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INDICE CARTELLA STAMPA Comunicato stampa Scheda tecnica Testo di Paola Zini, Presidente della Venaria Reale e Mario Turetta, Direttore della Venaria Reale Testo di Joseph Guttmann, Direttore di Global Art Exhibitions Saggio in catalogo “Brueghel, gli artefici del mito fiammingo” di Sergio Gaddi - curatore della mostra Saggio in catalogo “Cosa si intende per “stile Brueghel” di Andrea Wandschneider - curatrice della mostra I giochi e le esperienze in mostra Didascalie immagini uso stampa Comunicato stampa Sky Arte HD Scheda catalogo Skira Scheda audioguide CONTENUTO LINK DROPBOX Cartella Stampa Elenco opere in mostra Altri saggi in catalogo Immagini in alta risoluzione uso stampa Press release

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INDICE CARTELLA STAMPA

Comunicato stampa Scheda tecnica Testo di Paola Zini, Presidente della Venaria Reale e Mario Turetta, Direttore della Venaria Reale Testo di Joseph Guttmann, Direttore di Global Art Exhibitions Saggio in catalogo “Brueghel, gli artefici del mito fiammingo” di Sergio Gaddi - curatore della mostra Saggio in catalogo “Cosa si intende per “stile Brueghel” di Andrea Wandschneider - curatrice della mostra I giochi e le esperienze in mostra Didascalie immagini uso stampa Comunicato stampa Sky Arte HD Scheda catalogo Skira Scheda audioguide

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La mostra celebra a La Venaria Reale la più importante famiglia di artisti fiamminghi a cavallo tra il XVI e XVII secolo e approda nelle Sale delle Arti dal 21 settembre.

COMUNICATO STAMPA Dopo l’importante successo della tappa bolognese, l’esposizione interamente dedicata alla dinastia dei Brueghel - inventori di un modo di dipingere che ben presto divenne “il marchio” di eccellenza nell’arte pittorica di una dinastia attiva per oltre due secoli - approda nelle Sale delle Arti della Reggia di Venaria dal 21 settembre 2016 al 19 febbraio 2017. Con il patrocinio di Città di Torino, la mostra è prodotta e organizzata da Arthemisia Group nelle Sale delle Arti de La Venaria Reale e curata da Sergio Gaddi e Andrea Wandschneider Direttore del Paderborn Städtische Galerie in der Reithalle. Le opere esposte ripercorrono la storia - lungo un orizzonte temporale di oltre 150 anni - di cinque generazioni attive tra il XVI e il XVII secolo analizzando la rivoluzione realista portata avanti dal geniale capostipite della famiglia Pieter Brughel il Vecchio, seguito dai figli Pieter Brueghel il Giovane - colui che ha ripercorso il successo paterno con opere come la Danza nuziale allʼaperto (1610 ca.) e La trappola per gli uccelli (1601) - e Jan Brueghel il Vecchio, detto anche dei Velluti per la sua straordinaria perfezione pittorica. Di Jan Brueghel il Giovane (figlio di Jan Brueghel il Vecchio) è esposta la bellissima versione delle Tre grazie con cesto di fiori realizzata nel 1635 insieme a Frans Wouters, mentre di Abraham Brueghel (pronipote di Pieter Brughel il Vecchio e specializzato nelle nature morte) è presentata la Grande natura morta di frutta in un paesaggio (1670). Marten van Cleve è tra i più attenti al lavoro del capostipite della famiglia e realizza, tra il 1558 e il 1560, la straordinaria serie di sei tavole del Matrimonio contadino attualizzando anche temi evangelici come quello de La Parabola del buon pastore (1578 circa). La rassegna è un viaggio appassionante nel Seicento alla ricerca del genio visionario di ben cinque generazioni di artisti in grado di incarnare coralmente - come mai nessuno né prima né dopo di loro - stile e tendenze dell’epoca d’oro della pittura fiamminga. Ma il percorso vuole essere anche per il visitatore un invito a vivere un’esperienza giocosa e interattiva mettendo in contatto lo spettatore con i soggetti della Natura maggiormente rappresentati nelle opere, sbirciando tra i segreti degli uomini e - per esempio - “presenziando alle nozze contadine”. LA MOSTRA Importante novità della tappa torinese è rappresentata da alcune opere risalenti alla metà del Cinquecento, periodo di piena attività di Pieter Brueghel il Vecchio. Ad Anversa, il capostipite della dinastia - oltre a essere apprezzato come un radicale rinnovatore dei temi biblici - è anche conosciuto e lodato per la qualità delle sue raffigurazioni del mondo popolare. Un occhio puntato impietosamente sulla vita per come effettivamente si svolge, sulle opere di carità, ma anche sulle debolezze e sulle miserie quotidiane che riguardano tutti, è quello ad esempio de Le sette opere di misericordia (1616-18 circa) di Pieter Brueghel il Giovane. La Natura - forte e vigorosa, che sovrasta l’uomo spesso succube e sottomesso di fronte alla sua potenza - assume pienamente il ruolo di vera protagonista della storia umana e viene rappresentata con una ricchezza visiva, una cura nel dettaglio e una bellezza compositiva mai vista prima nella storia della pittura come nel minuzioso e dettagliato Paesaggio con la parabola del seminatore di Pieter Brueghel il Vecchio e Jacob Grimer del 1557. In mostra un’importante selezione di artisti - da Frans de Momper a Frans Francken, da Hendrick van Balen a Joos de Momper, a molti altri che hanno collaborato a dar vita a una delle pagine della storia dell’arte più ricche, articolate e affascinanti - insieme ai membri della famiglia Brueghel, veri maestri del dettaglio e specialisti nella pittura di animali, di fiori e di oggetti.

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LE SEZIONI Il giudizio morale, natura regina, soldati e cacciatori, viaggiatori e mercanti, allegorie e parabole, splendore e vanità, vita silente e danza degli ultimi: attorno a questi gruppi tematici che intitolano le sezioni della mostra si sviluppa il racconto appassionante delle realtà della vita e la meticolosa attenzione con la quale viene descritto il mondo, specchio nel quale riflettersi. Prima sezione - Il giudizio morale, tra salvezza e condanna Il percorso della mostra parte dalle Fiandre della metà del Cinquecento per sottolineare il dialogo tra la fantasia morale e visionaria de I Sette peccati capitali di Hieronymus Bosch (1500 - 1515) e la pittura di Pieter Brueghel il Vecchio, capostipite della più importante famiglia di artisti fiamminghi del XVI e XVII secolo e presente in mostra con La resurrezione del 1563 circa. Lo sguardo di Brueghel si posa su un’umanità semplice, libera ma al tempo stesso schiava dei bisogni, in continuo movimento tra le tendenze spirituali alla virtù e le seduzioni carnali del vizio. Seconda sezione - La natura regina La rivoluzione copernicana della pittura fiamminga non considera l’uomo quale centro dell’universo ma lo porta a essere parte di un mondo più forte e complesso. Anche per gli effetti della Riforma protestante e delle teorie calviniste, l’attenzione dell’arte si sposta verso il primato della natura, che soprattutto Jan Brueghel il Vecchio detto dei Velluti, dipinge con una meticolosa attenzione nel Riposo durante la fuga in Egitto (1602-1605 circa) e nel Paesaggio fluviale con bagnanti (1595-1600 circa). Con queste opere inizia un percorso di nuova percezione della realtà, nasce lo stupore e il senso del limite umano di fronte alla potenza degli elementi di un mondo minaccioso ma attraente. La grande tela del Paesaggio boscoso con la Vergine e il Bambino, san Giovannino e un angelo (1645-1650 circa) di Jan Brueghel il Giovane ne è un esempio emblematico. Per la prima volta, rispetto alle precedenti tappe, in questa sezione le opere di van Cleve si rivelano subito molto popolari, tanto da essere ben conosciute dalla successiva generazione di artisti tra i quali Pieter Brueghel il Giovane. Alcuni studiosi ritengono che l’opera in mostra La parabola del buon pastore (1578 ca.) derivi da un originale di Pieter Brueghel il Vecchio andato perduto. L’incantevole tavola Villaggio fiammingo con contadini al lavoro nei campi (1565 circa) è il frutto della collaborazione tra Marten van Cleve e Jacob Grimmer. Terza sezione - Soldati e cacciatori nella luce dell’inverno La Trappola per uccelli (1601) è una delle scene più celebri della pittura fiamminga che Pieter Brueghel il Giovane propone con maestria sulla base della prima versione paterna. In una sublime atmosfera invernale, i cacciatori aspettano che gli animali cadano in trappola mentre uomini, donne e bambini pattinano sul fiume gelato, noncuranti del pericolo. L’idea della caducità della vita è resa in modo magistrale e questa sezione della mostra racconta gli aspetti più crudi e realistici della quotidianità. Un tema analogo è trattato da Marten van Cleve con il Paesaggio invernale con la Strage degli innocenti (1570 circa). Quarta sezione - Storie di viaggiatori e mercanti La città di Anversa nel Cinquecento è il fulcro dei commerci, delle spedizioni, dei grandi viaggi. Qui nasce e si consolida una nuova classe borghese, che sfida le imprevedibili rotte commerciali del mare in cerca di ricchezza. La pittura celebra le gesta e le avventure di viaggiatori e mercanti, le loro storie diventano spunto per quadri sempre più apprezzati e diffusi, destinati ad abbellire le case di una committenza colta e attenta alle nuove

