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Registrazione presso il Tribunale di Pavia n. 355 del 08.02.1989. Sped. in abb. postale - Comma 20/C 2 L. 662/96 - Fil. di Pavia IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIRE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TASSA - REINVIARE ALL’UFFICIO PAVIA-FERROVIA “Non esiste separazione definitiva fino a quando c’è il ricordo” I. Allende Infermiere 2/2013 P A V I A a ISSN 1722-2214

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Registrazione presso il Tribunale di Pavia n. 355 del 08.02.1989. Sped. in abb. postale - Comma 20/C 2 L. 662/96 - Fil. di Pavia

IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIRE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TASSA - REINVIARE ALL’UFFICIO PAVIA-FERROVIA

“Non esiste separazione definitiva

fino a quando c’è il ricordo”

I. Allende

Infermiere2/2013

P A V I Aa

ISSN 1722-2214

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“…buongiorno e benvenuti nella Scuola per Infermieri Professionali

Arnaldo Salaroli, annessa al Policlinico S.Matteo di Pavia.

Sono Suor Chiarina Garbossa, Direttrice Didattica della Scuola e ac-

canto a me, la Vice Direttrice, Suor Norilda Ardessi e lo staff Didattico.

Inizia questo anno scolastico e come di consueto, siamo qui a testimo-

niare con piacere, il vostro arrivo.

Non esiste una seconda occasione per fare una prima buona impres-

sione, pertanto, approfittando di questa opportunità man mano che fare-

mo l’appello, apprenderemo vicendevolmente, chi siamo e quali motiva-

zioni vi portano ad intraprendere questo percorso formativo.

Procediamo: Alberici, Argese, Bescapè, …”

Iniziava così il rito dell’accoglienza in uno dei 35 lunghi e impegnativi anni,

alla “Scuola Salaroli”.

Questo riferimento storico, non vuole essere un forzato esercizio di retorica,

ma il ricordo consapevole di una storia che nella nostra provincia ha segnato la

nascita e le tappe significative dell’Infermieristica.

Oggi, parliamo con disinvoltura di “autonomia professionale” e “multidisci-

plinarietà”, apprezzandone gli effetti benefici laddove presenti e, lottando quoti-

dianamente, rivendicandone la legittimità, in quei contesti dove sono ancora da

consolidare o magari, ancora lontane dall’essere realizzati.

Gli elementi in gioco sono molteplici e complessi, ma una parte della loro

comprensione, passa inevitabilmente da questa storia.

Una storia che si è dovuta confrontare con un contesto di prim’ordine, dove,

da oltre sei secoli, il suo prestigioso Ateneo ha avuto modo di evidenziare e se-

gnare -grazie a illustri scienziati- la straordinaria competenza in campo medico.

Basti ricordare Golgi, Forlanini, Spallanzani e i molteplici illustri clinici che

hanno reso l’allora “Ospitale di S.Matteo”, un luogo di cura d’eccellenza in cam-

po nazionale e internazionale, fino ai giorni nostri.

Una storia che ha visto nascere l’Infermiere a Pavia e lo ha accompagnato fi-

no all’ingresso in Università; da sconosciuto, subordinato e competente aiutante

del Medico, all’essere professionista del “prendersi cura”, con un proprio baga-

glio di competenza scientifica e rigore metodologico.

Inoltre, a Sr. Chiarina Garbossa e a Sr. Norilda Ardessi, dobbiamo l’istituzio-

ne del Collegio IPASVI della provincia di Pavia (entrambe Presidenti per 9 an-

ni), come anche, la revisione organizzativa tramite l’istituzione dei “Reparti

Scuola” nel Policlinico S.Matteo, oltre alla visibilità in ambito extraospedaliero

e verso le altre Professioni.

In sintesi: formazione, organizzazione e politica professionale, in un contesto

tutto da costruire; un crocevia di attività che gradatamente hanno reso competen-

te, visibile e rispettata la figura dell’Infermiere.

Ci hanno preparato e accompagnato, fino all’ingresso in Università, consape-

voli della grande sfida che ci aspettava; orgogliose e fiduciose per il futuro che

avremmo affrontato, fiere, tutte le volte che qualcuno raggiungeva traguardi.

Vi racconto tutto questo, perché il 28 maggio appena trascorso, dopo 50 anni,

torneranno nella comunità religiosa di appartenenza, a Cormons in Friuli.

Mezzo secolo di storia, che va molto oltre la storia stessa; 50 anni che segna-

no un’epoca importante e straordinaria.

EInfermiere a Pavia

DITORIALE

Infermiere a Pavia

Rivista trimestrale del Collegio IP.AS.VI. di Pavia

Anno XXV n. 2/2013 aprile-maggio 2013

Editore Collegio Infermiere professionali,Assiatenti Sanitarie, Vigilatrici d’Infanziadella Provincia di Pavia

Direttore Responsabile Enrico FrisoneDirettore Editoriale Duilio Loi

Segretaria di Redazione Emanuela CattaneoResponsabili settori

Clinico: Monica GabettaSociale: Ruggero Rizzini

Formazione, Ricerca eAggiornamento: Paola Ripa

Etico Deontologico: Annamaira TanziVita di Collegio: Giuseppe Braga e Gabriele Ciancio

Redattori: Cinzia Ancarani, Giovanni Baccalini,Mauretta Cattanei, Gabriele Ciancio,Gianfranco Cucurachi, Claudia Fiore,Silvia Giudici, Nadia Granata, Nunzio Giuseppe Greco, Emanuela Sacchi,Antonio Stallone, Maria Teresa Visconti Tosco

Hanno collaborato Piera Bergomi, Silvia Casella, Cecilia Grisanti,a questo numero: Stanislas Joel Kadji Kembou,

Simona Stefania Lunghi, Else Mazarrasa,Patrizia Muzio, Federica Negri, Francesca Picci,Veronica Tosca, Cristina Valisi

Immagine di copertina Giuseppe Calsamiglia, Fondazione Salvatore Maugeri - Pavia.

Impianti e stampa Gemini Grafica sas - Melegnano (MI)Direzione, Redazione, Via A. Volta, 25 - 27100 Pavia

Amministrazione Tel. 0382/525609, Fax 0382/528589CCP n. 10816270

I punti di vista e le opinioni espressi negli articoli sono degli

autori e non rispettano necessariamente quelli dell’Editore.

Manoscritti e fotografie, anche se non pubblicati,

non saranno restituiti.

Registrazione presso il Tribunale di Pavia n. 355 del 08.02.1989.

Spedizione. in abb. postale - Comma 20/C 2 L. 662/96 - Fil. di Pavia.

La rivista è inviata gratuitamente agli iscritti al Collegio IP.AS.VI.

di Pavia. Finito di stampare nel mese di maggio 2013 presso

Gemini Grafica sas. Melegnano (MI) - www.geminigrafica.it

Duilio Loi

18/11/1959 - 28/5/2013,molto più di una storia

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Per l’occasione, il Consiglio Direttivo e il Collegio dei

Revisori dei Conti, hanno voluto testimoniare portando

simbolicamente i saluti della comunità professionale a Suor

Chiarina e Suor Norilda.

Un pomeriggio significativo ed emozionante; una se-

quenza di fotogrammi che con gradevole naturalezza, ci ha

trasportato in un déja vu collettivo di particolare intensità,

tant’è che una Collega ad un certo punto, mi ha sussurrato

in un orecchio: “speriamo che non mi interroghi, non ho

studiato bene i virus?!”; se fosse stata una battuta, sarebbe

finita lì, ma era talmente reale che le ho risposto: “ho con

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I n d i c e

Federica Negri, Patrizia Muzio, Veronica Tosca - La simulazione in medicina: un metododidattico-formativo innovativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

Kadji Kembou Stanislas Joel - L’ipodermoclisi: la riscoperta di uno strumento assistenziale. . . . . . . . . . . . . . 7

Francesca Picci - Gestione del rischio di caduta nell’anziano: revisione della letteratura e stato dell’arte . . 11

Cecilia Grisanti, Simona Stefania Lunghi, Cristina Valisi - L’epilepsy nurse: una nuova figura permigliorare la qualità della vita dei pazienti che soffrono di epilessia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

Nadia Granata - La prevenzione attravers un’alimentazione naturale (seconda parte). . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

Silvia Giudici - Ridere e sorridere: l’educazione alla gioia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

SETTIMANA DEL 12 MAGGIO

Mauretta Cattanei - 4 maggio: La terapia della bellezza “Vogliamo le rose” performance di teatro-terapia . 31

Mauretta Cattanei - I bisogni essenziali dei soci dell’Associazione Anffas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32

Piera Bergomi - 7 maggio: Spettacolo con I Rayklezmorin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

Claudia Fiore - 8 maggo: Conferenza Asl su Assistenza territoriale e ospedaliera: possibile sviluppo fra vecchie e nuove sfide . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

Annamaria Tanzi - 9 maggio: Invito alla cittadinanza - Star bene insieme per star bene. . . . . . . . . . . . . . . . 36

Else Mazarrasa - 9 maggio: serata con il Coro Amadeus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

Silvia Giudici - 10 maggio: Carezze per l’anima e… risate. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40

Duilio Loi - 11 maggio: Mani, Musica e Orizzonti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

Silvia Casella, Gianfranco Cucurachi - 12 maggio: Spettacoli e intrattenimentiin Santa Maria Gualtieri e piazza Vittoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

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me la dispensa, tu guarda il mio labiale, ti suggerisco io!!”

Tornando alla seria realtà…

…grazie alla volontà del Consiglio Direttivo e al contri-

buto del Comitato di Redazione è stata messa a punto

un’intervista (che potrete leggere integralmente sul prossi-

mo numero), i cui contenuti espressi da Suor Chiarina, toc-

cano sia storia e aneddoti del passato, sia elementi del pre-

sente con note e sottolineature degne di un vivido, invidia-

bile e coerente pensiero.

L’intervista è stata inoltre videoregistrata e riprodotta

durante le celebrazioni del XII maggio, nella chiesa di

S.Maria Gualtieri a Pavia.

Per i Colleghi che non hanno avuto la possibilità di ve-

derla in quell’occasione, sarà possibile farlo, collegandosi

al sito internet del Collegio (www.ipasvipavia.it).

Ritengo questo editoriale un contributo di riconoscenza

nei confronti di una figura importante dell’Infermieristica

della nostra provincia e contemporaneamente, un atto do-

vuto sia verso i Colleghi che l’hanno conosciuta e stimata,

sia per coloro che ne hanno solo sentito parlare.

Principi e valori della professione sono un patrimonio

comune, che trova asilo in chi è capace di farli propri e tra-

mandarli, contaminando gli altri attraverso esempio e com-

portamenti coerenti.

Continueremo a farne tesoro e promulgarli, Buon Viag-

gio Direttrice!!

Duilio Loi

Direttore Editoriale

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4 Infermiere a PaviaPAGINA

* Federica Negri

Patrizia Muzio

Veronica Tosca

La simulazione inmedicina: un metodo didattico-formativo innovativo

aggiornamento ed addestramento che uti-lizza metodiche avanzate e modalità for-mative all’avanguardia.

Sono previste delle sessioni teorichecon la revisione delle linee guida e la defi-nizione degli obiettivi e sessioni praticheatte a raggiungerli.

La metodologia della simulazione preve-de sia l’utilizzo di simulatori pazienti per lesessioni pratiche che piattaforme di e-lear-ning per l’autoapprendimento ed il follow-up.

In particolare lo svolgimento prevedeuna prima parte teorica con lezione fronta-le, quindi un’esperienza di microsimulazio-ne in cui il discente affronta singolarmenteun caso clinico attraverso una piattaformainformatica in grado di rispondere a quan-to digitato dal discente formando in temporeale un follow-up positivo o negativo.

Infine in piccoli gruppi è possibile affron-tare il caso clinico sul paziente “manichi-no”con la possibilità di provare diversemanovre su un paziente virtuale senza il ri-schio di nuocere alla sua salute, anche inquesto caso la risposta è immediata e ge-stita da una sala regia in grado di far evol-vere il caso in itinere in base a quanto ef-fettuato dai discenti ( macrosimulazione ).

Al termine è previsto il debriefing, mo-mento cruciale del corso perché grazie an-che alla visione in diretta di quanto avve-nuto con macrosimulazione ed alla revisio-ne dei filmati, si valuta ciò che è stato fattoe ciò che si sarebbe potuto fare per otti-mizzare la situazione dal punto di vista tec-nico e relazionale.

Un centro all’avanguardia per la simula-zione è il CESMO dell’IRCCS Istituto Neu-rologico Nazionale C. Mondino di Pavianato nell’ottobre 2010 che risulta essere ilprimo centro di simulazione neurologicaavanzata in Italia e nel mondo.

La simulazione in medicina permette di:• Conoscere l’ambiente• Anticipare e pianificare• Richiedere aiuto precocemente • Esercitare la leadership e la fellowship • Rafforzare lo spirito di squadra• Distribuire il carico di lavoro• Utilizzare tutte le risorse e le informazio-

ni disponibili• Comunicare in maniera efficace• Prevenire ed affrontare gli errori di fissa-

zione• Effettuare un controllo incrociato• Utilizzare le conoscenze/linee guida• Rivalutare ripetutamente• Mantenere un elevato livello di attenzio-

ne• Definire le priorità in modo dinamico.

Da sempre il ruolo dell’infermiere preve-de l’aggiornamento delle conoscenze teo-rico-pratiche acquisite. Già menzionato nelmansionario (abrogato dalla Legge n° 42del 26 febbraio 1999) e con la nascita delprofilo professionale (DM n° 739/94), l’ag-giornamento ha acquistato un ruolo fonda-mentale nella professione.

Se inizialmente la formazione e l’appren-dimento di nuove tecniche erano lasciatialle esigenze ed all’intraprendenza del sin-golo professionista, ora con l’introduzionenel 2002 (DIRP3/AG/448) della Formazio-ne continua in medicina ( ECM ) l’aggior-namento è stato reso obbligatorio am-pliando il proprio bacino di utenza e le me-todologie di apprendimento. Tra questemetodologie, appunto la simulazione sem-bra una delle più valide poiché permette direndere espliciti non solo le conoscenzema anche i processi mentali alla base diazioni e comportamenti ed i loro contenutiemozionali.

I corsi con simulazione si propongono difornire ai professionisti uno strumento di

rIASSUNTOLa simulazione è una tecnica o un me-todo per riprodurre in modo artificialele condizioni di un fenomeno, quindi iltentativo di riprodurre, anche grazie al-la tecnologia, in un ambiente o siste-ma, reale o immaginario, i comporta-menti che all’interno di tale sistema so-no attivati e di vedere i suoi cambia-menti nel tempo.La caratteristica fondamentale della si-mulazione è quindi quella di poter ve-rificare in tempo reale le conseguenzedelle azioni dei soggetti.La simulazione è un metodo didattico -formativo all’avanguardia.È la più coinvolgente tra le metodolo-gie cosiddette “attive“, poiché chiedeai soggetti di “giocare“ e “recitare“ inprima persona in una situazione di ge-stione di fenomeni e/o relazioni com-plesse.

AbSTrAcTSimulation is a teaching method -formative innovative which is not muchused yet.The main feature of the simulation isthat it can testify in substantial time theconsequences of the participants’ ac-tions.Simulation courses aim to provide tothe professional, an updating andtraining instrument which uses ad-vanced methodologies and formativeinnovative modalities.

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Dal punto di vista architettonico e orga-nizzativo è strutturato come una vera saladi ospedale all’interno della quale studen-ti, medici ed infermieri possono affrontarei quotidiani percorsi diagnostico-terapeuti-ci. L’utilizzo del simulatore permette di im-parare a gestire sia gli eventi di routine chequelli legati all’emergenza in assenza tota-le di rischio per le persone permette, quin-di, di gestire casi neurologici urgenti enon, dalla diagnosi fino al trattamento piùavanzato, anche invasivo, con corsi rivoltia tutte le figure professionali coinvolte neidiversi percorsi di cura con l’obiettivo dimigliorare il lavoro d’equipe e di ridurre leprobabilità di errore.

Il centro è dotato di un’area dove si tro-va il simulatore di un paziente adulto con ilsistema di monitoraggio ambientale audioe video; di una sala regia dove è presenteil software di controllo del simulatore ed ilsistema di registrazione e distribuzione deisegnali audio e video; di un’aula plenariadi briefing e debriefing e di un’aula di mi-crosimulazione dove è situata la rete di PCcollegata audio e video con la sala di si-mulazione.

Il paziente virtuale è Hal, un robot cheproduce fedelmente l’anatomia esterna edinterna di un essere umano, in grado dimanifestare segni clinici come dilatazionedelle pupille, movimento delle palpebre,cianosi labiale, sanguinamento e di ri-spondere alla somministrazione di farma-ci, mentre, i parametri vitali e la voce diHal, sono gestiti dalla sala regia.

Inizialmente la formazione con simula-zione è stata utilizzata nell’ambito del-l’emergenza-urgenza e soprattutto perl’addestramento di personale medico edinfermieristico in ambito rianimatorio (BLS… ).

In ambito infermieristico, presso l’IRCCSIstituto C. Mondino è stato creato un pro-getto pilota dagli infermieri e dai mediciistruttori del CESMO, presentato all’8°STROKE UPDATE svoltosi a Morimondo

nel settembre del 2012.In quella occasione sono state analizza-

te le criticità nell’assistenza alla personacon Stroke e sono stati creati dei casi adhoc affrontati in macrosimulazione. A livel-lo teorico, essendo il corso specifico e de-dicato allo STROKE, sono state date perassodate le linee guida nazionali ed inter-nazionali. Sono stati affrontati diversi argo-menti quali disturbi della deglutizione, lagestione della crisi ipotensiva ed ipertensi-va, il trattamento con fibrinolitico, il peg-gioramento del caso clinico con arrestocardio-respiratorio, la gestione della fibril-lazione atriale ed altri disturbi del ritmo, lagestione dell’iperglicemia, la ritenzione uri-

naria, i disturbi del linguaggio e della com-prensione. In seguito alla buona riuscitadel progetto pilota sono stati organizzaticorsi formativi per infermieri operanti inneurologia con particolare attenzione allaneurologia d’urgenza/Stroke Unit. L’obiet-tivo principale dei corsi era quello di uni-formare le procedure messe in atto all’in-terno del dipartimento aggiornando gli in-fermieri esperti e formando i neoassunti,utilizzando un metodo formativo che per-mettesse loro di testare sul campo sia lepratiche note che quelle da poco acquisi-te. Ulteriore obiettivo è stato quello di mi-gliorare il lavoro in equipe e l’affiatamentotra le diverse figure professionali essendopresenti anche la figura del medico e quel-la dell’operatore di supporto. Affiatamentonecessario per poter affrontare al meglio lecriticità di un paziente instabile non solodal punto di vista neurologico ma ancheinternistico.

I corsi sono stati suddivisi in 2 giornatedella durata di 4 ore ciascuna e ripetuti in2 edizioni per poter permettere la parteci-pazione di tutta l’equipe assistenziale.

La parte teorica prevedeva una lezionefrontale trattata dal medico e dall’infermie-re di simulazione riguardante gli argomen-ti previsti, mentre il medico si è occupatodi illustrare la patologia, l’infermiere ha svi-luppato l’assistenza con particolare riferi-mento a linee guida, protocolli, procedureed ai percorsi di cura. I casi proposti sonostati affrontati in macrosimulazioni da pic-

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6coli gruppi formati da circa tre infermieri edun operatore di supporto, mentre il medi-co, presente in sala regia, interveniva soloin caso di richiesta da parte del gruppo.L’obiettivo infermieristico era principal-mente quello di affrontare nel migliore deimodi l’accettazione del paziente prove-niente dal Pronto Soccorso e la sua ge-stione sino alla stabilizzazione della situa-zione critica, ma anche la gestione dell’in-sorgenza di una situazione di emergenzain un paziente ritenuto stabile ricoveratonell’unità operativa. Durante il debriefing èstato possibile integrare le conoscenzedelle varie figure partecipanti ma soprattut-to far emergere le criticità ed i punti di for-za del gruppo che ha affrontato il caso insimulazione.

Infatti, oltre alla possibilità di ricreare si-tuazioni reali, la simulazione permette difilmare e poi rivedere quanto è accadutoper commentarlo insieme all’istruttore delcorso; è così possibile capire e valutarequanto è stato fatto e quanto si sarebbepotuto fare per ottimizzare la gestione del-la situazione, individuando i punti di forzadel team ma anche di debolezza al fine dicorreggere le pratiche sbagliate.

I discenti hanno partecipato con entu-siasmo e curiosità, vista la novità metodo-logica, sottolineando la validità di questotipo di formazione e soprattutto perchéhanno sostenuto di aver acquisito maggio-

re sicurezza nello svolgere le procedurepoiché le azioni compiute non hanno cau-sato danno ad alcuno. La difficoltà mag-giormente riscontrata è stato l’impaccionell’approccio iniziale con il manichinoche però man mano che il caso veniva svi-luppato scompariva. È stata comunqueespressa la necessità di ripetere seme-stralmente corsi di questo tipo per potermantenere aggiornate le conoscenze edaffinare le competenze.

Questa modalità didattica ha comeobiettivi finali innanzitutto quello di aggior-nare sulle più avanzate conoscenze scien-tifiche del settore e di favorire l’interiorizza-zione delle competenze acquisite, miglio-rando il lavoro in equipe e la gestione del-lo stress. Questo nuovo metodo di ap-prendimento permette a tutte le professio-ni sanitarie di poter lavorare in sicurezza alfine di fornire la migliore assistenza possi-bile.

In questo modo, inoltre, è possibile po-tenziare l’apprendimento emotivo orienta-to ad interpretare e decodificare l’espe-rienza per modificare comportamenti, co-noscenze, capacità ed atteggiamenti.

Infermiere a PaviaPAGINA

* Infermiere istruttrici di simulazione CESMODipartimento Neurologia speciale d’urgenzae pronto soccorso/Stroke UnitIstituto Neurologico Nazionale C. Mondino diPavia

Gli autori

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L’ipodermoclisi viene citata per la primavolta in Italia nel 1865 negli scritti del me-dico Arnaldo Catani, quale rimedio al gra-ve stato di disidratazione causato dal cole-ra: “A questo scopo può giovare nel mi-glior modo l’injezione mercé un sottile tre-quarti, alla cui cannula, lasciata inficcatasotto la pelle, si adatta un tubo elastico for-nito di rubinetto,ricevente il liquido da unavaschetta posta all’altezza di 1-2 metri, ap-parecchio semplicissimo che ho fatto co-struire sotto il nome di Ipodermoclismo”.

Il Catani non è stato però il primo a par-lare di tale via di somministrazione. Già nel1853, il medico scozzese Alexander Woodillustrava la tecnica della medicazione ipo-dermica per l’iniezione di narcotici neipunti dolorosi delle nevralgie. In tempi piùrecenti, essa compare anche nel DPR 225del 1974 (noto come Mansionario dell’In-fermiere), elencata nella lista dei tratta-menti diagnostici e curativi ordinati dal me-dico che l’infermiere professionale poteva

L’ipodermoclisi:la riscoperta di uno strumento assistenziale

Keyword: terapia sottocutanea, ipodermoclisi,

idratazione, cure palliative

* Kadji Kembou Stanislas Joel

eseguire. Ma è proprio a partire dagli Anni’70 in Italia, e ancor prima negli Stati Unitidagli Anni ’50 (qui si erano verificate alcu-ne reazioni avverse gravi conseguenti nontanto all’uso della via di somministrazionesottocutanea, quanto a un suo erroneo im-piego in relazione a tempi di infusionetroppo brevi, e uso di soluzioni ipertonicheo di grandi volumi di liquidi infusi) che ilsuo uso comincia ad essere meno fre-quente, sostituito dalla terapia endoveno-sa che inizia a diffondersi, ulteriormente fa-vorita dall’arrivo di nuovi farmaci, protocol-li terapeutici, strumenti medicali e maggio-re formazione a carico dei professionisti, inparticolare degli infermieri. In pratica, allesoglie degli Anni ’80, l’uso della via sotto-cutanea per l’infusione sistematica di liqui-di viene completamente abbandonata afavore di quella endovenosa, decretandocosì la scomparsa, almeno per un’interagenerazione di infermieri, di una tecnicavecchia di almeno un secolo. Negli ultimianni, però, in particolare con la diffusionedei servizi socio-sanitari sul territorio, losviluppo dell’assistenza domiciliare e l’en-trata in funzione degli hospice e delle curepalliative, l’ipodermoclisi è tornata a esse-re impiegata come tecnica di somministra-zione terapeutica, al pari di ciò che era giàaccaduto in Canada e negli StatiUniti. Ca-pita ormai con maggior frequenza di trova-re, da parte del personale sanitario ospe-daliero o territoriale, pazienti che vengonotrattati con questa tecnica al fine di correg-gere uno stato di disidratazione, di caren-za nutrizionale o per l’infusione sottocuta-nea di soluzioni analgesiche tramite pom-pa volumetrica. L’avvio della territorializza-zione dell’assistenza in Italia e la diffusionedelle cure palliative hanno, quindi, favoritoil recupero di questo strumento terapeuti-co. Del resto, non sarebbe neanche il pri-mo caso nella storia della medicina di riu-tilizzo di una tecnica precedentemente ab-bandonata o dimenticata. Un esempio pertutti viene dal salasso: intervento centraleper secoli nelle cure mediche, il cui impie-go era in molti casi improprio e abusato,dopo un breve periodo nel “limbo” degli

rIASSUNTOLa pratica terapeutica dell’ipodermo-clisi da alcuni anni è ritornata in uso, inparticolare nell’infermieristica in geria-tria e nelle cure palliative. Nonostantela limitatezza quantitativa degli studipresenti, alcune evidenze hanno dimo-strato la validità della somministrazio-ne sottocutanea.Uno studio della bibliografia ha per-messo di delineare un quadro di fondodove i vantaggi della terapia ipodermi-ca riescono, in particolari situazioni, aessere maggiori di quelli forniti dallaterapia endovenosa, a parità di effetticollaterali. Si ha, inoltre, la possibilitàdi conservare un certo grado di auto-nomia del paziente e di coinvolgere inuna gestione più versatile e meno co-stosa il caregiver. Quanto finora appre-so, comunque, induce alla necessitàdi affrontare ulteriori studi sulla pratica,al fine di darle maggior forza in campoapplicativo.

AbSTrAcTThe practice of hypodermoclysis isback in use since some years, espe-cially in geriatric nursing and palliativecare. Despite the limited quantitative s-tudies available, some evidences sup-port the validity of subcutaneous ad-ministrations. A review of the literaturehas enabled us to identify a basicframework where the benefits of hypo-dermic therapy can in certain situa-tions be greater than that provided byintravenous therapy with the sameside effects. Hypodermoclysis offersthe option to retain a degree of patientautonomy and to involve the care-givers in a versatile and inexpensivetherapeutic intervention. What we havelearned so far still suggests the needto address hypodermoclysis in furtherstudies to support its use in clinicalpractice.

