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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXVIII - N. 9 - 6 marzo 2014 PAG. 7 Documento dell’Ufficio politico del PMLI SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO DEL BERLUSCONI DEMOCRISTIANO RENZI SOLO IL SOCIALISMO PUÒ CAMBIARE L’ITALIA E DARE IL POTERE AL PROLETARIATO DENUNCIATI DAL DOCUMENTO DUE Brogli dei seguaci della Camusso al Congresso CGIL in Campania Anche in Toscana la Rete 28 Aprile chiede di poter controllare i verbali di molte assemblee ALLE ELEZIONI REGIONALI. UN ELETTORE SU DUE DISERTA LE URNE Vola l’astensionismo in Sardegna Il “centro-sinistra” batte il “centro-destra” ma il PD perde il 2,5% dei voti. Sel e PRC portatori d’acqua del PD. Frana Forza Italia SENZA SOCIALISMO NON C’È AVVENIRE PER LA SARDEGNA GRAVE NORMA ANTICOSTITUZIONALE DELIBERATA DI SOPPIATTO DAL GOVERNO LETTA-ALFANO Soppressi i tabelloni elettorali per i partiti che non presentano liste IL PMLI RICORRERÀ ALLA MAGISTRATURA AFFINCHÉ SIA RICONOSCIUTA L’INCOSTITUZIONALITÀ DELL’ATTO NORMATIVO Bugie fasciste che mistificano la realtà LA VERITÀ ROVESCIATA SULLE FOIBE Grasso e Boldrini capifila del coro anticomunista Ucraina VITTORIA DELLA RIVOLTA POPOLARE CONTRO IL REGIME FILORUSSO OPPRESSORE E AFFAMATORE Yanukovich, deposto dal parlamento e scaricato dal suo partito, fugge da Kiev ACCORDO PER UN GOVERNO DI “UNITÀ NAZIONALE” W la nuova Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico” di Patrizia Pierattini MOBILITAZIONI IN 40 CITTà Il popolo No Tav solidarizza in piazza cogli arrestati e respinge l’accusa di terrorismo Combattivo presidio davanti al cantiere in Valsusa. Partecipata manifestazione a Torino. Presenti i marxisti-leninisti a Napoli MANIFESTANO A ROMA ARTIGIANI, COMMERCIANTI E PICCOLI IMPRENDITORI IL SINDACO M5S DI POMEZIA FA SGOMBERARE CON LA FORZA UNA SCUOLA OCCUPATA Violenze della polizia sulle lavoratrici COME IL SUO PREDECESSORE CUFFARO Lombardo, ex governatore della Sicilia, condannato per mafia Il fondatore del Movimento per l’Autonomia è stato condannato a sei anni e otto mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa PAG. 2 PAG. 6 PAG. 7 PAG. 9 PAG. 16 PAG. 11 PAG. 11 PAG. 6 PAG. 8 PAG. 8

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXVIII - N. 9 - 6 marzo 2014

PAG. 7

Documento dell’Ufficio politico del PMLI

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO DEL BERLUSCONI

DEMOCRISTIANO RENZISolo il SocialiSmo può cambiare l’italia

e dare il potere al proletariato

DenUncIAtI DAL DocUMento DUe

Brogli dei seguaci della camusso al congresso cGIL in campania

anche in toscana la rete 28 aprile chiede di poter controllare i verbali di molte assemblee

ALLe eLezIonI reGIonALI. Un eLettore sU DUe DIsertA Le Urne

Vola l’astensionismo in sardegnail “centro-sinistra” batte il “centro-destra” ma il pd perde il 2,5% dei voti. Sel e prc portatori d’acqua del pd. Frana Forza italia

SeNZa SocialiSmo NoN c’È aVVeNire per la SardeGNaGrAVe norMA AntIcostItUzIonALe DeLIBerAtA DI soPPIAtto DAL GoVerno LettA-ALfAno

soppressi i tabelloni elettorali per i partiti che non presentano liste

il pmli ricorrerà alla maGiStratura aFFiNché Sia ricoNoSciuta l’iNcoStituZioNalità dell’atto NormatiVo

Bugie fasciste che mistificano la realtà

LA VERITà ROVESCIATA SULLE fOIBE

Grasso e Boldrini capifila del coro anticomunista

Ucraina

VITTORIA DELLA RIVOLTA POPOLARE CONTRO IL REGIME fILORUSSO OPPRESSORE E AffAMATORE

Yanukovich, deposto dal parlamento e scaricato dal suo partito, fugge da Kievaccordo per uN GoVerNo

di “uNità NaZioNale”

W la nuova sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico”

di Patrizia Pierattini

MoBILItAzIonI In 40 cIttà

Il popolo no tav solidarizza in piazza

cogli arrestati e respinge l’accusa di

terrorismocombattivo presidio davanti al cantiere in

Valsusa. partecipata manifestazione a torino. presenti i marxisti-leninisti a Napoli

MAnIfestAno A roMA ArtIGIAnI, coMMercIAntI e PIccoLI IMPrenDItorI

IL sInDAco M5s DI PoMezIA fA

sGoMBerAre con LA forzA UnA scUoLA

occUPAtA Violenze della polizia sulle lavoratrici

coMe IL sUo PreDecessore cUffAro

Lombardo, ex governatore della sicilia, condannato per mafia

il fondatore del movimento per l’autonomia è stato condannato a sei anni e otto mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa

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2 il bolscevico / governo renzi N. 9 - 6 marzo 2014

Documento dell’Ufficio politico del PMLI

SPAZZIAMO VIA IL GOVERNO

DEL BERLUSCONI DEMOCRISTIANO RENZI

Solo il SocialiSmo può cambiare l’italia e dare il potere al proletariato

Dall’autentico Berlusconi alla sua copia democristiana col vol-to di Renzi, il risultato è sempre lo stesso: la conservazione del potere della borghesia e del sistema capi-talistico. La classe dominante bor-ghese cambia cavallo a seconda delle circostanze, purché i nuovi governanti siano disposti a gesti-re al meglio i suoi affari e a sal-vaguardare il suo sistema econo-mico e il suo Stato. E quando non le conviene non rispetta nemme-no la sua Costituzione, la sua de-mocrazia, il suo parlamento e le procedure istituzionali per forma-re i suoi governi. Fa e disfà come le pare, in base alle sue necessità contingenti.

Il suo attuale rappresentante al Colle, Giorgio Napolitano, la asse-conda in tutto e per tutto dilagando nel presidenzialismo. Prima ha co-perto a sinistra il neoduce Berlu-sconi, poi se ne è sbarazzato impo-nendo propri governi come quelli di Monti e di Letta. Ora favorendo Matteo Renzi, persino rispettando i suoi tempi da “superuomo”. La “sovranità del popolo” e la con-sultazione elettorale, previste dal-la Costituzione, sono state com-pletamente ignorate.

Cosicché oggi siede a Palaz-zo Chigi il destriero bianco Ren-zi, senza investitura elettorale, per volontà dell’intera classe domi-nante borghese, anche della sua ala destra, a parte le frange mar-ginali di destra e di “sinistra”, per-ché egli “non è di scuola comuni-sta”, come ha detto Berlusconi. Ed è appoggiato dal capofila dell’im-perialismo americano, Obama, dalla leader dell’Unione europea imperialista, Merkel, dal Vaticano, dalla Conferenza episcopale ita-liana, dalla Confindustria e dalla potente lobby Trilateral.

Renzi non è quindi un “ragaz-zo” come tanti, come egli ama de-finirsi e ha ripetuto più volte nel suo discorso di investitura al Se-nato, ma un uomo adulto coscien-te e responsabile, un politicante borghese formato nel laboratorio esclusivo della borghesia. Di suo ha una “smisurata ambizione”, un’arroganza e un egocentrismo che superano quelli di Berlusconi. Dal quale però ha imparato a es-sere un “solo uomo al comando”, l’unico capace di dare una “svol-ta” all’Italia e di “recuperare la fi-ducia del popolo” verso le istitu-zioni.

I due megalomani hanno solo una differente camicia, l’uno quel-la nera mussoliniana, l’altro quella bianca democristiana. Ma l’obiet-tivo è lo stesso: completare la se-conda repubblica neofascista e presidenzialista secondo il proget-to della P2.

Renzi ha avuto la faccia tosta di affermare: “il mio governo è il più a sinistra degli ultimi 30 anni”. Ma come è possibile ciò quando accanto a lui siedono nel Consi-glio dei ministri Angelino Alfa-no, leader del Nuovo centrodestra e fino a ieri braccio destro di Ber-lusconi, Federica Guidi, di matrice berlusconiana ed espressione della destra della Confindustria, Giulia-no Poletti, già presidente naziona-le della Legacoop e dell’Allean-za delle Cooperative, e Pier Carlo Padoan, già direttore esecutivo del Fondo monetario internazionale e vicesegretario generale dell’Orga-nizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (il club dei paesi più ricchi)?

Renzi si vanta anche del fatto che metà dei ministri sono donne. Indubbiamente nel Consiglio dei ministri è stata realizzata la pari-tà di genere. Ma dal punto di vista di classe non cambia assolutamen-te nulla, in quanto le ministre sono anch’esse al servizio della borghe-sia e del capitalismo.

E il programma di governo è di sinistra? Nemmeno per sogno. Basta guardare al primo e con-creto provvedimento preso che è quello di sbloccare il debito della pubblica amministrazione verso le imprese. Non una parola sul Mez-zogiorno e sulla patrimoniale. Sul drammatico problema del lavoro ai giovani solo un accenno, se ne parlerà a marzo. Ma già si dice che i nuovi assunti non avranno le ga-ranzie dell’articolo 18. I tagli alla spesa pubblica si abbatteranno ro-vinosamente sulle masse popola-ri, che avranno meno servizi pub-blici.

A parte le chiacchiere, non c’è una inversione di tendenza del-la politica economica e sociale, sia pure nell’ambito del capitali-smo. Peraltro impossibile se non si abroga il fiscal compact. Men-tre si procederà a ritmo sostenuto nella realizzazione delle “riforme” costituzionali concordate con Ber-lusconi, che stravolgeranno da de-stra la vigente Costituzione, e del-la nuova legge elettorale, peggiore

del Porcellum e della legge fasci-sta mussoliniana Acerbo.

L’elettoralismo democratico borghese sarà così definitivamente liquidato. Di soppiatto, nelle pie-ghe della legge di stabilità, sono stati persino soppressi i tabelloni elettorali per i partiti che non pre-sentano liste. Un provvedimento anticostituzionale che vuole tap-pare la bocca all’astensionismo. Il PMLI lo impugnerà davanti alla magistratura.

Tirando le somme, si tratta di un programma di destra, che non dispiace nemmeno a Berlusco-ni e a Forza Italia, che hanno già annunciato che faranno una “op-posizione responsabile” e non mancheranno di votare i provvedi-menti che condividono.

Il governo del Berlusconi de-mocristiano non merita quindi alcuna fiducia. Va spazzato via senza indugio e con la massima determinazione, conducendo con-tro di esso una dura opposizione

di classe e di massa nelle fabbri-che, in tutti i luoghi di lavoro, nel-le scuole e nelle università, nel-le piazze, nelle organizzazioni di massa, specie sindacali e studen-tesche.

Il PMLI farà la sua parte, ed è pronto a unirsi con tutte le forze politiche, sociali, sindacali, cultu-rali e religiose che si professano di sinistra, che hanno capito l’ingan-no di Renzi e sono disposte a rove-sciare il suo governo. Non importa se poi queste forze, o parte di esse, non ci seguiranno nella nostra lot-ta contro il capitalismo e per il so-cialismo. Il PMLI andrà avanti lo stesso, sicuro che con lo svilup-po della lotta di classe acquisterà nuovi alleati rivoluzionari, soprat-tutto a livello sociale, a comincia-re dal proletariato.

Come ha indicato il Segreta-rio generale del Partito, compagno Giovanni Scuderi, inaugurando la nuova Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico”: “Abolire lo sfrut-

tamento dell’uomo sull’uomo, le classi, le disuguaglianze sociali e di sesso, le disparità territoriali, dare il potere al proletariato: que-sto è il nostro obiettivo strategico, questa la nostra missione storica, questa la grande bandiera rossa in-nalzata nel 1967 dai primi pionie-ri del PMLI, questo l’impegno so-lenne che ci siamo presi di fronte al proletariato e alle masse popo-lari quando il 9 Aprile 1977 abbia-mo fondato il PMLI”.

A questo impegno i marxisti-leninisti italiani non verranno mai meno, e lo dimostrano ogni gior-no nei propri ambienti di lavoro, di studio e di vita, nelle organizza-zioni di massa, in primo luogo nel-la CGIL, lottando strenuamente e in prima fila contro il capitalismo e i suoi governi, centrale, regiona-li e locali, e nel difendere gli inte-ressi immediati e quotidiani delle masse occupate, pensionate, di-soccupate, precarie, studentesche e femminili.

Ci battiamo anzitutto per la piena occupazione, per l’aumento dell’indennità di disoccupazione, per l’abolizione del precariato, per l’aumento dei salari e delle pen-sioni sociali, minime e più basse, per la pensione, la sanità e l’istru-zione pubbliche. Ma senza togliere lo sguardo verso il socialismo. In-vitiamo gli sfruttati e gli oppressi, soprattutto le operaie e gli operai, le ragazze e i ragazzi più coscien-ti, informati, avanzati e combattivi a dare le ali al loro futuro combat-tendo assieme ai marxisti-leninisti contro il capitalismo, per il socia-lismo. Perché la storia e i fatti di-mostrano che solo il socialismo può cambiare l’Italia e dare il po-tere al proletariato.

Un nuovo mondo ci attende, lottiamo per conquistarlo!

Coi Maestri e il PMLI vince-remo!

L’Ufficio politico del PMLIFirenze, 25 febbraio 2014

La composizione del governo RenziPresidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi (PD)

Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio (PD)

Ministri con portafoglio

Affari Esteri Federica Mogherini (PD)

Interno Angelino Alfano (Nuovo centrodestra)

Giustizia Andrea Orlando (PD)

Difesa Roberta Pinotti (PD)

Economia e Finanze Pier Carlo Padoan (“Tecnico”, capo economista dell’OCSE)

Sviluppo Economico Federica Guidi (“Tecnico”, Confindustria, filoberlusconiana)

Infrastrutture e trasporti Maurizio Lupi (Nuovo centrodestra)

Politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina (PD)

Ambiente, tutela del territorio e del mare Gianluca Galletti (UDC)

Lavoro e Politiche sociali Giuliano Poletti (“Tecnico”, Legacoop, Alleanza delle Cooperative)

Istruzione, Università e ricerca Stefania Giannini (Scelta Civica)

Beni e attività culturali e turismo Dario Franceschini (PD)

Salute Beatrice Lorenzin (Nuovo centrodestra)

Ministri senza portafoglio

Riforme costituzionali e rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi (PD)

Semplificazione e Pubblica Amministrazione Maria Anna Madia (PD)

Affari Regionali Maria Carmela Lanzetta (PD)

N. 9 - 6 marzo 2014 governo renzi / il bolscevico 3La “smisurata ambizione”, l’arroganza e

l’egocentrismo del Berlusconi democristiano RenziNato a Firenze l’11 gennaio

1975, figlio di un ex consigliere comunale democristiano di Rigna-no sull’Arno poi diventato impren-ditore, il Berlusconi democristiano Matteo Renzi inizia a sperimenta-re la sua vocazione leaderistica, a detta di chi lo conosce evidente fin da bambino, nell’organizzazio-ne giovanile cattolica degli Scout, e successivamente al liceo classi-co “Dante” di Firenze, dove viene eletto rappresentante di istituto. A 19 anni mette già in mostra la sua istintiva dimestichezza con quella televisione che tanta parte avrà poi nella costruzione della sua imma-gine personale e politica, parteci-pando con successo come concor-rente al programma di Canale 5 “La ruota della fortuna”.

Nel 1996 esordisce nell’arena politica con i Comitati per Prodi della Toscana e inscrivendosi al Partito popolare (la ex DC), diven-tandone nel 1999 il segretario pro-vinciale a Firenze. In quello stesso anno si laurea in Giurisprudenza con una laurea sul sindaco DC La Pira, e due anni dopo lo ritroviamo coordinatore della Margherita a Fi-renze, e quindi di nuovo segretario provinciale nel 2003. Con le ele-zioni del 2004 inizia la sua “irresi-stibile” ascesa politica diventando presidente della Provincia di Fi-renze, carica che lascerà nel 2009 ma solo per entrare da outsider trionfatore a Palazzo Vecchio. In questo periodo inizia a costruire la sua narrazione propagandisti-ca preferita, quella della lotta agli sprechi e alla “casta” dei vecchi politici, e si vanta di aver ridotto le tasse provinciali e gli sprechi di gestione, ma nel 2012 la Corte dei conti ha aperto un’indagine per spese di rappresentanza sospette della sua giunta per un ammontare di 600 mila euro. Inoltre, secondo un’inchiesta de Il Fatto Quotidia-no di quello stesso anno che ripor-tava di un’indagine del ministero del Tesoro, Renzi avrebbe provo-cato un danno erariale di 6 milioni alla Provincia attraverso un affida-mento di servizi a prezzi gonfia-ti alla società in house “Florence Multimedia”.

Alla conquista di Palazzo VecchioNel 2008 rifiuta i consigli di

ricandidarsi alla Provincia (istitu-zione di cui intuisce l’ormai pros-sima fine e troppo stretta per lui) e si candida invece alle primarie del “centro-sinistra” per la corsa a sin-daco di Firenze. Il suo slogan è: “O cambio Firenze o cambio me-stiere e torno a lavorare”. Primarie che vince contro ogni previsione battendo nettamente il suo capo-corrente, deputato e responsabi-le esteri nazionale del PD Lapo Pistelli, e stracciando addirittu-ra il candidato dalemiano Miche-le Ventura. Segno evidente che su di lui hanno cominciato a puntare i settori affaristico-politici e i salot-ti più importanti della città: come Paolo Fresco, ex presidente della Fiat, suo grande sostenitore e sov-venzionatore di tutte le campagne elettorali, e dal quale è stato ripa-gato con la concessione del Fiori-no d’oro. Come Giovanni Gentile, l’allora presidente di Confindu-stria fiorentina nipote del filosofo fascista giustiziato dai partigiani, e poi gli industriali Fratini, Bona Frescobaldi e Wanda Ferragamo. In un’intervista al Corriere del-la Sera, a proposito della tenden-za naturale di Renzi al killerag-

gio politico manifestatasi già in quell’occasione, Pistelli ha detto: “Matteo è talmente rapido da farti venire il mal di testa. Ed è sistema-tico il modo in cui colpisce. Sem-pre allo stesso modo. Come un se-rial killer. Prenderlo è difficile. E anche le rare volte che perde, c’è sempre una botta di culo a rimet-terlo in pista. Ha la provvidenza dalla sua”.

Alle comunali del 2009 Renzi vince al ballottaggio il candidato del “centro-destra” Giovanni Gal-li e si insedia a Palazzo Vecchio, facendone un fortino elettorale che ancora una volta lascerà solo per entrare in un altro ben più in alto: Palazzo Chigi, che visto re-trospettivamente sembra quasi es-sere stato la meta sempre sognata e a cui tendeva fin da giovane de-mocristiano la sua “smisurata am-bizione” (copyright dello stesso Renzi). Anche lo slogan è sempre lo stesso delle primarie del 2008 da cui è partita la sua personale marcia su Roma, slogan nel quale ha solo sostituito la parola “Firen-ze” con “Italia”.

Dimostrando infatti di aver già allora ben in mente la meta finale, appena un anno dopo la conquista della poltrona di neopodestà, Ren-zi lancia la sfida alla vecchia no-menclatura ex revisionista ed ex democristiana del PD “che ha per-so contatto con la realtà”, procla-mando di volerla “rottamare sen-za incentivi”. Il suo messaggio è sostanzialmente semplice quan-to assai furbesco e di facile presa propagandistica: fare largo ad una nuova generazione più in sintonia con i tempi moderni in cui le ide-ologie sono morte, la lotta di clas-se è un ferrovecchio e i confini tra destra e sinistra sono ormai spari-ti, lasciando il campo ad un’uni-ca discriminante politica: quella tra i vecchi e i giovani. E per di-

mostrare che le vecchie categorie politiche amico-nemico sono fini-te, nel dicembre 2010 va ad Arco-re a pranzo da Berlusconi, dando in modo studiato il via con ciò a un’onda lunga che meno di quat-tro anni dopo approderà al fami-gerato patto sull’“Italicum” e sulle “riforme” istituzionali e costitu-zionali che completano il piano della P2 scritto a due mani da Ren-zi e Verdini.

Gli “strani” rapporti con Verdini

Del resto già da tempo il neo-duce aveva messo gli occhi su di lui con simpatia, considerandolo quasi come un suo figlioccio po-litico momentaneamente presta-to all’altro schieramento. Verdi-ni aveva cominciato a seguirne le mosse e ad intrecciare con lui un fitto rapporto personale fin dalla sfida elettorale del 2009, intuendo i futuri successi del personaggio. Lo stesso Giovanni Galli ha rac-contato di recente a Il Fatto Quo-tidiano di essersi sentito scaricato da Verdini, che puntava ormai su Renzi, già all’indomani del ballot-taggio con Renzi alle comunali del 2009: “Gli dicevo ‘abbiamo fatto un ottimo risultato, ora lavoriamo per vincere nel 2014’; risposte? Zero. E allora ho cominciato a far-mi qualche domanda”, dice Galli, che pensando ai rapporti Renzi-Verdini e ripassando mentalmente quegli anni si domanda: “Pensia-mo ai lavori pubblici e a chi era-no stati assegnati, quali imprendi-tori interessavano? L’area Castello era Ligresti (Fondiaria-Sai, stretto amico di Berlusconi, ndr), la ca-serma dei marescialli era Fusi (so-cio della “cricca” degli appalti, ndr). Qualcuno venne anche arre-stato. Poi Tramvia, Etruria, Tav...

il dubbio è più che legittimo; solo il dubbio, per carità”.

Poche settimane prima del pel-legrinaggio ad Arcore, Renzi ave-va tenuto con grande pubblicità la prima assemblea nazionale della sua corrente alla Leopolda di Fi-renze, esperienza che poi ripete-rà nell’ottobre 2011 sempre alla Leopolda, con la tre giorni deno-minata Big Bang sotto la sapiente regia del “mago” delle reti Finin-vest Giorgio Gori, e con la par-tecipazione di scrittori di grido come Baricco e Nesi, imprendito-ri come Guido Ghisolfi (dell’omo-nima azienda chimica), Martina Mondadori (editrice), Maria Pao-la Merloni (Indesit), Alberto Ca-stelvecchi (Panorama), economi-sti come Zingales, il giuslavorista Piero Ichino, e politici come Ser-gio Chiamparino, Arturo Parisi, Ermete Realacci, Graziano Del-rio ecc.