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dinamiche di un mercato nascente. Riscuotono particolare successo le incisioni come Incontro tra viandanti di Jan Brueghel il Giovane del 1630 circa. Quinta sezione - Le allegorie, racconti delle meraviglie Grandi metafore visive, le allegorie sono un modo molto efficace per rendere visibili e immediatamente comprensibili concetti come l’amore, la guerra, la pace, gli elementi della natura e i sensi umani. Allegoria dell’amore (1648-1650 circa) e Allegoria dell’udito (1645-1650 circa) sono dipinti che dimostrano la particolare abilità di Pieter Brueghel il Giovane in questo genere di pittura. Il percorso narrativo della mostra si chiude con una serie di opere dal forte impatto emotivo che completano il percorso artistico e creativo della straordinaria dinastia Brueghel. Tra le novità presenti alla Reggia di Venaria spicca l’olio su rame Le Tre Grazie con un cesto di fiori (1635 circa) di Jan Brueghel il Giovane e Frans Wouters, allievo di Rubens. Il dipinto è in chiara relazione con il celebre quadro del grande maestro fiammingo conservato a Vienna, uguale per soggetto e impostazione, ispirato al gruppo scultoreo appartenente ai Piccolomini. Nel quadro esposto è facile riconoscere la mano di Frans Woutersche che realizza le figure femminili con il celebre plasticismo del maestro, mentre Jan Brueghel si dedica con tutta la sua abilità nella resa del paesaggio e del grande canestro floreale. È questo il momento di massimo splendore dello “stile Brueghel” grazie ai dettagli che brillano di tocchi sgargianti e minuziosi, ai colori smaglianti, alla vena fantasiosa - come in Ninfe dormienti spiate da un satiro (1640 c.) di Jan Brueghel il Giovane e Jan van Boeckhorst - che caratterizzano la scuola fiamminga in tutta Europa. Ulteriore figura di particolare interesse presentata alla Venaria Reale è Paolo Fiammingo, importante pittore nordico naturalizzato italiano. In lui confluiscono con maestria, complice un lungo viaggio nella Penisola, la grande lezione della pittura rinascimentale italiana, il colorismo veneto e il gusto per i particolari e per il paesaggio tipico della pittura fiamminga. Diana e le Ninfe spiate da Atteone (1580 circa) è un’ampia lastra di rame tagliata in grande spessore secondo la tecnica cinquecentesca, che vede Atteone prima trasformato in cervo e poi divorato dai suoi stessi cani, come punizione per aver spiato la dea Diana e le sue ninfe mentre erano intente a riposarsi presso un fiume dopo le fatiche venatorie. La scena è ambientata in un fitto bosco, in cui ogni singola foglia è indagata con perfezione millimetrica, mentre al centro della scena una piccola natura morta floreale mostra la bravura di Paolo Fiammingo nella rappresentazione degli elementi vegetali che la scienza coeva aveva iniziato a catalogare. La fascia centrale del dipinto, invece, è interamente occupata dai sensuali e slanciati corpi nudi solo parzialmente avvolti con drappi dai colori elettrici e vibranti, anch’essi agitati in ampie volute dal sapore proto-barocco. Sesta sezione - Splendore e vanità della vita silente Se è vero che i fiori sono il simbolo dell’armonia e della ricchezza, è anche vero che nascondono sempre l’idea della vanitas, di ciò che non dura perché ogni cosa bella è destinata a perire. E anche nelle grandi nature morte in realtà si percepisce lo scorrere della vita silente, che esiste con discrezione. Il messaggio morale caducità del tempo è evidenziato da dettagli come un frutto più maturo, o una foglia morta. Nella Natura morta con fiori in un cesto e in un vaso d’argilla (1640-1645) Jan Brueghel il Giovane sceglie come vaso un’urna cineraria, come volesse ricordare la meta comune e inesorabile. Di particolare pregio le piccole composizioni di Natura morta con fiori (1660-1665) e Vaso con tulipani e dalie (1645-1650 circa) di Ambrosius Brueghel. Settima sezione - La danza degli ultimi I Brueghel sono narratori di fatti e di storie. Nelle loro opere c’è il racconto della vita vera, ci sono contadini piegati dalla fatica del vivere, ubriachi, mendicanti, personaggi dipinti solo di spalle e figure anonime che percorrono il loro tratto di esistenza ignari e indifferenti all’osservatore esterno che guarda il quadro.

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La Danza nuziale all’aperto del 1610 e La Sposa di Pentecoste di Pieter Brueghel il Giovane (1620-1623) sono opere emblematiche. A chiudere il percorso Marten van Cleve con Coppia di contadini assalita dai briganti (1576 c.) presente per la prima volta a Torino. L’evento è consigliato da Sky Arte HD. Catalogo edito da Skira. MATERIALE STAMPA E IMMAGINI IN HD > http://bit.ly/BRUEGHEL_TORINO Sede Reggia di Venaria 10078 Venaria Reale, Torino Orari di apertura Fino al 2 ottobre 2016: lunedì: giorno di chiusura da martedì a venerdì: dalle ore 10 alle 18 sabato, domenica e festivi: dalle ore 10 alle 20.30 Dal 4 ottobre 2016: lunedì: giorno di chiusura da martedì a venerdì: dalle ore 9 alle 17 sabato, domenica e festivi: dalle ore 9 alle 19.30 Informazioni e prenotazioni tel. +39 011 4992333 Sito > www.lavenaria.it Hashtag ufficiale #BrueghelTorino

Ufficio Stampa Arthemisia Group Adele Della Sala | [email protected] | M +39 345 7503572 Anastasia Marsella | [email protected] | M +39 370 3145551 Salvatore Macaluso | [email protected] | T +39 06 69380306 Barbara Notaro Dietrich | [email protected] | M +39 348 7946585 Ufficio Stampa LA VENARIA REALE [email protected] | T +39 011 4992300 Andrea Scaringella - Resp. Matteo Fagiano - Ufficio stampa e Relazioni esterne - Web - Social Media Cristina Negus - Ufficio Stampa e Relazioni esterne - Media planning e buying CATALOGO SKIRA Lucia Crespi | [email protected] | T +39 02 89415532 | T +39 02 89401645

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SCHEDA TECNICA Titolo Brueghel. Capolavori dell’arte fiamminga Sede Reggia di Venaria 10078 Venaria Reale, Torino www.lavenaria.it Date al pubblico 21 settembre 2016 - 19 febbraio 2016 Con il patrocinio di Città di Torino Prodotta e organizzata da Arthemisia Group Media Coverage by Sky Arte HD Mostra a cura di Sergio Gaddi e Andrea Wandschneider Progetto allestimento Giovanni Tironi Allestimento Tagi2000 Grafica in mostra e immagine coordianta Angela Scatigna Lighting designer Francesco Murano Apparati didattici in mostra Francesca Valan Catalogo Skira Audioguide Antenna International

Orario apertura Fino al 2 ottobre 2016: · Lunedì: giorno di chiusura · da martedì a venerdì: dalle ore 10 alle 18 · sabato, domenica e festivi: dalle ore 10 alle 20.30 Dal 4 ottobre 2016: · Lunedì: giorno di chiusura · da martedì a venerdì: dalle ore 9 alle 17 · sabato, domenica e festivi: dalle ore 9 alle 19.30 La mostra è aperta (con gli stessi orari della domenica) negli eventuali giorni Festivi. Le biglietterie chiudono 1 ora prima rispetto agli orari sopra indicati. Aperture straordinarie 1 novembre 9.00 – 19.30 8 dicembre 9.00 – 19.30 24 dicembre 9.00 – 15.00 25 dicembre chiuso 26 dicembre 9.00 – 19.30 31 dicembre 9.00 – 15.00 1 gennaio 11.00 – 19.30 6 gennaio 9.00 – 19.30 Biglietti Intero € 14,00 (audioguida inclusa) Ridotto € 12,00 (audioguida inclusa) maggiori di 65 anni e quanti previsti da Gratuiti e Ridotti) giornalisti con regolare tessera dell'Ordine Nazionale (professionisti, praticanti, pubblicisti); per ulteriori riduzioni consultare il sito www.lavenaria.it.

Ridotto gruppi € 12,00 gruppi di min. 12 persone Ridotto ragazzi dai 6 ai 20 anni - Universitari under 26 € 8,00 (audioguida inclusa) Ridotto Scuole € 4,00 Omaggio (audioguida inclusa) minori di 6 anni e Possessori di Abbonamento Musei e Piemonte Card. Per ottenere la necessaria autorizzazione da parte dell'Ufficio Stampa fare espressa richiesta con almeno un giorno di anticipo telefonando al numero +39 011 4992300 oppure scrivendo a [email protected] e [email protected] dal lunedì al venerdì, festivi esclusi, in orari di ufficio.

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Visite guidate (prenotazione obbligatoria, gruppi max 25 persone, microfonaggio obbligatorio) Gruppi € 80,00 Scuole € 60,00 Microfonaggio obbligatorio Gruppi € 30,00 Scuole € 15,00 Informazioni e prenotazioni tel.+390114992333www.lavenaria.itInformazionieprenotazioniscuoleTel.+390114992355 Uffici Stampa Arthemisia Group Adele Della Sala - [email protected] M +39 345 7503572 Anastasia Marsella - [email protected] M +39 370 3145551 Salvatore Macaluso - [email protected] T +39 06 69380306 Catalogo Skira Lucia Crespi - [email protected] T +39 02 89415532 T +39 02 89401645

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Dopo le prestigiose mostre dedicate negli ultimi anni ai grandi nomi dell’arte italiana, da Lorenzo Lotto a Mattia Preti, da Raffaello fino alle notissime maestranze artigiane dell’Italia di Cinque e Seicento, siamo lieti di inaugurare l’arrivo dell’autunno con una mostra che travalica i confini nazionali, all’insegna della grande arte fiamminga: “Brueghel. Capolavori dell’arte fiamminga”. Grazie alla collaborazione con Arthemisia, accogliamo alla Reggia di Venaria un’ampia esposizione sui Brueghel, già svoltasi con grande successo di pubblico nella prestigiosa sede di Palazzo Albergati a Bologna. Si tratta di 115 capolavori, dipinti da una delle più grandi e fortunate botteghe pittoriche delle Fiandre, quella dei Brueghel. A partire dal capostipite Pieter il Vecchio, vissuto nella seconda metà del Cinquecento, passando attraverso i suoi due figli, Jan il Vecchio e Pieter il Giovane, la mostra presenterà una terza generazione, con Abraham e Jan il Giovane, vissuti a cavallo tra Sei e Settecento e autori di alcuni capolavori entrati nell’immaginario collettivo dell’arte fiamminga. La mostra ripercorre la storia di oltre centocinquant’anni dell’intera dinastia dei Brueghel il cui eccezionale talento artistico, ma anche commerciale e promozionale, ha dato vita a una delle pagine della storia dell’arte più affascinanti per la ricchezza visiva e la cura per il dettaglio mai visti prima nella storia della pittura. Tema estraneo al panorama artistico allora esistente in Italia è l’attenzione alla realtà quotidiana, agli aspetti più popolari, realistici, crudi o allegri di contadini e mercanti dell’epoca. I Brueghel, le cui opere sono ben riconoscibili, proprio per la loro fama, hanno inondati i degli e dei collezionisti di tutti i secoli, fino ad oggi. Loro opere, come quelle di altri artisti fiamminghi, si trovavano numerose e apprezzatissime nella straordinaria collezione del principe Eugenio di Savoia, da lui raccolta nei suoi palazzi viennesi e poi in gran parte giunta a Torino e ora conservata alla Galleria Sabauda. Ringraziamo il curatore, Sergio Gaddi e tutto lo staff di Arthemisia per l’efficiente e fattiva capacità organizzativa che ha permesso alla Venaria di ospitare questo appassionante viaggio nell’epoca d’oro della pittura fiamminga.