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interventi terapeutici, ha ritrovato formenuove di applicazione, in particolare neicasi di emocromatosi. Il ritorno, quindi, al-l’uso dell’ipodermoclisi non dovrebbe stu-pire più di tanto, se non per l’interrogativoche esso pone sul perché si debba recu-perare questo tipo di via di somministra-zione quando, al giorno d’oggi, il know-how infermieristico, le tecniche e soprat-tutto i materiali presenti, garantiscono otti-mi livelli di prestazioni. E ancora, quali so-no gli out come, le ricadute, in termini diqualità di cure, e soprattutto della vita, perla persona assistita e i suoi familiari? Lascelta dell’infusione ipodermica al posto diquella endovenosa può essere una solu-zione di ripiego di fronte alla difficoltà deiprofessionisti di reperire accessi venosi,oppure può rappresentare la possibilità divenire incontro alle esigenze dei pazienti.Alle molte questioni sollevate può esseresufficiente porsi l’obiettivo di trovare una ri-sposta alla semplice domanda se l’ipoder-moclisi sia una pratica terapeutica appro-priata in termini di qualità assistenziale ese rappresenti uno strumento di efficaciaed efficienza delle cure e, non ultimo, diequità.

Materiali e metodiLa ricerca del materiale bibliografico di-

sponibile è stata condotta fra gennaio e ilmese di agosto del 2010 sui principali da-tabase elettronici, utilizzando le parolechiave: subcutaneous therapy, hypoder-moclysis, hydration. Sono stati inclusi tuttigli articoli che illustravano le tecniche di

svolgimento, i vantaggi e gli svantaggi diquesta via di somministrazione e gli outcome sul piano gestionale a livello domici-liare.

risultatiI risultati ottenuti sono molto limitati. Sul

motore di ricerca di Pubmed, l’abbina-mento delle tre parole chiave fornisce 20risultati, di cui 7 sono revisioni. Utilizzandoil solo termine hypodermoclysis si arriva a122 risultati, che includono 26 revisioni. At-traverso Scholar Google, al contrario, uti-lizzando le tre parole chiave contempora-neamente si ottengono 480 risultati, chescendono però a 146 se si prendono inconsiderazione solo gli articoli che presen-tano la parola chiave hypodermoclysis neltitolo. Se la ricerca viene effettuata utiliz-zando solo il termine italiano ipodermocli-si, i risultati scendono a 48. Ulteriori ricer-che in altri database confermano la limita-tezza degli studi a disposizione (CochraneDSR, CCTR e CMR (a), ACP Journal Club(b), Database of Abstracts of Reviews ofEffects- DARE (c), NHS Economic Evalua-tion Database (d), Health Technology As-sessment – HTA (e), Programma Naziona-le Linee Guida). Al fine di avere un quadroil più ampio possibile, sono stati presi inconsiderazione gli articoli riportati da Pub-med e da Scholar Google con il terminehypodermoclysis presente nel titolo.

Per ipodermoclisi (HDC) s’intende lasomministrazione di infusioni isotoniche inun punto qualsiasi del tessuto sottocuta-neo in cui questo sia caratterizzato da una

buona presenza di pannicolo adiposo e daun’area d’infusione sufficiente a raccoglie-re il liquido. In genere, le sedi utilizzate so-no a livello toracico, sottoclavicolare,ascellare, regione interscapolare o sotto-scapolare, area anteriore o laterale dellacoscia o addominale laterale. L’ago da uti-lizzare è, in genere, un ago a farfalla di pic-colo-medio calibro (21-23 gauge), il cuipunto di entrata può essere cambiato ogni72 ore. L’ago, nel momento d’inserzione,sarà inclinato di 30-45 gradi, secondo letecniche previste per la puntura ipodermi-ca, o anche di 90 gradi, quando lo spesso-re fisiologico del pannicolo adiposo è con-servato e la conformazione dell’ago loconsente. Nei casi di reidratazione e nutri-zione, l’ipodermoclisi può permettere l’in-fusione di soluzioni saline allo 0,9% o allo0,45%, di glucosio al 5% e di soluzioni pro-teiche atte a correggere stati carenziali.

È bene ricordare che è controindicatanelle situazioni di grave disidratazione e intutti quei casi – scompenso cardiaco, in-sufficienza renale, ecc. – in cui sia neces-saria la precisa quantificazione del bilan-cio idro-elettrolitico. Per altre indicazioniterapeutiche va sottolineato che una solu-zione ipertonica nello spazio extracellularefunge da richiamo di liquidi dal torrente cir-colatorio, con contrazione della parte liqui-da del sangue, innalzamento dei valoridell’ematocrito e conseguenti ricadute ne-gative sul piano emodinamico.

Se, inoltre, la velocità di perfusione del-l’ipodermoclisi supera quella di riassorbi-mento a livello locale, si può originare unristagno di liquidi oltre il dovuto nella zonadell’infusione, tensione, eventuale com-parsa di dolore e possibile sofferenzaischemica locale. La letteratura scientificaconsiglia l’aggiunta di jaluronidasi alle so-luzioni infusionali, al fine di favorire, trami-te l’azione litica esercitata sull’acido ialuro-nico del tessuto connettivo, una migliorepermeabilità dei tessuti alla diffusione deiliquidi. Il costo commerciale dell’enzima èabbastanza alto. Il dosaggio consigliatodella jaluronidasi è di 450 U/I di concentra-zione finale, utile a permettere una veloci-tà d’infusione tra gli 80 e i 200 ml/h.

La comparsa di un edema e/o di un’in-fiammazione a livello locale si può ovviaremassaggiando l’area interessata dall’infu-sione, utilizzando la jaluronidasi e riducen-do la velocità della somministrazione. At-traverso la via ipodermica può essere te-nuta sotto controllo anche la sintomatolo-gia dolorosa, specie nelle fasi terminalidelle gravi patologie, attraverso l’infusionedi analgesici. Sul piano delle problemati-che, gli svantaggi derivati dall’infusionesottocutanea sono essenzialmente di duetipi: complicanze locali (dolore, edema,rossore, piccoli sanguinamenti, aumento

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della temperatura e reazioni locali) e tempidi infusione molto lunghi, considerata unavelocità che non deve superare 1 ml/minu-to. Sull’altro lato, i vantaggi sicuramentesono diversi. A differenza della terapia en-dovenosa, l’ipodermoclisi non ha il rischiodi tromboflebiti. Come per ogni terapiache implica la violazione dell’integrità del-la barriera cutanea, anche in questo casosi dovrà fare attenzione alla rotazione del-le sedi di infusione.

L’uso dell’enzima è consigliato quandosi infondono notevoli quantità di liquidi,anche se diverse sono le interazioni legatead esso: non iniettare in vicinanza di foco-lai infettivi o di tumori poiché questa mano-vra provoca intorbidamento della soluzio-ne in presenza di eparina o di adrenalina.In alcuni casi, può provocare fenomeni diipersensibilità con febbre, eruzioni cuta-nee, broncospasmo, fino allo shock anafi-lattico (attualmente nulla è stato rilevato inmerito alla necessità di applicare preventi-vamente impacchi c.u. come nel passato),trombosi dei vasi, formazioni di coaguliche occludono le vie infusionali o stravasie complicanze gravi dovute alla setticemiao all’insorgenza di edema polmonare.

L’infusione per via ipodermica risultameno dolorosa, comporta meno disagi,consente un più facile reperimento deipunti di entrata, meno problemi correlatiall’eventuale perdita del punto di inseri-mento o di involontaria rimozione. Sul pia-no organizzativo ed economico, la gestio-ne a domicilio è versatile e facile sia per ilpersonale sanitario sia per i familiari e, diconseguenza, riduce le richieste di ospe-dalizzazione correlate. Il suo facile e sicu-ro impiego, inoltre, garantisce un buonrapporto costo-efficacia.

DiscussioneDi fronte alla necessità di disporre di

strumenti terapeutici più versatili dellastessa terapia endovenosa, in relazione al-le necessità dell’assistenza svolta a livelloterritoriale, l’atteggiamento pregiudizialenei confronti dell’ipodermoclisi, manifesta-tosi in precedenza, a partire dall’inizio de-gli Anni ’80, è venuto meno grazie all’inte-ressamento in special modo dei medici difamiglia nei Paesi del mondo anglosasso-ne, Canada in particolare. I risultati metto-no in rilievo che l’ipodermoclisi si rivelauno strumento importante quando ci si tro-vi di fronte alle seguenti situazioni: a) im-possibilità di utilizzare vie di somministra-zione quale quella orale (per la presenzadi nausea, vomito, disfagia o altre patolo-gie che compromettono la funzionalità del-le alte vie del canale alimentare) o quellaendovenosa, a causa di difficile reperibilitàe/o gestione dell’accesso venoso; b) staticonfusionali, demenza, torpore, bassa o

nulla autonomia psico-relazionale. Situa-zioni che molto spesso si associano, o so-no l’espressione tipica di quadri clinici ge-nerali molto compromessi causati dallapresenza di polipatologie di natura croni-co-degenerativa o neoplastica. Ecco,quindi, che l’impiego di questa via tera-peutica non necessariamente può consi-derarsi generalizzato alla totalità dei pa-zienti, ma solo in quelle tipologie che rien-trano nelle situazioni descritte. Nelle ma-lattie acute, nelle situazioni di emergenzae di urgenza, la sua efficacia terapeutica,che si realizza nei lunghi tempi, viene me-no e rischia di essere controproducente.Quando invece si tratta di situazioni note,facilmente prevedibili, che permettono diprogrammare gli interventi nel medio elungo periodo, l’ipodermoclisi può mostra-re tutta la sua versatilità e funzionalità. Unesempio può derivare dalla necessità diprevenire e trattare l’insorgenza di stati didisidratazione, in particolare legati al climaestivo, o patologie caratterizzate da feb-bre, vomito, diarrea, condizioni clinicheche possono ulteriormente aggravarsi neipazienti defedati o in quelli anziani. In que-sti ultimi, in particolare, l’atrofia parafisiolo-gica dei centri della sete e della fame -conseguente al processo di invecchia-mento - può essere sicuramente una con-causa da tenere in considerazione. A ciòdeve essere unito un altro elemento: la fa-cilità d’impiego e il coinvolgimento del ca-regiver. Il monitoraggio dell’infusione nonnecessita di particolari conoscenze, abili-tà, supporti tecnologici e, una volta che è

finita, il circuito può essere chiuso senzatemere reflussi ematici indesiderati versol’esterno; inoltre non necessita di lavaggial fine di mantenere la pervietà della via. Diconseguenza, anche la stessa fuoriuscitadell’ago dalla via prescelta non è motivoné di apprensione per chi assiste, né di di-sturbo, fastidio o dolore per il pazientestesso. Oltre alla facilità d’impiego dell’ipo-dermoclisi, devono essere però presi inconsiderazione anche gli effetti collaterali,che si possono ovviare facilmente. Il ri-schio di comparsa di aree di cellulite loca-lizzate, necrosi tissutale e gangrena gas-sosa può essere prevenuto utilizzando lestesse misure di asepsi richieste per la fle-boclisi e, come già detto, l’accorgimentodi alternare l’infusione. A questo punto, cisi sposta dalle modalità d’impiego dellasomministrazione terapeutica al contestostesso, prendendo in considerazione l’as-sistenza a livello domiciliare, dove il coin-volgimento della famiglia e la presenza diuna figura principale con le funzioni di ca-regiver diventano punto essenziale per or-ganizzare ed erogare l’assistenza a livelloterritoriale. La possibilità di utilizzare vie disomministrazione che permettono una fa-cile collaborazione da parte del caregiverallarga i confini dell’efficienza organizzati-va, dell’efficacia terapeutica e dell’econo-micità di impiego all’interno dell’ottica del-l’empowerment, in grado di coinvolgere at-tivamente paziente e/o nucleo familiare.Tutto questo può sembrare un po’ troppo,per una sola via di somministrazione, mal’ipodermoclisi, in termini di costo efficacia

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e. HTA Health Technology Assessment: isa multi-disciplinary field of policy analy-sis that examines the medical, econom-ic, social and ethical implications of theincremental value, diffusion and use ofa medical technology in health care.

e riduzione dei disturbi per il paziente, rie-sce a essere uno strumento importante sulpiano dell’integrazione socio-sanitaria nel-l’assistenza territoriale.

conclusioniI dati riportati si riferiscono alla letteratu-

ra internazionale che necessariamenteporta a una riflessione visto che in Italial’uso dell’ipodermoclisi deve ancora trova-re la giusta contestualizzazione. Sul pianonazionale non è stata trovata alcuna lineaguida specifica sull’uso dell’ipodermoclisi,ma solo generiche indicazioni che prendo-no in considerazione l’infusione ipodermi-ca come ultima alternativa a quella endo-venosa.

La conoscenza e la pratica dell’ipoder-moclisi nel nostro Paese si presentano amacchia di leopardo, con notevoli differen-ze fra Nord e Sud. Una situazione analogasi riscontra anche a livello di formazioneuniversitaria, dove è difficile riuscire a rico-struire un quadro globale di riferimento neidifferenti corsi di laurea sanitari. Al di là diquesto, e prima ancora di augurarsi unamaggiore diffusione dell’uso dell’ipoder-moclisi, è necessario che a livello italianoci sia una maggior produzione di letteratu-ra scientifica sull’argomento. Secondo idati scientifici presi in considerazione,l’ipodermoclisi è qualcosa di diverso dauna soluzione di ripiego in alternativa allavia endovenosa.

È una scelta strategica vera e propria,che implica il porsi come primo obiettivodegli outcome clinici di esito misurabile,sia a livello intermedio (effetto terapeutico)

* InfermiereRSA San FortunatoCasei Gerola (PV)

L’autore

sia a livello finale (qualità della vita dell’as-sistito e coinvolgimento dei familiari).

In merito a ciò, in particolari situazioniassistenziali, è indubbio che questo diven-ta un punto di forza per garantire la conti-nuità assistenziale, un più facile accessoalle cure e una maggiore fruibilità dei ser-vizi.

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INTrODUzIONENel 2002 la World Health Organization

dichiarava che l’invecchiamento della po-polazione rappresenta un trionfo dell’uma-nità, ma anche una sfida per la società. Siprevede, infatti, che nel 2050 più di unquarto della popolazione avrà un’età supe-riore ai 65 anni. Il rischio di cadute crescevertiginosamente con l’età e gli eventualitraumi riportati rappresentano la causaprincipale di disabilità nei soggetti anziani.Le evidenze scientifiche sostengono forte-mente che molti episodi di caduta sonoprevenibili [1]. Se misure di prevenzioneefficaci non saranno adottate in un futuroimmediato, si prevede che il numero degliinfortuni causati da cadute diventi del100% in più nel 2030 [2].

Strategie di ricercaL’indagine bibliografica si è svolta pres-

so la Biblioteca di Infermieristica della Fon-dazione I.R.C.C.S. Policlinico San Matteodi Pavia. Sono state interrogate, per il re-perimento degli articoli, le banche datiPubMed e Cinhal con l’aggiunta della con-sultazione della manualistica tematica. Co-me criteri di inclusione, in aggiunta alle pa-role chiave individuate ed associate a piùlivelli e criteri, sono stati imposti: limiti tem-porali (Articoli pubblicati dal 1 gennaio2011 al 31 dicembre 2013, inclusi articoliin Press); limiti relativi all’età dei soggetti(+ 65 anni).

Definizione di cadutaLa letteratura internazionale interpreta

l’evento della caduta in vari modi: nel1987 il Kellogg International WorkingGroup definì la caduta come un involonta-rio trasferimento del corpo al suolo o ad unlivello inferiore rispetto a quello preceden-te, includendo anche quello causato da uncolpo violento, dalla perdita di coscienza,da un improvviso ictus o da un attacco epi-lettico [3]; nel 2004 l’Organizzazione Mon-diale della Sanità aggiunge che le cadutee i danni ad esse correlati sono una pro-blematica prioritaria per i sistemi sanitari esociali in Europa e nel Mondo, soprattuttotenendo conto del rapido accrescersi del-

l’aspettativa di vita [4]; nel 2007, secondola World Health Organization, la cadutainvece viene definita come cambiamen-to nella posizione non intenzionale checostringe una persona ad accasciarsi aterra, sul pavimento o ad un livello piùbasso escludendo il cambio intenzionaledella posizione con appoggio a mobili, pa-reti o altri oggetti [3]. Le cadute possonoessere classificate come: accidentali, fisio-logiche imprevedibili, fisiologiche prevedi-bili. Quest’ultima categoria da sola, rap-presenta il 78% del totale delle cadute de-gli anziani [5].

Il fenomeno delle caduteEsse costituiscono una grave minaccia

per la salute e l’indipendenza degli anzia-ni; circa il 10% dei soggetti può incombe-re in conseguenze gravi. Oltre al dolore fi-sico e al danno emotivo, molti di questi in-dividui hanno bisogno di almeno un annodi riabilitazione in un centro specializzato ealcuni di questi non tornano nelle proprieabitazioni. Le cadute costituiscono la prin-cipale causa di decesso per infortuni tra glianziani [6]. I traumi ad esse correlati han-no anche un costo economico e sociale[5] dato dall’aumento dei Lenght of Stay,(si intende il numero di giorni in cui unmembro alloggiato in una struttura ospe-daliera nel corso di un singolo episodio diricovero. Giorni di soggiorno in un ospe-dale come ricovero sono calcolati sottra-endo il giorno del ricovero dal giorno delladimissione), stimati in particolar modo ne-gli Stati Uniti d’America [7] e dai costiospedalieri in generale [8]. Secondo i datidel SINIACA, in Italia, il costo unitario perricovero da incidente domestico, la cuicausa prevalente è la caduta, è di circa3.000 euro: questo dato consente di sti-mare in circa 400 milioni di euro il costo to-tale annuo [5]. L’evento assume valenzafortemente negativa anche per gli operato-ri sanitari in termini di qualità dell’assisten-za, per le ripercussioni di ordine etico e,talvolta, per le possibili conseguenze me-dicolegali. La Jont Commission of Accredi-tation of Healthcare Organization, nel2005, ha inserito nella lista degli “eventi

Gestione del rischio di caduta nell’anziano:revisione della letteraturae stato dell’arte

* Francesca Picci

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sentinella” anche le cadute accidentali inpazienti ricoverati [9].

Fattori di rischio di cadutaLe cadute si verificano come risultato di

una complessa interazione di fattori di ri-schio [2] distinti in: intrinseci ed estrinseci[4]; un’ulteriore distinzione può essere fat-ta in base a fattori di rischio biologici, com-portamentali, ambientali e socio-economi-ci [2]. La comprensione di questi fattori è ilprimo passo per ridurre l’incidenza dellecadute negli anziani. Negli ultimi due de-cenni, i ricercatori di tutto il mondo hannousato studi descrittivi per identificare i fat-tori di rischio e studi controllati randomiz-zati per verificare gli interventi in caso dicaduta. I risultati di queste ricerche eviden-ziano che la riduzione dei fattori di rischiorestringe significativamente la possibilitàche l’evento avverso si verifichi [6]. Gli in-fermieri devono prendere in considerazio-ne il rischio di cadute come un punto car-dine dell’assistenza infermieristica e attua-re e valutare i risultati degli interventi per laprevenzione [10]. Tali interventi devonoessere personalizzati in base alle caratteri-stiche, attività e ubicazioni dei soggetti a ri-schio [11]. L’ambiente in cui viene curatol’anziano può ridurre o aumentare il rischiodi cadute e di lesioni. I familiari delle per-sone che vengono ricoverate presso gliospedali o le case di cura, si aspettanoche i loro cari siano al sicuro. Paradossal-mente il trasferimento dal loro ambientequotidiano ad uno nuovo, aumenta il ri-schio di caduta. Il personale sanitario, diconseguenza, deve rendere l’ambiente dicura il più sicuro possibile [12]. Ipotizzan-do invece, di poter isolare i fattori ambien-tali, sono stati indicati 14 fattori di rischioindividuali, alcuni dei quali modificabili:

forza muscolare e deterioramento correla-to all’età; problemi di equilibrio, andatura emobilità; danni neurologici; disturbi dellavista; deficit cognitivi; episodi di blackout;ipotensione posturale; incontinenza; pau-ra; depressione; nutrizione; carenza di vi-tamina D; terapie farmacologiche; calzatu-re e piedi [13].

Valutazione del rischio di cadutaLa valutazione del rischio di caduta per

un anziano costituisce il primo passo perla riduzione del rischio [4]. Il suo screeningrappresenta un criterio efficace nell’identi-ficazione degli anziani maggiormente sog-getti a tale pericolo. Questo tipo di valuta-zione dovrebbe essere effettuata su tutti isoggetti ricoverati presso i centri di curaentro 24-48 ore e ogni volta che le condi-zioni del paziente mutano. La valutazionedel rischio deve essere effettuata median-te una scala di valutazione validata e attra-verso l’osservazione clinica del professio-nista. Quest’ultima è un elemento indi-spensabile, in quanto nessuno strumentoda solo, è in grado di svolgere tale compi-to [14]. È necessario considerare anchel’elevato rischio di recidività dell’evento av-verso; da qui si tenga in considerazione edin evidenza la causa di cadute precedenti,la frequenza con la quale esse si sono ve-rificate, le caratteristiche e il contesto [4].Una volta completata tale valutazione sarànecessario documentarla nella cartella in-fermieristica. Il paziente ad alto rischio do-vrebbe essere identificato utilizzando peresempio un braccialetto colorato. Risulta-no necessari interventi educativi rivolti alpersonale di assistenza, il quale sarà ad-destrato sui fattori di rischio, la loro valuta-zione, le strategie e gli interventi preventivi[15]. Se la valutazione del rischio di cadu-

ta è una componente chiave per la preven-zione di questo evento [16] e se è neces-sario utilizzare precisi strumenti validati[17], ne deriva che tale strumento debbaessere veloce e facile da usare [18]. Biso-gna diffidare di strumenti con validità e af-fidabilità sconosciuta [19]. Tuttavia lo svi-luppo delle evidenze in materia è ancora incorso e risulta difficile selezionare unostrumento idoneo [18]. Un confronto tra lescale di valutazione del rischio citate in let-teratura non ha portato all’identificazionedi una scala in particolare che presenti unequilibrio ottimale tra sensibilità e specifici-tà [20]. Molte organizzazioni hanno svilup-pato e utilizzano un proprio strumento divalutazione non convalidato [18].

La fear of falling (la paura di cadere) hamolte conseguenze sulla salute degli an-ziani e può portare alla riduzione dell’attivi-tà, all’immobilità, alla dipendenza funzio-nale, e quindi a cadute e a lesioni gravi.Una recensione integrativa (dal 1982 adoggi) ha portato alla conclusione che lascala FES-I (Falls Efficacy Scale-Internatio-nal) formato lungo, si distingue come lostrumento di misurazione più appropriatoper valutare al meglio la paura di cadere[16, 21]. La diagnosi dei parametri cliniciassociati alle cadute negli anziani è diven-tata una sfida importante per la comunitàscientifica, ma nonostante l’esistenza di di-versi strumenti di valutazione dell’equili-brio è ancora scarso il numero di studi chehanno indagato e discusso l’accordo tra idiversi strumenti [22].

Focus sulle scale di valutazione del ri-schio di caduta

Ad oggi sono state testate diverse scaledi valutazione che consentono di misurareil rischio di caduta . I test ideali per valuta-re il rischio di caduta devono essere disemplice esecuzione, di breve durata e ri-petibili per consentire il follow-up. Risulta-no avere queste caratteristiche la Berg Ba-lance Scale (BBS) per la valutazione del-l’equilibrio, il Timed Up and Go (TUG) perla valutazione della mobilità e la Tinetti Ba-lance Scale (equilibrio/mobilità). Tali stru-menti, validati, sono i più utilizzati e hannomostrato un buon valore predittivo, nonchéuna significativa correlazione reciproca. Al-tre scale piuttosto utilizzate in tale ambitosono la Scala di Conley, la Scala di Morsee la Stratify Scale [4].

berg balance scale (bbS)La BBS valuta l’equilibrio, in particolare

analizza la capacità di mantenere la stazio-ne eretta in diverse condizioni (con gli oc-chi chiusi, su un solo piede, ecc), la capa-cità dell’assistito di spostarsi e girarsi e ilpassaggio dalla posizione seduta a quellaeretta e viceversa [4]. La BBS risulta una

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misura affidabile per rilevare l’equilibrioposturale e i movimenti degli arti inferiorinei soggetti con ictus cronico e con modi-ficazioni nel tono della flessione plantaredella caviglia [23]. È stata testata inoltrel’applicabilità di una BBS breve tra gli an-ziani con una buona funzionalità fisica,questa ha dato dei promettenti risultati diefficacia [24]. Uno studio prospettico os-servazionale conferma la validità interna el’affidabilità della BBS come strumento dimisurazione, indipendentemente dall’ezio-logia della malattia neurologica che causail deterioramento dell’equilibrio [25]. Dauna revisione sistematica della letteratura(dal 1985 al 2009) è emerso che la BBS,da sola, non è utile per predire le cadutenegli anziani con e senza condizioni pato-logiche. Di conseguenza gli operatori do-vrebbero utilizzare la BBS in combinazio-ne con altri test/scale per quantificare leprobabilità che si verifichi l’evento avverso[26, 27].

Tinetti balance ScaleL’utilizzo di questa scala è propriamente

indicato nelle residenze per anziani (RSA).Essa è suddivisa in due parti: una che va-luta l’equilibrio (balance section) e l’altral’andatura (gait section) [4]. I pazienti conParkinson’s disease (PD), i quali riscontra-no difficoltà significative nel girarsi, sonoad alto rischio di cadute e paradossalmen-te non è ancora chiaro un sistema per va-lutare questo fenomeno. A tale scopo èstato effettuato uno studio esplorativo perpoter definire quali strumenti possano ri-sultare maggiormente utili nella valutazio-ne del deficit: sono state messe a confron-to diverse scale di valutazione del rischiodi caduta (come la Tinetti e la BBS) le qua-li non considerano però questo fattore[28].

The Timed Up and Go test (TUG)Il test consiste nel posizionare la perso-

na seduta su una sedia e nel porre una se-conda sedia alla distanza di 8 passi. L’esa-minando si alza dalla sedia, cammina finoalla seconda e ritorna a sedersi al punto dipartenza [4]. Il Timed Up and Go è un testsemplice, veloce e ampiamente utilizzatonella pratica clinica. Ipotizzando che le sueproprietà possano essere diverse da quel-le di altri test (Berg Balance Test e il Dyna-mic Gait Index) è stato valutato se le fun-zioni cognitive possono contribuire a diffe-renziarlo in una coorte di anziani sani. IlTUG sembra essere uno strumento ade-guato per la valutazione clinica della mobi-lità funzionale, forse grazie alle compo-nenti di trasferimento e di svolta che aiuta-no a convertire questo compito motorio re-lativamente semplice, in un valore piùcomplesso che dipende anche dalle risor-

se cognitive [29]. Il TUG permette inoltreuna valutazione fisica valida, da effettuarsicon il fine di individuare i pazienti a rischiodi frattura [30]. È stata elaborata a proposi-to una revisione sistematica per valutarel’associazione e la capacità predittiva delTUG al verificarsi delle cadute tra le perso-ne di età superiore ai 65 anni. È emersoche la sua capacità predittiva è limitata [31].

Scala di conleyLa scala di Conley è utilizzata in partico-

lar modo nelle degenze per acuti di areamedica e chirurgica. Essa è composta dasei parametri: storia di precedenti cadute,presenza di vertigini o capogiri nei tre me-si precedenti la rilevazione, sussistenza diincontinenza urinaria e/o fecale, compro-missione del cammino, presenza di agita-zione psicomotoria e di disturbi cognitivi[4]. Dalla ricerca effettuata non sono emer-se pubblicazioni significative che interes-sano la suddetta scala di valutazione.