Davanti alla Leopolda Renzi è contestato duramente da chi non si fa abbindolare dalle sue spara-te mediatiche e dalla sua fraseolo-gia inconsistente, come i lavora-tori dell’Ataf, quelli del Maggio Musicale e i dipendenti comunali, gli oppositori del tunnel della Tav sotto la città e i comitati contro gli inceneritori, che hanno già assag-giato le sue smanie antisindacali e autoritarie che fanno a pugni con l’immagine idilliaca della Firen-ze da lui amministrata che i media di regime e i sondaggi di opinione gli accreditano. Ormai la sua con-cezione personalistica, interclassi-sta, carrieristica e liberistica del-la politica, dell’economia e della gestione del potere è venuta com-piutamente a galla, come con l’ap-poggio sperticato a Marchionne nella vertenza di Pomigliano, con la simpatia verso politiche di libe-ralizzazione del “mercato del la-voro” di Ichino, Boeri e Zingales

(che riprenderà poi nel suo “Jobs Act”), con le smanie privatizza-trici e di tagliare la spesa pubbli-ca e la “partitocrazia”, che non per nulla gli valgono l’appellativo di “nuovo Tony Blair”.

Un fitto intreccio di appoggi e relazioni

Mano a mano che il suo am-bizioso disegno politico si preci-sa e progredisce di tappa in tap-pa, emergono sempre più anche le forze palesi e occulte, naziona-li e internazionali, che lo forag-giano e lo sostengono, in quantità tale che occorrerebbe almeno una pagina per elencarle tutte. Tra gli imprenditori l’industriale Diego Della Valle, patron della Fioren-tina e azionista del Corriere della Sera (grande sponsor della scalata di Renzi a Palazzo Chigi), il ma-gnate Carlo De Benedetti edito-re de L’Espresso e la Repubblica, il re del made in Italy alimentare, Oscar Farinetti, e Luca Cordero di Montezemolo, al quale Renzi mise a disposizione il Ponte Vecchio a prezzo ridicolo per una kermesse pubblicitaria della Ferrari.

Fitto anche l’intreccio di ami-ci e stretti collaboratori fiorenti-ni che ne curano i rapporti con gli ambienti che contano, come l’ex manager della Bce Lorenzo Bini Smaghi, oggi presidente di Snam e membro del Cda di Morgan Stan-ley, come l’ex presidente di Ataf e attuale assessore alla mobilità Filippo Bonaccorsi, come il diri-gente dello sviluppo urbano Gia-como Parenti, e il vicesindaco, ora suo facente funzioni e candidato a succedergli a Palazzo Vecchio, Dario Nardella. Ma soprattutto c’è l’ex capo della segreteria di Renzi e consigliere della già menziona-ta “Florence Multimedia” Marco Carrai, la sua ombra che lo segue dappertutto, una inquietante fi-gura di cattolico “tradizionalista” con mille relazioni più o meno oc-culte che vanno dall’Opus Dei alla Compagnia delle opere (Comu-nione e liberazione), il vero e pro-prio anello di collegamento tra il “cerchio magico” renziano con la massoneria e gli ambienti interna-zionali.

Secondo il quotidiano confin-dustriale Il Sole 24 Ore Carrai cu-mula una quantità impressionante di cariche di primo piano: è con-sigliere dell’Ente Cassa di Ri-sparmio di Firenze (importante azionista di banca Intesa nel cui consiglio siede Jacopo Mazzei, fi-glio di Lapo, ndr), amministrato-re delegato di Firenze Parcheggi, presidente di Aeroporto di Firenze Spa, membro del Cda della Banca di credito cooperativo di Imprune-ta e della Banca di credito coope-rativo del Chianti fiorentino. Non-ché socio, presidente o direttore di numerose società private in Italia, in alcune delle quali siede accan-to all’ex presidente di Enel Chic-co Testa e a Marco Bernabé, figlio di Franco, che è stato in predicato per il posto di ministro dell’Eco-nomia andato poi a Padoan. Parti-colarmente interessante la parteci-pazione di Carrai nel consiglio di sorveglianza della lussemburghe-se Wadi Ventures Sca, omonima del fondo israeliano Wadi Ventu-res di cui è socio fondatore un ve-terano dell’unità spionistica 8200 dell’esercito israeliano, una sorta di Nsa americana.

Interessante anche l’amicizia di Carrai con Matt Browne, stretto collaboratore di Tony Blair e con-

sigliere di Obama, e quella col fa-migerato neocon Michael Lede-en, ex collaboratore di Reagan e di Bush figlio, noto per l’operazione segreta Iran-Contras e per essere stato al servizio del generale pi-duista Santovito, nonché amico di Craxi e di Cossiga. Notevole il fat-to che quando agli inizi del 2011 Ledeen esortò dal suo blog ad in-tervenire per bombardare la Libia, prontamente Carrai scrisse una lettera a La Repubblica invitando i lettori a sottoscrivere un “fondo di solidarietà” in favore dei rivol-tosi libici.

Ed è stato sempre stato Car-rai a far conoscere Renzi al nuo-vo ambasciatore americano John Phillips, che il 15 novembre 2013 fu ricevuto con tutti gli onori a Pa-lazzo Vecchio, poco prima che il neopodestà fiorentino scatenas-se la manovra che ha portato alla cacciata di Letta e alla sua sosti-tuzione a Palazzo Chigi. Anche Tony Blair lo incoraggia entusia-sticamente ed ha chiesto il soste-gno europeo al suo governo: “Le sfide sono assolutamente formida-bili, ma Matteo ha il dinamismo, la creatività e la forza per farcela, con la combinazione di realismo e idealismo necessari per i tempi che viviamo”, ha dichiarato l’ex premier britannico.

L’assalto finale a Palazzo Chigi

Nel giugno 2012 Renzi or-ganizza la seconda edizione del Big Bang al Palacongressi di Fi-renze che lo lancia alle primarie di settembre del “centrosinistra”, in previsione delle elezioni poli-tiche che sono ormai alle porte: è la sua grande occasione per dare la scalata alla leadership del PD, ma i tempi non sono ancora ma-turi e viene sconfitto dagli ex re-visionisti e dagli ex popolari trin-cerati dietro Bersani. La strada però è già tracciata, e l’occasio-ne, questa volta favorevole, non tarderà a ripresentarsi pochi mesi dopo, quando la mezza sconfitta elettorale del PD alle politiche del febbraio 2013, il fallimento con dimissioni di Bersani e la nasci-ta del governo Letta delle “larghe intese” con Berlusconi, lo riporta-no improvvisamente alla ribalta come unico possibile leader “nuo-vo”, capace di guidare e far torna-re a vincere un partito sempre più abbandonato dagli elettori e allo sbando.

Da qui in poi la strada per lui sarà tutta in discesa, fino alle pri-marie dell’8 dicembre 2013, vinte a mani basse sul principale sfidan-te Cuperlo, con le quali ha espu-gnato la segreteria, e che hanno visto la resa senza condizioni del-la vecchia dirigenza dalemiana e bersaniana, con i “giovani turchi” di Orfini e Orlando in testa. E infi-ne, con un irresistibile crescendo, il patto con Berlusconi, portato praticamente in trionfo al Nazare-no, sulla legge elettorale e le “ri-forme”, fino al siluramento di Let-ta con il colpo di palazzo del 13 febbraio 2014 e la fulminea nomi-na a presidente del Consiglio da parte di Napolitano.

“Partenza grandiosa... governo perfetto... Renzi, come Berlusco-ni, è un colpo di scena vivente”, lo salutava entusiasta Ferrara dalle pagine de Il Foglio: “Se sta atten-to a non litigare con il Cav, se non per finta, il Cav coautore di questo capolavoro che ha la metà dei suoi anni, ce la farà”.

4 il bolscevico / governo renzi N. 9 - 6 marzo 2014

Pier Carlo Padoan, l’eConomista aPPrezzato da Fmi, Ue, BCe e BanCa mondiale

Economista, romano, 64 anni, Pier Carlo Padoan è stato docen-te di economia all’Università La Sapienza e in diverse altre presti-giose università all’estero, non-ché direttore per tre anni della Fondazione politica Italianieu-ropei di D’Alema e Amato. Nel 1998 D’Alema lo volle come suo consigliere economico af-fidandogli importanti incarichi internazionali per il suo gover-no, ruolo che continuò a svolge-re fino al 2001 anche per conto del successivo governo Amato. Padoan entrò allora a far parte di quella squadra di economisti, guidati da Nicola Rossi per con-to del capofila dei rinnegati, che si ispiravano ai “successi” neoli-beristi di Tony Blair, lavorando in stretto contatto con il sottose-gretario uscente agli Esteri del governo Letta, Marta Dassù.

Dal 2001 al 2005, grazie ad Amato, ha ricoperto la carica di direttore esecutivo del Fon-do monetario internazionale

(Fmi), lavorando in quegli anni in perfetto affiatamento tanto con il ministro Visco (“centro-sinistra”), quanto con il suo suc-cessore di “centro-destra” Tre-monti. Lo stesso Bersani aveva pensato a lui quando per qualche tempo aveva accarezzato l’illu-sione di formare un suo gover-no. Ma Padoan ha avuto anche importanti incarichi nella Banca mondiale e nel Collegio d’Euro-pa a Bruges ed è stato consu-lente della Ue e della Bce. Dal 2007 ha assunto la carica di vi-cesegretario generale dell’Ocse, l’Organizzazione per la coope-razione e lo sviluppo dei paesi industrializzati con sede a Pari-gi, diventandone a fine 2009 an-che capo economista. Nel 2011 è stato nominato dal capo dello Stato Grande ufficiale al merito della Repubblica. Il 27 dicem-bre scorso Letta lo nominò pre-sidente dell’Istat, in sostituzione del ministro uscente del Lavoro Giovannini, carica che però non

ha fatto in tempo ad assumere essendo stato chiamato da Renzi e Napolitano a dirigere lo strate-gico dicastero dell’Economia.

La chiamata gli è arrivata mentre era in trasferta, in qua-lità di vicesegretario dell’Ocse, al G20 di Sidney in corso men-tre si svolgevano le consultazio-ni per la formazione del nuovo governo. Vertice a cui il suo pre-decessore Saccomanni non era voluto andare per risparmiarsi l’umiliazione di doversene tor-nare a casa anzitempo. Al mi-nistero dell’Economia Renzi avrebbe preferito un politico an-ziché un altro tecnico, per mar-care una discontinuità con i due precedenti governi, tanto che per qualche giorno era circola-to anche il nome del suo brac-cio destro Graziano Delrio. Ma Napolitano è stato categorico: per quella carica occorreva as-solutamente un nome che fosse conosciuto e affidabile per gli organismi finanziari internazio-

nali, per la Ue e la Bce, e per le cancellerie europee. Un ministro capace cioè di garantire la mas-sima continuità con la politica di rigore seguita dai due preceden-ti governi, e sotto questo profi-lo uno come Padoan offriva le massime garanzie.

Da tempo, infatti, come re-sponsabile per l’Ocse del pro-gramma Going for growth, a cui è ispirato anche il “piano per il lavoro” di Renzi, Padoan sugge-riva per l’Italia una ricetta eco-nomica liberista per la ripresa basata sul taglio delle tasse alle imprese e la riduzione del costo del lavoro da finanziarsi con ro-busti tagli alla spesa pubblica, oltre a un massiccio piano di li-beralizzazioni e privatizzazioni, a cominciare dall’energia. Tra i suoi primi atti di governo ci sarà quindi da aspettarsi quello di ap-plicare fin da subito la Spending Review del commissario Carlo Cottarelli, la cui relazione è già sul suo tavolo, e che si propone

di tagliare ben 32 miliardi in tre anni alla spesa per la pubblica amministrazione e per sanità, scuola, pensioni e tutti gli altri servizi assistenziali e sociali.

In questo quadro di “rispar-mi” rientrano anche la mobili-tà e i licenziamenti per i dipen-denti pubblici, in parallelo con l’abolizione dell’articolo 18 e la libertà di licenziamento nel set-tore privato, e non a caso il neo titolare del dicastero di via XX Settembre è molto stimato an-che dall’economista berlusco-niano Brunetta. Infatti il motto di Padoan è: “Tutelare di più il reddito dei lavoratori e meno il posto di lavoro in sé”. Un pro-gramma che si sposa perfetta-mente con la ricetta Ichino adot-tata da Renzi nel suo “Jobs Act”. L’economista premio Nobel keynesiano Paul Krugman, nel suo blog sul New York Times, ha scritto che l’Ocse da lui diretta fornisce “i consigli peggiori di qualunque organizzazione in-

ternazionale: peggio della Com-missione europea, peggio persi-no della Bce”. Il che è tutto dire. Krugman non risparmia giudizi sferzanti neanche sulla sua per-sona, accusandolo di essere “fra i più grandi sostenitori dell’au-sterità, che con il loro tifo hanno spinto l’Europa al disastro”.

Non manca inoltre chi ha os-servato che con lui il rinega-to D’Alema rimetterebbe il suo zampino anche su questo gover-no, in barba a Renzi che si van-ta di averlo “rottamato”. Cer-tamente la lobby che sta dietro all’ex premier e alla sua fonda-zione Italianieuropei continuerà ad avere il suo peso e cercherà avere voce in capitolo col Ber-lusconi democristiano che si ap-presta a ridisegnare a suo favore gli equilibri di potere, specie ora che Padoan e Renzi stanno per affrontare l’importante partita delle nomine ai vertici dell’am-ministrazione dello Stato e delle aziende pubbliche.

roberta Pinotti dal PCi revisionista all’esaltazione Il nuovo ministro della di-

fesa, Roberta Pinotti (PD), ge-novese classe 1961, era già dal maggio 2013, sottosegretario di Stato alla Difesa nel gover-no Letta, durante il ministero di Mario Mauro.

Politicante borghese d’antico pelo, cattolica praticante, capo-scout, è candidata, alla fine de-gli anni Ottanta, nella sua cir-coscrizione come indipendente nella lista PCI la “Sinistra per Sampierdarena”. Eletta, diviene vicepresidente del Consiglio cir-coscrizionale. Nell’89 si iscri-ve al PCI, che sta per diventare PDS. Passerà poi dal PDS ai DS (area “correntone”), al PD.

Diventa assessore alla scuola, alle politiche giovanili e socia-li della Provincia di Genova, dal 1993 al 1997, e assessora alle Istituzioni scolastiche del comu-ne di Genova dal 1997 al 1999. È segretaria provinciale dei DS dal 1999 al 2001. Alle politiche

del 2001 è eletta deputata alla Camera nel collegio Genova 7.

Riconfermata dopo le elezio-ni politiche del 2006, aderisce al gruppo parlamentare dell’Ulivo e viene nominata presidente del-la Commissione Difesa.

Nel 2007 è nominata Respon-sabile nazionale Difesa nella Se-greteria nazionale del Segretario PD, Walter Veltroni, e nel 2009 capo dipartimento del PD alla difesa con il segretario Dario Franceschini, alla cui corrente, uscita sconfitta dal Congresso PD del 2009, apparteneva.

Intanto, rieletta in Senato nel 2008, viene nominata nel 2010 vicepresidente della Commis-sione Difesa del Senato.

Nel 2012 si presenta alle pri-marie per la candidatura a sinda-co di Genova, ma ne esce scon-

fitta. Alle politiche del 2013 viene rieletta in Senato e il 2 maggio 2013 viene nominata Sottosegretaria al Ministero del-la Difesa nel Governo Letta-Berlusconi, rimanendovi anche nel Letta-Alfano.

Il primo pensiero, appena no-minata ministro, è andato ai due fucilieri del battaglione S. Mar-co in attesa di giudizio in India per aver sparato su due pescato-ri indiani, uccidendoli. “I maro’ sono nel mio cuore”, afferma, “Dobbiamo con forza riportar-li a casa”, perché sono trattenu-ti “ingiustamente”. Ciò tanto per mettere in chiaro che lei è dal-la parte dell’arrogante e violenta politica imperialista italiana che in cerca di falsi miti “dell’or-goglio nazionale” imperialista spaccia i due assassini in attesa

di giudizio quasi per eroi.Dietro la retorica sulla “prima

donna ministro della Difesa”, si nasconde una carriera da mili-tarista, guerrafondaia, imperia-lista, una sorta di Rambo istitu-zionale in gonnella. Sostenitrice accanita dei profitti dell’impre-sa bellica, la Pinotti è tra i diri-genti del PD, quella che più ha difeso lo shopping di micidiali armamenti deciso dagli ultimi governi, in primo luogo gli F35, nonché la presunta “necessità” della dismissione degli edifici militari, inutilizzati dall’eser-cito imperialista. Quest’ultima, secondo la Pinotti, andrebbe ad-dirittura accelerata, in quanto non ci sarebbe “nessun motivo per tenerli; perché, se la Dife-sa non li usa, costituiscono una spesa e un aggravio di responsa-

bilità”: in sostanza costituiscono solo spese, mentre la loro ven-dita consentirebbe lauti profit-ti all’esercito imperialista. Da senatrice ha votato a favore del rifinanziamento per le missioni militari all’estero nel 2011, di quella in Afghanistan nel 2009 e della partecipazione italiana alla missione di “osservatori milita-ri delle Nazioni Unite” in Siria nel 2012.

Sul tema del MUOS ha as-sunto la stessa posizione del governo Letta: è interesse di-retto dell’Italia la realizzazione dell’opera.

Accanita sostenitrice dell’esercito professionale cal-deggiato dalla P2, la Pinotti, punta prevalentemente a orga-nizzare un esercito più efficien-te e flessibile. Tale progetto, tra

l’altro, prevede il taglio del per-sonale civile e militare in “esu-bero”. In una recente intervista ha dichiarato “Il modello attua-le della Difesa è ancora fermo a 190 mila unità. Prevediamo con la revisione dello strumento mi-litare, di scendere entro il 2024 a 150 mila”. Un esercito imperia-lista più snello ed attrezzato che non abbia più il compito della difesa, in quanto “non esiste più il problema di difendere i con-fini territoriali”, ma quello del-le “alleanze internazionali” da sostenere, nello “scenario prin-cipale per l’Italia costituito dal Mediterraneo e dai Balcani”.

La folgorante carriera del-la Rambo in gonnella del PD ri-sponde alle necessià di favori-re gli interessi e il rinnovamento dell’esercito professionale della borghesia imperialista, dell’in-dustria bellica e degli alti vertici dell’esercito interventista.

dell’imperialismo italiano

maria elena BosChi, la Fedelissima di renzi Maria Elena Boschi (PD, fe-

delissima di Renzi) è nomina-ta Ministro delle riforme e dei rapporti con il Parlamento. Na-sce a Montevarchi (Arezzo) nel gennaio 1981. Figlia di una fa-miglia bianca nella Toscana ros-sa. Il padre che approda al PD, dopo un passato nella DC, è di-rigente della Coldiretti, diretto-re del consorzio del vino di San Giovanni e consigliere d’ammi-nistrazione di BancaEtruria. La madre, Stefania Agresti, è vi-cesindaco di Laterina (Arezzo), giunta di “centro-sinistra”.

La Boschi è uno dei più tipici prodotti della corsa renziana alla presidenza del consiglio, uno degli esempi più calzanti della

rapacità del gruppo dirigente le-gato al Berlusconi democristia-no.

I suoi principi politici e ide-ologici sono profondamente an-ticomunisti ed antioperai: “i co-munisti non esistono più”.

Sono Firenze, dove si laurea in giurisprudenza, e Arezzo gli scenari della sua rampante corsa al potere borghese, iniziata gra-zie agli appoggi e alle entratu-re familiari. A Firenze approda, immediatamente dopo la laurea, ad uno degli studi civilisti più noti della città, il Tombari Laro-ma e associati, insieme a Fran-cesco Bonifazi, altro fedelissi-mo di Renzi.

Alle primarie di Firenze del

2009 aveva appoggiato il dale-miano Michele Ventura, ex vi-cecapogruppo alla Camera. Con lei c’era anche Francesco Bo-nifazi, capo dello staff elettora-le di Ventura, oggi tesoriere del PD. Dopo la trombatura del suo candidato disinvoltamente passa alla corte di Renzi che la chia-ma quale consulente a Palazzo Vecchio per curare la piratesca privatizzazione dell’azienda di trasporto pubblico Ataf. Spet-ta a lei aggirare i “cavilli” lega-li, da Renzi ritenuti dei lacciuoli che impedivano una rapida pri-vatizzazione. La Boschi esegue

le indicazioni del suo padrone e rende operativa una delle più di-sinvolte e sciagurate operazioni di privatizzazione che i lavora-tori Ataf osteggeranno e com-batteranno con una mobilitazio-ne tuttora in corso.

La campionessa dell’impro-duttività pagata fior di quattrini pubblici si siede, nominata da Renzi, anche su una poltrona nel Consiglio di amministrazione di Publiacqua, la maggiore società idrica della Toscana, per 22 mila euro annui. Nel 2012 ha dichia-rato un reddito di 90.000 euro. Il 4 giugno del 2013 rassegna le

dimissioni proiettata verso ben altre poltrone.

Renzi le affida il compito di coordinatrice organizzativa del-la campagna per le iniziali pri-marie, quelle del 2012 contro Bersani. Le aveva definite “uno strumento democratico”, e tut-tavia non si perita di aggirarle facendosi inserire alle politiche 2013 nella lista per la Camera in 16esima posizione. Un posto blindato che le consentirà di es-sere eletta senza problemi.

In parlamento entra nella Commissione Affari costituzio-nali, come segretario. Alla Ca-mera viene incaricata del ruo-lo delicato di ambasciatrice dei renziani con le fazioni rivali e

diventa una delle principali arte-fici e sostenitrici della famigera-ta nuova legge elettorale l’Itali-cum, di cui discute direttamente con Verdini.

Dal dicembre 2013 è nella se-greteria del PD.

Con questo curriculum, la spregiudicata anticomunista e antipopolare arrivista Maria Ele-na Boschi si propone come brac-cio destro di Renzi e, ne siamo certi, darà il suo micidiale con-tributo reazionario al comple-tamento sul piano istituzionale dell’attuale seconda repubblica neofascista, presidenzialista e federalista, così come dettava il “Piano di rinascita democratica” e nello “Schema R” della P2.

alle “riForme”

N. 9 - 6 marzo 2014 governo renzi / il bolscevico 5AndreA OrlAndO,

il “gArAntistA” grAditO A BerluscOni che dOvrà sOttOmettere lA mAgistrAturA Al gOvernO

Nato a La Spezia 45 anni fa, il nuovo ministro della Giustizia ha cominciato la sua carriera po-litica a vent’anni, nel 1989, come segretario provinciale della Fgci, e appena un anno dopo promosso a consigliere comunale della sua città per il PCI. Con lo sciogli-mento di questo partito la sua car-riera è continuata a progredire nel PDS e nei DS di La Spezia, pas-sando da capogruppo consiliare, a segretario cittadino del partito, poi assessore comunale, membro della Segreteria regionale, fino ad approdare nel 2001 alla carica di segretario provinciale.

