Indagine preliminare sullo stato dei giardini di Viale Cavallotti … · evidente se si riflette...
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Studio Agronomico
Dr. Alberto Schiavon
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Indice
1) Premessa............................................................................................................ 3
2) Introduzione ...................................................................................................... 3
3) Considerazioni generali ...................................................................................... 6
4) Considerazioni tecniche ..................................................................................... 8
5) Proposte di intervento........................................................................................ 9
6) Piano degli interventi ....................................................................................... 10
Documentazione Fotografica ................................................................................ 11
Indagine preliminare giardini di Viale Cavallotti a Porto San Giorgio (Fermo)
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1) Premessa
La presente relazione fa riferimento all’indagine preliminare eseguita in data 25/09/09 dal sottoscritto Dott.
Agronomo Alberto Schiavon, iscritto all’Albo dei Dottori Agronomi e Forestali della provincia di Padova, in
collaborazione con il Dr. Simone Petrin, e con la supervisione del Prof. Patrizio Giulini, già titolare della
cattedra di botanica sistematica presso la Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche, Naturali dell’Università degli
Studi di Padova, sui giardini storici di Via Cavallotti a Porto San Giorgio, (Fm), nel tratto compreso tra Viale
Don Minzoni (a sud), e Via Boni (a nord) (Fig. 1). Tale indagine è stata commissionata dal Comitato
Salvaguardia Alberi, (Comitato spontaneo di cittadini di Porto S. Giorgio), ed ha lo scopo di valutare possibili
soluzioni e alternative al previsto piano di abbattimento degli esemplari arborei definito dall’Amministrazione
comunale a seguito di alcune contestazioni elevate dal Compatimento di Bologna dell’Azienda Ferrovie.
2) Introduzione
Prima di passare a considerazioni di natura prettamente tecnica, si ritiene di assoluta importanza esprimere
alcune considerazioni su aspetti di carattere più generale che riguardano l’importanza del bene arboreo in
ambiente urbano e, in particolare, di quello dell’area oggetto di perizia rispetto al clima e all’ambiente di Porto
S. Giorgio. Per sintetizzare si vogliono fare alcune considerazioni su:
1) Ruolo dell’alberatura stradale
2) Ruolo sanitario ed ecologico
3) Ruolo economico
4) Problemi derivanti dalla mancanza dell’alberatura
5) Leggi sulla tutela del verde e degli alberi
Ruolo dell’alberatura stradale
La funzione paesaggistica è talmente nota che basterà accennarla brevemente. Si pensi solo a quante volte un
paese, un angolo di città, una via, una piazza vengono identificate dagli alberi che vi dimorano. L’albero diventa
perciò un elemento distintivo, un punto di riferimento che costituisce un elemento di raccordo fra passato e
presente. In questo contesto l’albero va considerato come “elemento architettonico” essenziale nel disegno delle
viabilità e, pertanto, nelle opere di manutenzione e cura. Gli alberi possono svolgere, infatti, diverse funzioni dal
punto di vista architettonico ed ingegneristico: forniscono, infatti “privacy”, valorizzano panorami, nascondono
visioni sgradevoli (Ferrovia), costituiscono uno sfondo per esaltare caratteristiche del paesaggio e, infine,
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attenuano, completano e valorizzano le linee architettoniche degli edifici. Con un’adeguata selezione e
manutenzione, gli alberi possono valorizzare una proprietà ed essere ad essa funzionali, senza violare i diritti ed i
privilegi dei vicini e della comunità. I giardini storici di Viale Cavallotti, il cui impianto risale agli ultimi anni del
1800, inoltre, rappresentano una forte identità del paese (Fig. 2), e la loro salvaguardia deve rappresentare il
punto di partenza per ogni intervento manutentivo anche di natura straordinaria. Tutti i più moderni trattati di
ecologia urbana indicano dei limiti minimi di verde pubblico per abitante. Si tratta di astrazioni che indicano dei
termini minimi invalicabili nell’interesse della salute fisica e psichica degli abitanti. In realtà oltre alla quantità in
metri quadrati per abitante di verde pubblico è indispensabile prendere in considerazione anche la sua “qualità”;
infatti, tanto più una pianta si trova nelle migliori condizioni possibili di salute rispetto al suolo e al clima del
luogo, tanto più essa “ricompenserà” la cittadinanza con la produzione di ossigeno, assorbimento di anidride
carbonica, frescura, abbattimento di polveri e riduzione dei rumori. Una pianta in ambiente urbano non riuscirà
mai a dare il massimo di se stessa a causa dell’alto numero di fattori di disturbo determinato proprio dall’habitat
cittadino.
