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681 28 © 2012 Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati. 55 Farmaci antitumorali ASPETTI GENERALI In questo capitolo verranno trattati il cancro e la terapia antineoplastica; nella prima parte verrà dato rilievo alla patogenesi dei tumori, per poi procedere alla descrizione dei farmaci che possono essere utilizzati per il trattamento. Infine, sarà sottolineato il ruolo fondamentale svolto dalle nuove conoscenze acquisite riguardo alla biologia della cellula tumorale nello sviluppo di nuovi farmaci. La trat- tazione sull’uso degli isotopi radioattivi nella terapia anti- tumorale va oltre lo scopo di questo libro. INTRODUZIONE Il cancro è una patologia caratterizzata dalla moltiplicazione incontrollata e dalla disseminazione di forme anomale di cel- lule all’interno dell’organismo. È la seconda causa di morte più comune nelle nazioni sviluppate (dopo le malattie cardiova- scolari); a 1 persona su 3 è diagnosticato il cancro nell’arco della propria vita. In Italia la sopravvivenza, dopo 5 anni dal- l’esordio della malattia oncologica, è di circa il 57% e il cancro è responsabile di circa il 30% del totale dei decessi. In Italia i nuovi casi si collocano intorno a 234.000 ogni anno. Le sedi tumorali più frequenti sono il colon-retto, la mammella, la prostata e il polmone. 1 La maggior parte dei Paesi sviluppati riporta statistiche simili. A prima vista, i dati dell’ultimo cen- tinaio di anni sembrano indicare un aumento di incidenza della malattia nei Paesi occidentali, ma il tumore è perlopiù una patologia che si manifesta in età avanzata e, nell’ultimo secolo, sia il progresso della scienza medica sia il migliora- mento della qualità della sanità pubblica hanno portato a un deciso aumento della durata media di vita; di conseguenza, molte più persone raggiungono un’età in cui è più probabile ammalarsi di cancro. I termini cancro, neoplasia maligna (neoplasia significa semplicemente “nuova crescita”) e tumore maligno sono sino- nimi. Sia i tumori benigni sia quelli maligni mostrano capaci- tà proliferative incontrollate, ma quelli maligni si distinguono per la loro capacità di dedifferenziarsi, per l’invasività e per la loro capacità di metastatizzare (diffondersi in altre parti del corpo). In questo capitolo, discuteremo solo della terapia dei tumori maligni. Le caratteristiche anomale mostrate dai tumo- ri maligni sono la conseguenza di un’espressione genica alte- rata tipica delle cellule tumorali e originata da mutazioni geniche ereditate o acquisite. Gli approcci principali al trattamento del cancro sono tre: asportazione mediante intervento chirurgico, radioterapia e chemioterapia; l’efficacia di ciascuno di questi approcci è le- gata al tipo di tumore e al suo stadio di sviluppo. La chemio- terapia può essere utilizzata come unico trattamento oppure come supplemento ad altri tipi di terapia. Se paragonata alla chemioterapia antinfettiva, la chemiote- rapia antitumorale si trova di fronte a un problema difficile. In termini biochimici, i microrganismi sono sia quantitativa- mente sia qualitativamente diversi dalle cellule umane (si veda il Capitolo 49), mentre le cellule tumorali e quelle normali sono per molti aspetti così simili che è molto più difficile trovare differenze generali e biochimiche che possano essere sfruttate ai fini terapeutici. Negli ultimi anni, la chemioterapia antitumo- rale si è ampliata per includere, oltre ai farmaci citotossici convenzionali (che agiscono su tutte le cellule e che hanno un margine di selettività estremamente limitato), diversi farmaci che agiscono sulla regolazione ormonale della crescita tumora- le o sugli alterati meccanismi di controllo del ciclo cellulare che sono alla base del tumore maligno (si veda oltre; si veda anche il Capitolo 5). In generale, attualmente questo è stato uno dei campi più promettenti della ricerca farmacologica, in cui la ge- nomica e la biofarmaceutica svolgono un ruolo fondamentale. Sembra che il flusso di innovazione sia destinato a continuare. PATOGENESI DEL CANCRO È molto importante trattare dettagliatamente la biopatologia dei tumori al fine di comprendere sia il meccanismo di azione sia gli svantaggi degli agenti antitumorali attualmente in uso, nonché gli ostacoli terapeutici che i nuovi farmaci devono superare. Sono soprattutto quattro le caratteristiche che ci permettono di distinguere le cellule tumorali dalle cellule normali. Esse sono: j proliferazione incontrollata j dedifferenziazione e perdita di funzione j invasività j metastasi. GENESI DI UNA CELLULA TUMORALE Una cellula normale diventa tumorale in seguito a una o più mutazioni del suo DNA, che possono essere ereditate o acqui- site, solitamente a causa dell’esposizione a virus o a sostanze cancerogene (per esempio, prodotti del tabacco e asbesto). Un buon esempio ci viene fornito dal tumore del seno; le donne 1 Rapporti Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM).

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© 2012 Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati.

55Farmaci antitumorali

Aspetti GenerAli

In questo capitolo verranno trattati il cancro e la terapia antineoplastica; nella prima parte verrà dato rilievo alla patogenesi dei tumori, per poi procedere alla descrizione dei farmaci che possono essere utilizzati per il trattamento. Infine, sarà sottolineato il ruolo fondamentale svolto dalle nuove conoscenze acquisite riguardo alla biologia della cellula tumorale nello sviluppo di nuovi farmaci. La trat-tazione sull’uso degli isotopi radioattivi nella terapia anti-tumorale va oltre lo scopo di questo libro.

introduzione

Il cancro è una patologia caratterizzata dalla moltiplicazione incontrollata e dalla disseminazione di forme anomale di cel-lule all’interno dell’organismo. È la seconda causa di morte più comune nelle nazioni sviluppate (dopo le malattie cardiova-scolari); a 1 persona su 3 è diagnosticato il cancro nell’arco della propria vita. In Italia la sopravvivenza, dopo 5 anni dal-l’esordio della malattia oncologica, è di circa il 57% e il cancro è responsabile di circa il 30% del totale dei decessi. In Italia i nuovi casi si collocano intorno a 234.000 ogni anno. Le sedi tumorali più frequenti sono il colon-retto, la mammella, la prostata e il polmone.1 La maggior parte dei Paesi sviluppati riporta statistiche simili. A prima vista, i dati dell’ultimo cen-tinaio di anni sembrano indicare un aumento di incidenza della malattia nei Paesi occidentali, ma il tumore è perlopiù una patologia che si manifesta in età avanzata e, nell’ultimo secolo, sia il progresso della scienza medica sia il migliora-mento della qualità della sanità pubblica hanno portato a un deciso aumento della durata media di vita; di conseguenza, molte più persone raggiungono un’età in cui è più probabile ammalarsi di cancro.

I termini cancro, neoplasia maligna (neoplasia significa semplicemente “nuova crescita”) e tumore maligno sono sino-nimi. Sia i tumori benigni sia quelli maligni mostrano capaci-tà proliferative incontrollate, ma quelli maligni si distinguono per la loro capacità di dedifferenziarsi, per l’invasività e per la loro capacità di metastatizzare (diffondersi in altre parti del corpo). In questo capitolo, discuteremo solo della terapia dei tumori maligni. Le caratteristiche anomale mostrate dai tumo-ri maligni sono la conseguenza di un’espressione genica alte-rata tipica delle cellule tumorali e originata da mutazioni geniche ereditate o acquisite.

Gli approcci principali al trattamento del cancro sono tre: asportazione mediante intervento chirurgico, radioterapia e chemioterapia; l’efficacia di ciascuno di questi approcci è le-gata al tipo di tumore e al suo stadio di sviluppo. La chemio-terapia può essere utilizzata come unico trattamento oppure come supplemento ad altri tipi di terapia.

Se paragonata alla chemioterapia antinfettiva, la chemiote-rapia antitumorale si trova di fronte a un problema difficile. In termini biochimici, i microrganismi sono sia quantitativa-mente sia qualitativamente diversi dalle cellule umane (si veda il Capitolo 49), mentre le cellule tumorali e quelle normali sono per molti aspetti così simili che è molto più difficile trovare differenze generali e biochimiche che possano essere sfruttate ai fini terapeutici. Negli ultimi anni, la chemioterapia antitumo-rale si è ampliata per includere, oltre ai farmaci citotossici convenzionali (che agiscono su tutte le cellule e che hanno un margine di selettività estremamente limitato), diversi farmaci che agiscono sulla regolazione ormonale della crescita tumora-le o sugli alterati meccanismi di controllo del ciclo cellulare che sono alla base del tumore maligno (si veda oltre; si veda anche il Capitolo 5). In generale, attualmente questo è stato uno dei campi più promettenti della ricerca farmacologica, in cui la ge-nomica e la biofarmaceutica svolgono un ruolo fondamentale. Sembra che il flusso di innovazione sia destinato a continuare.

pAtoGenesi del CAnCro

È molto importante trattare dettagliatamente la biopatologia dei tumori al fine di comprendere sia il meccanismo di azione sia gli svantaggi degli agenti antitumorali attualmente in uso, nonché gli ostacoli terapeutici che i nuovi farmaci devono superare.

Sono soprattutto quattro le caratteristiche che ci permettono di distinguere le cellule tumorali dalle cellule normali. Esse sono:

j proliferazione incontrollataj dedifferenziazione e perdita di funzionej invasivitàj metastasi.

Genesi di unA CellulA tumorAleUna cellula normale diventa tumorale in seguito a una o più mutazioni del suo DNA, che possono essere ereditate o acqui-site, solitamente a causa dell’esposizione a virus o a sostanze cancerogene (per esempio, prodotti del tabacco e asbesto). Un buon esempio ci viene fornito dal tumore del seno; le donne 1Rapporti Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM).

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che ereditano una copia singola mutata di uno dei due geni oncosoppressori BRCA1 o BRCA2 (si veda oltre) presentano un elevato rischio di sviluppare il cancro del seno. D’altra parte, la cancerogenesi è un processo a più stadi, molto com-plesso; di solito, vi sono coinvolti più di un cambiamento genetico, così come altri fattori, detti epigenetici (stimoli or-monali, cocancerogeni, agenti che promuovono i tumori ecc.) che, da soli, non provocano il cancro, ma aumentano la proba-bilità che la(e) mutazione(i) dia(no) origine a un tumore.

Esistono due categorie principali di cambiamenti genetici importanti:

1. Attivazione dei proto-oncogeni a oncogeni. I proto-onco-geni sono geni che normalmente controllano la divisione cellulare, l’apoptosi e la differenziazione (si veda il Capi-tolo 5), ma che possono diventare oncogeni a causa di virus o di cancerogeni e provocare la trasformazione neo-plastica.

2. Inattivazione dei geni oncosoppressori. Le cellule normali contengono geni che hanno la capacità di sopprimere il processo di trasformazione neoplastica – questi geni sono chiamati oncosoppressori (antioncogeni) – e mutazioni in

corrispondenza di questi geni sono presenti in diversi tipi di tumori. La perdita di funzionalità da parte degli oncosop-pressori può essere l’elemento fondamentale nel processo di cancerogenesi.

Sono stati identificati circa 30 geni oncosoppressori e 100 oncogeni dominanti. I cambiamenti che portano al fenotipo maligno sono il risultato di mutazioni puntiformi, amplifica-zione genica o traslocazione cromosomiale, spesso causate da virus o cancerogeni chimici.