Nel 2003 fa il grande salto alla Direzione nazionale, chiamato da Piero Fassino a ricoprire la carica di viceresponsabile dell’organiz-zazione dei DS, e due anni dopo ne diviene il responsabile per gli Enti locali. Nel 2006 entra a far parte della Segreteria nazionale dei DS e si presenta alle elezioni politiche risultando eletto depu-tato per le liste dell’Ulivo nella X circoscrizione Liguria, carica elettiva che riconfermerà con le elezioni del 2008 nelle liste del PD, di cui diviene portavoce nel-la Segreteria nazionale di Veltro-

ni e in quella successiva di Fran-ceschini. Nel 2009, appena eletto alla Segreteria del PD, Bersani lo nomina responsabile per la Giu-stizia del partito: una carica che mantiene fino alla sua nomina a ministro dell’Ambiente nel go-verno Letta, e che gli varrà anche l’attuale nomina a ministro della Giustizia del governo Renzi.

Il suo nome per il ministero di via Arenula, infatti, che pure era già stato fatto tra i papabili, è stato avanzato da Renzi come scelta di riserva dopo che Napo-litano aveva bocciato recisamen-te quello del pm antimafia Nico-la Gratteri, con la motivazione che la “consuetudine” istituzio-nale escludeva che un magistra-to potesse ricoprire quella carica. Una motivazione del tutto falsa e pretestuosa, visto che non aveva battuto ciglio quando si trattò di firmare la nomina a Guardasigil-li dell’ex magistrato berlusconia-no Nitto Palma nel 2011. La veri-tà è che il rinnegato del Quirinale voleva assolutamente un ministro della Giustizia che fosse gradito anche a Berlusconi e che avesse quindi una fama di “garantista”: come appunto Orlando, la cui

scelta ha difatti subito approvato dopo aver prima respinto con de-cisione la proposta di Gratteri.

La fama di “garantista”, rife-rita espressamente a Berlusconi e ai suoi processi, Orlando se l’era guadagnata durante il periodo in cui è stato presidente del Forum Giustizia del PD, facendosi pro-motore di un progetto di “rifor-ma condivisa” della giustizia che andava incontro su molti punti a quella da sempre propugnata dal-la banda del delinquente di Arco-re. Un progetto in cinque punti che Orlando presentò nientemeno che sulle pagine de Il Foglio del 9 aprile 2010 diretto dal rinnega-to, agente della Cia e consiglie-re di Berlusconi, Giuliano Ferra-ra, il quale infatti lo pubblicò con grande enfasi in prima pagina sot-to l’eloquente titolo: “Caro Cav, il PD ti offre giustizia”.

Nell’articolo Orlando propo-neva all’allora PDL che gover-nava da due anni, di utilizzare i restanti tre anni di legislatura (quindi sempre sotto la sua ege-monia politica, ndr) per “tentare di riformare la giustizia italiana in modo il più possibile condiviso”, un argomento da affrontare “con

responsabilità e con misura” an-che da parte dell’opposizione, che “deve impegnarsi a offrire il pro-prio contributo”. Le proposte di Orlando concernevano “una veri-fica concreta dei giusti tempi del processo; una seria riflessione per la ridefinizione dell’obbligatorie-tà dell’azione penale; una riforma del sistema elettorale del Csm che diluisca il peso delle correnti del-la magistratura associata, raffor-zandone l’autorevolezza; la ne-cessaria distinzione dei ruoli tra magistrati dell’accusa e giudici, e un ragionamento sulla efficacia delle attuali azioni disciplinari nel mondo della magistratura”.

Occorre ricordare che proprio in quel periodo, dopo la boccia-tura del “Lodo Alfano” per mano della Corte costituzionale, il ne-oduce e i suoi gerarchi conduce-vano una battaglia furibonda per strapparlo ai suoi processi e sot-tomettere la magistratura e il Csm al governo, con una valanga di leggi ad personam e proposte ne-ofasciste come il “legittimo im-pedimento”, il “processo breve”, la legge bavaglio sulle intercet-tazioni, la separazione delle car-riere tra pm e giudici, l’abolizio-

ne dell’obbligatorietà dell’azione penale, la responsabilità civile dei giudici, l’assoggettamento del Csm al potere politico, e chi più ne ha più ne metta. Da qui l’estre-ma gravità delle proposte di Or-lando (dietro cui c’era evidente-mente tutto il PD della segreteria Bersani), e la gioia dei gerarchi berlusconiani, come ad esempio Alfano, che a tale proposito di-chiarò: “Ho letto con attenzione le proposte di Orlando e mi pare che rispondano ad uno sforzo ri-formatore che una parte del PD sta compiendo... presto chiame-rò il responsabile Giustiza del PD per confrontarci nel merito su al-cune proposte”.

E che non si trattasse di un’al-zata d’ingegno del solo respon-sabile piddino, ma di tutto il suo partito, lo confermò subito Enrico Letta, che in risposta alle accuse di inciucio lanciate da Antonio Di Pietro (“Ma perché Orlando non va a fare il consigliere giuridico di Berlusconi?”, disse l’allora le-ader dell’IDV), si affrettò a sotto-lineare: “Siamo credibili nei no-stri no a Berlusconi se mettiamo in campo proposte credibili ed equilibrate come quelle che han-

no elaborato Orlando e gli altri parlamentari che si occupano di giustizia per il PD”.

C’è da stupirsi, allora, se Na-politano e Renzi lo hanno inse-diato a via Arenula come degno successore di Alfano, Nitto Pal-ma, Severino e Cancellieri, e se Il Giornale della famiglia di Berlu-sconi ha proclamato che i soli due ministri di Renzi graditi al neodu-ce sono Andrea Orlando e la neo ministra dello Sviluppo econo-mico Federica Guidi? Ora si in-tuisce meglio su che cosa si sia-no accordati i due banditi Renzi e Berlusconi nei cinque minuti in cui sono rimasti a parlare da soli durante le consultazioni: giustizia e telecomunicazioni, ovvero due ministeri chiave per i problemi penali e l’impero mediatico del delinquente di Arcore.

Non a caso Renzi, che non aveva mai accennato prima alla “riforma della giustizia”, dopo quell’incontro a quattr’occhi col neoduce l’ha inserita guar-da caso in quelle urgenti, subi-to dopo quelle da fare “una al mese”. E il “giovane turco” Or-lando è l’uomo giusto al posto giusto per farla.

la berlusconiana Federica guidi, boss di confindustria e nemica dei lavoratori,

allo sviluppo economicoIl cruciale ministero dello Svi-

luppo Economico e con esso la sorte delle circa 160 vertenze aperte che rischiano di lasciare senza occupazione circa 120mila lavoratori, Renzi lo ha consegnato direttamente nelle mani della Con-findustria nominando la berlusco-niana Federica Guidi a capo del dicastero di Via Veneto.

Una nomina non condivisa in pieno da Napolitano che per quel-la poltrona aveva altri candidati. Infatti la Guidi nella corsa al di-castero ha battuto la concorrenza dell’amministratore delegato del-le Ferrovie Mauro Moretti, e ha di fatto preso il posto di Luca Corde-ro di Montezemolo, candidato del-la prima ora.

La sua ossessione per le libe-ralizzazioni selvagge e le strategie economiche adottate nelle azien-de di famiglia non lasciano ben sperare per il futuro dal momento che la maggior parte di loro han-no delocalizzato in Romania, dove il costo di produzione è più basso e tagliato selvaggemente i posti di lavoro in Italia.

Estimatrice di Marchionne “Ha avuto il merito di aver stigmatiz-zato il fatto che abbiamo regole vecchie. Oggi quei problemi ce l’hanno anche tante imprese pic-cole e medie”. Sui diritti delle la-voratrici e le tutele sindacali dice: “Servono a stigmatizzare le di-seguaglianze. Ma al primo posto c’è il merito... Non pretendo che i miei collaboratori lavorino 12 ore al giorno, come me. Ma non puoi fare affari con Cina, India, Brasi-le, se a volte non ti fermi la sera

in ufficio. Non sarebbe uno scan-dalo lavorare 42 ore alla settima-na e rinunciare a qualche giorno di ferie”.

Componente della Commissio-ne Trilateral, amica del suo col-lega alle Infrastrutture Maurizio Lupi, la rampolla del capitalismo italiano, è figlia del padrone del-la Ducati Energia Spa Guidalber-to, ex vicepresidente di Confindu-stria per un decennio. In Emilia, Guidalberto è considerato un re-cordman degli incarichi: tra so-cietà proprie come la Ducati Ener-gia, aziende di cui è liquidatore (ben 31 le società nelle quali è sta-to nominato commissario: l´intero gruppo Fochi, più una quantità di aziende meccaniche) e incarichi “politici” ha avuto un momento in cui ha superato abbondantemente quota 40 consigli di amministra-zione.

La Guidi tra l’altro non ha mai nascosto le sue simpatie per Berlusconi e i suoi governi, ami-ca benvoluta sia dall’attuale pre-sidente di Confindustria Giorgio Squinzi che dal suo predecessore Luca Cordero di Montezemolo, la Guidi era stata persino cercata da Berlusconi negli ultimi anni come “volto nuovo del Popolo della Li-bertà”; nel 2012 era circolata l’i-potesi di una sua candidatura alle primarie del centrodestra e più re-centemente Berlusconi le ha pro-posto un ruolo di primo piano alla vigilia del varo della nuova Forza Italia. Un’ammirazione reciproca con il neoduce di Arcore che per parte sua la Guidi ha avuto modo di rinnovare anche il 17 febbraio

scorso accettando l’invito a cena a casa di Berlusconi. Non a caso è stato proprio Berlusconi uno dei primi a chiamarla per le con-gratulazioni di rito e per manife-stare la sua grande soddisfazione: “Abbiamo un ministro pur essen-do all’opposizione”, avrebbe det-to trionfante ai suoi collaboratori il neoduce.

Nata a Modena il 19 maggio 1969. Laureata in Giurisprudenza, master in “Business Administra-tion” e analista finanziario per due anni in Rolo Finance La Guidi nel 1996 entra nell’azienda di fami-glia, la Ducati Energia, nata dalla separazione nel 1926 dalla Ducati Meccanica, di cui oggi è vicepre-sidente, che è nata dall’unione di Ducati Elettrotecnica con la divi-sione generatori di Zanussi Elet-tromeccanica. Dal 2002 al 2005, è stata Presidente regionale dei Gio-vani imprenditori dell’Emilia-Ro-magna e Vicepresidente degli im-prenditori della regione, poi nel 2008 subentra a Matteo Colaninno a presidente nazionale dei Giovani di Confindustria.

Oggi Ducati Energia, ha sette-cento dipendenti e un fatturato di 115 milioni di euro e un conflitto di interessi enorme se si pensa alle laute commesse con Poste, Ferro-vie e Terna per la fornitura di bi-glietterie automatiche, sistemi per la sicurezza ferroviaria, veicoli elettrici come un quadriciclo per Poste Italiane, biciclette a pedalata assistita, oltre ai condensatori im-piegati in campo elettrico ed elet-tronico.

Si tratta di una nomina condi-

zionata da un conflitto di interes-si che per certi versi è peggiore di quello berlusconiano. Infatti nel goffo tentativo di nasconderlo, la neo-ministra, appena nominata, si è dimessa da tutte le cariche nel-le aziende di famiglia. Dimissio-ni formali che certamente non la renderanno per miracolo impar-ziale quando, come responsabile dello Sviluppo Economico, si im-batterà in una di queste. Tra le al-tre cose la Ducati Energia produce le macchine per il rilascio di bi-glietti che sono usate dalla Ferro-vie. E sempre le Fs acquistano da lei i sistemi per gli impianti di se-gnalamento. Per non parlare del-le aziende del gruppo Guidi che operano nell’eolico, un settore che beneficia di enormi contribu-ti statali, o del caso più eclatante che riguarda la Polizia e le Poste, oltre a molti Comuni, che stanno acquistando un mezzo di traspor-to prodotto da Ducati Energia. Si tratta di “Free Duck”, che, come recita il sito dell’azienda presie-duta da Guidalberto Guidi, costi-tuisce un “innovativo quadriciclo elettrico leggero in grado di far fronte alle problematiche connes-se alla mobilità, nel pieno rispetto dell’ambiente”. Come si compor-terà la ministra Guidi se, ad esem-pio, Alfano decidesse di rinnovare il parco auto della Polizia di Sta-to acquistando i mezzi della Du-cati Energia?

E che dire dell’appalto bandi-to nel 2012 e vinto proprio dalla Guidi in qualità di vicepresidente con delega agli acquisti della Du-cati Energia per la fornitura alla

città di Firenze governata da Ren-zi del servizio di bike sharing? Un affare da 1,2 miliardi spesi per abbattere l’inquinamento nei co-muni con più di 35 mila abitanti a livello nazionale che ha porta-to a Firenze 50 biciclette elettri-che del valore di 1.200 euro l’u-na. Inoltre va detto che proprio mentre l’affare andava in porto alla presidenza dell’Associazio-ne dei comuni italiani era appena arrivato Graziano Delrio, attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio e firmatario del bando.

Infine il 23 settembre del 2013, durante i mondiali di ciclismo in città, a inaugurare la mostra “2 ruote per la città del futuro” c’e-ra proprio Guidalberto Guidi, sor-ridente proprio insieme al sinda-co Renzi. L’atto dirigenziale di chiusura dell’accordo è stato pub-blicato il 14 febbraio scorso, ese-cutivo dal 17 e prevede un piano triennale per 60 mila euro, su un totale di 120 in accordo con il mi-nistero dell’Ambiente che finiran-no nelle tasche della Ducati Ener-gia, quindi della famiglia Guidi.

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n. 16

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indirizzo postale:PMLI Via Antonio delPollaiolo, 172a50142FIrenze

6 il bolscevico / interni N. 9 - 6 marzo 2014

Alle elezioni regionali. Un elettore su due diserta le urne

VolA l’Astensionismo in sArdegnA

Il “centro-sinistra” batte il “centro-destra” ma il PD perde il 2,5% dei voti. SEL e PRC portatori d’acqua del PD. Frana Forza Italia

SENZA SOCIALISMO NON C’È AVVENIRE PER LA SARDEGNAIl 16 febbraio 2014, alle elezio-

ni regionali in Sardegna, l’asten-sionismo è volato in alto, molto in alto: quasi un elettore su due ha di-sertato completamente le urne.

È bene ricordare che la Sarde-gna, al contrario delle regioni me-ridionali e la Sicilia alle quali in genere viene associata, non è una regione dove l’astensionismo è stato storicamente e tradizional-mente molto forte. Ancora dieci anni fa, alle regionali, partecipa-ta alle urne oltre il 70% degli elet-tori.

L’astensionismo è dunque una scelta che l’elettorato sardo ha ponderato e maturato nel tempo. La Sardegna è una delle regioni più colpite dalla crisi economi-ca e finanziaria del capitalismo: è la regione dove la disoccupazio-ne sfiora il 20%, e la disoccupa-zione giovanile addirittura rasen-ta il 47%. E’ la regione degli 83 mila posti di lavoro persi negli ultimi cinque anni. Della deindu-strializzazione e della chiusura di fabbriche storiche come l’Alcoa, dell’emigrazione forzata di mano d’opera, delle alluvioni e degli scempi ambientali, nonché dello scandalo sui rimborsi spese che ha coinvolto trasversalmente tutti gli schieramenti politici e portato alla fine dell’anno scorso a 3 ar-resti e 64 consiglieri regionali de-nunciati per peculato, e persino al ritiro della candidatura di France-sca Barracciu, scelta alle primarie del PD come sfidante di Ugo Cap-pellacci e poi finita anche lei sotto accusa per 33 mila euro di rimbor-si chilometrici.

L’elettorato sardo che si è aste-nuto così massicciamente ha vo-luto mandare un segnale chiaro e

forte che sfiducia i partiti del re-gime e delegittima il governo re-gionale.

È notizia della vigilia elettorale che gli operai dell’Alcoa durante un sit-in di protesta a Cagliari con-tro la chiusura della loro fabbrica, hanno lanciato uova sui cartello-ni elettorali che riportavano le im-magini dei candidati a governatore davanti al palazzo della Regione Sardegna al grido “Restituiamo le schede per il voto”. Mentre nel co-mune alluvionato di Uras, in pro-vincia di Oristano, si è recato alle urne solo il 33% degli aventi di-ritto.

In tutta la regione, il 47,7%, pari a oltre 700 mila elettori su 1.480.332 che ne avevano diritto, non si sono nemmeno recati alle urne, altre migliaia hanno vota-to scheda nulla e bianca, dei quali purtroppo non abbiamo dati com-pleti e definitivi. Mancano, infatti, a distanza ormai di 10 giorni, an-cora 8 sezioni regionali e 12 circo-scrizionali allo spoglio ufficiale. Ciò ci impedisce anche di elabo-rare e pubblicare la nostra tradi-zionale tabella con i voti ai singo-li partiti calcolati non solo sui soli voti validi, ma sull’intero corpo elettorale.

Rispetto alle regionali del 2009, l’incremento della diserzione alle urne è del 15,3%. Il 16% in più ri-spetto alle politiche del 2013. E’ particolarmente significativo che le province dove l’astensionismo è più alto, superando addirittura il 50% di diserzione, sono le Me-dio Campidano (53,1%), e Carbo-nia Iglesias (51,2%) polo chimico ed epicentro della crisi industriale che attanaglia la regione, entram-be tradizionali basi elettorali del

“centro-sinistra”.Un dato che conferma quan-

to l’astensionismo sia alimentato in particolare dall’elettorato di si-nistra deluso e sfiduciato dai pro-pri partiti tradizionali. E ciò nono-stante pesasse su questo elettorato anche il ricatto di battere il “cen-tro-destra” e mandare a casa il go-vernatore uscente Cappellacci.

Rispetto alle politiche 2013, dove addirittura si era piazzato al primo posto dopo l’astensionismo, il Movimento 5 stelle era assente dalla competizione e non ha così potuto esercitare la propria fun-zione di drenaggio dell’astensio-nismo. Ciononostante l’offerta dei cosiddetti “volti nuovi” era assai ricca, a cominciare da quello della scrittrice Michela Murgia e della sua lista indipendentista Sardegna Possibile che i sondaggi accredita-vano alla vigilia del voto addirittu-ra al 20-25% e che invece, per ef-fetto della soglia di sbarramento al 10%, resta fuori dal consiglio.

La Murgia al contrario di quan-to auspicava, non è riuscita a fare il pieno dei voti grillini. Secon-do uno studio dell’Istituto Catta-neo sui risultati elettorali in Sarde-gna, seppur riferito ai soli comuni di Cagliari e Sassari, rileva che il 60% degli elettori che avevano votato M5S alle politiche 2013, quest’anno, alle regionali, ha de-ciso di disertare le urne. Men-tre quegli elettori del M5S che si sono recati alle urne lo hanno fatto prevalentemente per votare liste di “centro-destra”.

Sempre secondo questo stu-dio il 50% dell’astensionismo vie-ne dagli stessi elettori astensioni-sti alle politiche 2013. Il 27%, un quarto, dal M5S.

Puniti Pd e Forza italia

Il “centro-sinistra” del neoelet-to Francesco Pigliaru batte il “cen-tro-destra” del governatore uscen-te, il berlusconiano di ferro Ugo Cappellacci. Ma sono completa-mente fuori misura le dichiarazio-ni trionfalistiche dei fedelissimi di Matteo Renzi e di Renzi stesso. La verità è che il PD perde il 2,5% sui voti validi rispetto alle politiche del 2013 e il 2% rispetto alle re-gionali. In termini di voti assoluti il calo risulta ancora più netto poi-ché il PD perde oltre un quarto del proprio elettorato rispetto alle re-gionali 2009.

Pigliaru è stato eletto governa-tore della regione con circa 300 mila voti, (il 42,5% dei voti va-lidi, ma poco più del 20% sugli elettori). Nel 2009 il candidato del “centro-sinistra” Renato Soru, che perse il confronto con Ugo Cap-

pellacci, di voti ne prese 415.600.Pigliaru riesce a battere Cap-

pellacci solo grazie al soccorso di Sel (5,2% dei voti validi) e la lista comune PRC-PdCI (2,1%), nonché ai voti della lista Rosso-mori, al 2,6%, la lista autonomista che ha abbandonato il Partito sar-do d’Azione nel 2009 da quando cioè questo partito è entrato nello schieramento del “centro-destra”.

Sempre secondo un’analisi dell’Istituto Cattaneo, fra l’altro, Sel, PRC e PdCI hanno evidente-mente pagato il sostegno al PD con un calo di consensi dell’11,8% ri-spetto al 2009 e del 22,3% rispetto alle politiche 2013 (che equival-gono a 14 mila elettori).

Anche il “centro-destra” paga pesantemente lo scandaloso go-verno degli ultimi cinque anni. Cappellacci quasi dimezza i suoi consensi rispetto al 2009. Il suo partito, Forza Italia, attestato al 18,5% dei voti validi, è al suo mi-nimo storico, calando del 2,4% ri-

spetto al 2013 e del 12,5% rispetto alle regionali 2009.

Cappellacci è stato mandato a casa, ma la musica non cambierà in Sardegna.

Tanto più che le prime dichiara-zioni di Pigliaru sono state di piena sintonia col Berlusconi democri-stiano Renzi: “Avere Matteo Renzi a Palazzo Chigi sarà uno sprint in più perché Renzi è una persona se-ria e capace”. La verità è che, come l’esperienza del governo Soru di-mostra, il governo di “centro-si-nistra” non potrà fare a meno che proseguire la politica della giunta precedente, in sintonia con la poli-tica antioperaia e antipopolare del governo borghese centrale.

Senza socialismo non c’è e non ci sarà mai avvenire per la Sarde-gna che ha un grande bisogno e il pieno di diritto di riscattarsi dal sottosviluppo, dalla disoccupa-zione e dalla miseria a cui l’ha da sempre condannata il sistema ca-pitalistico e i suoi governi.

