InAmazzonia EleonoraStefanel · Instagram, condivise con gli amici su Facebook, affidate a...

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31 Corriere della Sera Sabato 17 Agosto 2013 Tempi liberi tecnologia e benessere Stili di vita, viaggi, Viaggi Sapori&Amori Famiglie di Luciano Ferraro di Annamaria Catano In Amazzonia lungo le vie dell’acqua di Pierpaolo Velonà Arriva il bimbo E il cane? Il vino del rabbino e le sue regole di Daniela Monti L’estate breve del dettaglio Guardare in un display ha ristretto il nostro campo visivo: così fotografiamo solo i particolari Ma davvero meritano di essere ricordati? C aviglie adagiate a bordo piscina. Tramonti roman- tici che spuntano da die- tro l’ombrellone. Pomo- dorini accarezzati da una goccia di aceto balsamico su piatti immacolati. Immagini dell’estate che volano via veloci dai cellulari che le hanno catturate per tuf- farsi nel paradiso dei social network. Abbellite dai filtri di Instagram, condivise con gli amici su Facebook, affidate a un cinguettio di Twit- ter che le rende — po- tenzialmente — replicabili all’infinito. I dettagli delle nostre giornate assumono un’importanza impensabile fino a pochi anni fa, improvvisamente degni di gallerie fotografiche che vogliamo far vede- re ad altri, conoscenti o sconosciu- ti. Gli scatti sono tanti, tantissimi. Eppure vale davvero la pena «ricor- dare» tutti quei particolari? Il ri- schio è che, tra le migliaia di foto di attimi quotidiani che affollano com- puter, cellulari e profili online (e che spesso sappiamo già che non guarderemo una seconda volta: si pensi ai «ritratti» di insalatine gre- che o bagnasciuga romagnoli), si perdano quei pochi scatti che rap- presentano davvero l’essenza di un momento speciale. L’estetica del dettaglio si applica anche al nostro corpo: uno dei sog- getti più immortalati dell’estate so- no i piedi. Immersi in mari cristalli- ni o a contatto con l’erba di un par- co in città, disposti in circolo accan- to a piedi amici o in solitaria rifles- sione di fronte all'infinito: i prota- gonisti sono loro, finalmente liberi da scarpe e calzini. Feticcio e simbo- lo sessuale o legame con la terra (si pensi allo yoga nella cultura india- na), i piedi attraggono da sempre l’attenzione umana. «Il fetish non è un’invenzione dei social network. Ora viene solo mostrato di più — commenta Pamela Rutledge, diret- trice del Media Psychology Resear- ch Center di Boston —. Questi scat- ti possono essere esperimenti arti- stici o un’esplorazione della pro- pria identità (ricordano Salvador Dalí e i Surrealisti). A volte ironici, mostrano qualcosa che un osserva- tore casuale non coglie. Uno può ve- dere solo dei piedi, ma il fotografo e la sua stretta cerchia di conoscen- ze riesce a vedere il contesto: dove si trovano e come si sta laggiù». Che si preannunci la partenza di un nuovo «Feetbook», il social network dei piedi? La versione ita- liana, partita un paio d’anni fa, non sembra aver avuto grande succes- so: soltanto cinquemila utenti, ap- passionati del genere, per il sito che cita, neanche a dirlo, l’«Elogio dei piedi» dello scrittore Erri de Lu- ca («Perché sanno correre sugli sco- gli e neanche i cavalli lo sanno fa- re...»). Gli autoritratti (i cosiddetti selfie) caricati in Rete «sembrano spontanei, ma in realtà mostrano "come vorremmo che gli altri ci ve- dessero"», afferma lo psicoterapeu- ta inglese Aaron Balick. «Alcuni "condividono" per distinguersi, al- tri per essere accettati». «Narcisi- smo digitale», direbbe Andrew Ke- en, saggista americano no social. Ciuffi sugli occhi, tatuaggi, manicu- re, trucco: «L’attenzione al detta- glio rispecchia la cura del corpo ti- pica del nostro tempo — commen- ta Giovanna Cosenza, docente di se- miotica all’Università di Bologna —. Così abituati a guardare in un display, limitato, abbiamo ristretto anche il nostro campo visivo. Ci concentriamo su porzioni di spazio piccole. Perché nello spazio