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LADOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 20 OTTOBRE 2013 NUMERO 450 CULT La copertina DAVID BYRNE e NICOLA LAGIOIA La caduta di Metropolis la letteratura va in provincia Il libro NADIA FUSINI Le passioni senza speranza di Francesca Comencini All’interno Straparlando ANTONIO GNOLI Mina Gregori “L’Aldilà avrà i colori dell’Angelico” Il teatro RODOLFO DI GIAMMARCO Le Benevole secondo Latella Arriva in scena l’orrore nazista L’arte MELANIA MAZZUCCO Il Museo del mondo Le Ninfee di Monet Gianni e le donne il fotografo che fece impazzire le dive Spettacoli NATALIA ASPESI ed ELIZABETH TAYLOR Vivere in 2,6 mq viaggio nell’alveare di Hong Kong L’attualità GABRIELE ROMAGNOLI «T utto lo stabile gli obbediva», dichiara la ca- meriera Céleste. In effetti, Proust era arriva- to al 102 del boulevard Haussmann il 30 di- cembre del 1906, prostrato dalla febbre e dall’asma, e aveva subito preteso di bloccare i lavori del piano terra. Si era poi accontentato di ottenere che avvenissero di notte , quando lui era sveglio; e si offrì di pagare candele ed elettricità anche per gli appartamenti a fianco, pu- re in pieno rinnovo, mentre inviava agli operai, invano, nutrite man- ce. Quanto al suo appartamento, aveva fatto arredare all’inizio, fa- sciata di sughero, solo la camera da letto; e per attutire aveva rico- perto tutto di tappeti e tappezzerie: i mobili di famiglia tutti ammas- sati in una stanza (il ritratto della madre, tornato «somigliante solo nel prodigioso ringiovanimento della morte», esiliato in salotto). (segue nelle pagine successive) DARIA GALATERIA (1909) M onsieur, poiché assai spesso vi impongo il con- traccolpo dei miei problemi mandando a pre- garvi, quando le mie crisi d’asma sono troppo forti, di procurarmi un po’ di silenzio, credo che sia più che giusto che quando ho qualcosa di gradevole vi chieda di condividerla con me. Spero che vorrete accettare questi quattro fagiani con la stes- sa semplicità con cui io ve li offro come vicino. Mi raccomando a voi per lunedi 19, dopodomani. Devo fare il grande sforzo di cer- care di uscire la sera, e poiché tutta la notte ho delle crisi d’asma, se il mattino ci sono colpi di martello sopra di me non posso più spe- rare di riposare per tutto il giorno, la crisi non si ferma più e la mia uscita diventa impossibile. Vi prego di gradire i sensi della mia più devota stima. (segue nelle pagine successive) MARCEL PROUST DISEGNO DI MASSIMO JATOSTI “Gentili signori, potreste inchiodare le vostre casse solo nel pomeriggio?” Dall’autore della “Recherche” escono in Francia le lettere inedite ai vicini di casa Monsieur Proust e il condominio 102 boulevard Haussmann FOTO MONDADORI PORTFOLIO/LEEMAGE Repubblica Nazionale

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LA DOMENICADIREPUBBLICA DOMENICA 20OTTOBRE 2013

NUMERO 450

CULT

La copertina

DAVID BYRNE

e NICOLA LAGIOIA

La cadutadi Metropolisla letteraturava in provincia

Il libro

NADIA FUSINI

Le passionisenza speranzadi FrancescaComencini

All’interno

Straparlando

ANTONIO GNOLI

Mina Gregori“L’Aldilàavrà i coloridell’Angelico”

Il teatro

RODOLFO DI GIAMMARCO

Le Benevolesecondo LatellaArriva in scenal’orrore nazista

L’arte

MELANIA MAZZUCCO

Il Museodel mondoLe Ninfeedi Monet

Gianni e le donneil fotografo che feceimpazzire le dive

Spettacoli

NATALIA ASPESI

ed ELIZABETH TAYLOR

Vivere in 2,6 mqviaggio nell’alvearedi Hong Kong

L’attualità

GABRIELE ROMAGNOLI«Tutto lo stabile gli obbediva», dichiara la ca-

meriera Céleste. In effetti, Proust era arriva-to al 102 del boulevard Haussmann il 30 di-

cembre del 1906, prostrato dalla febbre e dall’asma, e aveva subitopreteso di bloccare i lavori del piano terra. Si era poi accontentato diottenere che avvenissero di notte , quando lui era sveglio; e si offrì dipagare candele ed elettricità anche per gli appartamenti a fianco, pu-re in pieno rinnovo, mentre inviava agli operai, invano, nutrite man-ce. Quanto al suo appartamento, aveva fatto arredare all’inizio, fa-sciata di sughero, solo la camera da letto; e per attutire aveva rico-perto tutto di tappeti e tappezzerie: i mobili di famiglia tutti ammas-sati in una stanza (il ritratto della madre, tornato «somigliante solonel prodigioso ringiovanimento della morte», esiliato in salotto).

(segue nelle pagine successive)

DARIA GALATERIA

(1909)

Monsieur, poiché assai spesso vi impongo il con-traccolpo dei miei problemi mandando a pre-garvi, quando le mie crisi d’asma sono troppo

forti, di procurarmi un po’ di silenzio, credo che sia più che giustoche quando ho qualcosa di gradevole vi chieda di condividerla conme. Spero che vorrete accettare questi quattro fagiani con la stes-sa semplicità con cui io ve li offro come vicino. Mi raccomando avoi per lunedi 19, dopodomani. Devo fare il grande sforzo di cer-care di uscire la sera, e poiché tutta la notte ho delle crisi d’asma, seil mattino ci sono colpi di martello sopra di me non posso più spe-rare di riposare per tutto il giorno, la crisi non si ferma più e la miauscita diventa impossibile.

Vi prego di gradire i sensi della mia più devota stima.(segue nelle pagine successive)

MARCEL PROUST

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“Gentili signori, potreste inchiodare le vostre casse solo nel pomeriggio?”Dall’autore della “Recherche” escono in Francia

le lettere inedite ai vicini di casa

Monsieur Prouste il condominio

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DOMENICA 20 OTTOBRE 2013

M

© RIPRODUZIONE RISERVATA

(estate 1915)

Madame,spero che non mi troverete troppo indi-screto. Ho avuto molto rumore in questigiorni e poiché non sto bene sono piùsensibile al riguardo. Ho saputo che do-podomani il Dottore lascerà Parigi e im-magino tutto ciò che questo comportaper domani in termini di “inchiodatu-ra” di casse. Sarebbe possibile inchio-dare queste casse stasera, oppure in-chiodarle domani, ma solo a partire dal-le 4 o dalle 5 della sera (se la mia crisi fi-nisse prima mi affretterei a farvelo sape-re)? Oppure, se è indispensabile inchio-darle di mattina, inchiodarle nella partedel vostro appartamento che si trova so-pra la mia cucina, e non quella che stasopra alla mia camera. Quando dico so-pra alla mia camera intendo anche so-pra alle stanze contigue, perché un ru-more così discontinuo, e così “eclatan-te” come il battere di colpi, si sente an-che in quelle dove è leggermente attuti-to. Vi confesso che mi secca molto par-larvi di cose del genere e ne sonomortificato oltre ogni dire. Ho forse co-me scusante, se lo faccio oggi, innanzi-tutto di non averlo fatto per tutto l’anno,e in secondo luogo il fatto che le circola-ri del ministro della guerra si succedonoa ritmo così rapido e contraddittorio chela mia situazione militare, già tre volte ri-

solta, a quanto sembrava, è nuovamen-te rimessa in discussione. Attendo la vi-sita del Maggiore, annunciata da diecigiorni e che ancora non è avvenuta, co-sa che mi dà ancora più motivi per vive-re “con l’orecchio teso”, mi disturba nel-le mie fumigazioni che potrebbero infa-stidirlo (dato che ignoro il giorno e l’oradella sua venuta) e mi lascia ancora piùdisarmato di fronte alle malattie.