CArAtteristiChe tipiChe di unA CellulA tumorAle

Proliferazione incontrollataMolte cellule sane, per esempio quelle del midollo osseo e dell’epitelio del tratto gastrointestinale, si dividono rapidamen-te e in continuazione; non è, quindi, sempre vero che le cellule tumorali proliferano più in fretta delle cellule normali. Alcune cellule tumorali si moltiplicano lentamente (per esempio, quelle dei tumori delle plasmacellule) e altre si moltiplicano

Figura 55.1 Vie di trasduzione del segnale attivate dai fattori di crescita e loro correlazioni con lo sviluppo di un tumore. Nella tabella sono forniti alcuni esempi di proto-oncogeni e dei prodotti da essi codificati, con esempi dei tumori associati alla loro conversione in oncogeni. Molti recettori di fattori di crescita sono recettori tirosin-chinasici; i trasduttori citosolici comprendono proteine adattatrici che legano i recettori su residui di tirosina fosforilata. Le proteine Ras sono proteine leganti il nucleotide guanosinico e hanno un’attività GTPasica; una ridotta attività GTPasica comporta che Ras rimanga attivato. EGF = fattore di crescita epidermico; IGF = fattore di crescita insulino-simile; PDGF = fattore di crescita derivato dalle piastrine. *HER2 è chiamato anche HER2/neu.

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più rapidamente (per esempio, quelle del linfoma di Burkitt). Il concetto importante è che le cellule tumorali sono sfuggite ai meccanismi che normalmente regolano la divisione cellula-re e la crescita tissutale. Questo, piuttosto che il tasso di pro-liferazione, distingue le cellule tumorali da quelle normali.

Quali cambiamenti causano la proliferazione incontrollata delle cellule tumorali? L’inattivazione dei geni oncosoppressori o la trasformazione dei proto-oncogeni in oncogeni può confe-rire autonomia di crescita a una cellula e, quindi, determinare una proliferazione incontrollata attraverso la produzione di cambiamenti in diversi sistemi cellulari (Figura 55.1), come:

j fattori di crescita, i loro recettori e le vie biochimiche del segnale a loro collegate

j trasduttori del ciclo cellulare, per esempio, le cicline, le chinasi ciclina-dipendenti (cdk) o gli inibitori delle cdk

j processo apoptotico, che normalmente porta alla morte delle cellule anomale

j espressione della telomerasij vasi sanguigni locali, come risultato dell’angiogenesi tumore-

dipendente.

Potenzialmente, tutti i geni codificanti per le componenti sopra descritte possono essere considerati come oncogeni o onco-soppressori (Figura 55.2), sebbene non tutti siano ugualmente in grado di dar luogo al processo di trasformazione neoplastica. Bisogna comprendere che lo sviluppo di un tumore maligno richiede il contributo di diversi fattori.

Resistenza all’apoptosiL’apoptosi è il processo di morte cellulare programmata (si veda il Capitolo 5) e le mutazioni a carico dei geni antiapoptotici sono solitamente un prerequisito per lo sviluppo del cancro; inoltre, la resistenza all’apoptosi è una caratteristica tipica di tale patologia. Questa può derivare dall’inattivazione di fattori proapoptotici o dall’attivazione di fattori antiapoptotici.

Espressione della telomerasiI telomeri sono strutture specializzate che ricoprono le estre-mità dei cromosomi – come i tubicini di metallo alla fine dei lacci delle scarpe – per proteggerli dalla degradazione, dal riarrangiamento e dalla fusione con altri cromosomi. Inoltre, la DNA polimerasi non è in grado di duplicare facilmente gli ultimi nucleotidi posti nella parte terminale del DNA e i telo-meri prevengono la perdita dei geni “terminali”. Con ogni ciclo di divisione cellulare, una porzione di telomero viene erosa e alla fine il telomero perde la sua funzione. A questo punto, la replicazione del DNA cessa e la cellula diventa senescente.

Le cellule che si dividono rapidamente, come le cellule staminali e quelle del midollo osseo, l’epitelio del tratto ga-strointestinale e le cellule germinali esprimono la telomerasi, un enzima che mantiene e stabilizza i telomeri. Questo enzima è assente nella maggior parte delle cellule somatiche comple-tamente differenziate, mentre è presente nel 95% dei tumori maligni nelle fasi più avanzate, ed è questo che può conferire “immortalità” alle cellule tumorali.

Controllo dei vasi sanguigni associati al tumoreI fattori sopra descritti portano a una proliferazione incon-trollata delle singole cellule tumorali, ma altri fattori, in parti-colare il flusso ematico, determinano la crescita di un tumore solido. I tumori di 1-2 mm di diametro possono ottenere i nu-trienti necessari per diffusione, ma l’ulteriore crescita della

massa tumorale richiede l’angiogenesi, ossia lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni. L’angiogenesi si verifica in risposta ai fattori di crescita prodotti dal tumore in sviluppo (si veda Griffioen e Molema, 2000).

Dedifferenziazione e perdita di funzioneLa moltiplicazione delle cellule normali in un tessuto inizia con la divisione di alcune cellule staminali indifferenziate che danno origine a cellule figlie. Queste ultime, infine, si diffe-renziano diventando le cellule mature di un determinato tes-suto, pronte a svolgere le loro funzioni. Per esempio, quando i fibroblasti maturano, secernono e organizzano la matrice ex-tracellulare; le cellule muscolari mature sono in grado di con-trarsi. Una delle principali caratteristiche delle cellule tumorali è quella di dedifferenziarsi a vari livelli. In generale,

Figura 55.2 Diagramma semplificato della genesi di un tumore. Il diagramma riassume le informazioni fornite nel testo. La genesi tumorale è, di solito, multifattoriale, dato che coinvolge più di un cambiamento genetico. “Altri fattori”, come specificato sopra, possono comprendere le attività dei promotori, dei cocancerogeni, degli ormoni ecc., i quali, pur non essendo cancerogeni di per sé, aumentano la probabilità che una mutazione genica causi un tumore.

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le cellule tumorali poco differenziate si moltiplicano più velo-cemente e si associano a una prognosi peggiore rispetto alle cellule tumorali ben differenziate.

InvasivitàIn genere, le cellule normali non si trovano al di fuori del loro tessuto di origine. Questo perché, durante la differenziazione e la crescita del tessuto o dell’organo, le cellule normali svi-luppano determinati rapporti spaziali l’una con l’altra. Questi rapporti vengono mantenuti da vari fattori di sopravvivenza tessuto-specifici che prevengono l’apoptosi (si veda il Capito-lo 5). In questo modo, se una cellula dovesse fuoriuscire dal suo tessuto o organo, perderebbe questi fattori/segnali di so-pravvivenza e morirebbe.

Di conseguenza, nonostante le cellule della mucosa rettale proliferino continuamente per il rinnovamento dell’epitelio, rimangono comunque organizzate in un epitelio di rivestimen-to. Un cancro della mucosa rettale, invece, invade gli altri tessuti che formano il retto e spesso anche i tessuti degli altri organi pelvici. Le cellule tumorali non solo hanno perso, per via di una mutazione, i meccanismi di controllo che hanno le cellule normali ma, in più, secernono enzimi (come le metallo-proteasi; si veda il Capitolo 5) che degradano la matrice ex-tracellulare, permettendo loro di spostarsi.

MetastasiLe metastasi sono tumori secondari formati da cellule che sono state rilasciate dal tumore primario (o iniziale) e che hanno raggiunto altri siti attraverso i vasi sanguigni o linfatici oppure semplicemente per disseminazione nelle cavità del corpo. Le metastasi sono la causa principale di mortalità e morbilità nella maggior parte dei tumori e costituiscono il problema maggiore per la terapia antitumorale.

Come già detto, il distacco o la migrazione aberrante delle cellule normali attiva il processo di morte cellulare program-mata, come risultato dell’assenza dei fattori antiapoptotici necessari. Le cellule tumorali che metastatizzano hanno subìto una serie di cambiamenti genetici che alterano le loro risposte ai meccanismi di regolazione che controllano l’architettura cellulare dei tessuti normali, rendendole capaci di stabilirsi “extra-territorialmente”. Inoltre, la crescita di nuovi vasi indot-ta dal tumore (si veda sopra) favorisce il processo di metasta-tizzazione.

I tumori secondari insorgono più frequentemente in certi tessuti piuttosto che in altri. Per esempio, le metastasi del can-cro del seno si trovano spesso nel polmone, nelle ossa e nel cervello. La ragione risiede nel fatto che le cellule del tumore del seno esprimono sulla loro superficie recettori per le chemo-chine come CXR4 (si veda il Capitolo 17), e le chemochine che riconoscono questi recettori sono altamente espresse nei tessuti sopra citati e non in altri (come il rene), facilitando l’accumulo selettivo di cellule tumorali in queste sedi.

prinCipi GenerAli dei FArmACi AntitumorAli CitotossiCi

Mediante alcuni esperimenti condotti in un modello murino in vivo di leucemie trapiantabili a rapida crescita, è stato dimostrato che una certa dose terapeutica di un farmaco

citotossico2 distrugge una frazione costante di cellule maligne. Quindi, una dose che uccide il 99,99% delle cellule, se utiliz-zata per trattare un tumore costituito da 1011 cellule, lascerà ancora 10 milioni (107) di cellule maligne vitali.

Dato che lo stesso principio vale per i tumori a rapida cre-scita nell’uomo, i regimi di chemioterapia devono mirare a uccidere la totalità delle cellule perché, a differenza di quello che si verifica con i microrganismi, i meccanismi di difesa immunitaria dell’ospite possono fare poco contro le rimanen-ti cellule tumorali.

Una delle maggiori difficoltà nella terapia contro il cancro è rappresentata dal fatto che quando il tumore viene diagno-sticato di solito è già in fase avanzata. Supponiamo che un tumore si sviluppi a partire da una singola cellula e che la cre-scita sia esponenziale, eventualità che può verificarsi durante gli stadi iniziali. Il tempo di “raddoppiamento” varia: per esempio, è di 24 ore circa nel linfoma di Burkitt, di 2 settima-ne in alcune leucemie e di 3 mesi nei tumori del seno. Appros-simativamente, per produrre una massa cellulare del diametro di 2 centimetri, contenente 109 cellule, sono richiesti 30 rad-doppiamenti. Un tumore di queste dimensioni è entro i limiti delle procedure diagnostiche, ma potrebbe passare inosservato. Con altri 10 raddoppiamenti si producono 1012 cellule, una massa tumorale probabilmente letale, e, nel caso di un tumore solido, la massa potrebbe raggiungere un diametro di circa 20 centimetri.

Tuttavia, una crescita esponenziale continua di questo tipo di solito non si verifica. Nella maggior parte dei tumori solidi (per esempio, del polmone, dello stomaco, dell’utero e simili), al contrario di quanto avviene nelle leucemie (tumori dei glo-buli bianchi), il tasso di crescita diminuisce con l’aumentare delle dimensioni della neoplasia. Ciò è parzialmente dovuto al fatto che il tumore, a causa delle dimensioni della sua massa, non riesce a mantenere un adeguato flusso ematico e, inoltre, non tutte le cellule proliferano in modo continuo. Le cellule di un tumore solido possono essere considerate come appartenen-ti a tre compartimenti:

1. compartimento A, costituito da cellule in divisione che, con tutta probabilità, sono continuamente in fase di ciclo cellu-lare (cellule proliferanti)

2. compartimento B, costituito da cellule a riposo (in fase G0), cioè cellule quiescenti che, anche se non si stanno dividendo, sono potenzialmente in grado di farlo

3. compartimento C, costituito da cellule non più capaci di dividersi, ma che contribuiscono al volume del tumore.