Paola Zini Presidente della Venaria Reale

Mario Turetta

Direttore della Venaria Reale

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Sono lieto che la Reggia di Venaria Reale a Torino ospiti l’ottavo appuntamento della mostra itinerante dedicata alla dinastia dei Brueghel. Ringrazio Mario Turetta, direttore della Venaria Reale, il presidente di Arthemisia Group, Iole Siena, la direttrice delle mostre internazionali, Allegra Getzel, insieme al loro valido staff per le idee e l’entusiasmo dimostrati. Desidero inoltre esprimere la mia gratitudine ai curatori, Andrea Wandschneider e Sergio Gaddi, per la direzione scientifica e la collaborazione nell’organizzazione dell’evento. A oggi, più di un milione di persone ha già visitato questa esposizione nelle sedi dove si è tenuta in precedenza: Como, Tel Aviv, Roma, Breslavia, Parigi, Paderborn e Bologna. Il grande successo incontrato è la dimostrazione del valore universale dell’esperienza artistica dei Brueghel che trascende quasi cinque secoli di storia della civiltà umana. A Pieter Brueghel, capostipite dell’omonima dinastia, si deve la creazione di un linguaggio figurativo unico, destinato a divenire una sorta di “marchio di fabbrica”. Mentre la tendenza classicheggiante del Rinascimento italiano con Michelangelo, Leonardo da Vinci e Tiziano, idealizzava l’Uomo esaltandone le virtù, Pieter Brueghel, per quanto esperto conoscitore della pittura italiana, si orientò verso l’esplorazione della condizione umana con tutte le sue contraddizioni e debolezze. Nei panni di osservatore e testimone del suo tempo libero da pregiudizi, Brueghel mise spesso in luce abiezioni e difetti dell’uomo comune. Pur esprimendo sovente nei suoi dipinti ammirazione per il popolo fiammingo e il suo carattere festoso, non mancò di stigmatizzarne l’ottusità e la condotta morale avvalendosi anche dell’arma dell’ironia e dell’umorismo per rafforzare il messaggio che intendeva veicolare. L’artista conosceva profondamente i propri connazionali e le sue opere attestano la riuscita fusione di folklore, proverbi e allegorie, il tutto collocato in ambientazioni paesaggistiche di grande suggestione. Pieter Brueghel divenne un maestro nella raffigurazione del paesaggio che in lui non è il frutto di un processo di idealizzazione, ma l’esito di una costruzione mentale. La diffusione dei principi del calvinismo e del protestantesimo nelle Fiandre comportò un progressivo slittamento dell’attenzione verso la natura e il paesaggio che da semplice fondale diventava ora protagonista di primo piano della rappresentazione artistica: l’uomo non era più il centro dell’universo. Dopo il viaggio in Italia, Brueghel traslò la potenza degli scenari naturali della penisola, caratterizzati da montagne e vallate, nell’uniformità del paesaggio pianeggiante delle Fiandre, e i suoi dipinti evidenziano proprio la tensione tra la perfezione della natura e la corruzione dell’animo umano, schiavo dei propri vizi. Malgrado il numero piuttosto esiguo di opere realizzate prima della morte prematura, Brueghel riuscì a creare un proprio “marchio” grazie all’impiego di un mezzo espressivo relativamente nuovo: l’incisione. Dalla collaborazione con editori e stampatori importanti (in particolare Hieronymus Cock, Frans Huys e Pieter van der Heyden) nacquero incisioni che favorirono la diffusione su vasta scala dell’immaginario figurativo dell’artista, procurandogli fama internazionale. Dopo la morte di Pieter, i figli seppero sfruttare al meglio la notorietà del padre di cui ripresero le idee e le tecniche per riproporre molti dei soggetti e delle composizioni inventati dal capostipite. Ognuno di loro divenne a suo modo un maestro e trasmise ai discendenti le tradizioni di famiglia. Il marchio Brueghel superò i limiti della cerchia familiare per estendersi anche a quegli artisti, in stretti rapporti con la grande dinastia, che Georges Marlier ha definito “Les Bruegheliens”. Marlier cita Marten van Cleve, Jacob Grimmer e Lucas van Valckwenborch tra i bruegheliani che ispirarono Pieter Brueghel e dai quali Pieter Brueghel venne a sua volta ispirato. Questo spiega le difficoltà che s’incontrano in alcuni casi nelle attribuzioni. I dipinti, i disegni e le incisioni riuniti in questa mostra riflettono su quei temi universali – l’avidità, il peccato, l’onestà, l’ipocrisia, la cupidigia – con i quali l’uomo moderno è chiamato ancora a confrontarsi. La natura senza tempo dell’arte bruegheliana la rende significativa ai nostri occhi oggi come cinquecento anni fa.

Joseph Guttmann Direttore di Global Art Exhibitions, Inc.

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Brueghel, gli artefici del mito fiammingo Già nella prima metà del Cinquecento la città di Anversa è il nuovo centro economico del mondo occidentale, fulcro dei commerci, delle spedizioni e dei grandi viaggi. Nel 1568 la popolazione supera i centomila abitanti, molte cartine europee la definiscono come la città dei mercati e Tommaso Moro sceglie di farvi iniziare la sua Utopia. Sempre importante per le manifatture di arazzi, la città consolida la propria fama per le scuole di scultura e architettura. Negli stessi anni nasce e si consolida una classe borghese dinamica e spregiudicata, in cerca di affermazione e ricchezza. Il flusso di denaro moltiplica anche il numero di artigiani e artisti presenti in città e la pittura celebra le gesta e le avventure di viaggiatori e mercanti; le loro storie diventano spunto per quadri sempre più apprezzati e diffusi, destinati ad abbellire le case di una committenza colta e attenta alle dinamiche di un mercato nascente. Nello stesso secolo si affermano i primi pittori specialisti di paesaggio, che dipingono montagne dalle forme immaginarie sullo sfondo di un alto orizzonte, utilizzando colori freddi, divisi per fasce cromatiche in successione per ottenere un efficace effetto prospettico. Questi artisti portano per la prima volta sulla tela un paesaggio a volo d'uccello, che grazie al punto d'osservazione molto alto crea un senso di irreale immensità e fa apparire le figure umane come minuscoli elementi circondati da montagne ciclopiche. Inizia così un percorso di nuova percezione della realtà, i quadri suscitano stupore e rendono visibile il senso del limite umano di fronte alla potenza degli elementi di un mondo minaccioso, ma al tempo stesso attraente e pieno di fascino. E mentre in Italia il lavoro di Michelangelo, Leonardo e Tiziano porta all’esaltazione ideale dell’uomo con l’enfasi sulle virtù e la tensione verso la santità, espresse da una fisicità plastica e perfetta, nei Paesi Bassi, anche per gli effetti della riforma protestante e delle teorie calviniste, l’attenzione si sposta sempre più verso il primato della natura, che inizia la sua trasformazione da semplice sfondo della rappresentazione a soggetto vero e proprio dell’opera d’arte. Pieter Brueghel il Vecchio, il capostipite della famiglia, viaggia in Italia fra il 1552 e il 1556; la prova del suo passaggio si desume anche dalla straordinaria tavola Veduta del porto di Napoli del 1556, nella quale rappresenta il porto in modo molto realistico e con monumenti che rendono identificabile con chiarezza la città. Il quadro, che appartiene alla collezione della Galleria Doria Pamphilij di Roma, è uno degli unici due dipinti di Pieter il Vecchio presenti in Italia, insieme alla Parabola dei ciechi del Museo di Capodimonte di Napoli. Nel suo viaggio viene certamente impressionato più dalla potenza delle montagne innevate, delle vallate, delle cime, delle acque e di tutto quanto trova di inconsueto e diverso rispetto al paesaggio pianeggiante dei Paesi Bassi, che non dalla centralità ideale della figura umana nell’arte. Sente la forza assoluta della natura e prefigura quell’idea di sublime che Schiller arriverà a teorizzare nel corso dell’Ottocento. E forse non è un caso che proprio dalla sensibilità del romanticismo partirà una rinnovata attenzione critica sull’opera del maestro fiammingo. Rientrato in patria, realizza la maggior parte delle sue opere tra il 1559 e il 1569, negli anni dell’arrivo nei Paesi Bassi del feroce duca d’Alba, mandato dal re di Spagna Filippo II per sedare con la forza l’espansione della dottrina luterana e convertire i protestanti con ogni mezzo. In un pesante clima di tensioni religiose, Brueghel è invece un colto individualista, segue la filosofia stoica, conosce le posizioni di Erasmo da Rotterdam e di Tommaso Moro e frequenta il geografo Abraham Ortelius, l’autore del primo atlante del mondo. Inizia il suo percorso di formazione artistica nella raffinata bottega di Pieter Coeck van Aelst, uno dei pittori più apprezzati dei Paesi Bassi, del quale diventa anche genero sposando la figlia Maycken. Tra i due c’è una profonda differenza di stile, come si nota mettendo a confronto l’opera di Brueghel con il Trittico con adorazione dei Magi, Annunciazione e Natività di Coeck van Aelst, ed infatti Pieter il Vecchio è sostanzialmente il solo, o comunque il più rilevante, tra i pittori che si mantengono estranei al gusto classicheggiante, ovvero al cosiddetto fenomeno di adesione alle correnti artistiche italiane. Entra invece presto in contatto con le visioni fantastiche di Hieronymus Bosch, considerato oggi da molti studiosi come il primo surrealista della storia dell’arte. Brueghel è talmente affascinato da questa pittura visionaria, capace di evocare l’opposizione fra sacro e profano e la lotta tra fede e superstizione, che realizza dipinti e incisioni nello stesso stile, tanto da essere definito come “il secondo Bosch”. La casa editrice d’arte Aux Quatre Vents di Hieronymus Cock, con la quale collabora inizialmente, chiede all’artista disegni proprio sullo stile di Bosch per realizzare incisioni e stampe, che riscuotono un particolare successo, anche per la facilità di circolazione e di vendita. Ma agli uomini del Cinquecento il mondo immaginario di Bosch non appare affatto