Vogliate gradire i miei più rispettosi omaggi.

Non vi affaticate a rispondermi!

MARCEL PROUST

ProustAlla ricercadel silenzio perduto

“Immagino che stiate affrescando nulla meno della Cappella Sistina”Un secolo fa cominciava a ideare qui, nella casa di boulevard Haussmann,il suo capolavoro. Ma tra traslochi e ristrutturazioni,elettricisti e imbianchini non riusciva a trovare pace

Così lo scrittore iniziò una corrispondenza, finora inedita, coi propri vicini

La copertina1913-2013

La Madamedel piano di sopra

(segue dalla copertina)

Nonostante queste stravaganze, e sen-za incontrarlo mai, «gli inquilini nonsapevano più che fare per rendergli-

si graditi». Quando la figlia del dottor Gagey,che Proust trovava «deliziosa», gli fece ave-re un cuscino di merletti lavorato a mano, fuinflessibile; lo rimandò indietro, ma conuna lettera squisita — quando diventò fa-moso, la signora confessò a Céleste di esser-si «morsa le dita» per aver bruciato le sue let-tere.

Piccole e grandi tragedie si susseguono:smontano il parquet dell’ammezzato, e nel1908, proprio mentre Proust sta avviando laspaventosa gestazione del romanzo, si si-stema sopra la sua testa, al secondo piano,uno studio dentistico. È il dottor Williams,un americano; il miglior dentista di Parigi,secondo la più cara amica di Proust, mada-me Straus: che a colpi di cene avviò i nego-ziati per attenuare il baccano — è vero peròche gli odontotecnici del dottor Williams la-voravano di giorno, ma dal lato del cortile. Ildottor Williams era un giocatore di golf, spo-sato con un’artista, «molto distinta e profu-mata» (pericolosa quindi, pensa forse Céle-ste, per l’asma del padrone): ma arpista, egrande ammiratrice di Proust. La coppia —«disparata», trovava Proust — abitava al ter-zo piano; ma la signora comunicava conProust per mezzo di lettere «raffinate».

È più o meno tutto quel che sapevamo fi-nora del condominio in cui è nata la Recher-che. Ma ecco che — in questo 2013 in cui ilprimo volume, Du côté de chez Swann, com-pie cent’anni — sono spuntate (custoditeper un secolo dagli eredi, e ora affidate al de-lizioso Musée des Manuscrits di Parigi, e perla pubblicazione al grande proustiano Jean-Yves Tadié) ventitré lettere che Proust hascritto a Madame Williams, e i tre biglietti almarito (Lettres à sa voisine, curato da Tadiécon Estelle Gaudry per Gallimard). Le rispo-ste della signora, purtroppo, sono state cer-to distrutte: ma si delinea il piccolo roman-zo di un’amicizia che, nata in odio ai rumo-ri, diventa l’intimità tra due reclusi. Mada-me Williams sembra spesso allettata; fran-cese, era da poco divorziata e Williams era ilsecondo (non l’ultimo) marito. «Proustamava le donne», sorride Tadié; «madameWilliams era bella per l’epoca, ma non si sase Proust sia salito da lei più di una volta; elui non amava mostrarsi a letto, in camiciada notte. Così le scriveva, usando perfino laposta». Sono lettere molto belle: si scambia-no mazzi di rose letterarie, citazioni profu-mate, le uniche che Proust possa aspirare.«C’è poi il tema della guerra, il compiantosulla cattedrale di Reims incendiata: “laguerra è la guerra e non piangiamo soloun’umanità di pietre. Ma Reims, il cui sorri-so sembrava annunciare quello di Leonar-do da Vinci...!”». Per il tema del rumore, Ta-dié è incantato dal passaggio in cui Proust,avendo cambiato il programma della gior-nata, dice: vi ho chiesto di non fare rumorestamani: invece, fatene! E c’è l’odio per unacerta Dame Terre, sadica direttrice di frago-rosi lavori diurni. «In base a una lettera aquesta musicista», aggiunge Tadié, «sem-bra che Proust leggesse gli spartiti».

Nel 1919, il palazzo fu venduto a una ban-ca, e tutti dovettero traslocare. MadameWilliams sposerà il grande pianista Alexan-dre Braïlowski, e nel 1931, misteriosamen-te, si suiciderà. Quanto a Proust, la morte,secondo Céleste, «cominciò per lui quandoandammo via dal boulevard Haussmann; fuun vero sradicamento morale».

DARIA GALATERIA

(segue dalla copertina)

(1909)

adame,siete gentile a pensare al rumore. Fino-ra è moderato e si approssima relativa-mente al silenzio. In questi giorni è ve-nuto un idraulico tutte le mattine dalle 7alle 9: evidente era la sua ora prediletta.Non posso dire che a questo riguardo lemie preferenze concordassero con lesue! Ma è stato più che sopportabile. Vo-gliate gradire, Madame, i miei rispettosiomaggi di sincero attaccamento.

Spero che abbiate buone notizie del Dottore. Vi chiedo

di presentargli i miei omaggi.

(1911)

Madame,ho sempre pensato che il rumore sareb-be sopportabile se fosse continuo. Dalmomento che la notte riparano il boule-vard Haussmann, di giorno rifanno ilvostro appartamento e negli intervallidemoliscono il negozio del 98 bis, è pro-babile che quando questa armoniosasquadra si disperderà, il silenzio risuo-nerà al mio orecchio in modo così anor-male che rimpiangerò la mia Ninna-nanna. Degnatevi di accettare

i miei rispettosi omaggi.

Repubblica Nazionale

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DOMENICA 20 OTTOBRE 2013

(10 agosto 1915)

Madame,poiché avete avuto la bontà di chieder-melo, mi consentite di parlarvi con mol-ta franchezza. Ieri, verso le 7½, oggi ver-so le 8, 8¼ mi ha un po’ disturbato, e ca-pirete il motivo. Avendo ricevuto ieri (fi-nalmente) la visita del Maggiore che miha dichiarato rivedibile fra qualche me-se, mi ero ripromesso di cambiare i mieiorari per riuscire a vivere un poco digiorno. E per cominciare, non avendodormito per diversi giorni, mi ero con-

LE IMMAGINI

Alcune delle ventitré lettere

scritte da Proust ai Williams

ora ritrovate e pubblicate

in Francia da Gallimard (Lettres

à sa voisine). In senso orario:

ritratto dello scrittore (1910)

e di Marie Williams; bozzetto

disegnato da Proust; la targa

in blvd Haussmann 102, a Parigi,

dove andò a abitare nel 1906

In copertina, un fotomontaggio:

Proust nella sua ultima casa,

quella in rue Amiral Hamelin

cesso quattro ore di sonno per calmareuna crisi. E alle 10 del mattino mi dove-vo alzare. Ma alle 8, i colpettini leggerisul parquet sopra di me sono stati cosìprecisi che il Veronal non è servito aniente e mi sono svegliato, solo troppopresto perché la crisi si fosse calmata.Ho dovuto rinunciare ai miei bei pro-getti di cambiare orari (che forse ripren-derò, ma non dipende dalla mia volontàma dalla mia salute), riprendere (poichéla crisi infuriava) medicine su medicine,troppe, cosa che ha peggiorato tutto. Ve

lo dico poiché me lo chiedete, perché soche lo comprendete, il dispiacere di unamia riforma aspetterà molto a lungo, in-tralciato da rumori tanto piccoli (a cuifra qualche giorno la riforma, se fosseandata a buon fine, mi avrebbe forse re-so indifferente). Ciò che mi disturba nonè mai il rumore continuo, anche forte,purché non sia battuto, sul parquet,(forse il più delle volte è nell’angolo delcorridoio, più che nella camera stessa).E tutto quello che viene trascinato sulparquet, che ci cade, ci corre sopra.

