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La gestione digitale delle immagini in Radiologia dalla pellicola al PACS dott. C.Lazzara NB. Le sezioni con il simbolo ‘*’ sono quelle viste a lezione INDICE * Introduzione- Sistemi Informativi in Radiologia * Sistema Informativo Ospedaliero * Sistema Informativo Radiologico Capitolo 1- Funzionalità del RIS(Sistema Informativo Radiologico) 1.1 * Richiesta d’esame 1.2 * Gestione dell’agenda radiologica 1.3 * Accettazione5 1.4 * Esecuzione dell’esame 1.5 * Refertazione 1.6 * Archiviazione 1.7 * Statistiche di natura amministrativa 1.8 * Verifica di qualità 1.9 * Gestione della manutenzione delle apparecchiature Capitolo 2- Immagini Analogiche e Digitali 2.1 Qualità dell’immagine 2.2 Vantaggi delle immagini digitali 2.3 Acquisizione 2.4 Pellicole 2.5 Piastre a fosfori a memoria 2.6 Amplificatori di brillanza 2.7 Altri tipi di detettori 2.8 Digitalizzazione delle pellicole tradizionali 2.9 Generalità sulle tecniche di compressione delle immagini radiologiche digitali

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La gestione digitale delle immagini in Radiologia dalla pellicola al PACS dott. C.Lazzara

NB. Le sezioni con il simbolo ‘*’ sono quelle viste a lezione

INDICE * Introduzione- Sistemi Informativi in Radiologia * Sistema Informativo Ospedaliero * Sistema Informativo Radiologico

Capitolo 1- Funzionalità del RIS(Sistema Informativo Radiologico) 1.1 * Richiesta d’esame 1.2 * Gestione dell’agenda radiologica 1.3 * Accettazione5 1.4 * Esecuzione dell’esame 1.5 * Refertazione 1.6 * Archiviazione 1.7 * Statistiche di natura amministrativa 1.8 * Verifica di qualità 1.9 * Gestione della manutenzione delle apparecchiature

Capitolo 2- Immagini Analogiche e Digitali 2.1 Qualità dell’immagine 2.2 Vantaggi delle immagini digitali 2.3 Acquisizione 2.4 Pellicole 2.5 Piastre a fosfori a memoria 2.6 Amplificatori di brillanza 2.7 Altri tipi di detettori 2.8 Digitalizzazione delle pellicole tradizionali 2.9 Generalità sulle tecniche di compressione delle immagini radiologiche digitali

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Capitolo 3- Il PACS 3.1 * Architettura 3.2 * L’archivio digitale 3.3 * Interfacce standard nella trasmissione digitale di dati ed immagini 3.4 * Workstations (Stazioni di lavoro) 3.5 Tipologie di PACS 3.6 Installazione del PACS

Capitolo 4- NETWORKS e PACS 4.1 Concetti correlati e aspetti tecnici sul funzionamento delle networks 4.2 Topologia delle Networks 4.3 Tecnologie delle Networks 4.4 Le Networks locali (LAN) 4.5 Le Networks vaste (WAN) 4.6 Servizi integrati digitali di rete (ISDN) 4.7 Modelli di Networks applicati al PACS 4.8 Networks esterne e interne applicate al PACS

Conclusioni Bibliografia

INTRODUZIONE SISTEMI INFORMATIVI IN RADIOLOGIA I sistemi informativi, in genere, hanno la funzione di coordinare la raccolta, la gestione, la presentazione e lo scambio di informazioni. In una organizzazione, quale un ospedale o un reparto di radiologia, un sistema informativo ha il fine di consentire la gestione delle informazioni utili per comprendere lo stato di funzionamento dell'organizzazione stessa; un sistema informatico è la componente automatizzata del sistema informativo. Nell'accezione normale si tende a sfumare le distinzioni tra sistema informativo e sistema informatico perché non sembra possibile che l'uno possa esistere senza l'altro. D'altra parte un sistema informatico risulta del tutto inutile, se non esiste prima una corretta e precisa opera di raccolta dell'informazione: in molti casi la mancanza o l'inesattezza delle informazioni è dovuta a deficienze organizzative, e non a quelle del sistema informatico. All'interno dell'ospedale, la Radiologia è probabilmente il reparto nel quale si fa maggiore uso di tecnologie avanzate: fra queste, appunto, l'informatica occupa un posto di primo piano. Fatte queste dovute precisazioni, veniamo ora a focalizzare l'attenzione sui sistemi

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informativi in radiologia, considerati unitamente ai dispositivi hardware e software utilizzati per il trattamento elettronico dell'informazione. All'interno di un ideale sistema informativo integrato per la radiologia, dovrebbero essere presenti le seguenti funzionalità: * acquisizione in formato digitale delle immagini fornite dalle diverse apparecchiature diagnostiche e dei dati ad esse associati; * elaborazione ed archiviazione di informazioni relative ai diversi momenti della storia clinica del paziente; * condivisione in rete di tutte le informazioni di utilità clinica ed amministrativa. Attualmente esistono tre sistemi informativi sanitari: - Sistema Informativo Ospedaliero (HIS); - Sistema Informativo Radiologico (RIS); - Sistema per l'Archiviazione e la Comunicazione delle Immagini (PACS). Tra questi tre distinti sistemi sono state delineate diverse forme di collegamento: 1. I tre sistemi sono del tutto indipendenti tra loro anche se sono in grado di scambiarsi alcune classi di dati; 2. Il RIS è un sottosistema dello HIS, mentre il PACS, per la sua vocazione prevalente alla gestione delle immagini, è un sistema indipendente (esiste comunque un interscambio di dati); 3. Il PACS ed il RIS sono integrati all'interno dello HIS. Quest'ultima soluzione è ancora non sufficientemente perfezionata dal momento che RIS e PACS non hanno conosciuto uno sviluppo simultaneo ed omogeneo: di conseguenza essi sono attualmente sistemi quasi sempre distinti, spesso con limitate possibilità di interscambio di dati. Negli ultimi anni, tuttavia, molti centri di ricerca e gran parte delle industrie radiologiche hanno profuso un notevole impegno per rendere possibile una sempre più efficace integrazione tra RIS e PACS. Sistema Informativo Ospedaliero Un Sistema informativo Ospedaliero (HIS, Hospital Information System) ha lo scopo di gestire in modo unitario le informazioni necessarie per i vari aspetti della vita di un ospedale In realtà solo pochi sistemi riescono ad assolvere compiutamente a questa funzione: generalmente gli aspetti più curati sono quelli amministrativi. Meno spesso lo HIS si fa carico della gestione centralizzata degli appuntamenti per procedure diagnostiche. In pratica gli HIS oggi installati sono sistemi prevalentemente orientati a finalità amministrativo - finanziarie e non rivestono che scarsa o nulla utilità sul piano sanitario. Per quanto riguarda i contenuti informativi gestiti dal sistema, in generale in uno HIS esistono tre principali classi di dati, quelli relativi ai pazienti (anagrafica del paziente, storia amministrativa e clinica, etc.), quelli relativi alle attività (servizi che la struttura ospedaliera fornisce ai pazienti: giorni di ricovero, esami diagnostici, prestazioni terapeutiche, etc.), quelli relativi alle risorse (personale, attrezzature, risorse finanziarie). Questo insieme di dati viene utilizzato a livello operativo, per assistere il personale sanitario e amministrativo nello svolgimento dell'attività quotidiana, a livello di gestione, per pianificare l'organizzazione dell'attività ed analizzare il lavoro svolto, a livello di coordinamento e supervisione, per ottenere informazioni ancora più aggregate. Sistema Informativo Radiologico Il Sistema Informativo Radiologico (RIS, Radiological Information System)[1] è un sottoinsieme dello HIS, dal momento che ha il compito di gestire le informazioni generate nel reparto di radiologia, all'interno della struttura ospedaliera. In particolare il RIS si fa carico della prenotazione e accettazione dei pazienti in radiologia, di aspetti logistici (occupazione, sale, personale, materiale), della refertazione, dell'archiviazione dei referti e delle pellicole.

CAPITOLO 1 FUNZIONALITA' DEL RIS (SISTEMA INFORMATIVO RADIOLOGICO)

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Come già accennato, il RIS ha la finalità di contribuire alla raccolta, alla gestione ed alla presentazione delle informazioni prodotte nel reparto di Radiologia.[1] Di seguito sono sinteticamente riportate le principali fasi nelle quale interviene il RIS nel corso del ciclo operativo radiologico.

1.1 Richiesta d'esame L'arrivo in Radiologia della richiesta d'esame attiva i processi del RIS, che si incarica della raccolta di una serie di informazioni amministrative e di interesse clinico. Tra le informazioni di tipo amministrativo rientrano : l'anagrafica del paziente, il tipo di esame da effettuare, l'operatore e la sala, la presenza di eventuali vincoli temporali all'effettuazione dell'esame (esame urgente o di routine). Questi dati possono essere raccolti direttamente dal paziente o acquisiti da altri sistemi informativi: ad esempio, il nome ed il cognome del paziente possono essere recuperati dal sistema informativo dell'anagrafe del Comune di residenza, oppure il tipo di esame da effettuare può esistere all'interno del Sistema Informativo Ospedaliero. Un caso particolare di acquisizione automatizzata dei dati è quello permesso da carte magnetiche eventualmente possedute dai pazienti, così come avviene utilizzando carte bancomat o carte di credito. La seconda classe di dati raccolti dal RIS in questa fase è rappresentata dalle informazioni di interesse clinico che riguardano essenzialmente il quesito, ovvero la ragione per la quale l'esame viene richiesto.

1.2 Gestione dell'agenda radiologica La fase successiva gestita dal RIS è l'aggiornamento dell'agenda sulla base delle risorse disponibili: sale, apparecchi, personale. Il RIS ricerca all'interno dell'archivio (situato nel server centrale) l'eventuale presenza di dati precedenti, riguardanti il paziente in questione (prenotazione, accettazione, referti), utili per rilevare incompatibilità tra esami o segnalare l'avvenuta esecuzione dell'esame richiesto. A seguito di tali operazioni il RIS elabora un appuntamento e produce un foglio informativo, che viene consegnato al paziente o inviato al reparto, in cui è suggerita la preparazione necessaria per gli specifici esami richiesti. 1.3 Accettazione L'arrivo del paziente, che si presenta per eseguire l'esame diagnostico fornisce al RIS un'ulteriore occasione per correggere o integrare i dati raccolti fino a quel momento. Questi elementi, raccolti prima dell'esame, possono anche avere lo scopo di perfezionare il processo di autorizzazione all'esecuzione dell'esame (che viene effettuato solo dopo avere verificato la congruità dell'esame rispetto al quesito, ed escluso la presenza di controindicazioni relative o assolute). Se l'esame viene definitivamente autorizzato, attraverso il RIS si provvede all'accettazione del paziente all'esame (da distinguere da quella allo sportello, con significato puramente amministrativo). Quando le apparecchiature diagnostiche digitali (Angiografia, TC, RM, etc.) sono collegate con il RIS per mezzo di un protocollo dedicato, definito dallo standard DICOM con il termine "worklist management", l'immissione dei dati del paziente avviene automaticamente, senza l'intervento dell'operatore. Questo passaggio automatico di dati tra RIS e apparecchiature consente di evitare errori in grado di portare ad un disallineamento delle informazioni. 1.4 Esecuzione dell'esame Questa fase coincide con la produzione delle immagini diagnostiche e dei dati associati. Negli ultimi tempi si è affermata la tendenza a considerare i dati relativi alla tecnica di acquisizione delle immagini come parte integrante dell'intero esame. Dati ulteriori che fanno parte delle informazioni relative alla tecnica di esame sono quelli di tipo procedurale, come la posizione del paziente e l'eventuale uso e modalità di somministrazione del mezzo di contrasto. Se le immagini sono in formato DICOM tali dati possono essere forniti al RIS in modo diretto, senza l'utilizzo aggiuntivo

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di file per evitare la frammentazione dello studio. Infatti lo standard prevede che in uno spazio predefinito del file immagine (definito header) vi siano riportate informazioni di tipo alfanumerico che oltre all'anagrafica del paziente includono anche informazioni di tipo tecnico e procedurale. 1.5 Refertazione Dopo l'effettuazione dell'esame, la fase dell'interpretazione delle immagini e della produzione del referto viene assistita dal RIS con le seguenti modalità: * Compilazione di una lista di refertazione, che consente di stabilire la priorità di refertazione, per esempio in funzione del reparto inviante o del radiologo refertante; * Visualizzazione degli esami precedentemente eseguiti dal paziente (la cosiddetta "scheda radiologica"); * Visualizzazione dei referti degli esami precedenti archiviati in forma elettronica; Il referto presenta di solito una struttura di questo genere: 1. descrizione dell'esame effettuato (questa informazione viene normalmente prodotta automaticamente dal RIS); 2. codice dell'esame ; 3. descrizione dei segni radiologici rilevati sull'immagine; 4. ipotesi diagnostica e diagnosi differenziale; 5. codifica diagnostica; Anche nella parte più strettamente clinica, il RIS può offrire un contributo nella compilazione del referto grazie alla possibilità di richiamare testi pre - memorizzati in funzione del tipo di patologia. In alcuni casi l'immissione di testi liberi può essere eseguita direttamente dal RIS mediante moduli dedicati che permettono l'imput vocale, cioè, che sono capaci di interpretare il parlato del radiologo e di trasformarlo in un file di testo. 1.6 Archiviazione Per quanto riguarda l'archiviazione, il RIS provvede alla conservazione dell'informazione testuale raccolta e generata nel corso del processo diagnostico. Per l'archiviazione delle immagini il sistema informativo utilizzato è rappresentato dal PACS. Generalmente il RIS mantiene per almeno un anno tutti i referti su memorie "in linea". Successivamente il referto viene collocato su un supporto fuori linea (cioè accessibile grazie all'intervento di un operatore che recupera manualmente il supporto di memoria e lo inserisce nel lettore). La progressiva riduzione del costo delle memorie digitali peraltro sta determinando un progressivo abbandono dell'archiviazione fuori linea, con il mantenimento di tutto l'archivio dei referti in linea, in modo che sia immediatamente disponibile. 1.7 Statistiche di natura amministrativa Negli ultimi anni l'aziendalizzazione delle strutture ospedaliere ha promosso ulteriormente l'adozione del RIS presso tutti i reparti di Radiologia. Infatti la necessità di documentare in modo analitico l'attività lavorativa è resa più stringente dal fatto che l'introduzione dei budget richiederà la precisa identificazione del numero e della tipologia degli esami eseguiti e l'attribuzione degli stessi ai diversi reparti all'interno dell'ospedale. 1.8 Verifica di qualità Un RIS di moderna concezione non può limitarsi alle pur fondamentali attività fin qui accennate: in effetti vi sono funzioni in passato considerate "avanzate", che oggi sono divenute indispensabili. Un esempio è quello del coinvolgimento del RIS nella verifica della qualità delle diagnosi radiologiche prodotte. È evidente che al RIS non viene richiesto di effettuare direttamente tale verifica, piuttosto di aiutare i radiologi a seguire dopo la refertazione, il decorso clinico dei pazienti esaminati ed a confrontare tali risultati con la diagnosi radiologica originariamente formulata. Sulla base del grado di concordanza tra la diagnosi radiologica e la diagnosi definitiva alla luce dei dati della biopsia, dell'intervento chirurgico, dell'autopsia, ovvero del follow-up, è possibile stabilire la "perfomance" diagnostica dei singoli operatori e del reparto nel suo insieme e, al tempo stesso, è possibile

