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FRANCESCO CARTA Indagine su alcuni importanti metodi per lo studio del pianoforte © Copyright 2008 – Francesco Carta

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FRANCESCO CARTA

Indagine su alcuni importanti metodi

per lo studio del pianoforte

© Copyright 2008 – Francesco Carta

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Indice

Introduzione pag. 3

Bartok - Il Mikrokosmos pag. 5Bastien – Metodo per lo studio del pianoforte pag. 10Beyer – Scuola preparatoria del pianoforte op. 101 pag. 13Brugnoli - Dinamica pianistica pag. 15Cesi - Metodo per lo studio del pianoforte pag. 20Clementi - Il metodo completo per pianoforte pag. 24Cortot - I principi razionali della tecnica pianistica pag. 26Czerny - Metodo per pianoforte pag. 28Emonts - Metodo Europeo per pianoforte pag. 29Hall - Piano Time pag. 32Jaques-Dalcroze – Il metodo pag. 34Lebert & Stark - Metodo per pianoforte pag. 36Mugellini - Metodo d’esercizi tecnici per pianoforte pag. 38Rossomandi – Antologia pianistica pag. 41Rossomandi – Guida tecnica per lo studio del pianoforte pag. 43Ruocco & Ghezzi – Metodo per pianoforte pag. 45Suzuki - Il metodo pag. 47Thompson – Easiest Piano Course pag. 49Trombone – Il primo libro per lo studio del pianoforte pag. 51Yamaha - Il metodo pag. 52

Conclusione pag. 54

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Introduzione

Insegno pianoforte da molti anni. Ho usato vari metodi a supporto delladidattica, cambiandoli in base all’allievo che ho avuto di fronte: la sua età, le sueesigenze, le sue ambizioni, ecc. Ho visto insegnanti usare sempre lo stessometodo, anche con allievi molto diversi. Penso, al contrario, che sia giustocalibrare la lezione sull’allievo, partendo dal suo vissuto e cercando di capire eintuire i suoi desideri, anche inespressi. Il lavoro dell’insegnante diventa così unlavoro che necessita di molte risorse e di molte competenze: pedagogia,psicologia, didattica. Anche avere la coscienza di ciò che è ‘bello’ è importanteper poter insegnare: è infatti fondamentale trasmettere l’amore per la musicavera, qualsiasi essa sia, cioè suonata con competenza, passione, amore,dedizione, onestà. L’arte ha bisogno d’artigianato e compito dell’insegnante èquello di trasmettere le competenze e conoscenze per poter fare da sé. Quandol’allievo saprà fare da sé il compito dell’insegnante sarà cessato. Solo avendo‘coscienza del bello’ il nuovo musicista potrà diventare un artista.

I metodi per imparare a suonare il pianoforte scritti fino a qualche decinad’anni fa erano dedicati soprattutto a coloro che potevano permettersi di studiaremusica. Erano pertanto metodi piuttosto impegnativi e che esigevano una grandededizione e applicazione. Era come dire: solo chi riesce a passare indenneattraverso queste difficoltà può aspirare a diventare un vero virtuoso delpianoforte. Oggi le cose sono cambiate: molti studiano pianoforte e moltismettono. Nel passato, chi studiava di solito continuava, mentre oggi chi studiaspesso smette molto presto, preso da mille altri impegni. Ecco che allora imetodi pianistici si sono trasformati, diventando molto più simpatici,accattivanti, divertenti. Sono lo specchio della nostra società, dove quello checonta è la pubblicità e la capacità di attirare nuovi clienti. Non è detto, però, cheun metodo facile e divertente possa sortire migliori risultati di uno difficile eimpegnativo. Quello che fa la differenza è, come sempre, la ‘stoffa’ dell’allievo,la sua voglia, la sua passione. Il problema è proprio la passione: chi insegna algiovane studente la passione per la musica? La famiglia? La scuola? Questo è ilquesito principale da cui dipende tutto, ma questa non è la sede per affrontare ildelicato tema.

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Nella storia del pianoforte ci sono stati moltissimi grandi didatti chehanno scritto importanti metodi. In questa mia tesi ne analizzerò molti tra i piùcelebrati, omettendone però degli altri. Alcuni di questi, come i metodi di Adam,Zinnermann, Marmontel, Fétis con Moscheles, Kohler, Breithaupt, sono stativisionati o comunque sono state raccolte delle informazioni al riguardo: si trattaperò di metodi in alcuni casi molto specifici, oppure eccessivamente datati, nelsenso che oggi si può giudicarli difficilmente applicabili. I metodi diLeimer/Gieseking, di Casella, di Sandor, di Neuhaus più che dei metodi sono deitrattati, nel senso che in essi non troviamo praticamente degli esercizi o deglistudi progressivi da suonare, ma delle analisi sui vari aspetti che concernonol’esecuzione e l’interpretazione pianistica. A metà strada si trova il lavoro suiprincìpi della tecnica pianistica di Cortot, nel quale vengono sviscerati iproblemi tecnici inerenti l’esecuzione pianistica, in un senso progressivo e con ilfine dello studio giornaliero. Il suo è un trattato/metodo/studio: un’opera, non acaso, unica e dall’alto valore didattico-musicale.

In questa carrellata, oltre ai metodi di tipo ‘classico’, ho cercato diconsiderare anche quelli più originali, tra cui il “Mikrokosmos” di Bartok ealcuni dei metodi più recenti, ma interessanti: è il caso del metodo Yamaha e diquelli di Bastien, Thompson, Emonts, Hall, Ruocco e Ghezzi. Ho voluto poiaggiungere dei metodi d’insegnamento della musica che riguardano anche ilpianoforte: i metodi Dalcroze e Suzuki.

Si tratta di un lavoro sicuramente parziale, che ‘dimentica’ altri metodiimportanti come il “Metodo russo o il “Metodo rosa”. Per ragioni di spazio èstato necessario fare una scelta e privilegiarne alcuni che rappresentano o deilavori fondamentali, o dei metodi molto usati, o dei buoni punti di partenza perlo studio, o degli esperimenti interessanti e stimolanti, ecc.

La speranza è di aver fornito una sufficiente analisi su alcuni fondamentalimetodi d’insegnamento del pianoforte e di aver stimolato l’interesse e lacuriosità per l’argomento.