Essenzialmente, solo le cellule del compartimento A, che for-mano appena il 5% di alcuni tumori solidi, sono sensibili ai principali farmaci citotossici attualmente in uso, come viene spiegato più avanti. Le cellule del compartimento C non co-stituiscono un problema, ma l’esistenza del compartimento B rende difficoltosa la chemioterapia antitumorale, perché le cellule di questo compartimento non sono molto sensibili ai farmaci citotossici e possono rientrare nel compartimento A dopo la chemioterapia.

La maggior parte degli attuali farmaci antitumorali, in partico-lare gli agenti citotossici, colpisce solo un aspetto caratteristico

2Il termine farmaco citotossico si applica a qualunque farmaco in grado di danneggiare o uccidere le cellule. In pratica, è utilizzato, in maniera più restrittiva, per indicare farmaci che inibiscono la divisione cellulare e, quindi, sono potenzialmente utili per la chemioterapia antitumorale.

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della biologia delle cellule tumorali – la divisione cellulare – ma non ha effetti inibitori specifici sull’invasività, sulla perdita di differenziazione o sulla tendenza alla metastatizzazione. In molti casi, l’effetto antiproliferativo è dovuto a un’azione durante la fase S del ciclo cellulare e il conseguente danno al DNA dà inizio al-l’apoptosi (si veda sopra). Inoltre, poiché il loro bersaglio princi-pale è la divisione cellulare, questi farmaci colpiscono tutte le cellule dei tessuti normali che si dividono rapidamente, probabil-mente causando così i seguenti effetti tossici generali di diversa gravità:

j tossicità a livello del midollo osseo (mielodepressione) con diminuita produzione di leucociti e, di conseguenza, minore resistenza alle infezioni

j alterazione della guarigione delle feritej perdita di capelli (alopecia)j danni all’epitelio gastrointestinale (comprese le mucose

orali)j rallentamento della crescita nei bambinij sterilitàj teratogenicità.

Questi farmaci, in alcune circostanze, posso anche essere loro stessi cancerogeni. Inoltre, la massiccia distruzione cellulare, che avviene in tempi rapidi, causa un elevato catabolismo delle purine e gli urati possono precipitare nei tubuli renali, causando danni renali. Infine, oltre a effetti tossici specifici associati a singoli farmaci, tutti i farmaci citotossici danno nausea e vomito piuttosto severi; questi effetti sono tali da es-sere chiamati “deterrenti intrinseci” alla compliance del pa-ziente nel completare un ciclo di trattamento.

Patogenesi del cancro e chemioterapia antitumorale: principi generali

j Il cancro si sviluppa come risultato di una serie di cambiamenti genetici ed epigenetici; le principali mutazioni geniche riguardano:j inattivazione di geni oncosoppressorij attivazione di oncogeni (mutazioni di geni normali

che controllano la divisione cellulare e altri processi).j Le cellule tumorali hanno quattro caratteristiche

che permettono di distinguerle dalle cellule normali:j proliferazione incontrollataj perdita di funzionalità, a causa della perdita

della capacità di differenziarsij invasivitàj capacità di formare metastasi.

j Le cellule tumorali sono caratterizzate da una proliferazione incontrollata spesso a causa di cambiamenti che riguardano:j fattori di crescita e/o loro recettorij vie del segnale intracellulare, in particolare quelle

che controllano il ciclo cellulare e l’apoptosij espressione della telomerasi.

j Ciò può essere supportato dall’angiogenesi associata al tumore.

j La maggior parte dei farmaci antitumorali ha un’azione antiproliferativa – danneggia il DNA e induce l’apoptosi. Tali farmaci, inoltre, influenzano le cellule normali che si dividono rapidamente e, quindi, causano mielodepressione, ritardano la guarigione delle ferite e rallentano la crescita. La maggior parte causa nausea, vomito, sterilità, alopecia e teratogenicità.

FArmACi AntitumorAli

I principali farmaci antitumorali possono essere suddivisi nelle categorie generali riportate qui di seguito.

j Farmaci citotossici. Il loro meccanismo di azione è discus-so in maniera più dettagliata in seguito ed è sintetizzato nella Tabella 55.1; questi farmaci includono:j agenti alchilanti e composti correlati, che agiscono for-

mando legami covalenti con il DNA e impedendo la re-plicazione

j antimetaboliti, che bloccano o alterano una o più vie metaboliche coinvolte nella sintesi del DNA

j antibiotici citotossici, come le sostanze di origine microbi-ca che prevengono la divisione delle cellule di mammifero

j derivati di piante (alcaloidi della vinca, taxani, camptote-cine): la maggior parte di questi (ovvero, alcaloidi della vinca e taxani) agisce in modo specifico sui microtubuli e, di conseguenza, sulla formazione del fuso mitotico.

j Ormoni. I più importanti sono gli steroidei (per esempio, glucocorticoidi, estrogeni e androgeni), così come i farmaci che sopprimono la secrezione ormonale o antagonizzano l’azione dell’ormone.

j Anticorpi monoclonali: in genere vengono utilizzati solo per particolari tipi di tumore.

j Inibitori delle proteine chinasi: questi farmaci inibiscono le proteine chinasi (solitamente tirosina chinasi) che trasduco-no segnali di crescita in cellule in rapida divisione. Il loro utilizzo è limitato a determinati tipi di neoplasie.

j Miscellanea di agenti che non rientrano facilmente nelle categorie precedenti.

L’uso clinico dei farmaci antitumorali è di competenza dell’on-cologo, che seleziona i regimi terapeutici appropriati per il paziente con l’obiettivo di curarlo, prolungargli la vita o fornir-gli una terapia palliativa.3

In questa sede verranno trattati i meccanismi di azione e i principali effetti indesiderati dei farmaci antitumorali più co-munemente utilizzati. Un libro di testo recente (si veda Airley, 2009) fornisce informazioni dettagliate.

AGenti AlChilAnti e Composti CorrelAtiGli agenti alchilanti e i composti correlati contengono gruppi chimici in grado di formare legami covalenti con particolari sostanze nucleofile all’interno della cellula. Con gli agenti alchilanti, il passaggio principale è la formazione di uno ione carbonio – un atomo di carbonio con soli sei elettroni nello strato più esterno. Questi ioni sono altamente reattivi e reagi-scono in modo istantaneo con un donatore di elettroni come un’amina, un gruppo idrossile o un gruppo sulfidrile. La maggior parte degli agenti alchilanti antitumorali è bifunzio-nale, cioè possiede due gruppi alchilanti (Figura 55.3).

L’azoto in posizione 7 (N7) della guanina, essendo fortemen-te nucleofilo, probabilmente costituisce il bersaglio molecolare principale per l’alchilazione del DNA (si veda la Figura 55.3), sebbene le posizioni N1 e N3 della citosina possano anch’esse fungere da bersagli. Un agente bifunzionale, reagendo con due

3Il lettore avrà appreso che molti farmaci antitumorali sono tossici. Come un medico ha giustamente sostenuto, “per essere oncologi bisogna odiare il cancro più di quanto si ami la vita”.

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gruppi, può provocare un legame crociato tra due catene di DNA o all’interno della stessa catena (si veda la Figura 55.3). Questo evento interferisce sia con la trascrizione sia con la replicazione, il che costituisce, probabilmente, l’effetto prin-cipale degli agenti alchilanti antitumorali. Gli altri effetti conseguenti all’alchilazione di N7 della guanina compren-dono l’eliminazione della base con rottura della catena o

l’appaiamento della guanina alchilata con la timina invece che con la citosina e la conseguente sostituzione della coppia GC con la coppia AT. L’effetto principale si osserva durante la replicazione (fase S), quando alcune zone del DNA non sono appaiate e sono più suscettibili all’alchilazione. Questo causa un blocco in fase G2 (si veda la Figura 55.3) e, successivamen-te, la morte cellulare per apoptosi.

Tabella 55.1 Aspetti generali dei farmaci antitumorali

Tipo Gruppo Esempi Meccanismo principale

Agenti alchilanti e correlati

Mostarde azotate Ciclofosfamide, ifosfamide, clorambucile, melfalan, estramustina

Legami crociati all’interno della catena del DNA,rottura dei filamenti di DNAe alterato appaiamento delle basi azotate

Nitrosuree Lomustina, carmustina

Composti del platino Carboplatino, cisplatino, oxaliplatino

Altro Busulfan, treosulfan, tiotepa, dacarbazina, procarbazina, temozolomide

Antimetaboliti Antagonisti del folato Metotressato, raltitrexed, pemetrexed Blocco della sintesi del DNA e/o dell’RNA

Via metabolica delle pirimidine

Fluorouracile, capecitabina, citarabina, gemcitabina, tegafur

Via metabolica delle purine Fludarabina, cladribina, mercaptopurina, tioguanina, pentostatina, clofarabina, nelarabina

Antibiotici citotossici

Antracicline Daunorubicina, doxorubicina, epirubicina, idarubicina, (mitoxantrone), (amsacrina)

Effetti multipli sulla sintesi del DNA/RNA e sull’azione della topoisomerasi

Altro Bleomicina, dactinomicina, mitomicina

Derivati di originenaturale

Taxani Paclitaxel, docetaxel Alterazione dell’assemblaggiodei microtubuli e della formazionedel fuso mitoticoAlcaloidi della vinca Vinblastina, vincristina, vindesina,

vinorelbina

Camptotecine Irinotecano, topotecano, trabectedina Inibizione delle topoisomerasi

Epipodofillotossine Etoposide

Altro Trabectedina Legame con il DNA con deformazione della sua struttura

Ormoni/antagonisti Ormoni/analoghi Dietilstilbestrolo, etinilestradiolo, medrossiprogesterone, megestrolo, noretisterone, goserelina, leuprorelina, triptorelina, lanreotide, octreotide

Agiscono come antagonisti fisiologici, antagonisti o inibitori della sintesi degli ormoni per interrompere la crescita dei tumori ormone-dipendente

Antagonisti Tamoxifene, toremifene, fulvestrant, ciproterone, flutamide, bicalutamide

Inibitori dell’aromatasi Anastrozolo, letrozolo, exemestano

Inibitori delle proteine chinasi

Inibitori della tirosina chinasi

Dasatinib, erlotinib, imatinib, nilotinib, sunitinib

Inibizione delle chinasi coinvolte nella trasduzione del segnale trasmesso da recettori di fattori di crescitaInibitori di chinasi multiple

(inibitori multi-target)Sorafenib

Anticorpi monoclonali

Anti-EGF, HER2 Panitumumab, trastuzumab Blocca la proliferazione cellulare

Anti-CD20/CD52 Rituximab, alemtuzumab Inibizione della proliferazione dei linfociti

Anti-VEGF Bevacizumab Previene l’angiogenesi

I farmaci nelle parentesi hanno azioni farmacologiche simili, ma non sono necessariamente correlati chimicamente.

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Tutti gli agenti alchilanti deprimono la funzione del midollo osseo e causano disturbi gastrointestinali. Con l’uso prolunga-to, si manifestano altri due effetti indesiderati: la depressione della gametogenesi (soprattutto negli uomini), che porta alla sterilità, e un aumento del rischio di leucemia acuta non lin-foide e di altri tumori.

