOLO PERCHE’ INDOTTO DA FORTI PRESSIONI

STILE ATTENTOSI CONCENTRA SULLA CAPACITA’ DI ASCOLTARE E DI DI-MOSTRARE ATTENZIONE ED EMPATIA ALL’ALTRO

STILE APERTOÈ ESPANSIVO, AFFABILE, LOQUACE, LEALE, SOCIEVOLE

STILE AMICHEVOLEÈ FELICE, SORRIDENTE, NON COMPETITIVO, TENDE A PRO-DURRE GRADIMENTO.

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STILE PRECISOÈ DOCUMENTATIVO E VERIFICATIVO, ACCURATO E DEFINI-TORIO.

STILE D’IMPATTORAPPRESENTA L’INSIEME DELLE CARATTERISTICHE COMU-NICATIVE PER CUI UN INDIVIDUO VIENE RICORDATO.

In un qualsiasi tipo di gruppo di medie dimensioni, nei momenti in cui non ci sono forti situazioni reverenziali o di implicito po-tere comunicativo/dirigenziale che limita la comunicazione, re-golare il flusso del linguaggio verbale, può sembrare non sem-plice.Spesso, la natura teratologica della comunicazione, ha il soprav-vento; le chiacchiere si sviluppano di per sé, in modo tale che vanno a scapito dei veri scopi comunicazionali del gruppo.Per autogestire le meta-comunicazioni, nei casi in cui, non ci sia il leader mediatore o il facilitatore, il gruppo dovrebbe tenere presenti alcune semplici regole di non violazione dei turni di pa-rola:a) Regola della selezione e dell’interpellanza; il turno di parola spetta alla persona alla quale ci siamo rivolti.b) Regola dell’auto/selezione, il primo interlocutore non si rivol-ge a nessuno, ha acquisito il diritto al turno di parola.c) Regola della precedenza; il turno successivo va alla persona che sta parlando se riprendere a discorrere prima che un altro in-tervenga.La gestione dei turni è influenzata da tutto il comportamento non verbale e paraverbale.A proposito delle domande si deve riflettere sul come formular-le, come farle, sul quando farle e sulla loro tipologia: domande aperte, chiuse, per creare un’atmosfera, per creare un’alternati-va, domande di approfondimento, domande per canalizzare l’ar-

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gomento, domande per deviare l’argomento, domande riformu-latorie.Per quanto concerne le risposte, è necessario riflettere sul quan-do e come rispondere, riflettere sulle tecniche per evitare di ri-spondere, riflettere sulle modalità di reazione efficaci alla ge-stione delle aggressioni verbali, come il ribaltamento del punto di vista, l’esorcizzazione, il supporto tecnico informativo, lo spostamento su un altro aspetto, allargamento del problema, il contrattacco.

5.2 Ascolto attivo e Listening skills

Come base della riuscita di qualsiasi processo comunicativo, è necessario coltivare la competenza all’ascolto.L’ascolto attivo è una parte fondamentale del processo comuni-cativo; ascoltare significa partecipare attivamente a ciò che si ascolta interpretando il senso e elaborando l’analisi di compren-sione, linguistica e non verbale, dei termini e dei segni.Per cogliere l’intenzione dell’emittente, lo scopo e il contenuto del messaggio, si devono sviluppare determinate doti di com-prensione empatica.L’emittente deve saper sviluppare il potere di convocazione cioè la capacità di attirare l’attenzione dell’altro provocando la sua ri -sposta; il potere di convocazione genera interazione reciproca fra fonte e destinatario, è la capacità di dare informazioni che suscitino coinvolgimento attivo.

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Controllo delle listening skills1) Assumere un atteggiamento attivo: interdire la passività, il di-

sinteresse, eliminare le antipatie, sollecitarsi in direzione del

senso di curiosità e cordialità.

2) Guardare in faccia chi parla e pensare che in qualsiasi mo-

mento potremmo essere noi a trovarci nella stessa situazione.

3) Individuare le intenzioni e le mete dello speaker.

4) Individuare il modo in cui è organizzato il discorso; le idee

centrali e i dettagli di supporto.

5) Distinguere i fatti dalle opinioni e gli argomenti sentimentali

da quelli razionali.

6) Identificare le capacità persuasive o di convincimento.

7) Saper sintetizzare il nucleo del messaggio.

8) Saper ricordare l’argomento, le idee centrali e i dettagli.

9) Raggiungere la capacità logica di confrontare la tesi sostenuta

dall’emittente con le proprie convinzioni.