Sono quattro giorni che voglio inviarvi lareplica vegetale alle vostre Rose. L’atte-sa del Maggiore mi impediva di inviarla.Finalmente potrò farlo. Ma sono delu-so: avevate promesso di chiedermi deilibri, dei libri illustrati, dei Ruskin? Forseè pesante sul vostro letto… Penso a voicontinuamente, vogliate gradire la miarispettosa riconoscenza.

(1915)

Madame,avete lasciato tanti operai e una DameTerre – che non oso chiamare semmai«Terribile», (poiché quando ho ottenu-to che gli operai prolungassero un po’l’orario nel pomeriggio per portareavanti i lavori senza svegliarmi troppo,lei ingiunse loro con violenza e forse persadismo di cominciare a picchiare alle 7del mattino sopra la mia testa, nellastanza immediatamente sopra la miacamera, ordine a cui sono costretti a ub-bidire) che non ho alcuna forza per scri-vere e ho dovuto rinunciare ad assen-

tarmi. Poiché stanno rifacendo un ne-gozio a fianco avevo ottenuto con granfatica che cominciassero a lavorare tut-ti i giorni non prima delle due. Ma que-sto successo è distrutto, poiché moltopiù vicino, di sopra, cominciano alle 7.Aggiungo, per essere giusto, che i vostrioperai che non ho l’onore di conoscere(come nemmeno la terribile dama) de-vono essere incantevoli. E i vostri pitto-ri (o il vostro pittore), caso unico nel lo-ro genere e nella loro corporazione, nonpraticano l’Unione delle Arti, non can-tano! Generalmente un pittore, soprat-tutto un imbianchino, crede proprio didovere coltivare insieme all’arte di Giot-to quella di Reszké. Costui tace, mentrel’elettricista batte. Spero che rientrandoa casa non troviate intorno a voi nientedi meno che gli affreschi della CappellaSistina… Vorrei tanto che il vostro viag-gio fosse andato bene.

(autunno 1915)

Madame,questa qui è soltanto una parola da vici-no. Sono costretto a uscire molto mala-to, e non so in che stato rientrerò! Ora,domani è domenica, giorno che d’abi-tudine mi offre il contrario del ripososettimanale, perché nel cortiletto conti-

guo alla mia cameraviene sbattuto iltappeto del vostroappartamento, conestrema violenza.Posso per domanidomandare grazia?Oppure farvi avver-tire quando proce-derò alle mie fumi-gazioni, perché ap-profittiate di quelmomento. Speroche non mi trovere-te troppo indiscretoe pongo ai vostripiedi i miei rispetto-si omaggi.

Madame,temo che l’arrivoinopinato, questasera a mezzanotte,del mio amico Rey-naldo Hahn, cheper la prima volta daquindici mesi tor-nava dal fronte eche è entrato «inbattaglia», non viabbia occasionatoun rumore che

avrebbe ricompensato assai male quel-lo che voi mi evitate. Ero molto emozio-nato di rivederlo. Gli chiederò di non es-sere più così rumoroso. Mi chiedo an-che se la voce della mia cameriera, cosìacuta, non salga fino a voi. Resta da mefino a tarda ora e non fa alcun rumore neisuoi movimenti. Ma se si sentisse la suavoce, vi prego di dirmelo. Prescrivendo-mi certe modifiche nel mio modo di fa-re, non so dirvi l’intimo piacere che mifareste. Il loro ritorno quotidiano mi-schierebbe la vostra immagine alla miaobbedienza. Clary mi ha detto quantoeravate brava a suonare. Non potrei unavolta salire ad ascoltarvi?

(Traduzione di Fabio Galimberti)Da Lettres à sa voisine

Correspondance © Editions Gallimard 2013

© RIPRODUZIONE RISERVATA

(novembre 1915)

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DOMENICA 20 OTTOBRE 2013

Sette milioni di persone su mille chilometri quadratiSignifica per tutti vivere in verticale, per i più poveridentro appartamenti simili a piccole celle

di enormi alveari. Viaggio da incubonell’altra faccia della metropoli cineseDove capitalismo e socialismo si annullano a vicenda

L’attualitàCamere senza vista

Nonsono sicuro di ricordarmi HongKong. Né di volerlo fare. Ci sonocose che stanno meglio tra le sfu-mature di una vita, così da poternedire: «Forse l’ho soltanto sognata».Ammesso che non sia stato così,

alle sei del mattino ero in un noodles bar con l’a-mico di sempre, il parrucchiere delle star indigenoe un’ex modella di nome Claudia che aveva un pro-blema. Camminando nella notte aveva infangatoun paio di Jimmy Choo scamosciate color fucsia ecercava di ripulirle strofinandole con il brodo del-la mia zuppa. Tuttavia continuavo a mangiare,lentamente, perché l’acconciatore minacciava:«Appena hai finito vi porto a vedere l’altra Hong

Kong». Oddio, ce n’era pure un’altra.Ero finito lì per scommessa, perché era uno dei

posti nel mondo dove ancora non ero stato, e tan-to bastava. Avevo scelto un hotel nella parte “vera”della città, quella impraticabile, dove non attra-versi mai una strada, cammini in tubi di vetro so-spesi, ti ricordi i percorsi collegandoli ai negozigrandi marche dove prendi le svolte, incontri po-chi inglesi o americani, ma tanti cinesi, non capi-sci un’acca, ma ne vedi molte. E tante ics. E ipsilon.Il mio albergo si chiamava Jia. L’ha disegnato Phi-lippe Starck. Lo scrittore Limonov racconta di avernotato la somiglianza tra gli impianti idraulici diuna galera russa e quelli realizzati dal designerfrancese. Si ritiene l’unico al mondo ad aver speri-mentato entrambi gli ambienti. Bastava scostarela tenda della stanza d’albergo per vedere un car-

cere di fronte. La Matrix delle celle. Gli alveari. Ap-partamenti su appartamenti, al quadrato, al cubo,all’ennesima potenza. Una Legoland impazzita:perché nessuno ha fermato il bambino che tra-sformava in ossessione il suo gioco e non vicever-sa? Hanno preso i projects, le case popolari di NewYork, hanno espiantato il cuore ed eccola lì, la cittàfatta di città. Se un giorno non funziona l’ascenso-re lungo le scale c’è il finimondo. Quando funzio-na, il finimondo è in ascensore. Ci sono parti diHong Kong dove questo incubo è nascosto. O puoiscambiarlo per una qualsiasi infilata di grattacielipuliti e illuminati bene. Finché verrà il giorno a fa-re giustizia.