Elezioni regionali in Sardegna del 16 febbraio 2014DISERZIONE DELLE URNE PROVINCIA PER PROVINCIA

Provincia DISERZIONE 2014 DISERZIONE 2009

DISERZIONE DIFFERENZA

2014/2009Cagliari 48,6 32,4 16,2Nuoro 42,9 30,5 12,5

Oristano 50,3 34,3 16,0Sassari 44,8 30,8 13,9Medio Campidano 53,1 35,0 18,0Carbonia Iglesias 51,2 35,5 15,7Ogliastra 44,3 33,0 11,3Olbia Tempio 47,7 31,2 16,6SARDEGNA 47,7 32,4 15,3

denUnciAti dAl docUmento dUe

Brogli dei seguaci della camusso al congresso cgil in campania

Anche in Toscana la Rete 28 Aprile chiede di poter controllare i verbali di molte assembleeTira una brutta aria alla Cgil

campana. Oramai non ci sono solo sospetti. I dati di molte assemblee sono talmente poco credibili che i rappresentanti del documento con-gressuale numero due hanno indet-to una conferenza stampa nei locali della Camera del Lavoro di Napoli dove hanno accusato di brogli i so-stenitori della Camusso. Le accuse non riguardano qualche caso isolato ma praticamente tutte le assemblee dove non è stato possibile avere dei delegati del documento alternativo a controllare l’affluenza e lo spoglio delle schede. In questi casi i votanti raggiungono quasi sempre il 100% degli aventi diritto e tutti voti per la

Camusso, una discrepanza abissale con le altre, dove non si supera mai il 20% e alcune volte vanno com-pletamente deserte e comunque sia “il sindacato è un altra cosa” prende intorno al 10%.

I sospetti maggiori ricadono sul-lo Spi, il sindacato dei pensionati. In certi casi non sono state fatte nean-che le assemblee e gli iscritti hanno messo la scheda nell’urna senza sa-pere neanche cosa avevano votato, sempre ammesso che tutte le sche-de siano state compilate da pensio-nati e non da funzionari della Cgil sostenitori della Camusso. Ci sono anche casi eclatanti come quello avvenuto a Caivano, in provincia di

Napoli, dove il padre pensionato di un delegato della mozione due ha votato per il documento alternativo ma poi nel verbale del congresso lo-cale dello Spi non risulta aver preso neanche una preferenza.

Anche nei luoghi di lavoro non si scherza. All’ospedale Cardarelli del capoluogo partenopeo durante le votazioni c’è stato il “miracolo-so” raddoppio degli iscritti. In mol-te fabbriche della regione i seggi sono rimasti aperti giorni e giorni, specialmente dove ci sono i turni, oppure nella logistica dove i lavo-ratori sono sempre fuori sede. Qui non c’è stato alcun controllo e guar-da caso il documento della segre-

teria ha preso maggioranze strato-sferiche. Anzi, quando qualcuno ha provato ad avvicinarsi alle urne per controllare è stato malamente al-lontanato. Nella conferenza stampa è stato annunciato il ritiro dei rap-presentanti della mozione due dal-la commissione di garanzia perché questa decide a maggioranza e sen-za dover motivare l’esito, così ogni tentativo di oppugnare i risultati è vano.

Ma non si deve pensare che que-sta situazione sia circoscritta alla Campania anzi. Sospetti di brogli, in molti casi certezze, ci sono in tutta Italia e non è neanche la pri-ma volta che succede. In Lombar-

dia ci sono stati molti ricorsi e così anche in Toscana. Nella provincia di Pisa un nostro compagno ave-va già denunciato sospetti su alcu-ni congressi di base dalle pagine del Bolscevico. Sospetti certamente non campati per aria se i sostenitori del documento di Cremaschi hanno ritenuto di inoltrare richiesta di ve-rifica dei verbali di svariate assem-blee. Ma anche in questo caso è sta-to risposto di no, con tono arrogante e intimidatorio.

Questa vicenda rientra a tut-ti gli effetti nella questione della rappresentanza e della democra-zia nel sindacato e nelle fabbriche che si protrae da tempo e scop-

piata in tutta la sua drammaticità proprio alla vigilia del 17° con-gresso della Cgil. L’accordo ca-pestro sulla rappresentanza, la ri-chiesta di espulsione di Landini da parte della Camusso, l’aggres-sione a Cremaschi all’attivo re-gionale lombardo Cgil a Milano dimostrano che i dirigenti sinda-cali non hanno alcuna intenzione di tollerare il dissenso, allargare la democrazia e la partecipazio-ne bensì restringerli, allineando-si alla strategia antidemocratica e antioperaia di attacco finale ai di-ritti dei lavoratori portata avanti dai governi e da Confindustria in questi anni.

N. 9 - 6 marzo 2014 interni / il bolscevico 7Grave norma anticostituzionale deliberata di soppiatto dal governo Letta-Alfano

SoppreSSi i tAbeLLoni eLettorALi per i pArtiti

che non preSentAno LiSteIl PMlI RIcoRReRà alla MagIstRatuRa affInché sIa RIconoscIuta

l’IncostItuzIonalItà dell’atto noRMatIvoIl 1 gennaio 2014 è entrata in

vigore la cosiddetta legge di sta-bilità ovvero quella che in passa-to si chiamava legge finanziaria, più precisamente la legge 27 di-cembre 2013 n.147 che riguarda le “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”. Si tratta di una leg-ge che scarica i costi della crisi del capitalismo sulle masse popolari e lavoratrici italiane con ulteriori micidiali tagli.

Nascosti tra le pieghe di tale fa-migerata legge compaiono in par-ticolare quattro commi, dal 398 al 401, che modificano notevol-mente le procedure in occasione delle elezioni siano esse europee, politiche, regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e per gli stessi referendum, restringen-do i diritti degli elettori sotto vari aspetti.

Misure fasciste introdotte di

soppiattoUna questione molto grave è

l’abolizione dei tabelloni per l’af-fissione dei manifesti elettorali da parte dei partiti che non presenta-no liste di candidati e più in gene-rale di tutti coloro che non parte-cipano direttamente alle elezioni. L’elettorato avrà perciò minore possibilità di venire a conoscenza della propaganda elettorale asten-sionista tattica del PMLI tramite manifesti.

Pretesto e alibi per la cancel-lazione o comunque la riduzio-ne delle prerogative degli elettori, è la decisione di diminuire in via permanente a decorrere dal 2014 di 100 milioni di euro il “Fondo da ripartire per fronteggiare le spese derivanti dalle elezioni”, gesti-to dal Ministero dell’economia e delle finanze e di cui usufruiscono tramite rimborsi i comuni.

Lo stesso pretesto col quale verranno soppresse le province e il “bicameralismo perfetto” e ridotto il numero dei parlamentari secon-do il progetto della P2. Meno spazi e diritti politici ed elettorali per le

masse, più potere alla classe domi-nante borghese e ai suoi governi e partiti. La conferma che la demo-crazia borghese è una democrazia a senso unico, dove a spadroneg-giare sono i partiti della borghe-sia mentre al proletariato e al suo partito si nega qualsiasi spazio. E la conferma che siamo in pieno re-gime neofascista, dove anche dal punto di vista formale oltreché sostanziale sono cancellati i resi-dui spazi democratici agli oppo-sitori di classe. Precedentemente all’adozione della nuova normati-va voluta dal governo Letta-Alfa-no, approvata sia alla camera che al senato con il voto decisivo del PD di Renzi e promulgata dal nuo-vo Vittorio Emanuele III, Giorgio Napolitano, vigevano le “Norme per la disciplina della propagan-da elettorale” della Legge 4 aprile 1956 n. 212, ora in parte abrogate, in base alle quali, riguardo al dirit-to di affissione gratuita a propria cura di manifesti sui tabelloni elet-torali, c’era una formale parità sui tabelloni tra i partiti che partecipa-vano alla competizione elettorale e quelli invece che non presenta-vano proprie liste.

Mentre il primo comma dell’art. 1 di tale legge tratta dei partiti o gruppi politici partecipanti con candidati alle elezioni, il secondo comma soppresso affermava che “L’affissione di stampati, giornali murali od altri e manifesti, inerenti direttamente o indirettamente alla campagna elettorale, o comunque diretti a determinare la scelta elet-torale, da parte di chiunque non partecipi alla competizione eletto-rale ai sensi del comma preceden-te, è consentita soltanto in apposi-ti spazi, di numero uguale a quelli riservati ai partiti o gruppi politi-ci o candidati che partecipino alla competizione elettorale”.

calpestato l’art. 21 della costituzione Questa scelta del legislatore

teneva conto del fatto che dove-va essere rispettato l’art. 21 primo comma della Costituzione il quale afferma che “Tutti hanno diritto di

manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. La Corte costituzionale (senten-za n.48/1964) sottolineò che tali norme “tendono a porre tutti in condizione di parità: ad assicura-re, cioè, che in uno dei momenti essenziali per lo svolgimento del-la vita democratica, questa non sia di fatto ostacolata da situazioni economiche di svantaggio o poli-tiche di minoranza”. Ed è esatta-mente questo il punto, che fine fa

il diritto democratico di affissione elettorale dei partiti, associazioni, organismi vari e “di chiunque non partecipi alla competizione elet-torale” una volta abrogata la nor-ma che lo tutelava “in condizioni di parità” e senza discriminazioni legate “a situazioni economiche di svantaggio”?

Se ovviamente non si può sup-porre, ci mancherebbe altro, che automaticamente tale diritto ven-ga interamente cancellato e dal momento che la stessa Corte co-stituzionale (sentenza n. 1/1956) conferma che “le affissioni non possono farsi fuori dai luoghi de-stinati dall’autorità competente” e quindi non altrove, l’unica pos-sibilità rimane quella, sia pure non esplicitata dalla nuova nor-mativa, di ricorre al servizio del-le pubbliche affissioni organizzato dall’amministrazione comunale. Già ma tale servizio comporta il pagamento dei relativi diritti ed è quindi pesantemente oneroso e non gratuito e perciò non sussi-stono né le “condizioni di parità” né quelle che impediscono che vi siano “situazioni economiche di svantaggio” rispetto ai partiti che si presentano con candidati alle elezioni. Non solo, ma una fonda-mentale manifestazione democra-tica del “proprio pensiero” su un tema rilevante come quello elet-torale attraverso manifesti finisce mescolata e in concorrenza per gli spazi con i manifesti della pubbli-cità commerciale.

Mentre sempre la Corte costi-tuzionale (sentenza n. 48/1964) rilevava che la legge del 1956 sulla propaganda elettorale “pre-scrive in genere, tutte le modalità di applicazione della disposta di-sciplina, senza lasciare alla Giun-ta comunale il minimo potere di-screzionale. E ciò è a dirsi anche per la concreta assegnazione degli spazi, giacché questa avviene (…) per quanto riguarda gli altri sog-getti che non partecipano diretta-mente alla campagna elettorale, in base a semplice domanda, che non ha altra funzione che quella di ren-der noto il proposito di procedere all’affissione e che determina ipso iure l’obbligo dell’Amministra-zione di assegnare gli spazi secon-do modalità anch’esse rigidamen-te stabilite dalla legge”. Nel caso delle pubbliche affissioni, in base all’esperienza concreta per l’affis-sione di manifesti non elettorali, ci si trova notoriamente a subire il “potere discrezionale” dell’ufficio preposto che mercanteggia sul nu-mero dei manifesti che afferma sia possibile affiggere e sul periodo in cui possono stare affissi.

il pMLi ricorrerà per manifesta

anticostituzionalità Inoltre mentre sui tabelloni

elettorali gratuiti si possono af-figgere dei nuovi manifesti al po-sto di quelli deteriorati o coperti

da altri, con le pubbliche affissio-ni di fatto ciò non è possibile se non sobbarcandosi ulteriori gravo-se spese di affissione. Inoltre non è detto che le pubbliche affissio-ni, in base al comportamento fin qui seguito, accettino di affigge-re i manifesti elettorali di chi non presenta liste.

Appare evidente che per tutti questi motivi si conferma l’antide-mocraticità della norma in questio-ne. In particolare per il trattamen-to disomogeneo dei vari soggetti coinvolti che determina disparità tra coloro che presentano liste di candidati alle elezioni e chi non intende farlo ma vuole comun-que esprimere il proprio pensie-ro al riguardo ed effettuare al pari dei partiti parlamentari la relativa propaganda tramite l’affissione di manifesti a propria cura e senza al-cun onere economico correlato.

Ne deriva pertanto un insa-nabile contrasto rispetto al detta-to costituzionale dell’art. 21, pa-lesemente violato, e non risulta “manifestamente infondata”, anzi il contrario, la tesi del PMLI del-la illegittimità costituzionale del-la norma stessa, illegittimità che verrà fatta valere attraverso la pre-scritta procedura giudiziaria me-diante il ricorso alla magistratura ordinaria affinché emerga l’inco-stituzionalità della norma stessa e il giudice, tramite apposito ricorso, chieda alla Corte costituzionale di pronunciarsi in merito all’abroga-zione della norma incriminata.

il sindaco M5S di pomezia fa sgomberare con la forza una scuola occupata

Il sindaco M5S di Pomezia, Fabio Fucci ha ordinato lo scor-so 19 febbraio la violenta e for-sennata incursione dei poliziotti nella scuola “‘Trilussa” occupa-ta da alcune decine di lavoratrici che stavano protestando per la riduzione dell’orario di lavoro e dello stipendio, nell’ambito di una vertenza nata per difen-dere ben 25.000 posti di lavo-ro a rischio in tutta Italia e che riguarda tutto il settore delle pulizie nelle scuole. Una ver-tenza che nasce dal fatto che il governo Letta-Alfano aveva deciso di non rinnovare il con-tratto alle ditte esterne ai lavori di pulizia nelle scuole, banden-do una gara di appalto che può comportare il taglio fino al 40% del già magro stipendio. Ma po-trebbe andare peggio - con la perdita del posto di lavoro - se si tornasse al vecchio sistema, quando i bidelli, oltre a svolgere un lavoro d’ufficio, provvedeva-no anche alla pulizia dei banchi

e delle aule. Si tratta quindi di 25.000 lavoratori che devono sottostare a uno dei tanti ricatti ai quali ormai le masse lavoratri-ci sono abituate da tempo.

Nonostante la lotta abbia quindi una ragione di dram-matica sopravvivenza, l’occu-pazione della scuola ha avuto termine, su ordine del sindaco del Movimento 5 Stelle, con il brutale intervento del reparto Celere della polizia di Stato e di un battaglione dei carabinieri di Roma.

Drammatiche sono le testi-monianze sia delle lavoratri-ci in lotta sia dei residenti che hanno assistito allo sgombero. Serena, una lavoratrice di 56 anni testimonia dell’arrivo alle 7 di mattina dei pubblici ufficiali che hanno spaccato il cancello e sono entrati come delle furie, rincorrendo le lavoratrici che

per paura sono scappate tutte sul tetto dove sono state inse-guite e raggiunte. Un poliziotto, continua la donna, l’ha sbattuta a terra, una sua collega è stata presa per il collo e sbattuta con-tro il muro, poi è stata ricovera-ta al Pronto soccorso. Un’altra, mentre la stavano trascinando, ha sbattuto la testa ed è svenu-ta, tanto da rendere necessario l’intervento di un’ambulanza. Le donne sono state tutte identifi-cate e ora temono anche proce-dimenti penali nei loro confronti, dal momento che il sindaco ha già annunciato che procederà a sporgere una denuncia penale contro le lavoratrici occupanti. Per Fucci, che aveva richiesto espressamente l’intervento di polizia e carabinieri, l’episodio è una normale azione di pubblica sicurezza e ritiene che non sia successo niente di rilevante.

Non la pensa così Francesca Gentili, segretario generale della Filcams Cgil di Pomezia, che - sollecitando spiegazioni dal sin-daco sull’accaduto - non è sta-ta neppure ricevuta. Sul fatto è intervenuto anche il segretario generale della Filcams Cgil di Roma e del Lazio Vittorio Pez-zotti che parla di gravissimo ed inqualificabile atto di violenza.

Non merita ulteriori com-menti ma solo disprezzo sia l’operato da vero e proprio ne-opodestà giustiziere M5S Fucci sia il vero e proprio blitz delle “forze dell’ordine” che suonano come un pesante avvertimento ai lavoratori in lotta a piegare la testa, ma che in realtà devono forgiare ancora di più gli animi delle lavoratrici e dei lavoratori che ormai, come hanno scritto Marx e Engels 166 anni fa nel Manifesto, “non hanno nulla da perdere, all’infuori delle loro catene. Essi hanno un mondo da guadagnare”.

Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHIe-mail [email protected] Internet http://www.pmli.itRedazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di FirenzeEditore: PMLI

ISSN: 0392-3886 Associato all’USPIUnione StampaPeriodica Italiana

chiuso il 26/2/2014ore 16,00

violenze della polizia sulle lavoratrici

Milano. Affissione astensionista del PMLI sui tabelloni dei fiancheggia-tori. Con questa grave norma viene impedito al PMLI di far conoscere le proprie posizini sulle elezioni bor-ghesi

8 il bolscevico / interni N. 9 - 6 marzo 2014

Mobilitazioni in 40 città

IL POPOLO NO TAV SOLIDARIZZA IN PIAZZA COGLI ARRESTATI E RESPINGE L’ACCUSA DI TERRORISMOCombattivo presidio davanti al cantiere in Valsusa. Partecipata manifestazione a Torino. Presenti i marxisti-leninisti a NapoliLa giornata di mobilitazione

del movimento NO TAV del 22 febbraio scorso era in program-ma da tempo, in solidarietà con i 4 attivisti in carcere dal 9 dicem-bre scorso arrestati con l’accusa di “terrorismo”, per l’assalto al can-tiere di Chiomonte, dove fu dato fuoco a un compressore. A questo si è aggiunta la necessità di dare una risposta di massa per traccia-re una netta linea di demarcazio-ne colla farneticante provocazio-ne dei sedicenti “Noa”, acronico dei “Nuclei operativi armati” di cui parliamo in altro articolo. E quello che si è visto nelle piazze, in Valsusa, a Torino e in una qua-rantina di città italiane è la miglior risposta a chi, sapendo di pesca-re nel torbido, vuole assimilare il movimento popolare NO TAV al terrorismo.

Ancora una volta è il popo-lo della Valsusa, che si definisce “la valle che resiste” e che da oltre vent’anni si sta opponen-do al progetto dell’Alta Veloci-tà con tutte le sue forze, a essere

protagonista. Circa 3 mila mani-festanti hanno sfilato in un co-lorato corteo dalla stazione fer-roviaria di Chiomonte fino alla centrale idroelettrica dove ini-ziano le reti invalicabili del can-tiere TAV presidiato da centina-ia di poliziotti e carabinieri. Il serpentone, chiassoso e colora-to, dove erano presenti tutte le anime del movimento, intere fa-

miglie, associazioni, militanti e amministratori locali, ha per l’ennesima volta portato la pro-testa davanti al cantiere con slo-gan, canti partigiani, musica.

Uno striscione con la scritta “NO TAV liberi”, è stato fatto vo-lare all’interno del cantiere appeso ad un grappolo di palloncini ros-si. “Questa è una giornata di parte-cipazione popolare straordinaria –

ha detto Nicoletta Dosio esponente storico della lotta contro la TAV – perché il movimento NO TAV, per l’ennesima volta, risponde alle ri-dicole accuse di terrorismo mani-festando la propria vicinanza a chi è accusato ingiustamente. Oggi non è in pericolo solo la libertà di chi si oppone al volere dei poteri forti, oggi è in pericolo la libertà anche di chi solo dissente”. Dello

stesso tenore l’intervento di Alber-to Perino: “La lotta contro il TAV è popolare e non violenta. Difen-diamo la nostra terra. Purtroppo le forme di dissenso non vengono accettate: chi dissente viene consi-derato terrorista”.

In contemporanea si muove-va da piazza Castello a Torino un corteo a cui hanno partecipato al-cune migliaia di manifestanti. Ad aprire il corteo uno striscione con la scritta “Chiara, Claudio, Mattia, Niccolò libertà per tutti e tutte”.

Un corteo ha attraversato an-che le vie di Milano. Lo striscio-ne che lo apriva recava la scritta “Terrorista è chi devasta e sac-cheggia il territorio”. Alcuni ma-nifestanti innalzavano cartelli con la scritta “Dissento ma non sono un terrorista”. Sono stati lanciati slogan contro l’Expo, il cemento e la ’ndrangheta.

In coda al corteo era presente anche un gruppo di famiglie ac-compagnate da bambini del mo-

vimento No Canal che si oppone alla creazione delle vie d’acqua in alcune zone di Milano per l’Expo 2015.

Presidi, manifestazioni cortei si sono svolti un po’ in tutta la pe-nisola. Al Nord come al Sud. Da Ivrea a Trento e Trieste. Ad Adria si è svolta la manifestazione di tutti i comitati contro l’autostrada Ortre-Mestre (NoOrMe). A Geno-va si è svolto un presidio NOTAV Terzo valico. E poi manifestazio-ne a Bologna, corteo a Ravenna. A Pisa manifestazione contro cri-si povertà e sfratti. A Roma in so-lidarietà contro la repressione dei NOTAV a essere protagonista è stato il Movimento di lotta per la casa, mentre a Napoli sono stati i precari “Bros” presenti i marxi-sti-leninisti che hanno espresso la loro solidarietà ai precari. Presidi anche a Bari e Barletta. A Calta-nissetta si è svolto un corteo NO MUOS contro la repressione e le lotte.

Manifestano a Roma artigiani, commercianti e piccoli imprenditoriLa devastante crisi economica

e finanziaria capitalistica che le masse popolari italiane stanno vi-vendo sulle proprie spalle allarga le sue nefaste conseguenze an-che sulle fasce della piccola bor-ghesia, nei settori delle piccole e medie aziende, dei commercianti e degli artigiani. Sono proprio questi che in più occasioni, come “popolo delle partite Iva” o insie-me al “movimento dei forconi” hanno fatto sentire la loro voce. Il 18 febbraio sono scesi decisa-mente in piazza in 60 mila, e forse più, per chiedere al nuovo presi-dente del consiglio, che di lì a po-che ore sarebbe stato nominato e poi confermato, il Berlusconi democristiano Matteo Renzi, di tagliare il peso delle tasse, favo-rire l’accesso al credito, ridurre il peso della burocrazia e rilanciare investimenti e consumi.

Imprenditori, commercianti, artigiani e dipendenti di ogni tipo di aziende micro, piccole e medie,

titolari di piccole attività balneari e guide turistiche, sono arrivati a Roma da tutta Italia, soprattutto dal Nord, per partecipare alla ma-nifestazione che gli organizzatori di Rete Imprese Italia, che rag-gruppa le 5 maggiori associazio-ni di settore: Cassartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti, hanno definito “un evento storico”.