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realizzare un archivio didattico di casi verificati. 1.9 Gestione della manutenzione delle apparecchiature Una caratteristica molto importante del RIS è quella di essere capillarmente distribuito nel reparto, con una serie di stazioni di lavoro in rete, alle quali hanno accesso tutte le figure professionali presenti. Pertanto, tra le funzioni che il RIS può svolgere, soprattutto in considerazione della frequente interazione da parte di tutto il personale, un esempio di particolare interesse è rappresentato dalla raccolta tramite il RIS delle informazioni necessarie per la gestione ottimizzata delle apparecchiature presenti nel reparto, con particolare riguardo al monitoraggio della manutenzione. Infatti, al sistema possono essere notificate per ogni apparecchiatura, il relativo stato d'uso, il carico di lavoro, i tempi di fermo - macchina, etc. È ben noto che una gestione efficiente delle attrezzature radiologiche non può prescindere da un'accurata sorveglianza della loro manutenzione. Ciò non solo in ragione dell'importanza di disporre di apparecchiature che siano sempre in condizioni ottimali per il lavoro clinico, ma anche nel quadro di una gestione attenta alle risorse, visto che il costo dei contratti di manutenzione incide in modo rilevante sulla spesa. È quindi essenziale accertarsi che la manutenzione delle apparecchiature diagnostiche sia adeguata sul piano tecnico e al tempo stesso su quello economico. A tale scopo un possibile approccio metodologico è quello basato sull'utilizzazione del RIS per la raccolta e la gestione dei dati relativi allo stato di manutenzione delle varie apparecchiature. Per consentire tale raccolta di dati è necessario predisporre all'interno del RIS di una "scheda di monitoraggio" per ciascuna apparecchiatura. La scheda deve riportare le seguenti informazioni: * notizie che consentano l'identificazione univoca dell'apparecchio (modello, numero di inventario, matricola, etc.) e dati sulla Ditta incaricata della manutenzione (codice Ditta, indirizzo, numero verde, nominativo della persona di contatto, etc.): tali informazioni costituiscono un pro - memoria utile per la rapida attivazione delle procedure di chiamata, nel caso sia necessaria la richiesta di un intervento di manutenzione post - danno; * dati relativi al contratto di manutenzione (tipo di contratto, numero di interventi di manutenzione preventiva previsti, tempi di risposta degli interventi post-danno, pezzi di ricambio inclusi nel contratto, etc.); * calendario degli interventi di manutenzione preventiva; * "diario" degli interventi post-danno (data e tipo di intervento, ore di fermo-macchina, utilizzazione di eventuali pezzi di ricambio, etc.). Sulla base dei dati registrati per ogni apparecchiatura il RIS deve essere in grado di innescare una serie di azioni quali la "chiusura" automatica delle sale diagnostiche interessate da interventi di manutenzione preventiva, la raccolta dei dati riguardanti gli interventi post - danno effettuati e la elaborazione di statistiche relative alla funzionalità delle apparecchiature. Grazie a questi dati è possibile verificare l'efficienza funzionale delle singole apparecchiature, con possibilità di documentare esattamente le ore di fermo macchina, il numero e il costo degli interventi di manutenzione. Ciò è di particolare interesse nel caso di apparecchiature obsolete, per le quali è possibile analizzare la tipologia dei guasti più frequenti ed i pezzi di ricambio utilizzati, ottenendo utili indicatori per la valutazione di convenienza economica di una eventuale sostituzione.

CAPITOLO 2 IMMAGINI ANALOGICHE E DIGITALI

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Sino dalla scoperta dei raggi X, nel 1895, le immagini vengono usate in medicina come strumento utile per raggiungere la diagnosi, in quanto possono consentire il riconoscimento da parte del radiologo di uno stato fisiologico o patologico. Le immagini diagnostiche sono definite come la rappresentazione grafica di un segnale che proviene dal paziente, in modo spontaneo o in seguito all'applicazione di uno stimolo, la cui sorgente può essere esterna o interna nei confronti del paziente stesso. Esse vengono comunemente suddivise, in prima istanza, in immagini analogiche e immagini digitali. Le immagini analogiche sono caratterizzate dal fatto che il rivelatore del segnale proveniente dal paziente è anche il supporto sul quale direttamente l'immagine si forma e che ne consente la visualizzazione.[2] L'esempio più diffuso di immagine analogica è quella radiografica, per la quale il supporto è rappresentato dalla pellicola.[2] Quest'ultima, in rapporto alla sua non volatilità (il segnale rilevato e visualizzato sotto forma di immagine è stabile nel tempo) può essere impiegata anche come mezzo di archiviazione. Altro esempio di immagine analogica è quella che si forma sul monitor televisivo di un sistema di radioscopia: in questo caso l'immagine viene resa fruibile in modo dinamico. Il monitor dal canto suo, è un ottimo supporto per la visualizzazione di immagini in movimento, ma non può ovviamente avere alcun ruolo nell'archiviazione delle immagini. Le immagini digitali sono caratterizzate dal fatto che il segnale, prima di essere utilizzato per la generazione dell'immagine, subisce un processo di quantizzazione, in modo che solo un numero discreto di valori possa essere rappresentato sull'immagine finale.[2] Le immagini digitali si distinguono secondo che siano acquisite all'origine con sistemi digitali o, al contrario, siano il risultato di una conversione analogico - digitale da pellicole radiologiche o da immagini video. Anche le immagini di radiologia convenzionale, se sottoposte a tale conversione, possono quindi essere trasformate in digitali dopo la loro acquisizione, e vengono in questo caso definite "sdigitalizzate". La conversione analogico - digitale consiste, allo stato attuale, nell'applicazione di un campionamento spaziale, che definisce la risoluzione spaziale della immagine digitalizzata, e di una quantizzazione della scala dei grigi. Quest'ultima è ritenuta responsabile della significativa perdita di qualità dell'immagine cui si assiste passando da una immagine analogica al suo corrispettivo digitalizzato. 2.1 Qualità dell'immagine L'immagine digitale può essere definita come una tabella bidimensionale di numeri interi non negativi, ciascuno dei quali può essere rappresentato all'interno di una casella definita "picture element" o pixel. L'immagine digitale può cioè essere vista come una griglia, un reticolo di quadratini, denominati pixel, all'interno di ciascuno dei quali è allocato un numero che esprime il valore del parametro considerato in quel punto; nella rappresentazione geometrica il pixel assume la forma di un piccolo quadrato nel contesto del quale la gradazione di grigio o la tonalità di colore riprodotta è uniforme. L'insieme dei pixel viene definito matrice. Le dimensioni della matrice definiscono il numero dei pixel per ognuna delle assi cartesiane: es. 256x256, 512x512, etc. Questi particolari valori numerici derivano dal fatto che tutte le scale informatiche non si basano sulla matematica decimale, bensì su quella binaria, che ha per unità elementare il "binary digit" o "bit". Questo, essendo fisicamente determinato da un microcircuito in cui passa o non passa corrente, può assumere solo due valori: 0 oppure 1. I multipli del bit codificano perciò numeri che sono potenze di 2. Ad esempio il più usato, il Byte, è una stringa di 8 bit, può codificare 256 diversi valori (da 0 a 255) e rappresenta l'unità di codifica di un determinato carattere. Il pixel è quindi la più piccola regione dell'immagine che può avere un determinato valore numerico espresso in termini binari, all'interno della quale regione il valore numerico considerato si mantiene costante. In termini generali, le immagini computerizzate (sia digitali che digitalizzate) sono quindi ottenute tramite l'attribuzione di valori numerici discreti ad ogni pixel di cui è composta la matrice. Perciò l'immagine digitale risultante è data da un insieme bidimensionale di numeri interi f(x, y), dove x identifica le righe e y le colonne all'interno di una matrice. Il numero delle righe e delle colonne è rilevante per la definizione della qualità dell'immagine: infatti tanto più ampia è la matrice, tanto

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maggiormente l'immagine computerizzata si avvicina alla realtà (nel caso delle immagini digitali) o all'immagine analogica originale (nel caso delle immagini digitalizzate). Nelle immagini digitali, il valore funzionale del pixel (cioè il livello di grigio) varia in funzione delle diverse proprietà fisiche delle strutture che compongono il campione studiato. Il secondo aspetto che dovrebbe essere valutato nel considerare le immagini digitali è l'intervallo di valori f (x, y) che il pixel può avere. Questo intervallo può essere di 0-255 (8 bit), 0-1023 (10 bit), o 0-4095 (12 bit). Tanto più alto è il numero di bit disponibile per la rappresentazione della scala dei grigi, tanto migliore è il range dinamico dell'immagine, o in termini radiologici, la sua "risoluzione di contrasto". Moltiplicando il numero globale di pixel contenuti nell'immagine per il numero di bit sfruttati per rappresentare i diversi livelli di grigio in ogni pixel, si ottiene il numero di bit necessari per la codifica di un'immagine.[2] Dato che le immagini di qualità elevata sono usualmente di matrice ampia ed hanno un notevole range dinamico, al fine di ridurre i problemi di ordine pratico accennati prima, sono stati proposti diversi metodi di compressione. In funzione della possibilità di ottenere di nuovo immagini di qualità pari a quella originaria, tali metodi sono stati classificati in: - metodi di compressione reversibile ("error free encoding"), che sono rappresentati da tecniche molto vantaggiose nel caso di immagini "vettoriali", quali grafici e immagini sintetiche, purtroppo non altrettanto valide per le immagini radiologiche (in questo caso il rapporto di compressione di solito non va oltre 1: 3); - metodi di compressione irreversibile, che sono estremamente efficienti e permettono di utilizzare elevati rapporti di compressione ma che introducono una distorsione nelle immagini decodificate. D'altro canto per determinare la qualità dell'immagine non è sufficiente valutare semplicemente la grandezza della superficie e l'ampiezza dello spettro di livelli di grigio. Un altro parametro assai importante è infatti rappresentato dall'istogramma che costituisce la rappresentazione in forma grafica della frequenza dei livelli di grigio effettivamente riscontrata nei pixel di cui è composta un'immagine digitale. 2.2 Vantaggi delle immagini digitali A parte la trasmissione elettronica e l'archiviazione digitale, un altro importante vantaggio delle immagini digitali è rappresentato dalla possibilità di una loro agevole elaborazione. Le immagini analogiche possono essere "elaborate", cioè modulate in funzione di una precisa finalità diagnostica, solo prima della loro acquisizione. Ciò viene fatto mediante la selezione dei parametri più appropriati. Nel caso delle immagini digitali invece l'elaborazione ha assai più ampie possibilità di impiego. In particolare vanno ricordate sia le funzioni di visualizzazione che le tecniche di elaborazione. Queste ultime sono usate per la riduzione del rumore ("filtering") e per le ricostruzioni ("reformatting" e "rendering"). Le funzionalità di visualizzazione, comprendono: - variazione dell'ampiezza e del livello della finestra dei livelli di grigio ("windowing"); - inversione della scala dei grigi ("image reverse"); - ingrandimento di particolari ("zooming"); - scorrimento dell'immagine sul monitor ("scrolling"); - misurazioni (per la precisa definizione di distanze, aree, livelli di grigio, intensità del segnale, densità, ecc.). Grazie all'utilizzazione di questo insieme di tecniche, le immagini digitali arrivano a consentire, anche in presenza di una minore risoluzione spaziale, una pari o maggiore efficienza diagnostica rispetto alle immagini analogiche, proprio in relazione alla flessibilità e interattività della presentazione. 2.3 Acquisizione La pellicola con strato fotosensibile di alogenuro d'argento è il sistema oggi ancora più utilizzato per la rilevazione delle radiazioni in campo medico. Il processo di formazione dell'immagine latente sulla pellicola radiografica e la successiva rivelazione sono operazioni molto semplici, in gran parte automatizzate e con buoni risultati complessivi. L'acquisizione dell'immagine su pellicola radiografica è un procedimento di tipo analogico, irripetibile (sullo stesso supporto) e soprattutto immodificabile nel tempo (validità della documentazione). I maggiori pregi di questo sistema sono

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senza dubbio da ricercare in: costo contenuto, elevata risoluzione spaziale offerta, buona risoluzione di contrasto, grande diffusione e disponibilità di mercato. Molto più limitato che in passato è invece oggi l'utilizzazione delle piastre al Selenio per la xeroradiografia, una metodica che trova un sempre minor numero di indicazioni cliniche di elezione, vista la disponibilità di nuove tecniche a maggiore risoluzione spaziale o con migliori prestazioni diagnostiche complessive. Alcune tecniche radiologiche speciali di moderna concezione, come la TC o la RM, sono state subito proposte con sistemi di acquisizione, elaborazione, archiviazione e presentazione dell'immagine di tipo digitale. Ma per la radiologia classica il passaggio al digitale è un'operazione ancora lunga, che richiede certamente molti anni per il suo completamento. Rimanendo in tema di acquisizione di immagini, non più in forma analogica, ma digitale, sono attualmente allo studio o già operanti nella pratica clinica una serie di sistemi e tecnologie che comprendono speciali pellicole radiografiche, piastre e fosfori a memoria, piastre al Selenio amorfo, cassette con gas ionofori, sistemi a fotodiodi, amplificatori di brillanza digitalizzati, ecc. 2.4 Pellicole E' certamente poco noto che la pellicola radiografica classica venga oggi sperimentata anche come supporto primario di acquisizione di immagini digitali.[2] In questo caso l'immagine è ottenuta da una speciale pellicola che utilizza una particolare emulsione ad ampia gamma dinamica. Tale pellicola non è generalmente idonea per una lettura per trasparenza al diafanoscopio, ma può essere letta da un raggio laser, convertita in impulsi digitali e come tale, elaborata da un computer. Il sistema offre il vantaggio di utilizzare gli impianti e le tecniche preesistenti, ma non offre, attualmente, una elevata risoluzione sia spaziale che di contrasto. 2.5 Piastre a fosfori a memoria Attualmente le piastre a fosfori a memoria rappresentano il sistema di elezione di acquisizione in radiologia digitale.[2] La radiografia digitale e le piastre con fosfori sostituiscono sempre più frequentemente l'accoppiata schermo - pellicola e si prevede che i continui sviluppi informatici consentiranno nel prossimo futuro di avere in forma digitale il 90 % delle immagini radiologiche.[3] Il principio di funzionamento della piastra a fosfori è simile a quello degli schermi di rinforzo, in cui vi è emissione di luce per assorbimento di radiazioni. Tuttavia, le piastre conservano temporaneamente l'energia assorbita in un'immagine latente. Questa, se eccitata da un fascio di luce di elevata lunghezza d'onda ( come un laser), emette luce. La luce emessa dai fosfori a memoria è convogliata da fibre ottiche in un fotomoltiplicatore: il segnale analogico viene amplificato e convertito in digitale. La matrice varia in rapporto alle dimensioni della piastra, ottenendosi quindi differenti risoluzioni spaziali per diverse grandezze di immagine. Una piastra a fosfori a memoria offre una elevata risoluzione spaziale intrinseca; tuttavia il diametro del raggio laser di lettura costituisce un limite alla risoluzione globale del sistema. L'emissione di luce di una piastra a fosfori si riduce di circa il 25 % dopo 8 ore. Le piastre offrono una sensibilità estremamente elevata per bassi livelli di radiazioni; ma l'aspetto certamente più interessante delle piastre a fosfori, è l'elevata gamma dinamica che consente loro di restituire immagini con buona definizione e contrasto ad elevati livelli di sovra e sottoesposizione. 2.6 Amplificatori di brillanza Il segnale video analogico prelevabile in uscita da un amplificatore di brillanza può essere digitalizzato con buoni risultati. Alcuni costruttori utilizzano matrici anche di 1024 x 1024 pixel con 8-10 bit di profondità, cioè con 256-1024 livelli di grigio. Anche se teoricamente possibili, matrici di maggiore grandezza sono costose, complesse e poco idonee in rapporto alla risoluzione spaziale e di contrasto dell'immagine offerta dall'amplificatore di brillanza. Del resto, questo tipo di sistema di