10) Sviluppare attitudine creativa ed evitare giudizi.

11) Valutare l’efficacia di chi parla, cogliere il procedimento, il

modo di gestione, l’entusiasmo, il potere persuasivo, la dizione,

il tono, l’uso dei codici extralinguistici.

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5.3 La persuasione

La capacità di persuasione implica lo sviluppo di un’accettazio-ne profonda legata non solo agli aspetti cognitivi, ma anche a quelli emotivi e comportamentali del soggetto; infatti, se si vuo-le che il soggetto si orienti nella direzione desiderata, egli deve essere persuaso.La tecnica di persuasione si presenta così come un potente stru-mento per modificare e indurre comportamenti ed atteggiamenti che possono rappresentare fonti di rischio per il distress.Nel gruppo solitamente è il leader che possiede questo forte po-tere di convinzione. Ci sono alcune caratteristiche le cui variabi-li possono rendere una comunicazione persuasiva, come atten-zione, comprensibilità, convincimento, memorizzazione.Per l’efficacia persuasiva è necessario ponderare la complessità, la sequenzialità e l’aspetto logico delle argomentazioni proposte, ai fini di formulare contenuti equilibrati e non eccessivi. Gli ar-gomenti estremi sono ricordati meglio, quindi le dissertazioni più importanti non dovrebbero essere collocate nel mezzo del di-scorso. I testi che portano esplicitatamene alle conclusioni ven-gono meglio compresi e sono più efficaci.Nel procedimento di persuasione, in alcuni testi, può prevalere l’attrazione razionale; mentre in altri, l’attrazione emotiva; in realtà è nell’equilibrio dei due fattori che si crea la persuasione.Una serie di fattori psicologici come la percezione, la compren-sione, la condivisione il ricordo, la memorizzazione, mediano il processo di persuasione.Percezione e conseguente resa sono i meccanismi che insieme ai caratteri personali contraddistinguono il processo di persuasione che avviene nel destinatario.Esistono molte forme di persuasione diretta, come il coinvolgi-mento, il senso di coerenza, la reciprocità e il senso di scambio, l’unicità, la validazione sociale, la simpatia, l’autorità.

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Per imparare a esercitare influenza e persuasione sugli altri è ne-cessario partire dalla riflessione intrapersonale e riflettere sui se-guenti punti: caratteristiche della persona che ci ha persuaso, tipo di abilità influenzate, come pensare, cambiare, credere, ra-gioni chiave alla base dell’essere stato persuaso, parole che han-no agito sul processo d’influenzamento. E’ necessario poi agire nella convergenza d’interessi ed applicare la seguente formula: persuasione = attenzione + flessibilità.

Caratteristiche personali (in ordine di priorità) per essere un buon manager

(Quadri Enel)Capacità di decidere

Spirito di organizzazioneIstruzione

Sensibilità rapporti umaniCapacità di comando

Capacità di mediazioneForza di volontà

Attaccamento all’aziendaCultura

Competenza professionaleCoscienza e propri limiti

OnestàAmbizioneCreatività

5.4 IL conflitto; riflessioni per il superamento dei diverbi

Possiamo definire il conflitto come l’incapacità di vivere una contraddizione, come un accumulo di ansietà che porta a respin-gere nell’inconscio una o più alternative di scelta.

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Da un punto di vista biologico, il conflitto e le sue dinamiche eudemiche volte alla ricerca della scelta giusta che appare im-possibile, risulta essere un nocivo bruciatore di energie e fonte di distress.Gli uomini precipitano nei conflitti in continuazione, ma non tutti i conflitti sono così distruttivi; infatti, essi attivano anche dinamiche creative che ampliano le potenzialità di azione.Nelle dinamiche comunicative si può intenzionalmente evitare di confliggere e cercare di competere su altri piani; è quella competenza comunicativa detta capacità di mediare, ma è neces-sario liberarsi delle dinamiche distruttive, tipiche dei conflitti, che spingono ad aggredire l’altro e a far del male a noi stessi.Il conflitto, soprattutto quando è sociale, può apparire come qualcosa di esterno all’individuo e cioè, come una situazione in cui vi è urto tra la volontà e le esigenze contrastanti di due o più persone.A questo aspetto esterno ed interpersonale di un conflitto socia-le, corrisponde quasi sempre anche un aspetto interno; intraper-sonale, ad esempio, in un individuo, alla forza psicologica di ca-rattere propulsivo che corrisponde al desiderio di entrare in pos-sesso di un certo bene al quale aspirano anche gli altri, si con-trappone un’altra forza di carattere costruttivo, è il senso di ri-spetto dei diritti degli altri o dell’ impossibilità pratica di entrare in possesso di tali beni.Si può tentare di rimuovere o superare il conflitto, agendo sulla percezione che i soggetti coinvolti hanno di una certa situazione, cercando di operare una sorta di ristrutturazione cognitiva, aiu-tandoli a vedere le cose in modo diverso.Favorire la cooperazione e anche la competizione costruttiva, come modalità alternative di gestione dei conflitti spesso può rappresentare un’ottima soluzione per il funzionamento dei team.