Gli agenti alchilanti sono i farmaci antitumorali più utiliz-zati e ne esistono di diversi tipi. Solo alcuni di quelli più uti-lizzati verranno presi in considerazione qui di seguito.

Mostarde azotateLe mostarde azotate sono simili ai “gas mostarda” (iprite) usati durante la Prima guerra mondiale; la loro struttura di base, R-N-bis-(2-cloroetile), è mostrata nella Figura 55.4. Nell’or-ganismo, ogni catena laterale cloroetilica subisce una ciclizza-zione intramolecolare con il rilascio di Cl−. Il derivato etilene immonio altamente reattivo che si forma può interagire con il DNA (si vedano le Figure 55.3 e 55.4) e con altre molecole.

La ciclofosfamide è, probabilmente, l’agente alchilante più utilizzato. È inattiva finché non viene metabolizzata nel fegato a opera delle ossidasi a funzione mista del citocromo P450 (si veda il Capitolo 9). Ha effetti alquanto pronunciati sui linfoci-ti e può essere utilizzata anche come immunosoppressore (si veda il Capitolo 26). Di solito, viene somministrata per via orale o per iniezione endovenosa, ma può anche essere som-ministrata per via intramuscolare. Gli effetti tossici più im-portanti sono costituiti da nausea, vomito, depressione del midollo osseo e cistite emorragica. Quest’ultimo effetto (che si manifesta anche con il farmaco correlato ifosfamide) è do-vuto al metabolita acroleina e può essere mitigato idratando abbondantemente il paziente e somministrando composti che sono donatori di gruppi sulfidrilici, come la N-acetilcisteina o il mesna (sodio-2-marcaptoetano sulfonato). Questi agenti

interagiscono in modo specifico con l’acroleina, formando un composto non tossico. Si vedano anche i Capitoli 9 e 57. Altre mostarde azotate in uso sono il melfalan e il clorambucile.

L’estramustina è una combinazione di clormetina (mustina) con un estrogeno. Ha un’azione sia citotossica sia ormonale ed è usata, in genere, per il trattamento del cancro della prostata.

NitrosureeEsempi di nitrosuree sono la lomustina e la carmustina. Dato che sono liposolubili e attraversano la barriera ematoencefali-ca, possono essere utilizzate contro i tumori del cervello e delle meningi. Purtroppo, la maggior parte delle nitrosuree causa una grave depressione cumulativa del midollo osseo che insorge 3-6 settimane dopo l’inizio del trattamento.

Altri agenti alchilantiIl busulfan ha un effetto selettivo sul midollo osseo, dato che, a basso dosaggio, inibisce la formazione dei granulociti e delle piastrine e, ad alte dosi, quella dei globuli rossi. Non ha effetto (o ha un effetto trascurabile) sul tessuto linfoide o sul

Figura 55.3 Effetti degli agenti alchilanti bifunzionali sul DNA. Si noti il legame crociato tra due guanine. A = adenina; C = citosina; G = guanina; T = timina.

Figura 55.4 Esempio di alchilazione e formazione di un legame crociato tra le due catene del DNA da parte di una mostarda azotata. Una bis(cloroetil)ammina (1) viene ciclizzata, si forma un catione di etilene immonio instabile (2) con rilascio di Cl− e l’ammina terziaria viene trasformata in ammina quaternaria. L’anello del composto intermedio etilene immonio si apre e forma uno ione carbonio reattivo (in giallo) (3), che reagisce immediatamente con N7 della guanina (in verde) a dare la 7-alchilguanina (legame in blu), mentre N7 viene convertito in azoto quaternario. Queste reazioni possono essere ripetute con un altro –CH2CH2Cl che forma un legame crociato.

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tratto gastrointestinale. Viene utilizzato nella leucemia granu-locitica cronica.

La dacarbazina, un profarmaco, è attivata nel fegato e il composto risultante viene processato nella cellula bersaglio, in modo da dare origine a un derivato alchilante. Gli effetti inde-siderati includono mielotossicità e nausea e vomito gravi.

La temozolomide è un composto simile, ma viene utilizza-ta nel trattamento dei gliomi ad alto grado di malignità, in quanto, a differenza della dacarbazina, supera la barriera ematoencefalica.

La procarbazina inibisce la sintesi di DNA e RNA e inter-ferisce con la mitosi in interfase. I suoi effetti possono essere mediati dalla produzione di metaboliti attivi. Viene sommini-strata per via orale ed è utilizzata soprattutto nel trattamento del linfoma di Hodgkin. Causa effetti simili al disulfiram se viene assunta insieme a bevande alcoliche (si veda il Capitolo 56), può esacerbare gli effetti dei farmaci depressivi sul sistema nervoso centrale e, essendo un debole inibitore delle monoa-mino ossidasi, può dare ipertensione se somministrata insieme ad alcuni agenti simpaticomimetici (si veda il Capitolo 46). Provoca i soliti effetti indesiderati degli antitumorali e può essere anche leucemogena, cancerogena e teratogena. Le rea-zioni allergiche cutanee possono portare alla sospensione del trattamento.

Gli altri agenti alchilanti utilizzati clinicamente includono tiotepa e treosulfan.

Farmaci antitumorali: agenti alchilanti e composti correlati

j Gli agenti alchilanti possiedono gruppi chimici che formano legami covalenti con componenti cellulari; l’intermedio reattivo è uno ione di carbonio. La maggior parte possiede due gruppi alchilanti e può formare legami crociati con due siti nucleofili come N7 della guanina nel DNA. I legami crociati possono dare origine a una replicazione non corretta attraverso l’appaiamento della guanina alchilata con la timina, che porta a una sostituzione di AT con GC, oppure possono causare l’escissione della guanina con conseguente rottura della catena di DNA.

j Il loro effetto principale si verifica durante la sintesi del DNA e i danni risultanti attivano l’apoptosi.

j Gli effetti indesiderati includono la mielodepressione, la sterilità e il rischio di sviluppare leucemia non linfoide.

j I principali agenti alchilanti sono:j le mostarde azotate, come la ciclofosfamide

che, una volta attivata, produce aldofosfamide; quest’ultima viene quindi convertita a mostarda fosforamide (molecola citotossica) e acroleina (causa danni alla vescica che possono essere attenuati con l’uso di mesna). La mielodepressione dovuta alla ciclofosfamide colpisce soprattutto i linfociti

j le nitrosuree, come la lomustina, che possono agire anche sulle cellule che non si dividono, attraversare la barriera ematoencefalica e causare mielotossicità ritardata e cumulativa.

j I composti del platino (per esempio, il cisplatino) provocano la formazione di legami crociati intracatena nel DNA. Il cisplatino causa bassa mielotossicità, ma dà nausea e vomito gravi e può essere nefrotossico. Ha rivoluzionato la terapia dei tumori a cellule germinali.

Composti del platinoIl cisplatino è un complesso di coordinazione idrosolubile che contiene un atomo centrale di platino circondato da due atomi di cloro e due gruppi aminici. Ha un’azione simile a quella degli agenti alchilanti. Quando entra nella cellula, i due atomi di Cl− si dissociano, lasciando un composto reattivo che rea-gisce con l’acqua e poi interagisce con il DNA. Il cisplatino causa la formazione di legami crociati all’interno della catena del DNA (legami crociati intracatena), probabilmente tra N7 e O6 di molecole di guanina adiacenti; ciò provoca una de-naturazione locale del DNA.

Il cisplatino ha rivoluzionato la terapia dei tumori solidi dei testicoli e delle ovaie. Viene somministrato per iniezione en-dovenosa lenta o per infusione. È molto nefrotossico, quindi devono essere rispettati stretti regimi di idratazione e tratta-mento con diuretici. Ha bassa mielotossicità, ma può causare nausea e vomito gravi. Gli antagonisti dei recettori 5-HT3 (per esempio, ondansetron; si vedano i Capitoli 15, 29 e 38) sono molto efficaci nel prevenire questi effetti e hanno trasformato la chemioterapia basata sul cisplatino. Anche il tinnito e l’alopecia vengono causati da questo farmaco con una certa frequenza, così come le neuropatie periferiche, l’iperuricemia e le reazioni anafilattiche.

Il carboplatino è un derivato del cisplatino. Poiché causa minore nefrotossicità, neurotossicità, ototossicità, nausea e vomito rispetto al cisplatino (sebbene sia maggiormente mie-lotossico), talvolta viene somministrato a pazienti ambulato-riali. L’oxaliplatino è un altro composto contenente platino, ma ha indicazioni più limitate.

AntimetAbolitiAntagonisti del folatoIl metotressato è il più importante antagonista del folato ed è uno degli antimetaboliti più utilizzati in chemioterapia. I fola-ti sono essenziali per la sintesi dei nucleotidi purinici e del ti-midilato, che a loro volta sono essenziali per la sintesi del DNA e la divisione cellulare (argomento discusso nei Capitoli 25, 49 e 53). L’azione principale degli antagonisti del folato è quella di interferire con la sintesi del timidilato.

Strutturalmente, i folati sono costituiti da tre elementi: un anello di pteridina, l’acido p-aminobenzoico e l’acido glutam-mico (Figura 55.5). I folati vengono captati attivamente dalle cellule, dove vengono convertiti a poliglutammati. Per poter funzionare come coenzimi, i folati devono essere ridotti a tetrai-drofolato (FH4). Questa reazione avviene in due fasi ed è cataliz-zata dall’enzima diidrofolato reduttasi, che converte il substrato prima a diidrofolato (FH2) e poi a tetraidrofolato FH4 (Figura 55.6). FH4 funziona come un cofattore essenziale che porta i gruppi metilici necessari per la trasformazione del 2′-deossiuridilato (DUMP) a 2′-deossitimidilato (DTMP) (come 5,10-metilen-FH4) e per la sintesi delle purine (come 10-formil-FH4), richiesti per la sintesi del DNA. Durante la formazione di DTMP a partire da DUMP, FH4 viene riconvertito a FH2, in modo che il ciclo possa ricominciare. Il metotressato ha un’affinità superiore a quella di FH2 per la diidrofolato reduttasi e, quindi, inibisce l’enzima (si veda la Figura 55.6), portando alla deplezione intracellulare di FH4. L’interazione del metotressato con la diidrofolato reduttasi coinvolge un legame in più rispetto a FH2. La reazione più sensi-bile alla carenza di FH4 è la formazione di DTMP.

Il metotressato viene somministrato solitamente per via orale, ma possono essere utilizzate anche le vie intramuscolare,

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endovenosa o intratecale. Il farmaco possiede bassa liposolu-bilità e, quindi, non attraversa la barriera ematoencefalica. Viene captato molto bene dalle cellule per mezzo del sistema di trasporto del folato e viene metabolizzato a derivati poli-glutammati, che rimangono nelle cellule per settimane (in al-cuni casi anche per mesi) in assenza di farmaco extracellulare. La resistenza al metotressato può svilupparsi nelle cellule tu-morali attraverso vari meccanismi (si veda oltre). Il metotres-sato viene impiegato anche come farmaco immunosoppressore nel trattamento dell’artrite reumatoide e di altre malattie au-toimmuni (si veda il Capitolo 26).