Di solito in ogni città le piante arboree presenti seguono più le simpatie degli amministratori e i loro gusti
estetici, piuttosto che le disponibilità ambientali (tipo di suolo, profondità media della falda e sue variazioni,
concentrazioni di sali minerali e presenza di indispensabile sostanza organica, andamento medio del clima, i
minimi e massimi termici medi ed estremi, la piovosità, la caduta di neve, la nebbia, solo per citare i principali
fattori). Accade così che in città molto diverse si vedano le stesse piante e ci si renda conto, per quanto si possa
essere poco osservatori, di quanto esse soffrano non per migliorare le condizioni ambientali quanto,
semplicemente per sopravvivere.
Accanto a queste situazioni, poi, continua a persistere la fallace convinzione che agli alberi “facciano bene” anche
le potature.
I principali esperti nazionali e internazionali dichiarano che le potature sono la testimonianza palese e imperitura
degli errori dei tecnici deputati alla progettazione e gestione del verde. Errori che, oltre a rendere meno
efficiente la massa vegetale urbana, determinano alte spese e aumentano i rischi su persone e cose, poiché la
potatura è essa stessa via di accesso a infezioni, carie e indebolimento meccanico della pianta nel suo insieme e,
soprattutto, nelle sue branche.
È inutile andare oltre su questi argomenti in quanto siamo convinti che la maggioranza dei cittadini si renda
sempre più conto di quale sia la giusta via da seguire.
Nel caso, poi, dei Giardini di Porto San Giorgio, oggetto della presente relazione è indispensabile ponderare su
due punti essenziali:
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- la latitudine, il clima e la natura del suolo di Porto San Giorgio prevedono tra le sue specie spontanee
più idonee proprio il pino d’Aleppo (Pinus halepensis L.) e il leccio (Quercus ilex L.); pertanto, quanto di
meglio i progettisti potevano mettere a dimora in questa località;
- la massa vegetale è presente già da moltissimi anni e si può assolutamente dire “storicizzata” da quando
il MiBBCCAA definisce storicizzata la situazione di un sito dopo 50 anni; grazie ai limitati interventi di
potatura, poi, questa fitocenosi artificiale, ma assai simile a quella naturale qualora non esistesse Porto
San Giorgio, cresce e si sviluppa in maniera ordinata e naturale.
Si lascia al lettore di trarre le conclusioni sull’assurda ipotesi di intervento generalizzato nell’interesse delle
piante e degli abitanti di Porto San Giorgio.
A ben vedere, resta solo la comprensibile preoccupazione che eventi particolari su individui arborei particolari,
possano determinare le situazioni drammatiche paventate dall’ Azienda Ferroviaria.
Pertanto non si tratta tanto di generalizzare una preoccupazione, ma di verificare gli eventuali casi di pericolo,
determinati non tanto da potature, quanto da situazioni contingenti (schianti, patologie della rizosfera o
patologie indotte soprattutto dalla vandalica abitudine dell’Azienda Ferroviaria di maciullare e frantumare con
catene rotanti tutti i rami delle piante che confinano con la linea ferroviaria.