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rilevazione delle radiazioni presenta alcuni limiti soprattutto ai bordi dell'immagine, ove può divenire evidente una perdita di contrasto, una diminuzione della risoluzione spaziale anche del 15-20 % e problemi di distorsione geometrica, soprattutto per le linee verticali. D'altro canto, utilizzando l'amplificatore di brillanza, si registrano anche alcuni vantaggi come la significativa riduzione di dose al paziente (inferiore del 35-50 % rispetto ad una esposizione su pellicola tradizionale) e la minore potenzialità di errore. In passato, i sistemi di digitalizzazione da amplificatore di brillanza erano quasi esclusivamente dedicati all'angiografia; oggi si vanno lentamente affermando anche in radiologia tradizionale, in particolare negli esani dinamici contrastografici del tubo gastro-enterico. In queste applicazioni queste tecnologie consentono, oltre alla riduzione della dose al paziente (per maggiore sensibilità del sistema, assenza di scarti, maggiore dinamica in acquisizione), di abbreviare i tempi di esame ed un buon risparmio sulla documentazione, con stampa, anche su formati più piccoli del naturale, delle sole immagini significative. 2.7 Altri tipi di detettori Per la radiologia digitale sono ancora in fase di studio e sperimentazione nuovi detettori come le piastre di selenio, a carica cinestatica o a gas ionografici e i sensori di immagine a stato solido ad accoppiamento di carica (CCD, Charge Coupled Device).[2] Le piastre al selenio sono simili a quelle utilizzate per la xerografia, ma presentano uno strato fotosensibile 8-10 volte più spesso. Le radiazioni incidenti producono nelle piastre di selenio variazioni di carica che possono poi essere lette per scansione da un fascio laser e quindi digitalizzate. In questo modo si possono ottenere immagini con elevata risoluzione spaziale ed elevato rapporto segnale/rumore. Con un principio di funzionamento simile si stanno sperimentando anche sistemi cinestatici ed a gas ionografici che presentano una elevata efficienza di detenzione quantica e promettono una elevata risoluzione spaziale, ma il costo elevato ne condiziona ancora l'impiego su larga scala. Certamente molto più promettenti ed interessanti sono i sensori di immagine a stato solido (CCD). Essi sono in sperimentazione sia accoppiati ad amplificatori di brillanza, sia collegati a detettori a scintillazione attraverso sistemi di fibre ottiche. Le prime applicazioni sperimentali sembrano molto promettenti: la risoluzione spaziale è infatti interessante, così come l'efficienza e la gamma dinamica del sistema. Inoltre la tecnologia del CCD, da tempo in uso in molti settori dell'elettronica di consumo (ad esempio le telecamere televisive), ha il vantaggio di costi abbastanza contenuti e elevata affidabilità nel tempo. 2.8 Digitalizzazione delle pellicole tradizionali L'immagine di una pellicola radiologica classica può essere convertita in dati digitali attraverso particolari apparecchiature: telecamere digitali, telecamere a matrice di diodi, microdensitometri a scansione, scanner CCD e a raggio laser.[2] Le telecamere digitali possono essere ulteriormente distinte in telecamere analogiche interfacciate a convertitore analogico / digitale e telecamere a tecnologia completamente digitale. Offrono una definizione di immagine discreta e sono impiegate soprattutto in sistemi per la trasmissione a distanza delle urgenze (rianimazione, pronto soccorso, unità di terapia intensiva) e per la teleradiologia. La digitalizzazione di una pellicola attraverso telecamera è un'operazione rapida e abbastanza semplice da effettuare. La risoluzione spaziale dell'immagine prodotta dipende dall'ingrandimento in ripresa: meno esteso è il campo esaminato, maggiore sarà la risoluzione spaziale e viceversa. Gli svantaggi di queste telecamere riguardano soprattutto la perdita di risoluzione ai bordi dell'immagine e la non uniformità di campo, cioè la diversa sensibilità del detettore ad aree diverse della stessa immagine. Le telecamere con sensore a matrice lineari di fotodiodi sono accoppiate a motori per la scansione ad alta precisione dell'intera immagine. Con queste macchine si arriva a matrici di 2048 x 2048 pixel ed oltre, con elevata risoluzione di contrasto (2028 livelli di grigio). Il tempo medio di scansione per un radiogramma

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standard del torace (35 x 43 cm) è di circa 2 minuti. Il maggior limite di queste macchine è la limitata gamma dinamica, con perdita di contrasto soprattutto per le zone a maggior differenza tra bianco e nero. Un'altra soluzione per la digitalizzazione delle pellicole radiografiche è costituita dai microdensitometri a scansione. Utilizzando luce multicromatica possono acquisire immagini ad elevata risoluzione e contrasto. Tuttavia i tempi di acquisizione sono molto lunghi (fino a 16 ore per una pellicola 35 x 43). Attualmente lo scanner con sensore di immagine a CCD è una delle tecnologie più utilizzate.[2] La risoluzione offerta è più che buona, con matrici fino a 2048 x 2048 o 4096 e 256-1024 livelli di grigio. Rapido è il tempo di acquisizione (massimo 30 secondi per i formati e le matrici maggiori); altri vantaggi da segnalare sono la semplice utilizzazione ed il basso costo. Gli scanner a raggio laser sono tecnologicamente superiori ai CCD. La risoluzione dell'immagine è correlata al diametro del raggio laser. Il tempo di scansione è di 10-20 secondi e la gamma dinamica offerta, più che buona. Il maggiore problema degli scanner laser sono le non uniformità di campo, generalmente dovute alle fluttuazioni della intensità del fascio laser, alle disomogeneità delle fibre ottiche di accompagnamento opto - elettronico, al rumore quantico nella pellicola ed al rumore elettronico dei circuiti. 2.9 Generalità sulle tecniche di compressione delle immagini radiologiche digitali Al fine di agevolare la ritenzione di un largo numero di immagini digitali nelle memorie dei computer, per una loro facile e rapida trasmissione, viene fatto uso della tecnica di compressione delle immagini. Da quando nel campo radiologico si sono introdotti i sistemi telematici e si è fatto avanti l'uso del PACS, la compressione delle immagini ha cominciato ad acquisire sempre più, una maggiore importanza. Gli algoritmi di compressione possono essere di due diversi tipi: reversibili o irreversibili. Con i primi l'immagine iniziale da comprimere non viene perduta, ma può essere integralmente recuperata, mentre con i secondi, per essere recuperata (e comunque non integralmente), si deve procedere mediante un'operazione di analisi matematica. Per le immagini radiologiche gli algoritmi di tipo irreversibile si avvalgono di rapporti di compressione di 10:1 o anche superiori. I più alti gradi di compressione sono possibili solo con quest'ultimo tipo di algoritmi.[4] Gli algoritmi ti tipo reversibile, invece, includono il Run Lenght Encoding, l'Huffman Encoding, e il Lempel Ziv Encoding.[4] Il più semplice tra questi è il Run Lenght Encoding, che consiste essenzialmente nell'impiegare una serie o "run" di 0 e di 1 associati a una serie di parole chiave. Le altre tecniche (o algoritmi) reversibili, utilizzano altri schemi, sempre in modo però da preservare tutte le informazioni presenti nelle immagini originali. Sono vari i modelli di algoritmi irreversibili che sono stati studiati, tra i quali il JPEG, il DCT, il WAVELETS, la quantizzazione vettoriale e altri. La questione cruciale è se si può considerare accettabile che nel processo di compressione si abbia una perdita di informazioni, seppure minima. In effetti, d'altro canto, nelle applicazioni della teleradiologia e dello stesso PACS, si rileva abbastanza frequentemente, anche nelle più alte risoluzioni, una certa perdita di informazioni rispetto alle immagini radiologiche tradizionali. Le immagini digitali, per loro intrinseca natura sono soggette a questo tipo di incovenienti, ma vi è comunque una crescente evidenza che la compressione irreversibile può essere applicata senza arrecare significativi danni al contenuto delle immagini diagnostiche. Per esempio, due studi a riguardo, hanno dimostrato che impiegando diversi modelli di compressione di tipo irreversibile, con rapporti di compressione sino 20:1, non si rilevavano determinanti modifiche sull'interpretazione diagnostica delle radiografie del torace. Si è arrivati quindi ad affermare che alcune forme di compressione irreversibile sono accettabili. Molte tecniche di compressione irreversibile si basano su trasformazioni matematiche, che convertono le informazioni spaziali di un'immagine in una serie di funzioni base, che rappresentano le coordinate dell'immagine.[4] Nella Fast Fourier Transform (FFT) ad esempio, gli elementi determinanti dell'immagine sono tradotti in una somma di seni e coseni. La trasformazione matematica più efficace, concentra i determinanti dell'immagine in termini numerici occupando lo spazio minore possibile. La compressione viene poi realizzata mediante un'operazione di quantizzazione, dove i coefficienti matematici sono

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arrotondati o approssimati a 0. La quantizzazione dovrebbe essere condotta minimizzando gli eventuali effetti negativi sulla qualità dell'immagine. L'atto finale dell'intera procedura consiste quindi nel tagliare i dati così codificati quando siano giudicati accessori o ridondanti ai fini dell'interpretazione diagnostica complessiva dell'immagine. Il processo di quantizzazione è irreversibile e le informazioni originarie vengono quindi perdute; per ricostituire l'immagine iniziale allora, è necessario eseguire una trasformazione matematica inversa. 2.9.1 JPEG: vantaggi e svantaggi JPEG, lo standard del Joint Photographic Experts Group, è una tecnica di compressione dell'immagine di tipo irreversibile ed è il più comune algoritmo di compressione usato in radiologia. L'operazione matematica che ne sta alla base consiste nella trasformazione delle informazioni spaziali delle immagini in coseni discreti. JPEG è ampiamente utilizzato pure in altre applicazioni, incluse alcune applicazioni di compressioni di una varietà di tipi di immagini nell'ambito del World Wide Web. I vantaggi di questa tecnica sono che è facilmente impiegabile, poco costosa, relativamente veloce, implementata in hardware e software e in ISO standard (International Standard Organitation). È inoltre l'unico algoritmo di compressione compreso nel Dicom standard. In realtà, vi è un certo numero di tecniche di compressione che possono superare in efficienza il JPEG, come il Wavelets. Il difetto principale del JEPG, è l'aumento crescente della produzione di artefatti con l'aumentare dei rapporti di compressione. Questi artefatti originano dall'approccio fondamentale dell'algoritmo nel portare avanti il processo di compressione, che consiste nel suddividere l'immagine in tanti piccoli pixel, che sono elaborati l'uno indipendentemente dall'altro. Il sistema di visione umano è molto sensibile alla distinzione di "smagliature" nell'immagine, che sono frequenti con l'uso di questa tecnica; ne deriva che rapporti di compressione molto elevati non possono essere utilizzati con il JPEG. 2.9.2 Wavelets Wavelets si avvale di un nuovo set di funzioni base con caratteristiche uniche vantaggiose per il processo di compressione. Innanzitutto le funzioni base di questo sistema procedono a una codificazione dell'immagine originale tanto particolareggiata quanto sono numerose le informazioni presenti nell'immagine medesima; ne risulta che i dettagli dell'immagine sono efficacemente preservati.[5] In secondo luogo, a differenza del JEPG, non si creano artefatti visibili in maniera significativa, perché sono distribuiti in maniera più estesa tendendo ad avere così, un effetto più sfumato. In questo modo sono praticabili più elevati rapporti di compressione. Con l'uso di Wavelets si ha una certa perdita di informazioni nelle immagini con rapporti di compressione superiori a 30:1.[5] Il processo di compressione dell'immagine dovrebbe essere più frequentemente adottato secondo l'immagine radiologica in esame. Per esempio, l'esperienza con l'uso del Wavelets, suggerisce che le radiografie dello scheletro, dovrebbero essere più indicate alla compressione delle radiografie del torace. Sezioni trasversali di TAC o di MR non sono compressibili come le radiografie convenzionali. Recenti tecniche si sono focalizzate sull'impiego della compressione tridimensionale. 2.9.3 Precauzioni sull'uso delle tecniche di compressione L'American College of Radiology, una volta autorizzato l'impiego di queste tecniche in relazione alle immagini digitali, ha stabilito che il loro utilizzo deve essere correlato ad istruzioni che illustrino gli effetti della compressione irreversibile unitamente ad esempi pratici. Le immagini che sono state compresse irreversibilmente devono essere accuratamente classificate, precisando l'approssimato rapporto di compressione usato. Queste precauzioni sono di avvertimento per l'utente

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in riferimento alla produzione di artefatti o alla degradazione dell'immagine che può avvenire con i vari rapporti di compressione. Non è stata invece stabilita una tecnica di scelta preferenziale.

