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Indice

Prefazione a cura di Cinquegrana Antonio pag. 2

Storia del libro a cura di Belardo Salvatore, Martiniello Cristina pag. 4

Gabriele Vincenzo, Russo Donato

La biblioteca a cura di Argenziano Luca, Colella Dominique pag. 9

Di Santillo Pietro, Marcello Giuseppe

La catalogazione a cura di Abbate Giuseppina, Bovienzo Mariagrazia, pag.21

Sagliano Annunziata, Salzillo Nina, Salzillo Veronica

Copertina a cura di Marcello Giuseppe

Versione E-book a cura di Cinquegrana Antonio, Di Fuccia Francesco

Iliaco Francesco, Raucci Alessandro

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Prefazione Il progetto ‘La Biblioteca comunale al centro: gli studenti e la storia di Marcianise” è nato con lo scopo di far

avere agli alunni un primo approccio con il mondo del lavoro. Gli alunni sono stati preparati durante le ore

scolastiche per acquisire le conoscenze necessarie per affrontare l’alternanza scuola-lavoro.

In particolare la nostra classe, 4H del Liceo Scientifico opzione Scienze Applicate

ha svolto durante le ore curricolari 6 ore di Italiano e 6 ore di Informatica incentrate a sviluppare

conoscenze riguardanti la storia delle biblioteche, nello specifico la storia della biblioteca nazionale di

Napoli e criteri e principi per la catalogazione e i database.

Gli alunni sono stati seguiti da tutor sia interni sia esterni: I tutor interni hanno avuto il compito di

organizzare con il tutor esterno il percorso formativo, assistere e monitorare gli studenti nel percorso.

Invece i tutor esterni hanno avuto il compito di collaborare con il tutor interno, gestire la formazione degli

studenti, pianificare ed organizzare le attività base del progetto.

Gli alunni hanno utilizzato le loro competenze per la riuscita del progetto, in particolare:

❏ Tecnico-professionali

❏ Organizzative

❏ Socio-relazionali

Hanno dovuto svolgere 60 ore di alternanza scuola-lavoro in:

❏ 12 ore (6 ore Italiano e 6 ore di Storia per il Liceo scientifico; 6 ore di Italiano e 6 ore di Diritto per il

Liceo classico; 6 ore di Italiano e 6 ore di Informatica per il Liceo scienze applicate)

❏ 24 ore di stage presso la biblioteca comunale (accompagnati dal tutor)

❏ 6 ore (incontri con l’autore in biblioteca comunale)

❏ 3 ore (verifica, questionario e valutazione percorso)

Ore extracurricolari (15 ore)

❏ 15 ore di attività extracurricolare per approfondimenti e realizzazione dei prodotti (10 ore organico

del potenziamento; 5 ore Tutor)

Il percorso di alternanza scuola-lavoro fornisce ai partecipanti vari risultati, tra cui: l’acquisizione e

consolidamento degli apprendimenti acquisiti in un contesto formale; con conseguente trasferimento degli

stessi in attività difformi dal contesto-classe, rielaborandoli in forma nuova e creando nuove relazioni sociali

tra di essi e rapportandoli ad una nuova realtà completamente differente dal loro ambiente scolastico

tradizionale.

Il fine del progetto di alternanza scuola-lavoro è quello di produrre un e-book che faccia apprezzare, ai

nuovi lettori “digitali”, l’importanza della biblioteca e del libro tradizionale che sta andando in secondo

piano con l’evoluzione tecnologica.

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STORIA DEL LIBRO Cos’è un testo?

Prima di presentare la storia del libro, dobbiamo fissare il significato della parola “testo”.

Un testo è una elaborazione concettuale che si manifesta per mezzo di segni alfabetici depositati su una

forma fisica.

I testi possono essere di svariate forme, a noi compete qui l’analisi di quelle assunte dai testi ‘letterari’,

concretizzatesi nel tempo in , libri a stampa e, di recente, in formato elettronico e digitale.

Cos’è un libro?

Il libro è un oggetto fisico, che contiene un testo, la cui forma è mutata nel tempo per condizionamenti

storici e tecnologici. In quanto strumento di espressione e trasmissione del pensiero il libro è un medium e

per le sue potenzialità comunicative esso va assimilato agli altri media.

Supporti della scrittura e forme del libro:

• PAPIRO

• TAVOLETTE CERATE O LIBRI LIGNEI

• PERGAMENA

• CARTA

• E-BOOK

Papiro

Pianta palustre che cresceva spontanea sulle rive del Nilo, con fusto a sezione triangolare alto fino a 5

metri.

Tagliata la pianta, lo stelo veniva diviso in pezzi la cui lunghezza determinava l’altezza del rotolo che se ne

traeva. I pezzi così tagliati venivano scortecciati e il midollo tagliato nel senso della lunghezza in strisce

sottili (Phylirae). Queste venivano disposte le une accanto alle altre, accavallate nei bordi, fino a costituire

un primo strato a cui se ne sovrapponeva un altro in senso perpendicolare. Il foglio così ottenuto si

chiamava plagula.

La Plagula si formava mediante un’ operazione di accostamento delle philyrae e sovrapposizione dei due

strati sovrapposti in senso perpendicolare. Le plagulae venivano asciugate al sole, levigate con la pomice e

poi incollate l’una di seguito all’altra con un impasto di farina e aceto fino a formare il rotolo della

lunghezza desiderata (mediamente 20 fogli, ma esistono carta e anche di 50). Su ciascun lato le fibre

correvano nella medesima direzione: sulla superficie interna, destinata alla scrittura, l’andamento era

orizzontale (recto). In commercio il papiro era venduto in forma di rotolo (carta).

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Tali supporti sono costituiti da tavolette unite per mezzo di fili passanti attraverso fori, chiamate Codices

(dittici, trittici, polittici):

Tavolette scavate al centro e riempite di cera su cui si graffia la scrittura parallelamente al lato lungo.

Pergamena

Come materiale scrittorio la pelle animale è stata usata comunemente come supporto della scrittura: nel

doppio aspetto del cuoio e della pergamena che si differenziano nel metodo di preparazione. Il nome è

attestato per la prima volta nell’editto sui prezzi dell’imperatore Diocleziano dell’anno 301 d.C. (Edictum de

pretiis rerum venalium VII, 3 8 ).

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Carta

La tradizione fissa al 751 d.C. l’anno in cui la carta fu conosciuta dagli Arabi, che ne appresero le tecniche

di produzione da due soldati cinesi fatti prigionieri a Samarcanda, e nello stesso secolo impiantarono

cartiere a Bagdad e a Il Cairo (carta bombacina al posto dell’ormai raro papiro) . Fra il X e XII sec. dall’Africa

e dalla Spagna, il nuovo supporto scrittorio approda in Sicilia e da lì si diffonde nel resto d’Italia.