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Alcune tecniche dialogali per il superamento dei conflitti

Essere disponibili all’autocriticaEssere disponibili alla concentrazione

Essere disponibili al “ridimensionamento”dell’importanza attribuita al diverbio

Non negare emozioni negativeChiarire gli aspetti positivi del “qui ed ora”

Dimostrare attenzione all’interlocutoreNon manifestare irremovibilità

Proporre soluzioni positive e compromessiUsare fantasia e humor

Rimandare la discussione dei problemiFar intervenire un mediatore.

Del resto è dimostrato che anche le intere società in cui le possi-bilità di conflitto sono soffocate, vanno incontro a grosse crisi.Mediare un conflitto non significa solo cercare un accordo tra le parti, ma significa permettere alle parti in causa di scoprire le ra-gioni profonde dei loro atti.Spesso nella comunicazione di gruppo, in particolare in ambito aziendale, per affrontare alcune problematiche specifiche, si mette in atto una strategia comunicazionale, definita:

Problem solvingDescrivere il problema

Definirlo nella sua effettiva situazione attualeDefinirlo nella situazione desiderata.

Analizzare “il campo di forze” in cui è collocatoElaborare idee e proposte per il miglioramento

Valutare le alternativeElaborare e scegliere le strategie

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AgireValutare i risultati.

Ri-pianificare.

Il pensiero che porta a individuare in ciò che che è dato qualcosa di nuovo e stato chiamato dagli psicologi della Gestalt pensiero produttivo.Il pensiero produttivo non è contraddistinto né dal procedere per tentativi né dalla riattivazione automatica di una risposta conso-lidata ma dall’emissione istantanea di una nuova risposta a se-guito di un insight o intuizione, il soggetto ha una sorta di illu-minazione e la situazione gli si presenta improvvisamente in una nuova luce e diviene immediatamente evidente qualche suo nuo-vo aspetto prima non avvertito o non considerato.Insight significa visione di una nuova struttura, o organizzazione degli elementi disponibili per risolvere il problema.Si attua così la ristrutturazione del problema che comporta la trasformazione del punto di vista a partire dal quale il problema è stato analizzato, la scoperta di nuovi rapporti, l’attribuzione di nuove funzioni al materiale del problema.Una tecnica volta allo sviluppo di idee creative e produttive, molto utilizzata nelle aziende e nelle organizzazioni in genere è il brainstorming. Il brainstorming (letteralmente: tempesta cerebrale) è una tec-nica di creatività di gruppo per far emergere idee volte alla riso-luzione di un problema. Sinteticamente consiste, dato un proble-ma, nel proporre ciascuno liberamente soluzioni di ogni tipo senza che nessuna di esse venga minimamente censurata. La se-lezione interverrà solo in un secondo tempo a seduta di brain-storming finita.Concludo con un consiglio sull’importanza di esercitare l’ironia in qualsiasi contesto di comunicazione. Con l’ironia si decostrui-sce, si interpreta, si progetta, secondo valori di uguaglianza, di

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solidarietà, di felicità; sono valori connessi allo sperare, che l’i-ronia, producendo inquietudine, coltiva.L’ironia è una forma mentis, è disposizione psicologica, atteg-giamento cognitivo, pone la mente di fronte alla cosa con una disposizione di distacco, di sguardo da lontano di non-immede-simazione.L’ironia è così stile di intelligenza che si intreccia col critico e con il comico, da un lato, e con le forme della metacognizione, dall’altro.È forma d’intelligenza non naturale ma culturale, l’ironia come esercitazione di intelligenza, offre prospettive diverse, rovescia-mento di posizioni, reciproco gioco di contromosse, è distacco e contenitore di formule diverse di comunicazione, ha bisogno di individui che la coltivino come arte di innovazione linguistico - percettiva attraverso prassi empatiche ludico-linguistiche, per-ché crea comunicazioni aperte e giocose.