La notte è, più che altrove, un inganno. La tra-scorri sulla terrazza del Sevva Bar, al venticinque-simo piano, a guardare il palazzo al neon della

banca Hsbc disegnato da Norman Foster, aspet-tando che un cameriere disperso ricompaia con latua ordinazione. Lì trascorre la vita agra e dolce de-gli espatriati, quelli che (copyright Dalla-De Gre-gori) hanno “alle spalle una storia improbabile”.Ne ho conosciuto uno che abitava lì e batteva l’A-sia per conto del Guinness dei primati. Controlla-va che la ragazza con il record di piercing (128) neavesse effettivamente 128, contandoli uno a uno.È stato lui a verificare il record (per ora) dell’ap-partamento più piccolo: 2,6 metri quadrati. Ci“abita” un disoccupato. Al netto di queste escur-sioni nell’altra Hong Kong per motivi professio-nali, la sua città, come per molti, era fatta di rasa-ture al Mandarin, dove lo stesso barbiere esercitada quarant’anni, di cene da Tokyo Joe e, soprat-tutto di notti senza fondo al Dragon I, il club me-

HONGKONG2,6 mq

GABRIELE ROMAGNOLI

Repubblica Nazionale

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DOMENICA 20 OTTOBRE 2013

glio frequentato, dove qualcuno, agitato da unasolerzia immotivata, mi ha condotto nella piùovattata delle stanze, una camera dentro una ca-mera dentro una camera, foderata di cuscini e vel-luti, dicendomi: «Questo è il sancta sanctorum: ie-ri sera l’abbiamo riservato a Paul McCartney». Poiha fatto un inchino e si è ritirato chiudendo la por-ta senza rumore. Sono rimasto a immaginare do-dici persone impilate in quello spazio: undici sco-nosciuti e un ex dei Beatles. Quando ne sono usci-to c’erano la notte, il fango, le Jimmy Choo fucsia eil parrucchiere delle star che voleva portarci nel-l’altra Hong Kong. A noi occidentali mettono unbrivido espressioni come “l’altra”, “la vera”. Cipiacciono da morire “i contrasti”, “l’effetto BladeRunner”, le insegne delle banche che gettano lucesulle baracche, i vicoli che possiamo attraversare

senza doverci voltare indietro per assicurarci cheancora esiste la porta di casa. Per questo ci fa im-pazzire Hong Kong. Una tra le città più ricche delmondo, ma capace di nascondere in quegli alvea-ri migliaia di poveri. Di spingere nello stesso annoottantamila famiglie sotto la soglia di sopravvi-venza e ottomila nella superclass dei miliardari. Lateoria dell’1% del pianeta che guadagna (e consu-ma) quanto il restante 99% a Hong Kong assumeun valore anche fisico: l’1% occupa uno spazio pa-ri all’altro 99%. Anche di più, probabilmente dipiù. L’inquilino del mini appartamento record ap-poggia il materasso alla parete quando non dormee ci si siede con la schiena contro per mangiare, di-stendendo a malapena le gambe. Chi riesce a met-tere sul pavimento un letto (meglio: chi ha un let-to) non ne scende praticamente mai: occupa due

terzi della superficie disponibile. A Hong Kong vivono sette milioni di persone su

poco più di mille chilometri quadrati: se scendes-sero tutti in strada contemporaneamente la cittàsarebbe un puntaspilli. Quando rientrano il 99%sta in puntaspilli verticale, l’1% a casa. Il passaggioalla Cina (avvenuto all’inizio del 1997) non ha mi-gliorato la situazione. Il socialismo qui è un oriz-zonte. La regola “un Paese due sistemi” è un alibiper lasciare che le cose facciano il loro corso nelmodo più spietato: vadano come vadano, chi ce lafa, bene, gli altri restano indietro. Meglio, sotto.

Eppure boat people in fuga dalle campagne ci-nesi continuano ad arrivare. Per abitare nelle cel-le esiste una lista d’attesa, gli affitti sono parados-salmente alti, ci sono violenze tra squatter abusivie inquilini regolari, tra tutti quanti e la polizia.

Quando usciamo nuovamente per le strade diKowloon City è quasi mezzogiorno e non dormia-mo da trenta ore. Per questo ci sembra di essercisvegliati da un incubo, uno di quelli in cui ti rassi-curi: sto sognando, un posto così non può esiste-re. La disperazione africana è consolata dalla na-tura. L’India ha il rifugio della fede. Qui, niente. Ca-pitalismo e socialismo sommandosi si elidono avicenda: non esiste la speranza di arricchirsi, nonesiste l’illusione che lo Stato ti protegga.

Prevedendo che il tassista non parlasse inglese,all’hotel mi hanno dato un biglietto con l’indiriz-zo e la scritta in cinese: «Portami a questo albergo,per favore». Ogni occidentale, per quanto orienta-lista, dovunque nell’altromondo ha in tasca un fo-glietto del genere.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

LE FOTOGRAFIE

Fanno parte di un progetto

promosso dalla SoCo

(Society for Community

Organisation), associazione

che si batte per i diritti umani

negli slum di Hong Kong

Le immagini sono state

scattate nei distretti

di Sham Shui Po,

Yau Tsim Mong e Kowloon City

Si stima che siano circa centomila

le persone che vivono relegate

in loculi di neppure 3 mq

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DOMENICA 20 OTTOBRE 2013

Minatori e postini al posto di draghi e principesse,filastrocche sull’igiene dentale invece dei soliti

animali parlanti. Negli anni più terribili di Stalin un gruppodi poeti, scrittori e illustratori firmò le più belle pagine di letteraturaper l’infanzia. Riemergono solo ora raccolte in un fantastico volume

L’immagineC’era una volta

Cenerentolafu trascinata dinanzi ai giudici e ac-cusata di tradimento delle classi lavoratrici…Poi fu il turno di Babbo Natale, accusato di ca-larsi nei comignoli a fini di spionaggio… Le fa-te erano ciarlatane. Per non parlare di principie principesse, che il ruolo di oppressore ce l’a-

vevano scritto in fronte. Uno dopo l’altro i personaggi dellevecchie favole vennero condannati all’esilio, perché inade-guati all’infanzia sovietica. Così racconta uno scritto auto-biografico sull’infanzia nell’Urss degli anni Venti e Trenta, il

resoconto di una rappresentazione scritta, direttae rappresentata da un gruppo di Giovani Pio-

nieri. Come andò a finire la favola? Lo sappia-

mo: male. Ma ora una nuova raccolta diillustrazioni (Inside The Rainbow. Rus-sian children’s literature 1920-35:beautiful books, terrible times, in Italiaper Corraini) sembra suggerire chepoteva forse andare anche diversa-mente, che ci fu almeno un momentoin cui prometteva bene per i bambini e

la fantasia. Scorrere queste figure evo-ca un’epoca magica, e sinora poco co-

nosciuta, nella quale un gruppo di autorie disegnatori riuscì a inventare modi nuovi

per raccontare favole nuove che conservavanotutto lo charme di quelle vecchie. Anche se al posto

di draghi, principesse e cavalieri ritraevano macchinario in-dustriale e piroscafi, minatori e postini, lampadine elettrichee locomotive, insomma tutta la modernità sognata daun’Urss a pezzi. Erano davvero «tempi terribili». Ma la sor-presa è che in quel marasma ci fosse anche chi riusciva a pro-durre «libri per l’infanzia bellissimi», di un’eleganza mozza-fiato. A lungo questo tesoro era rimasto sepolto, i libri finiti almacero o banditi sino a ben dopo la destalinizzazione. Daqualche tempo invece tornano a meravigliare. Soprattuttograzie a una collezione (migliaia di volumi e disegni, quasi tut-ti altrimenti introvabili) messa insieme nel corso dei decennida un emigrato russo a New York, Alexander Lurye, detto Sa-sha.

Si resta sbalorditi sfogliando favole così belle. Storie a finiedificanti, ma anche di pura e delicata fantasia. Storie di guer-

ra e d’eroismo, ma anche sul lavoro e sugli oggetti quotidiani.E persino su un argomento davvero impossibile come il Pri-mo Piano Quinquennale (riuscite a immaginare un libro perbambini sull’Imu?). Alcuni degli autori (Majakovskij in testa)e degli illustratori sono famosi. Altri, una scoperta. In comu-ne hanno il fatto che riuscirono a trovare, nel rivolgersi all’in-fanzia, una libertà di espressione che non avrebbero mai po-tuto sognare nel rivolgersi agli adulti. Durò abbastanza poco,giusto quel quindicennio menzionato nel titolo, e fecero qua-si tutti una brutta fine, a cominciare da colui che li aveva in-coraggiati, il commissario alla cultura Lunacharsky.