Tra gli effetti indesiderati più comuni ci sono depressione del midollo osseo e danni all’epitelio del tratto gastrointestinale. Si possono osservare anche casi di polmonite. Inoltre, i regimi terapeutici ad alte dosi (dosi 10 volte superiori a quelle standard), che talvolta vengono utilizzati nei pazienti che mostrano resi-stenza al metotressato, possono portare a nefrotossicità, causata dalla precipitazione del farmaco o dei suoi metaboliti nei tubu-li renali. I regimi terapeutici ad alte dosi devono essere seguiti dalla somministrazione di acido folinico (una forma di FH4).

Anche il raltitrexed, chimicamente correlato al folato, inibi-sce la timidilato sintetasi, mentre il pemetrexed oltre alla ti-midilato sintetasi inibisce la diidrofolato reduttasi e la glicinamide ribonucleotide formiltransferasi.

Analoghi delle pirimidineAnche il fluorouracile, un analogo dell’uracile, interferisce con la sintesi di DTMP (si veda la Figura 55.6). Viene convertito in un “falso” nucleotide, fluorodeossiuridina monofosfato (FDUMP). Questo interagisce con la timidilato sintetasi; tutta-via, non può essere convertito in DTMP. Il risultato è un’inibi-zione della sintesi del DNA. Il 5-FU, previa conversione nel deossiribonucleotide trifosfato, può essere incorporato nel DNA e, come ribonucleotide trifosfato, anche nell’RNA con altera-zioni del suo processamento e funzionalità.

Il fluorouracile, di solito, viene somministrato per via paren-terale. Gli effetti indesiderati principali sono danno epiteliale gastrointestinale e mielotossicità. Possono manifestarsi anche disturbi cerebellari. Un altro farmaco, la capecitabina, è me-tabolizzato a fluorouracile, come avviene per il tegafur.

La citarabina (citosina arabinoside) è un analogo del nu-cleoside 29-deossicitidina. Il farmaco entra nella cellula bersa-glio e subisce le stesse reazioni di fosforilazione del nucleoside endogeno, in seguito alle quali si forma citosina arabinoside trifosfato, che inibisce la DNA polimerasi (Figura 55.7). I principali effetti indesiderati si manifestano a livello del midol-lo osseo e del tratto gastrointestinale. Questo farmaco causa anche nausea e vomito.

Figura 55.5 Struttura dell’acido folico e del metotressato. Entrambi i composti sono rappresentati in forma di poliglutammati. Nel tetraidrofolato i gruppi monocarboniosi (R, in arancione) sono trasportati su N5 o N10 o su entrambi (mostrato con la linea tratteggiata). I punti del metotressato che differiscono dall’acido folico endogeno sono mostrati nei riquadri blu.

Figura 55.6 Diagramma semplificato dell’azione del metotressato e del fluorouracile sulla sintesi del timidilato. Il tetraidrofolato poliglutammato FH4(glu)n funziona come trasportatore di unità monocarboniose, fornendo il gruppo metilico necessario per la conversione del 29-deossiuridilato (DUMP) in 29-deossitimidilato (DTMP) per opera della timidilato sintetasi. Questo trasferimento di un singolo carbonio causa l’ossidazione di FH4(glu)n a FH2(glu)n. Il fluorouracile è convertito a FDUMP, che inibisce la timidilato sintetasi. DHFR = diidrofolato reduttasi.

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La fludarabina viene metabolizzata a trifosfato e inibisce la sintesi del DNA con un meccanismo simile a quello della cita-rabina. Ha effetti mielodepressivi. La pentostatina ha un meccanismo di azione differente. Inibisce l’adenosina deami-nasi, l’enzima che trasforma l’adenosina in inosina. Questa azione interferisce con le vie cruciali del metabolismo delle purine e può avere effetti significativi sulla proliferazione cellulare. La cladribina, la mercaptopurina e la tioguanina sono utilizzate principalmente nel trattamento delle leucemie.

AntibiotiCi CitotossiCiQuesto è un gruppo di farmaci ampiamente utilizzati, che producono i loro effetti tramite azione diretta sul DNA. Di regola, non vanno somministrati insieme alla radioterapia, perché la tossicità sarebbe troppo elevata.

Doxorubicina e antraciclineIl principale antibiotico antitumorale, tra le antracicline, è la doxorubicina. Altri composti correlati sono l’idarubicina, la daunorubicina, l’epirubicina e il mitoxantrone. L’amsa-crina ha un’azione simile a quella di questo gruppo.

La doxorubicina possiede diverse azioni citotossiche. Lega il DNA e inibisce sia la sintesi del DNA sia quella dell’RNA, ma l’effetto citotossico maggiore viene esercitato con un’azio-ne inibitoria sulla topoisomerasi II (corrispondente alla DNA girasi dei batteri; si veda il Capitolo 49), la cui attività è deci-samente aumentata nelle cellule proliferanti. L’importanza di questo enzima risiede nel fatto che, durante la replicazione del DNA, deve verificarsi una rotazione intorno alla forcella di replicazione, per evitare alle molecole di DNA neosintetizzate di aggrovigliarsi in modo inestricabile nel corso della segrega-zione mitotica. Il giro è prodotto dalla topoisomerasi II, che genera un’incisione in entrambi i filamenti del DNA; succes-sivamente l’enzima ripristina l’integrità dei filamenti. La do-xorubicina si intercala nel DNA e stabilizza il complesso DNA-topoisomerasi II subito dopo l’incisione dei due filamen-ti, bloccando il processo a questo punto.

La doxorubicina viene somministrata per infusione endove-nosa. Lo stravaso del farmaco può causare necrosi locale. In aggiunta agli effetti indesiderati generali, la doxorubicina può causare danni cumulativi e dose-dipendenti al miocardio, provocando aritmie e insufficienza cardiaca. Si pensa che questo effetto sia dovuto alla formazione di radicali liberi. L’alopecia è un effetto indesiderato comune.

DactinomicinaLa dactinomicina si intercala nel solco minore del DNA, tra coppie adiacenti di guanina-citosina, interferendo con il movi-mento della RNA polimerasi lungo il gene e prevenendo la trascrizione. Inoltre, sembra possedere un’azione simile a quella delle antracicline sulla topoisomerasi II. La dactinomi-cina può presentare la maggior parte degli effetti tossici de-scritti in precedenza, eccetto la cardiotossicità. È utilizzata soprattutto nel trattamento dei tumori pediatrici.

BleomicineLe bleomicine sono antibiotici glicopeptidici in grado di chela-re i metalli; degradano il DNA preformato causando la fram-mentazione della catena e il rilascio di basi libere. Si pensa che questa azione sul DNA richieda la chelazione di ferro (ridotto)

Farmaci antitumorali: antimetaboliti

j Gli antimetaboliti bloccano o modificano vie metaboliche necessarie alla sintesi del DNA.

j Antagonisti del folato. Il metotressato inibisce la diidrofolato reduttasi, prevenendo la generazione del tetraidrofolato, interferendo con la sintesi del timidilato. Il metotressato è captato dalle cellule per mezzo dei trasportatori del folato e, come il folato, viene poliglutammato. Le cellule normali, esposte ad alte dosi, possono essere protette mediante somministrazione di acido folinico. Gli effetti indesiderati sono mielodepressione e possibile nefrotossicità.

j Analoghi delle pirimidine. Il fluorouracile è convertito in falso nucleotide e inibisce la sintesi del timidilato. La citarabina, in forma trifosforilata, inibisce la DNA polimerasi. Questi farmaci sono potenti mielosoppressori.

j Analoghi delle purine. La mercaptopurina è convertita in falso nucleotide. La fludarabina, in forma trifosforilata, inibisce la DNA polimerasi ed è mielosoppressiva. La pentostatina inibisce l’adenosina deaminasi, un enzima fondamentale nel metabolismo delle purine.

La gemcitabina, un analogo della citarabina, ha pochi effetti collaterali; i principali sono una sindrome simil-influenzale e una mielotossicità lieve. Spesso viene somministrata in combi-nazione con altri farmaci, come il cisplatino.

Analoghi delle purineI principali analoghi delle purine usati nella chemioterapia antitumorale sono la fludarabina, la pentostatina, la cladri-bina, la clofarabina, la nelarabina, la mercaptopurina e la tioguanina.

Figura 55.7 Meccanismo di azione della citarabina (citosina arabinoside). Per i dettagli sull’azione della DNA polimerasi si veda la Figura 49.8. La citarabina è un analogo della citosina.

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FARMACI ANTITUMORALI 55

e l’interazione con l’ossigeno, causando l’ossidazione del ferro e la generazione di radicali superossidi e/o idrossilici. La bleo-micina è più efficace nella fase G2 del ciclo cellulare, ma è atti-va anche sulle cellule che non sono in divisione (ossia le cellule in fase G0; si veda la Figura 5.4). Spesso viene utilizzata nel trattamento dei tumori a cellule germinali. A differenza della maggior parte dei farmaci antitumorali, la bleomicina è scarsamente mielotossica; la fibrosi polmonare risulta essere il suo effetto collaterale più grave e si verifica nel 10% dei pazien-ti trattati, causando morte nell’1% dei casi. Possono manife-starsi anche reazioni allergiche. Il 50% circa dei pazienti manifesta reazioni mucocutanee (soprattutto nel palmo delle mani) e molti soggetti sviluppano iperpiressia.

MitomicinaIn seguito all’attivazione enzimatica, la mitomicina funziona come un agente alchilante bifunzionale, legando di preferenza O6 della guanina. Forma legami crociati nel DNA e può de-gradare il DNA tramite generazione di radicali liberi. Causa anche una grave mielodepressione ritardata, danni renali e fi-brosi polmonare.

deriVAti delle piAnteMolti prodotti vegetali di origine naturale esercitano effetti citotossici potenti e, per questo motivo, si sono guadagnati un posto tra i farmaci antitumorali.

Alcaloidi della vincaGli alcaloidi della vinca sono i derivati della pervinca del Ma-dagascar (Catharanthus roseus). I membri principali di questo gruppo sono la vincristina, la vinblastina e la vindesina. La vinorelbina è un alcaloide della vinca semisintetico con pro-prietà simili e viene utilizzata principalmente nel trattamento del cancro del seno. Questi farmaci legano la tubulina e inibiscono la sua polimerizzazione a formare i microtubuli, prevenendo la formazione del fuso mitotico nelle cellule in divisione e causan-do l’arresto della mitosi in metafase. I loro effetti si manifestano solo durante la mitosi. Inibiscono anche altre attività cellulari che coinvolgono i microtubuli, come la fagocitosi e la chemotas-si leucocitaria e il trasporto assonale nei neuroni.

Gli alcaloidi della vinca sono relativamente poco tossici. La vincristina ha un’attività mielodepressiva molto debole, ma

Farmaci antitumorali: antibiotici citotossici

j La doxorubicina inibisce la sintesi del DNA e dell’RNA; l’effetto sul DNA è dovuto principalmente all’interferenza con l’azione della topoisomerasi II. Gli effetti indesiderati includono nausea, vomito, mielodepressione e alopecia. Ad alte dosi è cardiotossica.

j La bleomicina causa frammentazione delle catene del DNA. Agisce sulle cellule che non sono in divisione. Gli effetti indesiderati includono febbre, allergie, reazioni mucocutanee e fibrosi polmonare. È praticamente priva di effetti mielotossici.

j La dactinomicina si intercala al DNA, interferendo con la RNA polimerasi e inibendo la trascrizione. Interferisce anche con l’azione della topoisomerasi II. Gli effetti indesiderati includono nausea, vomito e mielodepressione.

j La mitomicina viene attivata a metabolita alchilante. causa abbastanza frequentemente parestesie (alterazioni della sensibilità), dolori addominali e debolezza muscolare. La vin-blastina è meno neurotossica, ma causa leucopenia, mentre la vindesina presenta moderati effetti sia di mielotossicità sia di neurotossicità. Tutti i farmaci di questo gruppo possono cau-sare alopecia in modo reversibile.