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Conclusioni

Alle nostre spalle le ricerche sulla società dell'Immunitas, in cui attacco e difesa avevano caratterizzato le prassi immunologiche che distinguevano tra interno ed esterno e l'obiettivo della difesa immunitaria era nell'estraneità in quanto tale.Ora navighiamo nel cambio di paradigma in cui l'alterità/estra-neità è sostituita dal concetto della differenza; la differenza non provoca nessuna reazione immunitaria!Il paradigma immunologico non si sposa con l'attuale società processata nella globalizzazione, la cui topologia è priva di map-pe ben delimitate che non permettono più di identificare chiara-mente i fattori di rischio al fine di elaborare protezioni.Adesso siamo tutti uguali, gravemente contraddistinti da eccesso lipidico o libidico e se in tempi o in contesti di povertà ci si pre-occupava di “assimilare”, oggi il leader si scontra con gli uguali, gli eccessi minacciano le sue forze di reazione immunitaria.Il rigetto determinato dalla positività eccessiva non rappresenta più la rassicurante reazione immunitaria, ma semplicemente ciò che da sempre era la nausea, l’abreazione digestiva, diventa vo-mito, rifiuto neuronale e a questo proposito sorridiamoci pure sotto i baffi....Tanto la violenza neuronale che ormai ha generato l'eccessiva positività ci trascinerà senza scampo in miliardi di blocchi e in-farti psichici, paura, terrore: esausti.Esausti ma impossibilitati a fermarci, extraiper attivi i nostri neuroni devono fare, produrre, guadagnare, consumare.Allora è generare, a nostra volta, in questa società della presta-zione in cui l'inconscio collettivo è impegnato a massimizzare i fatturati e ai vari No si sostituiscono depressione e frustrazione e stress cronico. Quando il soggetto di prestazione non è più in grado di poter-fa-re, di affrontare i fattori di rischio che comporta lo stress, esplo-

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de contagiosa la depressione come malattia provocata dall'ecces-so di positività di un'umanità che fa guerra a se stessa.L'ipersostentazione della complessità ci richiede la gestione fre-netica di un multitasking finalizzato, ahimé, sempre di più alla preoccupazione di sopravvivere. Si raccomanda, a questo propo-sito, di sostituire il concetto validissimo di vita activa, (seguen-do il saggio consiglio nietzschiano) con il praticare sani momen-ti di vita contemplativa, indispensabili a difenderci dalla bruta stanchezza positiva. Una riflessione filosofica quanto mai attuale nella nostra epoca, epoca che ispirandosi alla filosofia epicurea, potremmo chiama-re epoca dell’avere illimitato. Siamo oggi abitatori di un’epoca che è stata appunto definita l’epoca dell’illimitatezza dell’avere, l’epoca in cui il principio cardinale del possesso illimitato, senza confini, domina su tutti gli orizzonti. La questione è anche meta-fisica, riguarda l’assenza di confini, l’assenza di misura.Hegel stesso pensava che sia la ragione, sia la storia umana, fos-sero giunte al capolinea; anche sullo scenario della tragicità del-l’odierna epoca, non è presente l’idea di un riscatto; regna sovra-na sulla storia umana l’idea dell’intrasformabilità della situazio-ne storica in cui siamo. Niente religione, ma ciò che tiene insieme l’umanità soggiogata dal fanatismo dell’economia, non è altro che il monoteismo del-l’economia stessa, e diremo hegelianamente, la tragedia dell’eti-co che questa economia produce.In sintonia con la saggezza greca e in particolare con Aristotele, credo e propongo un’esortazione a riscoprire la giusta misura, il giusto limite come base dell’etica, dell’educazione e della politi-ca contemporanee.A questo punto, non mi rimane che lanciare le mie ipotesi perso-nali sul ruolo degli interessi e dei valori interiorizzati che insie-me alle reali relazioni, rendono possibile l'integrità psichica an-che in condizioni di stress acuto.