I vecchi Bolscevichi ce l’avevano con le vecchie favole.«Che se ne fanno dei racconti di fate i bimbi proletari?», si chie-deva la Pravda nel 1925. «Servono solo alla borghesia, per so-stenere lo sfruttamento… in modo che bambini che hannofreddo e fame possano rifugiarsi nel mondo della fantasia eprovare felicità immaginaria». E in effetti, con la guerra civilee la collettivizzazione forzata che avevano creato milioni dibiezpizorniki, bambini abbandonati, un’intera generazionefinì col frequentare solo orchi e orfanotrofi. E più tardi, con lenuove leggi che istituivano la punizione criminale a partiredalla tenera età, finirono con l’affollare anche gli orfanotrofiper figli di nemici del popolo e il Gulag. In pratica un bambi-no sovietico su tre fu privato dell’infanzia. Alle meraviglie nonsi avvicinarono neanche. Tutti gli altri vennero scoraggiati dalcorrere dietro a scempiaggini e puro entertainment. In com-penso, da un certo punto in poi si raccontava un’unica favo-la. Sempre la stessa: su come dovessero ringraziare papà Sta-lin per aver regalato ai bambini sovietici l’infanzia più feliceche si potesse immaginare al mondo. La Krupskaya, la vedo-va di Lenin, ce l’aveva con la «sciocchezza» di far parlare glianimali nelle favole. Persino un intellettuale raffinato come

SIEGMUND GINZBERG

La straordinaria favoladel piano quinquennale

IL LIBRO

In alto la copertina di Inside The Rainbow.Russian Children’sLiterature 1920-35:Beautiful Books,Terrible Times Redstone Press-Corraini Edizioni(312 pagine, 45 euro)da cui sono tratte tutte le illustrazionipubblicate in queste pagineCompresa questa di Pleskovskaja che ritrae un bambino che suona il campanellodell’asilo

Repubblica Nazionale

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DOMENICA 20 OTTOBRE 2013

Viktor Šklovskij se la prese in quegli anni, salvo poi vergo-gnarsene in seguito, con chi affollava la letteratura sovieticaper l’infanzia di «ippopotami e giraffe», nonché di «cocco-drilli», come quello di Chukosvsky, che avevano forse il difet-to di evocare i tiranni del presente quanto quelli del passato.Ma poi si fece anche peggio: l’eroe indicato al bambino so-vietico divenne Pavlik Morozov, il bambino che da buon co-munista aveva denunciato padre e madre.

La cosa che fa una certa impressione ricordare è che neglistessi anni in America Walt Disney inventava Topolino e Pa-perino, e filmava Biancaneve e Cenerentola. Avrà avuto i suoidifetti, sarà stato un fottuto reazionario, avrà avuto secondifini quanto vi pare, ma le fiabe le sapeva raccontare. Lo capìpersino uno dei più egregi narratori sullo schermo della favo-la staliniana, Sergei Eisenstejin. L’autore di Ivan il Terribileaveva scritto nel 1941, anno assolutamente non sospetto, unpanegirico della potenza liberatoria del modo di narrare le fa-vole di Disney. Ma i film di Disney in Russia arrivarono solocon la Perestrojka. Ora sappiamo che mezzo secolo prima an-che la Russia sovietica aveva geni di quel calibro. Semplice-mente aveva buttato via un’occasione favolosa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Cos’è il bene e cos’è il male

Un figliolo piccolino arrivò dal padre e chiese:cos’è il bene e cos’è il male?Segreti io non ne ho. Ascoltate, bimbila risposta del papà che ora nel libro io pubblicherò

Quando un figlio è più nero della notte,e la sporcizia gli copre il bel faccino,è chiaro che è un male per la pelle delicata del bambinoSe invece il bimbo ama sapone e polvere di dentifricio,questo è il bambino tanto caro, e che agisce tanto bene

Quando un ragazzacciorissoso picchia un bambino debole,io quello non lo voglio nemmenomettere nel libroMa se questo invece grida:“Non toccare chi è più piccolo!”vuol dire che il ragazzoè molto buono,semplice delizia degli occhi!

Lo ricordi ogni figlio,lo sappia ogni bambino:crescerà un maialechi da piccolo è un maialino

IMPARARE

In alto a destra

le illustrazioni

alla filastrocca

di Majakovskij

Cos’è il bene e cos’è

il male, la sua prima

opera per bambini;

da sinistra

in senso orario:

spazzacamino,

pilota, cuoco

e sommozzatore

dal libro

di Boris Ermolenko

Divise (1930)

Sotto: illustrazioni

per Cuoio (1925),

libro di Ilyn

sulla lavorazione

della scarpa

CRESCERE

Illustrazione a un’altra poesia

di Vladimir Majakovskij,

Cosa farò da grande?

Il ragazzo sta per compiere

diciassette anni e si chiede:

“Dove andrò a lavorare?”

STUDIARE

Geometria e algebra:

“Grande e piccolo.

Dove sono le palle

e i bottoni più grandi?”

Nella pagina

a fianco, geografia: illustrazione

da Il porto di E. Krimmer: “Quattro

passeggeri dalla calda Algeri”

VLADIMIR MAJAKOVSKIJ, 1925

‘‘

Repubblica Nazionale

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SpettacoliOcchio per occhi

Io,LizelealtreIl fotografo playboyche sopravvisse al jet setNATALIA ASPESI

Dalla camera oscuraal letto della BardotRespinte le avancesdell’ultraottantenne Chanele schivato il matrimoniocon la recidiva TaylorGianni Bozzacchiraccontai suoi incredibilianni ’60 e ’70da Roma a Hollywood(e ritorno)

«ERA bellissima, ma non pre-si mai in considerazioneuna relazione sentimenta-le con lei». Lei era ElizabethTaylor, l’uomo che non silasciò travolgere da quella

luminosa diva, «sincera, imprevedibile, affasci-nante, affettuosa, sensuale e talmente bella cheera impossibile non venerarla», è Gianni Bozzac-chi, che oggi, a settant’anni, racconta nella sua au-tobiografia, Memorie exposte, i suoi anni di foto-grafo stabile della coppia mitica Taylor-Burton, edi saltuario ritrattista di altre celebrità d’epoca;ma anche la sua vita di bel playboy romano chepassò una notte con Brigitte Bardot e riuscì a fati-ca a sfuggire alle brame di una Coco Chanel ul-traottantenne ancora molto bramosa.

Dell’amore furibondo mai spento, e dei duematrimoni e due divorzi tra il grande attore galle-se di teatro passato senza gioia al cinema, e la allo-ra massima diva di Hollywood, sappiamo già tut-to, anche degli altri loro tumultuosi matrimoni(cinque in tutto lui, otto lei), dei film talvolta irrile-vanti girati insieme o separati, dell’alcolismo effe-rato di entrambi, della passione di lei per i gioiellie di lui per regalarglieli, dei figli di lui, di lei, o adot-tati, della loro morte lontani uno dall’altro, lui acinquantanove anni nel 1984, per una emorragiacerebrale in un ospedale di Ginevra, (e al funeralel’ultima moglie Sally Hay non invitò Elizabeth), leinel 2011 a settantanove anni, per un attacco dicuore, in un ospedale di Los Angeles. In un certosenso quella che fu definita “la storia d’amore delsecolo”, il secolo scorso, si è appannata, sta uscen-do dalla leggenda, come un certo divismo d’epo-ca, un certo cinema, una certa da tempo defuntajet-society. Così alla fine, il personaggio più inte-ressante delle Memorie exposte diventa propriol’autore, quel Gianni Bozzacchi che «jeans attilla-ti, capelli rossi, occhi azzurri» per dodici anni, pri-ma di diventare produttore e regista (alla recenteMostra di Venezia hanno dato il suo ultimo docu-mentario Neorealismo, scritto assieme a CarloLizzani che ne è anche il narratore, una specie diaddio del vecchio regista al cinema della su giovi-nezza) fu uno dei protagonisti degli anni in cui im-perava l’ormai scomparso glamour: «Un momen-to prima ritoccavo positivi e negativi o passavotutto il giorno in una camera oscura senza finestre,

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re arrestati come evasori fiscali, non possono fer-marsi più di tre mesi né in Inghilterra né negli Sta-ti Uniti, soggiornano spesso sul loro yacht, hannocasa a Puerta Vallarta in Messico e a Gstaad in Sviz-zera.