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come un rebus fantastico. Per loro la stravaganza iconografica dell’artista richiama immediatamente alla mente il conflitto tra bene e male e tra virtù e vizio, che mette il mondo in una posizione di costante oscillazione tra la possibilità della salvezza e il rischio dell’inferno. Una chiara dimostrazione di questa tesi si ha nell’opera in mostra, i Sette peccati capitali, nella quale lo spazio pittorico si presenta con una propria sfericità accentuata anche dalla forma leggermente concava della tavola, e con la sovranità del Cristo crocifisso nella fascia alta del quadro che diventa il riferimento anche visivo della possibilità della redenzione. Il mondo, nel quale si muovono figure che impersonificano i peccati capitali lussuria, ira, superbia, invidia, accidia, gola e avarizia, è appoggiato su una rupe, ed è in oscillazione tra la possibilità della salvezza e il rischio dell’inferno, dove i demoni e i grilli – figure tra l’umano, l’animalesco e il fantasioso - sono pronti ad accoglierlo laddove l’umanità dovesse indulgere al vizio e soccombere di conseguenza al peccato. Lo sguardo di Brueghel sull’uomo, invece, è meno severo nel giudizio morale, assume una visione più distaccata e oggettiva senza particolari volontà accusatorie o di condanna. È la visione di un’umanità che segue gli idoli della perdizione, ma che può sempre trovare un’occasione di salvezza, come nel messaggio del Cristo risorto e trionfante della tavola La resurrezione del 1563. Ma l’aspetto rivoluzionario ed innovativo della pittura del maestro fiammingo è la capacità di rappresentazione della normalità della vita umana senza filtri, di analizzarne le vicende senza alcuna grandiosità, ma con una marcata attenzione anche verso gli aspetti più brutali. Brueghel sa bene che la carnalità e i bisogni elementari sono certamente poco nobili, ma al tempo stesso ne riconosce verità e realtà nella quotidianità di ogni giorno. Il pittore si guarda attorno e descrive nei dettagli ciò che vede, e nonostante gli eccessi anche volgari dei comportamenti del popolo, mantiene spesso il tono ironico e caricaturale, ed anche una certa gioia di vivere. La sua capacità di osservazione e di riproduzione del mondo reale viene subito ripresa ed interpretata dai figli pittori Pieter il Giovane e Jan il Vecchio, che a loro volta la trasmetteranno ai discendenti, pur con esiti qualitativi differenziati, dando vita ad una straordinaria tradizione d’arte che si estende per quattro generazioni. Il primo figlio Pieter, a differenza del fratello Jan, realizza vere e proprie copie delle opere paterne, permettendone la diffusione dello stile tra il pubblico ed alimentando le richieste del mercato. La particolare attenzione paterna nei confronti della natura viene invece ereditata e sviluppata in modo efficace e personale dal secondo figlio Jan, anche soprannominato Jan dei Velluti per la straordinaria capacità tecnica che lo porta alla perfezione quasi tattile della pittura. Nonostante possa apparire paradossale, bisogna riconoscere che la fama di Pieter Brueghel il Vecchio, accresciuta dopo la sua morte e diventata oggi leggendaria, si deve in parte anche ai numerosi dipinti dei figli, certamente i testimoni più attendibili dei soggetti originali e dello stile geniale del padre-maestro. A Pieter il Giovane si deve la diffusione dei celebri paesaggi invernali, diventati emblema dell’arte fiamminga, dove la pittura riesce a trasmettere tutta la gamma di sensazioni anche fisiche legate alle temperature rigide e ai paesaggi nordici; i colori freddi e la luce lattiginosa rendono vivi e presenti gli alberi coperti di neve, i tetti imbiancati, la malinconia della natura e i ritmi rallentati delle figure umane nell’aria rarefatta dell’inverno. Nella Trappola per uccelli di Pieter il Giovane la precarietà della vita dei pattinatori sul fiume gelato, la cui lastra di ghiaccio può cedere da un momento all’altro, è simile all’inconsapevolezza degli uccelli che si posano sotto l’apparente riparo di una tavola di legno che invece diventa la trappola mortale, azionata dalla mano del cacciatore attraverso la fune che parte dalla finestra sullo sfondo. Il tratto moralistico e pedagogico è ancor più esplicito nelle Sette opere di misericordia, che rappresenta le virtù cristiane di nutrire gli affamati, vestire gli ignudi, visitare i malati e i carcerati, seppellire i morti, dare da bere agli assetati in un villaggio fiammingo contemporaneo all’artista e non nell’epoca storica del Nuovo Testamento nella quale effettivamente si svolge. Questa tecnica di attualizzazione degli episodi sacri e biblici nella contemporaneità dello spettatore è piuttosto diffusa nella pittura dell’epoca e permette una immediata e più facile comprensione del messaggio e dell’insegnamento morale. Gli artisti della famiglia Brueghel sono narratori di fatti e di storie. Nelle loro opere, come abbiamo osservato, c’è la rappresentazione della realtà e il racconto della vita quotidiana per come effettivamente si svolge; ci sono contadini che per la prima volta diventano soggetto del quadro mentre sono piegati dalla fatica del vivere, insieme a ubriachi e mendicanti, piuttosto che personaggi presi di spalle e figure anonime che percorrono il loro tratto di esistenza ignari e indifferenti all’osservatore del quadro.

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Ma insieme alle passioni più umili, c’è al tempo stesso la varietà della vita, l’esplosione dell’allegria e della festa, c’è il gioco del corteggiamento, ci sono i riti matrimoniali e le tradizioni tramandate da generazioni davanti al fuoco o durante un banchetto. Soprattutto Pieter il Giovane non esprime quindi un giudizio di condanna sull’umanità, ma rivolge la sua attenzione verso la cosiddetta vita bassa, posa uno sguardo indulgente e spesso partecipe sulla quotidianità dai risvolti goffi e disarmanti, e proprio per questo profondamente umani. Tale approccio pittorico è anche conseguenza del pensiero stoico, già conosciuto dal capostipite della famiglia, in base al quale l’universo è un edificio di particolare bellezza, regolato razionalmente ed in modo preciso. Ogni essere vivente ha un ruolo specifico ed a ciascuno viene assegnato un posto, compreso l’uomo che deve adattarsi e subire imperturbabile il proprio destino. Le abitudini e i comportamenti dei contadini, ritratti soprattutto nei momenti di festa come matrimoni e danze, diventano quindi metafora dell’intera esistenza. Ed anche se le rappresentazioni della vita rurale venivano intese come satira del mondo contadino, in realtà proprio le classi sociali più umili erano le più adatte a raffigurare con precisione la realtà del mondo nel suo complesso, perché proprio i semplici sono liberi dalla maschera dell’artificio e vivono le pulsioni con genuina spontaneità. In questa logica, un’opera di particolare interesse è la serie completa delle tavole del Matrimonio contadino di Marten Van Cleve. I sei quadri raffigurano rispettivamente il corteo dello sposo, quello della sposa, la presentazione dei doni, il banchetto di nozze, la benedizione del talamo nuziale e la vita matrimoniale, momenti che mostrano numerosi dettagli rivelatori dei comportamenti e dei costumi dell’epoca. A partire dalla postura della sposa, l’unica ad avere i capelli sciolti rispetto alle altre donne che la accompagnano, che invece hanno il capo coperto dal fazzoletto. I capelli sciolti, oltre ad essere un simbolo di seduzione che diventa esplicita nel giorno delle nozze, sono al tempo stesso segno di attrazione verso il mistero della procreazione. Momento fondamentale che impone alla sposa un atteggiamento conseguente di particolare sobrietà e moderazione, facendole assumere una postura adeguata, con occhi bassi e braccia conserte. Si nota come sia nella fase di presentazione dei doni nuziali, che durante il banchetto di nozze, questa mantiene lo stesso atteggiamento, che assume anche una valenza di difesa dagli sguardi malevoli degli invidiosi che potrebbero inficiare la serenità della sua nuova vita. Spesso, in situazioni analoghe, veniva anche posto uno specchio alle spalle della sposa per restituire all’autore l’eventuale sguardo negativo. Infine, nella tavola della benedizione del talamo nuziale la sposa è in lacrime, per la consapevolezza del definitivo abbandono della spensieratezza giovanile e per la perdita dell'innocenza verginale che segna il passaggio alla vita adulta. Dal raffronto tra la sua Danza nuziale all’aperto di Pieter il Giovane e l’analoga Danza nuziale di Marten van Cleve, appare evidente come il diverso è più accentuato taglio prospettico del primo, con le figure in maggiore evidenza, offra al dipinto una maggiore forza dinamica rispetto al medesimo tema trattato da van Cleve, che gioca viceversa sull’esplicita carnalità di alcune figure che si abbandonano senza riserve agli istinti più elementari e rozzi. Ancora una volta è evidente la differenza tematica tra la cruda rappresentazione della realtà della pittura fiamminga rispetto alla ricerca della perfezione plastica e ideale del Rinascimento italiano. Jan Brueghel il Giovane, figlio di Jan il Vecchio e nipote del capostipite, si trova in Italia per lo stesso viaggio di formazione che il nonno e il padre fecero prima di lui, quando è costretto a tornare ad Anversa nel 1625 a causa della morte del padre. Con l’aiuto di Rubens, amico di famiglia, si prende carico della bottega paterna e delle oltre seicento opere, tra disegni e dipinti, lasciate incompiute e che devono solo essere ultimate. Jan il Giovane inizia così la sua fortunata carriera, aiutato nell’impresa da una nutrita schiera di pittori amici del padre come Frans Francken, Joos de Momper, Hendrick van Balen. L’idea del sorprendente, dell’esotico e del meraviglioso, che fa riferimento alla moda e alla diffusione tra i collezionisti della Wunderkammer (camera delle meraviglie), trova nella pittura di Jan il Giovane una perfetta rappresentazione, molto in voga nel Seicento e molto apprezzata dalla ricca borghesia mercantile. Tra i numerosi dipinti presenti in mostra, destano particolare interesse i temi allegorici, tra i quali l’artista si muove perfettamente a proprio agio. Molto diffuse sono le Allegorie dei quattro elementi, dove Vesta, Cerere, Urania e Anfitrite, che rappresentano rispettivamente fuoco, terra, aria e acqua, si muovono in uno schema ispirato dalla filosofia di Empedocle che, nel V secolo a.C. immagina l’universo sulla base dei quattro elementi fondamentali ed associa a ciascuno una qualità umana: l’aria alla luce, l’acqua alle emozioni, la terra alla stabilità e il fuoco al desiderio. Molti animali esotici come pappagalli, porcellini d’india, tigri e leoni vengono spesso aggiunti alla composizioni per rendere tangibile il senso di una realtà lontana e meravigliosa al tempo stesso.

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Nei due quadri Allegoria della pace e Allegoria della guerra del 1640, che opportunamente vanno osservati insieme, è possibile individuare una pluralità di simboli e di allusioni contrapposte. Se nell’uno Venere e Cupido, in un carro trainato dalle colombe della pace, spargono sul mondo fiori e gioielli come simbolo di armonia e ricchezza, nell’altro Marte e Aletto, furia della guerra, entrano in scena brandendo le fiaccole per accendere gli animi alla battaglia. Mentre da una parte le architetture disegnano uno spazio ordinato dove i contadini ballano felici, dall’altra diventano invece le rovine dove gli eserciti si fronteggiano nel combattimento. Ed ancora, mentre in un quadro la pace trova il suo apice simbolico in una tavola riccamente imbandita dove i commensali pranzano ed amoreggiano al tempo stesso, nell’altro le armi e il fuoco dominano la scena e la guerra diventa protagonista, assumendo il volto tetro dei lutti e della violenza. Le allegorie rivelano anche le tracce di un pensiero di matrice platonica, ed in tal caso si può leggere un riflesso del Rinascimento italiano, che vede nella natura un rimando a una realtà metafisica. Il tratto distintivo è comunque l’attenzione scrupolosa per il particolare e per i dettagli della vegetazione, descritti nel modo minuzioso e quasi ossessivo secondo la tradizione pittorica dei Paesi Bassi. Qui è molto diffuso il genere pittorico dei fiori e delle nature morte, che trasmette anche un messaggio morale racchiuso nell’idea della vanitas, in quanto ogni manifestazione di bellezza, fisica o naturalistica, nonostante il momentaneo splendore, è destinata comunque a finire per lo scorrere inesorabile del tempo. La moda dei fiori è sostenuta dall'entusiasmo popolare per le nuove specie che arrivano dalle Americhe e dall'oriente e ben si adatta alle esigenze controriformistiche della Chiesa cattolica, che ha la possibilità di utilizzare le composizioni di fiori sia come immagine simbolica dei valori cristiani, sia attribuendo ad ogni singola varietà precisi significati allegorici e morali. Anche l’arcivescovo di Milano Federico Borromeo, amico intimo di Jan Brueghel dei Velluti, è un fervente estimatore e collezionista di quadri con soggetto floreale. E’ interessante notare come l’interesse per i fiori sia stato legato anche al fenomeno della tulipomania, la prima speculazione borsistica della storia, in cui lo smanioso interesse sui bulbi di tulipano provoca enormi innalzamenti dei prezzi seguiti, nel 1637, da un crollo improvviso della domanda che produce la prima crisi economica del mondo occidentale. Nel periodo più tardo, dalla seconda metà del Seicento, si sviluppano le nature morte alla maniera fiamminga, dove si celebra il culto per ciò che è raro, pregiato ed esotico secondo i tre principali cardini delle collezioni nobiliari dell’epoca: naturalia, artificialia ed exotica, a seconda che gli oggetti collezionati fossero forme della natura, creazioni dell’abilità umana oppure pezzi provenienti da mondi esotici e lontani. Sempre nella seconda metà del Seicento, con più di cento anni di attività, la bottega d’arte dei Brueghel è già leggendaria, ed è paragonabile alle moderne firme di moda, dove ogni quadro con la firma “BRVGHEL" viene automaticamente considerato un dipinto prestigioso. Molti altri esponenti della famiglia esercitano il mestiere di famiglia, riproducendo lo stile che ha reso famosa la pittura dei predecessori; Ambrosius Brueghel, fratello di Jan il Giovane e suo figlio Jan Pieter, continuano a produrre allegorie e nature morte, che vengono subito associate dal pubblico allo “stile brueghel”. Un'abile politica matrimoniale fa entrare nel circolo familiare anche altri pittori, molto differenti tra loro e spesso autonomi rispetto alle peculiarità stilistiche dei Brueghel. David Teniers il Giovane, tra i più grandi narratori del mondo contadino, sposa Anna, sorella di Jan il Giovane. Altri parenti minori, come Philips Brueghel, si confrontano con uno stile più classicheggiante e c'è anche chi, come Joshep van Bredael, si firma JB per rimandare a Jan Brueghel, del quale è un attento imitatore. L’ultimo esponente della dinastia è Abraham, che rimane in Italia dopo il tradizionale viaggio, stabilendosi a Napoli, il cui stile si distacca dalla tradizione familiare per diventare materico, meno calcolato e più viscerale. Ed è significativo che il suo soprannome sia il fracassoso, un aggettivo molto lontano da quel dei velluti che aveva accompagnato il nonno, e che chiude l'epopea della grande famiglia Brueghel prima dei nuovi linguaggi del XVIII secolo.