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Quando tutto il mondo relazionale e reale sembra non lasciarci più via di scampo, quando siamo deprivati da un punto di vista sensoriale, siamo isolati, proprio allora la vita spirituale ci può aiutare a conservare la nostra integrità.Lo sforzo di procurare nutrimento agli stimoli, interessi e valori, svolge sicuramente un ruolo adattivo nel mantenere intatte le funzioni dell'Io.Anche quando l'intollerabilità dell'ambiente stesso in cui siamo immersi è totale, vale la pena di ricordarsi come tutte le costru-zioni dell'immaginazione e della creatività aumentano la proba-bilità di sopravvivenza.Fuga verso il mondo interiore non è autismo, sono legami silen-ziosi riconosciuti da tutti gli esseri viventi e perciò hanno valore.L'importante è affrontare mediante l'insight e la comprensione i propri desideri e obiettivi inconsci, tra cui deve primeggiare quello di innalzare al livello della consapevolezza alcuni bisogni biologici universali e vitali mal rappresentati. In parole povere un modo per dire che dove predomina l'Es, deve subentrare l'Io.In altre parole, al di là di tutto, dobbiamo tendere a rendere esplicita e riconoscere la natura del proprio impegno nel mondo.Concludo così, proponendo un secondo test utile all’autovaluta-zione, al self empowerment, delle capacità di comunicazione.

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A BRIF ASSESSMENT OF COMMUNICATION SKILLS

1) CHECKLIST DI AUTOVALUTAZIONE DELLE CAPA-CITA’ DI COMUNICAZIONE LOGICO-RAZIONALI

SKILLS NO IN PARTE

SI

Capacità di autoformazioneSaper individuare i propri bisogni formativiSaper raggiungere i propri obiettiviCapacità cognitiveOsservareConcentrarsiRiflettereMemorizzareStudiareAnalizzare situazioni e problemiSintetizzare GeneralizzareSperimentareCapacità creative e di innovazioneFantasia Immaginazione IntuizioneFlessibilità Fluidità Proteiformità InvenzioneSpirito di iniziativaCapacità di implementazioneTradurre i concetti in attività di la-voro concreteCapacità di innovazione

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Capacità organizzativePianificare le attivitàStabilire priorità

Individuare obiettivi generali e spe-cifici da perseguireAttribuire ad altri ruoli e funzioniProgettare qualsiasi evento o situa-zione futuraEssere in grado di verificare i risul-tati della propria attivitàCapacità di autovalutazioneAnalizzare i propri comportamenti istintivi ed emotiviAnalizzare i propri comportamenti creativo/razionali e costruttiviValorizzare le proprie capacità

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LETTURA DEI RISULTATI

NO = 0 PUNTI; IN PARTE =5 PUNTI; SI= 10 PUNTI’

DA O A 120 PUNTI RAGGIUNTIScarse capacità di compiere atti di introspezione in generale; dall’in-sufficiente livello di capacità di gestione del proprio patrimonio cogni-tivo, dipende il non saper bene fronteggiare problemi legati a risolu-zioni equilibrate, sperimentali e innovative. Si consiglia di riflettere sulle capacità di autovalutazione come trai-ning di potenziamento delle forti lacune evidenziate.

DA 120 A 175 PUNTI RAGGIUNTII livelli raggiunti non sono ancora sufficienti; il grado di convinzione e coerenza delle proprie capacità cognitive non ha raggiunto la giusta intensità.Anche se le capacità introspettive sono presenti, si consiglia di riflet-tere sulle motivazioni di base al proprio funzionamento logico-razio-nale e considerarle un supporto per raggiungere livelli migliori.

DA 180 A 240 PUNTI RAGGIUNTIIn generale si è raggiunto un discreto livello nel padroneggiamento del proprio campo cognitivo. Convinzione e sinergia sembrano primeg-giare nella vostra sfera logico-razionale.Non si è raggiunto un buon grado di autopercezione delle proprie ca-pacità creative ed innovative; da ciò dipende il livello non ancora otti-male di applicazione delle capacità di implementazione ed organizza-zione.

DA 240 A 300 PUNTILa trasparenza, l’intensità e la sinergia raggiunte, come dimostrano gli ottimi livelli di punteggio ottenuto nell’ autopercezione e nel padro-neggiamento in tutti i campi proposti per la valutazione, indicano si-nergia, apertura, capacità di decisione ed abilità nella risoluzione spe-rimentale e innovative.