Diventato una star della mondanità, come unastar Bozzacchi si racconta in terza persona: «Il fo-tografo personale di Elizabeth Taylor era in Iranper fotografare lo Scià e Farah Diba… un grandeevento sia per gli iraniani sia per lo Scià, desidero-so di modernizzare il Paese e darne un’immaginediversa». Va da Picasso nello sperduto Château deBoisgeloup e il vecchio artista lo fa aspettare uneternità e poi si annuncia con un rumore forte,«orribile, una tosse catarrosa. Incessante». Lo pre-tendono i principi di Monaco per immortalare

l’anniversario di regno del principe Ranieri, eGianni è di quelli che almeno allora riteneva Mon-tecarlo una «magia allo stato puro, una favola interra. Forse Grace Kelly stava davvero vivendo unafavola». E rischia anche lui, il fotografo fortunatocon le donne, di viverla: la principessa Carolina«che era già una bellezza mozzafiato» fa molto lacivetta con lui, ma tutto finisce lì perché subito ilprincipe padre lo chiama e conoscendo la vivacitàdella sua adorata piccina, gli fa segno di no, chenon si può. Lo chiama Luchino Visconti perché fo-tografi una quindicenne, Claudia Marsani, perGruppo di famiglia in un interno. E Gianni capisceche «in realtà Visconti voleva sapere se la reputas-si adatta al ruolo… anche questo era un lavoro diproduzione, la gente sembrava ascoltare i miei

quello dopo frequentavo i protagonisti del jet set,navigavo sullo yacht di Elizabeth Taylor e RichardBurton, fotografavo la principessa Grace Kelly e ilprincipe Ranieri nel palazzo reale di Monaco ecorrevo sulle strade francesi a bordo della Mu-stang Bullitt con Brigitte Bardot al mio fianco».

Il padre di Gianni, Bruno Bozzacchi, era un fa-moso restauratore di manoscritti inestimabili (diMachiavelli, di Leonardo da Vinci), che aveva in-segnato al figlio l’arte del ritocco. Ed è per questasua abilità che il giovane Bozzacchi entra nella vi-ta di Richard e Elizabeth; a ventitré anni, sul set deI commedianti a Cotonou, nel Dahomey, oggi Re-pubblica del Benin. Le due star hanno i loro filmmigliori alla spalle, girati prima del fatale incontrosul set di Cleopatra a Roma, e I commedianti è ilquinto film che girano insieme. A trentacinqueanni la diva teme la macchina fotografica, e pre-tende che il suo volto di luce conservi una perfe-zione lunare che solo il ritocco le assicura: così ilbel ragazzo romano, timido e riservato, che nonparla inglese, le diventa prezioso, al punto di in-coraggiare il flirt tra lui e Claudye, la sua bella par-rucchiera còrsa che sempre la segue. Anche se gliè proibito, Gianni scatta di nascosto qualche fotodella diva, ma gli manca la prontezza di riprende-re l’immagine scandalosa che forse gli avrebbe as-sicurato o un’improvvisa fama o la fine del me-stiere: infatti, una notte, nascosti in un boschettodel suo albergo a Cotonou, sorprende MarlonBrando con l’attore Christian Marquand. «Forsenell’ambiente del cinema tutti sapevano che era-no amanti, ma per me fu una rivelazione scioc-cante». Gianni viene promosso fotografo di scenae amico di famiglia, e nel giugno del 1968 sposaClaudye nella casa di campagna del venerato par-rucchiere Alexandre, testimoni Elizabeth e Ri-chard, dono di nozze alla sposa un abito di Dior,allo sposo una Mini Cooper S. Da quel momento«si faceva un gran parlare di me, si diceva che erouno dei fotografi migliori del mondo. Il ragazzo distrada cresciuto vicino a una stazione ferroviariaera diventato uno della “Roma bene”... e comin-ciai a essere vittima dei paparazzi». Uno di loro loimmortala mentre entra nel suo studio con la con-tessa Giovanna Agusta che vuole un ritratto: la pa-parazzata viene subito pubblicata, e «un paio digiorni dopo scoprii che era stata lei a organizzaretutto; parlo di una delle migliori amiche di miamoglie!». Intanto i signori Burton vagabondanosenza sosta, amandosi e odiandosi; per non esse-

consigli». I Burton chiamano spesso i Bozzacchiperché passino le vacanze sul loro yacht e assista-no a sbronze, litigi, follie, alla loro continua pas-sione. Capita che a New York venga messo all’astaun diamante da sessantanove carati, e dallo yachtla seguono via radio: «Richard era un po’ brillo… equando il prezzo da duecentomila arrivò a un mi-lione di dollari decise di ritirarsi». Lo acquista persoli cinquantamila dollari in più Cartier, e Burtonsi arrabbia moltissimo e al telefono riesce a farse-lo cedere per un milione e centomila dollari.

Sarà un altro gioielliere, Bulgari, a ripubblicareThe Queen and Iuscito per la prima volta nel 2002,un libro di fotografie scattate da Gianni Bozzacchialla Taylor, con una dedica della diva, adesso ri-pubblicata, lei defunta, su Memorie Exposte. Io e lareginauscirà anche in Italia. Il fotografo di scena èlontano quando Elizabeth e Richard divorziano,ma è nella sua casa romana che i due si rivedono,si riamano, partono insieme e nell’ottobre del1975, sedici mesi dopo il divorzio, si risposano, perridivorziare nove mesi dopo. Ma ormai GianniBozzacchi ha la sua vita, e dopo aver fotografato daAudrey Hepburn al maresciallo Tito, di quel lavo-

ro non vuole più saperne, nédella sua celebrità, nédi Roma: oggi si occupadi cinema, vive negliStati Uniti, nel Wiscon-sin, è due volte vedovo,ha quattro figli, tra itrentanove e i quattroanni: Vanessa, RheaBianca, Brendonn eAstoria, questi due figlidella sua terza e attualemoglie Tasha.

Dopo la morte della se-conda moglie, Bozzacchiriuscì a evitare di diventareil nono signor Taylor. Èprobabile che la diva, stan-ca e malata, scherzasse, di-cendo alla piccola Rhea«Tuo padre ora è vedovo, iosono single. Quindi presto cisposeremo per tenerci com-pagnia». In ogni caso fu, rac-conta lui, il rifiuto terrorizza-to della bambina a salvarlo.

LE FOTOGRAFIE

Nella pagina di sinistra: un autoritratto di Gianni Bozzacchi

e un suo ritratto di Elizabeth Taylor. In questa pagina, da sinistra in senso orario:

Brigitte Bardot sul set de Le Novizie; Grace Kelly; Raquel Welch; Mia Farrow

(con album dei Beatles); Coco Chanel a ottantasei anni nella sua casa in Svizzera;

Claudia Cardinale. Sotto: Elizabeth Taylor mentre corre fuori dal suo camerino,

durante le riprese di X, Y & Zi. L’immagine, usata come locandina del film,

riporta una dedica di Liz a Gianni: “Carissimo, ti amo, ti amerò sempre!