Scala di StratifyLa scala di Stratify comprende 5 para-

metri: se il ricovero è avvenuto per causadi una caduta oppure se quest’ultima si èverificata durante la degenza; lo stato diagitazione della persona; il visus, la fre-quenza con la quale si reca in bagno el’autonomia/sicurezza nella mobilità. Lasua applicazione è particolarmente indica-ta nei reparti ospedalieri e di geriatria [4].

Da un’analisi retrospettiva effettuata su4.735 pazienti presso una clinica geriatricain un ospedale di insegnamento universi-tario di Amburgo (Germania) è risultatoche il metodo Stratify ha mostrato unasensibilità di 56,8 e una specificità di 59,6[32]. Da uno studio comparativo (tra BHSFRAT and TNH-STRATIFY) è emerso cheuna versione riadattata della scala di Stra-tify, in combinazione alla documentazionedel piano di assistenza infermieristica allecadute, possono migliorare il target dellestrategie di prevenzione per fattori di ri-schio come il deterioramento cognitivo,l’incontinenza e i problemi di mobilità [33].

Prevenzione delle cadute e dei danni adesse correlati

Nonostante le prove in merito ad efficaciinterventi di profilassi delle cadute, una lo-ro riduzione non è stata ancora raggiunta.La sfida attuale consiste nel fornire gli in-terventi più efficaci a tale scopo [34]. Unarevisione prospettica dei ricoveri legati alesioni da caduta presso un ospedale nelNew South Wales (Australia), ha eviden-ziato che, nonostante i progressi nella pre-venzione, i tassi delle ospedalizzazioni le-gate a questi eventi continuano ad aumen-tare (1,7% annuo) [35]. Nel Regno Unito, èstato imposto un imperativo finanziario per

ridurre al minimo il tasso delle cadute edelle lesioni associate. Le prove disponibi-li sostengono l’opinione che i servizi basa-ti su standard nazionali e linee guida diesperti possono prevenire l’evento avver-so, ridurre la morte e le invalidità causatedalle fratture [36]. Uno studio prospetticodi coorte ha misurato l’impatto della realiz-zazione di interventi di prevenzione dellecadute basati sulle evidenze scientifiche.L’indagine si è svolto presso 9 strutture diassistenza residenziale in Australia dovegli interventi presi in considerazione preve-devano: modifiche ambientali come lettibassi e sedie regolabili in altezza, allarmidi movimento, rimozione dei pericoli am-bientali e protettori d’anca. In conclusioneil miglioramento ambientale, la formazionedel personale, dei pazienti e della famigliasono fattori indispensabili nella prevenzio-ne, insieme ad una attenzione particolarealle calzature e alla vigilanza sui pazienti arischio [37].

Il sistema sanitario mondiale si sta pre-parando per la “tempesta perfetta” checoinvolge la popolazione in età senilesempre in aumento. Questa infatti necessi-ta di più farmaci per la gestione delle co-morbilità, con un conseguente aumentodel rischio di caduta farmaco-correlato. Ilconsumo di farmaci è uno dei fattori di ri-schio maggiormente modificabili a scopopreventivo, quindi è ragionevole l’idea diattuare una strategia nella cura di routinedegli anziani che includa una revisione fre-quente di tutti i farmaci che incrementanoil rischio di caduta (FRIDs). Questi includo-no medicamenti per le malattie cardiova-scolari (digossina, antiaritmici di tipo 1a, ediuretici), benzodiazepine, antidepressivi,antiepilettici, antipsicotici, antiparkinsonia-ni, oppioidi e spasmolitici. Un interventobersaglio sul quale i ricercatori si sonoconcentrati è la sospensione dell’uso diquesti farmaci. Uno studio di coorte pro-spettico svoltosi in Olanda su pazienti am-bulatoriali geriatrici ha evidenziato che, ilritiro completo, o almeno una limitazionedella dose di FRIDs, costituiscono l’inter-vento più efficace per la riduzione delle ca-dute. Uno studio randomizzato sul reces-so controllato dei farmaci psicotropi haevidenziato una significativa riduzione delrischio di caduta, ma un mese dopo laconclusione dello studio, il 47% dei parte-cipanti ne ha ripreso l’utilizzo. Si deduceche la migliore gestione del problema èdata dalla prevenzione, evitando quindiche i pazienti inizino questo tipo di terapiaa lungo termine. Infatti, arrestare o abbas-sare la dose di psicofarmaci e benzodiaze-pine fa il lavoro, ma garantire che il pazien-te rimanga lontano da questi farmaci rima-ne una sfida [38].

Le limitazioni riscontrate negli interventi

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14 Infermiere a PaviaPAGINA

multifattoriali e nei programmi di eserciziosono legate soprattutto al loro costo, ai lun-ghi tempi di implementazione e alla limita-ta adesione a lungo termine [38, 39]. Ciòpuò spiegare la carenza di dati relativi allaprevenzione di fratture attraverso questo ti-po di interventi [39]. Tenere in considera-zione le tendenze del numero di caduteche si verificano in ogni struttura dovrebbeessere un obiettivo comune per la valuta-zione degli interventi di prevenzione [37].

Prevenzione delle frattureLa frattura dell’anca è una condizione

potenzialmente devastante per gli anziani,essa porta a dolore e immobilizzazionecon complicazioni che vanno dal delirio al-la perdita funzionale e alla morte [40, 41].Le fratture di femore rappresentano unadelle conseguenze più costose delle ca-dute [42]. Da una recente analisi dei datirelativi all’incidenza delle fratture di anca,sono state fatte delle previsioni su quelleche si verificheranno negli Stati Uniti dal2010 al 2050 in individui maggiori di 45 an-ni distribuiti per sesso ed età. È stato evi-denziato che le stime future comprese trale due tendenze emerse dallo studio pos-sono variare da 458.000 a 1.037.000 con ilmaggior numero di donne in un’età supe-riore ai 65 anni [43]. Alte dosi di vitamina D(≥ 800 UI al giorno) rappresentano un in-tervento favorevole nella prevenzione dellefratture di anca e di qualsiasi frattura nonvertebrale nelle persone maggiori di 65 an-ni di età [44]. Nonostante questo, il tratta-mento antiriassorbimento da solo non puòridurre le fratture [39]. Si va sempre più dif-fondendo l’utilizzo di ausili per proteggerela persona anziana dal rischio di frattura incaso di caduta. In commercio esistonomutande con protettori di anca, protettoriarticolari per spalla e omero, caschetti perla testa (simili a quelli utilizzati dai ciclisti)e, per i casi più gravi, airbag di recente in-venzione, il cui costo si aggira intorno aimille euro [4]. Uno dei problemi principalinello studio dell’efficacia dei protettorid’anca è dato dalla scarsa adesione daparte dei pazienti ma anche dalla cono-scenza del personale e dall’approccio neiconfronti del dispositivo [45].

Assistenza infermieristica all’anziano arischio

Il rischio di caduta nel soggetto anzianoviene spesso sottovalutato dai professioni-sti sanitari, considerato inevitabile e quasilegato indissolubilmente all’invecchiamen-to. Come sottolineato in precedenza però,non è così. Le cadute rappresentano lacausa principale di: gravi traumi, accelera-zione del declino funzionale dell’anziano ecompromissione della qualità di vita. Lapianificazione dell’assistenza infermieristi-

ca alla persona anziana a rischio di cadu-ta interessa la mobilità, la sicurezza, l’aiutonello svolgimento delle attività quotidiane,il rischio di traumi o di sindrome post-trau-matica, le modificazioni nelle relazioni in-terpersonali, il rischio di solitudine, il con-trollo dell’immagine di sé e dell’autostima.È fondamentale il coinvolgimento dei fami-liari nella valutazione del rischio e nellapianificazione degli interventi. All’infermie-re, in collaborazione con il medico e il fi-sioterapista, compete la valutazione del ri-schio di caduta di un anziano al momentodel ricovero. Nello specifico, all’infermierespetta: la verifica della corretta assunzionedella terapia farmacologica, la valutazionee il supporto necessario per l’adozione disistemi di protezione individuale, la pianifi-cazione degli interventi di prevenzione del-le cadute e delle loro conseguenze [4]. Èda sottolineare il fatto che l’infermiere, in-veste molto tempo con pazienti e familiarie si trova, rispetto ad altri professionisti, inuna posizione unica per cogliere la fatica elo stress del caregiver e per provvedere adinterventi appropriati [46]. L’infermiere as-sume, all’interno dell’equipe multidiscipli-nare, su questa problematica, per compe-tenza e professionalità, il ruolo di case ma-nager, divenendo la figura di riferimento edi coordinamento degli interventi assisten-ziali [4].

conclusioniIl problema dell’invecchiamento della

popolazione e la conseguente fragilità de-gli anziani è ormai definito a livello univer-sale. Ad esso è strettamente correlato l’au-mento del fenomeno delle cadute, gravepericolo per la salute e per l’autonomia deisoggetti anziani. La scienza, in questi anni,si è impegnata ad individuare degli effi-

cienti programmi di prevenzione delle ca-dute. Dalla revisione della letteratura (dal2011 al 2013) sono emersi molteplici svi-luppi in materia, nonostante attualmentenon siano ancora stati raggiunti dei risulta-ti pienamente soddisfacenti. L’individua-zione e la conoscenza dei fattori di rischiocostituisce il punto di partenza nella ge-stione del problema delle cadute. Questifattori sono stati individuati e rimangonoper lo più invariati, ma è stata sottolineatal’importanza dell’identificazione di quellimodificabili allo scopo di pianificare degliinterventi mirati. Nella valutazione del ri-schio di caduta sorgono i maggiori proble-mi, questo perché risulta difficile individua-re uno strumento idoneo ad identificare ef-ficacemente gli individui a rischio per poterpoi gestire il problema nel modo più ap-propriato. È riconosciuta infatti l’importan-za di uno screening al momento del rico-vero ma il dilemma fondamentale rimane:Quale scala di valutazione risulta maggior-mente predittiva? Lo sviluppo delle eviden-ze in materia di uno strumento di valutazio-ne è ancora in corso ma allo stato attualela letteratura non suggerisce ancora unstrumento in particolare, nonostante moltistudi siano stati effettuati con il fine di valu-tare la predittività di scale già esistenti edutilizzate in ambito clinico (BBS, TUG,ecc). Sono in corso numerose sperimenta-zioni di nuovi strumenti che riescano a pre-vedere le cadute per un campione più ele-vato di soggetti anziani da parte dellestrutture sanitarie di tutto il mondo. Nelfrattempo, all’interno del contesto ospeda-liero, è necessario testare lo strumento divalutazione del rischio scelto per verificar-ne l’adattabilità rispetto al contesto di curae una seconda valutazione per individuarefattori modificabili da parte degli operatori

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15Numero 2/2013 PAGINA

bibliografia

* Infermiera neolaureata c/o l’Università degliStudi di Pavia

L’autore

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sanitari. Nonostante la disponibilità di evi-denze riguardanti efficaci programmi diprevenzione e di interventi adeguati, la lo-ro traduzione in programmi e politiche a li-vello assistenziale non risulta ancora pie-namente realizzata. Un approccio multifat-toriale appare molto efficace nella riduzio-ne delle cadute ma il costo degli interventipreventivi è molto elevato. La formazioneper la resistenza alle cadute ai soggetti arischio, insieme ad un miglioramento am-bientale, alla formazione del personale,dei pazienti e della famiglia sono interven-ti indispensabili per la prevenzione. Mentreil numero di cadute tra gli anziani ricovera-ti continua ad aumentare, i tassi di fratturad’anca sono in calo. Questi progressi so-no correlati all’adozione di interventi effica-ci come l’incremento della concentrazionedi vitamina D e l’utilizzo di presidi (dai pro-tettori d’anca ai modernissimi Airbag anti-frattura). L’implementazione di una politicadi prevenzione degli infortuni efficace ècondizionata dal continuo processo deci-sionale infermieristico che considera sia leesigenze del paziente che la fattibilità di ta-le politica nel contesto di riferimento.

ringraziamentiIl presente articolo è una rielaborazione

della Tesi di Laurea in Infermieristica dellaDott.ssa Francesca Picci dal titolo: Gestio-ne del rischio di caduta nell’anziano: revi-sione della letteratura e stato dell’arte. Siringrazia il Prof. Giovanni Ricevuti, Relato-re della stessa.

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La parola “epilessia” deriva dal verbogreco επιλαμβάνω (epilambanein) che si-gnifica “essere sopraffatti, essere colti disorpresa”. L’epilessia è, tra le malattieneurologiche, una delle più diffuse, tantoda essere riconosciuta come malattia so-ciale. Dai dati attualmente a disposizione,si sa che nei Paesi industrializzati l’epiles-sia interessa circa 1 persona su 100: si sti-ma che in Europa circa 6 milioni di perso-ne abbiano un’epilessia in fase attiva (cioècon crisi persistenti e/o tuttora in tratta-mento) e che la malattia interessi in Italiacirca 500.000persone1.

“L’Epilessia è un cammino contro il buioimprovviso.

Una ricerca comunicativa dove nonpuoi spiegare cosa si prova, non puoinemmeno chiedere aiuto, in quantoLei ti ruba la parola, ti paralizza, trasci-nandoti tra oblio e realtà.

Sai che cadi ma non sai che ti rialzi e so-pratutto “come” ti rialzi.

Un passaggio tra un mare di luci vitaliper un blocco lampante che può di-ventare definitivo, fatale, mortale.

Un percorso nel bilico tra vita e mortedove il malato può solo arrendersi auna condizione che condiziona un’inte-ra esistenza per un minuto di assenza”.

(Carmedea Amedea Frau)

cenni di anatomia e fisiologiaLe epilessie si manifestano attraverso

sintomi tra loro diversi, che costituisconole cosiddette crisi. Per crisi s’intende un di-sturbo improvviso e transitorio, che consi-ste in risposte cerebrali non specifiche avari danni a carico dell’encefalo. Conven-zionalmente una diagnosi di epilessia ri-chiede che il paziente abbia avuto almenodue crisi spontanee. La crisi è provocatada un’iperattività dei neuroni. Si verifica, in-fatti, un’eccessiva attività funzionale del si-stema nervoso: alcuni neuroni della cor-teccia cerebrale incominciano ad attivarsiad un ritmo molto superiore al normale,producendo una scarica di potenziali neu-ronali che si propaga nei circuiti nervosi esi manifesta nell’elettroencefalogramma(EEG) con potenziali di aspetto puntuto eclinicamente con modificazioni motorie(scosse miocloniche, ipertono, convulsio-ni), sensazioni peculiari (folate di odori, pe-

16 Infermiere a PaviaPAGINA

so allo stomaco, macchie luminose), ricom-parsa di ricordi sopiti e in non pochi casisospensione della coscienza e caduta.

Esistono due tipi principali di epilessia:le epilessie idiopatiche e le epilessie sinto-matiche. Nelle epilessia idiopatiche la ten-denza a presentare le crisi è costituziona-le; questi pazienti non presentano alcunalesione cerebrale e sono dal punto di vistaneurologico del tutto normali, a parte que-sta singolare caratteristica. Nelle epilessiesintomatiche l’epilessia si sviluppa in se-guito ad una lesione cerebrale. Si passada disturbi dell’ossigenazione cerebrale amalformazioni della corteccia cerebrale fi-no a tutte le patologie acquisite del cervel-lo, come infezioni, traumi, tumori, disturbicircolatori. Ogni evento morboso che ledela corteccia cerebrale può, infatti, dare ori-gine, nel corso degli anni, a un focolaio re-sponsabile dell’epilessia. In un buon nu-mero di casi non si riesce a trovare la cau-sa, e l’epilessia viene definita criptogenica.

Si possono inoltre presentare crisi epi-lettiche isolate, sporadiche, che avvengo-no in determinati contesti quando un sog-getto predisposto viene esposto a deter-minati stimoli quali:• Stimolazioni luminose intermittenti• Deprivazione di sonno• Abuso, o interruzione brusca, di sostan-

ze alcoliche o psicotrope• Alterazioni metaboliche (specialmente

ipoglicemia)La risposta a uno di questi stimoli con

una crisi epilettica non va considerata co-me espressione di una malattia, quantocome espressione di una “ipersensibilità”del cervello che risponde con una scaricaa livelli inferiori rispetto alla media. L’allon-tanamento dallo stimolo nocivo porta, nel-la quasi totalità dei casi, a non avere maipiù nella vita altre crisi.

DiagnosticaLa diagnosi si basa fondamentalmente

nella rilevazione di una iper eccitabilità deltessuto nervoso tramite elettroencefalo-grafia che può avvenire in condizioni basa-li o in privazione di sonno. Durante la regi-strazione dell’EEG il soggetto viene sotto-posto a prove di induzione quali l’iperpneae la SLI (stimolazone luminosa intermitten-te) che nei soggetti predisposti possonoattivare anomalie nel tracciato.

rIASSUNTOL’epilessia è una patologia che puòpresentarsi in varie forme. I pazientiche soffrono di epilessia necessitanoassistenza e cure specialistiche. I pro-fessionisti che si occupano di epilessiadevono avere una approfondita cono-scenza delle manifestazioni che la pa-tologia comporta e dell’impatto di que-st’ultima sullo stile di vita.L’epilepsy nurse favorisce l’accettazio-ne della patologia, la riduzione dei ri-coveri ospedalieri, fornisce assistenzatelefonica e permette la riduzione deicosti e svolge un’azione diretta a mi-gliorare l’efficacia della cura incidendosullo stato di salute

AbSTrAcTEpilepsy is a disorder that can presentvarious forms. Patients with epilepsyneed special care and assistance. Pro-fessionals who deal with epilepsyshould have a deep knowledge of thedisturbances which are involved in thatdisease and the impact of that diseaseon lifestyle.The epilepsy nurse promotes the ac-ceptance of the disease, reduces thehospital admissions, provides phonesupport and allows the reduction ofcosts and carries out direct action toimprove the effectiveness of care im-pacting on the health.

L’epilepsy nurse:una nuova figura permigliorare la qualitàdella vita dei pazientiche soffrono di epilessia

* Cecilia Grisanti

** Simona Stefania Lunghi

*** Cristina Valisi

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17Numero 2/2013 PAGINA

La terapia medicaIl primo approccio alla cura dell’epiles-

sia è sempre farmacologico, basato quindisull’utilizzo di farmaci specifici (antiepiletti-ci). L’obiettivo della ricerca farmacologicaapplicata alla clinica è sempre quello ditrovare il farmaco antiepilettico ideale chedovrebbe possedere due caratteristichefondamentali:• essere efficace su gran parte delle forme

di epilessia;• indurre meno effetti collaterali possibili.

Premesse fondamentali per la buona riu-scita del trattamento sono l’affidabilità e lacollaborazione del paziente e dei suoi fa-miliari, la cosiddetta compliance. Per ave-re una buona compliance, il medico devespiegare con chiarezza le basi fondamen-tali della cura antiepilettica: si tratta di unaterapia molto lunga, generalmente di piùanni, che non va mai interrotta e che deveessere assunta spesso anche in 2-3 dosigiornaliere, a intervalli regolari.

Non sempre si ha una guarigione com-pleta dalla malattia. Per guarigione com-pleta s’intende quella situazione in cui, do-po la sospensione della terapia, le crisi nonsi ripresenteranno più. In alcune condizioniepilettiche questo può verificarsi; tuttaviava rimarcato che in molte altre situazioni incui si arriva a sospendere la cura, si posso-no avere delle ricadute (recidive).

Vivere con l’epilessiaIl soggetto cui è stata diagnosticata una

forma di epilessia, anche se non sofferen-te di precedenti disturbi psicologici, vienespesso a trovarsi di fronte a svariate pro-blematiche psico-sociali che sono di fre-quente la causa di sintomi ansioso-de-pressivi i quali, a loro volta, possono an-che rischiare di divenire preponderanti ri-spetto alla patologia di base.

Da tutto questo si può facilmente dedur-re che il soggetto con epilessia sviluppacon estrema facilità un “disagio” psichicoda considerare come un “effetto collatera-le” della malattia stessa.

Il bambino e l’adolescente con epilessiaIl bambino con l’epilessia ha spesso

problemi d’inserimento in ambito scolasti-co che per lo più derivano da un atteggia-mento sbagliato che i genitori, gli inse-

gnanti e i compagni sviluppano nei con-fronti di questa malattia. I genitori spessohanno verso il proprio figlio un atteggia-mento di iperprotezione.Gli insegnanti aloro volta potrebbero essere poco co-scienti delle problematiche di questa ma-lattia e potrebbero drammatizzare, accre-scendo il pregiudizio e contribuendo, an-che involontariamente, a emarginare ilbambino. I compagni possono con facilitàutilizzare informazioni distorte per “scher-zare” anche pesantemente su questo tipodi malattia affiancandola al “ritardo menta-le”. Da tutto ciò derivano ripercussioni psi-cologiche negative sul bambino stesso.Nell’adolescente l’accettazione dell’epiles-sia è ancora più difficile, essendo questoun periodo della vita molto complesso an-che per altri aspetti. Il ragazzo spesso“non si piace” e le crisi epilettiche sono vi-ste quindi come un’ulteriore “disgrazia”aggravando una preesistente visione pes-simistica riguardo al futuro: è questaun’età di transizione in cui c’è ancora piùbisogno di un sostegno psicologico.

Le donne con epilessiaL’epilessia colpisce sostanzialmente

nella stessa percentuale uomini e donnema questa malattia, e i farmaci utilizzati perla sua cura, pongono alla donna problemiparticolari legati alla contraccezione, allagravidanza, al parto e all’allattamento. Varicordato, innanzitutto, che alcuni farmacicontro l’epilessia riducono l’azione con-traccettiva della pillola, rendendola meno“sicura”. Per aumentare il potere contrac-cettivo bisognerebbe quindi ricorrere a pil-lole con un più alto contenuto di ormoniestrogeni, oppure utilizzare altri sistemiper evitare la gravidanza. L’epilessia di persé non crea problemi rilevanti né durantela gravidanza né durante il parto con l’ec-cezione di tutte quelle situazioni in cui lecrisi sono molto frequenti e intense, tantoda poter provocare aborti spontanei o par-ti prematuri. Alla luce di quanto detto, èauspicabile che la gravidanza di una don-na con epilessia in trattamento con farma-ci sia programmata in modo da razionaliz-zare e semplificare la terapia. Infine, al di làdella gravidanza e del parto, è piuttostocomune che le crisi epilettiche abbianonelle donne una qualche correlazione conil ciclo mestruale, in genere con comparsao aumento delle crisi proprio nel periodomestruale. Alcune donne hanno crisi soloed esclusivamente prima e durante il cicloe sono questi i casi in cui si parla di epiles-sia catameniale.

Il mondo del lavoroIn campo sociale la discriminazione

maggiore avviene proprio nel mondo lavo-rativo. Allo stato attuale il tasso di disoccu-pazione è più alto nei soggetti con epiles-sia rispetto alla popolazione generale2.Parlando in termini generali, l’epilessia diper sé non impedisce lo svolgimento di unnormale lavoro, eccetto i casi in cui le crisiepilettiche siano uno dei sintomi di una

malattia neurologica più complessa, checomporta limitazioni nello svolgimento diattività lavorative. Il soggetto con epilessiapuò richiedere il riconoscimento dell’inva-lidità civile, che è assegnato in percentua-le variabile tenendo in considerazione so-lo il tipo di epilessia e la frequenza dellecrisi3.

La lotta al pregiudizio nell’antichitàUn epilettologo americano, Lennox, dis-

se: “Il soggetto con epilessia soffre più cheper la sua malattia per tutto ciò che essacomporta, soprattutto a livello sociale”.Quest’affermazione, pur essendo trascorsimolti anni da quando è stata pronunciata,è ancora straordinariamente attuale. Giànell’antichità le persone con epilessia era-no discriminate. Nella Bibbia, sia nel Nuo-vo sia nel Vecchio Testamento, si ritrovanomolti passi in cui l’epilessia viene in qual-che modo correlata alla possessione de-moniaca. Il concetto di epilessia come si-nonimo di possessione demoniaca trovaperò il massimo del suo sviluppo nel Me-dioevo, durante il quale i soggetti con epi-lessia erano considerati oltre che indemo-niati anche contagiosi tanto da esserespesso mandati al rogo. Finalmente nel’500 Paracelso scrisse due libri sull’epiles-sia in cui indicava ai colleghi che il pazien-te epilettico, piuttosto che essere trattatocon pietà e disprezzo andava invece tratta-to con amore e compassione, le due armimigliori per guarire ogni malato. Nell’arcodi poco più di una generazione, l’idea diun possibile rimedio, cominciò a farsi stra-da. Thomas Willis, un medico ortodossoanglicano dell’Inghilterra del ’700 “invento-re” del termine neurologia, riteneva che cifossero degli spiriti animali che raggiungo-no il centro del cervello per via ematica,che risentono dell’influsso di particelle“eterogenee ed esplosive”. Il contatto po-teva farle esplodere e ciò avrebbe spiega-to i sintomi mentali dell’attacco epilettico,ai quali seguivano tutta una serie di esplo-sioni nel resto del sistema nervoso conconseguenti convulsioni generalizzate.Eppure anche Willis, nonostante tutto ilsuo spirito illuministico, continuava a ri-sentire della tradizione demonologica nel-la quale ancora oggi affondano le radicidella vergogna di questa malattia: “Assi-stendo alle convulsioni dell’epilettico”, egliha affermato, “si deve senza dubbio ritene-re che il demonio reciti il suo ruolo in que-sta tragedia”. Convinzioni di questo tiponon devono meravigliare: ancora alla finedell’Ottocento, c’era chi pensava che:“L’epilessia guasta il carattere, producen-do indebolimento mentale e stupore. Pro-voca depressione, morbosità, anzi alluci-nazioni”. Così scriveva alla fine dell’800Cesare Lombroso, un medico torinesefondatore della moderna criminologia, de-lineando il profilo psicologico del pazienteepilettico. Se la religione aveva presuntoun concetto di equivalenza fra epilessia epossessione demoniaca, la scienza, dalcanto suo era arrivata a mettere sullo stes-

Figura 1 Attività elettrica cerebrale du-rante una crisi epilettica.

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18 Infermiere a PaviaPAGINA

so piano epilessia e criminalità. È in que-sta fantasiosa evoluzione interpretativache affondano le radici della vergogna del-l’epilessia, ancora oggi tanto diffuse.

Il genioMolti grandi uomini di ogni epoca soffriva-

no di epilessia, a significare che questa pa-tologia non è sinonimo di ritardo mentale.

Erano epilettici Alessandro Magno, Giu-lio Cesare, Richelieu, Giovanna d’Arco,Napoleone, e anche Petrarca, Van Gogh,Dostoevskij. Molti grandi scrittori hannoparlato dell’epilessia nelle loro opere,spesso sulla base di esperienze autobio-grafiche. Lo scrittore che in modo più coin-volgente e realistico ha descritto le crisiepilettiche è stato Fjodor Dostoevskij: “…improvvisamente gli si spalancò davanticome un abisso: una straordinaria luce in-teriore gli illuminò l’anima. Quella sensa-zione durò forse un mezzo secondo; non-dimeno egli si ricordò in seguito con chia-ra consapevolezza il principio, la prima no-ta dell’urlo terribile che gli sfuggì dal pet-to… Poi la sua coscienza, in un attimo, sispense e subentrò una tenebra fitta. Erastato colto da un attacco di epilessia”4.