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2) CHECKLIST DI AUTOVALUTAZIONE DELLE C APA - CITA’ DI COMUNICAZIONE GLOBALE E NON VERBA-LE

SKILLS NO IN PARTE

SI

Capacità di gestire il proprio lin-guaggio paralinguistico (timbro e tono di voce)Capacità di capire intonazioni e con-notazioni linguistiche degli altriCapacità di guardare l’interlocutore direttamente in viso (il contrario è lo sguardo vagante che non fissa il viso)Capacità di gestione dei movimenti della bocca, in particolare di supera-re stereotipie della testa e smorfie dovute ad agitazione ed inquietudineCapacità globale di una gestualità mimico/ facciale convincente e per-suadente che non contrasti con le pa-roleCapacità di gestione del linguaggio cinesico (del corpo) in generaleUso di gesti violenti per comunicare (tirare, strappare ecc.)Uso di movimenti corporei stereoti-pati e ricorrenti (dondolarsi, ecc)Capacità di imitare movimenti com-plessiCapacità generale di manipolazione

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Capacità di coordinazione oculo/ma-nuale dei movimenti fini e prassie ben finalizzateCapacità di compiere gesti logico/di-scorsivi. Gesti che si riferiscono non ad oggetti ma a svolgimenti ideativi e li reinterpretano, sottolineano pau-se logiche, intensità, inflessioneCapacità di ricerca di contatto corpo-reo Capacità di gestione prossemicaCapacità olfattiveCapacità del gustoCapacità di comprensione di vari simboli anche digitaliCapacità di reagire normalmente a stimolazioni visive ed otticheConsapevolezza di poter compiere atti linguistici non verbali espressivi e creativiCapacità di riconoscere ed apprezza-re stimoli sonori e musicaliCapacità di praticare danzaCapacità di effettuare roleplayng

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LETTURA DEI RISULTATINO = 0 PUNTI ; IN PARTE = 5 PUNTI ; SI= 10 PUNTI

DA 0 A 85 PUNTI RAGGIUNTIScarse capacità di autopercezione del proprio potenziale comunicativo non verbale ed extralinguistico che si manifestano come gravi difficol-tà di comunicazione globale caratterizzano il vostro quadro interpreta-tivo.Si consiglia di riflettere ed individuare in prima istanza, seguendo le teorie della P.N.L., il vostro “tipo” cioè la modalità di comunicazione non verbale che di solito privilegiate: uditivo, visivo, cinestesico. e cercare poi di potenziare tali capacità al fine di raggiungere migliori li-velli di autopercezione e padroneggiamento anche negli altri codici non verbali.

DA 85 A 130 PUNTI RAGGIUNTIAncora non sufficienti i livelli delle vostre capacità di comunicazione globale, esistono impedimenti che vi impediscono di fronteggiare con successo comunicazioni interpersonali.Si consiglia di elaborare una “mappa sensoriale” in ordine di lacune autopercepite al fine di individuare il grado di mancanza presente in ogni tipo di codice e riflettere in direzione di ricerca strategica per il potenziamento delle rispettive abilità.

DA 135 A 175 PUNTI RAGGIUNTIÈ stato raggiunto un livello discreto nell’autopercezione e nella gestio-ne delle capacità di comunicazione non verbale; potete tranquillamen-te trattenere comunicazioni interpersonali ed utilizzare con successo più modalità espressive che le facilitino.

DA 175 A 220 PUNTI RAGGIUNTIChiarezza e sicurezza caratterizzano le potenzialità della vostra sfera comunicativa globale; non solo siete in grado di attuare comunicazioni interpersonali basate sulle modalità di interazione non verbale, ma sie-te anche capaci di individuare le modalità utilizzate dai vostri interlo-cutori ed adeguare di conseguenza il vostro stile linguistico al loro.

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3)-CHECKLIST DI AUTOVALUTAZIONE DELLE CAPAC ITA’ DI COMUNICAZIONE EMOZIONALE E RELAZIONALESKILLS NO IN PARTE SI

Saper controllare l’ansia e la sfera emotiva in generaleSenso di fiducia nelle proprie capacità Capacità di difendere le proprie ideeCapacità di definire i propri ideali

Capacità di adeguare il proprio comportamento comunicativo in contesti diversi per raggiun-gere gli obiettivi individuali e di gruppoSaper riconoscere i propri errori

Saper ascoltare attivamente gli altriCollaborare

Aiutare

Tollerare

Attuare l’empatia per compren-dere la ragione degli altriVeicolare feedback produttivi

Eseguire compiti con successo

Gestire conflitti

Coordinare un gruppo

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LETTURA DEI RISULTATI

NO = 0 PUNTI ; IN PARTE = 5 PUNTI ; SI= 10 PUNTI DA O A 60 PUNTI RAGGIUNTIScarso livello di autopercezione del proprio mondo emotivo in-teriore e del proprio potenziale di comunicazione intrapersonale, con conseguente incapacità nella gestione di rapporti interperso-nali equilibrati e controllati.Le vostre comunicazioni quotidiane sono caratterizzate spesso da fraintendimenti e paradossi relazionali.Si consiglia un approccio di Problem solving, un percorso che aiuta ad orientarsi nei problemi piuttosto che a trovare una solu-zione immediata. Orientarsi al problema vuol dire avere la per-cezione del problema, passare da uno stato ansioso ad una visio-ne chiara del problema da risolvere.Tutto quello che si organizza per trasformare gli input in output, è problem solving.Il problema deve essere visto in un’ottica dinamica che spinge le persone a muoversi interiormente in diverse direzioni.