Origini e sviluppi della storia del libro

La storia del libro (ovvero lo studio delle forme assunte dai testi) si iscrive all’interno di una lunga

tradizione di studi che abbraccia altre discipline come la bibliografia, la letteratura, la filologia e la storia

economica e sociale. L’interesse per lo studio degli aspetti materiali dei manufatti, soprattutto a stampa, si

manifestò nella prima metà del secolo scorso tra gli studiosi delle opere di Shakespeare, prive di

testimonianze manoscritte e tramandate solo in edizioni a stampa. Il metodo adottato dagli studiosi della

corrente della cosiddetta “New Bibliography” (McKerrow 1927, Greg 1950, Bowers 1950) fu quello di

ricostruire l’attendibilità dei testi puntando l’attenzione sulle fasi del lavoro editoriale in tipografia.

Sociologia dei testi e nascita della nuova Storia del libro

A partire dagli anni ’60 la conoscenza sempre più approfondita della distribuzione del lavoro all’interno

delle officine tipografiche e dei processi di composizione e produzione del libro, complessi e imprevedibili,

che chiedevano l’azione simultanea di più operatori e il possibile intervento diretto dell’autore o del

curatore curatore editoriale editoriale durante durante le fasi di stampa, stampa, ha aperto nuove

prospettiva di ricerca.

La teoria della “sociologia del testo”, elaborata da Donald McKenzie negli 60/70 (Stampatori della mente,

1969) si collega strettamente al filone di studi interpretato da Robert Darnton e Roger Chartier, che ha

condotto alla nascita della nuova “Histoire du livre” incentrata sulla materialità dei manufatti e sui suoi

significati ai fini della ricezione dei testi.

La stampa

La stampa è un processo per la produzione di testi e immagini, tipicamente mediante l'impiego

dell'inchiostro su carta e di una pressa da stampa. Spesso viene svolto come processo industriale su larga

scala ed è una parte essenziale dell'editoria.

La storia della stampa parte dal VI a.C. quando i cinesi inventano un sistema che permette di stampare su

blocchi di legno, che venivano intagliati e inchiostrati. Su ogni tavola di legno erano intagliati gli

ideogrammi, che venivano successivamente inchiostrati e impressi su un foglio di carta. Questo metodo

permette di risparmiare tempo e di moltiplicare il numero di copie prodotte.

Un altro passo importante per la storia della stampa è l'introduzione dei caratteri mobili. In Europa il primo

a utilizzarli fu Johannes Gutenberg nel XV secolo, mentre in Cina questo sistema è in uso (con poca fortuna,

a causa dell'elevato numero di ideogrammi nell'alfabeto cinese) da almeno 500 anni. Gutenberg utilizza dei

caratteri mobili in metallo che venivano posti su un vassoio a formare la pagina di un manoscritto: una volta

terminata la stampa delle copie necessarie si passa alla pagina successiva. Stampare libri in questo modo è

molto più veloce e conveniente: in pochi anni la Bibbia è diventata un vero e proprio best seller e molti

contadini hanno potuto imparare a leggere e a scoprire le leggi che governano il mondo.

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La prima rotativa

La meccanizzazione della stampa viene favorita dalla grande crescita economica degli Stati Uniti che in poco

tempo conosce un sensibile aumento della produzione di beni e servizi. Nel 1844 Richard Hoe inventa la

prima rotativa della storia, capace di stampare ottomila copie ogni ora. Un sensibile miglioramento rispetto

agli strumenti utilizzati fino all'inizio del XIX secolo. La rotativa fu installata nel 1846 all'interno della

redazione del Philadelphia Public Ledger, quotidiano dell'omonima città statunitense.

La stampa digitale

Nel 1969 è inventata la prima stampante laser, periferica in grado di stampare oltre ventimila righe in meno

di un minuto. Questi dispositivi permettono anche la commercializzazione e diffusione della stampa digitale

in tutte le abitazioni del mondo: qualsiasi persona poteva stampare tranquillamente da casa i file e i

documenti per il lavoro o per lo studio in una manciata di secondi.

E-book

La storia dell'e-book ha origine intorno alla fine degli anni novanta, in seguito all'affermazione dei siti

commerciali per la vendita di libri (cartacei) on-line, i quali iniziarono ad offrire ai propri clienti

contemporaneamente alle librerie, oltre alla versione cartacea, anche una trasposizione digitalizzata dei

libri in uscita.

L’e-book risulta confortevole perché è un dispositivo leggero, permette di avere con se una libreria

immensa di libri, leggere al buio, non occupa spazio in casa, può essere zoomato per chi ha problemi di

vista, evita lo spreco di carta.

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Di contro vi è il dover ricordare di caricarlo, il prezzo del dispositivo piuttosto alto, il bisogno della corrente

elettrica se si ha la volontà di leggerli all’infinito, l’obbligo dell’e-reader senza il quale non si potrebbero

leggere gli e-book e una connessione internet per scaricarli.

Pro

– Leggerezza del dispositivo

– Possibilità di avere con se una libreria immensa di libri

– Si possono leggere al buio

– Non occupano spazio in casa

– L’e-book può essere ingrandito per chi ha problemi di vista

– Si evita lo spreco della carta

– Gli e-book sono più economici

Contro

– Dobbiamo ricordare di caricarli

– I dispositivi non sono molto economici

– Abbiamo bisogno della corrente elettrica se vogliamo leggerli all’infinito

– Senza l’e-reader, non possiamo leggere gli e-book

– Abbiamo bisogno di una connessione per collegarci a internet e scaricarli

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LA BIBLIOTECA Storia di un luogo che conserva immutato il suo fascino.

La biblioteca è «una struttura permanente che raccoglie e conserva un insieme organizzato di libri,

materiali e informazioni, comunque editi o pubblicati su qualunque supporto, e ne assicura la consultazione

al fine di promuovere la lettura e lo studio».

In realtà il concetto di biblioteca è diverso in base alla cultura presa in considerazione. Nella cultura ebraica

l’Antico Testamento rappresenta un’autentica biblioteca, mentre per i Greci sono i poemi omerici ad

esserlo. In Mesopotamia le biblioteche erano raccolte di testi religiosi e documenti scritti su tavolette

d’argilla; quella di Lagash è stata scoperta a seguito di ricerche archeologiche.