Quanti ricordi! E tutti bellissimi!”

© RIPRODUZIONE RISERVATA

La diva

Aguardare le sue splendide foto, nessuno immaginerebbe mai cheil Gianni che ricordo se ne stava sempre un po’ fuori dalla mischia,a osservare la festa in disparte, per così dire.

Ripensando a quei giorni e a quelle foto, capisco quanto le sue insicurez-ze, giustificate o meno, fossero inseparabili dal suo occhio. Porre una cer-ta distanza fra la sua vita e la mia gli aveva permesso di trovare la pro-spettiva che ne aveva fatto un artista tanto indimenticabile. Certo, glipiacevano lo sfavillìo, l’eccitazione, la bellezza, la lusinga di quella vita,ma non ne rimase mai impressionato e non vi si arrese, come invece ave-vano fatto tanti altri. Gianni, unico nel suo genere, fotografava i sogget-ti prima come persone e poi come star del cinema. E poi aveva un altrogrande dono, quello di riuscire a scrutare oltre i riflettori, di sorpren-derci con la guardia abbassata, quando eravamo semplicemente e me-ravigliosamente noi stessi. Ma se ricordo quanto eccezionale fosse ilsuo talento, ricordo anche quanto irritante potesse risultare il suo sti-le. In particolare per qualcuno che, bene o male, vedeva la propria im-magine riprodotta, scrutinata in ogni edicola del mondo. Così hoscritto la mia manchette e l’ho mandata a Gianni: “Brillante, sensibi-le, Gianni cattura sempre l’anima. È un grande rompiballe”. A lui èpiaciuta molto, ma subito dopo avergliela inviata mi sono pentita, eho eliminato l'ultima frase.

I LIBRI

Tutte le fotografie di queste pagine

sono di Gianni Bozzacchi

e sono tratte da Memorie exposte

(320 pagine, 131 fotografie b/n,

19,50 euro) e da Elizabeth Taylor.

Io e la regina (tiratura limitata,

142 pagine, 29 euro)

con prefazione della Taylor

di cui pubblichiamo alcuni stralci

Entrambi scritti dallo stesso

Bozzacchi ed editi da Castelvecchi,

saranno disponibili in libreria

a partire dal 23 ottobre

ELIZABETH TAYLOR

Quando eravamo noi stessi

Repubblica Nazionale

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Finora sono progetti, prototipi o divertimentida luna park, ma il sogno delle bici volantiè sempre più vicino. Così come quellodi metropoli finalmente a misura di pedale

FLYING BIKE

Sei propulsori e quattro eliche:

è la formula per volare anche se

solo per pochi minuti. Prossimo

passo: le bici pilotate da umani

gli scenari alla ET restano ancora lontani dallavita di tutti i giorni. «Non abbiamo nessuno sco-po commerciale per la Flying bike — continuaKobylik — per ora l’abbiamo presa come unasfida». In attesa che qualcuno la raccolga, per iciclisti del 2050 le alternative non mancano: for-se non potranno decollare, ma ci andranno vi-cino. Un esperimento arriva dalla Nuova Zelan-da. Si chiama Shweeb, è un circuito sopraeleva-to lungo il quale scorrono delle cabine e a muo-verle sono gli stessi passeggeri che pedalano al-l’interno. L’idea è di Geoff Barnett,ciclista australiano: nel 2007 ilsuo progetto è diventato unprototipo vero e proprio,composto da due monoro-taie costruite a sei metri d’al-

episodiorisale al 1982. Cin-que ragazzini scapparonodalla polizia volando sulleloro biciclette: riportavanoa casa un extraterrestre conla fissa del telefono. Ma era

solo un film. Poi sono arrivate le green cities, idibattiti sulla mobilità sostenibile e soprat-tutto milioni di novelli ciclisti metropolitani.E così, architetti, designer e ingegneri si sonomessi al lavoro: tutti a progettare città in cuisaranno proprio i ciclisti a farla da padroni. Ilfilm è diventato realtà, e trent’anni dopo ETlebici volanti esistono davvero. O quasi. Il pro-totipo è nato nella Repubblica Ceca. Sichiama Design Your Dreams FlyingBike. Si tratta di una bici elettrica acui hanno lavorato tre aziende e agodersi il primo volo è stato unmanichino pilotato da remoto.«L’ispirazione ci è venuta dallaletteratura» spiega Ales Kobylik,ad di Technodat, «siamo cre-sciuti con i romanzi di JulesVerne e con le macchine vo-lanti che compaiono nellesue avventure». Tuttavia,nonostante sia in fase di stu-dio un prototipo che possa es-sere pilotato da un essere umano,

tezza, lungo le quali si muovono delle capsule.Ognuna di queste prevede un passeggero, chepedala in posizione reclinata per ridurre l’attri-to con l’aria. I vantaggi sono molteplici: si ridu-ce il rischio di incidenti, non si occupano por-zioni di terreno, non si emette Co2. Costruito al-l’interno di un parco divertimenti a Rotorua(Nuova Zelanda), il prototipo di Barnett non èuno scherzo. E infatti nel 2010 ha attirato l’at-tenzione di Google che ha promosso un investi-mento da un milione di dollari. L’obiettivo è stu-diare le possibili applicazioni in un contesto ur-bano vero e proprio, facendolo diventare unmezzo di trasporto a tutti gli effetti. «Abbiamosviluppato una partnership con un’azienda ca-nadese e una olandese — spiega Peter Cossey,ceo della Shweeb Monorail Technology — pro-

CHIARA PANZERI

NextMobilità

TREE PARKING

Nel progetto di Abhinav Dapke le bici in sosta

sono “appese” a un palo Ognuna è dotata

di lucchetto antifurto collegato a un sensore:

si attiva con le proprie impronte digitali

L’

BikeCityBikeCityQuando la pista ciclabile passerà dal cielo

Repubblica Nazionale

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babilmente ci vorranno ancora un paio d’anniprima di riuscire ad avere un prototipo del mez-zo di trasporto vero e proprio». Ma intanto a So-fia un architetto ha avuto un’idea simile: menofuturistica, certo più funambolica. Si chiamaMartin Angelov, e il suo progetto Kolelinia. Bi-sogna immaginarselo come una sorta di minu-scolo canale sospeso a mezz’aria, sostenuto dauna serie di piloni. Parallelo a questo, scorre unpo’ più in alto un cavo: l’ardito ciclista dovrà fis-sare il manubrio al cavo e lanciarsi con la sua bi-

ci lungo il canale. C’è chi l’hagià fatto. Lo stesso Angelovnon nasconde un certo otti-

mismo: «Al momento stia-mo sviluppando Kolelinia

come un’attrazione per

turisti. Io e i miei collaboratori stiamo effettuan-do una serie di test all’interno di parchi natura-li, utilizzando gli alberi come piloni. Se la cosaavrà successo, pianificheremo lo step successi-vo, la sperimentazione in ambito urbano».