Ruolo sanitario o ecologico
La capacità degli alberi di fissare polveri e gas tossici nonché di liberare ossigeno attraverso la fotosintesi
clorofilliana giustifica l’attributo che è stato loro dato di “polmoni di verde”(De Vecchi et al., 1996; Giordano
E., 1989). Oltre a tutto questo gli alberi sono in grado di attutire i rumori delle varie attività urbane (tra cui la
ferrovia), apportando un contributo non trascurabile anche alla salute acustica (Batistoni et al., 1995). Non
secondarie sono anche le funzioni di habitat per avifauna, miglioramento del microclima, in termini di
attenuazione degli eccessi di temperatura, vento e pioggia.
Ruolo economico
I benefici economici apportati dalla presenza delle piante, pur essendo non facilmente determinabili, sono sia
diretti, sia indiretti. Ad esempio il valore di una casa con giardino o, comunque, posta in una zona alberata, è,
superiore a quello di una casa che ne è priva o che si trova in zone prive di spazi a verde (ricerche condotte negli
Stati Uniti hanno evidenziato un valore delle abitazioni in zone residenziali con presenza di verde superiore di
circa il 10%, rispetto alla stessa tipologia di abitazioni situate in zone senza aree verdi). Il risparmio in costi
energetici e l’aumento del valore della proprietà apportano, quindi, benefici diretti al proprietario. I benefici
economici indiretti sono molto maggiori, poiché interessano intere comunità: le spese per l’energia elettrica
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sono inferiori, i consumi di combustibili fossili è inferiore e, conseguentemente, anche le emissioni inquinanti
risultano ridotte; non ultimo è l’effetto che la copertura vegetale esercita nel controllo degli eventi meteorici,
soprattutto in relazione a eccezionali eventi idrici.
Problemi derivanti dalla mancanza di tale alberatura
Da quanto esposto appare chiaro quali sarebbero gli effetti della rimozione dell’alberatura presa in esame:
a) perdita di valore degli immobili presenti in Via Cavallotti e nelle contrade adiacenti;
b) modifica del microclima con maggior sbalzo termico fra estate ed inverno (estate più calda ed inverno più
freddo) e peggioramento della qualità dell’aria, sulla quale verrebbe a mancare l’effetto tampone dell’alberatura
che si esplica in modo diretto (abbattimento del pulviscolo e del particolato presente nell’aria) e indiretto
(produzione di ossigeno e rimozione di biossido di carbonio come conseguenza dell’attività fotosintetica).
È importante mettere in evidenza che, comunque, il popolamento vegetale che interessa il tratto in oggetto non
si trova in condizioni di degrado tali, da giustificarne la rimozione; l’eventuale sostituzione della stessa sarebbe,
infatti, caratterizzata da una lunga fase (almeno 15-20 anni) di “degrado” (dovuta alla mancanza di alberi) e di
“confusione” ambientale intesa come assenza di una fisionomia tipicizzante che renderebbero meno attraente la
zona nel suo intero.
Leggi sulla tutela del verde e degli alberi
Si vuole, infine, ricordare come la tutela del verde e degli alberi siano previste non solo da direttive comunitarie
(Convenzione Europea sul Paesaggio – Firenze 20 ottobre 2000), ma anche da specifiche leggi nazionali (D.lgs
63/2008, D.lgs 42/2004) e regionali (L. R. n° 6 del 23/02/2005), e come, le indicazioni contenute in tali testi,
oltre a regolamentare la materia, definiscono delle linee guida per il rispetto dei beni comuni ambientali e
paesaggistici cui gli alberi appartengono.
3) Considerazioni generali
In questo contesto, si inseriscono le perizie svolte e la procedura di valutazione della stabilità degli alberi (V.T.A.