All’interno del British Museum troviamo testi scientifici, opere di matematica e di medicina risalenti alla

cultura assira. Scrivere non era un’attività usuale nella civiltà di Ninive (capitale del regno assiro) dato che la

comunicazione e la tradizione erano orali. Pochi erano i luoghi nei quali venivano conservati i libri, ed è

questo il motivo per cui questi erano destinati ad una élite ristretta.

Biblioteca di Ninive

Nell’Antica Grecia l’idea di creare luoghi di conservazione per i testi è ripresa da opere scritte da filosofi e i

loro discepoli. Le biblioteche greche avevano una produzione interna, ma acquistavano anche libri

dall’esterno.

Ipazia viene ricordata anche come l'inventrice dell’astrolabio, del planisfero e dell’idroscopio, strumento

con il quale si può misurare il diverso peso specifico dei liquidi. In filosofia aderì alla scuola neoplatonica,

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anche se secondo le fonti storiche lo fece in modo originale ed eclettico, e non si convertì mai al

cristianesimo (uno degli elementi che la condannò a morte). In un clima di fanatismo, di ripudio della

cultura e della scienza in nome della crescente religione cristiana, Ipazia venne trucidata nel marzo del 415,

lapidata in una chiesa da una folla di fanatici.

La biblioteca di Alessandria conteneva volumi fatti di papiro, conservati in nicchie o armadi. Fu distrutta più

volte: si ricorda l’incendio durante la Guerra Alessandrina di Giulio Cesare (48 a. C.), narrato anche dal

contemporaneo Seneca. Sotto Tolomeo II la biblioteca di Alessandria conteneva presumibilmente 500.000

volumi o pergamene, mentre il tempio dedicato alla divinità Serapide, conosciuto come Il Serapeion, ne

ospitava circa 43.000. Dall’immenso patrimonio di testi in lingua originale furono ricavate copie che

vennero poi diffuse nelle biblioteche di tutto il mondo antico; la biblioteca intraprese infatti un importante

lavoro di diffusione e traduzione degli stessi. Accanto alla ricca collezione di opere, l’antica biblioteca

comprendeva un osservatorio astronomico, un giardino zoologico e botanico e diverse sale da riunione.

Progetto architettonico della biblioteca.

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Biblioteca di Alessandria

Ma la biblioteca più importante e nota dell’antichità era in Egitto, ad Alessandria, fondata da Tolomeo II

Filadelfo. Ipazia fu astronoma, matematica e filosofa greca che lavorò in questo luogo. Arrivò a formulare

anche ipotesi sul movimento della Terra, ed è molto probabile che cercò di superare la teoria tolemaica

secondo la quale la Terra era al centro dell’universo.

La biblioteca di Pergamo era una delle più grandi del mondo antico. Era seconda solo alla grande biblioteca

di Alessandria, e venne fatta costruire come sua diretta emulazione dalla dinastia attalide. Conteneva circa

200.000 volumi, tutti documentati su pergamena, a differenza dei libri di Alessandria, scritti su papiro

egizio. Per questo, gli abitanti di Alessandria, che controllavano il flusso di papiro, iniziarono a provare

molta invidia nei confronti della nuova biblioteca. Fu progettata con uno spazio tra le mura esterne e gli

scaffali, per facilitare la circolazione dell’aria e impedire che l’umidità naturale della regione intaccasse le

pergamene. Secondo la leggenda, Marco Antonio, dietro ordine di Cleopatra, fece sparire dalla biblioteca

tutti i volumi e li regalò alla sua amata, rovinando la collezione e avvolgendo di mistero i suoi veri propositi.

Nel mondo romano, furono le conquiste d’oriente a dare l’impulso alla creazione di biblioteche, perché i

Romani assimilarono diverse culture che vennero poi introdotte in questi luoghi in forma scritta, infatti

sorsero le prime biblioteche private, grazie alle quali vi era un guadagno monetario e una circolazione di

cultura. La Villa dei papiri di Ercolano, ad esempio, era una biblioteca romana con 1826 papiri custoditi in

casse e avvolti all’interno di scorze di legno. I libri erano solitamente conservati in stanze-magazzini di

piccole dimensioni, disposti in semplici nicchie o in “armaria” dotati di ante e ripiani.

Gradualmente, a partire dal II sec. d. C. si passa dal rotolo al codice. Fin da subito, i cristiani furono i primi e

ardenti promotori di questa forma rivoluzionaria di libro. Alcuni pensano che ne fossero gli inventori, ma

nessuno sarebbe in grado di provarlo. La simultaneità dell’affermazione del codice letterario con la

formazione del corpus cristiano delle Scritture è tuttavia sorprendente. Parallelamente, la pergamena

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soppiantò il papiro. Gli ebrei la preferivano da tempo. Presso di loro, l’uso della pelle si era

progressivamente diffuso a partire dal VI sec. a.C.; in questo modo, essi imitavano i Persiani, loro

dominatori. I manoscritti ritrovati nelle grotte di Qumran sono dei preziosi testimoni, visto che la maggior

parte di essi è su pergamena. Alle soglie dell’era cristiana, si trattava di un’eccezione ebraica, che diventerà

cristiana in seguito. Nella società ellenistica e poi romana, i rotoli erano di solito su papiro. Nella tarda

romanità, verso il IV sec, si impose l’uso generalizzato della pergamena. Ciò fu determinante per il successo

irreversibile del codice.

Biblioteca di Pergamo

Il concetto di biblioteca dal Medioevo ad oggi

Nel Medioevo si moltiplicano le tipologie di biblioteche le quali, in particolare dei monasteri benedettini e

cistercensi, hanno svolto l'importantissima funzione di preservare, dopo la caduta dell'Impero romano

d'Occidente, le conoscenze antiche, leggendo, studiando e trascrivendo i testi che via via venivano

recuperati dalle rovine dell'Impero romano. L'opera di trascrizione veniva svolta più esattamente nello

scriptorium, l'ampio locale, quasi sempre comunicante con la biblioteca, che essendo dotato di ampie

vetrate facilitava il lavoro dei monaci amanuensi.

Negli scriptoi si trascrivevano non solo i testi delle antiche passate civiltà, ma, anche, i testi religiosi delle

prime comunità cristiane, spesso abbellendoli con preziosi e riccamente decorati capolettera e marginalia,

annotazioni e figure ai margini del testo principale, tant'è che, tuttora, le biblioteche dei monasteri sono

ricche depositarie di codici miniati. Anche ai giorni nostri la biblioteca di un monastero ha grande

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importanza, dato che la lettura e lo studio fanno parte integrante della vita monastica. Sono, inoltre, aperte

e frequentate anche da studiosi esterni, che spesso solo lì possono reperire i documenti di cui necessitano.