DA 60 A 75 PUNTI RAGGIUNTIAncora scarsi i livelli di autoconsapevolezza e trasparenza del proprio mondo emotivo interiore, ansia ed incapacità di definire e sostenere il proprio ruolo caratterizzano le vostre modalità co-municative nelle relazioni.Si consiglia di effettuare l’introspezione, ovvero l’analisi delle reazioni e dei comportamenti che il messaggio ricevuto determi-na in noi.

DA 80 A 120 PUNTI RAGGIUNTI

L’equilibrio e la coerenza raggiunti vi permettono di avere un di -screto livello di autocontrollo emotivo intrapersonale ed inter-personale.

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Le vostre modalità di comunicazione si esplicano con gestalt ben definite e coordinate che rendono i vostri rapporti relaziona-li caratterizzati da feedback di successo.

120 A 150 PUNTI RAGGIUNTI;

Ottimo livello di autogestione e coordinamento delle vostre ca-pacità di comunicazione

emozionale e relazionale; avete tutte le caratteristiche che sono proprie di leaders che sfruttano con successo tutto il potenziale nell’ambito del loro potere comunicazionale.

L’abilità nella gestione dei processi di feedback vi porterà sicu-ramente ad ottenere successi nella produzione e nell’innovazio-ne della vostrà attività professionale.

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Glossario

Acting outEspressione della tensione emozionale mediante il comporta-mento in una situazione che può non avere nulla a che fare con l’origine della tensione; comportamento impulsivo aggressivo asociale.

Benessere organizzativoDefinito come: “L’insieme dei nuclei culturali, dei processi e delle pratiche organizzative che animano la dinamica della con-vivenza nei contesti di lavoro, promuovendo, mantenendo e mi-gliorando la qualità della vita e il grado di benessere fisico, psi-cologico e sociale delle comunità lavorative”. (Avallone 2003).

BossingProcedimento di molestia, frequente nella pubblica amministra-zione; il bossing è attuato da parte del diretto superiore, detto in questo caso mobber, nei confronti del dipendente.

Comunicazione extralinguisticaInsieme di fenomeni facenti parte delle strutture linguistiche, ma esterni alla struttura propria del linguaggio verbale, come la cultura in genere e tutti i fattori socio/psico/percettivi.

ConflittoIncapacità di vivere una contraddizione; accumulo di ansietà che porta a respingere nell’inconscio una o più alternative di scelta.

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ConfusioneRappresenta l’altra faccia dell’intenzionalità comunicativa; è co-municazione patologica e paradossale

Distress Con il termine distress si indica un fallimento cronico adattivo alla risposta psicofisiologica di stress.

Eucrasia Si tratta di una situazione di stress ai limiti superiori della norma ma che viene rilevata dal soggetto come pura quotidianità.

EustressL’energia ben utilizzata permette una maggiore sintonia tra l’in-dividuo e i suoi obiettivi rispetto all’ambiente.

Eziologia Deriva dal greco (aitia = causa e logos = parola/discorso) ed è utilizzato in medicina, diritto, filosofia, fisica, teologia, biologia e psicologia in riferimento alle cause che provocano i fenomeni.In linea generale, si tratta dello studio e dell'approfondimento sul motivo per cui alcuni eventi o processi si verificano, o persino sulle ragioni che si nascondono dietro determinati avvenimenti.

FeedbackIndica un meccanismo comunicazionale individuato in cibernetica e fisica; è un meccanismo psicologico e linguistico di autoregolazione, che presiede ai circuiti di controllo della comunicazione.

Feeling managementDominio esercitato sui sentimenti.

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GASGeneral Adaptation Sindrome, Sindrome generale di adattamen-to; stress è una risposta generale aspecifica a qualsiasi richiesta/demand proveniente dall’ambiente.

IstintoRisposta organizzata che predispone all’azione automatica. L’istinto è la reazione tipica di una data specie che è filogeneticamente adattata ad una determinata situazione ambientale, è un impulso innato che ci conduce ad azioni, un comportamento animale fissato dall’ereditarietà.