Visual Tree Assessment), definita come “tecnica utilizzata per la valutazione dello stato di un albero, che si
propone di valutarne la sicurezza statica, ed esprimere una probabilità di schianto dell’intero albero o di parti di
esso, definendo dei criteri di intervento da eseguire sulla pianta per ridurre la sua pericolosità” non va intesa
come ausilio legale all’abbattimento, bensì come strumento per quantificare le probabilità di rischio di schianto
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di una pianta e la possibilità di diminuire tale rischio con interventi arboricolturali di messa in sicurezza. Ciò è
evidente se si riflette sulla natura della norma che è stata formulata riferendosi non a esseri viventi (che hanno un
loro ciclo vitale di nascita, crescita, deperimento e morte), ma a cose “statiche” o “inanimate” (edifici, auto),
per le quali il deperimento può e deve essere risolto con opportuni interventi manutentivi. Da ciò ne consegue
che, per gli organismi viventi, non si può mai parlare di garanzia della “messa in sicurezza”, in quanto non può
essere eliminato il pericolo naturale di cedimento. La valutazione di stabilità è quindi la metodica finalizzata non
a individuare le “piante sicure” e eliminare tutte le altre, ciò che vorrebbe dire tagliare praticamente tutti gli
alberi, ma piuttosto a selezionare quelle piante con segni o sintomi che presumibilmente conducono ad un
cedimento rapido (abbattimenti), e quelle piante che, pur in presenza di difetti, anche importanti, non mostrano
evidenza di aver consumato il loro margine di sicurezza. Queste ultime possono essere ragionevolmente
conservate previo loro monitoraggio finalizzato alla verifica dell’insorgenza e/o dell’aggravio delle patologie o dei
difetti di carattere strutturale che manifestano. Si arriva quindi al concetto di “ragionevole rischio” e alla
differenza tra il principio di “responsabilità” e quello di “colpa”. (Per ogni uomo la morte non è un ragionevole
rischio, ma una certezza. Il primo connesso alla presenza dell’albero ed alle sue “azioni”, è sempre presente in
capo al proprietario o al gestore ed è inalienabile. Il principio di “colpa” sussiste invece nel caso in cui l’albero
non sia stato sottoposto ad una valutazione appropriata o se tale valutazione è stata eseguita in modo
approssimativo rispetto alla prassi operativa che avrebbe eseguito un bravo arboricoltore.
La responsabilità può essere risolta con una assicurazione, che data la bassa probabilità di accadimento di danni
conseguenti alla caduta di alberi, avrà un premio modesto, rispetto ai benefici ed alla tranquillità che fornisce al
custode. La “colpa” è invece risolta solamente predisponendo un idoneo programma di valutazione, controllo e
monitoraggio dell’albero.
Qualsiasi indagine che non contempli questo tipo di approccio, pecca fin dalla sua origine, di una decisione a
priori, rendendo di fatto inutile l’applicazione del protocollo V.T.A. stesso.
Se, infatti, l’abbattimento di esemplari arborei si rende necessario per l’ottemperanza al D.P.R. 11 luglio 1980
n° 753 (anche se l’art. 52 dello stesso decreto non si pronuncia chiaramente a proposito di alberature già
esistenti al momento della costruzione della linea ferroviaria), non è chiaro il motivo di ricercare una ulteriore
conferma tecnica sulla presunta pericolosità degli esemplari arborei. Tale atteggiamento, oltre ad essere
incongruente, rischia di trarre in inganno l’opinione pubblica deviando dalla verità e dalla realtà con presunti
scenari catastrofici e lontani dalla realtà minacciati da ignoranza o malafede, oppure per sollecitare controlli e
verifiche.
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4) Considerazioni tecniche
Da un esame della documentazione a disposizione, si evince come il lavoro eseguito si limiti ad una parziale
analisi di alcuni esemplari arborei, trascurando importanti aspetti d’insieme ritenuti indispensabili e di cui si è
fatto cenno in precedenza. In particolare si fa notare come la procedura seguita abbia previsto la sola indagine
visiva ad esclusione di appena n° 2 esemplari su 36. In considerazione della monumentalità, dell’alto valore
storico e botanico degli esemplari arborei, si ritiene sarebbe stato più corretto prevedere l’approfondimento
strumentale su un maggior numero di alberi compresi quelli che non confinano direttamente con la linea
ferroviaria ma che rappresentano comunque, assieme agli altri, un’unica entità. Il valore del giardino e dei suoi
alberi è tale che si ritiene una indagine V.T.A. comprensiva di approfondimento strumentale, un atto dovuto per
la tutela delle piante stesse.