Un corteo rumoroso e colora-to con striscioni e scritte contro i politicanti e le istituzioni borghe-si, migliaia le bandiere con i colori delle varie associazioni, i fischietti e i tamburi. Molti agitavano sco-pe tricolori “per spazzare via le tasse”, altri si sono presentati con ombrelloni da spiaggia, in rappre-sentanza “delle 30 mila imprese del litorale italiano che occupano oltre 100 mila addetti”, protesta-no per “una errata interpretazione della direttiva Bolkestein che an-novera tra i servizi le concessioni demaniali delle spiagge”. Tanti

gli striscioni esposti nella piazza, alcuni srotolati dalle scalinate del Pincio: “Qui oggi per non chiude-re sempre”, ma anche “Dittatori” e “Siamo alla der... Iva”. Moltis-

simi i manifestanti arrivati dalle zone terremotate e alluvionate dell’Emilia che ripetono “Ci avete lasciato soli ma siamo noi a por-tare avanti tutto”.

Nel tunnel della crisi qualcuno dei piccoli commercianti è diven-tato un punto di riferimento per le famiglie più povere, o per i pen-sionati sociali, come racconta il proprietario di tre supermercati marchigiani arrivato a Roma in uno dei 40 pullman provenienti da Fermo: “la situazione è talmente grave che noi ci sostituiamo allo Stato anche nel welfare, facendo credito alla marea di pensiona-ti che non arrivano a fine mese. Eppure allo Stato abbiamo do-vuto pagare le tasse anticipate al 100%. Viviamo nella marginalità e la nostra è diventata una guerra tra poveri”.

I dati forniti dalla Rete impre-se Italia sono impressionanti: “La ricchezza prodotta è diminuita del 9%, quella pro capite dell’11,1%, il valore aggiunto dell’industria ridotto del 19,5%, il potere d’ac-quisto delle famiglie diminuito del 9,4%, la spesa familiare ridotta del 7,9%, la disoccupazione rad-

doppiata, quella giovanile oltre il 40%, mille al giorno le imprese che dall’inizio della crisi hanno cessato l’attività”. Nel 2013 sono state 372.000 le imprese che hanno chiuso, per la crisi eco-nomica e per “l’incapacità poli-tica ed istituzionale di affrontare la situazione” gridano dal palco i rappresentanti degli organizza-tori. E ancora: “Oggi qualcosa è cambiato, la politica non può fare finta di niente. Se non avremo risposte ci riproveremo ancora e saremo più numerosi e più deter-minati”.

Siamo più che solidali a questa lotta che, come da loro detto, non deve indirizzarsi verso una guerra fra poveri ma unire la propria voce a quella degli operai, disoccupati, precari, pensionati, giovani e don-ne e lottare contro i veri respon-sabili della crisi e le loro istituzioni, oggi rappresentate dal governo del Berlusconi democristiano, Matteo Renzi.

I NO TAV denunciano le “deliranti follie terroristiche”Attribuita la paternità del documento a “poteri oscuri”

“Abbiamo più volte ribadito che il DNA del Movimento NO TAV è quello di essere un mo-vimento popolare, di massa e pronto a praticare, a viso aperto, le necessarie forme di disobbe-dienza civile ma senza alcuno spazio per la violenza contro le persone”. Con un comunicato netto e che non lasciava adito a dubbi, il Movimento NO TAV prendeva le distanze da un co-municato dei sedicenti Noa, acronimo dei “Nuclei operativi armati” che recapitavano un pli-co all’Ansa di Torino.

Questo farneticante comu-nicato incita deliberatamente alla lotta armata con tanto di condanne a morte “immediata-mente esecutive” e “da eseguirsi senza ulteriori comunicazioni” contro quattro persone schiera-te, a vario titolo, a favore della realizzazione del tunnel ferrovia-rio. Nelle tre pagine del comuni-cato i sedicenti Noa parlano di

superamento definitivo della sta-gione di “lotta pacifica” contro i lavori della tratta Torino-Lione, definita come “stagione delle rivendicazioni che piacciono al sistema”, incapace di contrasta-re “il governo dei padroni, il PD e i giornali capitalisti” che hanno colpito i protagonisti della prote-sta “sia sul piano economico, sia su quello della privazione della libertà personale”. Tanto è che i Noa annunciano di essere pas-sati alla “fase operativa” e cioè alla lotta armata per “colpire i re-sponsabili della repressione con la stessa durezza con la quale vengono colpiti i nostri compa-gni”. Gli obiettivi “sensibili” che il sedicente gruppo vorrebbe colpire ruotano attorno a quat-tro nomi: il dirigente della polizia e attuale senatore PD, Stefano Esposito, Massimo Numa, gior-nalista de La Stampa, il quoti-diano della famiglia Agnelli, e i magistrati torinesi che indagano

sui NO TAV, Antonio Rainaudo e Andrea Padalino.

Alberto Perino, leader stori-co del movimento contro l’Alta velocità, respinge ogni accosta-mento tra NO TAV e minacce: “In vent’anni di protesta non c’è nemmeno una riga nella quale il movimento abbia giustificato la violenza contro le persone: que-ste minacce sono scritte da una mano diversa – continua Perino – da qualcuno che vuol fare del male al movimento”.

Molto fermo il comunicato dei valsusini in lotta: “Questa è la sto-ria della nostra lotta ventennale, del nostro presente e del nostro futuro. Nessuno ha alcun titolo e nessuno può permettersi di strumentalizzare il Movimento e tanto meno di pensare di potersi sostituire al percorso di lotta che il Movimento NO TAV ha deciso e costruito, collettivamente, nella pratica quotidiana e a viso aper-to. Conosciamo troppo bene i

mandanti di queste operazioni vecchie di quarant’anni. Rispe-diamo al mittente (Governo & C) queste deliranti follie”.

Ha perfettamente ragione il movimento NO TAV a puntare il dito in alto sul governo, i servizi segreti e quella miriade di centri e di organizzazioni occulti da essi manovrati che hanno fatto della provocazione delirante e in pas-sato anche efferata il metodo di governo per cercare di isolare e battere quei grandi movimenti di massa che non riescono con la repressione fascista e l’intimida-zione giudiziaria a fronteggiare e piegare. Stragismo e provocazio-ni di Stato sono stati ripetutamen-te utilizzati in passato durante la Grande Rivolta del Sessantotto e le grandi battaglie di classe.

Il successo della mobilitazio-ne di massa di sabato 22 feb-braio è la migliore risposta ai mandanti di tali “deliranti follie terroristiche”.

Comunicato del Gruppo biellese NO TAV

CONfERENZA STAMPA CONGIUNTA DEI NOTAV ITALIANI E fRANCESI

Riceviamo e volentieri pub-blichiamo in ampi estratti.

Il gruppo NO TAV di Biella ha organizzato per il giorno venerdì 7 marzo 2014, alle ore 20,30, a Biella una conferenza ove illustra-re gli accordi intercorsi tra Italia e Francia sul progetto ferroviario Lyon-Turin.

L’obbiettivo della serata è svolgere un approfondimento su un tema liquidato dai media na-zionali, in occasione della ratifica francese degli accordi, nell’uni-voco e semplicistico slogan: “La Francia ha detto di SI alla TAV”

Saranno presenti a Biella i due principali speaker della transfron-taliera protesta NO TAV: Daniel Ibanez, Coordination des oppo-sants au Lyon Turin, France e Al-berto Perino, Movimento NO TAV, Italia.

Nel corso della serata verran-no illustrate da Daniel Ibanez le conclusioni della Commission Mobilitè 21 del 27 giugno 2013 e la reale portata dell’Accordo go-

vernativo Francia-Italia relativo alla linea ferroviaria Turin-Lyon (accordo ratificato dall’Assemblée Nationale e dal Senat de la Repu-blique nell’autunno 2013). Ibanez illustrerà anche il ricorso presenta-to il 20 febbraio 2014 al Consiglio di Stato Francese per l’annulla-mento della iniziativa governativa.

Alberto Perino tratterà il tema degli accordi bilaterali illustrando, per la parte italiana, la situazione dell’iter ambientale-amministra-tivo. Nel corso della serata, ov-viamente, l’opportunità di avere notizie di prima mano: sulle future iniziative del Movimento NO TAV, sul pressing mediatico e giudizia-rio che dipinge o equipara i con-trari alla TAV a dei terroristi, sugli esiti della stratosferica azione risarcitoria avanzata dall’impresa LTF nei confronti di Perino e altri e della straordinaria risposta alla richiesta di sostegno economico, sulle condizioni degli arrestati e strategia difensiva nel procedi-mento.

Gruppo biellese NO TAV

Torino, 22/02/2014. Uno dei principali cortei per la giornata di mobilitazione nazionale a sostegno della lotta dei No Tav

Roma, 18/02/2014. Manifestazione nazionale di artigiani, commercianti e piccoli imprenditori

N. 9 - 6 marzo 2014 interni / il bolscevico 9Bugie fasciste che mistificano la realtà

La verità rovesciata suLLe foiBeIl 10 febbraio, in occasione del

decimo anniversario del cosiddet-to “giorno del ricordo’’ istituito col voto unanime del parlamen-to nero il 30 marzo 2004 al fine di “conservare e rinnovare la me-moria della tragedia degli italia-ni e di tutte le vittime delle foibe, l’esodo dalle loro terre degli istria-ni, fiumani e dalmati nel secon-do dopoguerra e la più complessa vicenda del confine orientale’’, le massime istituzioni della seconda repubblica neofascista con alla te-sta il capo dello Stato Napolitano e i presidenti di Camera e Senato si sono uniti alla canea anticomu-nista e, in nome di una “memoria condivisa’’ e di una “pacificazione nazionale’’ tra antifascisti e fascisti attorno ai “valori della nazione”, della “patria’’ e dell’imperialismo italiani, hanno rilanciato in grande stile le infami menzogne fasciste tese a mistificare la verità storica sugli infoibati (circa cinquecento) e sui fuoriusciti istriani e giulia-no-dalmati, in tutto circa 35 mila persone in gran parte anticomuni-sti, fascisti, spie, traditori, delato-ri, collaborazionisti e personaggi compromessi con gli oppressori nazi-fascisti che a partire dal 1943 e poi ancora nel 1947, nel 1954 e fino al 1958 fuggirono dai territo-ri della ex Jugoslavia per sottrar-si vigliaccamente al giudizio delle loro vittime.

Alla commemorazione solenne avvenuta in Senato alla presenza di Napolitano, il presidente Grasso ha detto fra l’altro: “Questa gior-nata è dedicata alla memoria di

migliaia di italiani dell’Istria, del Quarnaro e della Dalmazia che, al termine del secondo conflitto mondiale, subirono indicibili vio-lenze trovando, in molti, una morte atroce nelle foibe del Carso. Quan-ti riuscirono a sfuggire allo ster-minio furono costretti all’esilio. La popolazione italiana di quel-la regione fu quasi cancellata e di quell’orrore non si è mantenuto il doveroso ricordo per anni. Questa giornata è un momento fondamen-tale di espressione dell’identità na-zionale”.

Un giudizio a dir poco vergo-gnoso che rovescia completamente la verità storica e arriva addirittura a confondere le vittime coi carnefici.

Un’infamia condivisa in pie-no anche dalla presidente Boldri-ni (SEL) che addirittura è arrivata a dire che “con questa giornata le istituzioni compiono un atto ripa-ratore perché quell`orrore è stato per troppo tempo rimosso e perfi-no negato. Migliaia di italiani ven-nero privati dei loro diritti, dei loro beni e della loro stessa vita. Tan-ti furono costretti a fuggire. A loro va la nostra gratitudine. Ricordare è essenziale affinché non si ricada più nella spirale dell`odio e della violenza”.

Non una parola sugli immani crimini commessi dai fascisti ag-gressori nei territori della ex Jugo-slavia messi a ferro e fuoco a partire dagli anni ‘20 e poi ancora durante la feroce occupazione nazi-fascista

iniziata nell’aprile del 1941.Una feroce repressione fasci-

sta che lo stesso Mussolini ave-va avviato col famigerato discor-so del Teatro Ciscutti di Pola del 20 settembre 1920 in cui procla-mò: “Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del basto-ne. I confini italiani devono essere

il Brennero, il Nevoso e le (Alpi) Dinariche. Dinariche, sì, le Dinari-che della Dalmazia dimenticata!… Il nostro imperialismo vuole rag-giungere i giusti confini segnati da Dio e dalla natura, e vuole espan-dersi nel Mediterraneo. Basta con le poesie. Basta con le minchione-

rie evangeliche”.Si vogliono far passare come

“martiri” alcune centinaia di infoi-bati, ma si fa silenzio assoluto sul-lo sterminio di oltre 340.000 civili slavi fucilati e massacrati dall’a-prile 1941 all’inizio di settembre 1943 nel corso dei cosiddetti “ra-strellamenti” ed operazioni di rap-presaglia contro le forze partigia-ne insorte. Di altri 100.000 civili

montenegrini, croati e sloveni de-portati nei capi di concentramen-to approntati dalla primavera all’e-state del 1942 dall’esercito italiano per rinchiudervi vecchi, donne e bambini colpevoli unicamente di essere congiunti e parenti dei “ri-belli”. In quei campi disseminati

dalle isole di Molat e Rab/Arbe in Dalmazia fino a Gonars nel Friuli ed altri in tutto lo Stivale, moriro-no di fame, di stenti e di epidemie circa 16.000 persone nel giro di poco più di un anno di deportazio-ne. Si tace sulla feroce politica di snazionalizzazione forzata che co-strinse all’esilio più di 80.000 slo-veni, croati, tedeschi e ungheresi e anche alcune migliaia di comuni-

sti italiani, antifascisti e oppositori del regime; si tace sulle violenze e le stragi compiute dagli aguzzini in camicia nera contro i civili perpe-trate in base a “una ben ponderata politica repressiva” come testimo-nia ad esempio la famigerata cir-colare del generale Roatta del mar-

zo 1942 nella quale si legge: “il trattamento da fare ai ribelli non deve essere sintetizzato nella for-mula dente per dente, ma bensì da quella testa per dente”. Mentre il generale Robotti, durante i rastrel-lamenti a tappeto nel giugno e ago-sto 1942, rimproverava alle truppe dell’XI Corpo d’Armata che: “Si ammazza troppo poco!” e ordina-va l’“esecuzione di tutte le persone responsabili di attività comunista o sospettate tali e di internare di tutti gli sloveni per rimpiazzarli con gli italiani per far coincidere le fron-tiere razziali e politiche”.

Chi si deve vergognare non sono i contestatori del cantante e attore Simone Cristicchi autore di uno spregevole spettacolo tea trale, Magazzino 18, che ribalta comple-tamente la verità storica sulle foi-be e i fuoriusciti giuliano-dalmati; ma i segretari della commissione di Vigilanza Rai Michele Anzal-di (PD) e Bruno Molea (SC) che si sono scagliati contro il giornale radio Rai colpevole, a loro dire, di aver dato poca copertura alla ricor-renza e di aver invitato in studio un rappresentante dell’Anpi, l’asso-ciazione nazionale dei partigiani. Mentre i fascisti di Fratelli d’Italia hanno presentato “un’interroga-zione in Commissione Vigilanza Rai per chiedere al presidente Ta-rantola e al direttore generale Gu-bitosi di riferire sulla vergognosa trasmissione mandata in onda nel corso della quale è stato intervista-to uno dei vicepresidenti dell`Anpi al posto di un rappresentante delle associazioni degli esuli”.

L’assemblea della sapienza lancia la mobilitazione contro l’austerity per aprileMa per mettere fine all’austerity bisogna abbattere il capitalismo, l’Ue imperialista e il governo nostrano che regge loro il sacco

Nella giornata di domenica 9 febbraio presso la facoltà di fisi-ca dell’Università “La Sapienza” di Roma si è tenuta un’importan-te assemblea promossa dai “Mo-vimenti sociali contro la preca-rietà e l’austerity”, a cui hanno partecipato i sindacati di base, la Rete 28 aprile, studenti, precari, associazioni di lotta per la casa ecc. L’assemblea aveva un chiaro e preciso intento, formare un lar-go fronte unito di lotta tra tutte le organizzazioni politiche e socia-li che si battono contro le politi-che di massacro sociale imposte dall’Unione europea e dai gover-ni nazionali ai lavoratori e alle masse popolari del nostro paese. Questa assemblea ha avuto anche lo scopo di redigere un ricco pro-gramma delle varie iniziative di lotta che si intendono intrapren-dere nei prossimi mesi, ponen-do particolare attenzione all’im-portante mobilitazione nazionale promossa per il 12 aprile, contro l’austerità e per assediare i palazzi del potere. La manifestazione era stata promossa ad aprile visto che si sarebbe dovuto tenere proprio in quei giorni a Roma o Milano, il vertice europeo sulla disoccu-pazione giovanile, ora sembra che questo vertice sia stato spostato a luglio, ma l’assemblea ha deciso comunque di mantenere ad aprile l’importate manifestazione tener-si pronti comunque a dar battaglia a luglio.

Punti di convergenzaIl PMLI, che da sempre invo-

ca un largo fronte unito di tutte le organizzazioni sociali e sindacali che si battono contro la crisi pro-dotta dal sistema capitalista, plau-de all’iniziativa e in linea di mas-sima si trova d’accordo con molti dei punti e delle rivendicazioni trattate nell’assemblea, mentre valuta alcuni punti soprattutto a livello rivendicativo e strategico come meno incisivi.

Sulla linea generale del docu-mento conclusivo siamo d’accor-do in linea di massima con la cri-tica portata dall’assemblea alle politiche di austerità imposte dal-la UE e dalla troika con l’avallo dei governi nazionali e che negli ultimi anni hanno portato un at-tacco senza precedenti ai diritti dei lavoratori e delle masse po-polari. Tra le rivendicazioni im-mediate più importanti tratta-te nell’assemblea e riportate nel documento conclusivo, le qua-li trovano il sostegno militante del PMLI, ci sono: la lotta con-tro l’EXPO che insieme al “mo-dello Marchionne” basato su rap-porti industriali di stampo fascista e al “Jobs Act” proposto dal ne-opremier, il Berlusconi democri-stiano del PD Matteo Renzi, pun-tano a una concretizzazione del nuovo modello di sviluppo basa-to sullo sfruttamento, la devasta-zione dei territori, il saccheggio

dei beni pubblici. Una valutazio-ne obbiettiva delle realtà odierna si congiunge con giuste posizioni sul fronte sindacale. L’assemblea punta il dito non solo contro CISL e UIL, oramai completamente as-serviti alla Confindustria e al go-verno, ma anche contro la CGIL, in particolare contro l’ala destra del sindacato con alla testa la cru-mira Susanna Camusso, firmata-ria a inizio gennaio dell’accordo sulla rappresentatività, criticato giustamente per i suoi contenuti, come l’instaurazione di un regi-me autoritario sui luoghi di lavo-ro. Contro questo infame accordo inserito anche nel documento da lei sostenuto, “Il lavoro decide il futuro” all’imminente congresso della CGIL, si devono contrappo-re una larga mobilitazione di mas-sa che parta dalle fabbriche e dai luoghi di lavoro e il documento “Il sindacato è un’altra cosa” so-stenuto da Cremaschi e appoggia-to tatticamente anche dal PMLI.

Fra gli altri punti emersi in as-semblea: la lotta per l’abrogazio-ne delle leggi razziste e fasciste Turco-Napolitano e Bossi-Fini che hanno introdotto in Italia ri-spettivamente i lager per immi-grati e il reato di clandestinità, la lotta al precariato, vera piaga so-ciale per milioni di lavoratori, soprattutto giovani ai quali viene negato il diritto ad lavoro stabile e quindi ad un futuro stabile. Di positivo, rileviamo anche le ini-

ziative promosse contro la repres-sione, del movimento NO TAV, il convegno nazionale di Roma del 14-15 marzo sulla repressione delle lotte sociali, le diverse ini-ziative promosse per la chiusura dei CIE, ecc.

Mancanze del documento

conclusivoOltre ai tanti punti rivendica-

tivi che condividiamo, volendo dare il nostro contributo politi-co al dibattito, non possiamo non esprimere anche le nostre per-plessità su alcuni punti importan-ti non trattati dall’assemblea e al-cune rivendicazioni che risultano fuorvianti ai fini della lotta.

Si dovrebbe evidenziare (cosa che nel documento dell’assem-blea non viene fatto) il caratte-re imperialista dell’UE e non si chiede l’uscita dell’Italia da essa. Non viene mai citato il gover-no Letta-Alfano (sostituito ora dal pupillo del neoduce Berlu-sconi, il democristiano PD Ren-zi) e solo in un caso si parla ge-neralmente di governo della crisi che impone l’austerity alle mas-se popolari. Non si accenna mi-nimamente al fatto che la crisi è causa del modo di produzio-ne improntato sullo sfruttamento dei lavoratori e dell’anarchia del-la produzione insita nel sistema

capitalista. Nel documento non si parla

delle importanti e gravi contro-riforme costituzionali introdotte dai vari governi, come per esem-pio, il pareggio di bilancio, il ten-tativo di manomissione dell’ar-ticolo 138 della Costituzione e le intromissioni-imposizioni di Giorgio Napolitano nell’esecu-tivo che di fatto hanno aperto la strada alla repubblica presiden-ziale. Non si denuncia aperta-mente la fascistizzazione del pa-ese attraverso il completamento del piano di rinascita democrati-ca della P2.

Un punto fondamentale da porre al centro delle lotte è quella per il diritto al lavoro stabile, a tempo pieno, a sala-rio intero e sindacalmente tu-telato per tutti i disoccupati, precari e i lavoratori a tempo pieno. Da quello che emerge dall’assemblea invece sembra che questa importante rivendi-cazione politica ed economica venga soppiantata col mettere al centro delle lotte sindacali la lotta per il reddito (reddito mi-nimo o reddito di cittadinanza, questo almeno dal documento conclusivo non di capisce). Il PMLI non esclude strumenti di sostegno al reddito ma tali strumenti non devono sostitui-re o surrogare i diritti ma sem-plicemente integrarli.

attaccare il capitalismo,

l’ue imperialista e il governo renziSe su molte questioni ci si tro-

va d’accordo, ed è dalle rivendica-zioni comuni che dobbiamo parti-re per un’ampia mobilitazione di lotte, nelle fabbriche, nelle scuole e nelle piazze, non bisogna trala-sciare un punto strategico molto importante. Si è parlato durante l’assemblea della necessità di un cambiamento radicale di sistema, rispetto al modello economico vi-gente, ma quale sia questo cam-biamento non viene mai citato e proposto.

Il PMLI dal canto suo ha ben chiara qual è la via d’uscita dall’austerità e dalla crisi del si-stema capitalista, questa via d’u-scita è il socialismo. Solo affian-cando alle lotte immediate per migliori condizioni di lavoro e di vita la lotta strategica per il socia-lismo con il conseguente abbatti-mento del potere borghese, del si-stema capitalista e con la presa del potere da parte del proletariato, solo allora potremo mettere fine ai massacri sociali al quale il prole-tariato italiano e le masse popolari sono sottoposti.