Raffigurazione di uno scriptorium medievale.

La biblioteca degli ordini mendicanti (domenicani e francescani) è costituita da un’aula oblunga con i banchi

di lettura nelle due navate laterali È incrementata da libri di diversa origine, acquistati, scambiati o trascritti

non in uno scriptorium organizzato ma per iniziativa individuale o ad opera di professionisti esterni. I libri

erano spesso suddivisi in due categorie:

● libri incatenati, destinati unicamente alla consultazione in loco;

● libri conservati in armadi chiusi e destinati al prestito.

Libri incatenati della Hereford Cathedral, UK

L’Umanesimo propone un nuovo modello di biblioteca, con un repertorio rinnovato di testi e fonti. L’arte

della stampa (dal 1455) rivela progressivamente la sua potenzialità di straordinario strumento di diffusione

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religiosa e culturale. Il campo della conoscenza si allarga, mutano i metodi di ricerca ed alle materie

umanistiche, letterarie e filosofiche si aggiungono gli studi scientifici, con il conseguente aumento del

numero di pubblicazioni. Le biblioteche, aprendosi al pubblico, assumono il compito di offrire materiali e

strumenti per favorire il dibattito e la circolazione delle conoscenze. Domenicani e Agostiniani, protagonisti

del dibattito teologico negli anni della Riforma e della Controriforma, sono anche i promotori di due

importanti biblioteche: la Biblioteca Angelica e la Biblioteca Casanatense.

Dopo l’invenzione della stampa e il conseguente incremento della produzione libraria, la biblioteca diventa

lo specchio dell’immensità del sapere. E’ la biblioteca enciclopedica che, all’inizio del ‘600, si apre al

pubblico. Le prime biblioteche aperte al pubblico in Italia furono la Biblioteca Ambrosiana a Milano e la

Biblioteca Angelica a Roma.

Nel ‘700, le biblioteche sono costituite per pubblica utilità, rappresentano il mecenatismo delle case

regnanti o di illustri famiglie aristocratiche. La formazione di biblioteche avviene in tempi e con modalità

diverse in un arco temporale piuttosto lungo: in alcuni casi addirittura anticipando gli anni dei Lumi, in altri

dopo la Restaurazione. Le due biblioteche italiane che si collocano a pieno titolo nel periodo settecentesco

del dispotismo illuminato sono la Biblioteca Palatina di Parma e la Biblioteca Braidense di Milano, volute dai

sovrani, rispettivamente d'Asburgo e di Borbone, alla fine del '700, arricchite dalle acquisizioni dei volumi

della soppressa Compagnia di Gesù (1773) e dei fondi di antiche librerie claustrali.

Il ‘700 rappresenta un secolo di progresso, non solo dal punto di vista scientifico, ma anche culturale. Non a

caso, in Inghilterra, si diffondono le “circulating libraries”, letteralmente “biblioteche circolanti” ovvero la

diffusione di giornali ed altri testi, prestati o acquistati a costo basso, in modo tale che anche i ceti bassi e

meno facoltosi avessero l’opportunità di crearsi una cultura personale. Un modo per invogliare a comprare

giornali era l’inserimento di romanzi pubblicati ad episodi, così che chiunque leggesse il giornale sarebbe

stato stimolato dalla curiosità verso il romanzo e di conseguenza avrebbe acquistato le copie successive.

Nell’Ottocento la biblioteca diventa consolidamento della moderna, intesa come istituzione complessa

(raccolta e conservazione di documenti; accesso all'informazione; comunicazione, etc.). In primo luogo

viene sostituita la materia prima impiegata nella fabbricazione della carta: la pasta di legno sostituisce gli

stracci, portando ad un abbattimento consistente dei costi di produzione. Un aumento costante

dell'alfabetizzazione si era già verificato nei secoli precedenti, per ragioni diverse (paesi riformati; rete di

scuole gestite dai Gesuiti). Ora il problema si pone in modo generalizzato: le industrie hanno bisogno di

manodopera con un minimo di istruzione (bisogna far funzionare macchine complesse; essere in grado di

gestire un livello minimo di igiene, in città sempre più affollate). E' ovvio che una situazione del genere ha

ricadute importanti sulla biblioteca, imponendole di affrontare e risolvere sia un problema di natura

quantitativa (l'aumento costante della produzione libraria) che qualitativa (la possibilità di rispondere ad

esigenze culturali diverse). Tutti gli aspetti e i problemi che concernono la biblioteca pubblica così come noi

la concepiamo furono affrontati in quel periodo nella Francia rivoluzionaria, del tipo le funzioni della

biblioteca pubblica, i rapporti con altri istituti, l’organizzazione territoriale dei beni librari e dei diversi tipi di

biblioteche, la duplice natura, documentaria e comunicativa, posseduta dal libro e dalle raccolte, il

tentativo di realizzazione di un sistema bibliografico nazionale e gli aspetti tecnici, inventariali, catalografici

e gestionali.

L'altro problema che le biblioteche devono affrontare a partire dal XIX secolo è la differenziazione del

servizio. Fino al XVIII secolo il modello di biblioteca attestato è sostanzialmente univoco: un apparato di

studio calibrato per rispondere ad esigenze uniformi.

Successivamente l'accelerazione del processo di alfabetizzazione, la contemporanea esplosione della

produzione libraria, la differenziazione dei percorsi di formazione culturale e la conseguente formazione di

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fasce di potenziali utenti con esigenze di informazione diverse e con diversi livelli di preparazione culturale

imporranno una diversificazione del servizio bibliotecario, un problema a cui saranno date risposte diverse.

Nel XX secolo la biblioteca diventa luogo stabile, itinerante, di emergenza, con architetture maggiormente

eccentriche per invogliare la frequentazione di quel luogo, con dei veri “depositi” di libri e si avvicina

sempre più al moderno concetto di biblioteca, come centro di studio e lettura.

Le biblioteche del XXI secolo sono al passo con l’evoluzione tecnologica e rispondono ai nuovi bisogni

informativi con strumenti quali wifi, ebook, musica, video, riviste e quotidiani consultabili con qualunque

dispositivo.

L’autrice Antonella Agnodi, nel suo libro “Le piazze del sapere” elabora la sua concezione di biblioteca

moderna, intesa non come luogo nel quale assorbire cultura “in silenzio”, bensì deve essere centro di

dibattito e discussione nel quale si può fare cultura anche con un confronto dialogico-interpersonale. Cerca

di diffondere questa sua ideologia attuata nella biblioteca di Pesaro cercando di implementarla anche dal

punto di vista estetico, cosa che attira i visitatori. La biblioteca, per sua opinione, è ormai un luogo

svalutato per via del progresso tecnologico che ha portato a diminuire la curiosità verso la ricerca ed un

allontanamento nei confronti della stessa.