Dall’osservazione della stessa documentazione, si nota come manchino alcune valutazioni piuttosto rilevanti.
Bisogna considerare, infatti, che tutti gli alberi del giardino di Viale Cavallotti (comprese le piante sul ciglio
stradale), rappresentano un unico “gruppo biologico” e che nel corso della loro vita abbiano avuto una crescita
adattativa, ossia nel loro sviluppo, inteso come accrescimento dei tessuti legnosi sottoposti a carichi, abbiano
goduto della reciproca vicinanza e protezione dagli eventi metereologici. Eliminare, anche in parte, gli esemplari
lungo il confine ferroviario, porta senza alcun dubbio a pericolose alterazioni di un equilibrio formatosi nel corso
degli anni (più di cento), che potrebbe ripercuotersi in maniera molto grave sulla stabilità degli alberi superstiti.
Senza alcun dubbio nel caso oggetto di indagine non è possibile considerare separatamente i due filari che
costituiscono il giardino.
Quanto alla strumentazione utilizzata, si esprime un forte dissenso sull’uso di strumentazioni a “resistenza”,
risultando tali attrezzature fortemente invasive e lesive di eventuali processi di compartimentazione del legno. La
puntualità dei resistografi, inoltre, non rende giustizia al reale stato meccanico del legno che viene valutato solo
in pochi punti che possono essere poco rappresentativi dell’insieme, quindi poco oggettivi. Nonostante
l’approfondimento strumentale sia stato eseguito su soli 2 esemplari, manca per gli stessi una misurazione del
rapporto T/R, parametro ritenuto assai importante e spesso decisivo per la classificazione di rischio dell’albero.
Si segnala come gli approfondimenti strumentali possano essere eseguiti con sistemi molto più avanzati che si
concretizzano nella tomografia sonica computerizzata, tecnologia basata sulla velocità di propagazione di onde in
un materiale, che permette di evidenziare eventuali anomalie meccaniche nel legno in maniera non invasiva e su
intere sezioni. Tali indagini possono inoltre essere eseguite su più piani (sviluppi 3D), arrivando a simulazioni
molto precise dello stato meccanico dell’albero anche lungo il profilo verticale (Fig. 3).
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Non si entra nel merito della classificazione in categorie (peraltro superata), attribuita ai singoli esemplari
arborei, ma si vuole porre l’attenzione sul fatto che a fronte di una classificazione per lo più in classe di rischio
“C” (classe di rischio “moderata” in base alla nuova classificazione FRC Failure Risk Classification), è stato
proposto come intervento arboricolturale l’abbattimento a fronte delle disposizioni del protocollo V.T.A. che
per alberi classificati come “C” – “rischio moderato” contemplano quanto segue: “Gli alberi appartenenti a questa
classe, al momento dell’indagine, manifestano segni, sintomi o difetti significativi, riscontrabili con il controllo visivo e di norma
con indagini strumentali. Le anomalie riscontrate sono tali da far ritenere che il fattore di sicurezza naturale dell’albero si sia
sensibilmente ridotto. Per questi soggetti è opportuno un controllo visivo periodico, con cadenza stabilita dal tecnico incaricato,
comunque non superiore a due anni. L’eventuale approfondimento diagnostico di tipo strumentale e la sua periodicità sono a
discrezione del tecnico. Questa avrà comunque una cadenza temporale non superiore a due anni. Per questi soggetti il tecnico
incaricato può progettare un insieme di interventi colturali finalizzati alla riduzione del livello di pericolosità e, qualora
realizzati, potrà modificare la classe di pericolosità dell’albero. E’ ammessa una valutazione analitica documentata.”
Si sottolinea, inoltre, come l’abbattimento dell’albero, stando a quanto definito dallo stesso protocollo sia
previsto solo per gli esemplari classificati in classe “D” – “rischio estremo”, quindi in due classi di rischio
successive.