Uniamoci contro il capitalismo e i suoi governi, per il socialismo!

Solo il socialismo può salvare l’Italia!

Grasso e Boldrini capifila del coro anticomunista

“Testa per dente invece di dente per dente”, lo slogan degli occupanti fascisti da attuare nella repressione contro i popoli della Slovenia e della Croazia. Vicino Gorizia, a Renziano, nazisti e fascisti assistono compiaciuti alla decapitazione di un partigiano. A Milano il 12 aprile 1945 invece, a pochi giorni dalla Liberazione della città, fascisti e militari della RSI manifestano invocando l’italianità delle zone della Slovenia e della Croazia, ancora cavallo di battaglia dei fascisiti di oggi attraverso le pretese vittime delle foibe

N. 7 - 20 febbraio 2014 pareggio di bilancio / il bolscevico 7

N. 9 - 6 marzo 2014 cronache locali / il bolscevico 11

W la nuova Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico”

Dalle sue grandi vetrate penetra

tutta la luce possibileil sole riscalda il lavorodelle compagnee dei compagni che in essa

spendonole loro migliorienergiee anche un giorno di pioggiae di nuvole buiecome questodella sua inaugurazioneè meno triste.Dalle paretici sorridonogli storici ritrattidei cinque Maestri.

Il primo ciclostilee la macchina storica da

scriverea tastici dicono come abbiamo

cominciatoper scriveree faticosamente diffondere.Il denaroci è mancato semprema mai la qualitàla forzal’entusiasmodella militanza marxista-

leninista.E la creativitàgiovane e rossastanza della Sede di Firenzelì presenteè anch’essa un segno che

quella qualitàquei sentimenti lungimirantici sono ancoratutti.Come in famigliaa una ricorrenza, o una gioia,si brindae si divide la tavolacon gli amici stretticosì la nuova Sede centraledel PMLI e de “Il Bolscevico”ha aperto le porte

per una nuova impegnativadifficilefasedel nostro lavoro.Con la costanza della mentee tutto il calore del cuoreche esso richiede.Come per tutto il popolodel nostro Paesela nottatanon è passataancorae di sicuronon passeràda sola.Resa possibile dal sacrificioe dall’amoreper il PMLI

dei suoi dirigenti militanti e amici.

Per il Partito,che anche con la nuova Sedesi apprestaa sostenere tutti gli sforzie far tesoro di tutte le energie,necessarie a condurre le

battagliedell’oggi e di domani,per il bene e il futurodelle masse popolarie dell’Italia unita rossa e

socialista.Al servizio d’ogni battagliatutta la qualità, le conoscenzela creativitàl’ottimismodel suo Segretariodei suoi dirigentimilitantiamiciper tradurre in fattipiccoli o grandi che siano,la forza idealepoliticatattica e strategicadel PMLI.

Patrizia Pierattini, una dei primi quattro pionieri

del PMLI

Come il suo predecessore Cuffaro

LoMBardo, ex governatore deLLa SICILIa, Condannato Per MafIa

Il fondatore del Movimento per l’Autonomia è stato condannato a sei anni e otto mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa

�Dal nostro corrispondente della SiciliaÈ stato messo un altro punto

fermo alla questione giudiziaria riguardante l’ex-governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo, fonda-tore del MPA, costretto a dimet-tersi il 30 luglio del 2012, dopo es-sere stato raggiunto da un avviso di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio e da un’incriminazione coatta.

Raffaele Lombardo, che aveva richiesto il rito abbreviato, è sta-to condannato dal Giudice delle Udienze Preliminari (GUP) di Ca-tania, Marina Rizza, in primo gra-do a sei anni e otto mesi di reclu-sione e ad un anno di interdizione dei pubblici uffici.

Nella sentenza Lombardo vie-ne riconosciuto colpevole del re-ato di concorso esterno, mentre cade l’accusa di voto di scambio, considerata assorbita nel prece-dente reato. Parallelamente sono stati ridimensionati i dieci anni che erano stati chiesti il 18 set-

tembre 2012 dall’accusa, soste-nuta dai Pubblici Ministeri (PM) Jole Boscarino, Antonino Fanara, Agata Santonocito e Carmelo Zuccaro, coordinati dal procura-tore etneo Giovanni Salvi.

Le disavventure giudiziarie di Lombardo iniziano nel 2010, quando il suo nome spunta in diversi verbali che registrano le deposizioni di collaboratori di giustizia. Non vi è dubbio, in que-sta fase del percorso giudiziario a carico di “Don Raffaele”: dopo il 2001 la mafia indica di far conflui-re voti sul MPA, considerato pun-to di riferimento. Come rivelerà il mafioso Maurizio di Gati “se ne avevamo bisogno ci potevamo ri-volgere a quel partito per quanto riguardava sia gli appalti sia per altre cose”.

Nelle intercettazioni i boss par-lano di accordi siglati con i verti-ci del Movimento e addirittura di incontri con Raffaele Lombardo e il fratello Angelo. Quest’ultimo ex deputato nazionale del MPA, che ha scelto il rito normale, è stato

rinviato a giudizio, per concorso esterno in associazione mafiosa.

Il passaggio fondamentale sul quale si basano le accuse a ca-rico dell’ex governatore riguarda l’interessamento di Lombardo per impedire il blocco dei lavori per il centro commerciale ICOM di Catania del gruppo Auchan, come si evince in un’intercetta-zione ambientale nello studio del potente editore catanese Mario Ciancio, che grazie allo scam-bio ha incassato ben 28 milioni di euro. Non solo, ad eseguire i lavori di movimentazione terra e a fornire il cemento per la realiz-zazione del centro commerciale era il mafioso Vincenzo Basilotta, suocero di Gaetano Anastasi, di-rigente del MPA di Castel di Ju-dica.

In sostanza il processo all’ex-governatore ha evidenziato in tutta chiarezza l’esistenza di una vasta zona grigia fatta di relazio-ni illecite tra imprenditori mafiosi e filomafiosi e i vertici del MPA siciliano. Ad un’analisi politica

antimafiosa non ipocrita dove-va apparire almeno il sospetto di simili relazioni che non solo condizionavano evidentemente la linea politica del governo Lom-bardo, ma venivano anche mes-se in evidenza dalle indagini della Procura di Catania. Eppure il PD regionale siciliano non ha esitato a sostenere il governo Lombardo in crisi e con ciò a perpetuare un antipopolare sistema clientelare e filomafioso.

Aggiungiamo che anche il governatore Crocetta ha ampie responsabilità nella perpetuazio-ne del sistema di relazioni illecite messo in piedi dal MPA. Infatti, pur di rimanere attaccato alla pol-trona, non ha esitato ad accetta-re nella sua maggioranza ampi spezzoni del movimento fondato dal suo predecessore, transitati in nuove formazioni come Arti-colo4. Crocetta ancora, questa volta a causa della sua ipocrita antimafia di facciata, può essere nominato “traditore dei siciliani”.

Per PoCo SI è SfIorata La tragedIa

Crolla parte del tetto di una Iv elementare a Palermo

�Dal corrispondente della Cellula “1° Maggio-Portella 1947” di PalermoL’ennesimo crollo in una strut-

tura scolastica a Palermo: questa volta si è trattato del cedimen-to di una parte del tetto della IV classe dell’istituto elementare e dell’infanzia Marinella Bragaglia. Durante il crollo, avvenuto alle 13,10, sono rimaste ferite lieve-mente 2 bambine.

Non è la prima volta che ac-cade. Già si erano verificate, non solo in questa scuola, altri cedi-menti simili dovuti a strutture fati-scenti per colpa della pioggia, di infiltrazioni e dell’assenza quasi totale di manutenzione ordinaria e straordinaria. Ormai a Paler-mo si rischia grosso ad andare a scuola. La giunta Orlando, a par-te le chiacchiere non fa il dovuto per rimettere in sesto le scuole palermitane che crollano sulla te-

IL CoMPIto deI MarxIStI-LenInIStI è eduCare e IndIrIzzare I LavoratorI SuLLa vIa deL SoCIaLISMo

Ho letto l’articolo de “Il Bol-scevico” sul governo Renzi. Le masse popolari, permangono sempre più in situazioni di indi-genza economica, sociale e lavo-rativa. Questa operazione, è stata messa in pista dai “poteri forti”, sponsorizzata istituzionalmen-te dal presidente Napolitano, ed operativamente compiuta dalle sempre più “strane” ed oppor-tuniste maggioranze create, di volta in volta, dai riformisti che cavalcano il cosiddetto capitali-smo buono tanto caro anche alla componente maggioritaria della CGIL.

La sinistra radicale ritengo sia più efficiente e meno “distorsiva” rispetto alla logica, sponsorizza-ta dalla segreteria nazionale, in merito al consociativismo datori di lavoro-parti sociali. La com-ponente della seconda mozione si differenzia dalla casta dei ca-mussiani, per qualche venatura in

più di democrazia gestionale e di radicalizzazione della lotta riven-dicativa nelle fabbriche. In merito, ritengo che i compagni della se-conda mozione congressuale, a tutt’oggi, non sono riusciti a coin-volgere gli operai più combattivi, facendoli crescere politicamente, incidendo, in modo efficace nella gestione del sindacato in quan-to, essi, non hanno alle spalle il vero Partito marxista leninista dei lavoratori, che persegue la linea dell’abbattimento del capitali-smo, nelle sue varie proposizioni, ingannevoli e kauskiane.

La cultura politica dei com-pagni della seconda mozione non consente loro di costruire, assieme alle lavoratrici e ai la-voratori, una proposta politica da contrapporre alla filosofia del “capitalismo buono”, e il percor-so è quello di pervenire alla rea-lizzazione del sindacato unitario delle lavoratrici e dei lavoratori e

su questo il Partito, se non erro, pur appoggiando politicamente la seconda mozione, si distingue da essa.

Inoltre, l’organizzazione da essi diretta, non prevede le rap-presentanze controllate tramite la democrazia diretta, conseguen-ziale della rimozione/ricambio dei rappresentanti non idonei, bensì la delega che di fatto è un mec-canismo di controllo non della base ma dei dirigenti sindacali.

Ciò che è avvenuto nel PD, di sicuro, avrà cittadinanza e consa-crazione al prossimo congresso della CGIL e, in previsione di ciò, bisogna vigilare, cercando di sal-vaguardare, perché permangano, le condizioni di unità anche nella diversità.

Chiudo con una riflessione-opinione. I lavoratori sono nelle associazioni sindacali, siano esse della triplice come negli auto-nomi, per cui è strategicamente

giusto stare con i lavoratori, raf-forzando sempre più il fronte uni-tario contro il grande capitale e la finanza. Molti lavoratori militano in confederazioni minoritarie che viaggiano sulla rabbia e il rivendi-cazionismo fine a se stesso non costruendo gradualmente l’alter-nativa al modello di produzione come anche allo sfruttamento fi-nalizzato al profitto del capitale. È questa carenza di cultura politica che genera il rivendicazionismo/qualunquismo, che porta alla di-visione delle masse lavoratrici e quindi alla loro sconfitta politi-ca. Ritengo che sia compito dei marxisti-leninisti educarli politica-mente, indirizzandoli sulla via del socialismo, per l’abbattimento del capitalismo sotto la guida politica del PMLI, marxista-leninista, e dei suoi Mestri, Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao.Giuseppe, provincia di Catania

sta degli studenti e cerca di mini-mizzare sostenendo che niente di grave è accaduto alla Bragaglia.

I genitori degli alunni hanno protestato duramente: vogliono spiegazioni, anche se la dirigente scolastica ha voluto minimizzare il problema, sostenendo che non sono stati richiesti particolari la-

vori di ristrutturazione in quanto il problema dell’intonaco rovinato è facilmente risolvibile. Ma i ge-nitori non ci stanno, preoccupati visto che comunque, anche se in forma leggera, sono stati feriti de-gli alunni durante lo svolgimento delle lezioni.

La Cellula “1° Maggio-Por-tella 1947” di Palermo del PMLI esprime solidarietà agli alunni

della classe IV della Marinella Bragaglia, ai loro insegnanti e alle loro famiglie, chiedendo nel contempo un piano urgente, a cui collaborino Comune, Provincia, Regione e Governo, per la ristrut-turazione delle fatiscenti scuole palermitane.

W il PMLI, W i 5 Maestri, W il Compagno Segretario generale Giovanni Scuderi!

Il crollo nel soffitto denunciato nell’articolo

nel trasformare la mia concezione del mondo non finisco

mai d’imparareCari compagni,nel salutarvi vi confermo che

sempre di più sta avvenendo nel-la mia coscienza e nella mia ra-gione quella trasformazione radi-cale della concezione del mondo che il caro compagno Giovanni Scuderi mi richiese nel 2009 nel nostro primo incontro da “bor-ghese illuminata” a “proletaria”!

Ora sono sicuramente più avanti per diventare un autentico marxista-leninista nello spirito e nell’umiltà, guardandomi indietro e accorgendomi che indumento dopo indumento molti miei pan-ni borghesi me li sono lasciati indietro per la strada, ma tanta è ancora la strada da fare, non si fi-nisce mai di imparare, e sbagliare è facile.

Sappiate che ciò che mi porta sempre di più a legarmi al nostro Partito è l’esempio di vita che mi date voi dirigenti, a cominciare dal Segretario generale compa-gno Giovanni, fratelli maggiori nel cammino della vita socialista.

Calorosi saluti marxisti lenini-sti.

Lavoratori di tutti i paesi uni-tevi!

Gior – Roma

Ha fatto bene il PMLI a smascherare rizzo

Care compagne e cari compa-gni del PMLI,

grazie per avermi inviato l’arti-colo sulla “rifondazione del PCI”. Un articolo molto interessante

soprattutto riguardo alla sporca, sporchissima operazione che Marco Rizzo e compagnia stan-no cercando di mettere in piedi, approfittando della buona fede e dello smarrimento di tanti onesti compagni che pensano che a si-nistra ci sia mancanza di punti di riferimento. Il punto di riferimento esiste già e non può essere altro che il PMLI.

Compagne e compagni non vi fate ingannare da imbroglioni matricolati del calibro di Marco Rizzo! Ve lo dice un compagno che ha avuto il dispiacere di aver-lo incrociato ai tempi della mili-tanza nel PRC e, vi assicuro, che non è stata una bella esperienza, tutt’altro!

Colgo l’occasione per comu-nicarvi ufficialmente che l’altro ieri sono stato contattato per fare parte di questo nuovo inganno. Contatto che ho rispedito al mit-tente facendo tesoro di quanto detto nell’articolo de “Il Bolsce-vico” e forte della triste passata esperienza.

W il PMLI, coi Maestri vince-remo!

Andrea, operaio del Mugello (Firenze)

vi sarò sempre grato per il vostro impegno

Cari compagni,è sempre un onore e un piace-

re ricevere le vostre comunicazio-ni. Non ho internet ma vi contatto dal centro multimediale della bi-blioteca della mia città.

Vi sarò sempre grato per il vostro impegno. Auguri di buon lavoro.

Saluti marxisti-leninisti.Salvatore – Catania

La compagna Patrizia Pierattini, una dei primi quattro pionieri del PMLI, durante una manifestazione sindacale a Firenze

12 il bolscevico / cronache locali N. 9 - 6 marzo 2014

La Corte dei Conti aCCusa La ProvinCia di MiLano di stiPendi

d’oro e sPese fuori ControLLoMentre “non ci sono i soldi” per edilizia scolastica e stabilizzazione dei precari

�Redazione di MilanoMentre la giunta della Provin-

cia di Milano guidata da Guido Podestà (ex PdL oggi NCD) la-menta insufficienti risorse finan-ziarie per la manutenzione ordi-naria e straordinaria negli istituti scolastici e per la stabilizzazione dei lavoratori precari, è scoppiata anche sulla sua amministrazione la bufera delle “spese pazze”. Non si tratta, come in molti altri casi, di rimborsi spese che ben poco c’entravano con le attività politiche, ma di assunzioni e con-sulenze “fuori controllo” riscon-trate dalla Corte dei Conti, che ha concluso la sua indagine. Le irregolarità sarebbero 16 e riguar-

derebbero l’amministrazione gui-data dal 2009 da Podestà.

Si tratta soprattutto di incarichi dirigenziali e assunzioni a tempo determinato per varie consulenze d’oro che avrebbero fatto sì che la Provincia abbia “mancato l’obiet-tivo di riduzione della spesa”, come previsto da un decreto del 2010 del IV governo del neoduce Berlusconi che obbligava il di-mezzamento delle spese rispetto al 2009. Il problema è che sembra che non si sia nemmeno fatto un gran tentativo a riguardo.

La provincia ha speso due milioni e mezzo nel 2009 per re-tribuire a vario titolo figure mana-geriali, e ha speso due milioni e

mezzo (con un risparmio nell’or-dine di qualche migliaio di euro) nel 2010. Il tutto per pagare 85 persone per le quali, secondo la Corte dei Conti, sono “necessarie ulteriori giustificazioni circa la loro necessità”. C’è anche il problema dei dipendenti che vengono as-sunti con contratti più ricchi, una prassi irregolare, visto che “non è possibile attribuire compensi diversi da quelli previsti dal con-tratto nazionale”.

Una parte dei rilievi della Corte dei Conti riguarda invece la que-stione Asam, una controllata del-la provincia che detiene la quota di Milano Serravalle acquistata del 2005 dal predecessore di Po-

destà, il PD Filippo Penati. Una quota che ha provocato minusva-lenze per 300 milioni, e visto che non si riesce a venderla rischiano di arrivare fino a 500. Uno scena-rio che però non ha convinto chi di dovere a ridurre le spese, che anzi tra il 2011 e il 2012 sono cre-sciute sia per quanto riguardo il capitolo delle spese del persona-le (546mila euro), sia per quanto riguarda i servizi (due milioni e mezzo), sia per quanto riguarda i due dirigenti e i due dipendenti, “con una retribuzione media pari a 156mila euro annui”. Per non parlare delle spese per le con-sulenze straordinarie, di quasi un milione e ottocentomila euro!

CoMuniCato deLL’assoCiazione aMbientaLista fiorentina

idra a renzi: “chiudere la tav”

Riceviamo e pubblichiamo in ampi estratti.

“Faccio notare al governo na-zionale che in tempi di crisi l’i-dea di investire un miliardo e rotti in questa opera, fra tunnel e sta-zione, che non serve a nulla non è una buona idea. L’Alta velocità a Firenze c’è già e i treni veloci qui già si fermano. Perché se han-no un miliardo di euro da buttare via in questo modo non lo mettono sulla scuola?”. Con queste paro­le Matteo Renzi sindaco di Firen­ze stroncava quattro anni fa, era il giugno 2010, il progetto di stazio­ne faraonica TAV sotto il centro di Firenze, patrimonio mondiale UNESCO dell’Umanità.

Cinque anni prima, a novem­bre 2005, Matteo Renzi presiden­te della Provincia di Firenze aveva organizzato a Palazzo Medici Ric­cardi con TAV SpA una mostra ce­lebrativa dal titolo “Firenze Bolo­gna: Sotto e Sopra l’Appennino”, proprio mentre nel Tribunale di Fi­renze si celebrava il processo per i danni ambientali che la TAV, quel­la TAV, aveva causato alle acque e al territorio di Siti incontamina­ti classificati “di Importanza Co­munitaria”, sotto e sopra quell’Ap­pennino. “Un’opera comunque straordinaria”, scriveva Ren­zi nell’opuscolo di presentazione della mostra, dove “i momenti dif-ficili hanno però visto sempre in prima linea le istituzioni, a parti-re dalla Provincia di Firenze, in un ruolo di tutela dei diritti e dei legit-timi interessi delle popolazioni in-teressate dai lavori, dell’ambiente e del territorio”. Si è appena ria­perto, sulle conseguenze di quella cantierizzazione, un nuovo proces­so di appello a Firenze.

Ad agosto 2011, infine, Matteo Renzi sindaco di Firenze monetiz­zava la resa della città alla TAV: il definitivo ok alla stazione farao­nica e al doppio sottoattraversa­

mento contro­falda in cambio di 80 milioni pubblici cash promes­si (quanti arrivati?) a Palazzo Vec­chio.

Lo stesso giorno si perfeziona­va l’ultimo atto ­ maturato nei col­loqui di Arcore ­ della cessione da parte del Comune di Firenze allo Stato della più grande e prestigio­sa scuola media superiore della Toscana, l’ITI “Leonardo da Vin­ci”: il definitivo smantellamen­to di un’esperienza centenaria di autonomia gestionale, di organi­ci stabili e collaudati, di continui­tà didattica, fucina di generazioni di tecnici di avanguardia, avveni­va dietro richiesta esplicita al mi­nistro Gelmini da parte di chi ciò nonostante sosteneva (e ancora sostiene?) che la spesa sulla scuo­la non è un costo ma un investi­mento (!).

A Renzi pervenuto al gover­no nazionale Idra fa notare quel­lo che lui stesso ha dichiarato da sindaco. E cioè che “in tempi di crisi l’idea di investire un miliardo e rotti in questa opera, fra tunnel e stazione, che non serve a nulla non è una buona idea. Perché se han­no un miliardo di euro da buttare via in questo modo non lo mettono sulla scuola?”.

Di più. La TAV rischia di in­goiare non uno, ma parecchi mi­liardi e rotti di euro, se allarghia­mo lo sguardo al resto d‘Italia. Un investimento capital ultra­intensive e labour ultra­saving: esattamente il contrario di quello che occorre all’economia. Dalle sponde dell’Arno Idra lancia dun­que l’ennesimo appello a chiude­re per sempre e su tutto il territo­rio nazionale, dall’alto di Palazzo Chigi, il delirante incubo erariale TAV: dalla Val di Susa a Genova, al Trentino, a Trieste, a Napoli, a Bari.

Associazione di volontariato Idra

22 febbraio 2014

firenze. asseMbLea di tesseraMento 2014 deLL’anPi “oLtrarno”

sarti: “questa riforma elettorale è peggio di quella precedente”

Duro attacco del presidente dell’Anpi provinciale al Berlusconi democristiano Renzi. Passerella di politici per riportare le masse fiorentine al voto

�Redazione di FirenzeDomenica 16 febbraio la se-

zione “Oltrarno” dell’ Anpi di Fi-renze, con la partecipazione di altre sezioni fiorentine, ha orga-nizzato l’annuale giornata di tes-seramento nel popolare quartiere di San Frediano.

Un appuntamento al qua-le gli antifascisti fiorentini sono particolarmente legati, in quanto rappresenta l’occasione per rin-saldare il legame con la sezione,

rinnovare la tessera e informarsi sulle future iniziative dell’Anpi. Quest’anno, inoltre, cade il 70° Anniversario dell’insurrezione e della Liberazione di Firenze.

