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Chiarezza nel Vecchio Testamento

Giuseppe Bruno suona Bach

Succede raramente anche da Steingraeber che Natale e il Nuovo Anno cadano nello stesso giorno. E' un piccolo miracolo pianistico la proposta in contemporanea del ciclo delle 32 sonate per pianoforte di Ludwig van Beethoven e del Primo Libro del Clavicembalo Ben Temperato - vale a dire del "Vecchio" e del "Nuovo Testamento " dei pianisti.

Dobbiamo il concetto di "Vecchio Testamento" al direttore Hans von Buelow, il cui collega Richard Wagner era un bachiano convinto, tanto che definì il grandioso ciclo "la musica in quanto tale". Che Bach e Wagner non si escludano, si sa da quando Martin Geck quarant'anni fa scrisse per il programma del Festival un contributo su Bach e "Tristan".

A Wahnfried Wagner, la cui "melodia infinita" ha non poco a che fare con le fughe di Bach, suonava spesso brani dal "Clavicembalo Ben Temperato". Non si tratta quindi di un bis casuale, se Giuseppe Bruno colloca in conclusione "Isoldens Liebesverklaerung" rielaborata da Franz Liszt - e guarda: qui facciamo conoscenza con un nuovo modo di suonare del pianista, giunto dalla Spezia per esibirsi di fronte a non pochi ascoltatori per le due ore buone del Primo Libro.

Suona in modo "professorale", perché insegna al Conservatorio della Spezia, di cui è anche Direttore? Sicuramente non suona in modo "ardente" o "eccentrico". Suona in modo "accademico" o addirittura "asciutto"? Certamente l'esuberanza sentimentale, il mostrare esteriormente il più profondo stato di concentrazione, i tempi ampliati o estremi gli sono estranei. Senza negare i contrasti tra i 48 brani, egli procede in modo analitico e ci mostra le strutture dei Preludi e delle Fughe con tocco chiaro e con uso moderato del pedale. Nondimeno tra il vistoso staccato - le note brevi dall'attacco pungente che inserisce già nel famoso Klangflaechenstueck del Preludio in do maggiore - e una moderata malinconia (come nel pezzo in sol diesis minore ) c'è molto margine di interpretazione ed esecuzione. Bach stesso ha impostato la raccolta sui contrasti: tra il Preludio in la maggiore, popolare e sereno - è significativamente una piccola sinfonia - e l'aspra fuga in si minore che Schoenberg definì come la prima musica dodecafonica.

Bruno è all'altezza di esprimere tutti questi elementi, per il fatto che, anche dove carica e sposta le successioni di note in avanti (i due brani in mi maggiore, il Preludio in fa maggiore), non forza mai. In qualche momento questo potrebbe essere percepito come un elemento lievemente negativo, forse un pochino più di sentimentalismo non nuocerebbe a questo o a quel brano - finchè si comprende che la chiarezza di Bruno allo Steingraeber ha molto più valore di un Bach interpretato nello spirito della modernità, che disconoscerebbe la sobrietà di Bach. Così la profonda emozionalità proviene non dal "genio"di un prepotente "leone della tastiera", ma dalla capacità di andare a crescere con cautela, di seguire le linee e di farsene guidare - e in conclusione di portare i brani al loro pieno compimento tramite la capacità di differenziazione, là dove un approccio piatto avrebbe rovinato l'effetto.

Anche in questo senso Bruno suona il suo Bach con un amore pervaso nel profondo, che si può definire soltanto come vero.

Frank Piontek