Attualità e stereotipiDa una ricerca fatta nel 2008 dalla LICE5

emerge che il 6% degli italiani è convintoche l’epilessia dipenda da una possessio-ne demoniaca. Dagli ultimi sondaggi rea-lizzati dalla Lice emerge che l’epilessia èuna malattia genericamente molto cono-sciuta tra la popolazione in generale: il94% delle persone ne ha sentito parlare, ela percentuale sale al 99% tra gli studentiuniversitari ma le conoscenze specificherimangono piuttosto scarse e approssima-tive (il 56% ammette di non conoscerne idettagli).

L’indagine demoscopica della Lice subase nazionale ha messo in risalto che la

cultura sulla patologia non si è evoluta: inun precedente sondaggio realizzato dallaDoxa circa 20 anni fa, i risultati della perce-zione della malattia tra la popolazione era-no più o meno gli stessi. Inoltre l’epilessiaè ancora permeata da forti pregiudizi e di-scriminazioni.

Dato il pregiudizio ancora molto radica-to nella cultura societaria e la conseguen-te scarsa conoscenza della patologia, i pa-zienti possono avere difficoltà nel chiederemaggiori informazioni riguardo la patolo-gia e possono presentarsi meno frequen-temente a controlli periodici. In Inghilterrae negli Stati Uniti l’epilepsy nurse funge datramite, da mediatore tra paziente e medi-co ed è disponibile telefonicamente ognigiorno per fornire consigli e supporto aipazienti. I pazienti si sentono così più coin-volti nel progetto di cura e più liberi nelesprimere le proprie paure e difficoltà.

chi si occupa di epilessia?L’epilessia, come in precedenza descrit-

to, è una patologia che può manifestarsi invarie forme. I pazienti che presentano unaforma di epilessia necessitano assistenza ecure specialistiche. I professionisti che sioccupano di epilessia devono avere unaapprofondita conoscenza delle manifesta-zioni che la patologia comporta e dell’im-patto di quest’ultima sullo stile di vita. È im-portante inoltre ricordare che nella mag-gior parte dei casi questa patologia esordi-sce in età pediatrica o durante l’adolescen-za per tale ragione è necessario iniziare su-bito un programma di forte educazione te-rapeutica sia ai pazienti, ma anche ai geni-tori e familiari. Queste ultime figure, infatti,sono colte completamente impreparate equindi spesso sono disorientate e corronoil rischio di compiere delle scelte sbagliate.Le figure professionali, sia il medico sia l’in-fermiere, devono accogliere e dedicaremolto tempo ai pazienti e a tutto il mondoche li circonda. In Inghilterra quest’alta as-sistenza è garantita da neurologo e dal-l’epilepsy specialist nurse. In Italia, invece,è il neurologo/neuropsichiatra infantilestesso che deve svolgere anche un ruolodi educazione sanitaria oltre che terapeuti-ca poiché la figura professionale dell’epi-lepsy specialist nurse non è ancora nata.

L’assistenza infermieristica al pazienteche presenta crisi epilettiche è fondamen-tale perché, anche se è vero che ogni ma-lattia modifica profondamente il nostromodo di vivere e che in qualche modo li-mita i progetti, questo è particolarmentevero per alcune malattie quali l’epilessiache, per la loro storia “culturale”, per insuf-ficienza di conoscenze oppure per le lorocaratteristiche peculiari, non modificanosoltanto lo stato di salute della persona,ma incidono, più fortemente di altre malat-tie, sull’ autonomia, sulle percezioni, suirapporti interpersonali e quindi sulla quali-tà di vita.

Figure professionali coinvolte

ItaliaIn Italia un paziente epilettico di norma è

seguito da:

– un neurologo/neuropsichiatra infantile,che si occupa della diagnosi della pato-logia e dei colloqui con il paziente e coni familiari;

– un tecnico di neurofisiopatologia, cheesegue l’elettroencefalogramma;

– uno o più infermieri, che si occupa del-l’assistenza al momento del ricovero odurante i controlli periodici ambulatoriali;

InghilterraIn Inghilterra la situazione è ben diversa;

oltre alle figure sopraccitate spesso è pre-sente un infermiere epilettologo o epilepsynurse. Questa figura professionale ha unaspecializzazione nel campo dell’epilessia.L’epilepsy nurse ha intrapreso una forma-zione supplementare in epilessia ed è ingrado di lavorare con competenze avanza-te in questo settore. Lavora a stretto con-tatto con i neurologi fornendo un servizioalle persone con epilessia e dando consi-gli circa il trattamento. Può lavorare negliospedali e/o nella comunità, visitando lepersone nelle loro case.

Il ruolo dell’epilepsy nurseQuesta figura professionale fornisce

consigli terapeutici, informazioni e soste-gno ai pazienti6.

I consigli terapeutici riguardano: • Gli effetti collaterali dei farmaci epilettici

e la gestione di questi ultimi• Interazioni tra farmaci antiepilettici e altri

farmaci• Assistenza circa la non assunzione di un

farmaco da parte del paziente.Le informazioni e il sostegno riguardano:

• Le cause più comuni di epilessia.• I diversi tipi di crisi e la loro presentazione• Fattori aggravanti• Cosa fare durante una crisi epilettica.

Fornisce anche spiegazioni sui principidi trattamento, le opzioni di trattamento, imeccanismi di azione dei farmaci antiepi-lettici, i potenziali effetti collaterali e la lorogestione.

L’infermiere specializzato in epilessia7:• Ha un ruolo centrale nella cura delle per-

sone epilettiche.• Ha una vasta gamma di attività, princi-

palmente correlate al paziente, in variambienti di lavoro.

• Il suo servizio ha come obiettivo il mi-glioramento della qualità della vita deipazienti.

• Eroga un servizio essenziale per garan-tire ai pazienti la migliore assistenza sa-nitari.Le linee guida delle NICE8 dicono che

l’epilepsy nurse dovrebbe essere una par-te integrale del team per pazienti epilettici.Secondo l’articolo “Best Care: the value ofepilepsy specialist nurse” 7 il 70% del tem-po gli epilepsy nurse lo trascorrono in atti-vità correlate ai pazienti. Il resto del tempolo trascorrono negli insegnamenti, nell’am-ministrazione, nello sviluppo professiona-le, nella ricerca etc. Tutti gli epilepsy nursecoinvolti in questo studio garantiscono as-sistenza telefonica e la maggior parte(92%) lavora in ambulatori. Più dei 2/3(68%) esegue delle visite domiciliari.

La epilepsy nurse agisce favorendo

Figura 2 Raffigurazione di un pazienteepilettico nel medioevo.

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19Numero 2/2013 PAGINA

l’accettazione della patologia, contribui-sce a ridurre i ricoveri ospedalieri, forni-sce assistenza telefonica e permette lariduzione dei costi, svolge inoltreun’azione diretta a migliorare l’efficaciadella cura incidendo sullo stato di salute.

Accettazione della patologiaL’accettazione dell’epilessia può miglio-

rare con una forte educazione sanitaria co-me dimostrato nell’articolo “Newly Diagno-sed Epilepsy: Can Nurse Specialists Help?A Randomized Controlled Trial” 9 il cui sco-po è verificare l’efficacia di un epilepsynurse sulla conoscenza dell’epilessia esull’aspetto psicologico dei pazienti. Ilcampione era formato da pazienti cui erastata diagnosticata recentemente l’epiles-sia e metà di questi ha ricevuto una consu-lenza da un epilepsy nurse mentre l’altrametà da un medico neurologo. Dai dati èemerso che chi aveva una bassa cultura(derivante dalla mancanza del diploma discuola superiore) aveva anche una bassaconoscenza dell’epilessia e che l’interven-to di un epilepsy nurse ha contribuito mol-to sulla conoscenza della patologia. Infatti,il grado di soddisfazione dei pazienti cheavevano ricevuto la consulenza dell’epi-lepsy nurse era più alto rispetto ai pazientiche avevano ricevuto la consulenza da unmedico neurologo. L’articolo “The epilep-sy nurse specialist at a tertiary care hospi-tal—improving the interface between pri-mary and tertiary care” 6 si basa su un que-stionario testato su 193 pazienti. Le do-mande includevano le caratteristiche clini-che, il trattamento con farmaci antiepiletti-ci, l’accesso al servizio, le ragioni per con-tattare l’epilepsy nurse e la soddisfazionedel paziente dopo il contatto con l’epilep-sy nurse. I risultati suggeriscono che l’epi-lepsy nurse migliora la gestione dei pa-zienti con attacchi epilettici frequenti, lacomprensione della patologia, la fiducia ela capacità di prendere decisioni sul tratta-mento farmacologico. Diminuzione dei ri-coveri ospedalieri

Nell’articolo “Epilepsy nurse specialisthalves admissions”10 emerge un altroaspetto importante; infatti l’intervento di unepilepsy nurse dimezza i ricoveri ospeda-lieri dei bambini nell’ospedale di Nottin-gham. Il campione è stato osservato pertre anni durante i quali il numero di ricove-ri dei bambini epilettici è passato da unamedia di quattro al mese a solo due.

Un miglioramento nel numero di ricoveriè stato osservato anche nell’articolo “A re-view of Epilepsy Specialist Nurse’s clinicalactivity and impact on paediatric admis-sions”11 in cui il campione era formato dabambini di età inferiore a sedici anni delKings Mill Hospital osservato per cinqueanni. Anche in quest’articolo il numero me-dio di ricoveri è passato da quattro a due,come mostrato in figura 4. Nell’articolo“Long-term neurological conditions: a go-od practice guide to the development ofthe multidisciplinary team and the value ofthe specialist nurse”12 è stato registrato ilnumero di ricoveri ospedalieri dei pazientiepilettici prima e dopo l’intervento di unepilepsy nurse. Il campione è stato studia-

to dal 2005 al 2007 e il numero di ricoveriè passato rispettivamente da ventinove almese a quindici al mese. Ciò si traduce inuna media di quattordici ricoveri in menoal mese e di 168 in meno l’anno. È chiaroche un abbassamento del numero di rico-veri ospedalieri si traduce in un abbassa-mento della spesa sanitaria, come dimo-strato nello stesso articolo; infatti, una di-minuzione di 168 ricoveri annuali ha com-portato una diminuzione della spesa sani-taria di 17.136 dollari annuali.

Assistenza telefonica e riduzione deicosti

Un ulteriore metodo che riduce notevol-mente i costi sanitari è il contatto telefoni-co fornito dall’epilepsy nurse. Oltre, infatti,a garantire una continuità assistenziale,questo servizio riduce il costo di eventualiconsulenze mediche e aumenta il grado diautonomia dei pazienti stessi. Come dimo-strato nell’articolo “The epilepsy nursespecialist at a tertiary care hospital-impro-ving the interface between primary and ter-tiary care”6 la consulenza telefonica da unlato diminuisce la spesa sanitaria evitandoconsulenze mediche, dall’altro riduce i ri-schi e le difficoltà di viaggio per i pazientiche non guidano o che hanno difficoltà afarlo e contemporaneamente permette aipazienti di non abbandonare il posto di la-voro per una visita medica. Un altro artico-lo che sostiene il valore del contatto telefo-nico è “Best care: the value of the epilepsyspecialist nurse”7. L’articolo afferma chenell’attuale clima economico mondiale,dove giustificare i costi è fondamentale,entrare in contatto con pazienti per via te-lefonica è un buon modo per risparmiareeconomicamente. Nello stesso momento,riduce il problema che possono avere i pa-zienti nel recarsi in ospedale.

Riassumendo quindi i benefici economi-ci derivanti dagli epilepsy specialist nursesincludono:• Riduzione dei ricoveri ospedalieri grazie

ad una migliore autogestione dei pazienti• Consulenze specifiche a pazienti e fami-

glie• Assistenza telefonica continua.

In questo periodo di difficoltà economi-ca e restrizioni al budget sanitario, i siste-

mi sanitari nazionali stanno comprensibil-mente cercando di risparmiare. È per que-sta ragione che è importante porre l’ac-cento sul contributo unico dell’epilepsynurse e dimostrare che è efficacie dal pun-to di vista economico.

Uno degli obiettivi principali che si deveprefissare l’epilepsy nurse è, quindi, ren-dere i pazienti epilettici più autonomi per-ché questo comporta un doppio vantag-gio: se da un lato migliora il servizio sani-tario in termini di tempi e di costi, dall’altromigliora chiaramente la qualità della vitadei pazienti stessi.

Efficacia sullo stato di saluteÈ importante sottolineare che numerosi

articoli sostengono l’ipotesi che l’interven-to dell’epilepsy nurse non migliori lo statodi salute dei pazienti epilettici. Per esem-pio, l’articolo “What do patients want andget from a primary care epilepsy specialistnurse service?”13 afferma che non tutti i pa-zienti ritengono che un epilepsy nurse mi-gliori la loro patologia; non hanno quindiavuto la necessità di contattarlo. Chi hascelto di utilizzare il servizio infermieristicol’ha fatto per avere più informazioni sul-l’epilessia o un migliore controllo delle lo-ro crisi. L’epilepsy nurse è stato in grado difornire loro le informazioni che volevano,ma non è stato in grado di migliorare il lo-ro controllo delle crisi. Un altro studio chesostiene quest’ipotesi è “Qualitative in-sights into the role and practice of Epilep-

Figura 3 Numero di ricoveri ospedalieri al mese.

Figura 4 Percentuale dei motivi per cuichiamare un epilepsy nurse.

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20 Infermiere a PaviaPAGINA

sy Specialist Nurses in England: a focusgroup study”14; il campione è stato studia-to prima e dopo essere stato sottopostoall’epilepsy nurse. Al gruppo - intervento èstato associato un epilepsy nurse per unanno, al gruppo - controllo no. L’epilepsynurse doveva fornire informazioni e sup-porto ai pazienti. I risultati dimostrano cheil gruppo - intervento ha manifestatoaspettative migliori sulla qualità della vita euna percezione migliore della qualità dellavita. Tuttavia non ci sono state modifichesullo stato di salute dei due gruppi.

La realtà presso IrccS Fondazione Isti-tuto Neurologico Nazionale c. Mondinodi Pavia

In Italia, come detto in precedenza, nonesiste la figura professionale dell’epilepsynurse; tuttavia presso il Centro Regionaledell’epilessia del Mondino di Pavia Cristi-na Valisi (assistente sanitaria presso il cen-tro epilessia e medicina del sonno degliadulti) e Simona Stefania Lunghi (infermie-ra presso l’unità di epilettologia dell’etàevolutiva – NPI) svolgono quotidianamen-te un’attività simile a quella dell’epilepsynurse, affiancando all’attività di assistenzae counselling anche un’attività di ricerca(partecipazione a trial clinici).

I vantaggi per i pazienti di questo servi-zio specialistico sono:• Unica figura di riferimento• Continuità assistenziale • Accessibilità migliore per esporre le pro-

blematiche (vedi contatto telefonico)• Rapporto confidenza, e accoglienza del-

le difficoltà quotidiane (councelling) • Conoscenza delle problematiche perso-

nali e quindi personalizzazione degli ap-puntamenti e dei controlli

• Informazioni relative ai benefici previstidalle norme vigenti (esenzione ticket perpatologia, invalidità,…)

• Supporto nella stesura di certificazionimediche.I vantaggi per i medici, invece, riguarda-

no soprattutto:• Ottimizzazione dei tempi • Migliore gestione delle visite ambulato-

riali

cONcLUSIONIL’assistenza alla persona epilettica com-

porta per l’infermiere un coinvolgimentoparticolare che ha come termini oltre la re-lazione strettamente tecnica la dimensioneumana dei protagonisti: da una parte il pa-ziente, con la sua sofferenza, le sue spe-ranze e i suoi dubbi, dall’altra l’infermiere,con la sua competenza professionale e lasua esperienza. Oggi l’infermiere agisce inun ambiente sempre più complesso; il pa-ziente non è più oggetto passivo nelle ma-ni del professionista sanitario, ma ora èutente, cioè persona che utilizza un servi-zio e partecipa attivamente al suo percor-so di cura o tutela della salute. Per rispon-dere a queste esigenze, la sanità deve po-ter contare su risorse tecniche e tecnologi-che avanzate, ma soprattutto su professio-

nisti competenti, aggiornati, motivati esoddisfatti. Nel rapporto di supporto l’ope-ratore si prefigge come obiettivo di con-durre il paziente e, in questo caso, anche ifamigliari al massimo grado di autonomiapossibile e di benessere; anche se vi sonomomenti in cui il paziente sarà totalmentedipendente dall’operatore, lo scopo ultimosarà quello di sostenerlo offrendo a lui e aisuoi famigliari tutti gli strumenti necessariper la gestione autonoma della malattia. Ilruolo dell’epilepsy nurse è fondamentalenel gestire l’epilessia e non deve esseresottostimato. Un paziente poco informatopuò andare incontro a spiacevoli inconve-nienti e può non essere in grado di gestiresituazioni critiche. Le conseguenze poten-zialmente gravi a livello sociale, educativoe professionale dell’epilessia non control-lata possono essere minimizzate e affron-tate con un councelling appropriato, conl’informazione e un sostegno psicologicoadeguato.

L’educazione sanitaria ed altri interventipsicosociali possono aiutare i pazienti e leloro famiglie ad imparare come gestire lamalattia in modo più efficace, a ridurre ledisfunzioni sociali, a favorire l’integrazionedelle persone con epilessia.

Lo stesso codice deontologico dell’infer-miere15 all’articolo 2 afferma:

“L’assistenza infermieristica è servizio al-la persona, alla famiglia e alla collettività. Sirealizza attraverso interventi specifici, auto-nomi e complementari di natura intellettua-le, tecnico-scientifica, gestionale, relazio-nale ed educativa”. È quindi sempre piùfondamentale un approccio di tipo olisticoalla persona, non è più solo paziente dalpunto di vista fisico, ma entità bio-psico-sociale.

In conclusione si può affermare che laqualità della vita dei pazienti epilettici mi-gliora con l’assistenza garantita da un epi-lepsy specialist nurse inoltre l’attività svol-ta dall’epilepsy nurse migliora i costi sani-tari con una riduzione dei ricoveri, evital’aumento delle visite mediche grazie adun continuo contatto telefonico e miglioral’autogestione dei pazienti.

Riassumendo quindi è chiaro che unadefinizione di efficacia dell’epilepsy nurseè necessaria: se l’efficacia è misurata intermini di miglioramento dello stato di sa-lute e frequenza di attacchi epilettici allorai benefici di questa figura professionalepossono risultare limitati; tuttavia se l’effi-cacia è misurata in termini di soddisfazio-ne dei pazienti e miglioramento della qua-lità della vita allora può diventare impor-tante la diffusione di questa figura profes-sionale.

bibliografia

1 AICE (associazione italiana control’epilessia)

2 D’Amico R, Cipulli M, Giancristofaro L,2010 Vivere con l’epilessia, Self-Help

3 www.ministerodellasalute.it, Legge 5febbraio 1992, n.104, Legge-quadroper l’assistenza, l’integrazione socialee i diritti delle persone handicappate

4 Dostoevskij F M , L’idiota 5 www.lice.it6 Hosking PG, Duncan JS, Sander JM

The epilepsy nurse specialist at a ter-tiary care hospital-improving the inter-face between primary and tertiary care.Seizure. 2002 Dec;11(8):494-9.

7 www.epilepsy.org.uk8 www.nice.org9 Ridsdale L, Kwan I, Cryer C. Newly dia-

gnosed epilepsy: can nurse specialistshelp? A randomized controlled trial.Epilepsy Care Evaluation Group. Epi-lepsia. 2000 Aug;41(8):1014-9.

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11 Johnson K, McGowanT,Dunkley C. Areview of Epilepsy Specialist Nurse’sclinical activity and impact on paedia-tric admissions. Dept of Paediatrics.Sherwood Forest Hospitals, Sutton inAshfield. 2010

12 National Workforce Projects. Long-term neurological conditions: a goodpractice guide to the development ofthe multidisciplinary team and the va-lue of the specialist nurse. 2011

13 Mills N, Campbell R, Bachmann MO.What do patients want and get from aprimary care epilepsy specialist nurseservice? Seizure. 2002 Apr;11(3):176-83.

14 Hopkins J, Irvine F. Qualitative insightsinto the role and practice of EpilepsySpecialist Nurses in England: a focusgroup study. J Adv Nurs. 2012Nov;68(11):2443-53.

15 www.ipasvi.it

* InfermieraRSA L. Bianchi - Mantova

** InfermieraUFS Epilettologia età evolutivaNPI IRCCS C. Mondino - Pavia

*** Assistente SanitarioCentro EpilessiaIRCCS C. Mondino - Pavia

Gli autori

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21Numero 2/2013 PAGINA

La prevenzione attraversoun’alimentazione naturale

* Nadia Granata

SECONDA PARTE

INTrODUzIONECome ho approfondito nell’artico prece-

dente, la tendenza generale della ricercamedica è ancora troppo rivolta alla curadelle malattie invece che alla loro preven-zione. Diversi sono anche gli approcci: laprevenzione implica una visione di ampioraggio, che prenda in considerazione lostile di vita ed il rapporto dell’uomo conl’ambiente in cui vive, occorre quindi in-fluenzare il suo comportamento individua-le e collettivo. Per fare questo, si deve‘educare’ piuttosto che ‘visitare’ la perso-na; occorre renderla consapevole che leproprie azioni influiscono sulla salute pro-pria e della collettività, e che un reale mi-glioramento non può avvenire come sin-golo ma come insieme. In tutto questol’alimentazione ha un ruolo importante. Ilmangiare sano e mangiare con gustosembrano spesso due ideali incompatibili.Siamo abituati ad associare mentalmente ipasti sani e leggeri con un’alimentazioneda “ospedale” o con piatti sconditi e semi-vuoti, così come è automatico pensare chei piatti gustosi siano invariabilmente i piùgrassi e pesanti.

Fortunatamente le cose non stanno pro-prio così e possiamo approfondire l’argo-mento da vari punti di vista.

LA SITUAzIONE IN ITALIACon il primo rapporto sul Benessere

equo e sostenibile (BES), il CNEL (Consi-glio Nazionale dell’Economia e del Lavoro)e L’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica)presentano i risultati di un’iniziativa chepone l’Italia all’avanguardia nel panoramainternazionale in tema di sviluppo di indi-catori sullo stato di salute di un Paese chevadano oltre il PIL.

Il rapporto BES afferma che la popola-zione Italiana è continuamente minacciatada comportamenti a rischio come l’obesi-tà, sempre più in crescita, un consumo difrutta e verdura minore rispetto a quantoraccomandato, l’abitudine al fumo, una vi-ta sedentaria sempre più riscontrata negliadulti. In Italia la vita media continua adaumentare, collocando il nostro Paese trai più longevi d’Europa, ma con una qualitàdi vita che ha notevoli margini di migliora-mento. Infatti le donne, a fronte dello stori-co vantaggio in termini di longevità, che

tuttavia si va riducendo, sono più svantag-giate in termini di qualità della sopravvi-venza. Le donne, infatti, sono affette piùfrequentemente e più precocemente ri-spetto agli uomini da malattie meno letali,come per esempio l’artrite, l’artrosi,l’osteoporosi, ma con un decorso che puòdegenerare in condizioni invalidanti. Cre-scono, inoltre, i decessi per demenza seni-le e malattie del sistema nervoso.

Un altro dato importante ai fini della pre-venzione, segnalato sempre dal rapportoBES, sottolinea che l’Italia e soprattutto ilSud si stanno allontanando dalle buoneabitudini alimentari che l’hanno resa iconadel buon vivere e del ben mangiare in tut-to il mondo. Parliamo della Dieta Mediter-ranea, un’alimentazione seguita dai popo-li dell’area mediterranea come l’Italia, laGrecia, la Francia e altri Paesi. Studiata damolti ricercatori, è considerata sana poi-ché è associata alla longevità ed ha un tas-so di diabete e cardiopatie inferiori a quel-lo degli Stati Uniti. È caratterizzata dal con-sumo di quantità relativamente elevatedi frutta e verdura, di grassi benefici e in li-nea generale da scelte alimentari a bassoindice glicemico.

MITI DA SFATArEOgni sostanza, anche la più innocua,

può essere un veleno: solo la quantitàne determina la pericolosità -Paracelso-

cOSA c’È NEL PIATTOPer poter conoscere ciò che si mangia,

lo strumento migliore, anche se incomple-to, è uno solo: le etichette alimentari. Mabisogna saperlo leggere. Vi sono delle in-formazioni obbligatorie ed altre facoltative.Per esempio tra le obbligatorie bisogna in-dicare se un alimento è stato trattato conradiazioni ionizzanti e l’espressione utiliz-zata è “irradiato” o “trattato con radiazioniionizzanti”. Il metodo consiste nell’utilizzodi raggi gamma, raggi X (milioni di voltepiù potenti di quelli usati a scopo medico)o fasci di elettroni, direttamente sui cibicon lo scopo di distruggere i batteri o altriorganismi e ritardarne il deperimento. Glialimenti a cui questa tecnica viene princi-palmente utilizzata sono: - patate, cipolle e aglio, per bloccarne la

germinazione; - alcuni frutti tropicali (per es. ananas e ba-

nane), per ritardarne la maturazione;

rIASSUNTOL’articolo è stato suddiviso in due par-ti per la notevole quantità d’informazio-ni che ci sono quando si parla di ali-mentazione. La prima parte vuole spie-gare cosa s’intende per alimentazionenaturale e il ruolo di prevenzione cheha nelle patologie croniche, facendoriferimento anche a studi scientifici.Nella seconda parte invece entro piùnel merito di alcuni alimenti, sfatandocon studi scientifici, alcune false cre-denze su di essi.

AbSTrAcTThe article was divided into two partsto the large amount of informationthat we have when it comes to pow-er. The first part seeks to explain whatis meant by natural nutrition and pre-ventive role in chronic diseasesthat, by also referring to scientific stud-ies. In the second part later than themerits of certain foods, with debunkingscientific studies, some false beliefsabout them.

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- cereali, riso, alcuni frutti e alcune verdu-re, per eliminare insetti ed altri parassiti;

- fragole e frutta a polpa tenera, per ritar-darne la marcescenza;

- carne bovina, pollame e pesce, per elimi-narne i microrganismi patogeni;

- cacao, caffè, erbe aromatiche e spezie; - frutti di mare freschi.

Nonostante le rassicuranti dichiarazionidei promotori del cibo irradiato, non c’èsufficiente evidenza scientifica che nonesistano pericoli per la salute, al contrarioalcune ricerche1 sottolineano rischi sia perquanto riguarda la sicurezza che per lequalità organolettiche e il valore nutrizio-nale degli alimenti. Sul territorio italianoabbiamo solo un sito per il trattamento e sitrova in Emilia Romagna. Tra le indicazionifacoltative, invece troviamo la tabella o eti-chettatura nutrizionale ed i marchi di quali-tà. I prodotti biologici invece devono se-guire una serie di norme a se. Secondo ilregolamento europeo gli obiettivi dell’agri-coltura biologica devono essere, la soste-nibilità ambientale e la qualità della produ-zione agricola, mentre i suoi principi gene-rali riguardano i metodi di produzione spe-cifici, l’impiego delle risorse naturali e la ri-gorosa limitazione dell’uso di sostanze ot-tenute per sintesi chimica. Le norme gene-rali di produzione biologica vietano l’uso diradiazioni ionizzanti e l’utilizzo di qualsiasitipo di OGM , anche se è prevista la pre-senza di una quota inferiore allo 0,9% do-vuta a contaminazione con l’ambienteesterno. La dottoressa Laura Di Renzo,del dipartimento di neuroscienze dell’Uni-versità di Tor Vergata e consulente dell’Isti-tuto nazionale di nutri genomica, dichiarache sono meglio gli alimenti bio. «Dai no-stri dati pubblicati» prosegue la Di Renzo«ottenuti dalle ricerche per due lavori com-missionati dal Ministero delle politicheagricole realizzati utilizzando tecnologieinnovative (studi di composizione corpo-rea con scansione a doppio raggio X, stu-di immunologia con metodo E.L.I.S.A.,studi di regolazione dell’espressione ge-nenica con RT-PCR e Macroarray, studibiochimici sulla capacità antiossidanteplasmatica), risulta che i prodotti biologicisono di gran lunga superiori per gli effettisalutari sul consumatore e sul pazientecon patologie cronico-degenerative».