Purtroppo va segnalato che, snaturando la natura del fronte unito antifascista che si realizza all’interno dell’Anpi che com-prende anche gli astensionisti, è stata una giornata principalmente dedicata alla propaganda politica in vista delle prossime elezioni

europee e amministrative, dal titolo “Ripartire dalla buona po-litica”. Di conseguenza ha avuto luogo la passerella di politici del “centro-sinistra” e il solito tea-trino sull’importanza del “voto buono” rispetto a quello “cattivo” con il primo per intendere la dele-ga in bianco ai partiti della classe dominante borghese e il secon-do come la sfiducia delle masse verso l’attuale sistema politico espressa con l’astensionismo.

A rompere il clima propagandi-stico costituito ad arte, ci ha pen-sato il Presidente dell’Anpi provin-ciale di Firenze, Silvano Sarti, che ha attaccato duramente la riforma elettorale del Berlusconi democri-stiano Renzi definendola ancora peggio di quella precedente in pa-lese contrasto con la Costituzione del ’48, seguita alla Liberazione dal nazifascismo durante la quale molti giovani partigiani sono morti.

Un intervento a lungo applau-dito dalla sala che ha visibilmente rotto le uova nel paniere dei poli-tici presenti.

La giornata si è conclusa con un rinfresco offerto a tutti i par-tecipanti.

aL Congresso ProvinCiaLe di firenze

gli attivisti dell’arci ribadiscono l’impegno nel sociale

Palpabile la voglia di demarcarsi da Renzi e CamussoCari compagni, ho partecipato

al congresso della provincia di Fi­renze dell’Arci, e per me è stata, in positivo, una sorpresa.

Infatti c’è stato un clima posi­tivo, silenzio in sala, ascolto e ri­spetto per gli interventi; sostan­zialmente era palpabile nella base Arci la voglia di lasciare Renzi, la Camusso, la vergogna dell’Ita­licum, le risse politiche e fisiche, ecc. fuori dalla sala e concentrarsi su come fare per essere attivi, aiu­tare la parte “debole” della socie­tà, essere un punto di riferimen­to, partendo dal piano ricreativo e culturale, per la costruzione di una società migliore.

Il tutto tenendo conto che sul piano ideologico la fanno da pa­drone il pacifismo, il dare più va­lore a pratiche “etiche” che alla lotta.

C’è stata la solita passerel­

la di politici, tutti un po’ con la coda fra le gambe. Andrea Bar­ducci, presidente della provincia di Firenze, ha cercato di far di­menticare l’appartenenza al PD dicendo “la mia vera militanza è l’Arci”. Valiani (SEL) si è di­stinto per un intervento fumoso e sostanzialmente senza capo né coda. Incatasciato (PD resp. me­tropolitano) ruffiano con l’Ar­ci ha scansato tutti i temi “cal­di”. Sostanzialmente vuoti gli interventi dei parlamentari Pao­lo Beni (PD) e Alessia Petraglia (SEL), che non hanno assunto impegni precisi riguardo allo spi­noso problema dell’Imu, mentre i circoli Arci si stanno battendo per l’esenzione della parte so­ciale e non commerciale, contro quanto voluto dal governo Letta.

Il responsabile regionale Gian­luca Mengozzi ha sottolineato il

dovere di “fare cultura e ricreazio­ne al servizio delle famiglie impo­verite dalla crisi, sia per i costi che per i contenuti”.

Fra gli interventi degli ospiti si è distinto Silvano Sarti, il preside­ne provinciale dell’Anpi, che si è smarcato da Renzi e ha denunciato con forza l’Italicum dicendo “non è per questo che hanno versato il sangue i partigiani”, ha anche de­nunciato la gestione antidemo­cratica della Cgil della Camusso; molto applaudito.

Fra i numerosi interventi ap­plaudito in maniera sentita quel­lo della presidente della Casa del Popolo di San Bartolo a Cintoia che ha ribadito la necessità di te­nere i problemi e le esigenze degli operai e dei disoccupati al centro dell’attività sociale.

Una delegata di Firenze

scarperia (firenze)

buon risuLtato deLLa Mozione 2 aL Congresso CgiL aLLa CHi-Ma Mercoledì 29 gennaio 45 lavo-

ratrici e lavoratori della CHI-MA di Scarperia (Firenze), iscritti e non iscritti al sindacato, hanno parte-cipato al congresso di base della CGIL.

Un funzionario della FILCTEM-CGIL ha illustrato la mozione nu-mero uno Camusso-Landini. Il suo intervento è stato all’insegna

dell’“unità dei lavoratori”, intesa come unità sindacale che poi si traduce nell’appiattimento del-la CGIL sulle posizioni di CISL e UIL. Nell’intervento il funzionario ha teso a sminuire la portata del valore della classe operaia so-prattutto quando ha affermato che “fare richieste troppo consi-stenti rischia di creare illusioni”.

Finito l’intervento per la mo-zione uno ho preso la parola come illustratore della mozione due, primo firmatario Giorgio Cremaschi. In particolare ho cri-ticato quanto fatto dalla CGIL dall’ultimo congresso a oggi per non aver attaccato la politica dei governi Berlusconi, Monti e Let-ta. Ho rimarcato gli aspetti posi-tivi della mozione facente capo a Cremaschi rilanciando la nostra proposta del sindacato delle la-voratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati.

Dopo di che, malgrado il poco tempo a disposizione e limitato ulteriormente dell’ulteriore repli-ca dell’esponente della mozione uno, ci sono stati alcuni interventi e domande delle lavoratrici in par-ticolare sulla difesa del contratto nazionale di lavoro e sull’unità sindacale.

Alla votazione ha vinto la mo-zione uno con 8 voti, ma la se-conda mozione ha ottenuto un buon risultato con 4 voti.

Sono moderatamente sod-disfatto, anche se il risultato del voto poteva essere migliore, per me è stata un’esperienza impor-tante aver affrontato come uno dei relatori un congresso del ge-nere.

Andrea, operaio del Mugello

Ho presentato denuncia per il vandalismo al busto di Lenin

Riceviamo e volentieri pubbli-chiamo.

Presso gli uffici della stazione dei Carabinieri di Cavriago, questo po-meriggio ho provveduto a sporgere regolare denuncia, dopo il vandali-smo arrecato al busto di Lenin nella omonima piazza di Cavriago, avve-nuto nel tentativo di abbatterlo, nel-la notte tra giovedì 13 e venerdì 14 febbraio scorsi. Denuncia congiunta a nome dei partiti di Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani, at-traverso la quale si condanna un ge-sto che probabilmente non ha avuto la valenza di semplice bravata, con-siderati anche gli svariati precedenti.

Dopo il presidio democratico e antifascista della scorsa domenica proprio in piazza Lenin, per porta-

re l’attenzione mediatica su quanto avvenuto agli occhi di tutta la cit-tadinanza, l’auspicio ora è che da parte delle istituzioni del paese ven-gano presi provvedimenti affinché sia posta maggiore illuminazione su piazza Lenin, comunque per una maggiore sicurezza di tutti i cittadini e che al più presto si riparino i danni arrecati ad un monumento che ap-partiene a tutti i cavraghesi e non solo.

Ove possibile ci rendiamo dispo-nibili, a concorrere con un nostro contributo economico, alle spese che saranno necessarie per riparare il danno, non ancora quantificato, arrecato alla statua di Lenin.

Alessandro Fontanesi - Segretario provinciale

Partito dei Comunisti Italiani di Reggio Emilia

N. 9 - 6 marzo 2014 cronache locali / il bolscevico 13

IL BERLUSCONI DEMOCRISTIANO RENZI INCORONA A NEOpODESTà DI FIRENZE L’AMICO E BORGHESE DOC NARDELLA

Contro le istituzioni borghesi, battersi per Firenze governata dal popolo e al servizio del popolo

�Redazione di FirenzeL’ambizioso Berlusconi demo-

cristiano Renzi ha pensato a tutto e con la sua scalata a Palazzo Chigi, ha assicurato la poltrona di neopo-destà fiorentino al fidato amico e braccio destro Dario Nardella, che smette i panni di deputato in par-lamento e da vicesindaco in carica correrà per l’elezione a sindaco di Firenze nella prossima primavera.

In un vero e proprio “gioco di poltrone” per fare spazio a Nar-della, Renzi ha promesso una poltrona da sottosegretario allo sport all’altro papabile vicesinda-co Eugenio Giani (PD) e attuale presidente del Consiglio comu-nale. Mentre a livello regionale il governatore Enrico Rossi (PD) ha deciso di sostenere le scelte del Berlusconi democristiano effet-tuando addirittura un cambio di assessori. Dentro la renziana Ste-fania Saccardi che lascia il posto di vicesindaco fiorentino per occu-pare quello di vicepresidente della Regione, fuori Stella Targetti che viene rimpiazzata da Emmanuele Bobbio, nuovo assessore alla for-mazione, nipote del filosofo e at-tuale lavoratore presso l’ufficio di Bankitalia.

Un Renziano doc per palazzo Vecchio

Dario Nardella, nasce a Tor-re del Greco nel 1975 e risiede a Pontassieve in provincia di Firen-ze. Diplomato in violino al Conser-vatorio fiorentino “Cherubini” per alcuni anni si dedica alla musica, fino al 1998 quando durante una manifestazione degli allora DS a Rufina, Nardella (già responsabile cultura dei DS), si presenta all’al-lora neo eletto segretario metro-politano Lorenzo Becattini che lo chiama a far parte del nuovo verti-ce fiorentino. Si lega subito a Van-nino Chiti, ex presidente della Re-gione, antioperaio e autore della megaspeculazione edilizia nell’a-rea ex Fiat a Firenze, del progetto Alta Velocità nel Mugello, ricon-ciliatore nazionale con i fascisti. Quando Chiti viene eletto in parla-mento Nardella gli è stretto colla-boratore e tra il 2006 e il 2008 di-venta consigliere giuridico di Chiti. Nel 2004 viene eletto in Consiglio comunale a Firenze nella lista dei DS, assumendo l’incarico di pre-sidente della commissione cultura e fondando una scuola di gover-no per la formazione di giovani classi dirigenti. Arriviamo al 2009 quando il furbetto Nardella decide di schierarsi a fianco dell’amico Matteo Renzi, allora candidato alle primarie per sindaco di Firen-ze, divenendo così il suo braccio destro, consigliere e fidato sodale. Renzi lo premia assegnandogli la

carica di vicesindaco con deleghe all’economia e per tre anni lavora come numero due a Palazzo Vec-chio. È di Nardella la firma al “pia-no per il commercio” del 2011 che prevede anche di tenere aperti i negozi a Firenze per il 1° Maggio e il 25 Aprile. Si arriva alle elezioni politiche del 2013, Nardella smet-te i panni di vicesindaco e si tra-sferisce dalle poltrone di Firenze a quelle di Roma.

In numerose recenti interviste Nardella racconta il suo strettissi-mo rapporto con Renzi (ci telefo-niamo più volte nella giornata e ci scambiamo sms alle sei di mattina o all’una e mezza di notte), con il

quale condivide età anagrafica, studi universitari, esperienza negli scout e che in privato lo chiama “il Cavallo” perché è quello su cui puntare sempre. Il vicesindaco come un vero e proprio “guru” si attribuisce l’enorme influenza che ha su Renzi per averlo spinto nel-la scalata del PD e gli ha fornito 3 indicazioni: la prima di non diven-tare un’armata Brancaleone come per il governo Prodi, la seconda di non resuscitare tutte le cariati-di del PD come ha fatto Veltroni, la terza di rottamare la politica del “cacciavite” di Letta e sostituirla con la politica del “martello pneu-matico”.

Nardella ha sempre sponso-rizzato e propagandato Renzi, di-fendendo a spada tratta ogni sua mossa, compreso l’accordo tra quest’ultimo e Berlusconi sulla nuova legge elettorale e il suo di-retto confronto con Brunetta con il quale afferma di avere preso più di un caffè per parlare dell’ar-gomento affermando “in privato è decisamente più simpatico che in televisione”. A livello nazionale so-stiene la cancellazione della parola “partito” dal nome del PD come comunicazione di una nuova for-ma di politica nel terzo millennio.

Continuare a battersi per Firenze governata

dal popolo e al servizio del popoloL’avvicendamento tra Ren-

zi e Nardella non sposta di una virgola la politica privatizzatrice, anti-operaia e cementificatrice adottata fino a qui dal PD fiorenti-no. Le priorità cittadine del nuovo neopodestà fiorentino riguardano le “grandi opere”, lo stadio, l’aero-porto, la gestione dei beni culturali sul solco dei recenti affitti milionari degli Uffizi e di Ponte Vecchio. Il 19 febbraio, appena insediatosi in Pa-lazzo Vecchio, Nardella ha subito

incontrato il presidente esecutivo dell’Acf Fiorentina Mario Cognigni per parlare del futuro dello stadio. Mentre il 21 febbraio si è riunito con il prefetto fiorentino Luigi Var-ratta per varare un nuovo piano da “pugno di ferro” che prevede una massiccia presenza delle “forze dell’ordine” alla stazione Santa Maria Novella per “contrastare le bande di rom” e l’accattonaggio.

Non una parola spesa per i pro-blemi sostanziali e importanti dei fiorentini, avanzati a più riprese con manifestazioni e proteste, vedi la lotta dei lavoratori della Seves ai quali tante promesse sono state fatte da Renzi e per i quali niente è stato fatto, i lavoratori dell’Ataf, la mancanza di case, servizi sociali e assistenziali.

Al renziano e borghese doc Nar-della non importa un fico secco del futuro delle masse popolari e del proletariato fiorentini, lui che nel 2012 come membro del governo di Palazzo Vecchio ha dichiarato una retribuzione lorda di 68.221,20 mila euro. La sua sbandierata can-didatura alle prossime comunali di maggio va punita con l’astensioni-smo elettorale, disertando le urne, annullando la scheda o lascian-dola in bianco. Occorre continua-re a dare battaglia alle istituzioni borghesi e ai loro rappresentanti e battersi per Firenze governata dal popolo e al servizio del popolo.

SI RIpETE LA LOTTA INTERNA AL pD TRA Ex DS ED Ex MARGHERITA

pontassieve, primarie pD per decidere chi sarà

�Dal corrispondente dell’Organizzazione di Rufina del PMLIMentre nelle altre segreterie del

PD in Valdisieve coinvolte nelle elezioni amministrative di primave-ra è stato proposto un unico can-didato a sindaco, a Pontassieve si ripete la lotta interna fra gli ex DS dell’uscente Marco Mairaghi ed i renziani coordinati dal nuovo se-gretario comunale Stefano Gam-beri, già sindaco DS del vicino comune di Rufina. In ballo c’è la prossima giunta comunale in cui, secondo i media, la percentuale a favore del PD è “bulgara” e supera di buon grado il 54%. Ricordiamo che a Pontassieve alle scorse ele-zioni comunali del 2009 il PD ebbe 6.663 voti su 16.871 elettori, rac-cogliendo così il 39,71% effettivo dei consensi. Dato ben lontano da quel 54% sbandierato calcolato invece sui soli voti validi che ne falsa clamorosamente il contenuto politico.

Chi sono i candidatiIl “nuovo”, così come si presen-

ta, è Samuele Fabbrini, 35 anni, imprenditore e legale rappresen-tante della ditta Coalfer di Pontas-sieve, laureato in ingegneria mec-canica di provenienza Margherita con un passato da consigliere co-

munale a Pontassieve nella scorsa legislatura, membro della segrete-ria comunale e di circolo del PD. Ha trascorsi come educatore del gruppo scout d’impronta cattolica AGESCI fino al 2010 e proprio lo scoutismo lo lega da stretta ami-cizia al neo premier Renzi. Ultimo passo organizzativo di Fabbrini prima della sua corsa a sindaco è stata la presidenza dell’Asso-ciazione “Adesso!” per favorire la corsa di Renzi alle primarie nazio-nali del PD.

Più corposa la storia politica di Monica Marini, candidata a sin-daco ed espressione della giunta uscente. Quarantenne, laureata in Architettura presso l’università di Firenze, dal 1999 al 2004 è stata consigliere comunale eletta nelle fila DS nell’ultima legislatura Perini. Nell’epoca Mairaghi ha ricoperto durante il primo mandato la cari-ca di assessore all’ambiente, alle pari opportunità, all’edilizia privata con delega alle politiche sociali e sanitarie, confermate poi nell’ulti-mo quinquennio. Marini, assieme ad altri componenti della giunta, è stata coinvolta e condannata nel 2010 dal TAR per le scorrettezze sul bando di gara per l’appalto dei servizi del depuratore di Aschie-to che è costata al Comune oltre 560 mila euro; nel 2011 arriva poi la condanna della Corte dei Con-ti per la nomina illecita a direttore

generale di Luca Fanciullacci per mancanza totale di requisiti che predispose il risarcimento di oltre 400 mila euro del primo quinquen-nio ai quali si aggiunsero altri 250 mila euro per il periodo successi-vo, in quanto il direttore generale nominato illecitamente era ancora in carica nonostante tutto. A tutto ciò si aggiungono le pesanti per-dite subite dalla Valdisieve in am-bito sanitario, l’assessorato della candidata a sindaco: nel 2007 ter-minò l’attività di Pronto Soccorso ubicato presso la Clinica Privata Valdisieve ed è invece recente la chiusura dell’ambulatorio diabe-tologico di San Francesco a Pe-lago. Per ultimo ricordiamo che la farmacia comunale, così come altri servizi pubblici, è stata priva-tizzata.

I programmi dei candidati

I programmi dei due candida-ti per le primarie si somigliano in tutto e per tutto e contengono le solite promesse elettorali ad oggi mai realizzate dalle amministrazio-ni precedenti: fra le altre citiamo la maggiore efficienza degli orga-ni comunali, l’ammodernamento degli impianti sportivi e la co-struzione di nuove piste ciclabili. Nei programmi non v’è traccia di

risposta alla crescente disoccu-pazione causata dalla inarrestabi-le deindustrializzazione dell’area, all’estensione del servizio sanitario a partire dalla riapertura del Pronto Soccorso, all’ancora controversa destinazione dell’ex area ferro-viaria di Pontassieve così come è inaccettabile l’assoluto silenzio sul futuro dell’ipotesi di variante alla SS 67 che potrebbe, oltre a rappresentare un grave problema ambientale, anche presentare un conto salatissimo ai fondi pub-blici. Non una parola su scuola e asili nido, questi ultimi sempre più cari e con posti limitati; non una parola sull’assistenza agli anziani. Entrambi parlano di necessità di confronto con i cittadini ma, nella pratica, non si riscontrano impegni concreti; non v’è traccia di istituire commissioni dei funzionari pubbli-ci né dell’abolizione della TOSAP, la tassa sull’occupazione di suolo pubblico, per le iniziative politiche né alcuna misura che possa favo-rire il dibattito. Quindi la “parteci-pazione” va bene, basta che sia controllata e gestita dall’ammini-strazione comunale stessa.

L’inceneritore di Selvapiana

Dove invece oggi tutti sembra-no convenire, è sulla questione inceneritore di Selvapiana che al momento, a causa di una ridu-zione del flusso garantito di rifiuti all’impianto, nessuno sembrereb-be più intenzionato a costruire. Ol-tre però a ricordare che l’impianto è regolarmente inserito in tutti gli atti ufficiali di Provincia e Regione, un’attenta lettura dei punti dei due

programmi, non fanno comunque dormire sonni tranquilli alla Rete dei comitati che da dieci anni lot-tano per la sua cancellazione. Sul programma della cuperliana Mari-ni, si legge: “Una città pulita e sana (…) che fa della raccolta differen-ziata il proprio vanto premiando i cittadini virtuosi per non avere più bisogno del termovalorizzatore”, mentre il programma di Fabbrini riporta: “Insieme verso Rifiuti Zero: consolidiamo la raccolta differen-ziata e lavoriamo sulla riduzione dei rifiuti”. Le due posizioni pos-sono definirsi adeguate ad un nuo-vo modo di gestione dei rifiuti ma avranno un senso solo se il nuo-vo inceneritore di Selvapiana non sarà costruito; entrambe dunque sono ben lontane dalla posizione netta e definitiva che vorrebbe la popolazione e che potrebbe es-sere riassunta con “Cancellazione da tutti i piani ufficiali di Provincia e Regione dell’inceneritore di Sel-vapiana ed adesione immediata al progetto Rifiuti Zero”. Poiché è evidente che il tema rifiuti possa spostare l’asse del voto di prima-vera, l’opportunismo del PD sul tema è fin troppo chiaro; questo rischio era già stato ipotizzato an-che all’interno dei comitati e delle associazioni stesse che esortiamo a continuare dritte verso l’obietti-vo, rimarcando ancora la propria totale autonomia.

L’opportunismo di SEL Valdisieve

A fine gennaio, sorprendendo un po’ tutti ed in particolare quegli elettori che auspicavano un distac-co da un PD che vira irreparabil-

mente a destra, anziché proporre un proprio candidato, l’assemblea degli iscritti ha deciso di appog-giare Monica Marini. Nel docu-mento, a firma del coordinatore Carlo Boni, non si risparmiano ap-prezzamenti all’ex assessore che avrebbe “propensione all’ascolto e volontà di valorizzare molteplici punti di vista” il che garantirebbe un nuovo modello di partecipa-zione. Addirittura Marini, “per la sua storia e per il suo progetto di sinistra coesa, sarebbe la persona che meglio si adatta a rappresen-tare l’idea politica di SEL”. Questa posizione che trasuda opportuni-smo, non ci stupisce più di tanto: SEL è forza di maggioranza assie-me a PD e IDV ed ha appoggiato con totale riverenza e lealtà tutte le vicissitudini dell’Amministrazione Mairaghi, contraddistinta soprat-tutto dalla chiusura alla critica e al dissenso, trovando anche in Moni-ca Marini una fedelissima e fidata spalla.

La nostra posizionePer noi le primarie del PD del

prossimo 9 marzo non segne-ranno in alcun modo un passo decisivo per la popolazione di Pontassieve; gli spazi democra-tici effettivi rimarranno i pochi di sempre. Il PD con le sue primarie aperte anche ai non iscritti, propo-ne una sorta sempre aggiornata di “Democrazia partecipata” in realtà si tratta solo di ingannatori e de-magogici momenti ben lungi dal dare alla popolazione la facoltà di decidere effettivamente sui propri rappresentanti né in futuro sul go-verno comunale.

il candidato sindacol’amico di renzi contro la fedelissima di Mairaghi

Il Berlusconi democristiano Renzi istruisce il fido Nardella, sindaco in pectore di Firenze

14 il bolscevico / cronache locali N. 9 - 6 marzo 2014

Una prima risposta contro le misure cautelari

MIGLIAIA IN CORTEO SOLIDARIZZANO CON I PRECARI “BROS” A NAPOLI

Presenti i marxisti-leninisti che hanno espresso la loro solidarietàRedazione di Napoli Per i precari “Bros” quella dal

17 al 22 febbraio è stata una set-timana durissima sul fronte della repressione contro la giusta e sa-crosanta battaglia per avere un la-voro stabili e salario pieno. Dopo la gravissima ordinanza emessa dal Gip De Gregorio contro i sen-zalavoro in lotta, lunedì 17 feb-braio i “Bros” hanno organizzato una conferenza stampa davanti al tribunale di Napoli, lato piazzet-ta Cenni, dove denunciavano, di-nanzi a centinaia di intervenuti, il clima repressivo nei confronti dei delegati storici dei precari.