Paclitaxel e docetaxelQuesti taxani derivano da un composto naturale che si trova nella corteccia del tasso (Taxus spp.). Agiscono sui microtubu-li ma, a differenza degli alcaloidi della vinca, li stabilizzano (in effetti, “congelandoli”) nello stato polimerizzato. Il paclitaxel e il docetaxel vengono somministrati per infusione endoveno-sa. Vengono utilizzati entrambi per il trattamento del cancro del seno e il paclitaxel, somministrato insieme al carboplatino, è il trattamento di scelta per il tumore delle ovaie.

Gli effetti indesiderati possono essere gravi e comprendono la depressione del midollo osseo e la neurotossicità cumulativa. Con il docetaxel si può avere ritenzione di liquidi (soprattutto edema alle gambe). Si può verificare ipersensibilità verso en-trambi i composti, richiedendo il pretrattamento con cortico-steroidi e antistaminici.

CamptotecineLe camptotecine irinotecano e topotecano, isolate dal fusto dell’albero Camptotheca acuminata, legano e inibiscono la topoisomerasi I, che è un enzima altamente espresso durante il ciclo cellulare. La diarrea a insorgenza tardiva, con o senza neutropenia, rappresenta la tossicità dose-limitante di irinote-cano, mentre la neutropenia, con o senza piastrinopenia, è la tossicità dose-limitante di topotecano.

EtoposideL’etoposide deriva dalle radici di mandragora (Podophyllum peltatum). Il suo meccanismo di azione non è ancora chiaro, ma potrebbe inibire le funzioni mitocondriali e il trasporto dei nucleosidi, o interferire con la topoisomerasi II, con un effetto simile a quello della doxorubicina (si veda sopra). Gli effetti indesiderati comprendono nausea e vomito, mielodepressione e alopecia.

ormoniI tumori che derivano da tessuti sensibili agli ormoni (per esempio, seno, utero, ghiandola prostatica) possono essere ormone-dipendenti, per via della presenza nelle cellule maligne

Farmaci antitumorali: derivati delle piante

j La vincristina inibisce la mitosi in metafase legando la tubulina. È relativamente poco tossica, ma può causare effetti indesiderati neuromuscolari.

j L’etoposide inibisce la sintesi del DNA, agendo sulla topoisomerasi II, e la funzione mitocondriale. Gli effetti indesiderati comuni includono vomito, mielodepressione e alopecia.

j Il paclitaxel stabilizza i microtubuli, inibendo la mitosi; è relativamente tossico e può dare reazioni di ipersensibilità.

j L’irinotecano inibisce la topoisomerasi I; provoca diarrea a insorgenza tardiva e neutropenia.

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di recettori ormonali. La crescita di questi tumori può essere inibita da ormoni con azione opposta, da antagonisti ormonali o da composti che inibiscono la sintesi degli ormoni da cui il tumore dipende. Gli ormoni, o i loro analoghi con azione ini-bitoria sui tessuti bersaglio, possono essere utilizzati nel trat-tamento dei tumori di quei tessuti. Tali trattamenti, da soli, raramente consentono di ottenere la guarigione, ma servono a ritardare la crescita tumorale e a mitigare i sintomi del tumore e sono, quindi, importanti nel trattamento clinico dei tumori dipendenti dagli ormoni sessuali.

GlucocorticoidiI glucocorticoidi, come il prednisolone e il desametasone, hanno marcati effetti inibitori sulla proliferazione dei linfociti (si veda il Capitolo 26) e sono utilizzati nel trattamento delle leucemie e dei linfomi. La loro capacità di ridurre la pressione endocranica e di mitigare alcuni effetti collaterali dei farmaci antitumorali, quali nausea e vomito, li rende utili come terapia di supporto nel trattamento di altri tipi di tumore e nelle cure palliative.

EstrogeniIl dietilstilbestrolo e l’etinilestradiolo sono due estrogeni usati clinicamente come antagonisti fisiologici nel trattamento palliativo dei tumori della prostata androgeno-dipendenti. L’etinilestradiolo ha minori effetti collaterali. Questi tumori sono trattati anche con gli analoghi dell’ormone rilasciante la gonadotropina (si veda oltre).

Inoltre, gli estrogeni possono essere utilizzati per trasforma-re le cellule cancerose mammarie quiescenti (ossia cellule nel compartimento B; si veda sopra) nel gruppo di cellule prolife-ranti (ossia nel compartimento A), facilitando l’azione degli altri farmaci ad azione citotossica.

ProgestiniciI progestinici, come il megestrolo, il noretisterone e il medros-siprogesterone, sono risultati utili nelle neoplasie dell’endome-trio e nei tumori renali.

Analoghi dell’ormone rilasciante la gonadotropinaCome detto nel Capitolo 34, gli analoghi dell’ormone rila-sciante la gonadotropina, come la goserelina, la buserelina, la leuprorelina e la triptorelina, possono, in alcuni casi, ini-bire il rilascio di gonadotropina. Questi composti sono usati, quindi, nel trattamento del tumore mammario in fase avanzata nelle donne in premenopausa e nel trattamento del cancro della prostata. L’effetto derivante dall’aumento transitorio della secrezione di testosterone che si verifica nei pazienti con

tumore della prostata trattati in questo modo deve essere pre-venuto con un antiandrogeno come il ciproterone.

Analoghi della somatostatinaGli analoghi della somatostatina, come l’octreotide e il lan-reotide (si veda il Capitolo 32), sono usati per alleviare i sintomi dei tumori neuroendocrini, inclusi i tumori ormone-secernenti del tratto gastrointestinale, come i VIPomi, i glu-cagonomi, i tumori carcinoidi e i gastrinomi. Questi tumori esprimono i recettori della somatostatina, la cui attivazione inibisce la proliferazione cellulare e la secrezione ormonale.

AntAGonisti ormonAliOltre agli ormoni, anche gli antagonisti ormonali possono essere efficaci nel trattamento di diversi tipi di tumori ormone-sensibili.

AntiestrogeniUn antiestrogeno, il tamoxifene, è molto efficace in alcuni casi di tumore del seno ormone-dipendente e potrebbe avere un ruolo nella prevenzione di questi tumori. Nel tessuto mamma-rio, il tamoxifene compete con gli estrogeni endogeni per lo stesso recettore e, inoltre, inibisce la trascrizione dei geni sensibili agli estrogeni. Il tamoxifene ha anche effetti cardio-protettivi, in parte per via della sua capacità di proteggere dal danno ossidativo le lipoproteine a bassa densità.

Gli effetti indesiderati sono simili ai sintomi della menopau-sa. Molto più gravi sono l’iperplasia dell’endometrio, che può andare incontro a trasformazione maligna, e il rischio di tromboembolia.

Gli altri antagonisti dei recettori degli estrogeni includono il toremifene e il fulvestrant. Anche gli inibitori dell’aroma-tasi, come l’anastrozolo, il letrozolo e l’exemestano, che bloccano la sintesi degli estrogeni a partire dagli androgeni, sono efficaci nel trattamento del tumore del seno. L’amino-glutetimide, che blocca la produzione di tutti gli steroidi, è stata ampiamente rimpiazzata dagli inibitori dell’aromatasi.

AntiandrogeniGli antagonisti degli androgeni, flutamide, ciproterone e bi-calutamide, possono essere utilizzati da soli o in combina-zione con altri farmaci per il trattamento dei tumori della prostata. Sono usati anche per controllare l’aumento della se-crezione di testosterone (flare) che si verifica nei pazienti trattati con gli analoghi della gonadorelina (si veda sopra).

Inibitori della sintesi degli ormoni surrenaliciDiversi agenti che inibiscono la sintesi degli ormoni surrenalici hanno effetti sul tumore del seno in postmenopausa. I farmaci usati, in questo caso, sono il trilostano e l’aminoglutetimide (oggi raramente usata), che inibiscono le fasi iniziali della sin-tesi degli ormoni sessuali. Quando si utilizzano questi farmaci, è necessario instaurare una terapia corticosteroidea sostitutiva.

AntiCorpi monoClonAliGli anticorpi monoclonali sono immunoglobuline, di un solo tipo molecolare,4 prodotte da colture cellulari di ibridoma, che

Farmaci antitumorali: ormoni

Gli ormoni e i loro antagonisti sono utilizzati per il trattamento dei tumori sensibili agli ormoni:j Glucocorticoidi, per le leucemie e i linfomi.j Tamoxifene, per i tumori del seno.j Analoghi dell’ormone rilasciante la gonadotropina,

per i tumori della prostata e del seno.j Antiandrogeni, per il cancro della prostata.j Inibitori della sintesi degli ormoni sessuali, per il tumore

del seno in postmenopausa.

4Al contrario degli anticorpi “policlonali” prodotti dall’organismo in risposta ad antigeni estranei, che contengono una miscela complessa (e variabile) di specie molecolari.

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FARMACI ANTITUMORALI 55

reagiscono con specifiche proteine bersaglio espresse dalle cellule tumorali. Alcuni sono “umanizzati”, ossia sono ibridi o “chimere” di anticorpi umani con la struttura portante di origi-ne murina5 (quindi sono meno immunogenici; per maggiori dettagli si veda il Capitolo 59). In alcuni casi, il legame del-l’anticorpo alla molecola bersaglio attiva la risposta immuni-taria dell’ospite e la cellula tumorale viene uccisa dalla lisi mediata dal complemento oppure dalle cellule T killer (si veda il Capitolo 6). Altri anticorpi monoclonali, invece, legano e inattivano i recettori per i fattori di crescita sulle cellule tumo-rali, inibendo le vie di sopravvivenza e attivando l’apoptosi (si veda la Figura 5.5).

Gli anticorpi monoclonali sono stati introdotti relativamen-te di recente nell’armamentario farmacologico antitumorale. A differenza della maggior parte dei farmaci citotossici sopra descritti, gli anticorpi monoclonali offrono opzioni terapeutiche più mirate senza provocare molti degli effetti collaterali della chemioterapia convenzionale. Nella maggior parte dei casi questo vantaggio viene meno, perché spesso gli anticorpi monoclonali vengono somministrati in combinazione con farmaci più tradizionali. Attualmente, nella pratica clinica vengono utilizzati diversi anticorpi monoclonali, ma il loro costo elevato rappresenta un problema significativo.

RituximabIl rituximab è un anticorpo monoclonale approvato (in combi-nazione con altri agenti chemioterapici) per il trattamento di alcuni tipi di linfoma. Lisa i linfociti B, legandosi alla proteina CD-20 costituente dei canali del calcio e attivando il comple-mento. Inoltre, sensibilizza le cellule resistenti (si veda oltre) agli altri farmaci chemioterapici. Somministrato in combina-zione con la chemioterapia standard è efficace nel 40-50% dei casi.

Viene somministrato tramite infusione e la sua emivita pla-smatica è di circa 3 giorni alla prima somministrazione, poi aumenta a ogni successiva somministrazione fino ad arrivare a 8 giorni alla quarta somministrazione.