Negli Stati Uniti le industrie delle carni edel cibo spazzatura, finanziano e influen-zano la maggior parte delle ricerche incampo nutrizionale nelle principali univer-sità e istituzioni, tant’è vero che negli ultimi50 anni i contributi più generosi per le ri-

cerche nutrizionali sono stati dati dalle in-dustrie dello zucchero, della carne e lattie-ro-casearie. Le industrie lattiero-casearie edella carne hanno sfruttato per decenni lefalse credenze in merito all’alimentazioneper promuovere i loro prodotti ed influen-zare l’opinione pubblica.

Latte e derivati“Il latte rinforza le ossa.” Cominciamo col dire che il latte di muc-

ca è il cibo perfetto… per i vitelli! L’uomo èl’unico animale che consuma il latte diun’altra specie, e nessun mammifero con-tinua a bere latte dopo lo svezzamento. Siè scoperto che il latte, invece che preveni-re l’osteoporosi è in realtà uno dei fattoriche causano l’indebolimento delle ossa. Ilcalcio nel latte non viene assorbito perchénon contiene un’adeguata quantità di mi-nerali quali il magnesio, il manganese e lavitamina B12, essenziali al nostro corpoper assimilare il calcio. Inoltre essendo unalimento che produce muco e scorie aci-de, l’assunzione regolare e massiccia dilatte, richiede la mobilizzazione della riser-va alcalina (sali di calcio e magnesio prin-cipalmente) per tamponare l’acidità pro-dotta. Dato che le maggiori riserve di cal-cio e magnesio si trovano nello scheletro enei muscoli, con l’abuso di latte e derivati,si assiste all’effetto paradosso. L’aciditàdei tessuti è indotta anche da un eccessi-vo consumo di proteine animali. Il proget-to di ricerca Nurses Health Study, pietramiliare della Harvard University che ha se-guito 78 mila donne in un periodo di 12mesi, rilevò che le donne che avevanoconsumato molti latticini avevano le ossapiù fragili di quelle che bevevano latte so-lo occasionalmente. Inoltre dopo il sestoanno di vita circa il 70% degli abitanti delpianeta riduce, in misura sensibile, la pro-duzione di lattasi, queste persone manife-stano, chi più chi meno, intolleranze al lat-te. Mentre sia nei giovani che negli adulti,col passare degli anni, vi è una notevole ri-duzione della chimosina, l’enzima neces-sario alla digestione della caseina che èpresente nel latte materno in bassissimepercentuali. Infatti, mentre le proteine dellatte di mucca sono costituite essenzial-mente da caseina, quelle del latte umanosono costituite prevalentemente da alcunesieroproteine. È stato dimostrato che alcu-ne proteine contenute nel latte animale eumano stimolano la produzione di IGF-1(una molecola che promuove la crescitacellulare). Livelli elevati nel sangue di IGF-1,nell’adulto, dovuti al consumo quotidianodi latte, sono stati correlati a un maggior ri-schio di sviluppare alcuni tipi di tumore,come quelli della mammella, delle ovaie,della prostata, del colon, del fegato e pre-sumibilmente anche di altri. Quindi il latte

non è facilmente digeribile, è mucogeno,rilascia scorie acide che non aiutano a fis-sare il calcio nelle ossa. Ed il muco prodot-to dal latte e in particolare dalla decompo-sizione della caseina, va ad intasare le viemetaboliche degli organi interni (polmoni,bronchi, trachea, faringe, timo, milza, pan-creas). Una migliore alternativa al latte è loyogurt. I vantaggi sono che una parte dellattosio, viene scissa in glucosio e galatto-sio rendendo lo yogurt più digeribile. Altromotivo di maggiore digeribilità è data dal-la flocculazione delle caseine che rappre-sentano la quota proteica che genera in-tolleranze ai latticini. Nel formaggio abbia-mo invece il vantaggio che la fermentazio-ne batterica e le muffe lo rendono più di-geribile del latte e lo rendono, da questopunto di vista, un’alternativa migliore. At-tenzione all’alta percentuale di grassi satu-ri e colesterolo, possono contenerne dal15% a più del 35%. I formaggi fusi, comead esempio i formaggini il cui target com-merciale sono i bambini, sono spesso pro-dotti con materie prime scadenti, come gliscarti di formaggi diversi. Alte temperaturee l’aggiunta di additivi chimici ed emulsio-nanti come i polifosfati li rendono “com-mestibili” ma sempre dannosi per la salu-te, specialmente per le ossa dato che i po-lifosfati determinano una riduzione del cal-cio assimilabile. Quindi formaggini, sotti-lette, preparati per pizza sono formaggi fu-si e sono da evitare. Volendo seguire ilprincipio della naturalità, i formaggi crudisono i migliori. Seguono i semicotti e i cot-ti. La mozzarella si può considerare un“semicrudo”. La ricotta, invece si producedal siero del latte. Resta un latticino ma hail vantaggio di non contenere caseina equindi di essere molto più digeribile.

carne“La carne fa sangue”Vorrei in questo contesto introdurre al-

cuni cenni di anatomia e fisiologia compa-rata a supporto di ciò che svilupperò suc-cessivamente. Il corpo umano ha unastruttura anatomica e una fisiologia tali dafar ritenere, che sia il corpo di un animalevegetariano-frugivero per almeno il 98%della sua dieta. Infatti, dati di anatomia e fi-siologia comparata con altri animali di cuiè nota l’alimentazione specifica, conferma-no che come le scimmie antropomorfe sia-mo dotati di un intestino lungo circa diecivolte la lunghezza del corpo, una misurainferiore a quella degli animali erbivori esuperiore a quella degli onnivori. Altri ele-menti comparativi sono che non abbiamoartigli per predare ma mani con unghie perraccogliere e sbucciare; come le scimmieproduciamo la ptialina salivare per attac-care i carboidrati già nella bocca; abbiamola struttura dentaria tipica degli animali ve-

1 Food Chem Toxicol, 2007 Dec; 45(12):2581-91. Epub 2007 Jun 28. Toxicological potentialof 2-alkylcyclobutanones-specific radiolyticproducts in irradiated fat-containing food-inbacteria and human cell lines.

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getariani con incisivi piatti, premolari e mo-lari larghi con cuspidi. Infatti, i nostri canininon sono altro che denti di passaggio traincisivi e premolari e non strumenti acumi-nati e ricurvi per lacerare le carni che di fat-to mastichiamo con i molari come fosserofrutti o granaglie. Infatti, la quinta racco-mandazione formulata dal comitato di sag-gi del WCRF per la prevenzione del cancroconsiglia di “Ridurre il consumo di carnirosse ed evitare il consumo di carni con-servate”. Il rischio è più alto in chi ha unadieta povera di fibre vegetali provenientida cereali, verdure e frutta. Se non voleterinunciare a mangiare carne, quindi, abbi-natele almeno a tante verdure. Non si è os-servato un rischio da consumo di carnibianche né di pesce. Ma perché solo lecarni rosse aumentano il rischio di tumoridell’intestino? Ci sono varie spiegazioni:

1.Le carni rosse sono più ricche di ferroeme, che è un potente agente ossidante efavorisce la formazione di sostanze cance-rogene nel tubo digerente (in particolare lenitrosammine).

2. Nella cottura delle carni ad alta tem-peratura, o nella cottura prolungata, si for-mano altre classi di sostanze, gli idrocar-buri aromatici e le ammine eterocicliche,che si sono dimostrate potentemente can-cerogene, in particolare per i tumori del-l’intestino e della mammella.

3. Le carni rosse sono ricche di grassisaturi.

4. I mangiatori di carne tendono spessoa un consumo eccessivo di proteine ani-mali e quindi il loro sangue presenta livellipiù alti di fattori di crescita (tra cui l’IGF-1).

Secondo lo studio EPIC, che da quindi-ci anni segue 520.000 persone in dieciPaesi europei per valutare il rapporto fra

dieta e cancro, 200 grammi dicarni rosse al giorno sono as-sociati a un rischio doppio diammalarsi di tumore del colonrispetto a un consumo inferioreai 50 grammi. Il rischio è anco-ra più alto in chi ha dieta pove-ra di alimenti vegetali come ce-reali, legumi, verdure e frutta.Uno dei principali fattori re-sponsabili di molte malattie de-generative è l’eccessivo con-sumo proteico. La maggiorparte delle persone si sorpren-de quando scopre che il nostrofabbisogno proteico è in realtàmolto basso. Secondo le stimedell’ Organizzazione mondialedella sanità il consumo abitua-le di proteine, soprattutto ani-mali, delle popolazioni occi-dentali è circa doppio di quellonecessario (16% delle calorietotali, rispetto a un fabbisogno

medio di 8). Mangiarne meno non esponea carenze e può avere solo effetti positivi.Un piatto di cereali con un pò di legumifornisce tutti gli amminoacidi di cui abbia-mo bisogno, senza sovraccaricare l’ orga-nismo con quelli di provenienza prevalen-temente animale. Esaminiamo il contenutoproteico del latte materno, in quanto neiprimi sei mesi di vita il bisogno di proteineè maggiore rispetto alle altre fasi della vita.Il latte materno contiene meno del 2% diproteine! Tra l’altro la frutta ne contiene piùo meno la stessa percentuale. Inoltre il fer-ro è presente in abbondanti quantità in tut-ti i legumi, nelle crucifere, negli spinaci, neicereali integrali e nella frutta secca oleosa.I cibi vegetali contengono solamente ferronon-eme, molto più sensibile del ferro eme(contenuto nella carne) sia alle sostanzeche inibiscono che a quelle che facilitanol’assorbimento. Le sostanze che inibisco-no l’assorbimento del ferro includono: fita-ti, calcio, tè, tisane, caffè, cacao, alcunespezie, fibre. La vitamina C e altri acidi or-ganici presenti nella frutta e nella verdurasono in grado di aumentare l’assorbimen-to del ferro e possono contrastare l’effettodei fitati2. Quindi chi mangia un piatto dipasta con ragù di carne e del formaggiograttugiato e poi magari una tazza di caffè,avrà inibito, con l’associazione alimentare,l’assorbimento del ferro eme contenutonella carne. Studi hanno evidenziato cheanche le persone già ammalate di cancro

del colon hanno maggior rischio di recidi-ve se mantengono uno stile alimentare ca-ratterizzato da abbondante consumo dicarni rosse, latticini e dolciumi.

zucchero“Lo zucchero fa bene al cervello”A dare energia, non è lo zucchero, il sac-

carosio raffinato, ma gli zuccheri, intesi co-me classe di alimenti, i glucidi, ovvero queicarboidrati semplici e complessi di cui fan-no parte tutti i vegetali e in particolare frut-ta, verdure, cereali e legumi. Non si può di-re che siccome gli zuccheri fanno bene al-lora lo zucchero (saccarosio) fa bene. Lozucchero bianco raffinato è costituito dapuro saccarosio ed il suo utilizzo quotidia-no è correlato a svariate patologie. Intro-ducendo lo zucchero raffinato, o alimenti acosiddetto alto indice glicemico3 l’assorbi-mento a livello intestinale avviene in modotroppo rapido e di conseguenza avremomaggiore insulina circolante. Quando l’in-sulina, viene liberata in grandi quantità,promuove la produzione del fattore di cre-scita cellulare IGF-1 e, nelle donne, del te-stosterone. Le conseguenze dell’ipoglice-mia, saranno un violento abbattimento de-gli zuccheri nel sangue, condizione chedeterminerà l’insorgenza di reazioni fisichee mentali di stanchezza e debolezza tali daindurre l’individuo a ricorrere nuovamenteagli zuccheri per “tirarsi su”. Si creerà cosìun circolo vizioso che produrrà alternanzafra brevi periodi di ripresa e continui calienergetici. L’effetto finale sarà un individuocon progressivo rischio diabetico di tipo 2,cancro del colon, dell’endometrio e dellamammella (dopo la menopausa). Dove sitrovano allora gli zuccheri a lento assorbi-mento? Iniziamo a dire che sono i migliorie li troviamo in tutti i vegetali nella loro for-ma integrale: cereali in chicco, legumi, se-mi e frutta secca oleaginosa, la maggiorparte delle verdure e della frutta. Ci sonovegetali ( es. zucca, patate dolci, carote)che hanno un indice glicemico più alto,ma sempre inferiore rispetto ai dolcificanticomunemente in uso. I dolcificanti alterna-tivi allo zucchero bianco (saccarosio) pos-sono essere: lo zucchero integrale grezzodi canna (non quello finto che si trova inbustine al bar), il malto (di riso, di grano, difarro, d’orzo), lo sciroppo d’acero, il succod’agave, la stevia ( zero calorie, non cario-gene e non influenza la glicemia), il miele (integrale e raccolto a freddo) e il fruttosiopuro.

2 Gillooly M., Bothwell, T.H., Torrance J.D.,MacPhail A.P., Derman D.P., Bezwoda W.R.,Mills W., Charlton R.W., “The effects of organ-ic acids, phytates, and polyphenols on the ab-sorption of iron from vegetables”, Br J Nutr,1983, vol.49, pp.331-342.

3 Nel 2008 è stata pubblicata una tabelladegli indici glicemici, L’International ta-ble of glycemic index and glycemic loadvalues dell’American Diabetes Associa-tion.

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caffè “È un ottimo tonico, mi da energia.”È vero è uno stimolante del SNC, pecca-

to che il consumo costante di caffeina,causa assuefazione e quindi per otteneregli stessi vantaggi bisogna aumentare ledosi, inoltre si verifica un effetto paradossoper cui ad esempio il caffè invece di crea-re vasocostrizione crea vasodilatazione.La caffeina, riduce l’assorbimento di ferroe di calcio intestinale e quindi risulta con-troindicato per gli anemici, per gli anziani eper chi soffre di osteopenia o osteoporosi.Vi sono anche gli effetti cancerogeni dellatostatura, infatti si sprigionano durante lacarbonizzazione delle fibre vegetali, so-stanze come il benzopirene o altri idrocar-buri aromatici. L’eccitazione che si provaquando si beve il caffè altro non è che unforte dispendio di forze vitali che indeboli-sce il corpo.

cacao e cioccolato“Il cioccolato è un’antidepressivo”Alcuni studi sembrano confermare che il

consumo frequente di cioccolato possacondurre a una particolare forma di dipen-denza poiché stimola il rilascio di endorfi-ne, in grado di aumentare il buonumore. Ilcacao (e quindi anche il cioccolato) con-tiene anche teobromina, un alcaloide ner-vino con effetti stimolanti e piccole quanti-tà di caffeina. Ma solo il cacao amaro con-tiene epicatechina, un flavonoide con ef-fetti rilassanti sul tono delle arterie. Infattiuno studio del 2003 dell’Istituto Nazionaledi Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione(INRAN) ha evidenziato che un modestoconsumo di cioccolato fondente aumentail livello di antiossidanti nel sangue, mentrequello al latte non ha alcun effetto benefi-co; si è osservato addirittura che anche ilfondente perde ogni effetto se accompa-gnato a un bicchiere di latte.

Secondo i ricercatori il latte farebbe di-minuire gli effetti positivi e cardioprotettividel cioccolato in quanto cattura le epicate-chine, impedendo il loro assorbimento a li-vello intestinale. Ecco perché non dovrem-mo assumere cioccolato e latte insieme,né noi né i nostri bambini. Ricordiamociche quando mangiamo il cioccolato fon-dente 100 grammi contengono circa 500calorie, che il cacao è ottenuto con unaprolungata tostatura (con quello che ormaisappiamo che ne consegue) e soprattuttoè ricco di acidi grassi saturi a catena lunga(i peggiori). È bene comunque sapere chei prodotti più pregiati arrivano a contenerenon meno del 70% di cacao, infatti più lapercentuale è alta, minore è la componen-te in zucchero e in burro di cacao.

Vino e alcolici“Buon vino fa buon sangue”I più importanti organismi di tutela della

salute di ambito nazionale e internaziona-le, sulla base di evidenze scientifiche edepidemiologiche ormai consolidate, consi-derano il consumo di bevande alcolicheun importante fattore di rischio per malat-tie croniche, incidentalità stradale, dome-stica, lavorativa, violenze e omicidi. L’alcolè una sostanza tossica, potenzialmentecancerogena e in grado di indurre un livel-lo di dipendenza anche superiore a quellodelle droghe illegali più conosciute. Eppu-re chi non ha sentito di studi scientifici cheaffermano che uno-due bicchieri di vinorosso al giorno fanno bene al cuore e allearterie? I risultati di alcuni studi scientificivengono amplificati da chi ha l’interesse afarlo. Le proprietà cardioprotettive del vi-no, attribuibili alla presenza di moderatequantità di alcol, e della presenza del re-sveratrolo che attraverso un’azione positi-va sul metabolismo dei grassi, provoche-rebbe un aumento dei valori plasmatici diacidi grassi omega-3, i quali sarebberocoinvolti proprio nei processi di protezionecardiovascolare. Ma l’uomo, non è che ab-bia solo il cuore da proteggere. E poi,guardiamo ai numeri. La quantità di resva-ratrolo presente in un litro di vino è media-mente di 5 mg/litro, al massimo di 12,5mg/litro, mentre quella che dovrebbe cir-colare nel nostro sangue per avere unafunzione benefica dovrebbe essere di al-meno 50mg (10 mg per litro di sangue). Inaltre parole per avere gli effetti terapeuticidel resveratrolo bisognerebbe bere unaquantità enorme di vino al giorno (5-10 litrio più). Non c’è niente nel vino che facciabene che non ci sia già nell’uva e nella suabuccia o in altra frutta.

Uova“Meglio un uovo oggi che una gallina

domani”Sempre più numerosi studi indicano

cautela nell’assunzione di proteine ricchedi amminoacidi solforati, molto rappresen-tati nelle uova. L’uovo contiene ferro, maessendo legato ad una proteina, la fosfovi-tina, non è biodisponibile. L’albume con-tiene avidina, un fattore antinutrizionaleche limita l’assorbimento intestinale dellavitamina H, la cui carenza può provocareproblemi alla pelle, calvizie, affaticamentoe dolori muscolari; l’avidina, però vienecompletamente distrutta con la cottura. Iltuorlo, che sappiamo contenere colestero-lo, andrebbe invece, mangiato crudo o po-co cotto, come nelle uova alla coque.Quando il rosso dell’uovo diventa sodo e avolte trovate che sulla superficie si formauna patina verdastra, significa che l’uovo èstato cotto troppo a lungo. Due recenti stu-

di pubblicati nell’aprile del 2008 sull’Ame-rican Journal of Clinical Nutrition segnala-no che alti consumi di uova aumentano ilrischio di morte del 25% e di insufficienzacardiaca del 28% in soggetti che consu-mano 1 uovo al giorno (percentuale chesale al 64% per 2 uova al giorno)4. Oltre al-la quantità, consideriamo anche altriaspetti legati alla qualità: le uova sono ri-cettacolo di tutto quello che ha mangiatola gallina e di tutte le sostanze che produ-ce quando vive in condizioni di stress; per-ciò possiamo mangiare con tranquillità so-lo quelle biologiche.

Legumi“I legumi creano meteorismo”Molte persone lamentano meteorismo e

aerofagia dopo aver mangiato i legumi e siarriva al punto da consigliarne l’uso limita-to. Proprio all’opposto, è l’uso che crea lafunzione metabolica. È la flora battericasimbionte del colon che deve abituarsi inpochi giorni, perfino se siamo colitici, aipolisaccaridi (stachiosio, raffinosio, verba-scosio ecc) indigesti tipici dei legumi. Do-podiché i legumi avranno per tutta la vitauna digestione più facile di quella dell’in-salata. Fatto sta che se si mangiano ognigiorno i legumi non danno il minimo pro-blema meteorico purché, siano molto bencotti: a cottura ultimata devono sempre ri-sultare tenerissimi, mai “al dente”. È possi-bile, inoltre, approcciarsi ai legumi a parti-re da quelli più leggeri come le lenticchierosse ed assumere i legumi sotto forma dipurè. Vi è anche l’opinione diffusa che es-si non possiedano il profilo amminoacidi-co completo come quello dei cibi animali,a tal proposito sul sito del’Istituto Naziona-le di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizionesono disponibili i dati in cui si smentisconotali opinioni. I legumi sono una ricchissimafonte di proteine vegetali e se consumatiassieme con i cereali integrali danno unpiatto con proteine ad alto valore biologi-co. Contengono una limitata quantità digrassi insaturi, hanno la proprietà di rallen-tare la velocità di assorbimento degli zuc-cheri e non producono, nell’intestino, lesostanze nocive che si formano dalla cot-tura e dalla putrefazione della carne.Sul Journal of the American College of Nu-trition è stato pubblicato l’ennesimo studioscientifico che prova in modo controllato

4 Djoussè, L., Graziano, J.M., “Egg consump-tion in relation to cardiovascular disease andmortality: the Physicians’ Health Study”, Am JClin Nutr., 2008 Apr, vol. 87 (4), pp.964-969.http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18400720.Djoussè, L., Graziano, J.M., “Egg consump-tion and risk of heart failure in the Physicians’Health Study”, Circulation, 2008 Jan 29,vol.117 (4), pp.512-516. Epub 2008 Jan 14.http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18195172.

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l’effetto protettivo che il consumo di legu-mi, in questo caso i fagioli, ha avuto su1475 persone già inserite nel grande stu-dio NAHNES (1999-2002). Non solo il re-golare uso di fagioli - ma è stato provato lostesso per gli altri legumi - è associato neirisultati dello studio ad un maggiore introi-to di sostanze nutrienti fondamentali (piùferro, rame, potassio, magnesio, fibraecc), ma anche ad una minore pressionesistolica, ad un minor peso corporeo e auna minore circonferenza addominale.

Gli oli“l’olio migliore è quello d’oliva”I grassi di origine vegetale sono i più

adatti a mantenere salute e benessere, macon alcune eccezioni che vedremo. Co-minciamo col dire che i grassi vegetali so-no molecole instabili che possono dege-nerare con l’aumento della temperatura.Infatti si raccomanda di conservare questiprodotti al fresco e al buio perché persinola luce li denatura. Quando si parla di“punto di fumo” nell’olio, vuol dire che du-rante la cottura, man mano che la tempe-ratura sale e si supera il punto di fumo, siproducono nell’olio (e nei cibi che ne con-tengono), sostanze tossiche come l’acro-leina, dannose per il fegato e irritanti pergli occhi e l’apparato respiratorio. L’acro-leina, in forma concentrata viene adopera-ta come gas lacrimogeno. In generale,quindi, si dovrebbero adoperare gli oli(d’oliva o semi) prodotti per spremitura afreddo e utilizzati a crudo da aggiungere afine cottura. Un accorgimento che normal-mente non toglie nulla ai sapori del cibo,anzi, solitamente li avvalora. Se sulla con-

fezione dell’olio, sia d’olia che di semi, nonvi è la dicitura spremuto a freddo, significache l’estrazione è avvenuta a caldo o conl’uso di solventi chimici. I solventi utilizzatiper estrarre l’olio derivano dal petrolio(benzina, trielina, esano) ed altre sostanzeche vengono poi eliminate. Successiva-mente l’olio viene raffinato e per ridurrel’acidità si usa la soda caustica. Oltre a ciòl’olio deve essere deodorato, perché ha unodore nauseabondo e decolorato con car-boni animali o vegetali. Questi oli sono de-finiti commestibili, ma questo non vuol di-re che facciano bene alla salute.

Il valore nutritivo dei surgelatiGli alimenti surgelati vanno incontro a

trasformazioni delle qualità nutritive e or-ganolettiche. Alcune proteine possono de-naturarsi, i minerali e le vitamine possonoandare in parte perduti durante il processodi scottatura, o in fase di scongelamento. Igrassi possono subire idrolisi e irrancidi-mento, soprattutto quelli polinsaturi equelli essenziali: ciò significa che il pesce,ricco di omega-3 ( salmone, sgombro, sar-dine), se lo acquistiamo surgelato, perdeparte del suo contenuto nutrizionale. Neiprodotti ittici, non è inusuale sentire odoredi ammoniaca al momento dello scongela-mento o dell’assaggio, specialmente peralcuni mitili. Questo può significare: che iprodotti ittici non sono stati surgelati appe-na pescati e hanno iniziato a deteriorarsiprima del congelamento, oppure che sonostati passati sotto il getto di ammoniacaper distruggere i microrganismi presenti.In entrambi i casi non mangiarli.

Patatine, salatini e snack salatiIn questi alimenti ed anche nei biscotti,

la crosta del pane e dolci, è presente unasostanza: l’acrilamide. Questa è una mole-cola particolarmente tossica che si formanei cibi contenenti amido durante la frittu-ra o cottura ad alte temperature comequella al forno e alla griglia. La formazionedi questa sostanza comincia a temperatu-re superiori ai 120° e diventa massima in-torno ai 190°. L’acrilamide è fortemente so-spettata di essere un agente mutageno,quindi potenzialmente cancerogeno.

Il cambiamento C’è chi dice che uno dei segreti per vive-

re felici risieda nella capacità di cambiare:sapersi adattare a situazioni nuove e so-stenere senza remore i mutamenti è ciòche fa avanzare nel nostro personale pro-getto di vita, che fa affrontare in modo po-sitivo il futuro e anche le avversità, che fasentire protagonisti. Ma nonostante ciò,cambiare non è facile. Di sicuro, è moltopiù facile seguitare a mangiare come si èsempre fatto, o anche affidarci al guru diturno e seguire diete strampalate e regimialimentari fantasiosi o all’ultima moda,piuttosto che assumerci la responsabilitàdelle nostre abitudini e disciplinarci a mi-gliorare giorno dopo giorno. Mangiare nonè un atto neutro: è qualcosa che coinvolgele nostre relazioni, le nostre abitudini, lanostra emotività, la nostra storia, il nostrofisico. Cambiare modo di mangiare puòquindi incidere in vari modi, e a vari livelli,nel nostro modo di essere. Anche se sia-mo consapevoli che mangiare in manierapiù sana può solo farci del bene, allonta-narci dal consueto, potrebbe farci sentirefuori posto e diversi. E non è detto che ab-biamo la voglia o la forza di correrne il ri-schio. Vi possono essere degli ostacoliben radicati dentro di noi che dovremmoaffrontare se abbiamo voglia di passare adun’alimentazione “sana”. Questi ostacolivengono rinsaldati dal fatto che i cibi indu-striali si fanno forti di un “surplus” che in-vece nei cibi casalinghi dobbiamo esserenoi a valorizzare.

I surplus di cui godono i cibi industrialisono:• Il surplus dell’appetibilità: i cibi già pron-

ti contengono miscele di grassi, zucche-ri, aromi e sale in quantità da essere in-vitanti.