CAPITOLO 3 IL PACS Il recente sviluppo delle apparecchiature diagnostiche è stato in gran parte legato alla evoluzione della loro componente informatica. L'introduzione della TC spirale e lo sviluppo delle nuove sequenze ultra - veloci in RM per fare solo due esempi non sarebbe stato possibile se non fossero stati disponibili computer di adeguate capacità elaborative. Ma anche in questo settore il progresso tecnologico ha avuto diverse fasi: in un primo tempo le apparecchiature digitali di diagnostica per immagini sono state inserite nelle Radiologie in un modo simile ai primi "mini-elaboratori" nell'informatizzazione. Le macchine eseguivano le loro funzioni ma erano isolate dal resto della radiologia e dell'ospedale: per tale ragione la visualizzazione delle immagini, la loro elaborazione e archiviazione venivano eseguite sulla stessa apparecchiatura utilizzata per l'acquisizione. La tecnologia delle reti informatiche ha rivoluzionato anche questo settore dando un impulso nuovo all'integrazione fra le varie apparecchiature. Per questo, negli anni '80 si iniziò a delineare il concetto di PACS, come sistema integrato per la gestione digitale delle immagini diagnostiche,[6] finalizzato all'eliminazione delle pellicole radiografiche. Naturalmente per ottenere questo scopo il sistema doveva garantire il trasferimento delle immagini su sistemi di archiviazione digitali, nei quali fosse possibile reperire, in ogni momento e da ogni luogo, le informazioni desiderate. L'architettura del PACS è stata perciò basata su una rete in grado di connettere le apparecchiature di acquisizione delle immagini, le stazioni di visualizzazione e l'archivio digitale. Le motivazioni economico - organizzative alla base dell'introduzione del PACS sono le seguenti: * aumentare la produttività delle apparecchiature (eseguendo l'analisi e l'elaborazione delle immagini su consolle secondarie); * realizzare un archivio digitale di tutte le immagini prodotte, riducendo il rischio di perdita delle informazioni; * distribuire le immagini diagnostiche ai reparti in forma digitale con risparmio di tempo e di pellicole. La prima conferenza internazionale con oggetto il Picture Archiving and Communication System si tenne in Newport Beach, California, nel gennaio 1982. In Giappone, nel luglio 1982, si tenne invece il primo Simposio Internazionale sul PACS; da allora questa conferenza è divenuta un evento annuale. Meetings sullo sviluppo del PACS in Europa sono tenuti annualmente dal 1984. In tutto quest'arco di tempo, si sono sviluppati ed evoluti in vari paesi differenti modelli di PACS e numerosi progetti di ricerca. In Belgio esistono tre centri attivi nella ricerca sul PACS: l'università di Leuven, l'ospedale universitario di Brussels, l'istituto di ricerca pluridisciplinario per le immagini delle scienze radiologiche. In Francia esistono sette progetti sul PACS, in Grenoble, Lille, Montpellier, Nantes, Rennes, e Villejuif. In Germania tre: rispettivamente presso l'università di Amburgo, l'università di Berlino, e l'ospedale universitario di Rudolf Virchow. In Italia, circa una decina di centri hanno installato un PACS, tra cui l'università di Pisa, il Policlinico Careggi di Firenze, il Cattinara di Trieste, l'Istituto Nazionale Studio e Cura Tumori di Milano, il CNR di Napoli. In Giappone vi sono circa cento esempi di PACS applicati, tra cui quello dell'università di Hokkaido. 3.1 Architettura Per realizzare le funzioni tipiche del PACS sono necessari vari componenti hardware e software[6,7] che possono essere classificate come segue: A) dispositivi di acquisizione delle immagini provenienti dalle differenti modalità diagnostiche (o imaging systems). Sono fondamentalmente rappresentati dai computer di acquisizione; B) dispositivi di archiviazione delle immagini diagnostiche su supporti digitali (archive system); C) dispositivi di visualizzazione,

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elaborazione e stampa delle immagini, rappresentati dalle stazioni di lavoro (o workstations) e dalle loro periferiche. 3.1.1 Dispositivi di acquisizione delle immagini Gli imaging systems (ovvero le modalità diagnostiche) sono rappresentati fondalmentalmente dalla TC, dalla RM, dalla ECO, dalla RX digitale. I computer di acquisizione delle immagini sono invece computer di collegamento tra gli imaging systems e il PACS. La necessità di avere dei computer di collegamento deriva dal fatto che gli imaging systems non possiedono i necessari programmi di comunicazione e di coordinazione che sono invece standardizzati all'interno del PACS. I computer di acquisizione delle immagini hanno tre primarie funzioni: acquisiscono le immagini dagli imaging systems, le convertono in un formato standard (formato ACR-NEMA o DICOM) e le trasferiscono al PACS vero e proprio. Per stabilire un collegamento tra i computer di acquisizione e le modalità diagnostiche si utilizzano due tipi di interfaccia di connessione: con il primo tipo di interfaccia di rete, denominato "pari a pari (che si avvale del protocollo TCP/IP ETHERNET), il processo di trasferimento delle immagini può essere iniziato sia dagli imaging systems medesimi (push operation), oppure dal computer di acquisizione (pull operation). Il "pull mode" è più vantaggioso perché se al computer di acquisizione si verifica un guasto tecnico, le immagini possono essere ritrasferite nel RIS fintanto che il computer riacquisti la piena efficienza o, in alternativa, possono essere inviate su un computer secondario di acquisizione in rete, in assenza del primario. Il secondo tipo di interfaccia, permette solo un trasferimento unidirezionale dei dati e delle immagini (dagli imaging systems al computer di acquisizione), con il rischio di perdita delle informazioni in caso di malfunzionamento del computer di acquisizione. Molti fattori possono portare a un malfunzionamento dei computer di acquisizione; per questa ragione è stato previsto un dispositivo di sicurezza, che riporta automaticamente il sistema di acquisizione al trend operativo consueto se interviene un'avaria. Sempre a tutela dell'effettiva integrità e completezza del processo di acquisizione delle immagini, è stata pure prevista un'attivazione permanente di uno "stato d'allerta", durante il quale il computer esamina lo stato del processo in corso, pronto a ricominciare dall'inizio l'intera operazione se viene riscontrata qualche anomalia . 3.1.2 Dispositivi di archiviazione I dispositivi di archiviazione (archive system) sono costituiti fondalmentalmente da un archive server, da un database system, da una libreria a dischi ottici, e da una rete ( o network) di comunicazione;[6,8] tramite quest'ultima l'archive system è collegato ai computer di acquisizione ed alle stazioni di lavoro (workstations o display stations). Le immagini radiologiche fornite dagli imaging systems sono acquisite dai computer di acquisizione e quindi trasmesse all'archive server, dal quale sono appunto archiviate nella libreria a dischi ottici e successivamente inviate alle workstations che ne fanno richiesta. Archive server Un archive server dovrebbe essere dotato di capacità di archivio notevoli, con multiple unità centrali di processori (CPU), con numerose interfacce per sistemi di computer ed interfacce di rete (Ethernet e ATM). Con questa vasta dotazione di hardware, l'archive server può supportare numerosi processi che avvengono in contemporanea. In aggiunta alla sua primaria funzione, di archivio delle immagini, l'archive server ha il compito di gestire il flusso delle immagini che provengono al PACS dai computer di acquisizione e di inviarle alle varie workstations. Database System

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Innanzitutto, le informazioni presenti nel database devono essere codificate in un linguaggio standard. Il sistema poi dovrebbe avere in memoria due copie dei dati presenti nel database. Questi possono essere richiesti da qualche computer presente nella struttura tramite la rete di comunicazione. Il fatto di avere due copie di dati assicura il sistema dalla possibilità che la trasmissione delle informazioni non vada a buon fine e che vadano irrimediabilmente perdute. Oltre a questa funzione principale, di supporto alla richiesta di immagini in archivio, il database system dovrebbe essere interfacciato con il Radiology Information System (RIS) e con l'Hospital Information System (HIS), in modo così da acquisire addizionali informazioni del paziente dai loro rispettivi database. La libreria a dischi ottici La libreria dovrebbe essere ingegnata con dispositivi atti a gestire e direzionare secondo le necessità i dischi ottici, che consentano le opportune operazioni di archivio e di trasmissione delle immagini operando sui dischi. La libreria dovrebbe pure essere fornita di un'ampia capacità di archivio. La rete di comunicazione Il PACS archive system dovrebbe essere in grado di connettersi sia alla rete locale che a quella vasta. La rete locale (LAN) è connessa al PACS mediante Ethernet e ATM networks. La rete vasta (WAN) mediante ATM network. Il PACS LAN si avvale dell'alta velocità di rete ATM per trasmettere l'ampio volume di immagini proveniente dall'archive server e diretto alle workstations. Ethernet viene invece usata per interconnettere i vari componenti del PACS, includendo i computer di acquisizione, il RIS e l'HIS, e le workstations. Ethernet è altresì impiegata come rete sostitutiva di ATM quando questa per motivi vari non è funzionale; l'archive server medesimo "rendendosi conto" di un'eventuale indisponibilità di ATM, predispone nuovi collegamenti tramite Ethernet. Software Tutti i sistemi di software dovrebbero essere implementati nell'archive server codificati in un linguaggio standard. Nell'archive server avvengono simultaneamente varie operazioni indipendenti le une dalle altre, e si stabiliscono comunicazioni, come ad esempio con le workstations, anch'esse indipendentemente le une dalle altre; per fare questo ci si avvale di software o programmi definiti "client-server". 3.1.3 Funzioni principali dell'archive server Le funzioni principali dell'archive server sono: il ricevimento delle immagini, la registrazione delle immagini nei dischi ottici, l'archiviazione delle immagini, il raggruppamento degli esami relativi ad un paziente, l'attivazione del "platter management", l'aggiornamento del PACS database, la ricerca di immagini, il recupero di immagini radiologiche eseguite nei tempi passati, l' autorouting e il prefetching delle immagini.[6] Ricevimento di immagini Le immagini acquisite dai computer di acquisizione dagli imaging systems vengono convertite nel formato ACR-NEMA o DICOM. Da questi le immagini sono quindi trasmesse via Ethernet o ATM all'archive server utilizzando software client-server e avvalendosi del protocollo standard TCP\IP. L'archive server può stabilire nello stesso tempo varie connessioni atte a gestire e direzionare secondo le necessità i dischi ottici, che consentano le opportune operazioni di archivio e di trasmissione delle immagini operando sui dischi. La libreria dovrebbe pure avere un'ampia capacità

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di archivio (per almeno di 1000 miliardi di byte). Registrazione delle immagini Le immagini giunte presso l'archive server dai computer di acquisizione, sono registrate nei dischi magnetici locali. La capacità di questi dischi magnetici di contenere immagini è di circa 10-30 Gbyte. Durante la degenza di un paziente, le immagini degli esami relativi sono mantenuti in archivio fintanto che il paziente verrà dimesso o trasferito. Tutte le immagini più recenti che non sono ancora presso l'archivio locale delle workstations, possono essere ricercate dall'archive server nei dischi magnetici ad alta velocità invece che nei dischi ottici a bassa velocità. Questo risulta particolarmente utile per i radiologi quando devono richiedere immagini da differenti workstations. Invio delle immagini Le immagini pervenute all'archive server dai vari computer di acquisizione sono immediatamente indirizzate alle workstsations di destinazione. Questo processo di "routing" è regolato da vari parametri: il tipo di esame, il sito della workstation, il radiologo che ne fa richiesta. Tutte le immagini sono classificate secondo il tipo di esame (es: CT - capo, CT - total body etc.) così com'è definito nel RIS, mentre le workstations di destinazione sono indicate con la loro locazione. Il programma di base per quest'operazione, tiene conto di tutti questi parametri e determina le destinazioni delle immagini. Le immagini sono trasmesse alle workstations locali tramite Ethernet o ATM LAN, alle workstations remote mediante ATM WAN. Archivio delle immagini Le immagini acquisite dall'archive server via i computer di acquisizione sono registrate temporaneamente sui dischi magnetici e poi sui dischi ottici per un archivio di lungo termine. Quando il trasferimento sui dischi ottici è completato, l'archive server informerà del buon esito dell'operazione il computer di acquisizione corrispondente, permettendo così a quest'ultimo di procedere alla cancellazione dell'immagine dal suo archivio locale. In questo modo, il PACS ha sempre due copie di una stessa immagine, impressa in due dischi magnetici distinti fintanto che questa venga trasmessa nel disco ottico presso l'archive server. Raggruppamento degli esami del paziente Durante la degenza il paziente può essere sottoposto ad esami differenti e in giorni diversi. Ciascuno di questi esami può consistere di studi multipli. Fino alla dimissione o al trasferimento del paziente, le immagini di questi esami sono raggruppate e conservate in un singolo WORM disk (disco ottico di libreria per un archivio permanente, vedi dopo). Platter management (sistema a piatto) Il raggruppamento delle immagini relative agli esami di un determinato paziente, permette come visto in precedenza, che le stesse siano archiviate contiguamente in un unico disco ottico. Il "platter management", invece, consiste nel preservare per un determinato paziente uno spazio predefinito all'interno del WORM disk per le immagini future di esami a cui lo stesso paziente sarà eventualmente sottoposto. In questa maniera si possono riunire in un unico disco ottico le immagini di un paziente provenienti pure da più ospedali, con sensibile riduzione del tempo relativo alla ricerca delle stesse. Risulta comunque molto costoso preallocare uno spazio su un disco ottico per un singolo paziente; per tale motivo esistono software ad hoc, per minimizzare lo spazio richiesto all'interno del disco per l'archiviazione di una serie di immagini. In aggiunta a ciò si possono

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raccogliere più dischi ottici consecutivi entro un volume ridotto, al fine di ridurre i tempi morti che si vengono a produrre nel passaggio da un disco all'altro nella visione delle immagini, e per facilitare la ricerca delle medesime, che risultano così impresse su dischi ottici differenti ma occupanti un volume minore. Aggiornamenti del database del PACS I dati nel PACS database, sono archiviati in tabelle predefinite, ognuna delle quali descrive solo un particolare tipo di informazioni. Per esempio, la tabella definita come "patient description table", consiste nell'insieme delle notizie principali relative al paziente, nella quale sono archiviati i dati anagrafici; la "study description table" (tabella di descrizione degli esami) consiste nelle annotazioni degli esami radiologici effettuati dal paziente; l'"archive directory table", nella descrizione di singole immagini; la "dignosis history table", nei referti diagnostici dei singoli esami. Queste tabelle sono continuamente aggiornate da processi autonomi e indipendenti intercorrenti all'interno dell'archive server unitamente alle informazioni estratte dalle annotazioni presenti in testa alle immagini o dall'interfaccia con il RIS. Recupero di immagini L'intera operazione ha inizio a livello della workstation, che è connessa all'archive system tramite le reti di comunicazione. La libreria a dischi ottici così com'è configurata nell'archive system, può fare fronte a multiple richieste di ricerca delle immagini ivi impresse. Queste ultime vengono trasmesse dalla libreria a dischi ottici all'archive server. L'archive server gestisce le richieste di ricerca delle immagini, provenienti dalle workstations, stabilendo un livello di priorità nel soddisfare queste singole richieste. Questa priorità viene accordata ad una singola workstation e a singoli utenti, basandosi su differenti gradi di necessità. Per richiedere le immagini dalla libreria a dischi ottici, l'utente, dalla workstation, può attivare la cosiddetta "funzione di richiesta" (vedi dopo nel paragrafo dedicato al DICOM 3), e ricercare il numero di immagini volute dal sistema di archivio. Recupero di immagini remote L'operazione viene avviata quando all'archive server giunge l'ADT message (admission discharge transfert message = messaggio di immissione, dismissione e trasferimento) da parte dell'HIS \ RIS. Le immagini remote selezionate, le notizie anagrafiche del paziente, e i referti diagnostici rilevanti sono recuperati dalla libreria a dischi ottici e dal database del PACS. Queste informazioni sono inviate alle workstations a completamento dell'iter diagnostico e clinico relativo al paziente. Il software relativo alle procedure operative per eseguire il tutto è basato su parametri predefiniti, come il tipo di esame, la classificazione della malattia, il nome del radiologo, il nome del medico che deve essere portato a conoscenza del referto, la localizzazione della workstation interessata, il numero e la datazione delle immagini archiviate relative all'esame del paziente. Tutti questi parametri determinano quali immagini remote devono essere selezionate. L'archive system dovrebbe essere operativo per 24 ore al giorno e 7 giorni su 7. Tutte le operazioni dovrebbero essere dirette da software che vengono inseriti automaticamente; il sistema non dovrebbe richiedere alcun intervento manuale Autorouting e prefetching delle immagini Il PACS riceve dal RIS le informazioni relative al luogo esatto dove verrà eseguito l'esame del paziente, il reparto dove il paziente è ospedalizzato e altre notizie circa lo stato del paziente. Una volta effettuato l'esame, tutte le immagini relative vengono trasmesse dalle modalità diagnostiche direttamente all'archivio del PACS. Sulla base delle informazioni di carattere amministrativo fornite