Gli effetti indesiderati comprendono ipotensione, brividi e febbre durante l’infusione e, successivamente, reazioni di ipersensibilità. Si può avere una reazione da rilascio di cito-chine che può risultare letale. Il farmaco può, inoltre, peggio-rare eventuali disturbi cardiovascolari.

L’alemtuzumab è un altro anticorpo monoclonale che lisa i linfociti B ed è utilizzato per il trattamento della leucemia linfatica cronica resistente. Può causare una reazione da rilascio di citochine simile a quella del rituximab.

TrastuzumabIl trastuzumab (Herceptin) è un anticorpo monoclonale murino umanizzato che lega il recettore per il fattore di crescita epi-dermico umano 2, chiamato HER2, membro di un’ampia fami-glia di recettori con attività tirosin-chinasica (si veda la Figura 55.1).

Oltre a indurre una risposta immunitaria nell’ospite, sembra che il trastuzumab induca gli inibitori del ciclo cellulare p21 e p27 (si veda la Figura 5.2). Nel 25% circa dei pazienti con tumore del seno, le cellule tumorali esprimono elevati livelli

di questo recettore e il tumore prolifera rapidamente. I risulta-ti degli studi clinici mostrano che il trastuzumab, sommini-strato con i chemioterapici standard, ha portato al 79% il tasso di sopravvivenza a 1 anno nei pazienti mai trattati precedente-mente e con questa forma aggressiva di tumore della mammel-la. Questo anticorpo spesso viene somministrato insieme a un taxano, come il docetaxel.

Due composti correlati dal punto di vista del meccanismo di azione sono il panitumumab e il cetuximab, che si legano ai recettori di EGF (la cui espressione è elevata in un’alta percen-tuale di tumori). Sono utilizzati per il trattamento del cancro del colon-retto e di solito vengono somministrati in combina-zione con altri agenti.

Gli effetti indesiderati sono simili a quelli del rituximab, ma in aggiunta si osservano frequentemente eruzioni cutanee.

BevacizumabAnche il bevacizumab, un anticorpo monoclonale umanizzato, viene utilizzato per il trattamento del cancro del colon-retto, ma potrebbe essere efficace anche nel trattamento di altri tipi di cancro. Questo anticorpo neutralizza VEGF prevenendo quindi l’angiogenesi, che è fondamentale per la sopravvivenza del tumore. Viene somministrato per infusione endovenosa e generalmente in combinazione con altri agenti. Viene sommi-nistrato anche tramite iniezione intraoculare per ritardare la progressione della degenerazione maculare senile (DMS), una causa comune di cecità associata all’aumento di vascolarizza-zione retinica.

inibitori delle proteine ChinAsiImatinibAccolto come una vera innovazione nel campo della terapia mirata verso le cellule tumorali (targeted therapy), l’imatinib (Glivec) è una piccola molecola con attività inibitoria della trasduzione del segnale delle chinasi. Inibisce non solo una chinasi citoplasmatica oncogena (la chinasi Bcr/Abl; si veda-no le Figure 55.1 e 55.8), considerata un fattore essenziale nella patogenesi della leucemia mieloide cronica, ma anche i recettori di PDGF (PDGFR) e dello stem cell factor (kit) (recettori tirosin-chinasici; si veda la Figura 55.1). Ha mi-gliorato enormemente la prognosi dei pazienti affetti da leu-cemia mieloide cronica, fino ad allora infausta, ed è inoltre utilizzato per il trattamento di alcuni tumori gastrointestinali stromali (GIST) non operabili.

L’imatinib viene somministrato per via orale. Ha un’emivi-ta lunga, di circa 18 ore, e viene metabolizzato principalmente nel fegato, dove per circa il 75% è convertito in un metabolita ugualmente attivo. L’81% del farmaco metabolizzato è escreto nelle feci.

Gli effetti indesiderati includono sintomi gastrointestinali (dolori, diarrea, nausea), edema, affaticamento, cefalea e, qualche volta, eruzioni cutanee. La resistenza all’imatinib, dovuta alla mutazione dei geni della chinasi, è un problema crescente. Alcune mutazioni possono determinare anche resi-stenza crociata ad altri inibitori delle chinasi.

Altri farmaci con un meccanismo di azione simile che inibi-scono la chinasi Bcr/Abl sono il dasatinib e il nilotinib, mentre l’erlotinib ha come bersaglio le chinasi del recettore di EGF e il sunitinib inibisce le chinasi dei recettori di VEGF (VEGFR) e quelle di PDGFR e kit. Il sorafenib inibisce le chinasi di VEGFR, di PDGFR e la chinasi citoplasmatica Raf.

5La nomenclatura può creare confusione: per convenzione, nel nome del farmaco, il suffisso “-mab” indica un “anticorpo monoclonale”; “-momab” un anticorpo murino; “-ximab” un anticorpo chimerico; “-zumab” un anticorpo umanizzato e “-umab” un anticorpo umano.

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Attualmente sono in fase di sviluppo diversi inibitori delle chinasi e ci si aspetta che nell’immediato futuro apportino un contributo importante alla terapia antitumorale.

Farmaci antitumorali: anticorpi monoclonali e inibitori delle proteine chinasi

j Molti tumori sono caratterizzati da un’elevata espressione di recettori per fattori di crescita, che a loro volta stimolano la proliferazione cellulare e la crescita tumorale. Questi recettori possono essere inibiti attraverso:j gli anticorpi monoclonali, che si legano al dominio

extracellulare di EGF (per esempio, panitumumab) e al recettore oncogenico HER2 (per esempio, trastuzumab) oppure che neutralizzano i fattori di crescita stessi (per esempio, VEGF; bevacizumab)

j gli inibitori delle proteine chinasi, che prevengono la trasduzione del segnale a valle attivata dai fattori di crescita inibendo chinasi oncogeniche specifiche (per esempio, imatinib; la chinasi Bcr/Abl) oppure inibendo recettori tirosin-chinasici specifici (per esempio, il recettore EGF; erlotinib) o diverse chinasi associate a recettori (per esempio, sorafenib).

j Alcuni anticorpi monoclonali agiscono direttamente sulle proteine di superficie dei linfociti causandone la lisi (per esempio, rituximab) e prevenendone quindi la proliferazione.

misCellAneA di FArmACiCrisantaspasi

▼ La crisantaspasi è una preparazione dell’enzima asparaginasi, sommi-nistrata per via intramuscolare o endovenosa. Converte l’asparagina in acido aspartico e ammoniaca ed è attiva contro le cellule tumorali, come quelle della leucemia linfoblastica acuta, che hanno perso la capacità di sintetizzare asparagina e, quindi, ne richiedono un apporto dall’esterno. Dato che la maggior parte delle cellule normali è capace di sintetizzare l’asparagina, questo farmaco possiede una certa selettività e ha un basso effetto inibitorio sul midollo osseo, sulla mucosa del tratto gastrointesti-nale e sui follicoli piliferi. Può causare nausea e vomito, depressione del sistema nervoso centrale, reazioni anafilattiche e danni epatici.

Idrossicarbamide ▼ L’idrossicarbamide (idrossiurea) è un analogo dell’urea che inibisce la ribonucleotide reduttasi, interferendo con la conversione dei ribonucleoti-di a deossiribonucleotidi. Viene utilizzata principalmente per il trattamen-to della policitemia rubra vera (una patologia mieloproliferativa della linea eritrocitaria) e, in passato, della leucemia mieloide cronica. Nel Capitolo 25 viene descritto il suo utilizzo (a dosi più basse) per il trattamento del-l’anemia falciforme. L’idrossicarbamide presenta i comuni effetti collate-rali, con una significativa depressione midollare.

Bortezomib ▼ Il bortezomib è un tripeptide contenente boro che inibisce la funzione del proteasoma. Per vari motivi, le cellule in rapida divisione sono più sensibili al bortezomib rispetto alle cellule normali, rendendolo quindi un farmaco antitumorale efficace. In genere viene utilizzato per il trattamen-to del mieloma (un tumore maligno del midollo osseo).

Figura 55.8 Meccanismo di azione degli anticorpi monoclonali antitumorali e degli inibitori delle proteine chinasi. Molti tumori presentano un’elevata espressione di recettori per i fattori di crescita come il recettore di EGF (EGFR), HER2 o VEGFR. Gli anticorpi monoclonali terapeutici sono in grado di prevenire questo processo interagendo direttamente con il recettore stesso (per esempio, il trastuzumab e il cetuximab) o con il ligando (per esempio, il bevacizumab). In alternativa, per ridurre lo stimolo alla proliferazione cellulare, si può inibire la cascata di trasduzione del segnale a valle. I recettori tirosin-chinasici, così come alcune chinasi oncogeniche quale la chinasi Bcr/Abl, sono validi bersagli.

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Talidomide ▼ Gli studi sul noto effetto teratogeno della talidomide hanno dimostrato che questo farmaco ha molteplici effetti sulla trascrizione genica, sull’an-giogenesi e sulla funzione del proteasoma ed è quindi oggetto di studi cli-nici che mirano a valutarne l’efficacia nella terapia antitumorale. Di fatto, la talidomide si è rivelata efficace nel trattamento del mieloma, per il quale oggi viene ampiamente utilizzata. Il principale effetto avverso della talido-mide, a parte la teratogenesi (irrilevante nel trattamento del mieloma), è la neuropatia periferica, che porta a debolezza cronica e perdita dell’attività sensoriale. Aumenta, inoltre, l’incidenza di trombosi e ictus.

Si pensa che la lenalidomide, un derivato della talidomide, abbia mi-nori effetti avversi ma, diversamente dalla talidomide, essa può causare depressione del midollo osseo e neutropenia.

Modificatori delle risposte biologiche ▼ Gli agenti che aumentano la risposta dell’ospite sono definiti modifica-tori delle risposte biologiche. Alcuni, per esempio l’interferone-a (e il suo derivato pegilato), sono utilizzati per il trattamento di alcuni tumori solidi e dei linfomi, e l’aldesleukin (interleuchina-2 ricombinante) è uti-lizzata in alcuni tumori renali. La tretinoina (una forma di vitamina A) è un induttore potente della differenziazione delle cellule leucemiche ed è utilizzata, in associazione a vari chemioterapici, per indurre remissione nella leucemia acuta promielocitica.

resistenzA Ai FArmACi AntitumorAli

La resistenza manifestata dalle cellule neoplastiche nei con-fronti dei farmaci citotossici può essere primaria (si presenta quando il farmaco viene somministrato per la prima volta) o acquisita (si sviluppa durante il trattamento farmacologico). La resistenza acquisita può essere dovuta a un adattamento delle cellule tumorali o a mutazioni; si ha, così, la generazione di cellule meno sensibili o addirittura resistenti al farmaco e che, quindi, hanno un vantaggio selettivo sulle cellule sensibi-li. Di seguito vengono riportati esempi di alcuni meccanismi di resistenza. Per un approfondimento aggiornato su questo argomento si veda Mimeault et al. (2008).