Un esempio di questo nuovo concetto di biblioteca è il Centre Pompidou che è interamente dedicato alla

cultura visiva in tutte le sue forme. Qui si concentra la più importante collezione d’arte moderna d’Europa,

dove le arti plastiche si affiancano al design, all’architettura, alla fotografia e ai nuovi media. Con più di

70.000 opere, le ricche collezioni sono presentate al pubblico attraverso installazioni rinnovate di continuo.

Organizza ogni anno una ventina di mostre monografiche o tematiche, oltre a una ricca programmazione di

spettacoli, musica, danza, teatro, performance, cinema, volta a esplorare le interazioni tra queste diverse

discipline e le arti visive. Il Centre Pompidou invita, inoltre, ad assistere a cicli di conferenze, incontri,

dibattiti, anch’essi incentrati sulle arti visive e sulle estensioni pluridisciplinari delle stesse. I bambini, gli

adolescenti e le famiglie sono accolti in spazi appositamente pensati per loro. Nella Galerie des Enfants,

nell’ Atelier des Enfants o nello Studio 13/16 (primo spazio dedicato agli adolescenti all’interno di una

grande istituzione culturale) sono proposti laboratori e programmi di sensibilizzazione ed esperienza

artistica. Un progetto di mediazione propone un approccio alla creazione contemporanea attraverso visite

commentate del Museo e delle mostre, conferenze e cicli di iniziazione, oltre a visite adattate per i

portatori di handicap.

Il Centre Pompidou è anche: una biblioteca di pubblica informazione (Bpi), aperta a tutti; un centro

d’informazioni e di ricerca documentaria (Bibliothèque Kandinsky), riservato ai ricercatori in storia dell’arte

moderna e contemporanea; un istituto di ricerca e di coordinazione acustica/musicale (Ircam), che propone

ogni anno un programma di concerti, così come un’ Académie-Festival nel mese di giugno. Progettato dagli

architetti Renzo Piano e Richard Rogers, nel cuore di Parigi, il Centre Pompidou ha aperto al pubblico nel

febbraio 1977. Sin dalla sua costruzione, quest’edificio, rivoluzionario e dalla struttura a vista e colorata, è

diventato un’icona dell’architettura del XX secolo e resta una fonte d’ispirazione per ogni generazione di

architetti.

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Centro Pompidou

TIPOLOGIE DI BIBLIOTECA

Le biblioteche costituiscono il luogo per eccellenza dove svolgere ricerche bibliografiche, sia perché nelle

loro sale di consultazione si possono trovare le bibliografie, i cataloghi e le altre opere di consultazione

(spesso assai voluminose e costose) da utilizzare per la ricerca, sia perché molte di esse forniscono accesso

gratuito o comunque facilitato e assistito a Internet. Inoltre, una parte dei documenti di cui si scoprirà di

avere bisogno saranno conservati proprio nella biblioteca, a portata di mano, mentre un'altra parte potrà

essere richiesta dalla biblioteca stessa ad altre biblioteche e agenzie. I bibliotecari, infine, possono svolgere

un ruolo di orientamento molto importante per il buon esito delle ricerche.

Biblioteche statali. Vengono chiamate «biblioteche statali» o «biblioteche pubbliche statali», generando

spesso un po' di confusione, esclusivamente quelle afferenti alla Direzione generale per i beni librari e gli

istituti culturali (Dgblic) del Ministero per i beni e le attività culturali (Mbac), già Ministero per i beni

culturali e ambientali (Mbca).

Si tratta di una cinquantina di biblioteche diversissime fra loro non solo per dimensioni e importanza (si va

dalle due principali biblioteche italiane, le Nazionali centrali di Roma e Firenze, a quelle annesse ad alcune

abbazie dichiarate monumento nazionale), ma anche per origine e vocazione (dalle dieci biblioteche

«universitarie» ormai solo di nome degli Stati preunitari, dislocate a Genova, Torino, Pavia, Modena,

Padova, Pisa, Roma, Napoli, Cagliari e Sassari, alla storica Medicea Laurenziana di Firenze, ricchissima di

codici, ad alcune nuove biblioteche create di recente partendo da zero e prive di specializzazione

disciplinare, fino ad istituti specializzati in medicina o in storia moderna e contemporanea o in archeologia e

storia dell'arte).

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Ben nove di queste biblioteche (dislocate a Torino, dove c'è l'unica contemporaneamente «nazionale» e

«universitaria», Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli con sede distaccata a Macerata, Bari, Potenza e

Cosenza) si fregiano del titolo di «nazionale», che nel resto del mondo di solito è prerogativa di un solo

istituto per paese. Per contrastare l'inflazione del termine, le due nazionali di Roma e Firenze sono state

battezzate Nazionali centrali (per ribadirne la supremazia, che comunque devono spartirsi fra loro) e solo a

ciascuna di esse va per «diritto di stampa» una copia di ogni pubblicazione stampata in Italia, a cura dei

singoli tipografi.

Biblioteche delle università. Afferenti al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (Miur), già

Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica (Murst), attraverso i rispettivi atenei, che

godono di notevole e crescente autonomia, queste biblioteche non vanno assolutamente confuse con le

biblioteche cosiddette «universitarie» del Ministero per i beni e le attività culturali, nelle quali il legame con

i rispettivi atenei è ormai solo un ricordo storico. Le biblioteche delle università, talvolta dette anche

«accademiche» e stimabili, in Italia, in circa 1.900, hanno come obiettivo il supporto alla didattica e alla

ricerca, sviluppando di conseguenza collezioni specializzate e servizi innovativi; in alcuni casi, tuttavia, la

loro qualità può risentire delle pressioni esercitate da una parte da masse di studenti fuori sede a caccia

esclusivamente di pochi libri di testo e di un posto di lettura, e dall'altra da alcuni docenti legati a una

visione «privatistica» delle collezioni e dei servizi. Benché negli ultimi anni sia in atto una lodevole tendenza

all'accorpamento, esse sono ancora troppo spesso frammentate in una miriade di piccole biblioteche di

dipartimento scarsamente coordinate fra loro e difficilmente in grado di assicurare servizi efficienti; d'altra

parte, sono fra quelle più dotate dal punto di vista finanziario per gli acquisti, soprattutto per quanto

riguarda il materiale straniero, e dal punto di vista tecnologico. Sono state inoltre le prime in Italia sia a

permettere l'accesso a Internet ai propri utenti locali sia ad automatizzare e a rendere disponibili in Rete i

propri cataloghi. Un loro punto di forza, soprattutto nelle discipline scientifiche e tecnologiche, è spesso

l'emeroteca, cioè la sezione dedicata a giornali, riviste e periodici.