ristret- to di un dettaglio ci sentiamo al si- curo: è come avere sempre con noi una "cuccia calda"». Anche in va- canza. Anche fotografare il cibo è diven- tata una vera mania, tanto che ne- gli Stati Uniti l’hanno definita «fo- od porn»: perché l’avvicinare l’obiettivo dello smartphone a te- glie fumanti, tavole imbandite o al- l’intramontabile cornetto e cappuc- cino (specie se la schiuma è decora- ta con fiori di cacao, Instagram do- cet) talvolta si trasforma in un’os- sessione — o in una perversione — quasi sessuale. «Ricorda la porno- grafia — spiega Giovanna Cosenza —, in cui lo zoom si concentra su dettagli anatomici». E infatti il ca- meriere non ha ancora fatto in tem- po a posare sul tavolo la pizza Mar- gherita che, clic, l’armonia cromati- ca dell’accostamento mozzarel- la-pomodoro-basilico (non così nuovo, a dire il vero) sta già facen- do il giro della Rete. Iliana Regan, proprietaria di un ristorante bio a Chicago, difende questa tenden- za: «Noi mangiamo con gli occhi. La sensazione viaggia fino al cer- vello, e la percezione del sapore ci piace da impazzire. Influenza i no- stri sensi». L’immagine risveglia il gusto in chi scatta e fa venire la cu- riosità e l’acquolina in bocca a chi osserva a distanza davanti a uno schermo. Michael Pritchard, direttore del- la Royal Photographic Society ingle- se, spiega che la passione per im- mortalare i dettagli non è nuova: «Già nel 1890, quando la tecnolo- gia rese la fotografia più "democra- tica", alcuni amatori iniziarono a fa- re scatti sui cibi. Certo, era un feno- meno limitato. Una tavola apparec- chiata raccontava uno stile di vita». Da «catalogo sociologico» per po- chi appassionati a fenomeno di massa. «È stata la Polaroid, a parti- re dal 1948, a dare il via libera a un tipo di fotografia più "intimo"». Le tecnologie hanno cambiato radical- mente il modo di fotografare. «Con uno smartphone, molto più discre- to di una macchinetta compatta o di una Reflex, possiamo ritrarre soggetti che prima erano off limits — spiega Pritchard —. Come la gente per strada o i piatti di un ri- storante (io l’ho fatto ieri sera!). E con i Google glass faremo di più: potremo filmare e fotografare tutta la nostra vita, ovunque ci trovia- mo». Eppure, sfo- gliando i vecchi album di nozze di genitori e non- ni, viene da tirare un sospiro di sollie- vo quando ci accor- giamo che l’unico accenno al menù della giornata — se c’è — sta nello scatto del taglio della torta. Un momento che, per gli sposini che sorridono dalle fo- to, valeva davvero la pena di ricor- dare. «Quella di aumentare la no- stra memoria è solo un'illusione - conferma Cosenza -. C'è chi in va- canza raccoglie 2mila immagini e poi le seleziona al ritorno salvando- ne la metà. Ma restano comunque tantissime! Il risultato è che, alla fi- ne, ne riguarderemo - e ricordere- mo - solo 3 o 4. Magari quelle mes- se sul desktop o come salvascher- mo». Insomma, lo stesso numero di foto delle vecchie estati analogi- che. E infatti il reporter Martin Parr sul suo blog afferma che i «troppi» scatti «hanno quasi distrutto la ca- pacità di saper davvero guardare». «Catturare l'attimo è un desiderio il- lusorio: se moltiplichi i fermo im- magine per il numero di attimi ne avrai una quantità infinita - aggiun- ge la semiologa Giovanna Cosenza -. Fotografare il tuo bambino cento volte al giorno non servirà a ricor- dare ogni istante della sua cresci- ta». © RIPRODUZIONE RISERVATA La 27ª ora Commenta su Corriere.it Eleonora Stefanel: la svolta giovane Nuove abitudini Dai piedi al cibo nel piatto, il catalogo degli scatti che condividiamo online di SARA BICCHIERINI Moda

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31Corriere della Sera Sabato 17 Agosto 2013

Tempi liberitecnologia e benessereStili di vita, viaggi,

Viaggi Sapori&AmoriFamiglie

di Luciano Ferrarodi Annamaria Catano

In Amazzonialungo le vie dell’acqua

di Pierpaolo Velonà

Arriva il bimboE il cane?