MasteringSituazione di padronanza, di potere e di controllo dell’individuo sulla situazione.

MotivazioneFattore dinamico o “spinta biopsichica” che appartiene al comportamento animale ed umano. Questo fattore si traduce in energia e attiva o dirige un organismo verso una meta.

NoiseRumore; indica segnali acustici, visivi, cinesici e termoelettrici, che si sovrappongono a quello che si vuole trasmettere. Disturbo nella Comunicazione

ParalinguisticaStudio degli elementi fonici non verbali che accompagnano la comunicazione, impostato sul concetto di intonazione (tonalità della voce, forza, durata, emissione, qualità ecc.).

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ParologiaDisturbo dei processi mentali che provoca illogicità nel pensiero.

PercezioneAttività che ci permette attraverso la selezione e l’organizzazione degli stimoli sensoriali, di ordinare il mondo in insiemi dotati di senso e significato.

PulsioneRappresenta la componente psicologica più complessa del biso-gno. Secondo Freud è il rappresentante psichico degli stimoli che traggono origine dall’interno del corpo e pervengono alla psiche.

Rischi psicosociali Possono essere definiti come quegli aspetti di progettazione, or-ganizzazione e gestione del lavoro, nonché i rispettivi contesti ambientali e sociali, che potenzialmente possono creare danni fi-sici o psicologici (Cox e Griffiths, 1995).

RunwayPerdita di stabilità di un sistema dovuta all’amplificazione incontrollata di una deviazione.

SintomoOgni evento connesso con un cambiamento dello stato fisiologi-co.

Stalking occupazionaleUna forma di stalking in cui l’effettiva attività persecutoria si esercita sulla vita privata della vittima, ma la cui motivazione proviene invece dall’ambito lavorativo da parte di uno stalker.

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StimoloQualsiasi manifestazione o variazione di energia all’esterno o al-l’interno dell’organismo.

Strain Termine utilizzato in alternativa al termine stress come connota-zione negativa di una situazione di stress per indicare lo sforzo psicologico e psicofisiologico di un individuo a fronte delle do-mande ambientali in particolare lavorative, o a fronte di difficol-tà adattive alle stesse.

StrainingStress forzato costante su un aspetto lavorativo da parte di uno strainer.

Stress lavoro-correlato (Work-related stress) costellazione di reazioni che si verificano in presenza di richieste lavorative non appropriate alle cono-scenze, competenze ed abilità dei lavoratori, e che mettono alla prova le loro capacità di farvi fronte.

Stressors Agenti o cause che determinano lo stress; si è soliti in questo caso, parlare di stressors, accadimenti o agenti nocivi.

Tecnostress Si utilizza il termine Tecnostress, quando si fa riferimento alle persone che lavorano in ambienti ad alta tecnologia e ci si riferi-sce alle loro crisi di angoscia e depressioni, associate agli effetti di un ambiente disumanizzante.Il tecnostress assume forme diverse: dalla rapidità con cui chi la-vora in un supermercato passa allo scanner l’etichetta di un pro-

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dotto, alla velocità di risposta degli operatori di callcenter. L’au-mento di apparecchi elettronici, Computer, fotocopiatrici, telefo-ni cellulari, agevola il contatto tra le persone in qualsiasi mo-mento ma porta anche alla progressiva sparizione dei contatti personali. Questo ambiente elettronico ha effetti sulla psiche, poiché queste persone una volta tornate a casa, esigono dai pro-pri familiari la stessa velocità di risposta dei propri computer. Alcuni sviluppano sintomi fobici di fronte agli apparecchi elet-tronici.

Trauma emozionaleEmozione violenta che lascia un’impressione duratura nella mente.

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Novembre 2013

Edizioni del Servizio Nazionale Studi

e documentazione sull'ambiente di lavoro - Roma

www.rs-ergonomia.com

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ELISABETTA CERONI

Ha insegnato Pedagogia, Psicologia e Tecniche delle Comunicazioni nella scuola secondaria; svolge dal 2008 la professione di Pedagogista.(ANPE)Esperta dei Linguaggi della Comunicazione, ha collaborato con la Cattedra di “Teoria e Tecniche delle Comunicazioni di Massa” dell’Università Degli Stu-di di Firenze.

Counseling service, relazioni di aiuto alla persona, Valutazione dei fattori di rischio psicosociali stress lavoro- correlato.