Quelle che riescono a raggiungere dimensioni discrete possono anche riuscire a fornire con una certa

efficacia alcuni servizi che spesso sono solo teorici nelle «statali», come il prestito interbibliotecario.

I regolamenti per l'accesso alle biblioteche delle università e ai loro servizi variano notevolmente da ateneo

ad ateneo. In genere l'accesso è consentito ad un pubblico abbastanza ampio, mentre per il prestito e gli

altri servizi viene richiesto di essere in regola con l'iscrizione a un corso di laurea dell'ateneo stesso. La

biblioteca di Bologna rappresenta un esempio di nuovo concetto di biblioteca. La crescita del Patrimonio

della Biblioteca di Bologna, conseguente alle donazioni di Papa Lambertini e del cardinale Monti, impose la

modifica e l'ampliamento dell'edificio. Fu così costruita la nuova Sala di lettura monumentale, detta Aula

Magna, che Papa Benedetto XIV fece realizzare dall'architetto Carlo Francesco Dotti (1670-1759).

Alla fase di consolidamento subentrarono i mutamenti determinati dalla dominazione francese: sul piano

patrimoniale essa comportò un notevole apporto di libri e manoscritti, provenienti dalle soppressioni

conventuali del 1797.

Con il primo decreto bibliotecario dell'Italia unita (1869), la Biblioteca entrò a far parte delle biblioteche

governative più importanti e nel 1885 fu inserita tra le "Universitarie".

E come Biblioteca Universitaria è stata oggetto di numerose donazioni che hanno dato origine a fondi

speciali, mentre, dal punto di vista bibliotecario, ha perseguito e svolge tuttora non solo la funzione di

raccolta storico-retrospettiva, ma anche quello di centro di eccellenza nei settori dell'informazione

catalografica e bibliografica. Oggi, dopo alcuni anni di ristrutturazioni e trasferimenti logistici, a quella

storica di Palazzo Poggi si affianca la nuova sede, con due grandi e confortevoli sale di consultazione, la

Torre libraria, in cui hanno trovato posto già 500.000 volumi e i nuovi magazzini compact dei periodici. In

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entrambi i magazzini, sono applicate le più moderne tecnologie informatiche per la movimentazione

automatizzata del materiale librario.

Va infine ricordato che all'ingente patrimonio librario, che conta ormai oltre 1.250.000 volumi, si aggiunge

la quadreria, composta di ben 400 ritratti di personaggi illustri, mentre affreschi cinquecenteschi, da poco

restaurati, rendono la Biblioteca ancora più interessante agli occhi del visitatore.

Biblioteche pubbliche. All'estero, in particolare nei paesi anglosassoni e scandinavi, è ben consolidato il

concetto di «public library», ovvero di biblioteca «di base» che costituisce «il centro informativo locale che

rende prontamente disponibile per i suoi utenti ogni genere di conoscenza e informazione» (Manifesto

Unesco sulle biblioteche pubbliche, versione 1994, traduzione di Maria Teresa Natale per l'Associazione

italiana biblioteche), e che è fortemente radicata nella vita quotidiana di tutti gli strati sociali e culturali

della popolazione. In Italia invece il termine «biblioteca pubblica» può far sorgere degli equivoci rispetto

alle «statali» e perfino rispetto ai ben più vasti ambiti, non coincidenti fra loro, delle biblioteche «di

proprietà pubblica» e di quelle «aperte al pubblico». Per indicare le «public library», ovvero le biblioteche

create e gestite per il più ampio uso da parte di tutti i cittadini, si utilizza talvolta il termine di «biblioteche

di pubblica lettura», in gran parte dipendenti dalle amministrazioni comunali e talvolta provinciali.

L'accesso e il prestito sono ovviamente aperti a tutta la cittadinanza di qualsiasi età o livello culturale e le

collezioni e i servizi vengono sviluppati in quest'ottica, anche se spesso l'utenza maggioritaria è costituita da

studenti universitari (l'unica vasta fascia di italiani che frequenti regolarmente le biblioteche, si direbbe).

In queste biblioteche l'organizzazione a scaffale aperto è la norma e spesso esistono spazi riservati ai

ragazzi (che talvolta si sviluppano fino al punto di costituire delle autonome biblioteche per ragazzi) e alla

storia e alla cultura locali. A volte queste biblioteche si uniscono in consorzi o sistemi per economizzare le

risorse e potenziare i servizi al pubblico. In questo caso le differenze nelle collezioni, nelle tecnologie e nei

servizi messi a disposizione in diverse località sono enormi: si trovano «mediateche» futuribili in grado di

soddisfare anche il ricercatore più esigente insieme a minuscole raccolte di narrativa prive di bibliotecari e

aperte poche ore alla settimana da volontari o da impiegati generici.

Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze

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Biblioteche scolastiche. Tutte le scuole «di ogni ordine e grado» dovrebbero avere una propria biblioteca,

utile anche per imparare ad usare gli strumenti catalografici e bibliografici da utilizzare in seguito nelle

biblioteche maggiori; purtroppo le biblioteche scolastiche italiane spesso esistono solo o quasi sulla carta,

sono affidate a personale scarsamente professionalizzato e sono prive di finanziamenti adeguati. Il

Ministero della pubblica istruzione ne censiva circa 12 mila nel 1981.

Biblioteche di enti culturali e di ricerca. Le biblioteche del Cnr, dell'Enea, degli Archivi di Stato, delle tante

Accademie, Fondazioni e Istituti culturali che si trovano in Italia costituiscono un tesoro nascosto, poco

noto e ancor meno sfruttato. Si tratta di biblioteche spesso specializzate, quasi mai aperte a tutti i cittadini

ma di solito accessibili per ricerche finalizzate a tesi di laurea o comunque per motivi di studio.

Biblioteca del Cnr

Biblioteche di altri enti pubblici Considerando che ogni tipo di ente è dotato o almeno potrebbe dotarsi di

una biblioteca, la casistica è molto vasta: biblioteche carcerarie, della Camera, del Senato e degli altri organi

costituzionali, della Rai e di altre aziende parastatali. Queste biblioteche costituiscono un ventaglio molto

ampio di risorse a cui attingere in base ai propri interessi specifici.