Dopo una settimana fitta di in-terrogatori dinanzi al giudice De Gregorio vi erano precari che si avvalevano della facoltà di non rispondere e altri che invece ri-lasciavano dichiarazioni che re-spingevano le accuse contenute nell’ordinanza che disponeva le misure cautelari. Particolarmen-te significativa la lettera di Luigi Volpe detto “Chicco” (pubblicata a parte), contenente dichiarazio-ni spontanee che respingevano al mittente le accuse contenute nel provvedimento giudiziario e che lo stesso Volpe, in sede di inter-rogatorio, rilasciava al giudice av-

valendosi della facoltà di non ri-spondere.

La settimana di lotta si è con-clusa con un corteo che ha attra-versato il centro di Napoli parten-do da piazza Mancini e giungendo nei pressi di piazza Trieste e Tren-to. Migliaia di “Bros”, studenti, sindacalisti, ma anche attivisti dei

Comitati salute e ambiente, hanno gridato duri slogan contro la re-pressione e le politiche antipopo-lari di De Magistris e Caldoro, no-nostante un clima provocatorio e intimidatorio delle “forze dell’or-dine” che cingevano d’assedio la manifestazione per tutto il percor-so, con agenti che si levavano ca-

schi e manganelli e poi li rimette-vano quasi in segno di sfida.

Al corteo hanno partecipa-to militanti e simpatizzanti della Cellula “Vesuvio Rosso” di Na-poli del PMLI che hanno espresso la loro solidarietà ai precari, so-prattutto a quelli colpiti duramen-te dalle misure cautelari.

LA LETTERA DI LUIGI VOLPE AL GIP DE GREGORIO

“La politica non ha saputo dare risposte al dramma della disoccupazione e della disperazione sociale”

Intendo in ogni caso dichiarare spontaneamente quanto segue.

Respingo decisamente ogni ad-debito mosso nei miei confron-ti nell’ordinanza. Ho fatto parte limpidamente delle organizzazio-ni di disoccupati e assieme ai miei compagni ho intrapreso un per-corso di lotta per la rivendicazio-ne del nostro diritto al lavoro e a un’esistenza dignitosa per noi e le nostre famiglie.

Ci siamo confrontati con le am-ministrazioni pubbliche e con le forze politiche alla luce del sole, portando all’attenzione dell’opi-nione pubblica il dramma della

disoccupazione e della marginali-tà, alla quale una fetta consisten-te della popolazione della nostra città è di fatto condannata. Abbia-mo cercato risposte per le miglia-ia di cittadini senza lavoro e per le loro famiglie, agendo non per un interesse personale, che non fos-se quello della rivendicazione di un diritto elementare come quel-lo al lavoro e alla sopravvivenza. La marginalità e la disoccupazio-ne nella nostra città condannano alla scelta obbligata del crimine e della devianza.

A tutto questo la nostra lotta per un lavoro ha cercato di forni-

re un’alternativa concreta. E lo ab-biamo fatto individuando settori d’intervento e proposte operative: dalle bonifiche alla raccolta dif-ferenziata, dai servizi sociali e di assistenza alle persone al suppor-to al settore turistico. Per questo ci siamo formati e abbiamo cercato di maturare competenze che ren-dessero il nostro lavoro utile alla collettività, fuori dalle logiche di puro assistenzialismo di cui si par-la nell’ordinanza.

Non possono essere addebitate a noi le responsabilità della poli-tica che, in 40 anni, non è stata in grado di fornire risposte al dram-

ma della disoccupazione e della disperazione sociale.

Così come non può essere ri-dotta a questione di ordine pub-blico la lotta per la realizzazione di un diritto che la Costituzione vorrebbe garantito a tutti. La ri-vendicazione del diritto al lavoro e a un’esistenza libera e dignito-sa per tutte e tutti è stata l’uni-ca ragione che ha mosso le mie azioni e respingo come infaman-te per me e per i miei compagni la definizione di associati per de-linquere.

Luigi Volpe “Chicco”

L’ACCUSA È DI AVER SOTTRATTOALLE CASSE PUBBLICHE 100 MILA EURO

Consigliere regionale vicino a Caldoro agli

arresti domiciliari per peculato

Redazione di Napoli

Con un’ordinanza firmata lo scorso 16 febbraio, il giu-dice per le indagini prelimina-ri di Napoli, Roberto D’Auria, ha disposto l’arresto di Genna-ro Salvatore (Nuovo PSI, di cui è segretario generale), consiglie-re regionale campano vicinissimo al presidente della casa del fascio Caldoro, tanto da essere conside-rato il suo braccio destro.

Secondo quanto si legge nell’ordinanza, che ha disposto gli arresti domiciliari per Salva-tore, sono stati rinvenuti “scon-trini e altri titoli di spesa univo-camente connessi alla vita privata dell’indagato”, con palesi attivi-tà incongruenti alle finalità isti-tuzionali di un consigliere regio-nale, come lo scontrino da 23,30 euro per la bombola del gas del-la casa al mare di San Marco di Castellabate (Salerno), dove l’in-dagato avrebbe dichiarato di aver trascorso “tre stagioni estive”. A queste spese si aggiunge, tra le al-tre, quella stravagante della tin-tura per capelli (sic!). E ancora: 1.132 euro in abbigliamento, 12 euro per un accappatoio, 90 euro per accessori di motocicletta, 63 euro per riparazioni di telefonia, 4.165 euro in spese di gioielleria, 3.446 euro spesi in articoli per la casa, 90 euro in articoli sportivi, 106 euro in cd musicali e dvd, 44 euro in farmaci, 9,80 euro in un giocattolo (pare si tratti di un Sa-pientino Kitty), 6,40 in chewing gum, 66 euro in libri scolastici, 36 euro per un paio di occhiali da vi-sta, 1.139 euro in prodotti alimen-tari (dal salumiere o al supermar-ket), 759 euro in prodotti per la cura della persona (tra cui anche articoli da trucco femminile), 35 euro in sigarette.

La contestazione complessiva

che la procura napoletana muo-ve nei confronti di Salvatore sa-rebbe quella di essersi appropria-to indebitamente di circa 95 mila euro negli anni che vanno dal 2010 al 2012. Nelle decine di pa-gine che tratteggiano l’ordinan-za applicativa della misura caute-lare, emerge un uso quantomeno disinvolto di ingenti fondi pub-blici trasferiti in due conti cor-renti con somme che arrivavano fino a 257 mila euro, di cui qua-si 105 mila prelevati in contanti. Se per buona parte del capitale in-troitato c’è una documentazione che la Procura non contesta, per il restante movimento economico dei 100 mila euro non vi è docu-mentazione alcuna, o comunque, la documentazione presentata dal sodale di Caldoro non è assolu-tamente giustificabile. Salvatore ha sulle spalle già due condanne per concussione nell’ambito del-la Tangentopoli napoletana di ini-zio anni ’90 e questo giustifica gli arresti domiciliari per la proba-bile quanto possibile, secondo il Gip napoletano, reiterazione del reato da parte dello stesso consi-gliere regionale. Di certo la corru-zione, la concussione e il pecula-to sono reati ormai compenetrati nell’agire dei politicanti borghesi, soprattutto nell’ambito delle isti-tuzioni locali in camicia nera, per-ché amaro e putrido frutto del ca-pitalismo.

Non bisogna restare indiffe-renti alla corruzione né rinunciare a denunciarla e combatterla, sma-scherando per prime le malefatte dei signori di palazzo, essendo co-scienti che solo con l’abbattimen-to del capitalismo e la conquista dell’Italia unita, rossa e socialista è possibile creare le premesse per sradicare una volta per tutte que-sto grave fenomeno dalla società e dagli individui.

Forlì

PARZIALE VITTORIA DEI LAVORATORI ELECTROLUX E FERRETTIDal nostro corrispondente dell’Emilia-Romagna Il peggio sembra passato, per le

lavoratrici e i lavoratori Electrolux e Ferretti di Forlì, ma il prezzo pa-gato è molto alto, e non c’è nulla di definitivo.

Alla Electrolux i lavoratori dei 4 stabilimenti italiani erano mo-bilitati dal 27 gennaio, da quan-do cioè la multinazionale svedese aveva annunciato la chiusura del-lo stabilimento di Porcia e un dra-stico decurtamento di tutte le voci accessorie per i lavoratori degli al-tri stabilimenti, tra le quali il taglio del premio aziendale, la riduzio-ne delle ore lavorate a 6, il bloc-co dei pagamenti delle festività, il dimezzamento di pause e permes-si sindacali e il blocco totale degli

scatti di anzianità.Dopo 20 giorni di intensa lot-

ta, fatta di scioperi, manifestazio-ni, assemblee, presidi,

Electrolux ha fatto parzia-le marcia indietro, e nell’incon-tro svoltosi a Roma il 18 febbra-io ha annunciato il mantenimento di tutti e 4 i siti e garanzie sui li-velli degli stipendi, a patto però che possa raggiungere i risparmi preventivati con il rifinanziamen-to della decontribuzione sui con-tratti di solidarietà per recuperare 3 euro all’ora sul costo del lavo-ro, inoltre il regime delle 6 ore è confermato in costanza di ricorso agli “ammortizzatori sociali” (cas-sa integrazione o contratto di so-lidarietà).

Anche la proprietà della Ferret-

ti, in maggioranza in mano ai ca-pitalisti cinesi, è tornata parzial-mente sui suoi passi dopo le forti proteste in tutto il gruppo, confer-mando il sito forlivese, che prima si era detto di voler chiudere per risparmiare 4,7 milioni di euro, e che la proprietà maturerà ora inve-ce grazie ai sindacati che si sono presi la briga di prevedere un pia-no economico alternativo che li garantisse. In pratica sono previ-sti 20 esuberi tra gli operai di For-lì e 30 impiegati in tutto il gruppo tramite la “mobilità volontaria”, inoltre l’orario di lavoro sarà reso “stagionale”, cioè varierà in base ai carichi di lavoro, verranno pro-rogati gli “ammortizzatori sociali” e congelata la contrattazione inte-grativa aziendale.

Un risultato sicuramente po-sitivo quello di aver scongiurato i provvedimenti peggiori, ottenu-ti grazie alle mobilitazioni di tut-ti i lavoratori di entrambi i gruppi, ma pagato ancora una volta a caro prezzo dai lavoratori stessi.

Quello che i sindacati non vo-gliono far passare tra i lavoratori è la consapevolezza della necessi-tà di una dura lotta indispensabi-le per tutelare integralmente i pro-pri diritti sindacali ed economici, l’obiettivo è quindi sempre quel-lo di ridurre il danno per garantire comunque alle grosse multinazio-nali i risparmi, e i guadagni, per-seguiti, piuttosto che costringere i dirigenti a tagliare i propri rendi-menti da nababbi.

Scongiurate chiusure e licenziamenti, ma a caro prezzoAccade nullaattorno a te?

RACCONTALO A ‘IL BOLSCEVICO’Chissà quante cose accadono attorno a te, che riguardano la

lotta di classe e le condizioni di vita e di lavoro delle masse. Nella fabbrica dove lavori, nella scuola o università dove studi, nel quar-tiere e nella città dove vivi. Chissà quante ingiustizie, soprusi, ma-lefatte, problemi politici e sociali ti fanno ribollire il sangue e vorresti fossero conosciuti da tutti.

Raccontalo a “Il Bolscevico’’. Come sai, ci sono a tua disposi-zione le seguenti rubriche: Lettere, Dialogo con i lettori, Contributi, Corrispondenza delle masse e Sbatti i signori del palazzo in 1ª pagi-na. Invia i tuoi ``pezzi’’ a:

Via A. del Pollaiolo 172/a - 50142 FirenzeFax: 055 5123164 - e-mail: [email protected]

22 febbraio 2014. Dai NoTav ai Bros, i movimenti napoletani in piazza

L. 18

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STUDIARE LE 5 OPERE MARXISTE-LENINISTE FONDAMENTALI

PER TRASFORMARE IL MONDO E SE STESSI

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indirizzo postale:PMLIVia A. del Pollaiolo, 172/a50142 FIRENZE

Tel. e fax 055 5123164

16 il bolscevico / rivolta popolare in ucraina N. 9 - 6 marzo 2014

Ucraina

Vittoria della riVolta popolare contro il regime filorusso oppressore e affamatore

Yanukovich, deposto dal parlamento e scaricato dal suo partito, fugge da KievAccordo per un governo di “unità nAzionAle”L’accordo firmato il 21 febbra-

io a Kiev tra il presidente Viktor Yanukovich e i leader dei prin-cipali partiti di opposizione, alla presenza dei ministri degli Este-ri di Francia, Germania e Polonia e del rappresentante diplomatico russo che prevedeva la formazione di un governo di “unità naziona-le”, il ritorno alla costituzione del 2004 che limita i poteri presiden-ziali e per la convocazione di ele-zioni anticipate sembrava segnare una nuova tregua nello scontro in corso nel paese da quasi tre mesi. Soddisfatti dell’intesa gli Usa e la Ue, non altrettanto la Russia che comunque aveva già mandato se-gnali di disimpegno verso il suo protetto Yanukovich. I coordina-tori delle proteste dal presidio di piazza Maidan a Kiev accettava-no l’accordo ma non lo riteneva-no del tutto sufficiente insisten-do sulla richiesta delle dimissioni del presidente mentre nell’ovest dell’Ucraina i manifestanti conti-nuavano a occupare i palazzi del governo. La successione degli av-venimenti sarà proprio quella det-tata dalla piazza: la rivolta popo-lare sarebbe continuata fino alla vittoria contro il regime filorus-so oppressore e affamatore. Nel-le successive 48 ore col presidente filorusso scaricato dal suo partito, deposto dal parlamento e in fuga dalla capitale la realizzazione dell’accordo sarà gestita dal nuo-vo presidente ad interim e da un esecutivo provvisorio.

La protesta di piazza, che avrà il suo centro a Kiev nella tendo-poli allestita in Piazza Maidan, iniziava il 21 novembre scorso quando Yanukovic respingeva gli accordi di associazione con l’U-nione Europea (Ue). La rottura era sancita nel vertice di Vilnius del 27 novembre ma già il 24 novem-bre oltre 100 mila manifestanti sfi-lavano per le strade della capita-le contro la decisione del governo. L’1 dicembre la protesta cresce e a Kiev iniziava l’occupazione del palazzo municipale, seguita suc-cessivamente dall’occupazione di municipi e sedi istituzionali in gran parte del paese, soprattutto nelle regioni centrali e dell’ovest, da parte dei sostenitori dei princi-

pali partiti di opposizione filo-Ue le cui fila erano rinforzate da al-cuni oligarchi che dopo aver ac-cumulato sotto Yanukovich ingen-ti fortune con le privatizzazioni e acquisito il controllo di imperi economici cambiavano fronte per rivolgersi verso i paesi imperiali-

sti europei con i quali pensano di continuare a rimpinguare il loro portafoglio. Yanukovich tornava dalle visite in Cina e Russia con la promessa di oltre 20 miliardi di dollari in aiuti a sostegno dell’e-conomia ucraina vicina al collas-so ma il braccio di ferro ormai da tempo stava diventando qualcosa di più di uno scontro tra filo rus-si e filo-Ue, che comunque resta, con il montante malcontento po-polare contro il corrotto governo centrale.

Una rabbia alimentata dalle condizioni delle famiglie ucraine che sono tra le più povere in Eu-ropa e sopravvivono con redditi medi mensili di neanche 300 euro a fronte di un pugno di borghesi che detiene una ricchezza pari a un quinto del pil ucraino. Senza con-siderare che le misere condizioni di vita costringono all’emigrazio-ne quasi un terzo della popolazio-ne attiva. Il bersaglio della rivolta popolare diventava il regime filo-russo di Yanukovich e la richiesta

gridata nelle piazze era quella del-le sue dimissioni.

Il regime ricorreva alla repres-sione con l’approvazione in par-lamento di leggi anti-manifesta-zione. Le leggi erano approvate il 16 gennaio 2014 ma già il 28 gen-naio erano ritirate a fronte di una

esplosione della rivolta popola-re che contava i primi morti. Fino alla caduta del regime il numero delle vittime salirà a oltre 80 mor-ti ma varie fonti ne contano fino a 100. Assieme alla legge cade an-che il governo del premier Azarov, sacrificato dal presidente Yanuko-vich per accontentare parzialmen-te le opposizioni e tentare la tattica della carota dopo quella rivelatasi inutile del bastone.

Nei negoziati tra le parti a fine gennaio si discuteva di una rifor-ma costituzionale e di elezioni an-ticipate; il 16 febbraio i manife-stanti lasciavano il municipio di Kiev e altre sedi istituzionali oc-cupate dall’inizio della protesta. Ma due giorni dopo, nel momen-to in cui il parlamento iniziava a discutere le modifiche costituzio-nali proposte dal regime ma non quelle dell’opposizione la protesta ripartiva con forza. Il 18 febbraio nell’assalto al parlamento e alla sede del partito di Yanukovich e nei duri scontri coi reparti speciali

della polizia si contavano quasi 30 morti e centinaia di feriti. Ancora più pesanti gli scontri del 20 feb-braio quando il numero dei morti raggiungeva gli 80.

In seguito alla strage causata dagli agenti che sparavano sui ma-nifestanti la Ue pensava alle san-

zioni ma il peggiore segnale per Yanukovich veniva da Mosca. Il premier russo Dimitri Medvedev confermava il 20 febbraio il con-gelamento della seconda tranche da 2 miliardi di dollari del pro-messo prestito russo di 15 miliar-di affermava che “è necessario che i nostri partner siano in forma e che il potere ucraino sia effica-ce e legittimo e non diventi uno zerbino”. La Russia imperialista di Putin avvisava che era pronta a scaricare il cavallo perdente che non reggeva le pressioni dell’im-perialismo europeo e americano e la rivolta di piazza. E il giorno successivo a Kiev la delegazio-ne russa era presente alla trattati-va tra le parti ucraine e i ministri degli Esteri dei paesi europei ma non firmava l’accordo su voto an-ticipato, nuovo governo di unità nazionale e riforma costituzionale.

In parlamento il partito delle Regioni di Yanukovich si sgreto-lava e perdeva un quarto dei de-putati, il presidente perdeva la maggioranza e la nuova che si

creava votava per la sua destitu-zione accusandolo di crimini con-tro l’umanità. In successione la Rada ucraina votava per la scar-cerazione della Tymoshenko, la leader dell’opposizione in gale-ra del 2011; nominava un nuovo presidente ad interim, Oleksan-

dr Turčinov, braccio destro della Tymoshenko e ex capo dei servizi segreti; convocava le elezioni an-ticipate per il 25 maggio prossimo.

Da Mosca il premier Medve-dev affermava che “è in atto una minaccia ai nostri interessi e alla vita e all’incolumità dei cittadini russi”, definiva il riconoscimento offerto dall’Ue e dagli Usa come “un’aberrazione” e annunciava che il suo governo avrebbe rivi-sto l’accordo sulle le forniture di gas a prezzi ridotti e ventilato la possibilità di un aumento dei dazi nel caso di un accordo di associa-zione tra Kiev e l’Ue. La chiusura dei mercati russi alle esportazioni agricole ucraine e la fine del regi-me di agevolazione della fornitu-ra di gas sono minacce pesanti per il governo di transizione di Kiev e per quelli futuri.

Quanto sia pesante le situazio-ne lo ha sottolineato il nuovo pre-sidente Turchinov il 25 febbra-io nell’intervento in parlamento quando ha affermato che se non arriveranno aiuti il paese non po-

trà onorare i 13 miliardi di dollari di debiti esteri e rischia la banca-rotta. Il Fondo monetario interna-zionale (Fmi), gli Usa e la Ue si sono offerti di coprire il fabbiso-gno di circa 25 miliardi di euro in due anni per sostenere Kiev. Il se-gretario al Tesoro Usa, Jack Lew,

e il direttore dell’Fmi, Christine Lagarde, hanno convenuto che l’Ucraina avrà bisogno di “un so-stegno multilaterale e bilaterale per un programma di riforme” e hanno promesso consulenze e fi-nanziamenti dal Fondo se “un go-verno nel pieno dei poteri” ne farà richiesta. Se Mosca lascia la presa gli imperialisti europei e america-no sono pronti a stringerla a sé.

Come ha sostenuto l’ex pre-sidente polacco Aleksandr Kwa-sniewski, che ha ricoperto la cari-ca dal 1995 al 2005 e ha portato Varsavia nella Nato, “l’Ucraina è parte delle nostre dirette responsa-bilità. Un confronto duro, la pos-sibilità di secessione di alcune re-gioni, le ingerenze di chiunque in quel paese, colpiscono direttamen-te gli interessi strategici dell’Eu-ropa. Non è un gioco di rimbalzi come accade per altre aree del pia-neta: accade tutto qui, a casa no-stra”. Nel cortile di casa dell’im-perialismo europeo ma nella zona contesa da quello russo.

La reggia di YanukovichIl 22 febbraio oltre a varie sedi

istituzionali non più protette dalla polizia i manifestanti hanno fat-to irruzione nella lussuosa villa di Yanukovich a Mezhyhirya, a 20 chilometri da Kiev. Una villa fa-raonica, con un parco di 140 ettari e un campo da golf, la copia orri-pilante, stile mafia, di un tempio greco, uno zoo privato e alleva-

menti di pecore, maiali e struzzi, una sorta di “museo” con decine di auto d’epoca e moto, una rimes-sa di imbarcazioni con hovercraft e gommoni, oltre a costosi libri antichi e monete d’oro.

Nella reggia di Yanukovich sono stati recuperati diversi documen-ti contabili che sono stati diffusi in rete e che danno solo una parzia-

le idea della corruzione del regi-me del presidente filorusso e della sua in particolare. Tra i documenti scoperti ci sono anche ricevute sui costi di costruzione per la reggia di Mezhyhirya intestate a una azien-da, la Tantalit, riconducibile alla fa-miglia Yanukovich. Solo il restauro di uno degli edifici della residenza è costato 40 milioni di euro.

Kiev. la grande manifestazione di massa dopo la cacciata di Yanukovich

l’assedio dei manifestanti alla faraonica villa di Yanukovich