5) Proposte di intervento
Alla luce di quanto indicato e dalle osservazioni speditive in loco, appare più che percorribile una soluzione al
problema che prevede la salvaguardia e tutela degli alberi. Il filare in prossimità della strada, infatti, sembra
essere adatto, previa verifica dello stato meccanico di ciascun esemplare, al consolidamento e ancoraggio delle
piante nelle immediate vicinanze della ferrovia.
Tale tecnica prevede il reciproco vincolo, con sistemi sia statici che dinamici, degli alberi in modo tale da
caricare e distribuire i pesi in caso di forti sollecitazioni, non sul singolo esemplare ma sul “sistema” di più alberi
vincolati tra loro. La tecnica prevede l’utilizzo di appositi cordami (privi di connessioni metalliche, morsetteria e
tirantaggi che nel tempo non garantiscono la tenuta), che garantiscono una tenuta costante nel tempo. Le tenute
di tali cavi sono variabili e arrivano fino a 14 tonnellate, più che sufficienti per gli esemplari arborei in oggetto.
Nel corso del tempo, soprattutto grazie alla spinta dell’arboricoltura americana hanno avuto un progressivo
miglioramento raggiungendo anche un certo livello di complessità e un progressivo perfezionamento del
materiale. Queste tecniche sono attualmente codificate negli standard dell’arboricoltura americani (American
National Standards Institute, Inc.) (Ansi A300, 2000) e adottate dall’ISA (International Society of Arboricolture)
americana (Fig. 4).
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Svariati sono i casi di applicazione di questa tecnica tra cui si ricordano le sophore (Sophora Japonica L.) di Piazza
Capitaniato in Padova, l’ancoraggio del cedro (Cedrus libani A. Rich.) monumentale e il famoso “cipresso di
Goethe” (Cupressus sempervirens L.) dei Giardini Giusti a Verona, il consolidamento dinamico del cedro
monumentale (Cedrus libani A. Rich.) di Villa Bressanin, i tassi (Taxus bacata L.) di Villa Fracanzan Piovene, diversi
consolidamenti di alberi monumentali della Regione Veneto, Toscana etc. (Fig. 5).
6) Piano degli interventi
Facendo seguito alla proposta avanzata, si propone un piano di interventi che prevede:
1) Valutazione della stabilità degli alberi (con ausilio della tomografia sonica per la parte strumentale). Gli
alberi sottoposti a tale indagine saranno la quasi totalità degli esemplari arborei del viale compresa una
quota degli alberi lungo la strada che se in buone condizioni fungeranno da “ancora” agli esemplari
lungo la ferrovia;
2) Fase di ancoraggio e consolidamento secondo i sistemi indicati. Tale intervento riveste una notevole
importanza e per essere eseguito senza “ostacoli” operativi, verrà eseguito da personale specializzato con
la tecnica del Tree climbing, metodica di lavoro per la risalita e la movimentazione in pianta;
3) Fase manutentiva delle alberature allo scopo di eliminare i seccumi, o difetti strutturali della chioma e
diminuire ulteriormente eventuali fattori di rischio;
4) Monitoraggi sulla stabilità degli alberi e sullo stato di manutenzione dei materiali secondo un
programma pluriennale.
Padova 7 ottobre 2009
Dottore Agronomo
Alberto Schiavon
Dott. Simone Petrin
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Documentazione Fotografica
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Figura 1. Fotografia aerea di Viale Cavallotti. In evidenza il tratto oggetto di indagine.
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Figura 2. Immagini storiche di Viale Cavallotti nei primi del '900.
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Figura 3. Esempi di tomografia sonica e sviluppo tridimensionale dei risultati strumentali.
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Figura 4. Esempi di schema di consolidamento arboreo.
Figura 5. Esempio di consolidamento dinamico sull'esemplare monumentale di Sophora, presso ex residenza di Galileo Galilei (Padova).
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Dr. Alberto Schiavon
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in collaborazione con
Dott. Simone Petrin
Naturalista - Fitopatologo