• Il surplus del tempo: tutto ciò che è giàpronto fa risparmiare tempo. In realtàcon una organizzazione dei pasti e dellacucina anche mangiare sano richiedepoco tempo.

• Il surplus della tradizione: occorre impe-gno fare accettare a chi ci sta intornonuovi cibi e nuove modalità di prepara-zione.

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• Il surplus dell’abitudine: se mangiamoda sempre un certo cibo e lo troviamocon facilità al supermercato, sarà diffici-le sostituirlo con qualcosa che dobbia-mo andare a cercare un po’ fuori mano.Se vogliamo cambiare modo di mangia-

re sarà inevitabile fare i conti con questisurplus e i relativi giudizi cui siamo abitua-ti, e toccherà a noi attribuire il valore del-l’appetibilità, del tempo, della tradizione edell’abitudine ai cibi che introdurremo nel-la nuova alimentazione. È un investimentoche richiederà l’impiego di tempo, energiee strategie, ma che darà sicuro ottimi frutti.

conclusioniAnche quest’anno, mentre traggo le

conclusioni dell’articolo, celebriamo lagiornata internazionale della Terra: l’EarthDay. Quindi non posso redimermi nel direche l’attuale modello occidentale alimen-tare, ha un forte impatto ambientale e nel-la letteratura scientifica internazionale,molti ricercatori lo stanno dimostrandocon studi inoppugnabili. Nel numero del13 settembre 2007 della rivista The Lancet,l’articolo Cibo, allevamenti, energia,cam-biamenti climatici e salute mostra quantoquesti aspetti siano correlati tra loro equanto sia urgente una diminuzione drasti-ca del consumo di carne per evitare il disa-stro ambientale. E la responsabilità, sotto-lineano, è di tutti5. L’American Dietetic As-sociation nel rapporto ufficiale, pubblicatoil 20 giugno del 2007 sulla sua rivistascientifica, ha affermato l’importanza di“incoraggiare pratiche ecologicamente re-sponsabili nelle scelte alimentari dei citta-dini”, affidando ai professionisti della nutri-zione la corresponsabilità di “implementa-re pratiche utili a conservare le risorse na-turali e supportare la sostenibilità ecologi-ca”. Fra le pratiche utili, uno dei primi con-sigli sullo stile di vita personale è statoquello di “aumentare il consumo di protei-ne da fonti vegetali”. La produzione di pro-teine animali richiede circa 26 volte più ac-qua rispetto alla produzione di proteine ve-getali su terreni non irrigati, mentre la pro-duzione di proteine vegetali è più efficien-te, come consumo di energia, rispetto aquella di proteine animali, da 2,5 a 50 vol-te tanto (a secondo del tipo di coltivazionepraticata). Quindi a partire dall’alimenta-zione è possibile fare molto per diminuireil nostro impatto ambientale. Cominciamo,per esempio, a scegliere i cibi biologiciche non prevedono l’uso di prodotti chimi-ci di sintesi in tutte le fasi, non acquistiamoprodotti e manufatti che contribuiscono a

sfruttare in modo eccessivo o irreversibilee a inquinare le risorse naturali. Dovrem-mo passare dal culto dell’avere e del pos-sedere al culto del benessere e della qua-lità della vita. La gente crede ancora alconcetto di libertà, ma in chiave consumi-stica. La libertà di comprare quello che mipare. Ma prima dei diritti dei consumatoridovrebbero esserci i diritti della natura,della terra, degli animali e dell’uomo. Que-sta è la vera libertà nel rispetto degli altri.Quindi se veramente vogliamo essereconsapevoli di ciò che mangiamo dobbia-mo imparare ad ammettere di non sapere.Solo così potremmo scegliere liberamentefra le nostre amate convinzioni e le infor-mazioni che potrebbero farle crollare. Stu-diare un po’ più a fondo caratteristiche eproprietà degli alimenti che acquistiamo,potrebbe aiutarci nella scelta di quelli piùadatti alla condizione del momento, allenostre esigenze, alla salute; quindi, allanostra libertà e felicità. La Scienza biologi-ca e la medicina hanno dimostrato, negliultimi 30 anni, che gli Antichi avevano ra-gione: il cibo più sano, perché più ricco, èquello più integro, più semplice, il menotrasformato, il meno raffinato, il più vicinoalle forme originarie, ed anche il piùvario. Il cibo migliore è quello che cura,proprio come aveva intuito Ippocrate, fon-datore della medicina scientifica.

5 Anthony J. McMichael, John W. Powles, ColinD. Butler, Ricardo Uauy, “Food, livestock pro-duction, energy, climate change and health”;The Lancet, September 13, 2007.

* Coordinatrice InfermieristicaLibera Professionista

L’autore

bibliografia e Sito grafia

bibbliografia e Sitografia– Riefoli M., Mangiar Sano e Naturale,

Macro Edizioni, 2011– Villarini A., Allegro G., Prevenire i tumo-

ri mangiando con gusto, Sperling &Kupfer

– Villarini A., Di Gangi F., Scegli ciò chemangi, Sperling & Kupfer

– www.inran.it– www.istat.it– www.scienzavegetariana.it

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Il cuore ha bisogno di ridere, ridere pertrovare energia, energia per il benesseredell’uomo. Ma in che modo l’uomo arriva aquesta condizione? Quali sono le strategieper raggiungere il benessere?

Benessere non come puro possesso dibeni materiali, ma quella condizione diperfetta armonia psico-fisica che l’uomoinsegue per essere felice. Quindi ben-es-sere. Sta bene chi è in armonia con séstesso e comunica questo suo stato aglialtri attraverso il riso e il sorriso, creandoattorno a sé un ambiente positivo, disponi-bile, creativo, attivo, dove l’affiatamento e

la simbiosi tra persone è forte. Sorridere è un piacere che va riscoperto!

Non ha effetti collaterali dannosi, anzi! Seapplicato in ambito relazionale e lavorativoapporta solo benefici. Un sorriso o una ri-sata sono il miglior modo per azzerare ilsenso di ostilità spesso presente quando siincontrano estranei o superiori (dirigenti,datori di lavoro, capi) rendendo assai piùgradevole e costruttivo l’approccio.

Il sorriso è un’espressione dal significa-to universale. Può spezzare barriere di lin-gua e stabilire un stretto contatto tra le per-sone anche quando ciò sembra impossibi-

Ridere e sorridere: l’educazione alla gioia

Keyword: riso, sorriso, risata, ben-essere, serietà,

seriosità, rabbia, paura, stress, depressione, felicità,

amore, educazione alla gioia, cuore e cervello, relazioni

con gli altri, tecniche della risata, yoga della risata

* Silvia Giudici

rIASSUNTOL’uomo si sente insicuro. Ha paura della vita, del prossimo, del-le malattie. Tutte queste tensioni e preoccupazioni lo portano adessere costantemente serioso. Una forma di inquietudine esi-stenziale latente che diventa norma costante e crea la base di unnormale malumore che si porta dietro anche per tutta la vita. La risata è un ottimo strumento per allenare il nostro cuore aguardare lontano, al di là delle apparenze e delle contingenze.Il saper ridere, il pensiero positivo, l’autoironia, l’umorismo, ciaiutano a vivere meglio le difficoltà della vita.Ridere, ridere, ridere. Il cuore ha bisogno quindi di ridere! L’attodel ridere è uno scoppio di energia libidica in grado di romperele barriere simboliche del nostro Io (la pelle) riempiendo di leti-zia tutto l’ambiente circostante e contagiando chi si trova attor-no a noi. L’uomo riuscirà in questo intento se metterà da partequel piacere narcisistico autocentrato che lo fa sentire “unico edonnipotente”. Sarà in grado di elevarsi spiritualmente nella mi-sura in cui passerà dalla logica dell’Io alla logica del Tu, alla lo-gica del Noi, alla logica dei Valori, alla logica dell’Altro assoluto.Ridere per gestire le nostre paure sino alla loro scomparsa. Ri-dere per aprire la porta alla calma e alla serenità interiore. Ride-re anche per aprire la porta all’Altro.Avere un approccio ottimistico alla vita fornisce alla persona deivantaggi non indifferenti: si rende molto di più nel lavoro, nellostudio, nello sport, nei rapporti socio-relazionali, si invecchiameglio con un’aspettativa di vita più lunga. Un approccio ottimi-stico alla vita vuol dire prenderci mai troppo sul serio, neanchenella ricerca delle cose più alte. Dobbiamo far uscire il fanciulloche è in noi poiché senza duttilità, fluidità, piacere, humor, fac-ciamo molta più fatica a “vivere e convivere” con il rischio di noncentrare l’obiettivo. Ecco un compito da darsi: essere felici aprescindere.

AbSTrAcTThe man feels insecure. He’s afraid of life, of others, of dis-ease. All these tensions and worries constantly led him to beserious. A latent form of existential anxiety that becomes thenorm constant and forms the basis of a normal moodinessthat goes back even for a lifetime. Laughter is a great tool to train our hearts to look far beyondthe appearances and contingencies. Being able to laugh,positive thinking, self-irony, humor, help us to live better thedifficulties of life. Laugh, laugh, laugh. The heart needs then laugh! The act oflaughing is an outburst of libidinal energy can break the bar-riers symbolic of our ego (the skin) gladness the whole en-vironment and infecting those who are around us. The manwill succeed in this endeavor if you put aside the self-cen-tered narcissistic pleasure that makes him feel “unique andomnipotent.” Will be able to rise spiritually to the extent thatwill go by the logic of the ego to the logic of You, the logicof We, the logic values , the logic of the absolute Other. Laughing to manage our fears until they disappear. Laugh-ing to open the door to calm and inner peace. Laughing al-so to open the door to the Other. Having an optimistic approach to life provides the person ofconsiderable advantages: it makes a lot more in work, s-tudy, sports, social and interpersonal relationships, better y-ou get older with a life expectancy longer. An optimistic ap-proach to life means to take herself too seriously, not evenin the search for higher things. We need to bring out thechild in us because without flexibility, fluidity, pleasure, hu-mor, we do a lot more effort to “live and live with” the risk ofnot meeting the target. Here is a task to be given: to be hap-py regardless.

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le con le parole. Il sorriso è riconoscibile a distanza a dif-

ferenza di altre espressioni, quali la rabbia,la paura, il disgusto e la vergogna, situa-zioni che il soggetto può controllare e ma-scherare artificiosamente. Un sorriso falsoinvece viene subito smascherato; bastaguardare gli occhi dell’interlocutore.Quando si è arrabbiati o a disagio, anchese si tenta di nasconderlo mediante unsorriso (falso), le pupille si contraggono adifferenza di quando si è innamorati o feli-ci. Se una persona è triste e si sforza disorridere tuttavia non inganna nessuno etanto meno se stesso, anzi, fa uno sforzoper stare meglio e pesare meno su chi glista accanto.

Il sorriso inoltre è una potente crema dibellezza e un’ottima ginnastica facciale eviscerale. È questo il motivo per cui le per-sone che sorridono spesso appaiono piùgiovani, mentre chi si atteggia da infelicepiù facilmente avrà rughe permanenti talida farlo risultare più brutto e più vecchio. Ilsorriso rende le persone più vitali e attraen-ti (è dimostrato che una persona risulta piùsensuali in fotografia se l’immagine riportauna battuta spiritosa attribuita allo stessosoggetto “immortalato” nello scatto).

La gente teme di non essere presa sulserio se sorride o ride molto; teme di esse-re considerata superficiale, perciò preferi-sce vestire i panni del serioso, cioè dellapersona cupa, priva del senso dello hu-mor. Nella persona seriosa, doveri, obbli-ghi e precetti, vengono affrontati come ob-bligo sociale. Questa condizione non por-ta a niente se non a creare un muro tra lepersone. La seriosità non va confusa conserietà, che è invece un atteggiamento in-dispensabile per portare avanti con impe-

gno e determinazione un progetto oun compito. Un individuo serio è coluiche, grazie alla devozione e senso diresponsabilità riesce a concretizzareun obiettivo prefissato, un sogno nelcassetto. La serietà senza seriosità èuna grande virtù!

La risata è un sorriso a più alta in-tensità. Il riso (o risata) ha la caratteri-stica di essere contagioso. Quandovediamo qualcuno ridere, siamo at-tratti a tal punto da voler fare altrettan-to anche se non conosciamo i motiviper cui hanno scatenato la sua ilarità.Tra le persone che ridono insieme siinstaura una solidarietà: più ci si di-verte, più diventa coeso il gruppo. Ri-dere è un bisogno fisiologico comu-ne: ecco perché lo desideriamo fare!

Per la cultura occidentale, le perso-ne propense alla risata facile, corronoil rischio di essere additate come“schiocche” o “frivole”, con poca in-telligenza o serietà professionale. Macome già detto, essere seri è un con-to, essere seriosi è un altro. Fare be-

ne le cose, accompagnando l’azione conletizia interiore ed humor, vuol dire faremeglio e con più creatività!

Le persone sagge sono quelle che san-no sorridere e ridere molto perché capi-scono, meglio di altre, quanto sia essen-ziale per la qualità della vita. Preoccuparsitroppo di un problema non aiuta a risolver-lo; anzi, l’ansia che ne scaturisce aggravala situazione poiché provoca, a lungo an-dare, un sacco di guai a livello psicofisico.Questo non significa rifiutare il problema,ma affrontarlo in maniera diversa, con di-stacco, sorridendo, vedendone il lato buf-fo. Se riusciamo a coltivare giorno dopogiorno la letizia interiore e a proteggerladalle paure, riusciremo ad avere una visio-ne diversa del mondo che ci circonda. Lepersone in grado di sorridere e ridere in si-tuazioni potenzialmente pericolose sonomolto più coraggiose, creative e geniali dialtre poiché non è per niente facile espri-mere positività in momenti del genere.

Ma quali sono gli effetti fisiologici chescatenano la risata? Perché si ride? Il risoscende dall’alto verso il basso, dal cervel-lo ai visceri, mettendo in movimento 14muscoli. È la mente che rileva uno stimo-lo risorio attraverso i due sensi principali,vista e udito. Si tratta di un meccanismoscatenante innato che dal cervello arriva ainervi facciali per poi passare al muscolo ri-sorio e zigomatico. Più l’impulso è forte epiù arriva lontano, sino al diaframma e aimuscoli dell’addome. Si può dire che il fe-nomeno risorio interessa i centri corticalipiù alti, legati alla critica e al giudizio, perpoi scendere a quelli sottostanti, legati aicircuiti limbici delle emozioni, per poi pas-sare ai centri viscerali, legati al respiro a al-

la funzione cardiovascolare, e ai viscerisottodiaframmatici. Durante la risata il dia-framma si apre favorendo un buon atto re-spiratorio e la caduta della tensione (quan-do invece si è angosciati il diaframma ècontratto e il respiro è corto). Dal punto divista fisiologico, il riso è quindi un buonesercizio respiratorio profondo e spasmo-dico capace di rilassare i vasi sanguignisuperficiali e abbassare la pressione arte-riosa. Il riso inoltre ha funzione liberatoria,è sdrammatizzante, allevia problemi, pen-sieri e dolori, apporta sollievo e senso diben-essere.

Il termine sorriso deriva dal latino sub-ri-dere, ovvero sorriso a minore intensità,quello che facciamo ad esempio per ac-contentare chi ci racconta una barzellettaa basso effetto, poco ridicola.

Esiste un secondo gradino rappresenta-to dal sorriso pieno. Qui il sorriso determi-na l’apertura lieve della bocca, sufficienteda far notare i denti dell’arcata superiore,mentre il labbro inferiore è coeso agli inci-sivi inferiori. Durante questa fase si forma-no delle rughette perioculari; lo sguardo siillumina. Si arriva poi al terzo gradino,quello in cui ci scappa da ridere. La boccasi richiude, si sussulta con le spalle cer-cando di trattenere la risata. Ma soffocarela risata è un lavoro molto difficile per cuila risata esplode mettendo a nudo tutta ladentatura, l’ugola, le tonsille. Il viso si de-forma, il cuore diventa tachicardico, il re-spiro tachipnoico, gli sfinteri a volte si rilas-sano.

L’umorismo e la risata fanno molto benesia al corpo che alla mente, ed è proprionell’unità di corpo e mente che noi trovia-mo la chiave della nostra salute.

È dimostrato scientificamente che i no-stri pensieri possono trasformarsi in “or-moni” in grado di determinare l’attivazio-ne o la disattivazione del sistema immuni-tario. La risata e il pensiero positivo scate-nano infatti la produzione di endorfine, icosiddetti ormoni del benessere o mes-saggeri biochimici positivi, capaci di raffor-

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zare le nostre difese immunitarie. Una risa-ta di cuore, una risata a crepapelle sono“oppioidi endogeni” che hanno effetto cal-mante, antidolorifico, euforizzante e immu-nostimolante. Invece, una brutta notizia, ilpensiero negativo, il pessimismo, stimola-no la produzione di adrenalina e noradre-nalina e causano alterazioni biologichesfavorevoli come l’innalzamento dellapressione arteriosa e della frequenza car-diaca e l’abbassamento delle difese immu-nitarie, rendendoci più vulnerabili alle ma-lattie.

Bisogna ridere tutti i giorni. Dosaggio:una somministrazione di 15 minuti/die. Lodicono gli esperti. Effetti: miglioramentodella circolazione del sangue e prevenzio-ne delle malattie cardiovascolari e del can-cro. Controindicazioni: nessuna. Costo:non bisogna neanche pagare il ticket! Ag-giungiamoci poi attività fisica e buone abi-tudini alimentari e l’elisir di lunga vita èpronto!

Quindi sorridiamo che vivremo più a lun-go. Al contrario, i “musoni”, pessimisti giàda giovani, si ritroveranno più malinconicida anziani o addirittura camperanno meno.

La malattia non salta fuori dal nulla, ma èil risultato di infelicità, tensioni e conflitti di-venuti ormai cronici. Quando paure e pre-occupazioni si intrecciano, iniziano i ma-lanni. La mente infatti ha un ruolo molto piùimportante nella comparsa della malattia diquanto non si riesca ad immaginare.

Quando una persona si ammala, il suofuturo appare incerto. Si nutrono timori perle cure mediche, per eventuali interventichirurgici, per il proprio futuro lavorativo,familiare, sociale. Tutte paure che aggra-vano i sintomi e ostacolano il processo diguarigione.

Più lo stress è grave e di lunga durata,più è seria l’eventuale malattia. Si temonogli stati morbosi perché non si conosconole cause e i risvolti, ma quando si capisceesattamente di cosa si tratta, il timore sva-nisce piano piano. Approcci psiconcologi-ci mirati hanno favorito il processo di gua-rigione nei pazienti malati di cancro grazie

a un percorso dicrescita interioreche ha insegnatoloro l’accettazio-ne della malattia,la speranza e lagioia di vivere.Solo a questopunto si puòcombattere consuccesso la ma-lattia, sorridendoad essa, affron-tandola. Se il pa-ziente è fiduciosoqualsiasi curamedica o chirur-gica ottiene risul-tati migliori. Tale effetto, apportato da unavisione ottimistica dell’uomo, è conosciutocome effetto placebo.

La risata con allegria è quindi un farma-co antinfiammatorio naturale in grado ditrattare i nostri momenti di paura, di rabbiae di sopraggiunta malattia. Aiuta a ridi-mensionare l’uomo e a trovare la verità.

Per restare in salute gli esperti di psico-somatica consigliano queste regole: nonvivere di passato e di futuro, ma stare nelpresente; mantenere la mente il più possi-bile sgombra da pensieri negativi; non far-si sopraffare dalle preoccupazioni; nonpensare sempre alle stesse cose; esprime-re i nostri stati d’animo a chi ci può capire,ascoltare e coccolare; divertirsi giocando;dare spazio alla fantasia e alle visualizza-zioni positive; evitare la vita monotona.

Porgiamo l’altra guancia. Impariamo acontrollare i nostri impulsi aggressivi versochi non si comporta bene e facciamolosfruttando le potenzialità offerte dal sorrisoe dalla risata capaci di smussare anche lesituazioni più difficili.

Ci aspettiamo troppo dal prossimo. Ciarrabbiamo quando gli altri ci deludono otradiscono le nostre aspettative. Ma arrab-biarsi non cambia le cose! Al contrario, ri-derci sopra equivale a sdrammatizzare lasituazione e a mettere in circolo quelle

energie positive in gradodi farci superare l’empas-se con vantaggio sia pernoi stessi e la nostra salu-te, sia per coloro con cuiveniamo in contatto ognigiorno, e che non centra-no nulla con le nostre di-savventure, sia per coluiche ha scatenato la nostraira. Ogni volta che unapersona riattiva in noiun’emozione negativa, in-vece di lasciarci travolgeredal risentimento o dal bia-simo, scegliamo invece dibenedirla se non altro per-

ché ci ha offerto un’occasione preziosaper osservare le nostre reazioni e correg-gere di conseguenza la nostra performan-ce. Condividiamo la via del pensiero posi-tivo acritico. Partiamo da noi stessi per tra-sformare la nostra vita cominciando a re-settare la mente, cestinare i pensieri nega-tivi, aprire il nostro cuore. La grandezzadegli uomini spiritualmente evoluti sta pro-prio nel considerare un torto come grandeopportunità di riscatto morale.

Sorridiamo e l’universo ci sorriderà. Inambito relazionale e lavorativo si dovrebberidere di più, anche quando non se ne hatanta voglia. Il sorriso è contagioso e mi-gliora non solo il nostro umore ma anchel’umore di chi ci circonda. Ciò significa chenel rapporto con gli altri dobbiamo investi-re molto in tal senso mostrando la nostra“faccia migliore”. In cambio otterremocondivisione.

Immedesimarci nelle azioni degli altri èqualcosa che facciamo ogni giorno, auto-maticamente e senza rendercene conto.Questo avviene grazie ad alcune cellulenervose chiamate neuroni specchio che ciaiutano a capire e imitare quello che fan-no, provano e dicono gli altri. In poche pa-role ci aprono la strada all’empatia attra-verso quel concetto che gli psicologi chia-mano effetto camaleonte, poiché negli al-tri, attraverso i neuroni specchio, vediamonoi stessi. Queste cellule sono il collanteche ci lega tutti insieme! Quindi sé = altro.È da questo concetto che si sono svilup-pate nuove scuole di pensiero che parla-no di WEgeneration, WEnergy, WEconomy,basate sulla teoria della condivisione.

L’empatia: un concetto conosciuto inambito sanitario ma poco serve se nonviene associato alla letizia. Medici ed infer-mieri potrebbero trarre vantaggi da lezionidi riso e sorriso, in cui venga sottolineatal’importanza dell’allegria. Purtroppo si èsoliti associare la gravità dell’espressionefacciale di un medico o di un infermierecon doti di intelligenza e autorevolezza, ri-tenendo che un operatore sanitario dal

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volto serio conosca l’arte e quindi sia ingrado di far guarire. In realtà non è cosìperché un’espressione austera e distacca-ta non fa altro che aumentare i timori delpaziente, e la paura di certo non favorisceil processo di guarigione.

Non solo in ambito professionale dob-biamo adottare questo stile comportamen-tale per combattere la malattia, ma anchein ambito sociale possiamo fare molto perallontanare lo stress, fonte di malattia, coni disturbi che ne derivano quali dolore fisi-co, sofferenza psichica, noia, mancanza diobiettivi, solitudine, irritabilità, insonnia,cefalea, dolori al rachide, gastralgia, tachi-cardia.

Ad esempio la convivialità, una cena traamici, una buona alimentazione, un buonbicchiere di vino, aiutano a stare meglioperché allentano le inibizioni relazionali, lerigidezze, lo stress. Cibi che per la lorocomposizione chimica favoriscono il rila-scio di serotonina, utile all’umore, comepure altri elementi nutritivi, quali vitamine,sali minerali e aminoacidi, aiutano mente ecorpo a stare bene, l’uomo ad essere feli-ce. Per non parlare poi degli aspetti corre-lati al piacere del sapore del cibo provoca-to dai particolari movimenti che impegna-no la muscolatura facciale. Quando adesempio gustiamo un gelato, senza ren-dercene conto, attiviamo gli stessi musco-li di quando ridiamo. Non per niente il ge-lato si è dimostrato il cibo che ha dato imigliori risultati: l’espressione di chi stamangiando un gelato supera abbondante-mente, in felicità, qualsiasi altro cibo.

Nella scienza newtoniana si riteneva chetutto ciò che esisteva nell’universo galleg-giava nel vuoto, separatore di ogni cosa.In quello che un tempo veniva indicato coltermine di “vuoto”, esiste invece un campomolto particolare chiamato campo quanti-co, ricco di energia, che pervade tutto.Questa è la teoria dell’amor che muove ilsole e le atre stelle. Ogni minima parte del-l’universo sarebbe coesa dall’energiaquantica. Gli uomini, grazie a questo “col-lante”, sono intimamente legati tra loro etra le cose. Questo collante sarebbe

l’Amore con la A maiu-scola, ovvero l’EnergiaCreatrice (Dio). Se vo-gliamo fare del bene egenerare amore intor-no a noi non occorrefare chissà che cosa:dobbiamo irradiarci dadentro. Il campo quan-tico trasmetterà la no-stra vibrazione positivaall’intero universo attra-endo coloro che si tro-vano sulla nostra lun-ghezza d’onda. Sel’uomo rispetta la legge

di unità e amore che regge l’universo, ge-nererà coerenza e armonia facendo fiorirela gioia, il sorriso.

Grazie a Patch Adams, pediatra e clown-terapeuta, la gelotologia (in greco gelos si-gnifica ridere), scienza che studia il feno-meno della risata, ha avuto un notevoleimpulso. Oggi la medicina mondiale sem-bra orientata verso il riconoscimento delleinnumerevoli possibilità terapeutiche lega-te alla risata. Molti sono ormai gli ospedaliche hanno adottato tecniche di comicote-rapia, dalle più semplici, come i clown nel-le corsie pediatriche, a quelle più struttura-te, con lo scopo di preparare il personalea dispensare il buonumore, ai veri e proprireparti specializzati nella terapia del riderein cui l’ammalato viene stimolato a trovarela sua vena comica attraverso esercizi ba-sati su tecniche di improvvisazione teatra-le e yoga della risata.

Le persone credono che ci sia bisognodi un buon senso di humour per gioire. Inrealtà ci sono altre strade e modi per arri-vare alla letizia, al sorriso, alla risata.

Lo yoga della risata (hasja joga) ne è untipico esempio. Madan Kataria è il suoideatore. Si tratta di una forma di respira-zione e di meditazione yoga facile da pra-ticare, divertente ed efficace, unita adesercizi specifici per ridere forzatamente.Questo binomio di condotte porta inevita-bilmente alla risata spontanea. Può esserefatta in gruppo oppure singolarmente. Larisata indotta scatena nel gruppo un mec-canismo di complice allegria, il piacere distare insieme e un senso di conquista neiconfronti delle inibizioni, limitazioni e pau-re proprie. Conformemente ai principi del-la PNL (programmazione neuro-linguisti-ca), comunque si rida, spontaneamenteper una situazione comica, oppure ese-guendo esercizi in cui ci si impone di ride-re come un attore che recita, si ricava lostesso effetto.