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dal RIS, l'archive server dà avvio ad un processo di "routing" automatico delle immagini, inviandole selettivamente solo ad alcune determinate workstations. Il "prefetching" (precaricamento) delle immagini, consiste invece in un set di funzioni per mezzo delle quali l'archive server predispone e successivamente trasmette una serie ben determinata di immagini (per esempio le ultime due radiografie al torace relative a uno stesso paziente) in un preciso momento ed ad una determinata workstation (o a più determinate workstations).[9] Il prefetching, per esempio, può essere attivato a seguito dell'ingresso in ospedale del paziente, o in ordine alla programmazione di un esame del paziente.[10] L'algoritmo, in seguito valuterà in base ad alcuni parametri prestabiliti quali immagini di esami precedentemente eseguiti dovranno essere estrapolate dall'archivio. 3.2 L'archivio digitale In rapporto ai tempi di conservazione delle immagini diagnostiche, si distinguono quattro livelli di archivio: * archivio a brevissimo termine: limitato al tempo che intercorre tra l'acquisizione e la refertazione; * archivio a breve termine: corrisponde alla durata della degenza in ospedale del paziente, in cui la possibilità di frequenti consultazioni è elevata; * archivio a medio termine: della durata di un anno a partire dal momento in cui un paziente viene dimesso; * archivio storico: di durata superiore ad un anno. L'archiviazione sistematica degli esami è di fondamentale importanza in radiologia, per consentire l'accesso agli esami precedenti, per adempiere ad un preciso obbligo legale, e per creare e mantenere un archivio didattico. Con l'introduzione nelle diagnostiche dei primi apparecchi digitali TC, ha avuto inizio l'era dell'archiviazione su un supporto digitale, ma è stato solo con il PACS, che si è delineato l'obiettivo di un archivio digitale unico per la radiologia, in sostituzione dell'archivio di pellicole. Tale obiettivo fino a qualche anno fa non era realistico nel nostro Paese, per gli obblighi legali concernenti la conservazione della documentazione radiografica (che poteva avvenire esclusivamente su pellicola o microfilm). Da qualche tempo invece è stata legalmente ammessa nel nostro Paese la possibilità di un'archiviazione sostitutiva su un supporto ottico non cancellabile. Questa evoluzione legislativa avvenuta in Italia rispecchia l'evoluzione tecnologica dei supporti fisici utilizzati per l'archiviazione, che negli anni hanno beneficiato dei progressi dell'elettronica di consumo, passando dai primi nastri magnetici agli attuali compact disk. I diversi supporti digitali per l'archiviazione si differenziano in funzione del tempo di permanenza dei dati archiviati, della capacità, della velocità di accesso e del costo. 3.2.1 Nastro magnetico Il nastro magnetico è stato il primo supporto utilizzato per l'archiviazione dei dati digitali in radiologia. Il principio fisico che caratterizza questo sistema di archiviazione è simile a quello usato per le musicassette: il dispositivo è composto da una struttura denominata "tape recorder" e da due bobine raccoglitrici il nastro magnetico. Nel "tape recorder" sono presenti le testine di scrittura e di lettura e l'elettronica per gestire il sistema. I dati digitali vengono registrati sequenzialmente in modo binario, cioè come successione di zero (nastro non magnetizzato) ed uno (nastro magnetizzato). Questo tipo di archiviazione ha notevoli inconvenienti fra i quali: * lentezza nel recupero delle informazioni: per recuperare un esame registrato in coda al nastro occorre leggere per intero il nastro; * ingombro; * smagnetizzazione graduale dei nastri con perdita delle informazioni contenute; * scarsa capacità di memorizzazione. 3.2.2 Dischi magnetici Dai nastri si passò rapidamente ai dischi magnetici, nei quali la lettura è eseguita da una testina che si muove sulla superficie magnetizzata del disco. I dati possono essere letti con accesso casuale e non più sequenziale come nei nastri magnetici. Anche per questo genere di dispositivo, la magnetizzazione di una zona del disco corrisponde a uno, mentre l'assenza di magnetizzazione

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corrisponde a zero. I dischi magnetici consentono un rapido accesso alle informazioni ed hanno un ingombro trascurabile. Del resto, anche i dischi magnetici presentano il rischio di perdita delle informazioni, dipendente dal fatto che essi possono essere cancellati per una successiva riscrittura. La tecnologia dei dischi magnetici ha portato all'adozione di due famiglie di prodotti: la prima, costituita dagli "hard disk" (dischi rigidi), contenuti all'interno del computer (definiti per questo dischi "fissi"), e la seconda in un primo tempo rappresentata dai "floppy disk" (dischi flessibili), usati come dispositivo di scambio fra un computer e l'altro di dati memorizzati; in un secondo tempo, anche i dischi del secondo tipo sono divenuti "rigidi" con l'impiego di dischetti di alta e media densità che oggi conosciamo, ma la denominazione di "floppy" è rimasta. La capacità di memorizzazione è dell'ordine dei Mbyte nei floppy e dell'ordine dei Gbyte nei dischi fissi. 3.2.3 DAT Il dispositivo DAT può essere visto come la moderna evoluzione del nastro magnetico. Esso è infatti costituito da un nastro ricoperto da uno strato magnetico di elevato spessore rinchiuso in una cassetta di dimensioni molto contenute. La velocità del dispositivo di lettura \ registrazione è cresciuta enormemente facilitando il recupero di dati localizzati in coda al nastro. La capacità di memorizzazione è cresciuta anch'essa, arrivando a superare i 7 Gbyte. 3.2.4 Dischi a tecnologia magneto - ottica Un supporto di archivio, con caratteristiche specificatamente orientate alla memorizzazione sicura e affidabile di una grande mole di dati, unitamente alle dimensioni ridotte, è rappresentato dai dispositivi di registrazione magneto - ottici. Con questo tipo di dischi si possono cancellare i dati in essi archiviati. Il principio di funzionamento si basa sulla modificazione reversibile dello stato fisico di una pellicola magnetica impressa sulla superficie di un disco ottico. La variazione dello stato fisico è portata a termine da un sottilissimo fascio laser che incide la superficie del disco. La capacità di questi dispositivi è variabile a seconda della casa costruttrice, ma essa è generalmente nell'ordine dei Gbyte. I dischi magneto-ottici hanno una velocità di trasferimento ed un tempo di accesso circa uguale a quello dei dischi ottici. Il loro impiego è limitato dall'assenza di formati standard per la precocità della tecnologia. Questo mezzo di archiviazione offrirebbe il vantaggio di potere cancellare le immagini e riutilizzare i dischi stessi dopo che siano passati i tempi prescritti dalla legge per la conservazione dei dati. 3.2.5 Dischi ottici I dischi ottici presentano un'elevata capacità di memoria e sono allo stato attuale il mezzo più indicato per la memorizzazione definitiva dei dati digitali. I dischi attualmente impiegati sono costituiti da una superficie sensibile sulla quale i dati sono memorizzati sotto forma di piccole perforazioni superficiali realizzate da un raggio laser focalizzato. L'informazione è pertanto conservata in maniera definitiva e non vi è possibilità di cancellare i dati. Vengono comunemente definiti come dischi a scrittura singola e lettura multipla (WORM, Write Once Read Many).[11] La capacità dei dischi ottici più usati, con 5,25 pollici di diametro, è di 600 Mbyte per lato. Sono stati anche proposti dischi da 14 pollici, con capacità di memorizzazione di 3-4 Gigabyte. I dischi ottici hanno lo svantaggio di una ridotta velocità di trasferimento dei dati (0,3 Mbyte \ sec.) e di un tempo di accesso di 200-300 msec. Esistono sistemi di seconda generazione che permettono di velocizzare le suddette operazioni, con velocità di trasferimento di 5 Mbytes \ sec. e tempo di accesso di 100-120 msec. Tuttavia, allo stato attuale la tecnologia dei dischi ottici è l'unica che può essere proposta per la memorizzazione definitiva dei dati digitali in Radiologia. Infatti, esiste la possibilità di tenere in linea più dischi con un assemblaggio definito a "juke box", e così si può raggiungere una dimensione dell'archivio fino a circa 1 Terabyte. L'accesso ad una immagine richiede un tempo

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massimo di ricerca 12 secondi e un successivo tempo di lettura proporzionale alle dimensioni dell'immagine stessa.[12] Si può ovviare ai lunghi tempi di attesa recuperando le immagini richieste, ed effettuandone il temporaneo trasferimento su dischi magnetici per una veloce consultazione. 3.3 Interfacce Standard nella trasmissione digitale di dati ed immagini Le trasmissioni di immagini e comunicazioni testuali tramite i vari HIS è stata da sempre ostacolata dal fatto che i componenti di questi sistemi differiscono nelle piattaforme, e che sono costruiti da industrie differenti. Con l'emergere degli standard industriali queste difficoltà si sono a poco a poco appianate. Per interfacciare due apparecchi occorrono due requisiti: un comune formato per i dati e un protocollo di comunicazione (per quest'ultimo si veda nel paragrafo dedicato, nel capitolo sulle networks).[13] I due maggiori standard industriali usati sono l'Health Level Seven (HL7) per la comunicazione testuale, e l'ACR-NEMA e il DICOM per la trasmissione di immagini.[6] Nell'ambito del HL7 standard, è possibile scambiare informazioni di carattere medico tra HIS, RIS, e PACS. Immagini prodotte con varie modalità e da varie industrie, a loro volta, adattate con ACR - NEMA e DICOM standard, possono essere convertite in un formato standard. 3.3.1 HL7 Interface Standard Usato dal 1987, fu ideato con lo scopo di sviluppare una procedura standard per lo scambio di dati per via telematica nei centri di cura, in particolare per le applicazioni ospedaliere.[14] Si tratta di un formato standard di dati e protocolli con i quali HIS, RIS e PACS possono comunicare tra loro agevolmente. Nel HL7 standard l'unità base dei dati è un messaggio. Ciascun messaggio è a sua volta comprensivo di segmenti multipli. Il primo segmento del messaggio è il "segmento di testa", che definisce l'intento, il tipo di ricerca, e altre rilevanti informazioni. Gli altri segmenti rappresentano eventi collegati. All'interno di ogni segmento, altri pezzi di informazione sono raggruppati insieme basandosi sul HL7 protocollo. A titolo di esempio, un tipico messaggio, come l'ammissione di un paziente, può contenere i segmenti seguenti:[6] MSH ( segmento di testa del messaggio EVN ( segmento che qualifica il tipo di caso (evento) PID ( segmento relativo all'identificazione del paziente NK1 ( segmento relativo al parente più prossimo PV1 ( segmento relativo alla visita del paziente La comunicazione dei dati tra un HIS e un RIS è un evento guidato. Quando un evento nuovo accade al paziente l'HIS invia un messaggio in formato HL7 al RIS. Il RIS procede all'analisi del messaggio, a modificare a seconda dell'evento il database relativo a quel paziente. Parimenti il RIS invierà in un secondo tempo sempre in formato HL7 il messaggio al PACS, il quale a sua volta aggiornerà il database alla nuova situazione, predisponendosi, se del caso, all'esecuzione delle necessarie azioni che gli sono state richieste dal RIS medesimo. 3.3.2 ACR-NEMA Standard ACR-NEMA, formalmente conosciuto come l'American College of Radiology and the National Electrical Manifactures Associated, rappresenta il modo standard con cui le aziende costruttrici codificano il formato per la trasmissione di dati e delle immagini radiologiche, con particolare riferimento alle applicazioni del PACS. Dell' ACR-NEMA standard si sono avute due versioni: la prima, del 1985, definiva la procedura standard della trasmissione del messaggio in maniera particolareggiata (punto a punto) nonché il formato standard dei dati e includeva un set preliminare dei comandi di comunicazione e il dizionario del formato dei dati. L'iter seguito per la conversione delle immagini nel formato ACR-NEMA è la seguente. Inizialmente un'immagine viene acquisita con una particolare modalità; se non è già codificata nel formato ACR-NEMA, una volta giunta al computer d'acquisizione locale, viene convertita nel formato standard, dopo di che, l'immagine in ACR-NEMA viene inviata al PACS per essere archiviata e quindi trasferita alle workstations, che