Biblioteche private Si possono includere in questa categoria non solo le biblioteche personali, ovviamente

inaccessibili agli estranei, ma anche quelle ecclesiastiche, aziendali, di associazioni professionali, di sindacati

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e partiti politici, di banche ed enti assicurativi e previdenziali, ricche di patrimoni bibliografici talvolta unici.

Anche in questo caso, come per le due categorie immediatamente precedenti, è bene informarsi

preventivamente sulle condizioni per l'accesso, comunque quasi sempre consentito per documentati motivi

di studio.

Biblioteche biomediche. Un raro e fortunato caso di «lobby» trasversale di biblioteche appartenenti a enti

diversi (anche in base alla classificazione qui adottata) è quello delle biblioteche specializzate in medicina,

farmacia e biologia. Biblioteche e centri di documentazione di ospedali, Asl, facoltà e dipartimenti

universitari del settore, di aziende farmaceutiche, dell'Istituto superiore di sanità e di altri enti pubblici

collaborano spesso a livello nazionale e internazionale, producendo cataloghi collettivi e facilitando il

prestito interbibliotecario e la fornitura dei documenti.

Biblioteche generali, specializzate e speciali. Un modo alternativo rispetto a quello fin qui adottato per

distinguere le varie tipologie di biblioteche, basato essenzialmente sull'ente di appartenenza, è quello di

dividerle in base agli argomenti trattati nelle rispettive collezioni di documenti. Avremo così biblioteche

generali, ovvero multidisciplinari (ad esempio le nazionali e le pubbliche), e biblioteche specializzate in una

determinata disciplina o argomento (ad esempio le biblioteche dei dipartimenti universitari o quelle degli

enti di ricerca). Possono infine essere definite «speciali» le biblioteche che sviluppano appositi servizi per

tipologie di utenti con caratteristiche particolari (per esempio quelle carcerarie o per non vedenti).

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LA CATALOGAZIONE La biblioteca è un sistema ordinato di libri. Per essere tale, risulta necessario per i bibliotecari classificare e

catalogare le diverse raccolte presenti.

Dal momento in cui i libri vengono acquistati dalla biblioteca la classificazione avviene rispettando quattro

fasi:

● Valutazione dei libri;

● Registrazione dei libri;

● Bollatura dei libri;

● Collocazione dei libri.

● Il primo passo é la valutazione dei testi per verificarne la correttezza della stampa.

● Il secondo passo é quello di “ingressare” quindi di registrare ciascun libro sul registro d’ingresso,

apponendo anche su di esso il numero d’ingresso, operazione che determina la definitiva acquisizione del

libro alla biblioteca.

● Il terzo passo é quello di bollare il libro con il timbro della biblioteca;

● Il quarto passo è la classificazione, ovvero classificare, dividere e distribuire le varie tipologie di libri

assegnando a ciascuno la collocazione all’interno della biblioteca

La catalogazione consiste nella classificazione, registrazione e descrizione di un bene culturale; l'insieme

delle schede di catalogazione costituiscono un catalogo.

Per catalogare vengono utilizzati degli standard specifici per ogni tipologia di bene catalogato: patrimonio

archeologico, architettonico, storico artistico, librario, etnoantropologico.

In Italia le Regioni promuovono e coordinano il censimento e la catalogazione secondo le metodologie

nazionali definite in cooperazione con gli organi statali competenti e partecipano alla definizione degli

standard di catalogazione.

La catalogazione dei beni librari segue le regole dell'Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche

italiane (ICCU).

Gli standard e gli strumenti di catalogazione dei beni culturali sono invece definiti dall'Istituto Centrale per il

Catalogo e la documentazione (ICCD) organo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Per poter schedare un libro è necessario tener conto dei seguenti elementi:

● Anno di pubblicazione;

● Titolo;

● Casa editrice;

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Per esporre e collocare un libro in una biblioteca, bisogna considerare:

● Il numero di scaffale (indicato con numeri romani);

● Il palchetto (indicato da lettere maiuscole e ordinato dall’alto verso il basso);

● La collocazione (unica per ogni biblioteca);

● Il numero di catena (sequenza numerica ordinata sul palchetto).

Per organizzare uno schedario bisogna ricorrere ad alcune indicazioni, in particolare per:

● L’intestazione della scheda, che fa capo alle Regole Italiane di catalogazione Autori (RICA);

● L’ indicizzazione semantica del libro, che fa capo alla Classificazione Decimale Dewey (CDD) e ai

Soggetti;

● La compilazione della scheda, che fa capo all’ International Standard Book Description (ISBD).

Esempio di libri catalogati in base al numero di catena

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RICA = Regole Italiane di Catalogazione Autore

Queste regole si preoccupano:

● di cercare un'intestazione per la scheda, cioè la parola mediante la quale la scheda sarà

alfabeticamente ordinata (e può essere sia il nome di un autore che un titolo);

● di formulare questa intestazione nella forma più corretta.

Forme dell’intestazione

Anche se i programmi di archiviazione prevedono le liste di autorità per l’inserimento degli autori, è bene

conoscere i fondamenti delle RICA, Ad esempio che:

● Generalmente l'intestazione è costituita dal cognome e dal nome dell'autore, separati da una

virgola, scritti per esteso:

PAVESE, Cesare

● Ma può essere costituita anche da altri elementi, come un nome, un appellativo, un luogo di

origine:

COLA di Rienzo

LEONARDO da Vinci

● Il nome "d'arte" in molti casi sostituisce il nome reale. Quindi:

MOLIERE e non POQUELIN, Jean Baptiste

● Cognome e nome andrebbero sempre espressi nella lingua originale:

CICERO, Marcus Tullius

e non: “Cicerone”, anche se per una biblioteca scolastica questa forma è certamente la più pratica.

In ogni caso:

VERNE, Jules e non “VERNE, Giulio”.

Infine bisogna ricordare che i cognomi con prefisso seguono regole diverse a seconda della nazionalità. Ad

esempio:

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● i cognomi francesi conservano come primo elemento qualunque prefisso che non sia la

preposizione "de" che viene posta dopo il nome:

MUSSET, Alfred de

i cognomi inglesi conservano sempre il prefisso come primo elemento dell'intestazione:

O'NEILL, Eugene

● nei cognomi tedeschi l'intestazione è costituita dal cognome senza alcun prefisso:

HUMBOLDT, Wilhelm von

● nei cognomi italiani il prefisso è sempre in prima posizione:

D'ANNUNZIO, Gabriele

DE AMICIS, Edmondo

Ma:

TOMASI DI LAMPEDUSA, Giuseppe

CAVOUR, Camillo Benso, conte di

ISBD

International Standard Book Description.