Un reparto dedicato dovrebbe disporredi una grande sala accogliente dove siapossibile la consultazione e visione di ma-teriale comico-umoristico, dove gli amma-lati si ri-creano e ricevono stimoli di rifles-

sione sul processo di guarigione e dove i“professionisti della risata”, comici e caba-rettisti professionisti e volontari, possonodare sfogo alle loro performance. Unospazio dedicato anche a “laboratori di te-rapia del sorriso” per personale medico eparamedico utile a stemperare tante ten-sioni e combattere lo stress tipico di un la-voro strettamente a contatto con la soffe-renza. Gli effetti positivi di tale iniziativa so-no facilmente stimabili attraverso analisisui pazienti per verificare il livello di funzio-nalità del sistema immunitario o sul livellodi consumo di farmaci antidolorifici. Ri-guardo al personale sanitario, la misura-zione degli effetti può essere verificata suicambiamenti nelle relazioni con i pazientie in quelle tra colleghi e personale ospe-daliero in generale.

(fine prima parte; nel prossimo numero:Yoga della risata - applicazioni pratiche)

bibliografia

1) Di Luzio S., Il cuore è una porta: dallascienza un’ipotesi di evoluzione, Amri-ta Ed., 2011

2) Farnè M., Guarir dal ridere, Bollati Bo-ringhieri Ed., 2007

3) Ferrario G., Ridere di cuore. Il potereterapeutico della risata, Tecniche Nuo-ve Ed., 2012

4) Francescato D., Ridere è una cosa se-ria, Mondadori Ed., 2002

5) Fioravanti S., Spina L., La terapia delridere, Red ed., 2009

6) Hodgkinson L., Terapia del sorriso, Ar-menia Ed., 2008

7) Iacoboni M., I neuroni specchio, Bolla-ti Boringhieri Ed., 2008

8) Bandler R., Thomson G., PNL per ilbenessere. Come vivere felici usandola programmazione neuro-linguisti-ca, Alessio Roberti Ed., 2010

9) Thomson G., Kalid K., PNL per i medi-ci. L’arte e la scienza del linguaggioper la guarigione, Alessio Roberti Ed.,2011

10) Lorenzini D., Il sorriso come terapia.Autoaiuto per il benessere, SoveraMultimedia Ed., 2008

11) Madan K., Marchionni S., Terzo A., Tof-folo L., Yoga della risata. Ridere per vi-vere meglio, La Meridiana Ed., 2008

12) www.BandlerVision.com13) www.pnl.info14) www.NLPTrainers.com15) www.yogadellarisata.it

* InfermieraNeuroriabilitazioneFondazione Salvatore MaugeriPavia, sede di via Boezio

L’autore

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4 maggio:La terapia della bellezza“Vogliamo le rose”performance di teatro-terapia

* Mauretta Cattanei

po i ragazzi hanno imparato ad esprimereil loro sentire, cosa che ha favorito immen-samente la loro capacità di gestire sia lacasa, sia la vita quotidiana che vi si svolge,sia le relazioni amicali, che comportano,come per ognuno di noi, il governo delleconflittualità e delle responsabilità.

Quest’anno il corso di teatro-terapia,che è a carico delle famiglie come granparte delle spese gestionali del servizio, èstato sovvenzionato dal Collegio IPASVI.

Per questo la performance finale, anda-ta in scena la sera del 4 maggio, ha costi-tuito il prologo alla settimana di celebrazio-ni dell’infermiere.

È stata una serata di divertimento, di co-lori, di musica. Attraverso la metafora delcirco i ragazzi hanno messo in scena losplendore dell’amore e dell’amicizia, maanche i turbamenti e la tristezza che a vol-te questi sentimenti portano con loro, af-fermando con fantasia e vigore il bisognodi avere nella propria vita LA BELLEZZA.

Il progetto “Casa Satellite”, che da pocoè diventato un servizio che Anffas PaviaOnlus offre al territorio pavese, è un appar-tamento-scuola in cui ragazzi e ragazzecon disabilità intellettiva relazionale lievegestiscono a turni di tre/quattro per cinquegiorni alla settimana. Con un supportoeducativo molto basso, ha lo scopo dipreparare i ragazzi alla vita indipendente ele famiglie al distacco dal figlio con disabi-lità, preparando il nucleo familiare al “do-po di noi” attraverso un percorso “durantenoi”.

Il progetto è attivo da tre anni e quandocominciò i ragazzi, dodici in totale, non siconoscevano tra loro; cominciò così uncammino volto al rafforzamento delle lorocapacità relazionali in modo da crearegruppi che potessero vivere insieme in ar-monia, integrando gli uni le abilità degli al-tri. Lo strumento individuato per far emer-gere e affinare le capacità relazionali di tut-ti fu la teatro-terapia.

I risultati sono eccezionali, in poco tem-* InfermieraPresidente Anffas Pavia Onlus

L’autore

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32 Infermiere a PaviaPAGINA

La storia racconta che fino agli anni cin-quanta del secolo scorso le persone condisabilità intellettiva relazionale, specie serimasti soli, subivano l’istituzionalizzazio-ne, generalmente nei manicomi. Poi, an-cor prima della promulgazione della leggeBasaglia, le famiglie delle persone disabili,specie di Anffas, hanno preso la decisionedi farsi carico in modo completo anchedelle disabilità più complesse e profonde.

La possibilità di poter rimanere a casapropria è auspicata sia dai ragazzi che dal-le famiglie, che per la loro storia si sonopoi arroccate, a volte in modo quasi pato-logico, all’interno del proprio nucleo rifiu-tando aiuti e alternative.

Anffas raccoglie disabilità anche moltocomplesse e profonde, perciò non è soloun’associazione che si occupa di disabilitàintellettiva e relazionale, ma ha il compito disalvaguardare i diritti di persone che hannoin più problemi motori e/o sensoriali.

A causa di situazioni patologiche, findalla dimissione dall’ospedale, spessodalla patologia neonatale, i nostri figli ne-cessitano di assistenza tecnica per la ge-stione di presidi e supporti di competenzapiù infermieristica che medica.

Alla difficoltà di elaborare la disabilità dinostro figlio, all’inizio della nostra storia, siaggiunge la difficoltà di gestire situazioniad alto contenuto tecnico-sanitario-assi-stenziale e sociale.

Avere la possibilità di avere una figuracome l’infermiere di famiglia sarebbe unabenedizione per tutte quelle situazioni in

cui il bambino, poi l’adolescente,e l’adul-to devono usare sistemi di supporto o pre-sidi medici e devono seguire terapie di dif-ficile somministrazione.

L’infermiere è la figura che più di ogni al-tra deve avere la competenza per potersi re-lazionare in modo corretto, deve poter tra-smettere il suo sapere tecnico in modocomprensibile alla famiglia e sarebbe auspi-cabile che nel corso di laurea fosse previstauna formazione più profonda sulla disabilitàintellettiva/relazionale e sulla psichiatria.

Ora, come famiglie, dobbiamo affrontareanche una nuova condizione: l’invecchia-mento sia delle famiglie, sia delle personecon disabilità, situazione nuova che rischiadi mettere in crisi i nuclei famigliari, non-ché gli enti preposti all’assistenza sanita-ria, sociosanitaria e sociale.

Quali sono i bisogni prevalenti delle fa-miglie? Cosa chiedono ai servizi?

Innanzi tutto una presa in carico pre-coce, continuativa e globale.

Il Piano Socio Sanitario regionale lom-bardo 2010-2014 mette al centro la perso-na e la sua famiglia, ma in pratica non for-nisce gli strumenti per effettuare scelteponderate e non ha creato percorsi condi-visi dalle varie componenti della società.La divisione tra sanitario, socio-sanitario esociale ha creato immani difficoltà per lefamiglie che per la peculiarità delle disabi-lità a cui devono fare fronte hanno bisognodi rapportarsi contemporaneamente conle istituzioni che si occupano, separata-mente, di tutti quegli aspetti. L’infermiere

potrebbe essere un case- manager natu-rale, in grado di capire tutti gli aspetti sa-nitari e sociali dell’assistenza alla persona,raccordarli tra loro e gestire tutti i bisogni.Come professionista è preparato alla valu-tazione olistica della persona e del suoambiente.

La dgr 6032/12 che rivede i criteri di va-lutazione della assistenza domiciliare inte-grata potrebbe essere una buona base dipartenza per la creazione di un punto uni-co di accesso che accompagni le famigliee le persone con disabilità, se non avessecome scopo principale il contenimentodei costi. Costi che dalla sperimentazionenon risultano essere contenuti, anzi in al-cuni contesti risulterebbero aumentati(fonte Lombardia Sociale); inoltre si avvaledi scale di valutazione (VAOR) tarate suibisogni degli anziani e non sono adatte arilevare le necessità delle persone con di-sabilità.

Bisogna tenere conto che i nostri figli ele nostre famiglie affrontano la questionedell’assistenza dalla nascita alla morte24/24 ore 366 giorni all’anno. Come fami-glie ci rifiutiamo di essere valutate secon-do un mero criterio economico e affermia-mo con forza di esigere i nostri DIRITTI ATUTTI I COSTI e di rifiutare RISPARMI ATUTTI I COSTI, anche i nostri figli hanno ildiritto di avere diritti.

Per esserci vera inclusione e un abbatti-mento dello stato di disabilità è necessarioche la cultura cambi, che la società rimuo-va tutte le barriere e questo lo afferma siala Convenzione ONU dei diritti delle perso-ne con disabilità sia la nostra stessa Costi-tuzione che all’art 3 che asserisce: “… Ècompito della Repubblica rimuovere gliostacoli di ordine economico e sociale,che, limitando di fatto la libertà e l’egua-glianza dei cittadini, impediscono il pienosviluppo della persona umana e l’effettivapartecipazione di tutti i lavoratori all’orga-nizzazione politica, economica e socialedel Paese”, ma per farlo in modo efficaceed economicamente sostenibile occorreche tutte le componenti della società, istitu-zioni, famiglie, operatori, convergano su ununico obiettivo: il benessere della persona.

* InfermieraPresidente Anffas Pavia Onlus

L’autore

I bisogni essenziali dei socidell’Associazione Anffas

Intervento al convegno “Star bene insieme per star bene”

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7 maggio, ore 18.30:SpettacoloI Rayklezmorin

* Piera Bergomi

* Coordinatore Didattico Corso di Laurea inInfermieristicaFondazione I.R.C.C.S.Policlinico San Matteo di Pavia

L’autore

Nascono nel 2008 a sostegno dellaGiornata della Memoria a Milano e in 5 an-ni di attività, il gruppo si è conquistato unposto di primo piano nel panorama dellamusica di nicchia.

È limitativo definirli una formazione dimusica ebraica: le influenze del Klezner(per definizione un genere musicale cheraggruppa melodie e ritmi provenienti daiBalcani, Polonia e Russia e con cui il po-polo ebraico è venuto in contatto), la tradi-zione Yiddish, una brezza di jazz, o una“premessa al jazz” come il critico FurioSollazzi accoglie questa conseguenza mi-gratoria di stampo popolare in seno aiRoyklezmorim, sommate alle contamina-zioni aperte dei nostri tempi, li elevano suun piano che rifugge da una classificazio-ne monocorde.

I Royklezmorim sono una piacevole mi-scela da assaporare, mai ripetitiva, ordina-ta e sincera nell’espressione.

Nel concerto pomeridiano del 7 maggio,tenutosi presso la Comunità PsichiatricaTorchietto (Dipartimento di Salute Mentaledell’Azienda Ospedaliera di Pavia) il lororepertorio ha spaziato da quello tradizio-nale sino ad arrivare alle più moderne spe-rimentazioni. Un loro grande pregio èquello di saper orientare il proprio reperto-rio sia verso le occasioni più solenni cheper gli avvenimenti più semplicemente le-gati alla popolarità che così con tanta na-turalezza portano sulle note che invadonogli spettatori. Insomma, per danzare, balla-re ed anche per commuoversi c’è molta,molta musica in loro per il pubblico.

L’evento è stato molto emozionante e al-cuni ospiti della Comunità hanno ballatocon entusiasmo per tutta la durata del con-certo. La partecipazione di circa sessantapersone si è prolungata dopo la musicadavanti ad un invitante e gustoso cateringche si è concluso alle 20.30 circa.

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34 Infermiere a PaviaPAGINA

8 maggio: Conferenza AslAssistenza territorialee ospedaliera: possibilesviluppo fra vecchie e nuove sfide

* Claudia Fiore

** Emanuela Sacchi

L’8 maggio presso la sala conferenzeA.S.L. in occasione della celebrazione del-la giornata Giornata Internazionale dell’In-fermiere ha avuto luogo una conferenzacon l’obiettivo di riflettere.

Ha fatto da chairman il dottor Duilio Loiche ha introdotto i relatori dopo aver datocomunicazione dei saluti di S.E. il VescovoMonsignor Giovanni Giudici e del sindacoAlessandro Cattaneo, impossibilitati allapartecipazione causa impegni istituzionali.

In sostituzione del Sindaco è intervenu-to l’Assessore Valdati che ha affermatoche il Comune di Pavia è vicino alle Istitu-zioni Sanitarie della città ritenute prioritariesostenendo la fattiva collaborazione contutti gli Enti assistenziali in risposta a tuttele richieste di aiuto.

Ha inoltre posto l’accento sulla figura in-fermieristica che è sempre più vicina allenecessità dei cittadini e del complesso si-stema sanitario.

E. Frisone, Presidente I.P.A.S.V I PaviaRingraziamenti a tutte le Autorità per la

partecipazione a cui sono seguite una se-rie di riflessioni sui dubbi, perplessità, edincognite future del Sistema Sanitario del-la nostra Provincia.

Concetti fondamentali sono come ga-rantire un servizio di qualità che da sem-pre è stato offerto ai cittadini, come possaessere migliorato il sistema sanitario attra-verso il coinvolgimento della popolazione.La salute rappresenta un diritto e da sem-pre l’infermiere ne ha garantito la tutela. Larealtà attuale ci ricorda però che non ci so-no risorse, ne deriva che alcune situazioninon siano più sostenibili. Tutto possiamomigliorare, ma la salute non ha valori chevanno a differenziarsi. Una possibile solu-zione è quella di pianificare gli interventiche comunque riconducono alla rispostadei bisogni dei cittadini.

D. Loi, Vicepresidente I.P.S.VI PaviaGli sforzi da parte dei professionisti del-

la salute devono avere l’obiettivo di mante-nere alto il livello di assistenza tenuto con-to che la popolazione invecchia ed au-

mentano le malattie cronico-degenerative,pertanto bisogna farsene carico. Bisognaoffrire risposte in termini di concretezza,bisogna creare continuità fra ospedale eterritorio.

I tagli lineari hanno delle ripercussioni intermine di erogazione di salute: quali for-mule per garantire la qualità nonostante laspending rewiew? Esiste al riguardo unarisposta diversificata delle regioni alla do-manda di salute e ai tagli lineari che se pu-re hanno consentito un risparmio econo-mico nella spesa sanitaria. Hanno funzio-nato in termini di efficienza, ma a che prez-zo in termini di efficacia?

D. Troiano, DG AO PaviaHa posto l’accento sulla necessità di fa-

re rete fra tutti gli ospedali , è necessaria lamobilità fra medici e personale sanitariosolo per aree omogenee al fine di nonsprecare le specializzazioni.

Importante anche la collaborazione fraDirigenze, coordinatori e unità operative.

In particolare ha dato risalto alla figura dicoordinatore infermieristico che monitoriz-za costantemente le risorse umane e tec-niche a disposizione.

A.cordone, DG Fondazione San MatteoIl suo contributo ha posto in risalto il

concetto di eccellenza della FondazioneSan Matteo e dell’Ospedale Niguarda perquanto attiene alla assistenza, cura e ricer-ca. Riferisce 2850 punti di impact factor epone il San Matteo al secondo posto nellagraduatoria della ricerca nazionale. La Re-gione Lombardia dal 2003 ha raggiunto ilpareggio di bilancio per cui i tagli lineariapplicati sono profondamente ingiusti per-ché colpiscono una regione virtuosa comela nostra Lombardia.

In risposta alla nuove esigenze di assi-stenza, il relatore dichiara quanto sia im-portante la collaborazione fra le professio-ni sanitarie sempre più qualificate (infer-miere professionista qualificato/laureato).Anche in questo intervento viene menzio-nato il concetto di rete quale strumento im-prescindibile.

A.Mauri, DG ASL PaviaIl relatore afferma che non esistano for-

mule sicure, ma solo equilibrismi da partedi tutti gli operatori del settore, infatti certi

livelli assistenziali vengono mantenuti dal-la dedizione di medici e personale di assi-stenza. Se vogliamo cambiare il sistemaoccorre prendere in considerazione gli at-tori (medici – Direttore Generale – infermie-ri) ed effettuare una ricognizione sul “chi fache cosa” e rimodulare l’assistenza territo-riale. Occorre istituire strutture per sub-acuzie e ridefinire il ruolo degli infermierisul territorio sempre più specializzati ed aiquali va riconosciuto l’effettivo “peso”,contestualmente il MMG dovrebbe seguirei propri pazienti dalla dimissione dallestruttura di sub-acuzie al domicilio.

Istituzione di gruppi di cure primarie at-traverso l’associazione di medici che siconsorziano e che si convenzionano conmedici specialisti in modo da trasferireparte dell’attività ambulatoriale ospedalie-ra verso lo studio dei medici associati.

M. Niutta, DG ASP PertusatiViene ribadita la sostenibilità del servizio

Sanitario, una delle risposte è data dal mo-dello lombardo. Il debito pubblico ammon-ta a 38 miliardi di euro. Contesta i tagli li-neari e auspica una nuova assunzione diresponsabilità rispetto alla quale sono sta-ti fatti passi indietro. A questo propositosollecita una riforma del welfare che neconterrebbe alcuni principi.

D. beretta, Presidente reg. AIOPDescrive le attività dell’Aiop ponendo

l’accento su alcuni dati in modo puntua-le(n° ricoveri-fatturato-addetti), la situazio-ne rivela una attrattività extraregionale ver-so le strutture lombarde, grazie anche aldiritto di libera scelta che in futuro potreb-be decadere. Infatti in alcune regioni vediCampania sono state fatte delle delibereche limitano questo diritto con evidenti ri-cadute sul piano occupazionale all’internodelle nostre strutture.G. belloni, Presidente OdM Pavia

Apporta un contributo di carattere per-sonale su alcuni atteggiamenti della classemedica che è abbastanza litigiosa e chenon è ancora pronta ad affrontare le pro-blematiche legate alle patologie croniche.Anch’egli sostiene l’importanza delle crea-zione di strutture intermedie di sub-acuzie,a cui i pazienti provenienti dal territorio (enon dalle strutture ospedaliere) vi afferi-scano.

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35Numero 2/2013 PAGINA

Auspica inoltre una formazione specificanei confronti del MMG per affrontare inmaniera ottimale le problematiche di natu-ra socio sanitaria.

b. Mangiacavalli, Dirigente Sitra Fonda-zione San Matteo

La dott.ssa Mangiacavalli esordisce ma-nifestando apprezzamenti per i termini uti-lizzati dai precedenti relatori riferendosi arevisione e razionalizzazione, che hannovalenza positiva, contrariamente al terminedi “razionamento”, dichiarando che la Sa-nità non rappresenti un costo perché afronte di una spesa del 7%, viene restituitoil 13% in termini di livelli occupazionali (in-dotto).

Sostiene la necessità di manutenzione-riordino del sistema (legge 31, 33,) in mo-do da non seguire derive ideologiche ecorporativistiche.

Come rappresentante delle Istituzioni in-fermieristiche si dichiara preoccupata per-ché si sta sottovalutando quanto costa tut-to quello che è stato messo in campo inpiù manovre. Abbiamo un sistema ospe-dale territorio, si devono fare i conti su co-me siamo cambiati rispetti agli eventi av-versi che ci circondano, vedi problemi diresponsabilità, usura e carichi di lavoro.

Ci sono indicazioni di carattere contrat-tuale che vengono disattese sia per la par-te professionale del Comparto che dellaDirigenza.

Il Sistema sanitario è sempre più com-plesso, pertanto non è più possibile appli-care una mobilità che non tenga conto del-le specifiche competenze e che garantiscaun livello di sicurezza nei confronti dei citta-dini che si rivolgono alle strutture sanitarie.

La Sanità è un bene perfetto, è un benerivale, è un bene escludibile che diventanon escludibile nella misura in cui il rego-latore (Stato-Regioni) dispone di regole.

Altri punti di riflessione sono dati dall’im-portanza della centralità del cittadini i cuibisogni rispetto a venti anni fa sono cam-biati perché la popolazione invecchia, iproblemi aumentano, le famiglie non rie-scono a farsi carico delle problematiche, ilsistema sanitario è strutturato sull’offerta enon sulla domanda.

I professionisti mettono in pratica ciòche sanno fare o che pensano di saper fa-re bene, invece bisogna invertire il para-digma ponendo l’assistito al centro per cui

il Servizio sanita-rio e regionalepavese deveadeguare l’orga-nizzazione e rive-dere le compe-tenze.

C’è stato unup grading ri-spetto delle pro-fessioni medicheed infermieristi-che in rapportoa l l ’evo luz ionedel sistema sani-tario, ma l’archi-tettura organiz-

zativa deve essere innovata per risponde-re ai bisogni del cittadino.

Poiché le necessità dei cittadini sonocambiate è necessario rivedere lo skill-mix, l’infermiere deve avere il coraggio dirivedere competenze e responsabilità chevuol dire riconfigurare il territorio e le strut-ture in modo di apportare una assistenzasempre più specializzata ed elevata.

Gli ospedali devono essere luoghi di ele-zione per acuti ed iperacuti, per cui è ne-cessario investire sulla figura dell’infermie-re di famiglia per essere coerenti in rispo-sta alle esigenze del cittadino.

L’ultima riflessione è rivolta alle Istituzio-ni, bisogna tenere conto del problema oc-cupazionale, siamo difronte ad operatoriche sono “consumati”, dallo stress fisico,dalle responsabilità insite nella quotidiani-tà, da un sistema in crisi e dal turn-over .

È indispensabile a questo punto mettereal centro il cittadino e coltivare il police-making che è la cosa più nobile del nostroPaese in quanto luogo ideale dove riconfi-gurare interessi in modo etico nei confron-ti del cittadino e del Regolatore.

Sen. Fabio rizzi, consigliere regioneLombardia

Dopo i saluti ed i ringraziamenti nei con-fronti di rappresentanze politiche dichiaradi trovarsi di fronte ad una platea vivace,propositiva e preparata sulle problemati-che sanitarie.

Ringrazia altresì la dott.ssa Mangiaca-valli per la sua perspicacia, anche lui di-chiara che il personale è usurato da un si-stema drogato non pertinente ai bisogni disanità.

Ha posto critiche su una spending re-wiew che non tenga conto di un’analisi deireali bisogni, sulla necessità di avere per-sonale qualificato ed un sistema raziona-lizzato.

È necessaria una mappatura del territo-rio e va rivista la logica dell’ospedalità pri-vata, va fatta una manutenzione del siste-ma, (legge 31 e 33), va rafforzato il concet-to di libera scelta, il rapporto pubblico/pri-vato e separazione dei ruoli di controllo-re/controllato nelle Aziende Ospedaliere eAziende Sanitarie.

L’Asl deve effettuare un controllo territo-riale, deve garantire l’erogazione di presta-zioni in funzione dei reali bisogni e nonsulla spinta di interessi diversi (campanili-

smo).La parola chiave è l’Epidemiologia= li-

nea guida per fornire prestazioni sul terri-torio, garantendo l’implementazione framedicina ospedaliera e territoriale, occor-re dire basta al concetto di eccellenzeospedaliere che rischiano di non esserlopiù, occorre sgravare l’ospedale centraleda patologie di bassa intensità.

Sul territorio il malato è vicino a casa,per cui il territorio deve essere il luogo do-ve fornire la riabilitazione al paziente, cosìda contenere i costi (6-700euro al giornoin ospedale, 150-200 euro sul territorio).

Occorre gratificare le professioni con-sentendo agli operatori di fare ciò che re-almente sanno fare tenendo conto che l’in-fermiere ha un percorso formativo moltopiù efficace ed immediato rispetto a quellodel medico.

Verrà istituita una bozza di riforma sani-taria entro l’estate avrà come obiettivo lamanutenzione della legge 31 (e 33) e laMedicina territoriale.

Per quanto riguarda il concetto di coun-try hospital non è nulla di nuovo, si tratta dirisorse già esistenti che vanno riviste edimplementate. La Medicina Territoriale vaarricchita di contenuti.

I MMG avranno un’interazione recipro-ca, le strutture periferiche andranno ricon-vertite.

Non ci devono più essere forzature circala nascita di Pronto Soccorso Privati dovele caratteristiche della struttura e la doman-da di sanità non sono pertinenti, deve esse-re istituito un tariffario per retribuire le strut-ture sulla base delle intensità di intervento,bisogna rafforzare i criteri di efficacia, effi-cienza, appropriatezza e meritocrazia.

Per quanto attiene la metodologia delleriforme, è da fare congiuntamente a livelloRegionale con tutti gli attori della filiera del-la salute della Regione Lombardia coneguale dignità. In rappresentanza dei Col-legi Lombardi il senatore Rizzi, con grandeenfasi ha comunicato che è stato designa-to il dott. Enrico Frisone, Presidente delCollegio di Pavia.

Da ultimo, una riflessione che prendespunto da interventi precedenti a proposi-to della medicina difensiva, che rappre-senta una grande piaga. La ricetta è l’Assi-curazione Regionale a fronte di una spesaassicurativa di 831 milioni di euro e di ri-sarcimenti per 311 milioni, ne consegueche 500 milioni di euro sia rimasti allecompagnie assicuratrici.

Diventa quindi necessaria la formulazio-ne di percorsi diagnostico terapeutici concoperture assicurative, senza favorire piùintroiti alle case farmaceutiche.

* Dirigente servizio infermieristico TecnicoRiabilitativoIRCCS Fondazione C. Mondino - Pavia

** Coordinatrice Dipartimento di NeurologiaGeneraleIRCCS Fond. C. Mondino - PaviaRedattori settore “Formazione / ricerca / ag-giornamento

Gli autori

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36 Infermiere a PaviaPAGINA

12 Maggio 2013 - Giornata Internazionale dell’Infermiere 2013

Settimana Celebrativa

INVITO ALLA CITTADINANZA

Sede: Sala dell’Annunciata – Piazza Petrarca

Giovedì 9 maggio 2013 - ore 9.30 - 13.00

Star bene insiemeper star bene

Gli infermieri promotori di salute e di cultura rispondono ai

bisogni della popolazione.

L’infermiere di famiglia: un progetto su cui investire

* Annamaria Tanzi

a cura di

PremessaOccorre ripartire da Florence Nightinga-

le, visionaria e pioniera della moderna as-sistenza infermieristica, che due secoli faintravedeva… la sparizione di tutti gli ospe-dali e di tutti gli ospizi…, a favore di una as-sistenza più vicina ai contesti di vita dellepersone assistite (malati e sani), un’assi-stenza che sappia attivare la “rete sociale”per mettere in grado la popolazione diraggiungere i potenziali di salute, soste-nere la causa di salute favorendo i com-portamenti che la potenziano ed infine da-re forza all’azione della comunità socia-le progettando un cambiamento in terminidi empowerment della comunità stessa.

In realtà, da Nightingale in poi, la storiadella medicina ha posto un predominiodegli interventi diagnostico-curativi dentrouna matrice ospedalocentrica. Oggi, sicontrappone la necessità crescente di in-terventi sull’asse cura-riabilitazione-pre-

venzione, dentro una matrice territoriale edi comunità: emergono nuovi bisogni disalute del cittadino e dell’intera comunità esi fa strada la consapevolezza che moltedelle prestazioni sanitarie erogate, nonhanno necessità di degenza ospedaliera.