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provvederanno a visualizzarla. 3.3.3 DICOM 3.0 Standard Nel DICOM 3.0 standard le informazioni trasmissibili si possono dividere in due classi: classi di oggetto e classi di servizio.[6] Le classi di oggetto, a loro volta si possono classificare in composite o normalizzate: le normalizzate includono le informazioni riguardanti specificamente il paziente, gli esami effettuati, gli esiti etc...le composite invece le immagini relative agli esami del paziente. Nell'ambito di ciascuna delle due classi sopra menzionate, sono associate i rispettivi codici di comando (DICOM commands) tramite i quali si possono gestire le informazioni contenute nelle classi medesime. Le classi di servizio, rappresentano invece un insieme di procedure operative tramite le quali può avvenire lo scambio di dati e immagini tra un sistema digitalizzato e un altro. Anche le classi di servizio sono associate a codici di comando, tramite i quali appunto, si possono richiedere i servizi voluti. Tecnicamente, nell'uso di queste classi di sevizio ci si avvale normalmente del cosiddetti "push mode" e "pull mode".[14] L'uso del "push mode" è più comune: semplicemente, un apparecchio invia informazioni ad un altro utilizzando il comando STORE, associato alla classe del Storage Service. Con il "pull mode" invece, sempre lo stesso apparecchio digitale invia una richiesta di ricerca di informazioni a un altro mediante il comando FIND appartenente alla classe del Query Service e le ottiene tramite il comando MOVE associato alla classe del Retrieve Service. Riassumendo quindi, la trasmissione di un messaggio in DICOM viene effettuata utilizzando un comando (relativo alla classe servizi) specifico in relazione all'informazione contenuta nella classe oggetto che si desidera acquisire. La struttura di un PACS conforme allo standard DICOM è generalmente basata su un server centrale, dove vengono archiviati tutti gli esami del reparto, collegato alle apparecchiature diagnostiche, alle stazioni di refertazione. Tutti i dispositivi collegati in rete hanno un comportamento di tipo client verso il server centrale, potendo eseguire operazioni di invio di informazioni (funzione C-STORE in DICOM) o di ricerca esame (C-FIND). Le case produttrici di apparecchiature rilasciano dei documenti di conformità, nei quali sono presenti tutti i riferimenti alle parti dello standard DICOM implementati sull'apparecchiatura. La dichiarazione di conformità DICOM è un documento molto importante che deve essere studiato attentamente durante la fase di progettazione del PACS, per evitare che vi siano dispositivi non collegabili fra loro o privi di alcune importanti funzioni. Se per esempio si vogliono delle stazioni di refertazione in grado di richiamare esami dal server oppure direttamente dalla strumentazione radiologica, ci si deve assicurare che il server supporti la modalità C-FIND e la strumentazione la modalità C-GET. Oltre alle specifiche di interconnessione di rete, DICOM implementa la descrizione per la creazione dei file contenenti immagini per un archivio . DICOM però presenta anche dei limiti relativi alla sicurezza: * non garantisce la riservatezza dei dati trasmessi; * non utilizza meccanismi di verifica dell'accesso attraverso password. * A tale riguardo è peraltro necessario osservare che lo standard DICOM non consente di verificare l'identità del chiamante; è stato concepito con lo scopo di servire reti informatiche private o per comunicazioni "punto a punto" tra due elaboratori. Lo sviluppo delle telecomunicazioni e l'affermazione di Internet su scala mondiale hanno invece portato all'impiego dello standard DICOM da una rete con tipologia globale, facendo emergere queste problematiche - inizialmente non previste - di sicurezza e confidenzialità dei dati. 3.4 Workstations (Stazioni di lavoro) Le stazioni di lavoro o workstations, sono i luoghi deputati alla interpretazione dell'esame e alla elaborazione delle immagini; sono dotate di un sistema di monitor nei quali vengono visualizzate le immagini radiologiche.[15] Le workstations possono configurarsi all'interno di tre campi di azione: 1. Refertazione 2. Teleradiologia 3. Consultazione

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3.4.1 Workstations di refertazione La refertazione consiste fondalmentalmente nella formulazione della diagnosi. Per una buona riuscita la qualità delle immagini deve essere paragonabile a quella riportata con la pellicola, una condizione che purtroppo è assai lontana dalla realtà. A tal fine nelle stazioni si dovrebbero teoricamente installare 1-2 monitor con grandezza compresa tra 17 e 19 pollici e lato maggiore verticale, circa 1Gbyte di memoria locale (per contenere tutte le immagini di un unico esame), un software mirato alla gestione delle immagini, cursori diretti manualmente (Trackball o Mouse). Con particolare riferimento al software, al fine di ottenere un valido supporto alla diagnosi, sono state avanzate le seguenti caratteristiche: * variazione dei livelli di grigio; * inserzione di annotazioni di testo; * inserimento di annotazioni grafiche; * salvataggio dei dati; * modifica dell'orientamento dell'immagine; * misurazione di linee, aree, angoli; * accentuazione dei contorni; * visualizzazione in contemporanea di tutte le immagini dell'esame; * facoltà di modificare l'ordinamento sequenziale delle immagini; * inversione video dei livelli di grigio; * visualizzazione delle informazioni tecniche relative alle immagini (regione anatomica, numero di immagini, data e ora di esecuzione dell'esame); * elenco delle immagini disponibili; * messaggi di errore; * help in linea, presente ad ogni livello; * opzioni software aggiuntive, quali stampa, ricerca paziente, elaborazione testi. Per quanto concerne il salvataggio dei dati, questo dovrebbe avvenire nei tempi e nei modi stabiliti dall'utente della workstation, per consentire di effettuare eventualmente revisioni successive dei dati alfa numerici e delle immagini, per la possibilità di un errato inserimento dei dati anagrafici o della archiviazione delle immagini di qualità scadente. Per questo fine è utile un archivio a lungo termine (dischi ottici) alla conclusione di una sessione giornaliera di lavoro, solo al comando di colui che ha eseguito la refertazione. Le caratteristiche del software gestionale elencate in precedenza, sono state ad oggi implementate nei pacchetti applicativi per la refertazione. Il difficile aspetto della conformità del software alle esigenze del radiologo sta assumendo sempre maggiore rilievo, e porta ad una costruttiva collaborazione tra informatico e radiologo. In questo rapporto di collaborazione il radiologo propone miglioramenti ed evidenzia eventuali carenze del software, espone esigenze attuali e future, permettendo al programmatore di rendere migliore il prodotto. Del resto il programmatore fornisce al radiologo gli strumenti di lavoro, assicurando un'assistenza in tempo reale sia sul prodotto finito, anche per eventuali aggiornamenti. 3.4.2 Workstations di consultazione Le workstations di consultazione sono adibite allo scambio di informazioni tra il radiologo e il clinico. Frequentemente, il paziente che viene sottoposto ad un accertamento diagnostico è accompagnato unicamente dalla richiesta dell'esame e dalla cartella clinica personale (se si tratta di paziente ricoverato). Ciò che spesso manca al radiologo è l'interscambio informativo con il clinico che ha indirizzato il paziente verso quel tipo di esame, in modo da condurre un'indagine più mirata su un particolare quesito diagnostico o eventualmente modificare gli orientamenti dell'esame mentre viene eseguito, riducendo tempi e costi della prestazione. Del resto, per il clinico una risposta diagnostica rapida e certa rappresenta un valido contributo per la realizzazione di un piano terapeutico efficace e tempestivo. In questo modo la consultazione telematica può dispensare il clinico a muoversi dal proprio reparto per raggiungere il reparto radiologico, una pratica che nella maggioranza degli ospedali è ancora di routine. 3.4.3 Workstations di teleradiologia Le workstations di teleradiologia sono deputate alla trasmissione / ricezione di immagini diagnostiche. Gli elementi costitutivi di una stazione di teleradiologia sono: Dispositivo di acquisizione delle immagini, variabile in funzione delle modalità diagnostiche richieste; Stazione di lavoro con i seguenti requisiti: monitor con risoluzione minima di 1024 x 1280 pixel, cpu potenti

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(soprattutto in termini di velocità), Sistema Operativo Multi tasking (UNIX, XENIX) che consente l'elaborazione di più informazioni simultaneamente, Memoria locale di massa con buone capacità nel caso in cui la stazione venga utilizzata come "image server"; Compressore / Decompressore immagini, con un algoritmo di elaborazione configurato in modo da non alterare la qualità dell'informazione; Software di gestione che assolva alle seguenti funzioni: gestione delle periferiche (stampante, scanner, telecamera, frame grabber), gestione della trasmissione, gestione sincronizzata di un cursore sulle due stazioni, gestione dell'archivio temporaneo delle immagini da trasmettere e di quelle ricevute, gestione dell'archivio permanente delle immagini ricevute, elaborazione locale dell'immagine. 3.5 Tipologie di PACS In relazione all'estensione e al numero delle apparecchiature diagnostiche connesse, una classificazione dei sistemi PACS distingue le seguenti tipologie: PACS parziale, PACS a sviluppo intermedio, PACS globale. 3.5.1 PACS parziale Il PACS parziale ("modality cluster" o "mini-PACS), è limitato all'acquisizione, la visualizzazione, l'archiviazione e la trasmissione di immagini provenienti da un'unica modalità diagnostica. E' la forma più semplice da un punto di vista funzionale: i dati trasmessi non devono percorrere distanze molto elevate. Inoltre il software gestionale della workstation è a impegno limitato finalizzato soprattutto alla archiviazione ed elaborazione delle immagini. 3.5.2 PACS a sviluppo intermedio Il PACS a sviluppo intermedio, è ancora confinato all'istituto o al reparto di radiologia come nel caso del PACS parziale, ma rispetto ad esso gestisce più modalità diagnostiche (es: TC, RM, ECO). Questo tipo di configurazione, quindi, permette una gestione unitaria delle immagini acquisite. 3.5.3 PACS globale Il PACS globale, non è solo in grado di connettere tutte le apparecchiature presenti in radiologia ma dovrebbe consentire l'integrazione con i sistemi informativi radiologico ed ospedaliero (RIS e HIS) e con il mondo esterno all'ospedale tramite teleradiologia. Il possibile passaggio dal PACS parziale ai successivi è realizzabile con l'aumento delle apparecchiature collegate e con l'ampliamento dell'area di influenza del sistema. 3.6 Installazione del PACS Il più importante aspetto da tenere in considerazione nell'installazione di un PACS standard è quello di usare dei sistemi di computer (hardware) standard e dei programmi (software) standard in modo da agevolare l'interconnessione ed il collegamento ad altre piattaforme di computer.[16] Gli altri vantaggi, certo non secondari, nell'utilizzare sistemi standardizzati nell'architettare un PACS sono i seguenti:[17] * risulta facilitato in un secondo tempo l'inserimento opportuno di un nuovo componente nella stessa struttura; * ne risulta semplificata l'assistenza tecnica poiché ogni modulo è simile all'altro; * risulta diminuito il numero di computer all'interno del sistema, poiché non vi è necessità di usare computer che codificano per altri. Se due PACS nello stesso ospedale non possono comunicare tra loro, divengono due sistemi isolati, ciascuno con proprie informazioni e immagini dei pazienti, e non possono collegarsi con gli altri sistemi in modo da costituire un PACS complessivo integrato con l'intero ospedale. Un progetto di reti aperte che consenta con un metodo

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standardizzato uno scambio di dati e messaggi tra sistemi eterogenei è dunque essenziale. D'altra parte se un modulo PACS deve essere in grado di trasmettere immagini agli altri sistemi e viceversa, deve usare necessariamente un formato standard per dati ed immagini, e deve usare un protocollo di comunicazione standard. Altri fattori notevoli che vanno osservati nell'installazione di un PACS sono rappresentati dall'affidabilità e dalla riservatezza. L'affidabilità è una priorità per un PACS per due ragioni: innanzitutto, poiché un PACS è costituito da molte apparecchiature e la probabilità che una di queste abbia un guasto tecnico è alta; la seconda perché il PACS gestisce e visualizza informazioni relative a pazienti che possono anche trovarsi in uno stato critico, ed estesi periodi di malfunzionamento non possono essere tollerati. Nel progettare un PACS è quindi importante adottare misure anti default. La riservatezza infine è un elemento importante nel progettare un PACS, specie nelle questioni medico - legali, al fine di tutelare la privacy del paziente. I tre maggiori meccanismi per garantire un grado di privacy accettabile sono rappresentati dal "controllo accordato", dal "controllo privilegiato", e dal "riconoscimento a vista". I più sofisticati sistemi di controllo ed organizzazione dei dati hanno meccanismi di identificazione e di autorizzazione che si avvalgono di permessi e di passwords. Le applicazioni di software ad hoc possono completare il sistema di protezione ed accesso dei dati e delle immagini. Un addizionale misura di sicurezza è l'uso del criptaggio durante la trasmissione delle informazioni.

CAPITOLO 4 NETWORKS E PACS Con l'irresistibile evoluzione dei sistemi digitali in radiologia, tra i quali appunto il PACS, si è reso necessario il perfezionamento di un sistema efficace di rete (network) di collegamento tra i vari sistemi. Storicamente il mondo delle telecomunicazioni ha seguito due linee di sviluppo: * la prima, rivolta alla realizzazione di efficienti reti telefoniche nazionali ed internazionali che fossero completamente interoperative; * l'altra, orientata alla trasmissione dei dati. Attualmente, le reti per dati sono utilizzate per trasferire un insieme molto vario di informazioni generate da calcolatori o da altri apparati, sotto forma di unità informative strutturate in funzione delle diverse architetture e protocolli. Le informazioni contenute in queste unità, a cui si può dare il nome di "pacchetti", sono trasferite senza particolare interesse riguardo al ritardo tra la ricezione di un pacchetto e il successivo. Quello che maggiormente interessa è semmai la velocità trasmissiva corrispondente al ritmo di arrivo dell'informazione utile (throughput). A causa della necessità di instradare ciascun pacchetto, di definire l'indirizzo di ciascuna sorgente e di ogni destinatario, di trasmettere informazioni di controllo relative ai singoli protocolli, non è possibile che una rete possa raggiungere un throughput pari alla velocità trasmissiva corrispondente al canale impiegato. In genere le reti di telecomunicazioni per dati, spesso denominate "reti di elaboratori" (computer networks), si differenziano per: - topologia (a bus, a ring, a stella); - tecnologia (Ethernet, FDDI, ATM); - estensione (reti locali e reti vaste); - mezzi trasmissivi impiegati e tecnica di accesso alla rete. 4.1 Concetti correlati e aspetti tecnici sul funzionamento delle networks 1) Capacità: la massima entità del flusso di informazioni nell'unità di tempo tra i vari sistemi digitalizzati è definita come capacità, ed è misurata in bit per secondi. 2) Tempo di latenza: è il tempo effettivo impiegato nella trasmissione, cioè dal momento in cui le informazioni sono disponibili in rete al momento in cui esse sono realmente giunte al sistema digitalizzato di arrivo.[18] Consiste primariamente nella somma del tempo di trasmissione tra il inviante e il ricevente e del tempo impiegato dal ricevente per registrare l'intera serie di bit del messaggio. Quando la rete è congesta un messaggio può essere temporaneamente "accantonato" per un