Sergio Gaddi

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Cosa si intende per “stile Brueghel” Lo studio dei ‘bruegheliani’ richiederebbe necessariamente un volume a sé e si rivelerebbe anche molto complesso”, così scrivevano nel 1997 Philippe e Françoise Roberts-Jones nella monografia dedicata a Pieter Brueghel il Vecchio, geniale fondatore dell’omonima dinastia. Dieci anni prima della coppia di studiosi francesi, la gallerista parigina Monique Parigi aveva tentato una prima ricostruzione della genealogia dei Brueghel esponendo presso la sua Galerie d’Art Saint Honoré sedici opere dei due figli di Pieter e di un nipote. In quell'occasione il catalogo della mostra era stato redatto da Klaus Ertz, grande specialista dei Brueghel, di cui è possibile leggere un contributo anche nel presente catalogo. Nel 1997 sempre Klaus Ertz aveva pubblicato un volume estremamente esaustivo sui due fratelli Brueghel:Pieter Brueghel der Jungere und Jan Brueghel der Altere. Flamische Malerei um 1600. Tradition und Fortchritt, che accompagnava l'omonima mostra tenutasi a Essen, Vienna e Anversa. L’idea di prendere in considerazione tutta la dinastia dei Brueghel in una mostra senza precedenti, che fosse la più ampia possibile dal punto di vista tematico e artistico, si deve in fin dei conti a Joseph Guttmann. Di casa a New York come ad Anversa, esperto conoscitore dell’arte olandese, amico di studiosi e collezionisti dei grandi maestri, fornito della giusta dose di idealismo, Guttmann ha speso tutte le energie perché la sua intuizione si trasformasse in un progetto e questo a sua volta divenisse una realtà concreta. È stato lui lo spirito guida, l’anima di questa esposizione inaugurata a Como nel 2012 che ha poi toccato Tel Aviv, Roma, Breslau, Parigi, Paderborn e infine Bologna. Solo in certa misura tuttavia si può parlare al riguardo di una mostra itinerante, in quanto in ognuno dei luoghi citati l’evento ha assunto connotati diversi, è mutato il contesto della presentazione delle opere, si è posto l’accento su aspetti differenti. Ma passiamo ora a occuparci più concretamente della famiglia Brueghel. Questo ci porta ad Anversa, una città che fin dagli inizi del XVI secolo aveva assunto una posizione di rilievo in ambito europeo. Fiorente piazza finanziaria e mercantile, la metropoli era anche un vivace centro di scambi culturali e artistici. Qui troviamo la prima attestazione documentaria relativa a Pieter Brueghel il Vecchio: nel 1551 l’artista figura iscritto come libero pittore nel registro della gilda di San Luca, la corporazione dei pittori appunto, alla quale per oltre un secolo apparterranno anche i suoi discendenti. Pieter il Vecchio fu l’iniziatore di quello “stile Brueghel” che le tre generazioni successive faranno proprio, personalizzandolo, trasformandolo e rendendolo popolare attraverso la reiterazione di particolari soluzioni iconografiche, al punto da fare del nome Brueghel quasi un “marchio di fabbrica”. A questa dinastia apparterranno non solo figli, nipoti e pronipoti del vecchio Pieter, ma anche i generi Jan van Kessel il Vecchio e David Teniers il Giovane. Molti celebri artisti di Anversa ebbero stretti rapporti, non di rado di collaborazione, con i Brueghel, tra questi Joos de Momper, Peter Paul Rubens, Lucas van Valckenborch, per citarne solo alcuni. Il repertorio tematico della nostra mostra è decisamente ampio: dai Sette peccati capitali di Hieronymus Bosch, il grande ispiratore di Pieter Brueghel il Vecchio, ai paesaggi fluviali e alle scene di genere, passando attraverso immagini allegoriche e simboliche per arrivare ai soggetti sacri e mitologici fino alle nature morte con fiori e frutti e ai raffinati disegni di borghi, città e porti. Colpisce l’assenza di ritratti, un genere destinato a conoscere una grande fioritura nella pittura olandese ‒ o più precisamente dell’Olanda settentrionale ‒ del Seicento, ma assai poco rappresentato nell’arte fiamminga coeva, come attesta anche la produzione della famiglia Brueghel e della sua cerchia. Grande assente anche la pittura architettonica, come le vedute urbane e gli interni delle chiese così magistralmente raffigurati dai maestri olandesi De Lorme, Van Steenwijk, Neefs. A compensare questa mancanza provvede tuttavia un immaginario figurativo dal carattere peculiare e inconfondibile. In pochi centimetri quadrati si assiste a un’esplosione di vita, al vivace affaccendarsi nei villaggi, nei campi, nelle locande, al porto e sulle rive del fiume: sono le attività secolari dell’homo sapiens quelle che si svolgono dinanzi allo spettatore il cui sguardo corre libero su scenari paesaggistici estremamente suggestivi. Dal punto di vista artistico il cosiddetto “stile Brueghel” si lega a due innovazioni fondamentali, riconducibili a Pieter il Vecchio: la considerazione della vita contadina come tema iconografico indipendente; la scoperta del paesaggio come unità spaziale. Due aspetti che naturalmente s’intrecciano nella produzione artistica dei bruegheliani. Già Karel van Mander nel suo celebre Schilder-Boeck (Libro della pittura), pubblicato ad Haarlem nel 1604, riferiva a proposito di Pieter il Vecchio: “Aveva lavorato molto sulle orme di Hieronymus Bosch e dipinse anche numerosi quadri spettrali e scene umoristiche tanto da meritarsi l’appellativo di ‘Pier den Droll’ [Pietro l’ironico]. Lo divertiva osservare come i contadini mangiano, bevono, ballano, saltano, fanno festa, insomma vivono i loro momenti di gioia che l’artista attraverso il colore riusciva a rendere con grazia e ironia. Sapeva anche caratterizzare magistralmente […] la natura contadina”. Il passo citato sottolinea in forma quasi programmatica i tratti peculiari dell’arte bruegheliana. Sarebbe certamente erroneo tuttavia vedere in Brueghel una sorta di pittore naïf.

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La vera rivoluzione rappresentata dai suoi dipinti del mondo contadino, realizzati a partire dal 1560 circa, risiede non solo nella scelta del soggetto, ma anche e soprattutto nel fatto che per la prima volta in essi l’uomo viene visto in una maniera del tutto particolare, vale a dire nella sua esistenza storica, intendendo per storia non la rappresentazione di circostanze esterne come l’ambiente, la realtà sociale, spirituale, morale di un’epoca, ma la storia come qualità dell’essere. Questo significa ancora che l’uomo non rappresenta più un astratto tipo ideale, e perciò atemporale, come accadeva nell’arte precedente, ma viene concepito storicamente, è una presenza viva che necessariamente presuppone un passato e un futuro. Per la prima volta l’uomo acquista in Brueghel una pienezza dell’essere di cui la dimensione temporale è parte integrante. Questo aspetto emerge in modo particolarmente evidente in Danza nuziale all’aperto, un soggetto con cui Pieter Brueghel il Giovane, seguendo le orme del padre, si sarebbe misurato almeno una trentina di volte nel corso della sua carriera artistica. In questa occasione ne abbiamo esposto uno splendido esempio proveniente da una collezione privata americana. Nel dipinto si balla, si beve, si scherza, si suona: ogni figura, ogni scena viene resa con sensibilità estrema, ma il tutto risulta nel contempo collegato insieme da una concatenazione temporale che fa da filo conduttore dell’intera rappresentazione. Partendo da sinistra, dal terreno delimitato da una siepe sullo sfondo, il corteo muove in avanti, si arresta momentaneamente nella figura di un osservatore attento, prosegue ondeggiando, arriva al centro presso un capannello di uomini riuniti intorno al tavolo della sposa, per dissolversi infine a destra del dipinto. Una figura scorre nell’altra in modo che il nostro sguardo possa seguire questa coreografia per tutta l’ampiezza del quadro. Il principio figurativo è lo stesso della Danza nuziale di Marten van Cleve, un contemporaneo di Pieter Brueghel il Vecchio e da questi profondamente influenzato. Anche qui lo sguardo segue uno svolgimento temporale preordinato che interessa ogni coppia danzante, da sinistra in primo piano verso destra, fin sullo sfondo. Ciascun elemento contiene in nuce quanto precede e quanto segue, mentre le pennellate gialle delle vesti creano suggestivi accenti ritmici. All’estrema sinistra sono visibili un suonatore di cornamusa immobile e un gruppetto di bimbi che richiama alla mente l’invito di Cristo “Lasciate che i bambini vengano a me”. Associato visivamente a questa scena un cane, simbolo di fedeltà. All’estrema destra compaiono invece un maiale e un ubriaco in procinto di vomitare, a ricordarci il ruolo che la riflessione moralistica riveste in questa pittura. Abbiamo la grande fortuna di poter esporre altre due opere di Pieter Brueghel il Giovane, Ritorno dalla fiera della Stiftung-Fürstenberg e la Sposa di Pentecoste dell’Anhaltische Gemäldegalerie di Dessau, dove l’artista si misura con un tema, quello della festa paesana, molto apprezzato all’epoca e spesso affrontato nella pittura fiamminga, in particolare proprio dai Brueghel. Lo stesso si può dire per i fanciulli che giocano, come attesta l’esemplare di Dessau. In quest’ultimo dipinto si coglie chiaramente la scelta di un principio compositivo più datato: il villaggio, formato dalla giustapposizione di singoli edifici, fa da sfondo al palcoscenico sul quale gli uomini agiscono, e questo a scapito del realismo della resa. Eppure è presente anche qui una concatenazione giocosa di movimenti, una dinamica immanente che la pittura della generazione precedente, quella del Rinascimento per intenderci, ignorava persino nelle scene di grande movimento. Basti citare al riguardo le celebri Coppie di contadini che ballano di Dürer dove l’accento non è posto sullo svolgimento temporale dell’azione, ma l’artista mira piuttosto a rappresentare un paradigma ideale. Indubbiamente ci troviamo anche di fronte a opere che non sono di così immediata comprensione. È il caso soprattutto dei dipinti allegorici che racchiudono sentenze e allusioni moraleggianti. Si pensi allo scenario del Martedì grasso di Hieronymus Bosch, così ricco di complessi simboli. Decisamente esplicito invece il linguaggio figurativo degli Adulatori come anche quello della Battaglia per il denaro, una splendida incisione a bulino di Pieter Brueghel il Vecchio. Qui assistiamo a una lotta senza esclusione di colpi tra salvadanai, barili e casseforti che nascondono e proteggono dietro le loro “armature” il prezioso denaro dai quali, una volta forzati, le monete spillano fuori come il sangue da una ferita. Un’altra grande innovazione artistica legata alla figura di Brueghel il Vecchio riguarda la pittura di paesaggio. La rappresentazione della natura è una costante di tutta la sua produzione e occupa un posto di rilievo anche in quella dei suoi figli, soprattutto Jan il Vecchio, come attesta chiaramente la nostra mostra. Già Karel van Mander rilevava nel suo Schilder-Boeck come Brueghel, durante il viaggio compiuto nelle Alpi tra il 1552 e il 1556, “avesse masticato e digerito ogni singolo monte e sasso per poi, una volta tornato a casa, rigettarlo sulla tela, tale era la sua ricerca di un contatto con la natura sia sul piano concreto che artistico”. Nulla di più vero. Grazie agli schizzi eseguiti da Brueghel del suo viaggio in Italia e giunti fino a noi, possiamo ricostruire il soggiorno con relativa esattezza. In questi dipinti tuttavia Brueghel non sembra interessato a una riproduzione fedele della realtà. Si coglie certamente una profonda venerazione per la natura, ma nessuna intenzione di rendere con esattezza il paesaggio, né è il caso di parlare di pittoresco. A catturare la nostra attenzione di fronte a questi dipinti di Brueghel e dei suoi discendenti è l’immane presenza dello spazio, l’ubiquità della terra, dell’acqua, dei monti, del cielo.