Il vino del rabbinoe le sue regole

di Daniela Monti

L’estate brevedel dettaglioGuardare in un display haristretto il nostro campovisivo: così fotografiamosolo i particolariMa davvero meritanodi essere ricordati?

Caviglie adagiate a bordopiscina. Tramonti roman-tici che spuntano da die-tro l’ombrellone. Pomo-dorini accarezzati da una

goccia di aceto balsamico su piattiimmacolati. Immagini dell’estateche volano via veloci dai cellulariche le hanno catturate per tuf-farsi nel paradiso dei socialnetwork. Abbellite dai filtri diInstagram, condivise con gliamici su Facebook, affidate aun cinguettio di Twit-t e r c h e l erende — po-tenzialmente— replicabiliall’infinito. Idettagli dellenostre giornatea s s u m o n oun’importanzaimpensabile fino a pochi anni fa,improvvisamente degni di galleriefotografiche che vogliamo far vede-re ad altri, conoscenti o sconosciu-ti. Gli scatti sono tanti, tantissimi.Eppure vale davvero la pena «ricor-dare» tutti quei particolari? Il ri-schio è che, tra le migliaia di foto diattimi quotidiani che affollano com-puter, cellulari e profili online (eche spesso sappiamo già che nonguarderemo una seconda volta: sipensi ai «ritratti» di insalatine gre-che o bagnasciuga romagnoli), siperdano quei pochi scatti che rap-presentano davvero l’essenza di unmomento speciale.

L’estetica del dettaglio si applicaanche al nostro corpo: uno dei sog-getti più immortalati dell’estate so-no i piedi. Immersi in mari cristalli-ni o a contatto con l’erba di un par-co in città, disposti in circolo accan-to a piedi amici o in solitaria rifles-sione di fronte all'infinito: i prota-gonisti sono loro, finalmente liberida scarpe e calzini. Feticcio e simbo-lo sessuale o legame con la terra (sipensi allo yoga nella cultura india-na), i piedi attraggono da semprel’attenzione umana. «Il fetish non èun’invenzione dei social network.Ora viene solo mostrato di più —commenta Pamela Rutledge, diret-trice del Media Psychology Resear-ch Center di Boston —. Questi scat-ti possono essere esperimenti arti-stici o un’esplorazione della pro-pria identità (ricordano SalvadorDalí e i Surrealisti). A volte ironici,mostrano qualcosa che un osserva-tore casuale non coglie. Uno può ve-dere solo dei piedi, ma il fotografoe la sua stretta cerchia di conoscen-ze riesce a vedere il contesto: dovesi trovano e come si sta laggiù».

Che si preannunci la partenza diun nuovo «Feetbook», il socialnetwork dei piedi? La versione ita-liana, partita un paio d’anni fa, nonsembra aver avuto grande succes-so: soltanto cinquemila utenti, ap-passionati del genere, per il sitoche cita, neanche a dirlo, l’«Elogiodei piedi» dello scrittore Erri de Lu-ca («Perché sanno correre sugli sco-gli e neanche i cavalli lo sanno fa-re...»). Gli autoritratti (i cosiddettiselfie) caricati in Rete «sembranospontanei, ma in realtà mostrano

"come vorremmo che gli altri ci ve-dessero"», afferma lo psicoterapeu-ta inglese Aaron Balick. «Alcuni"condividono" per distinguersi, al-tri per essere accettati». «Narcisi-smo digitale», direbbe Andrew Ke-en, saggista americano no social.Ciuffi sugli occhi, tatuaggi, manicu-re, trucco: «L’attenzione al detta-glio rispecchia la cura del corpo ti-pica del nostro tempo — commen-ta Giovanna Cosenza, docente di se-miotica all’Università di Bologna—. Così abituati a guardare in undisplay, limitato, abbiamo ristrettoanche il nostro campo visivo. Ciconcentriamo su porzioni di spaziopiccole. Perché nello spazio ristret-to di un dettaglio ci sentiamo al si-curo: è come avere sempre con noiuna "cuccia calda"». Anche in va-canza.