j Riduzione dell’accumulo di farmaci citotossici nelle cellule, come risultato di un’aumentata espressione, sulla superficie cellulare, di proteine per il trasporto energia-dipendente del farmaco. Queste ultime sono responsabili della resistenza multifarmacologica a molti farmaci antitumorali anche strutturalmente diversi tra di loro (per esempio, doxorubici-na, vinblastina e dactinomicina; si veda Gottesman et al., 2002). Un membro importante di questo gruppo è la glico-proteina-P (P-gp/MDR1; si veda il Capitolo 8). Il ruolo fi-siologico di questa proteina sembra essere la protezione delle cellule contro le tossine ambientali. Funziona come un “aspirapolvere” idrofobico che capta le sostanze chimiche, come le molecole di farmaco, appena queste sono entrate nella membrana cellulare, e le espelle. Sono in fase di studio agenti non citotossici che sembrano essere in grado di abrogare la resistenza multifarmacologica e potrebbero es-sere utilizzati in aggiunta al trattamento.

j Diminuzione della quantità di farmaco captata dalla cellu-la (come nel caso del metotressato).

j Insufficiente attivazione del farmaco. Alcuni farmaci richie-dono un’attivazione metabolica per svolgere la loro attività antitumorale. Se ciò non avviene, questi farmaci potrebbero non essere più efficaci. Alcuni esempi sono la conversione del flurouracile in FDUMP, la fosforilazione della citarabina e la conversione della mercaptopurina in falso nucleotide.

j Aumento dell’inattivazione (per esempio, citarabina e mer-captopurina).

j Aumento della concentrazione dell’enzima bersaglio (meto-tressato).

j Diminuzione della richiesta di substrato (crisantaspasi).j Aumento nell’utilizzo di vie metaboliche alternative (antimetaboliti).j Riparazione rapida dei danni indotti dal farmaco (agenti alchilanti).j Alterata attività del bersaglio, per esempio, topoisomerasi

II modificata (doxorubicina).j Mutazioni in geni diversi, che danno origine a molecole

bersaglio resistenti. Per esempio, mutazioni del gene p53 ed elevata espressione di membri della famiglia del gene Bcl-2 (diversi farmaci citotossici).

sChemi di trAttAmento

Il trattamento con combinazioni di farmaci antitumorali diversi aumenta la citotossicità sulle cellule tumorali, senza incrementa-re necessariamente la tossicità sistemica. Per esempio, il metotres-sato, che è tossico principalmente sul midollo osseo, può essere utilizzato con la vincristina, che invece è fondamentalmente neurotossica. I pochi farmaci con bassa mielotossicità, come il cisplatino e la bleomicina, sono ottimi candidati per le terapie combinate. Il trattamento con combinazioni di farmaci, inoltre, riduce la possibilità che si sviluppi resistenza verso i singoli composti. I farmaci spesso sono somministrati ad alte dosi, a cicli con intervalli di 2-3 settimane, piuttosto che a basse dosi in modo continuativo, per permettere al midollo osseo di rigenerar-si durante le sospensioni del trattamento. Inoltre, è stato osserva-to che la stessa dose totale di un farmaco è molto più efficace quando viene data in un’unica o al massimo due somministrazio-ni piuttosto che divisa in piccole dosi multiple.

Effetti farmacologici sul ciclo cellulare ▼ Le cellule in continua replicazione costituiscono la “frazione in cre-scita” del tumore. Alcuni farmaci antitumorali agiscono su determinate fasi del ciclo cellulare, come mostrato di seguito, e in teoria questo potrebbe essere utile per selezionare singoli farmaci o combinazioni di farmaci per uso clinico. Tuttavia, non tutti sono d’accordo sul fatto che il trattamento basato su questi principi sia migliore dell’utilizzo di schemi di terapia puramente empirici.j Agenti fase-specifici. Molti farmaci citotossici agiscono in fasi differenti

del ciclo cellulare. Per esempio, gli alcaloidi della vinca agiscono sulla mitosi, mentre la citarabina, l’idrossicarbamide, il fluorouracile, il meto-tressato e la mercaptopurina agiscono sulla fase S. Alcuni di questi com-posti agiscono anche sulla fase G1 e possono, dunque, ritardare l’ingresso della cellula nella fase S, fase in cui risulta più sensibile al farmaco.

j Agenti ciclo-specifici. Agiscono su tutte le fasi del ciclo cellulare, ma non hanno molti effetti sulle cellule quiescenti (per esempio, agenti alchilanti, dactinomicina, doxorubicina e cisplatino).

j Agenti non ciclo-specifici. Agiscono su tutte le cellule, sia proliferanti sia quiescenti (per esempio, bleomicina e nitrosuree).

Controllo dell’emesi e dellA mielodepressione

EmesiLa nausea e il vomito indotti da molti farmaci antitumorali costituiscono un deterrente intrinseco alla compliance del paziente (si veda anche il Capitolo 29). Questo problema è di particolare rilevanza per il cisplatino, anche se in realtà

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complica la terapia con molti altri composti, come gli agenti alchilanti. Gli antagonisti dei recettori della 5-idrossitriptami-na (5-HT3), come l’ondansetron o il granisetron (si vedano i Capitoli 15 e 29), sono efficaci contro il vomito indotto dai farmaci citotossici e hanno rivoluzionato la chemioterapia con il cisplatino. Tra gli altri farmaci antiemetici disponibili, la metoclopramide, somministrata per via endovenosa ad alte dosi, si è rivelata utile e spesso viene data in combinazione con il desametasone (si veda il Capitolo 32) o il lorazepam (si veda il Capitolo 43), che mitigano ulteriormente gli effetti indeside-rati della chemioterapia. La metoclopramide causa effetti extra-piramidali in bambini e adulti, che invece non si osservano se si utilizza la difenidramina (si veda il Capitolo 26).

MielodepressioneLa mielodepressione è un limite per l’utilizzo di molti farmaci antitumorali. Alcuni protocolli, per superare questo problema, prevedono il prelievo di una parte di midollo osseo del pazien-te prima del trattamento, la rimozione da esso delle cellule tumorali (usando anticorpi monoclonali specifici; si veda oltre) e il reimpianto alla fine della terapia citotossica. Attualmente, è usato di frequente un protocollo che prevede la sommini-strazione di molgramostim, seguita dalla raccolta di cellule staminali dal sangue e dalla loro espansione in vitro grazie all’utilizzo di ulteriori fattori di crescita emopoietici (si veda il Capitolo 25). L’utilizzo di questi fattori di crescita dopo la reintegrazione del midollo ha avuto successo in alcuni casi. Un’ulteriore possibilità è rappresentata dall’introduzione, nel midollo estratto dal paziente, di geni mutati che conferiscano resistenza multifarmacologica, in modo che, una volta reim-piantate, le cellule del midollo (ma non quelle tumorali) risul-tino resistenti all’azione citotossica dei farmaci antitumorali.

sViluppi Futuri

Come il lettore avrà ormai compreso, l’approccio attuale alla chemioterapia antitumorale è costituito dalla somministrazione di una miscellanea composita di farmaci e di tecniche, tutte sviluppate per colpire selettivamente le cellule tumorali. Sono stati ottenuti progressi terapeutici reali, sebbene il cancro come malattia (in realtà molte malattie diverse con esito simile) non sia stato sconfitto e rimanga una sfida enorme da affrontare per le future generazioni di ricercatori. In questa area terapeutica, probabilmente più che in ogni altra, il dibattito sul rischio-beneficio del trattamento e la qualità della vita del paziente ha un ruolo centrale e rimane una questione di grande interesse. Questi delicati argomenti sono stati affrontati in Duric e Stoc-kler (2001) e Klastersky e Paesmans (2001).

La ricerca di forme meno tossiche di terapia è fondamenta-le nella chemioterapia antitumorale ed esistono molti farmaci nuovi o nuove combinazioni terapeutiche che sono in via di sviluppo o in fase di sperimentazione clinica (si veda, per esempio, Kurtz et al., 2003). Quella che segue è una selezione di nuovi e diversi approcci al trattamento dei tumori che po-trebbero dare i loro frutti nel prossimo decennio.

Angiogenesi e inibitori delle metalloproteasiLe cellule tumorali producono metalloproteasi e fattori angio-genici che facilitano la crescita del tumore, l’invasione dei tessuti sani e la formazione delle metastasi. I meccanismi

coinvolti potrebbero rappresentare un valido bersaglio farma-cologico. Esistono diversi farmaci che hanno come bersaglio questo processo (per esempio, il bevacizumab) ed è probabile che in futuro vi siano ulteriori sviluppi in questa area (si veda-no Griffioen e Molema, 2000; Thijssen et al., 2007).

Inibitori delle ciclo-ossigenasiEsistono evidenze epidemiologiche e sperimentali molto rile-vanti sul fatto che l’uso cronico di inibitori delle ciclo-ossige-nasi (COX) (si veda il Capitolo 26) protegga dall’insorgenza del tumore del tratto gastrointestinale o di altre sedi. L’isofor-ma COX-2 è altamente espressa nell’85% circa dei tumori e i prostanoidi che ne derivano possono attivare vie del segnale che proteggono la cellula dall’apoptosi. Il celecoxib, un inibi-tore della COX-2, riduce l’incidenza dei tumori del seno e dei tumori gastrointestinali nei modelli animali sperimentali e causa la regressione di tumori preesistenti. Attualmente questo composto è in fase di sperimentazione clinica nell’uomo come inibitore del tumore del colon di tipo familiare. In generale, la COX-2 è considerata un bersaglio potenzialmente importante per lo sviluppo di nuovi farmaci antitumorali, nonostante, paradossalmente, alcuni sostengano che il meccanismo di azione non sia correlato all’inibizione della COX. La lettera-tura è scoraggiante e spesso controversa; per commenti recen-ti si veda Karamouzis e Papavassiliou (2004).

Oligonucleotidi antisensoMolti esperti considerano gli approcci genetici una speranza per il futuro. Gli oligonucleotidi antisenso (si veda il Capitolo 59) sono sequenze sintetiche di DNA a singolo filamento, com-plementari a specifiche regioni codificanti di mRNA, che pos-sono inibire l’espressione genica. Un farmaco antisenso, l’augmerosen (o oblimersen), inibisce il fattore antiapoptotico Bcl-2. I primi studi clinici hanno dimostrato che sensibilizza il melanoma maligno ai farmaci antitumorali classici.

Terapia genicaL’introduzione di geni “ingegnerizzati”, oligonucleotidi anti-senso o siRNA tramite la terapia genica (si veda il Capitolo 59) offre, in linea di principio, molti più vantaggi rispetto agli approcci convenzionali in termini di tossicità selettiva verso le cellule tumorali. Molti problemi tecnici, riguardanti il tra-sporto dei geni all’interno delle cellule bersaglio (come p53 o il DNA antisenso dei fattori di crescita), devono ancora essere risolti. Ci sono già stati approcci clinici sperimentali, alcuni dei quali hanno avuto un successo solo modesto (si veda Wolf e Dwayne Jenkins, 2002 per un esempio di studi clinici sul cancro delle ovaie), ma purtroppo i progressi in questo campo si sono rivelati estremamente lenti.

Superamento della resistenza multifarmacologicaMolti farmaci non citotossici (come il verapamil), che inibi-scono la glicoproteina-P, possono abrogare la resistenza mul-tifarmacologica. Sono in fase di studio altri farmaci che hanno la stessa azione. Inoltre, l’uso di anticorpi, immunotossine, oligonucleotidi antisenso (si veda sopra) o composti incapsu-lati nei liposomi può risultare utile per eliminare le cellule tumorali multiresistenti (si veda Gottesman e Pastan, 1993).

È noto che la telomerasi è importante per la vitalità delle cellule tumorali. Per una rassegna sulle diverse strategie per il controllo dell’attività telomerasica si veda Keith et al. (2004).