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Con Pieter il Vecchio la pittura di paesaggio fiamminga raggiunge un’intensità di cui già si avvertivano i primi sentori nelle opere della generazione precedente (per esempio in Joachim Patinir o Jan van Amstel), ma che ora assume una connotazione diversa e questo grazie a un nuovo senso della sintesi. Che cosa significa tutto ciò? Una risposta la offre lo splendido dipinto, appartenente alla collezione del barone Luc Bertrand, Paesaggio con la parabola del seminatore, attribuito a Pieter Brueghel il Vecchio e al suo collega Jacob Grimmer. Da un punto di osservazione sopraelevato lo sguardo corre su un paesaggio fluviale, abbracciando in un colpo d’occhio, grazie a una prospettiva aerea, il globo terrestre nella sua interezza. Siamo di fronte a quello che nelle diverse lingue si definisce Weltlandschaft, world landscape, paysage cosmique ovvero un paesaggio universale. Ma attraverso quali espedienti l’artista ottiene questo effetto di grande suggestione? Innanzitutto il corso del fiume genera una profondità spaziale tale per cui il paesaggio sembra perdersi all’infinito. A seguire, una scelta cromatica che varia nel passaggio dal primo piano allo sfondo: marrone per ciò che è più vicino allo spettatore, verde per ciò che si trova a una distanza intermedia e un tenue grigio-blu per gli elementi in lontananza. A questa partizione dello spazio pittorico contribuiscono anche gli elementi boschivi e i rilievi che fungono da punti di riferimento per orientarsi. Si afferma di fatto una nuova percezione. Tradizionalmente nella pittura di paesaggio, che come genere muoveva allora i primi passi, il dipinto era la risultante dell’addizione di singoli elementi: alberi, montagne, fiumi, case. Lo sguardo saltava di motivo in motivo, senza arrivare a una vera visione d’insieme. Da questo mosaico, da questa sorta di puzzle del mondo nasce ora un’immagine unitaria della natura. Ma c’è ancora qualcosa di straordinariamente nuovo: la coesistenza dei vari elementi nello spazio appare l’esito dell’interazione di forze. La terra è come una massa imponente che irrompe sulla superficie pittorica; il fiume con l’impeto delle sue acque divide le due sponde, mentre in alto e sullo sfondo l’aria si espande all’infinito, al punto che è possibile avvertire il respiro cosmico anche nei più minuti dettagli. Questa nuova percezione della totalità dell’ambiente paesaggistico, questa sintesi straordinaria di onnipresenza e assenza di limiti fa sì che uno scenario esplicitamente legato alla realtà e alla quotidianità (contadini che tornano dal mercato, uomini che vanno a caccia, pescatori lungo le sponde dei fiumi) possa erompere in modo visivamente plausibile in un mondo puramente immaginario. In altri termini realtà e fantasia devono intrecciarsi figurativamente perché si possa conseguire una visione della totalità del cosmo. Un esempio particolarmente suggestivo in tal senso lo offre il dipinto Città costiera con ponte ad arco, frutto della collaborazione, allora piuttosto frequente, tra Jan Brueghel il Vecchio e Lucas van Valckenborch, uno specialista nella realizzazione di “paesaggi universali”. L’elegante ponte ad arcate è ritratto in modo così dettagliato e realistico con i contadini, gli animali e i passanti, che l’osservatore arriva a credere di potersi mescolare alla folla. Ma continuando a lavorare con la fantasia, il presunto spettatore potrebbe pensare di nuotare nelle acque di quel mare o di solcarlo su una di quelle barche a vela o di attraversare il ponte per raggiungere quella parte della città che si estende sull’altra riva, o di scalare le montagne visibili in lontananza? La risposta è no, perché il tutto, immerso nei toni sublimi di un luminoso blu, ci sfugge. Non a caso il punto di arrivo del ponte resta avvolto nell’indeterminatezza. Dalla realtà comprensibile e accessibile non parte alcun sentiero che conduca al tutto cosmico, destinato a rimanere oscuro e intangibile tranne che nella dimensione fantastica. Questa peculiare interpretazione del paesaggio universale continuerà a caratterizzare la pittura fiamminga ancora fino al XVII secolo. Solo la produzione tarda di Jan Brueghel il Vecchio e di suo figlio Jan il Giovane segna un affrancamento da questa visione. Saranno allora gli olandesi, tra gli altri, a sviluppare una nuova tipologia di paesaggio fatto di pianure omogenee che si perdono in lontananza all’orizzonte. E tutto questo proprio in un’epoca in cui molti altri generi pittorici conoscevano la loro massima fioritura, si pensi alle marine, alle vedute, alla pittura d’interni, alla ritrattistica, alla natura morta e alla pittura di genere. Se si considera che nella pittura rinascimentale e ancora nel cosiddetto manierismo di Anversa a dominare sono i soggetti sacri, o al massimo mitologici, questa svolta verso un’iconografia “profana” rappresenta un fenomeno sorprendente. Facile sarebbe cogliervi l’espressione di una visione laica del mondo, di una sacralizzazione dell’arte. Ma non dimentichiamo che ‒ malgrado la Riforma e il calvinismo nell’Olanda del Nord ‒ siamo in pieno barocco, un’età cui fu estranea una visione della terra e del cielo come entità distinte; a caratterizzare quest’epoca fu piuttosto una concezione del mondo come realtà unitaria in cui il divino pervade l’intero cosmo. È proprio a questa fede nella sostanziale unità di tutti gli esseri viventi che il barocco deve il suo volto peculiare. In altri termini, il mare in tempesta e il mulino sulle rive del fiume, la taverna con i contadini ubriachi e il volto di una donna borghese, la tavola imbandita con il pane e il pesce, il vaso con i tulipani colorati diventano degni di essere rappresentati nel momento in cui, al di là di ogni dubbio o remora morale, rafforzano l’idea di un tutto, di una totalità della creazione,

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nella quale ogni essere ha il suo posto necessario, logico e di conseguenza predestinato. In tal modo la pittura si appropria del mondo in ogni sua manifestazione. Ai fini di questo ampliamento straordinario del repertorio iconografico, i Brueghel, soprattutto Pieter il Vecchio, svolsero un lavoro preparatorio determinante, in particolare nel campo della pittura ispirata al mondo contadino. Tra la terza e la quarta generazione si registrano ancora due contributi straordinari: l’uno ‒ come testimonia chiaramente la nostra mostra ‒ nel campo dell’allegoria (allegorie della pace, della guerra, dei quattro elementi, dell’amore, dei cinque peccati…), nel quale gli artisti olandesi avrebbero raggiunto vertici ineguagliati; l’altro nel genere della natura morta con fiori. Stillleben, still life, nature morte, la natura morta non prevede mai per i fiamminghi una tavola imbandita, scorci di cucine, trofei di caccia, composizioni di libri, scheletri e strumenti musicali come è tipico dei colleghi del Nord, ma fa dei bouquet di fiori dall’esuberante varietà il suo soggetto privilegiato. Fu in particolare Jan Brueghel il Vecchio a dare lustro a questo genere di natura morta, grazie ai suoi splendidi mazzi di fiori destinati a una clientela internazionale e di corte. Ancora oggi i dipinti floreali rappresentano le nature morte più apprezzate e costose. In passato fungevano anche da doni ufficiali: nel 1606 gli Stati generali commissionarono al pittore di corte Jacques de Gheyn, all’Aia, una natura morta con fiori del valore di 1000 fiorini come dono ufficiale per Maria de’ Medici, consorte del re di Francia Enrico IV. La corrispondenza tra Jan Brueghel il Vecchio e i suoi committenti milanesi, l’arcivescovo Federico Borromeo e il mercante d’arte Ercole Bianchi, contiene informazioni preziose sull’apprezzamento riservato alle nature morte con fiori e sul modo di lavorare del pittore. Nella scelta dei fiori si puntava sulla bellezza e la rarità, per la resa pittorica invece sulla maggiore cura possibile dei dettagli. Era d’obbligo che i fiori venissero ritratti dal vivo, per questo il pittore doveva recarsi nei giardini durante il periodo della fioritura e non di rado anche intraprendere dei viaggi. Dipingere un bouquet di fiori che sbocciavano in periodi diversi dell’anno faceva sì che il lavoro si protraesse per vari mesi, per questo di solito l’artista eseguiva più quadri contemporaneamente. Vediamo ora quali sono le caratteristiche fondamentali delle meravigliose nature morte qui esposte. Evitando il più possibile le sovrapposizioni, il pittore fa in modo che ciascun fiore del bouquet sia ben visibile, che emerga con la sua fisionomia chiaramente definita dallo sfondo scuro del dipinto nell’ambito del quale occupa una posizione studiata. Forma e colore contribuiscono a far risaltare l’individualità di ogni singolo fiore cosicché nessuno spicca sugli altri. L’organizzazione della composizione rispecchia uno schema concentrico e simmetrico: più fitto e culminante verso l’alto al centro, il mazzo si apre progressivamente a ventaglio verso i lati dove compare un sottile gioco di ombre. L’attenzione dello spettatore segue obbligatoriamente lo schema secondo cui è stata costruita la composizione: indugia lungo il piano orizzontale del tavolo sul quale poggia il vaso, si concentra al massimo lungo la verticale, scema leggermente man mano che si sposta verso l’esterno. Vi è qualcosa di araldico nello schema di costruzione di questa natura morta. L’impressione di solennità e di slancio si addice perfettamente alla simmetria e all’equilibrio latenti nella composizione: nel movimento e nella metamorfosi incessante della natura si manifestano insieme l’immobilità e l’eternità di quell’ordine dell’essere che tutto pervade. Ogni fiore con la sua specifica posizione nel dipinto partecipa di questa coesistenza tra uno schema vitale e dinamico e un equilibrio statico. La natura è qui espressione dell’Eterno, dell’Atemporale, e pertanto evocazione dell’ordine divino, del disegno della creazione. Solo l’arte, cari signori, può raggiungere questi risultati o per dirla con Adorno: “Quello che la natura vorrebbe invano, lo compiono le opere d’arte: esse aprono gli occhi”.