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significativo lasso di tempo e in caso di traffico intenso, eliminato. 3) Segnalazione di errori: i segnali trasmessi attraverso le reti possono risultare distorti o ridotti di intensità a causa di interferenze o di un non ottimale sistema di ricezione da parte del sistema digitale di arrivo. Normalmente questo tipo di segnalazione consiste nell'associare per ogni bit trasmesso del messaggio un'indicazione di errore (BER: bit error rate); esistono inoltre efficienti schemi prestabiliti nel sistema che automaticamente segnalano l'errore e che possono identificare il messaggio errato e avviare una procedura di richiesta di nuova trasmissione del messaggio in oggetto. 4) Ampiezza della network: si determina in base al numero di terminali della rete ove sono siti i vari sistemi digitali tra loro collegati. Una network moderna dovrebbe contenere milioni di terminali. 5) Costo della network: il costo complessivo per instaurare e mantenere una rete può essere diviso in tre componenti: il costo d'installazione del sistema, il costo di mantenimento (canone mensile o annuale), e il costo effettivo relativo alla trasmissione, basato sulla durata della trasmissione o sul numero di bit trasmessi. 6) Cavi di rete: mentre i nodi e i terminali delle networks sono costituiti da circuiti microelettronici integrati, le linee di collegamento per mezzo delle quali si attua appunto la trasmissione, sono costituite da cavi, che a loro volta sono un'insieme di conduttori elettronici (coppers) o da fibre ottiche;[18] i primi, sono impiegati quasi integralmente nell'ambito delle LAN, ed hanno il vantaggio di una connessione poco costosa ai nodi e ai terminali, le seconde, quello di una più alta velocità di trasmissione, nonché quello di una minore incidenza di errori nella trasmissione dei bit. La trasmissione delle informazioni (bit) può avvenire tramite un unico paio di coppers (per mezzo di una corrente di elettroni) o tramite una singola fibra ottica (per mezzo di un flusso di fotoni). Due paia di coppers o due fibre ottiche consentono una comunicazione bidirezionale. Negli ultimi tempi si sono fatti studi sulle fibre ad aria compressa: nitrogeno compresso viene usato per comprimere le fibre che sono inserite entro un sistema di tubi. Questo sistema può contenere da 1 a 16 tubi e ciascun tubo da 1 a 16 fibre. Cavi per immagini video sono impiegati per trasmettere immagini ai monitors ad alta risoluzione. 7) Schede di rete: le schede di rete trasformano i segnali che viaggiano nei bus all'interno dei computer in segnali che possono viaggiare sui cavi del tipo usato. Le schede di rete sono fisicamente collegate ai cavi tramite i connettori. 8) Connessione: una connessione consiste nell'instaurare un canale per la trasmissione delle informazioni tra i terminali della network ed è supportata da un circuito, cioè una sequenza di collegamenti e di nodi tra i terminali medesimi.[18] Normalmente un circuito di connessione si basa su un'appropriata collocazione di dispositivi di smistamento (switches) lungo il percorso. In pratica, questo significa che i messaggi o le informazioni che partono dalla sorgente dirette alla destinazione, possono lungo la via essere dirottate verso stazioni intermedie, senza comunque perdere di vista la stazione terminale di arrivo. Intrinsecamente al messaggio vi è la codifica degli switches a cui esso sarà sottoposto e quindi solo in determinati punti del percorso, nell'ambito della rete, il messaggio sarà smistato in stazioni intermedie già programmate e previste in partenza, dove sarà temporaneamente trattenuto. Non è economicamente conveniente instaurare collegamenti diretti tra tutti i terminali di una rete; il numero di questi aumenterebbe grandemente e sarebbe praticamente impossibile il funzionamento delle networks con milioni di terminali. Di conseguenza i nodi di smistamento inseriti nella struttura della network sono stati pensati per realizzare una sequenza di collegamenti (circuito) mediante la quale può esistere una comunicazione tra le stazioni terminali. Nella struttura iniziale della rete telefonica questo genere di connessioni era realizzato dagli operatori, che mantenevano il collegamento per l'intera durata della chiamata mediante l'uso delle mani. Successivamente furono installati switches elettronici. 9) Connessioni multiple: due linee (o collegamenti) aventi due distinti terminali di partenza e di arrivo, nell'ambito della stessa rete, possono percorrere un tratto di percorso in comune mediante l'inserimento di switches. 10) Hub Room: una hub room contiene al suo interno direzionatori di rotta, ripetitori, switches e altri accessori ausiliari al funzionamento della rete per connettere, indirizzare o deviare le informazioni nel corso del loro tragitto.[6] Questa "stanza" include pure i pannelli di collegamento (patch panels), su cui si agganciano le terminazioni dei cavi o delle fibre ottiche provenienti dalle altre "stanze" presenti nella struttura di rete. Nelle hub rooms vi è la possibilità di collegarsi non solo con le altre

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hub della rete, ma anche con reti estranee, sempre mediante i patch panels. Una network ad ampia estensione di struttura necessita della presenza di varie hub rooms; tra queste esiste una hub room principale a cui si dà il nome di Network Distribution Center (NDC). Quet'ultima contiene i principali direzionatori di rotta, ponti, switches. Dalla NDC dovrebbe essere possibile connettersi per mezzo di un computer con qualsiasi network. Dalla NDC la rete passa per un'altra struttura insita nella network stessa, entro la quale è ubicata un'altra "stanza", detta Building Distribution Frame (BDF). Da quest'ultima le informazioni correnti sono indirizzate dai compartimenti principali della rete a quelli secondari; quindi giungono all'IDF (Intermediate Distribution Frame), vera e propria hub di collegamento tra la BDF e i computer terminali (end points) degli utenti a cui le informazioni sono dirette. 11) Accesso alla network: l'accesso di un terminale alla rete può essere consentito a un singolo o a più utenti. Quest'ultima possibilità può essere accostata come idea al telephone party line, nell'ambito del quale un qualsiasi terminale può interferire con il libero accesso di un altro alla rete. Questo tipo di approccio risulta economico sia in termini di complessità di struttura sia per l'efficienza con cui il traffico locale è gestito; comunque, occorre d'altra parte considerarne gli svantaggi: un possibile rischio per la privacy e possibili difficoltà nel connettersi alla rete. Se invece l'accesso è singolo, l'intera rete è a disposizione del singolo utente ed è impossibile per gli altri terminali interferire nella comunicazione di quello autorizzato. 12) Congestione della network: quando la rete è subissata da molte richieste di connessione da parte dei terminali si rischia la congestione, se queste superano la capacità di rete. Se la struttura di rete è di quella del tipo a connessioni multiple, allora la congestione può essere evitata. Occasionalmente, però, la capacità di trattenere i messaggi o le informazioni dei nodi di smistamento, può essere superata e il tutto andare perduto. Molti accorgimenti si possono impiegare affinchè questo non avvenga: aumentare la capacità della network, porre un limite al numero delle connessioni, accordare selettivamente alcune connessioni a scapito di altre; quando se ne renda necessario, eliminare le informazioni già trasmesse e dirottare il traffico dalle aree congeste. Attualmente nessuna di queste misure è chiaramente preferibile alle altre, e le reti future useranno alcune di queste in combinazione. 13) Protocolli standard di rete: tutte le norme, procedure, formati, che sono stati sottoposti a un processo di standardizzazione, a livello locale o internazionale sono definiti protocolli. Questi protocolli definiscono i modi con cui iniziare o terminare lo scambio di informazioni, sulla sincronizzazione dei terminali, sul rilievo e correzione degli errori di trasmissione, sul formato e sulla codifica delle informazioni. I più conosciuti protocolli standard nelle applicazioni del PACS sono il DOD standard, studiato dal U.S. Department of Defense e l'OSI standard (Open Systems Interconnect) predisposto dall'ISO (International Standards Organitation).[6] Nel DOD TCP\IP protocol un blocco di dati è diviso in segmenti, ciascun segmento è associato a un TCP header, quindi a un IP header e finalmente a un pacchetto di dati, parte del blocco originario. Questo pacchetto di dati è trasmesso e il processo è ripetuto fino a quando l'intero blocco di dati viene trasmesso per intero. Nel TCP\IP protocol gli elementi caratteristici del messaggio sono quindi il TCP header, l'IP header, e il pacchetto di dati (packet header). 4.2 Topologia delle Networks Esistono tre principali strutture di rete: struttura a bus, a ring, a stella.[19] Le reti con topologia a bus sono le più utilizzate in ambito locale, e si caratterizzano per la presenza di un unico bus, rappresentato da un cavo coassiale o da un cavo in fibra ottica, al quale sono collegate tutte le stazioni. Nella struttura a bus può avviare una trasmissione solo un terminale per volta senza incorrere in interferenze; perciò occorre un protocollo standard di comunicazione che permetta l'utilizzo della rete a un singolo utente oppure un protocollo che protegga la trasmissione dalle interferenze. La topologia a bus ha poi lo svantaggio che terminali non autorizzati possano assistere alla comunicazione anche senza potere interferirne. L'affidabilità di questa connessione deriva dal fatto che il guasto di una stazione non compromette il funzionamento dell'intera rete; tuttavia il

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flusso netto di trasmissione è basso in quanto tutti i dispositivi di rete operano sullo stesso canale. Nelle reti con topologia a ring o ad anello i terminali sono connessi formando un anello, con possibilità di comunicare in senso unidirezionale e bidirezionale. La topologia ad anello consente di verificare se un messaggio è stato effettivamente ricevuto dal nodo destinatario, poiché quando esso giunge a destinazione, viene copiato e rispedito al mittente. Questa struttura ha punti in comune con quella precedente (mancanza di privacy, accesso a un singolo utente), ma se ne differenzia per il fatto che se si interrompe la comunicazione tra due terminali, il collegamento può essere ripristinato tramite una via accessoria. La topologia a stella è caratterizzata dalla presenza di un nodo centrale, rappresentato da un calcolatore a cui fanno capo un numero variabile di stazioni; ogni unità periferica può colloquiare (cioè scambiare immagini e dati alfanumerici) con un'altra, solo passando attraverso il nodo centrale, e questo determina una scarsa espandibilità del sistema ed una ridottissima tolleranza ai guasti concernenti il nodo centrale medesimo (in questo caso l'intera rete cessa di funzionare, mentre nelle altre tipologie l'interruzione di uno qualunque dei nodi non influisce pesantemente sulla funzionalità della rete stessa). Il vantaggio dei sistemi a stella è rappresentato dalla possibilità di avere dei flussi elevati di dati, in quanto in pratica si ha un collegamento "punto a punto" tra due stazioni. Questo sistema consente il mantenimento della privacy e l'uso simultaneo da parte di più utenti. L'interruzione di un collegamento con un terminale non pregiudica quello degli altri e d'altra parte il nodo centrale provvede automaticamente a porre rimedio al difetto del sistema. La struttura a stella è la più costosa tra le tre. E' possibile l'interconnessione tra le tre strutture per formare reti più complesse. L'interconnessione di queste e le loro combinazioni rappresenta il modello di scelta per le future networks delle aree metropolitane. 4.3 Tecnologie delle Networks Le più comuni tecnologie di rete applicate al PACS sono Ethernet, FDDI (Fiber Distributed Data Interface), e ATM (Asynchronous Trasnsfer Mode), che sono usate rispettivamente per basse, medie e alte velocità di comunicazione. Tutte queste tre tecnologie di rete si avvalgono del TCP\IP protocollo di comunicazione. 4.3.1 Ethernet Ethernet: si basa su una topologia a bus e la trasmissione può avvenire tramite cavi coassiali o tramite le fibre ottiche. I dati vengono inviati in pacchetti per facilitare la trasmissione per i cavi. Tutti i nodi nella rete sono così collegati tra loro e ciascun nodo possiede un suo codice di riconoscimento che lo qualifica, e che permette il passaggio dei pacchetti di informazioni dai computer. Ciascun pacchetto contiene l'indirizzo della stazione di partenza, quello di arrivo, i dati, il codice di rilevazione degli errori. La velocità di trasmissione è di circa 10 Mbit\s. Poiché un pacchetto di dati può includere un massimo di circa 1.500 byte, un singolo file è normalmente suddiviso in molti pacchetti. E' compito dell'Ethernet interface hardware inviare e presentare i dati contenuti in ciascun pacchetto al corretto computer di destinazione. La performance di una tipica rete Ethernet dotata di connessioni multiple, in vari modelli di comunicazione, così come si usa per il PACS, può anche superare i 60 Kbyte\s di velocità di trasmissione. Ethernet inoltre presenta un alto grado di espandibilità: non vi è infatti limite al numero di apparecchiature che possono essere connesse, se non nel progressivo rallentamento della velocità di trasmissione dei dati quando più apparecchiature tentano di trasmettere in rete le immagini così ottenute. Il limite della rete è la bassa velocità di trasmissione. Ethernet viene impiegata nell'ambito del PACS per trasmettere le immagini da un imaging system al computer di acquisizione. 4.3.2 FDDI

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FDDI si basa su una topologia a ring e fa uso di fibre ottiche. Il modello più diffuso è quello a due rings, uno attraverso cui la trasmissione avviene in senso orario e uno in cui avviene in senso antiorario. Nel caso che una delle due connessioni si interrompi, il doppio ring subisce una reversione a singolo ring e il sistema può continuare ad operare. Con l'impiego di un protocollo di rete particolarmente efficiente, unitamente al flusso di dati bidirezionale, si possono raggiungere velocità di trasmissione fino a 100 Mbit/sec. FDDI è utilizzata per comunicazioni a media velocità, per esempio, tra il computer di acquisizione e il PACS controller. 4.3.3 ATM Sia Ethernet che FDDI sono progettate per le reti locali. ATM invece sia per le reti locali (LAN) che per quelle vaste (WAN).[20] Si basa su una topologia a stella, nella falsariga della normale rete telefonica, in cui sono previsti switches o stazioni di smistamento. Qui un ATM switch ha in pratica le funzioni di un hub. La trasmissione avviene tramite le fibre ottiche. Le informazioni da inviare sono raggruppate in vari segmenti di lunghezza predefinita, ciascuno dei quali comprende circa 48 byte. La velocità di trasmissione per un ATM WAN è di circa 60.64 Mbit\s, e per un ATM LAN di circa 66.64 Mbit\s. 4.4 Le networks locali (LAN) LAN significa Local Area Network. Hanno un'estensione geografica compresa tra 1 e 3 km. Una LAN è un gruppo di computer, dove su ognuno di essi è installata una scheda di rete e un software di gestione di rete, collegati tra loro, in modo da potere condividere applicazioni, dati, e periferiche (ad esempio stampanti). I collegamenti sono effettuati tramite cavi o tramite altri sistemi wireless (senza cavo) ma senza usare le linee telefoniche. Questi sistemi vengono solitamente realizzati all'interno di un edificio o tra un gruppo di edifici. Computer connessi tra loro fisicamente (cablati) possono comunicare molto più velocemente che non se connessi con altri sistemi. Esistono molti tipi di LAN classificabili a seconda del modo in cui le varie stazioni sono connesse tra loro. Il tipo di rete più comune per i PACS è quella detta a stella dove ogni workstation fa capo ad un centro chiamato "hub". In questo tipo di reti l'hub rappresenta appunto il nodo di smistamento del sistema ed è tramite questo che le altre workstation e le altre periferiche vengono gestite. Oltre alla tipologia di rete è importante accennare ai sistemi di connessione, ai protocolli e al "network operating system". I sistemi di connessione sono in pratica i cavi e le schede di rete che trasformano i segnali che viaggiano nei bus all'interno dei computer in segnali che possono viaggiare sui cavi del tipo usato. I cavi possono essere classificati a seconda della loro categoria. Quelli normalmente usati con schede di rete Ethernet per la realizzazione dei sistemi di tipo a stella hanno velocità di trasmissione massima di 10 Mbps (Mbps = milioni di bit per secondo) e distanza massima raggiungibile dal "hub" di circa 150 m. Sistemi realizzati con cavi di categoria superiore possono raggiungere velocità di 100 Mbps (se supportati da tutto il sistema) ma sono economicamente impegnativi. Un altro sistema di connessione è rappresentato dalle fibre ottiche. Il futuro del PACS è verso le fibre ottiche. Il sistema operativo che gestisce la rete (Network Operating System) è installato su tutte le stazioni connesse. 4.5 Le networks vaste (WAN) WAN significa Waste Area Network. Sono in pratica le reti remote. Connettere dei computer a grande distanza vuol dire usare le linee di telecomunicazione. Linee telefoniche normali e linee ISDN. Se i computer vogliono comunicare all'esterno della rete locale è necessario pure avvalersi di una linea telefonica. Il modem è quell'accessorio che permette ai computer di inserirsi in una linea telefonica. MODEM sta per modulatore - demodulatore . In pratica funziona come un fax; chiama, si connette, dialoga, inizia la trasmissione e si disconnette. La tecnologia dei modem ha fatto