Anche fotografare il cibo è diven-tata una vera mania, tanto che ne-gli Stati Uniti l’hanno definita «fo-od porn»: perché l’avvicinarel’obiettivo dello smartphone a te-glie fumanti, tavole imbandite o al-l’intramontabile cornetto e cappuc-cino (specie se la schiuma è decora-ta con fiori di cacao, Instagram do-cet) talvolta si trasforma in un’os-sessione — o in una perversione —quasi sessuale. «Ricorda la porno-grafia — spiega Giovanna Cosenza—, in cui lo zoom si concentra sudettagli anatomici». E infatti il ca-meriere non ha ancora fatto in tem-po a posare sul tavolo la pizza Mar-gherita che, clic, l’armonia cromati-ca dell’accostamento mozzarel-la-pomodoro-basilico (non cosìnuovo, a dire il vero) sta già facen-do il giro della Rete. Iliana Regan,

proprietaria di un ristorante bioa Chicago, difende questa tenden-za: «Noi mangiamo con gli occhi.La sensazione viaggia fino al cer-vello, e la percezione del sapore cipiace da impazzire. Influenza i no-

stri sensi». L’immagine risveglia ilgusto in chi scatta e fa venire la cu-riosità e l’acquolina in bocca a chiosserva a distanza davanti a unoschermo.

Michael Pritchard, direttore del-la Royal Photographic Society ingle-se, spiega che la passione per im-mortalare i dettagli non è nuova:«Già nel 1890, quando la tecnolo-gia rese la fotografia più "democra-tica", alcuni amatori iniziarono a fa-re scatti sui cibi. Certo, era un feno-meno limitato. Una tavola apparec-chiata raccontava uno stile di vita».Da «catalogo sociologico» per po-chi appassionati a fenomeno dimassa. «È stata la Polaroid, a parti-re dal 1948, a dare il via libera a untipo di fotografia più "intimo"». Letecnologie hanno cambiato radical-mente il modo di fotografare. «Conuno smartphone, molto più discre-to di una macchinetta compatta odi una Reflex, possiamo ritrarresoggetti che prima erano off limits— spiega Pritchard —. Come lagente per strada o i piatti di un ri-storante (io l’ho fatto ieri sera!). Econ i Google glass faremo di più:potremo filmare e fotografare tuttala nostra vita, ovunque ci trovia-

mo».Eppure, sfo-

gliando i vecchialbum di nozzedi genitori e non-ni, viene da tirare

un sospiro di sollie-vo quando ci accor-giamo che l’unico

accenno almenù della

giornata — sec’è — sta nello

scatto del tagliodella torta. Un

momento che,per gli sposini che

sorridono dalle fo-to, valeva davvero la pena di ricor-dare. «Quella di aumentare la no-stra memoria è solo un'illusione -conferma Cosenza -. C'è chi in va-canza raccoglie 2mila immagini epoi le seleziona al ritorno salvando-ne la metà. Ma restano comunquetantissime! Il risultato è che, alla fi-ne, ne riguarderemo - e ricordere-mo - solo 3 o 4. Magari quelle mes-se sul desktop o come salvascher-mo». Insomma, lo stesso numerodi foto delle vecchie estati analogi-che. E infatti il reporter Martin Parrsul suo blog afferma che i «troppi»scatti «hanno quasi distrutto la ca-pacità di saper davvero guardare».«Catturare l'attimo è un desiderio il-lusorio: se moltiplichi i fermo im-magine per il numero di attimi neavrai una quantità infinita - aggiun-ge la semiologa Giovanna Cosenza-. Fotografare il tuo bambino centovolte al giorno non servirà a ricor-dare ogni istante della sua cresci-ta».

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Eleonora Stefanel:la svolta giovane

Nuove abitudiniDai piedi al cibonel piatto, il catalogodegli scatti checondividiamo online

di SARA BICCHIERINI

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