Andrea Wandschneider

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I GIOCHI DEI BRUEGHEL E L’ESPERIENZA IN MOSTRA Attraverso grandi metafore visive e allegorie - per approfondire concetti come l’amore, la guerra, la pace, gli elementi della Natura e i sensi umani - all’interno del percorso di mostra il visitatore è invitato a vivere un’esperienza giocosa e interattiva attraverso le sezioni e aiutato da pannelli che lo guideranno a comprendere l’origine dell’arte dei Brueghel. Lo spettatore entrerà in contatto con i soggetti della Natura maggiormente rappresentati nelle opere, come animali e fiori, e sarà invitato ad approfondire e riflettere su aspetti e comportamenti tipici della Natura umana. Gli artisti della famiglia Brueghel, infatti, prendendo le distanze dagli artisti del tempo, si fecero narratori di scene e fatti di un quotidiano in continua trasformazione, realizzarono opere emblematiche aventi come fine l’analisi e lo studio degli elementi naturali, degli animali, della psicologia e della semiotica del comportamento umano. Attraverso i pannelli esplicativi è possibile vivere tre diverse esperienze didattico/percettive, collegate ad altrettante opere. Il percorso interattivo è stato curato da Francesca Valan (industrial designer specializzata nella didattica in mostra) la quale ha pensato a delle installazioni progettate per far entrare lo spettatore nell’opera ascoltando le voci degli animali, scoprendo i significati dei fiori, sbirciando i segreti degli uomini e infine presenziando alle nozze contadine. La prima istallazione è intitolata Historia Animalium e riproduce un’opera di Jan Brueghel, The Entry of the Animals Into Noah's Ark (opera in mostra) in cui, come una sorta di enciclopedia, Noè raduna varie specie animali. Una commistione unica di esemplari esotici ed europei, ritratti con dovizia che Jan ha potuto osservare dal momento che a Bruxelles e ad Anversa arrivavano specie esotiche provenienti dalle Americhe, dall’Africa e dall’India. L’installazione che riproduce l’opera è come un palco teatrale movimentato da animali dei quali è possibile conoscere alcune curiosità raccontate da una voce. I nomi degli animali sono stati lasciati volontariamente in latino, come nelle Historia animalium dell’epoca: sta al visitatore scoprire il loro nome comune. Per ognuno di loro ascolterà una piccola storia, come ad esempio per Equus ferus caballus, una razza di cavalli, comunemente grigi, con la criniera lunga e la coda che sfiora il terreno, di origine araba ma allevati in Spagna e molto ricercati nelle corti europee. Il cavallo dal manto grigio al centro dell’opera, ritrae un cavallo molto importante per il suo committente, l’arciduca Alberto: è il “cavallo nobile” che ha salvato la vita all’arciduca Alberto nella battaglia di Ostenda del 1600. Brueghel evoca la presenza del suo committente nell’opera (senza rappresentarlo) semplicemente disegnando il cavallo nella stessa identica posizione utilizzata da Rubens in un famoso (e scomparso) ritratto equestre di Alberto. La seconda esperienza è “Florilegium” in cui i protagonisti sono dettagli dei fiori delle opere in mostra ingranditi, dei quali si possono ammirare i particolari. Con lo sviluppo dei viaggi giungono in Europa da ogni parte del mondo nuove piante e, per catalogarle, vengono pubblicati molti “Florilegi”, erbari con descrizioni dettagliate e illustrazioni meticolose.

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Le nuove specie esotiche e ornamentali arrivano soprattutto dall’Asia Minore, e tra questi i tulipani che, diventando uno status symbol, daranno origine nei paesi fiamminghi a una vera e propria “tulipanomania”. È in questo periodo che la Botanica diventa una scienza indipendente dalla medicina. Pittori e incisori fiamminghi inserirono molte specie botaniche nello stesso quadro; per la religione protestante, rappresentare la straordinaria varietà delle specie viventi era un mezzo per dimostrare la grandezza di Dio e di avvicinarsi a lui. Questa installazione racconta i segreti dei fiori più rappresentati ed è quindi possibile conoscere le varie infiorescenze e scoprirne il significato celato nelle nature morte fiamminghe. La terza esperienza è Alla ricerca del proverbio e si ispira all’opera I proverbi Fiamminghi (1959), conservata alla Gemäldegalerie di Berlino e non presente in mostra perché inamovibile, di Pieter Brueghel il Vecchio al quale piaceva inserire nei suoi quadri messaggi simbolici colti o popolari che lo spettatore doveva interpretare. In questa opera è rappresentata la stoltezza e l’ipocrisia dei comportamenti umani e Brueghel si ispira all’opera di Erasmo da Rotterdam (1466-1536) che per diversi decenni raccolse proverbi e detti provenienti dalla cultura classica, soprattutto greca, individuandone la fonte, gli autori che li avevano utilizzati, le variazioni registrate nel corso del tempo, la capacità di sopravvivenza. Il tutto finalizzato ad una accurata argomentazione di significato e delle varie interpretazioni. Sono i celebri Adagia, una raccolta di più di quattromila proverbi e detti della cultura classica, completati con l’ultima edizione del 1536. Il quadro è impostato come un palcoscenico in cui personaggi e animali sono affaccendati a interpretare più di 100 proverbi e modi di dire. Alcuni proverbi sono popolari in Italia, altri meno consueti. Al visitatore è fornita una selezione di 13 proverbi e la possibilità di cercarli nell’opera attraverso una lente per apprezzare l’abilità e la sagacia della rappresentazione. L’ultima installazione è intitolata Invito a Nozze è una sala con una installazione multimediale in cui il visitatore entra totalmente nell’opera. L’installazione interpreta l’opera La Danza nuziale contadina (1566), opera di Pieter Bruegel il Giovane presente in mostra. Karel van Mander (1548 - 1606, pittore e poeta e storico dell’arte e autore di Lives of the most excellent painters sculptors and architects) ci racconta che Brueghel si divertiva ad intrufolarsi con il suo amico commerciante e committente Hans Franckert alle feste di nozze contadine facendosi passare per parente dello sposo o della sposa. Da qui poteva osservare i contadini mangiare, bere, ballare, saltare per poi trasferire minuziosamente le scene nelle sue opere. Il visitatore è invitato a partecipare all’atmosfera della festa e osservare curiosi particolari.

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DIDASCALIE IMMAGINI HD USO STAMPA

NOTA IMPORTANTE Le immagini possono essere utilizzate solo per accompagnare articoli o segnalazioni della mostra “Brueghel. Capolavori dell’arte fiamminga”

in programma a Torino, Reggia di Venaria, dal 21 settembre 2016 al 19 febbraio 2017. Ogni immagine DEVE essere seguita da didascalia e © e NON DEVE essere tagliata e/o manomessa e/o sovrascritta.

Le immagini possono essere utilizzate sul web solo in bassa definizione (100-50 dpi).

Tutte le immagini sono scaricabili in HD dal seguente link: http://bit.ly/BRUEGHEL_TORINO

1

Pieter Brueghel il Vecchio e bottega La Resurrezione 1563 ca. Olio su tavola, 107x 73,8 cm Collezione privata Belgio

2

Hieronymus Bosch I sette peccati capitali 1500 - 1515 Olio su tavola, 86,5x56 cm Geneva Fine Arts Foundation Ginevra

3

Pieter Brueghel il Giovane Danza nuziale allʼaperto 1610 ca. Olio su tavola, 74,2x94 cm Collezione privata U.S.A.

4

Pieter Brueghel il Giovane Le sette opere di misericordia 1616 Olio su tavola, 44x57,5 cm Collezione privata Belgio

5

Pieter Brueghel il Giovane La trappola per gli uccelli 1601 Olio su tavola, 37,5x56,6 cm Collezione privata Lussemburgo

6

Marten van Cleve Paesaggio invernale con la Strage degli innocenti 1570 ca. Olio su tavola, 74x106,5 cm Collezione privata Belgio

7

Ambrosius Brueghel Vaso con tulipani e dalie 1645 – 1650 ca. Olio su tavola, 24,5x14,5 cm Collezione privata Amsterdam

8

Marten van Cleve Parabola del buon pastore 1578-80 ca. Olio su tavola, 28,5x47 cm

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9

Jan Brueghel il Giovane e Frans Wouters Le Tre Grazie con un cesto di fiori 1635 ca. Olio su rame, 47x34,7 cm Courtesy Caretto & Occhinegro, Torino, Italia

10

Jacob Grimmer - Marten van Cleve Villaggio fiammingo con contadini al lavoro nei campi 1565-70 ca. Olio su tavola, 44x59 cm Collezione privata

11

Jan Brueghel il Giovane e Jan Van Boeckhorst Ninfe dormienti spiate da un satiro 1640-45 ca. Olio su rame, 22,9x31,3 cm Collezione privata

12

Marten van Cleve Coppia di contadini assalita dai briganti 1570-1577 ca. Olio su tavola, 33x47,8 cm Collezione privata

13

Pieter Brueghel il Vecchio (attr.) Jacob Grimmer Paesaggio con la parabola del seminatore 1557 Olio su tavola, 52x68,5 cm Collezione privata

14

Jan Brueghel il Vecchio Riposo durante la fuga in Egitto 1602-1605 ca. Olio su rame, montato su tavola, 15x11,5 cm Collezione privata Ghent

15

Jan Brueghel il Vecchio Paesaggio fluviale con bagnanti 1595-1600 ca. Olio su rame, 17x22 cm Collezione privata

16

Jan Brueghel il Giovane Paesaggio boscoso con la Vergine e il Bambino, san Giovanni Battista e un angelo 1645-1650 ca. Olio su tela, 115,5x167,5 cm Collezione privata

17

Abraham Brueghel Grande natura morta di frutta in un paesaggio 1670 Olio su tela, 97x136,5 cm Collezione privata

18

Jan Brueghel il Giovane Incontro tra viandanti 1630 ca. Inchiostro bruno acquerellato su carta, 17x16,7 cm Collezione privata Brussels

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19

Jan Brueghel il Giovane Allegoria dell’amore 1648-1650 ca. Olio su rame, 88x104 cm Collezione privata United Kingdom

20

Jan Brueghel il Giovane Allegoria dell’udito 1645-50 ca. Olio su tela, 57x82,5 cm Collezione privata

21

Paolo Fiammingo Diana e le Ninfe spiate da Atteone 1580 ca. Olio su rame, 45x59 cm Courtesy Caretto & Occhinegro, Torino, Italia

22

Pieter Brueghel il Giovane La sposa di Pentecoste 1620-1623 Olio su tavola, 47,20x74,30 cm Anhaltische Gemäldegalerie Dessau

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SKY ARTE HD, il primo canale televisivo italiano dedicato all’Arte in tutte le sue declinazioni, è visibile

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della piattaforma. Pittura, scultura, architettura, musica, letteratura, teatro, design e tutte le forme di

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un modo nuovo attraverso le grandi produzioni internazionali (Sky Arts, BBC, Channel 4, Arte, PBS,

Sundance Channel) e quelle originali del canale.