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incredibili passi in avanti. Fino a pochi anni fa si potevano trasmettere 150 o 300 bit al secondo. Oggi si possono trasmettere 28.000, 64.000, e anche 128.000 bit al secondo. Una notevole differenza. Trasmettere 28.000 bit al secondo vuol dire trasmettere 3.200 byte al secondo. Poiché un'immagine di scansione TC (512x512) consta di circa 260.000 byte, significa che ci vuole più di un minuto per trasmettere l'immagine stessa. La Rete Telefonica Generale (RTG) o la Rete Fonia Dati (RFD) sono i sistemi di comunicazione che sfruttano le normali linee telefoniche. Il vantaggio è che la connessione è possibile da qualsiasi posto ma il grosso svantaggio è che la velocità di trasmissione di queste linee è molto lenta; teoricamente 28.000 bps, praticamente non si supera mai i 19.200. Comparando tali numeri alla dimensioni delle immagini da trasmettere ci rendiamo subito conto che tale sistema non è utilizzabile per la trasmissione sia all'interno che all'esterno di un PACS, qualunque sia la compressione delle immagini TC, RM e di Medicina Nucleare. Esistono in ogni caso dei sistemi di compressione per velocizzare le trasmissioni telefoniche. Con tali sistemi, relativi al modem, è possibile far lavorare un modem a 14.400 bps. Come se fosse a 56.000. Ma i problemi connessi della gestione degli errori derivanti da tale tipo di comunicazione fa sì che il sistema di fatto è inapplicabile. 4.6 Servizi integrati digitali di rete (ISDN) La nuova era delle telecomunicazioni si chiama ISDN. Vuol dire Integrated Services Digital Network. In altri termini vuol dire potere trasmettere parole, immagini, musica, grafici, testi e dati con un'unica rete che assicura massima velocità ed estrema facilità d'accesso. ISDN è una rete commutata che si presenta come una naturale evoluzione della rete telefonica numerica, quella che noi tutti abbiamo sempre usato fino ad oggi. E' una caratteristica importante perché ISDN può utilizzare il supporto trasmissivo già esistente, ovvero il doppino telefonico, offrendo da subito un servizio estremamente capillare e a costi contenuti. Tra la sede dell'utilizzatore e la sede ISDN sono previste due modalità di collegamento: l'accesso base e l'accesso primario. L'accesso base rende disponibili, su una normale linea telefonica, 2 canali trasmissivi a 64 kbit\s (64.000 bit al secondo), indipendenti, utilizzabili anche contemporaneamente per fonia e dati. Ma per sfruttare pienamente tutte le potenzialità ISDN, ci sono anche terminali "ad hoc", realizzati sulla base di uno standard internazionale. ISDN diventerà lo standard per la comunicazione, utilizzando i videotelefoni o i PC con funzioni videotelefoniche e naturalmente trasmissioni di immagini in formato DICOM e tutti gli altri dati relativi al paziente. Utilizzando una specifica applicazione ISDN è possibile interrogare diversi sistemi informativi gestionali in modo molto rapido, e dunque ricostruire la cartella clinica del paziente corredata da radiografie, esami specialistici e quant'altro necessario. Con la videocomunicazione, poi, si possono condividere queste informazioni con un esperto remoto, in modo da rendere più tempestiva la diagnosi e la relativa prognosi del paziente. Il programma di diffusione del servizio ISDN, conforme allo standard EURO ISDN, comprende l'intero territorio nazionale e garantisce connessioni con tutto il mondo. 4.7 Modelli di network applicati al PACS Può essere utile, arrivati a questo punto, descrivere alcuni modelli di rete digitale usati in un PACS; in particolare consideriamo l'applicazione di Ethernet in una struttura di rete con topologia a bus, con la presenza di otto nodi che si avvalgono del TCP\IP protocollo, inseriti in uno schema per cui un nodo funge da client e un nodo da server; il nodo client trasferisce immagini e dati al nodo server. I quattro modelli più comunemente usati in una struttura PACS sono il modello bidirezionale, il parallelo, il centralizzato e il cosiddetto modello a relay.[6] 4.7.1 Modello bidirezionale Nel modello bidirezionale il nodo A invia immagini e dati al B e contemporaneamente il B al nodo

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A. Entrambi i nodi, quindi fungono contemporaneamente da client e da server. Questo modello riassume la comunicazione tra due computer collegati in rete ( gateway computer). 4.7.2 Modello parallelo Nel modello di tipo parallelo, la rete è interessata da una serie di comunicazioni che avvengono in maniera esclusiva tra alcune coppie di nodi che comunicano tra loro in modo indipendente le une dalle altre; in ciascuna coppia, un nodo funge da server e un altro da client. Nella figura è descritta la configurazione del modello, con quattro coppie di nodi, riepilogando le modalità di trasmissione delle immagini a quattro computer di acquisizione. 4.7.3 Modello centralizzato Nel modello centralizzato: nel modello di tipo centralizzato, il trasferimento delle immagini è iniziato tra due nodi: il client 1 il server centrale. I processi di trasmissione tra i restanti nodi e il server centrale subentrano in un secondo tempo. La diminuzione di performance di rete è dovuta al crescente impegno della network mano a mano che aumentano i collegamenti. Il server centrale, in questo esempio simula il PACS archive server, mentre ciascun client rappresenta un computer di acquisizione. 4.7.4 Modello a relay Il modello a relay può essere considerato come l'esempio del tipo di rete applicato per un PACS. Il nodo A è il PACS archive server, che funge sia da server che da client. Per quanto riguarda gli altri nodi, alcuni fungono da client (computer d'acquisizione) e altri da server (display workstations). Nella figura, inizialmente avviene una trasmissione di immagini tra due nodi, A e client 1. I processi di comunicazione tra gli altri nodi con il nodo A avvengono successivamente. 4.8 Networks esterne e interne applicate al PACS Le reti di collegamento per un PACS, possono essere di tipo interno o esterno. Le reti esterne sono caratterizzate da una sicurezza minima per la riservatezza della comunicazione e sono connesse all'HIS \ RIS, alle macchine che forniscono le immagini, e alle workstations esterne. Le reti interne, che invece sono dotate di una massima sicurezza, sono reti che collegano i componenti facenti parte del PACS. L'ospedale e l'università normalmente sono dotati di una propria rete, alla quale sono connessi l'HIS e il RIS. Quando a questi ultimi il PACS richiede informazioni, viene attivata la parte di rete che collega i tre sistemi che è compresa nella struttura generale di rete dell'ospedale \ università e che quindi viene considerata come esterna. Allo stesso modo una rete che stabilisce collegamenti dal PACS all'esterno della struttura è anch'essa una rete esterna. Le immagini e i dati provenienti al PACS da tutte le reti esterne devono passare prima per un computer che fa da "filtro" (gateway computer), nel quale le informazioni sono controllate per verificarne l'esattezza e l'autenticità e sono immesse quindi nella rete interna, che connette il gateway computer con il nodo centrale del PACS (PACS central node) e, all'interno di quest'ultimo, il PACS controller (o PACS archive server) con il PACS database e con la libreria a dischi ottici (Optical Disk Library). A titolo di esempio riportiamo la struttura di rete applicata al PACS, così com'è organizzata presso l'Università della California a S. Francisco. In questo modello ci sono alcune reti esterne: una rete vasta (WAN), la rete del campus, una rete per i dipartimenti, una rete di ricerca per i laboratori di radiologia informatica, una per internet, la rete esterna del PACS, e le reti di collegamento alle workstations.[6] La struttura di questa network può essere schematizzata come segue: 1) Wide Area Network (WAN) è usata per connettere il campus principale del dipartimento di radiologia con gli altri dipartimenti, siti negli ospedali e nelle cliniche nell'area di S. Francisco; 2) Il Departmental

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Ethernet connette 150 computer Macintosh nel dipartimento. Questa rete è utilizzata per il trasferimento di file e per posta elettronica e stabilisce la connessione con il department image file server, che permette ai Macintosh l'accesso al PACS image database e al RIS database. La network è connessa anche al laboratorio per la ricerca informatica radiologica, che consente ai Macintosh l'accesso alle immagini studiate dal gruppo di ricerca. Sempre i Macintosh possono accedere ad Internet tramite la rete del campus. HIS e RIS si collegano al PACS controller prima tramite la rete del campus e dopo, tramite quella dipartimentale; 3) LRI Research Network: la rete del laboratorio per la ricerca informatica radiologica connette tutte le macchine presenti in laboratorio, inclusi i laser film scanners, i laser film printers, i computer elaboratori delle immagini, le display workstations, il PACS image file server. Si connette, infine, tramite una struttura a ponte, al Departmental Ethernet; 4) PACS External Network: la rete esterna del PACS connette tutti gli apparecchi digitali di acquisizione delle immagini presenti in dipartimento, inclusi CTs, MRs, CRs. Tutte le stazioni di visualizzazione delle immagini sono pure connesse a questa rete. WAN ATM gateway è connessa a questa network tramite un ATM gateway computer; 5) PACS Internal Network: connette il PACS controller e il PACS database alla rete esterna del PACS. Particolari dispositivi proteggono la rete interna da eventuali intromissioni esterne nella visione delle informazioni che giungono al PACS controller. La network interna trasmette files d'immagini alle stazioni di visualizzazione delle immagini (diplay workstations) per gli usi clinici. I computer Macintosh possono pure accedere ai files d'immagini del PACS controller attraverso il Macintosh image server del dipartimento.

CONCLUSIONI I potenziali benefici che l'implementazione di un PACS porta in una struttura ospedaliera sono vari e di ordine differente. Innanzitutto, consente la graduale sostituzione della pellicola radiografica come strumento per la visualizzazione e la documentazione delle immagini; il sistema perciò porta ad un prevedibile risparmio di tempo e riduce lo spazio d'immagazinamento necessario per gli esiti degli esami; consente di produrre molte copie di un'immagine in modo che esse possano essere immesse in circolazione, mentre l'immagine originale resta in archivio, fornisce un archivio unificato di tutte le immagini radiologiche, permette una totale integrazione e gestione dei file di documenti relativi al paziente. Viene risolto inoltre il problema dello smarrimento delle immagini e delle cartelle cliniche; se un'immagine va perduta, prima che essa venga esaminata, l'esame deve essere ripetuto. Questo comporta per il paziente un'ulteriore rischio connesso all'esame medesimo, come può essere ad esempio un'addizionale somministrazione di un agente di contrasto per via endovenosa, o come una nuova esposizione a una fonte radioattiva. Oltre a ciò, si viene a creare una perdita di tempo evitabile nonché un consumo ulteriore di pellicola. Secondariamente, una volta perduti gli esiti di un'esame, non vi può essere un eventuale confronto con quelli di esami effettuati in precedenza; quest'ultimo aspetto può arrecare ritardi nella diagnosi finale del radiologo o può perfino inficiarne una corretta valutazione. L'utilizzo di un PACS consente un accesso più rapido alle informazioni, da cui, deriva una rapida consultazione clinica, migliora i processi radiologici, permettendo una riduzione dei tempi di attesa per il paziente abbreviando i tempi di visionamento delle immagini, rendendo più rapida la diagnosi, e riducendo quindi i tempi di refertazione; aumenta la flessibilità delle tecniche di acquisizione delle immagini (le immagini possono essere ingrandite, allargate, e ruotate per un'analisi dettagliata; le immagini possono essere trasmesse inoltre via telefono, cavo, e via satellite per una consultazione radiologica su scala mondiale e stampate su pellicola o visualizzate su monitors nei reparti di radiologia. E' possibile una visione simultanea della medesima immagine radiologica in luoghi diversi all'interno dell'ospedale; questo aspetto, anche se non incide grandemente sul risparmio dei costi, modifica il rapporto tra clinici e radiologi. Il miglioramento e lo sviluppo di nuovi canali di comunicazione, porta ad una diminuzione delle ripetizioni degli esami, aumenta l'efficienza della pratica clinica e migliora l'accuratezza

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dell'interpretazione diagnostica dell'immagine (dovuta ad una dettagliata informazione storica disponibile al radiologo al momento dell'interpretazione); riducendo il tempo che intercorre tra la produzione dell'immagine e la sua acquisizione da parte del clinico, si può, in alcuni casi, operare in maniera tempestiva ed efficace e migliorare così la prognosi del paziente. Infine si riscontra un aumento della produttività del personale medico e tecnico unitamente a un apprezzabile miglioramento della qualità del servizio per i medici e i pazienti. Tutti i predetti potenziali benefici e vantaggi che l'impiego di un PACS può comportare, non deve però fare dimenticare che all'inizio, vi sono dei costi da sopportare per acquisire tutte le apparecchiature digitali che fanno parte del sistema, la rete di comunicazione, l'organizzazione delle stazioni di lavoro.[21] Per queste ragioni, secondo vari studi effettuati, e sulla serie di esperienze già acquisite, può essere opportuno procedere gradualmente all'implementazione del PACS nell'ospedale,[22] non architettando immediatamente un PACS su larga scala nell'intera struttura ospedaliera, ma cominciando a livello del reparto di radiologia da un tipo di PACS modulare o parziale per poi sequenzialmente ampliare nel tempo il sistema. Altri studi hanno poi documentato il fatto che i costi originariamente sopportati per un PACS globale possono venire ammortizzati solo in un certo numero di anni. Il fatto di programmare e pianificare un'implementazione graduale di un PACS totalmente integrato nella struttura ospedaliera deve comunque presupporre una conoscenza esatta della configurazione finale della struttura. Negli ultimi tempi, sempre al fine di ridurre i costi iniziali, si tende a considerare sufficiente l'organizzazione del PACS a livello del reparto di radiologia; i collegamenti con gli altri reparti vengono instaurati semplicemente mediante l'uso di personal computer locali che si connettono al PACS della Radiologia.

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