Consiste in una struttura “normalizzata” che individua gli elementi per descrivere e identificare un

documento, li articola in aree, assegna loro un ordine e stabilisce per essi un sistema di interpunzione

convenzionale.

Si propone di rendere interscambiabili registrazioni provenienti da fonti diverse, in modo che le

registrazioni prodotte in un paese possano essere accolte in cataloghi di biblioteche o altri elenchi

bibliografici in ogni altro paese.

Che cos’è?

● Gli standard dell’ISBD si dividono in varie sezioni specifiche, a seconda del materiale trattato,

come:

● ISBD(G): lo standard generale di riferimento per tutti i tipi di materiale documentario;

● ISBD(S): lo standard di riferimento per i periodici;

● ISBD(NBM): lo standard di riferimento per il materiale non librario;

● ISBD(A): lo standard di riferimento per il libro antico;

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● lo standard di riferimento per le monografie = ISBD(M).

L’ ISBD(M) si propone di descrivere il libro senza preoccuparsi di creare alcuna intestazione. La descrizione

si articola in 7 aree separate tra loro da una speciale interpunzione:

● area del titolo e della responsabilità;

● area dell'edizione;

● area della pubblicazione;

● area della descrizione fisica;

● area della collana (o serie);

● area delle note;

● area del numero standard (ISBN) e delle condizioni di disponibilità.

Titolo

● Il titolo va riportato "così com'è", compreso l'articolo iniziale: non dimentichiamo che quest'area è

di "descrizione". Un eventuale sottotitolo sarà aggiunto dopo uno spazio, due punti, uno spazio.

● Gli autori vanno trascritti come appaiono sul frontespizio e il primo autore va distinto dal secondo

da una virgola più uno spazio vuoto.

● I curatori, traduttori, ecc. vanno distinti dall'autore o autori principali da uno spazio, un punto e

virgola, uno spazio.

Punteggiatura

-*Titolo del libro* : * eventuale sottotitolo*

- /* Prima formulazione di responsabilità (cioè l'autore o gli autori)* ;

-*Altri tipi di responsabilità (prefazione, traduzione, ecc.).*

- *Luogo di pubblicazione : Edizione.*

- Pagine, Tavole, Illustrazioni.*

-*(Collana). *

-*Note*

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La classificazione

Classificare significa raggruppare cose, idee, etc. simili fra loro, separandole dalle altre. E’ un’attività che ci

accompagna quotidianamente e su cui si basa ogni forma di apprendimento. Nel processo di classificazione

di norma si stabiliscono in via prioritaria grandi raggruppamenti, sulla base di elementi comuni, quindi in

seconda battuta il processo prosegue all’interno di ciascuna classe, individuando altri sotto-raggruppamenti

sulla base di caratteristiche comuni e/o differenti. Normalmente in qualunque sistema di classificazione

non ci si limita a dividere il tutto in raggruppamenti o classi, ma occorre anche cogliere ed esprimere i

rapporti fra i vari raggruppamenti, che possono essere di natura gerarchica, ma anche essere costituiti da

legami di affinità o di correlazione. Qualsiasi processo classificatorio deve seguire obbligatoriamente dei

principi generali:

1. Ciascun principio di divisione deve produrre almeno due classi, ma può produrne anche di più;

2. Le classi, nel loro insieme, devono riprodurre il tutto;

3. Deve essere applicato un principio di divisione per volta.

Le classificazioni bibliografiche possono essere considerate grandi mappe del sapere , sono finalizzate al

lavoro catalografico e bibliografico e vengono utilizzate per sistemare logicamente le informazioni

contenute nei documenti.

Il processo di classificazione si snoda su tre livelli:

1. Concettuale = analisi teorica dei concetti e dei loro rapporti;

2. Verbale = formulazione dei concetti attraverso i termini della classificazione prescelta;

3. Notazionale = traduzione dei termini nei simboli (notazioni) usati nello schema di classificazione

prescelto.

In ogni caso, sia che venga utilizzato per la collocazione fisica delle raccolte e/o per l’allestimento di

bibliografie e cataloghi, lo scopo finale di qualunque sistema di classificazione è la localizzazione delle

informazioni contenute nei libri e il rilevamento delle eventuali connessioni.

L’applicazione di un sistema di classificazione generale piuttosto che di uno speciale alle raccolte di una

biblioteca dipende ovviamente dalle caratteristiche delle raccolte. Sono diversi, per ogni settore, i rapporti

fra i vari segmenti della disciplina centrale e di quelle affini e contigue; diverse le ripartizioni che si

avvertono necessarie e indispensabili, rispetto a quelle che è possibile prevedere in uno schema che deve

poter essere applicato a qualsiasi ambito del sapere.

Nelle classificazioni generali tutto l’universo del sapere viene diviso in un certo numero di sezioni,

solitamente definite classi, che corrispondono a settori disciplinari caratterizzati da proprie strutture,

metodi di ricerca e organizzazione.

Il numero di classi principali che costituiscono l’ossatura di base di ogni sistema di classificazione può

variare

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Un sistema di classificazione generale, infatti, per avere una buona funzionalità deve:

● prevedere la presenza di tutte le discipline fondamentali e delle loro principali ripartizioni;

● dedicare alle singole discipline uno spazio proporzionato alla loro estensione e importanza;

● organizzare la progressione delle classi in modo consequenziale; questo significa che i settori che

hanno fra loro una correlazione, di qualunque natura, devono essere contigui;

● costruire uno schema che consenta una certa flessibilità, permettere, cioè, la contrazione o

l’ampliamento dello spazio destinato alle varie discipline, la possibilità di trasmigrazioni e l’inserimento di

nuove discipline.

CDD = Classificazione Decimale Dewey

● “Dewey” dal nome dall'americano Melvil Dewey che la ideò nella seconda metà dell’Ottocento.

Oggi viene aggiornata da un apposito comitato internazionale.

● “Decimale” perché divide tutto lo scibile umano in 10 classi contrassegnate da 0 a 9:

Ogni classe contiene 10 divisioni

Ogni divisione è formata da 10 sezioni

Il numero minimo è di 3 cifre ma, dopo un punto di separazione è possibile aggiungere altri numero fino

ad arrivare alla disciplina più particolare.

Le 10 categorie

● n.000 Generalità;

● n.100 Filosofia e discipline connesse;

● n.200 Religione;

● n.300 Scienze sociali;

● n.400 Linguaggio;

● n.500 Scienze pure;

● n.600 Tecnologia (Scienze applicate);

● n.700 Arti;

● n.800 Letteratura;

● n.900 Geografia e Storia generali.