Con un linguaggio contemporaneo e mai didascalico, che trova nella contaminazione dei generi la sua

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Sky Arte HD è Media Partner della mostra BRUEGHEL. CAPOLAVORI DELL’ARTE FIAMMINGA.

Sky Arte ha inoltre stretto delle importanti partnership con festival, mostre e fiere ed è media

partner di Azienda Speciale Palaexpo (Palazzo delle Esposizioni e Scuderie del Quirinale) e del Museo

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In linea con il linguaggio moderno della programmazione, il canale ha una forte presenza sul web e sui

social network (Facebook, Twitter e Instagram), grazie al sito www.skyarte.it e a Sky Go, il servizio di

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principali di Sky Arte HD sono disponibili anche sul servizio Sky on Demand.

Ufficio stampa Sky Arte HD

Ufficio Stampa Sky – Elena Basso [email protected] Tel 02.308015837 Isabella Ferilli [email protected]

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subscribers (who have HD in their subscription) at channels 120 and 400.

Painting, sculpture, architecture, music, literature, theatre, design and all forms of artistic

expression find space within a single schedule dedicated to the art lovers, who have the

opportunity to deepen their interests, and to the curious who can get close to art in a new way

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With a contemporary language, through a narrative approach and the contamination of genres, Sky

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Le mostre

BrueghelCapolavori dell’arte fiamminga

a cura di Sergio Gaddi

Brueghel è il nome, diventato simbolo universale, della più importante famiglia di artistifiamminghi del XVI e XVII secolo. A partire dal capostipite Pieter Brueghel il Vecchio, ladiscendenza continua con i figli Pieter il Giovane e Jan il Vecchio, per proseguire con Jan ilGiovane, Ambrosius, Abraham, Jan Pieter. Questi pittori sono tra i protagonisti della rivoluzionerealista della pittura europea che ha influenzato, attraverso lo sguardo degli stessi inventori, igrandi temi della storia dell’arte occidentale. La realtà quotidiana della vita umana scorre sullo sfondo dei celebri paesaggi invernali, diventatiparte del mito delle Fiandre proprio grazie agli artisti della famiglia Brueghel. I loro capolavoriraccontano l’allegria contagiosa delle feste popolari insieme ai vizi dei contadini e dei mercanti,la fatica del vivere e le debolezze umane insieme alle opere virtuose e al giudizio morale. Nellapittura fiamminga c’è la splendida ricchezza delle grandi composizioni di fiori unita alla bellezzaenigmatica delle nature morte, c’è la forza persuasiva delle allegorie con le storie avventurose diviaggiatori e mercanti. Pubblicato in occasione della mostra bolognese, il libro è la narrazione appassionante della realtàdella vita, uno specchio concreto ma poetico nel quale ciascuno potrà riconoscersi conimmediatezza. Il volume presenta i saggi di Sergio Gaddi (Brueghel, gli artefici del mito fiammingo), AndreaWandschneider (Cosa si intende per “stile Brueghel”), Klaus Ertz (La famiglia Brueghel),Maximiliaan P.J. Martens (Pieter Brueghel il Vecchio, “un secondo Bosch”), Nathalie Wiener(Funzioni e obblighi della gilda), Jan De Maere (Connoisseurship: l’analisi dei materiali dell’operae l’attribuzione nelle scuole del Nord) e il catalogo delle opere, suddiviso in sette sezioni: Il giudiziomorale, tra salvezza e condanna; La natura regina; Soldati e cacciatori nella luce dell’inverno; Storiedi viaggiatori e mercanti; Le allegorie, racconti delle meraviglie; Splendore e vanità della vita silente;La danza degli ultimi. Seguono il catalogo e le schede delle opere e la bibliografia.

2016, edizione italiana (con testi inglesi in appendice)24 x 28 cm, 240 pagine

141 colori, brossuraISBN 978-88-572-3401-4

€35,00

Torino, Reggia di Venaria, Sale delle Arti21 settembre 2016 – 19 febbraio 2017

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Antenna  Audio  Italia|Via  Vittoria  Colonna,  27  00193  Roma|Tel.  06  97657850|www.antennainternational.com  

L’Audioguida  per  tutti!    

TOUR  ADULTI    E’   grazie   ai   contributi   del   curatore   della   mostra,   il   prof.   Sergio   Gaddi,   che   i   visitatori,   ascoltando  direttamente   la   voce   di   un   esperto,   comprendono   come   la   visione   caratteristica   e   originale   di   Pieter  

Brueghel   il   Vecchio,   il   capostipite,   sia   stata   recepita   e   sviluppata   dai   suoi   numerosi   discendenti.   Attraverso   il  susseguirsi   dei   commenti   si   svelano   i   legami   familiari   e   artistici   che   hanno   unito   questi   pittori:   tutti   artisti   di  eccezionale  talento  che,  con  la  loro  pittura  attenta  al  dettaglio,  ci  offrono  un  vivo  spaccato  degli  usi  e  delle  credenze  del   loro   tempo.   L’immersione   emozionale   nel   mondo   fantastico   dei   Brueghel   è   accentuata   dai   brani   di   musica  fiamminga  che  accompagnano  numerosi  commenti.    L’audioguida  è  disponibile  in  italiano  e  in  inglese;  la  durata  è  di  circa  60  minuti.  

 TOUR  BAMBINI    Il   tour,   dedicato   ai   bambini   e   ai   ragazzi   (6-­‐12   anni),   è   una   sorta   di   viaggio  “incantato”   nel  magico  mondo   dei   Brueghel.   Sarà  un   prestigiatore,   con   i   suoi  effetti   illusionistici   e   i   suoi   trucchi,   a   condurre   i   piccoli   visitatori   attraverso   le  Fiandre,   attraversando   la   mostra   come   in   un   incantesimo.  Musiche   a   tema   e  suoni   ambientali,   insieme   alla   presenza   “parlante”   di   numerosi   personaggi   che   prendono   vita   dalle   tele,  contribuiscono  a  creare  un’atmosfera  coinvolgente.  Lungo  il  percorso  i  ragazzi  saranno  invitati  a  risolvere  dei  quiz  ed  avranno  la  possibilità  di  interagire  con  le  opere  in  mostra  e  con  gli  adulti  che  li  accompagnano,  guardando  insieme  le  opere  d’arte  e  imparando  qualcosa  sui  grandi  artisti  e  sui  loro  capolavori.      SEGUI  LA  LENTE  E…VAI  A  CACCIA  DI  CURIOSITÀ!    Per   tutti   coloro   che   non   hanno   noleggiato   un’audioguida,   ma   desiderano   essere   stupiti   da   piccole   curiosità   sul  mondo  dei  Brueghel,  vi  saranno  ad  attenderli  in  mostra  una  serie  di  pannelli  didattici  con  notizie  curiose.  Dedicati  principalmente  ai  ragazzi,  saranno  di  lettura  gradevole  anche  da  parte  di  un  pubblico  adulto.  In  fondo,  non  si  è  mai  troppo  grandi  per  stupirsi…    

ANTENNA  INTERNATIONAL:  Connecting  the  World  to  Culture  

 Antenna   International,   da   35   anni   azienda   leader   a   livello   mondiale   nel   campo   delle   audioguide   e   dei  sistemi  radio  per  gruppi,  per  musei,  siti  archeologici,  luoghi  d’interesse  culturale,  nasce  negli  Stati  Uniti  nel  1984.  Oggi  ha  divisioni  e  uffici  in  Nord  America,  Europa,  Medio  Oriente  e  Asia.  Ogni  anno  oltre  20  milioni  di  

visitatori   fruiscono   di   un   percorso   di   visita   culturale   prodotto   da   Antenna   International,   mediante   la   più   ampia  gamma  di  piattaforme  disponibili  ovunque  ed   in  molteplici   lingue.  Tra   i   suoi   clienti:   il  MET,   il  MOMA,   il   Louvre,   la  Tate  Modern,   il  Van  Gogh  Museum,   i  Musei  Vaticani,   il  Cenacolo  Vinciano,   la  National  Gallery  of  London,   il  Museo  Nacional  Centro  de  Arte  Reina  Sofía,  la  Gemäldegalerie,  il  Centre  Georges  Pompidou,  il  Guggenheim  Museum  di  New  York,   Alcatraz,   la   Statua   della   Libertà,   lo   Yosemite   National   Park.   E’   leader   nello   sviluppo   di   applicazioni   per  smartphones   dedicate   a   musei,   mostre   e   siti   archeologici;   le   applicazioni   di   Antenna   International   sono   le   più  scaricate  del  settore  culturale   (“Love  Art”  e  “Yours,  Vincent”  400.000  downloads:  N°1  nella  categoria  Education  di  Apple  Store).  E’  stata  la  prima  azienda  a  lanciare  in  Italia  i  percorsi  per  bambini.    

Autunno  2016:  Antenna  International  produce  contenuti  e  percorsi  per  le  grandi  mostre  italiane.  

 

A  Palazzo  Reale  di  Milano  “Escher”    -­‐    Al  Mudec  di  Milano  "Mirò",  “Basquiat”  e  “Homo  Sapiens”  -­‐  Al  Vittoriano  di  Roma  “Hopper”  -­‐  a  Palazzo  Diamanti  a  Ferrara  “Orlando  Furioso”  –  Al  Palazzo  Forti  di  Verona  “Picasso”  -­‐  Alla  Gran  Guardia  di  Verona   “Maya”   –   Alla   Reggia   di   Venaria   di   Torino   “Brueghel”   –   Al   Museo   di   Santa   Caterina   di   Treviso   “Storie  dell’Impressionismo  –  A  Palazzo  Blu  di  Pisa  “Dalì.  Il  sogno  del  classico”-­‐  Palazzo  Strozzi  di  Firenze  “Ai  Weiwei”