Il convegno, organizzato dal CollegioIPASVI della Provincia di Pavia all’internodella Settimana Celebrativa del 12 maggio2013, è stato aperto alla cittadinanza e al-la comunità degli infermieri pavesi, che so-no tutti interlocutori privilegiati del lavorosanitario, nel tentativo di: – informare sulla operatività territoriale de-

gli infermieri che da anni, sul territoriopavese, realizzano interventi integratiper la promozione della salute (educa-zione sanitaria), prevenzione della ma-lattia, cura del malato e riabilitazioneconfigurando così, il “prendersi cura”della persona nella sua interezza biopsi-cosociale;

– ascoltare e raccogliere i bisogni dellapopolazione;

– riflettere sulla necessità di avere l’infer-miere di famiglia e/o di comunità. Nel territorio pavese (Pavia, Oltrepò e

Lomellina) ci sono molti infermieri che te-nacemente hanno mantenuto vivi desideridi crescita e di sviluppo dell’assistenzanella direzione del territorio.

Alcuni fra loro sono stati invitati in quali-tà di relatori, per presentare la propriaesperienza pluriennale e nondimeno, apri-re una riflessione per sviluppare una ope-ratività sanitaria rivolta al miglioramentodel vivere quotidiano della popolazione ecreare una diversa consapevolezza sullanecessità di diffondere conoscenze e or-ganizzare interventi collettivi per tutelare la

salute della cittadinanza.L’evento si è proposto di declinare al-

l’interno del processo di cura: presa in ca-rico, continuità assistenziale, prevenzione,riabilitazione, educazione sanitaria nellalogica della qualità della vita, fissando treobiettivi e individuando i relatori come se-gue:– rileggere lo sviluppo dell’assistenza in-

fermieristica territoriale dal punto di vistastorico e normativo e valutare le prospet-tive future con Alberto Canale (Infermie-re coordinatore Servizi Territroriali A.S.L.Pavia e moderatore della giornata)

– presentare lo stato dell’arte negli ambitidi maggior interesse per l’assistenza in-fermieristica territoriale con le infermiereesperte in diversi ambiti di interesse: Li-dia Sorisi (Valutatrice Infermiera VaucherA.S.L. Pavia); Annamaria Tanzi per il Di-partimento di Salute Mentale dell’A.O.della provincia di Pavia; Angela Porcelli(Infermiera Servizio Dipendenze - SerD -A.S.L. Pavia e Servitore/Insegnante deiClub Alcoligici Territoriali - C.A.T.); EnricaMaiocchi (Infermiera Libero Professioni-sta); Simona Santospirito (Infermiera Li-bero Professionista per le Cure Palliative)

– ascoltare e analizzare i bisogni di saluteattuali della popolazione e la necessità diuna assistenza infermieristica nei luoghidi vita delle persone con relazioni delProf. Giovanni Ricevuti per il tema deglianziani e la fragilità; le Associazioni: Pro-getto Itaca per la Salute Mentale con lapresenza dell’Arch. Paola Bobba, AN-FFASS con l’Infermiera e Presidente del-l’Associazione Mauretta Cattanei, Citta-dinanza Attiva con la presenza del Cav.Giuseppe Tallarico Responsabile di Cit-

“Secondo me la missione delle cure

infermieristiche in definitiva è

quella di curare il malato a casa

sua…

Intravedo la sparizione di tutti gli

ospedali e di tutti gli ospizi… ma a

che serve parlare ora dell’anno

2000?”

Florence Nightingale, 1889

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37Numero 2/2013 PAGINA

tadinanzattiva Assemblea Territoriale diPavia ONLUS e Responsabile della ReteTribunale per i Diritti del Malato di Pavia.Al tavolo sono state altresì invitate, ma

senza risposta, le rappresentanze deiMMG (Medici di Medicina Generale) peraprire finalmente un dialogo e costruire al-leanze tra le due maggiori professioni sa-nitarie per la tutela della salute della popo-lazione.

A tal proposito, si rendono necessarie al-cune precisazioni. La prima riguarda il si-stema sanitario pubblico, che ha posto unaseria attenzione verso i servizi territoriali(extra-ospedalieri), all’assistenza domicilia-re e di comunità in particolare. Le cure allapersona, alla famiglia e alla comunità, sonoun ambito di sviluppo per la professione in-fermieristica e i ruoli che gli infermieri pos-sono assumere sono articolati.

L’organizzazione mondiale per la sanità(OMS)1, ha proposto un nuovo modello diinfermiere di comunità, l’infermiere di fa-miglia, e il confronto desiderato all’internodel convegno, sia con la cittadinanza sia

con i MMG aveva l’obiettivo di vedere in-sieme le prospettive di sviluppo di questafigura nell’ambito dell’assistenza sanitariadi base.

Perché? Perché l’OMS ha dato particola-re importanza alla necessità di formareéquipe multidisciplinari di professionistiche collaborano fra loro, dispensando cu-re sanitarie integrate anche nel settore del-l’assistenza sanitaria di base.

L’OMS afferma che l’Infermiere di Fami-glia: “aiuterà gli individui e le famiglie adadattarsi alla malattia e alla disabilità croni-ca, o nei momenti di stress, trascorrendobuona parte del loro tempo a lavorare a do-micilio dei pazienti e con le loro famiglie.Tali infermieri consigliano riguardo gli stilidi vita ed i fattori comportamentali di ri-schio, così come assisteranno le famigliecon problemi riguardanti la salute. Attraver-so la diagnosi precoce, essi possono ga-rantire che i problemi sanitari delle famigliesiano curati in uno stadio precoce. Con laloro conoscenza della salute pubblica, del-le tematiche sociali e degli altri servizi so-ciali, possono identificare gli effetti dei fat-tori socioeconomici sulla salute della fami-glia ed indirizzare quest’ultima alle strutturepiù adatte. Possono facilitare le dimissioniprecoci dagli ospedali fornendo assistenza

infermieristica a domicilio ed agire da tra-mite tra la famiglia ed il medico di base,sostituendosi a quest’ultimo quando ibisogni identificati sono di carattereprevalentemente infermieristico”.

Sarebbe auspicabile formare una nuovacultura e la professionalità dell’integrazio-ne tra ospedale, territorio e comunità valu-tando anche le necessità formative deglioperatori e i bisogni di informazione dellapopolazione e di partecipazione attiva pertutelare la salute, bene inalienabile e dirit-to/dovere di tutti.

Attualmente soprattutto nell’area dellasalute mentale, si muove un grande pro-getto “fare assieme” che prevede il coin-volgimento attivo di utenti e familiari (UFEUtenti e familiari esperti) nei Servizi di Sa-lute Mentale, che ha il suo nucleo centralenel riconoscimento del sapere esperien-ziale di utenti e familiari di cui viene valoriz-zato il protagonismo e la partecipazionenel sistema, e perciò negli ordinari percor-si di cura, come elemento strategico per laproduzione di qualità e soddisfazione2.Una realtà consolidata nel Dipartimento diSalute Mentale di Trento, una realtà a cui ilterritorio pavese sta cercando di avvicinarsi.

1 Ufficio regionale per l’Europa dell’Organizza-zione Mondiale della Sanità, Health21: the he-alth for all policy for the WHO European Re-gion., Copenhaghen, 1999, obiettivi 15 e 18. 2 De Stefani e Vanzetta, 2009.

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38 Infermiere a PaviaPAGINA

Questo movimento nasce all’interno deldibattito sui diritti di cittadinanza in sanitàanche per il riconoscimento stesso dei bi-sogni sanitari, dibattito non solo italianoma mondiale3.

Il cittadino è oggi più che mai, cittadi-no/paziente, ma anche cittadino/caregiver,cittadino/volontario e… cittadino/esperto.

In particolare, una nuova cultura devepoter andare in questa direzione e perquesto nel convegno, sono stati invitati gliinterlocutori della cittadinanza – PROGET-TO ITACA, CITTADINANZA ATTIVA, AN-FFAS – ma l’invito è stato esteso a tutte leassociazioni pavesi, dove ci sono personeche da tanto tempo si sono assunti la “re-sponsabilità civile” dei diritti della cittadi-nanza, lavorando con l’istituzione sanitariae non contro di essa.

Da parte delle associazioni c’è una pre-cisa volontà di superare gli ostacoli con-cettuali, le criticità organizzative, le resi-stenze culturali degli stessi professionistidella salute e/o resistenze politico-sinda-cali e/o resistenze politico-professionali.

Per tutto questo è stata considerata im-portante la presenza e la visibilità (tantoagognata dai medesimi!) degli INFERMIERI

pavesi che non hanno risposto all’invito.Perché in un ottica tutta nuova diventa

importante rivedere e rivalutare la forma-zione e le conoscenze dei professionistidella sanità (in primis gli Infermieri) che so-no poi i portatori di saperi tecnici, tecnicoscientifici, di competenze, di professionali-tà e gli autentici produttori di beni e attivitàsocialmente utili, costruttori di benesserefisico e psichico individuale e collettivo.

Perché le continue innovazioni che inve-stono i settori sociali e sanitari (anche lanuova Sanità Pubblica) devono essere af-frontate con un adeguamento dei ruoliprofessionali alla realtà in cui si vive.

Si deve “riscattare” il territorio (la comu-nità) dal ruolo di scarso prestigio cui è tra-dizionalmente relegato a favore dell’ospe-dale storicamente privilegiato, con unaprogettualità innovativa, con finalità di pro-mozione del benessere fisico, sociale ementale tendente a sviluppare stili di vitasani e l’empowerment della cittadinanza.

Perché il futuro dell’assistenza infermie-ristica è il territorio: prendersi cura dellapersona sana o malata è il patto che l’infer-miere ha stabilito con la cittadinanza.

Io infermieremi impegno nei tuoi confronti a:

PRESENTARMI al nostro primo incontro,spiegarti chi sono

e cosa posso fare per te …STARTI VICINO… quando la medicina

e la tecnica non bastano.(PATTO INFErMIErE cITTADINO

12 Maggio 1996)

Perché è concludo, non dobbiamo di-menticare che la persona, la famiglia, lacomunità sono i fruitori dei servizi, la ragio-ne fondante della loro esistenza e il loroscopo.

INFOrMAzIONE: le slides dei lavoridella giornata del 9 maggio 2013 sarannopresenti sul sito IPASVI Paviawww.ipasvipavia.it

* InfermieraDipartimento di Salute MentaleA.O. Pavia

L’autore

3 Saggio di Joao Arriscado Nunes: Il tema deidiritti di cittadinanza, […] è strettamente con-nesso a quello della partecipazione in camposanitario. L’affermazione dei diritti, infatti, pas-sa necessariamente attraverso forme di attiva-zione dei cittadini, anche in alleanza con asso-ciazioni di specialisti della sanità. […] Ma chi èil cittadino? È solo il cliente? Solo un benefi-ciario? Come si rapporta in termini di cittadi-nanza e partecipazione, ad altri attori, come idecisori e i manager? O con gli operatori del-la sanità?

bibliografia

– Leonardo Altieri, Maria Augusta Nicoli,Vittoria Sturlese (a cura di), Salute &società, Anno X - n. 2/2011, La sanitàdei cittadini.

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Cari colleghi, ho avuto il piacere di poter partecipare

di nuovo, questo anno, nella organizzazio-ne della settimana celebrativa degli infer-mieri a Pavia. Siamo riusciti a presentareun programma variegato di conferenze,concerti,spettacoli teatrali, mostra fotogra-fica, che ha avuto una ottima accoglienza.

Il concerto del coro Amadeus, si è tenu-to giovedi sera, 9 maggio, in Santa MariaGualtieri, a Pavia. Questa chiesa sconsa-crata,oggi propietà del Comune, è utilizza-ta come sala espositiva per mostre tempo-ranee e attività culturali. Diverse volte ri-strutturata, mantiene il suo stile Romanicocon dei affreschi del secolo XII (si tratta deipiu antichi resti pittorici romanici di Pavia).

Che dirvi, è stato bellissimo cantare conil coro in questo luogo di nota tradizione

(ancora ricordo una delle prime visite conmio papa in città, quando cercavamo inpiazza Vittoria la “famosa” chiesa romani-ca di Santa Maria Gualtieri... Lui, un ap-passionato di arte, aveva appena finito dileggere un libro sul Romanico Lombardo,ed era incantato di tutti gli esempi che of-friva Pavia. Mi aveva spiegato, che, con-cretamente, il Romanico Lombardo, si as-somiglia al Romanico Catalano, che si tro-va al nord della Spagna, vicino alla Canta-bria, dove sono nata).

Il coro Amadeus di Pavia è attivo da al-cuni anni e si dedica in modo amatorialead interpretare sia mottetti sacri della no-stra tradizione religiosa sia brani lirici; ese-gue anche canti per la celebrazione liturgi-ca e per i rito matrimoniale nonchè concer-ti natalizi e pasquali.

Il concerto, di musica lirica, è durato cir-ca due ore. In programma, brani di G. Ver-di, G. Puccini, C. Busi, G. Rossini,V. Bellini,S. Gastaldon, P. Mascagni, F. Chopin....

C’era una atmosfera incantevole, contanta partecipazione dei colleghi e cittadi-ni. Ci tengo a ricordare che gli eventi era-no anche un invito alla cittadinanza, cheha avuto una risposta meritevole.

Un momento stellare della serata, è sta-to quando abbiamo cantato “Brindisi” (“LaTraviata”) di G.Verdi, con i due solisti delcoro, il soprano Jessica Cosentino, ed iltenore Paolo Cassinari. Finito il brano, è

Serata con il “Coro Amadeus”

* Else Mazarrasa

partito un applauso molto accogliente daparte del pubblico presente.

Un altro momento da ricordare, quandola nostra direttrice e mezzosoprano del co-ro, Silvia Blenner, ha cantato con il bassoAndrea Doufaux, il brano “Oh, che muso”(“L’Italiana in Algeri”) di G.Rossini.

Marta Cametti, la pianista, ci ha regalatoun momento straordinario con lo “Scherzon. 1” di F. Chopin. Emozionante, veramen-te. E un onore avere questa ragazza connoi nel coro. Così giovane e così brava, hagià vinto diversi premi nel panorama na-zionale.

Come chiusura, “La Vergine degli Ange-li” (“La Forza del Destino”) di G. Verdi, bra-no che tanto piace a tutti i componenti delcoro e che sempre ha una super acco-glienza dagli ascoltatori in ogni concerto.

Per me, è stata una serata indimentica-bile, per diversi motivi: perché il program-ma è stato accolto con gran entusiasmo epartecipazione, il concerto formava partedegli eventi della settimana celebrativa de-gli infermieri, si è tenuto in Santa MariaGualtieri... Cosa posso dire di più....

Ero così carica dopo il concerto, che lamattina seguente, al lavoro, continuavo acantare, a bassa voce, per il corridoio delreparto mentre svolgevo le mie mansionida infermiera, con i pazienti e colleghi chemi guardavano sorpresi ed incantati dallamia euforia... Ricordiamoci che già la no-stra maestra, Florence Nightingale, avevaparlato della musica, come elemento fon-damentale nelle cure infermieristiche eprocesso di guarigione...

Per concludere, ci tengo a farvi presen-te, che anche dalla Spagna, colleghi infer-mieri, seguono con entusiasmo gli eventiche ogni anno organizziamo per festeg-giare questa professione, alla quale sonofiera di appartenere, e ci fanno tanti com-plimenti.

* InfermieraChirurgia VascolareIstituti Clinici di Pavia e Vigevano

L’autore

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40 Infermiere a PaviaPAGINA

12 maggio 2013: Giornata Internaziona-le dell’Infermiere. In occasione della setti-mana celebrativa, tra i vari appuntamentiorganizzati dal Collegio IPASVI locale, me-ritano attenzione due incontri tenutosi aPavia venerdì 10 maggio u.s. in S. MariaGualtieri (sec. XI-XII). Titolo: Carezze perl’anima e… risate. Ed è stato proprio così,perché le performance, tanto differenti nelloro genere, quanto similmente terapeuti-che, hanno conquistato il pubblico e diffu-so in sala una sensazione di ben-essere eletizia.

Giuseppe Braga, per l’occasione pre-sentatore e fotoreporter, ha introdotto iprotagonisti della kermesse.

Primi ad esibirsi Luca Littarru e MartaFornasari con Il Rosso, il Nero e altre sfu-mature. Luca, nella vita è infermiere, maanche poeta professionista; Marta è vio-loncellista. Simbiosi perfetta! Poesia e mu-sica insieme: un binomio vincente capacedi limare le tensioni dell’Uomo. Un’alter-

narsi di poesia e musica; un susseguirsi dibelle strofe, profonde nel loro genere, in-tervallate da orecchiabili note di musicaclassica. Poesia che diventa musica; musi-ca che si trasforma in poesia; un tocca sa-no per orecchie e cuore. Poesia e musicacome terapia.

Marta, sul palco, regge il suo violoncelloseduta su una sedia. Marta da inizio allospettacolo. Il mormorio iniziale dei presen-ti si placa all’istante. Ed è subito silenzio.Suite n. 1 per violoncello in Sol Maggiore,composta da Johann Sebastian Bach tra il1717 e il 1723. Wow…musica per le nostreorecchie! Una successione di accordi ar-peggiati con nota di volta accompagnanola sonata per tutta la durata del pezzo. Altermine della prima performance un gran-de applauso.

È la volta di Luca. Composto, in piediaccanto al leggio, fa sue le poesie di altri.Ed è subito spettacolo! A Elena, Inverno,l’Altro, Dolce sirena, I matti, C’era una vol-

10 maggio:Carezze per l’anima e…risate

* Silvia Giudici

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ta un re, Voglia di mare, La vita, Primavera,Palla prigioniera, Il rosso e il nero, Sboccioautunnale, Seconda nuvola, Poesia, ne so-no un esempio. La sua voce, importante,pluritona, si modella sulle strofe come unaseconda pelle. Luca si immedesima nellestorie che racconta come se le vivesse inprima persona. Le sue mani, più che gesti-colare, “parlano” a rinforzo di un concetto,di una strofa. Recita da incanto!

Marta si riprende lo spazio interpretandomagistralmente una sonata per violoncellodi Gyorgy Sandor Ligeti, compositore dimusica classica contemporanea, noto algrande pubblico per i suoi brani in Odis-sea nello spazio e Eyes Wide Shut.

Luca e Marta interpretano, si immedesi-mano, vivono empaticamente la loro per-formance. Sono molto concentrati ognunonel proprio ruolo. Gli sguardi dei due si in-contrano al termine di ogni rappresenta-zione dandosi dei comandi visivi. “Ok, hofinito; tocca a te” pare si dicano con gli oc-chi. Gli spettatori li seguono con grandeattenzione. Chi con gli occhi aperti scrutala mimica degli attori, chi con gli occhi ser-rati si concentra sul significato delle strofee sulla perfezione degli accordi.

Grazie Marta. Grazie Luca. Ci avete fatto

davvero un grande regalo!Si gira pagina e dalle coccole si passa

poi alle risate. È la volta della compagniateatrale amatoriale I Balabiut. Gli attori, ra-gazzi e ragazze dai 16 ai 25 anni, inscena-no due sketch comici ambientati in ospe-dale. Partono le risate da subito. Nella pri-ma scenetta due uomini in sala d’attesaaspettano la nascita del loro secondo fi-glio. Per ammazzare il tempo, e soprattut-to la tensione, i due iniziano a confrontarsisul piano familiare. In particolar modo unodei due genitori vanta le abilità del suo pri-mo genito. Dalla descrizione un po’ esage-rata del padre, questo bambino risulta es-sere un super uomo, indipendente, ed ingrado di fare tutto con grande abilità. Sus-seguono simpatiche battute e altrettantecontrobattute ad effetto risorio.

Nel secondo sketch, due pazienti si rac-contano i loro malanni. Il primo è anzianoe accusa forti dolori alla schiena. Il secon-do, più giovane del primo, è affetto da unadisfunzione sessuale. Uno parla esclusiva-mente il dialetto lombardo, l’altro il dialettonapoletano. I due pazienti cercano di inte-ragire senza però riuscirci a causa delle di-vergenze linguistiche. Vano è anchel’aspetto relazionale con il personale medi-

co ed infermieristico. Una serie di gag e diincomprensioni tra i vari attori rendonoanimato lo spettacolo. La scenetta diventamaggiormente divertente quando, di fron-te alla diagnosi e alla prospettiva di vita diognuno, le sorti si ribaltano a causa di unepisodio di malasanità. Accidentalmentele cartelle cliniche vengono scambiate e, aseguito di quest’errore, i destini dei duemalcapitati subiscono una svolta. Arriva laMorte con sembianze umane. Disorientatadai fatti, la Morte si porta via la personasbagliata: lascia in vita il malato più gravee si porta via quello sano. Che dire?

Un bel pomeriggio passato in buonacompagnia in tutti i sensi! Un doverosograzie agli interpreti, attori, spettatorie…organizzatori.

* InfermieraNeuroriabilitazioneFondazione Salvatore MaugeriPavia, sede di via Boezio

L’autore

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42 Infermiere a PaviaPAGINA

11 maggio:Mani, Musica e OrizzontiPomeriggio musicale con il CBMComplesso Bandistico Montuese

* Duilio Loi

Oltre a produrre del buon vino, a MontùBeccaria, si produce della buona Musica.

Sabato 11 maggio, nella chiesa di S.Ma-ria Gualtieri, dalle 16 alle 18, abbiamo as-sistito ad un concerto musicale, tenuto dalComplesso Bandistico Montuese.

Un concerto che già dal titolo: mani, mu-sica e orizzonti, si preannunciava interes-sante.

Il titolo è stato pensato volutamente peril Collegio IPASVI.

Le mani a rappresentare il simbolo IPA-SVI, la musica, elemento e linguaggio distraordinaria capacità comunicativa e gliorizzonti, ovvero, la piacevolezza di inte-grare Infermieri e Cittadini verso obiettivicomuni.

La kermesse musicale, ha visto miscela-ti e integrati tra loro, brani del repertorioclassico, pop, jazz e musiche da film; 10brani legati e coerenti, in un filo logico checontemplava armoniosamente la compo-nente musicale accompagnata in una nar-rativa di immagini, video e parole, specifi-camente legate ai brani che in sequenzasono stati:• AIDA di Giuseppe Verdi• CONCERTO D’AMORE di Jacob de Haan• MOMENT FOR MORRICONE di Ennio

Morricone• LA VITA È BELLA di Nicola Piovani• ABBA GOLD degli Abba• I WILL FOLLOW HIM di Ron Sebregts• EVERYBODY NEEDS SOMEBODY dei

Blues Brothers• I DO IT FOR YOU di Bryan Adams

• HEAL THE WORLD di Michael Jackson• WE ARE THE WORLD di Michael Jackson

La competenza musicale di 23 elementi(clarinetti, saxofoni, trombe, tromboni,basso tuba e flicorni), magistralmente di-retti dal Maestro Franco Garbarini, si è po-tuta esprimere in passaggi che hanno vi-sto il pubblico presente, coinvolto e piace-volmente colpito.

Credo che a colpire sia stato l’effettosorpresa insito nelle aspettative: ci siaspettava una Banda nel tipico assetto da“servizio” in occasioni di celebrazioni lai-che o religiose (componente peraltro mol-to vivace e autorevolmente rappresentatanel CBM) e invece, si è incontrato un col-lettivo musicale in sinergico e disinvoltoassetto da “concerto”, addirittura promos-so a “Orchestra” dalle benevole e graditeparole conclusive del Sindaco di Pavia,Alessandro Cattaneo.

I feed back sia a margine del Concerto,sia nei giorni seguenti, sono stati di carat-tere positivo e ne siamo contenti.

Insomma, unire il talento musicale allasuggestiva cornice di Santa Maria Gualtie-ri, ha consentito tale risultato; da un lato ciconferma che la scelta è stata appropriatae contemporaneamente, ripaga l’impegnoche i Colleghi hanno profuso nella fase or-ganizzativa, ai quali va il mio personale rin-graziamento.

Ad Maiora!!Duilio Loi

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12 maggio:Spettacoli eintrattenimenti aSanta Maria Gualtieri e piazza Vittoria

* Silvia Casella

** Gianfranco Cucurachi

Nel pomeriggio del 12 maggio si conclu-de la settimana commemorativa dell’infer-miere promossa dal Collegio IPASVI di Pa-via. Anche in questo pomeriggio, numero-si eventi ravvivano la giornata in Piazzadella Vittoria.

Alle ore 15.30 il centro mobile di rianima-zione neonatale giunge in piazza con tuttal’attrezzatura a disposizione dove il perso-nale infermieristico e medico, all’internodel centro mobile, spiegano l’attività svoltadurante il primo soccorso con dettagli sul-la specificità e complessità di ogni singolaattrezzatura presente all’interno del mez-zo.

La cittadinanza viene inoltre coinvoltadal personale infermieristico dell’associa-zione Pavia Cuore (Fondazione Maugeri)che illustra le manovre rianimatorie (RCP)e la disostruzione delle alte vie aeree.

Dislocati in un altro punto della piazzacon un piccolo gazebo ci sono i Clowndell’Associazione V.I.P. (Viviamo in positi-vo) Pavia Onlus che intrattengono i bambi-ni facendoli giocare a “Piccoli infermieriper un giorno”. I bambini provano ad assi-stere un loro pupazzo ammalato, rilevandola temperatura corporea, facendo iniezioniintramuscolari, fasciando un arto, auscul-tando il battito cardiaco, mettendo dei ce-rotti ecc… Alla fine di tutte le manovre as-sistenziali ogni bambino riceve un attesta-to nominale di partecipazione all’evento.

Vicino al gazebo dei clown a tutti i bam-bini viene offerta una merenda dagli infer-mieri presenti.

Contemporaneamente sempre in piaz-za della Vittoria ma all’interno della sala diSanta Maria Gualtieri si svolgevano diversispettacoli.

L’ associazione LiberaMente Musica, di-retta dal Prof. Massimo Putignano e dallaProf. Adriana Tataru, presentano l’ Orche-stra Giovani Musici e l’Ensemble PiccoliMusici di Pavia che suonano musiche diJ.S. Bach (Aria sulla IV corda dalla III Sui-

te) e W.A. Mozart (Il Flauto Magico) conVoce Recitante di Letizia Bolzani.

Subito dopo l’Istituto Superiore di StudiMusicali “Franco Vittadini” porta in scenalo spettacolo di Paul Hindemith: “Costruia-mo una città” che vede come protagonistii bambini del coro di Voci Bianche insiemealla Consort di flauti dolce e i piccoli per-cussionisti del corso di avviamento allostrumento.

Segue il Coro Giovanile Femminile e Ar-pa solista con “A Ceremony of Carols” diBenjamin Britten diretti da Giuseppe Gu-glielminotti Valetta.

Si conclude il programma con il labora-torio di narrazione e di illustrazione dellaBibioteca Ragazzi Prini-Paternicò conBeppe Soggetti e Claudia Catenelli che in-trattengono i bambini con storie educative:“Zuppa di zucca”, “La zuppa del coraggio”e “Storie da mangiare”.

Alle 18.30 circa chiusura della giornata edella mostra fotografica.

* InfermieraCentro Psico socialeAzienda Ospedaliera provincia di Pavia

** Infermiere coordinatorePediatria degenza e accettazione pediatricaIrccs Policlinico San Matteo di Pavia

Gli autori

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