Che siano cabine, o cavi sospesi nel vuoto, loscopo di questi progetti resta uno solo: potersimuovere nelle grandi metropoli (e non) nellamaniera più rapida ed efficace possibile. Sgan-ciarsi dalle code, dai parcheggi che non si trova-no e dal blocco delle auto quando i livelli diCo2 raggiungono il limite del tollerabile.Lo sforzo allora è concepire centriurbani in cui i mezzi alternativisiano veramente tali, e ci per-mettano di arrivare ovunque.Al lavoro, al centro commer-

LA CLASSIFICA

Le città europee

più bike-friendly

per il 2013 secondo

gli autori di Copenhagenize,

team danese che si occupa

di trasporto urbano

KOLELINIA

Il manubrio scorre lungo un cavo,

la ruota scivola dentro un canale:

ancora allo studio

il meccanismo per curvare

cia-le, allo sta-dio: ma parcheg-giando sulle tribune, micafuori. Quentin Perchet e GabrielScerri sono due architetti francesi, idea-tori di Bike the Floating Stadium. Sta già tut-to nel nome: si tratta di uno stadio galleggiante,al quale si accede in bici mediante una serie dirampe. «Un aspetto interessante della biciclet-ta — spiegano — è che ti permette di arrivaremolto vicino alla tua destinazione, perché è fa-cile da parcheggiare. Uno stadio è una strutturache richiede molto spazio da riservare ai par-cheggi e che prevede accessi multipli, così dasmaltire l’afflusso di tante persone contempo-raneamente. Da qui, l’idea della bici».

E se il bello delle due ruote è che si parcheg-giano ovunque, uno studio di New York ha pen-sato di sfruttare le facciate degli edifici. L’idea èdi Jeeyong An, che alla Seoul Cycle Design Com-petition ha presentato il progetto Bike Hanger.Al solito, serve uno sforzo di immaginazione: ungigantesco ingranaggio messo in movimentoda una bici (ma va?) posizionata a terra. Peda-lando, si fanno scorrere le biciclette fissate lun-go la ruota, finché la propria non torna al livellodel terreno, pronta per ripartire. In volo, sospe-sa lungo una fune, o chissà.

Cabinovie a due ruote,stadi raggiungibili solo dai ciclisti,mega-parcheggi sotterraneie skilift per salite molto impegnative

SHWEEB

Velocità massima 40 km/h, divieto di sorpasso:

basta incolonnarsi dietro un’altra capsula,

dimezzando la resistenza dell’aria

e guadagnando

così in velocità

© RIPRODUZIONE RISERVATA

FLOATING STADIUM

Uno stadio

galleggiante

progettato

per Amsterdam,

la città delle bici

e dei canali

Le rampe

che lo collegano

alla terraferma

sono piste ciclabili

1.748 MILIONILE BICI VENDUTEIN ITALIA NEL 2012

1.450 MILIONILE AUTO VENDUTEIN ITALIA NEL 2012

Il sorpasso

ECO CYCLE

In Giappone

esiste già:

si tratta

di un parking

sotterraneo,

dove le bici

sono prelevate

e depositate

da un’enorme

pinza

meccanica

CYCLOCABLE

La prima

a introdurlo

è stata

una cittadina

norvegese:

è uno skilift

per biciclette,

ideale

per risparmiarsi

le salite

più ripide

1 AMSTERDAM2 COPENAGHEN3 UTRECHT4 SIVIGLIA5 BORDEAUX

6 NANTES7 ANVERSA8 EINDHOVEN9 MALMO10 BERLINO

Bike-friendly

Repubblica Nazionale

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Selvagginanon troppoma

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I saporiPrimordiali

«La più aspettata vittoriaera gemella uguale diuna sconfitta mai co-nosciuta prima. Di-sprezzò l’istinto che gliaveva allineato il tiro».

Erri De Luca racconta con partecipazioneasciutta e disincantata la fine della sfida trabracconiere e camoscio ne Il peso della farfal-la. Il tempo della selvaggina comincia subitodopo il declino dell’estate, celebrato dai cac-ciatori che attendono al varco il passaggio deimigratori in cerca di un altrove geografico pergodere dei tepori invernali, e da quelli che in-vece prediligono le prede di terra, ungulati inprimis.

Mangiamo selvaggina da più di due milionidi anni, grazie all’ingegno rudimentale con cuil’Homo habilis cominciò ad approvvigionarsidi carne per sopravvivere, motivazione ampia-mente esaurita nell’evoluzione della specie.

Ma il gusto primordiale per la carne selvati-ca ha attraversato millenni di socialità quasisenza scalfitture. Ogni apertura di stagione ve-natoria si porta appresso la passione febbrile dichi caccia per godere del lavorìo instancabiledei cani nel silenzio dei boschi, ma anche di chispara a qualunque cosa si muova, con i guai chene conseguono. A fronte delle ottocentomila li-cenze rilasciate lo scorso anno (in calo vertica-le, grazie al disamore dei giovani) sono davve-ro pochi i locali — dalla trattoria più ruvida al ri-storante tristellato, dalla Val d’Aosta alla Sicilia— immuni al fascino del selvatico: un po’ per

l’esigenza di caratterizzare i menù autunnali,un po’ per la soddisfazione antica di domarecarni difficili, muscolari, forti.

Al di là dell’avversione alla caccia, che coin-volge la gran maggioranza del Paese, dovrebbecomunque valere il concetto di caccia di sele-zione, ovvero l’abbattimento degli animali cheper età, sovrannumero, salute, mettono a ri-schio l’equilibrio di fauna e paesaggio, giàscompensato da inquinamento e cambia-menti climatici. Casi-simbolo, quelli di caprio-li e cinghiali, questi ultimi meticciati con imaiali e con razze centroeuropee introdottefraudolentemente. Mutamenti che si sono tra-dotti in incursioni sempre più traumatiche incampi e vigne, con danni per decine di milionidi euro.

L’idea di promuovere e controllare la filieravenatoria è stata tramutata in progetto esecu-tivo dalla Provincia di Bologna, che oggi a Mon-zuno — e domenica prossima a Sasso Marconi— organizza i primi appuntamenti dedicati al-la selvaggina dell’Appennino Bolognese. Cen-simento dei tesserati, abbattimenti selettivi,pallottole di rame (il piombo è un tremendo in-quinante) sono stati studiati anche in chiaveanti-bracconaggio, mentre le lavorazioni in unmacello e in un laboratorio appositamentecreati e dati in gestione alla famiglia Zivieri(eco-macellai artigiani da generazioni) garan-tiscono igiene, salubrità e qualità nella venditaal pubblico.

Se la selvaggina vi fa meno pena di una muc-ca al giogo o di un pollo di batteria, andate adassaggiare il filetto di sella di capriolo arrosto,con pera all’acquavite, acqua d’ostrica e salsapoivrade di Luigi Taglienti (Trussardi alla Sca-la, Milano), la finanziera di selvaggina e noc-ciole tostate di Mauro Uliassi a Senigallia, il pic-cione arrostito con ciliegie, mandorle, barba-bietole e rapanelli di Valeria Piccini al St. Regisdi Firenze. Astenersi se vegetariani.

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LICIA GRANELLO

Sela cacciasi sa dareunaregolata

Mangiamo caprioli, cinghiali e fagianoda due milioni di anni. E nonostante le “doppiette” siano sempre meno, i ristoranti non resistono al fascino

del selvatico.Così tra pallottole in ramee abbattimenti selettivi, la mira è un po’ più giusta

Repubblica Nazionale

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DOMENICA 20 OTTOBRE 2013

Gli indirizzi

DOVE MANGIARE

SAVIGNO (BO) Amerigo dal 1934

Via Marconi 14. Tel. 051-6708326

Chiuso lunedì, menù da 38 euro

MONTEVEGLIO (BO)Trattoria del Borgo

Via San Rocco 12. Tel. 051-6707982

Chiuso martedì, menù da 30 euro

SASSO MARCONI (BO) Ristorante Marconi

Via Porrettana 291. Tel. 051-846216

Chiuso domenica sera e lunedì,

menù da 55 euro

DOVE COMPRARE

MONZUNO (BO) Macelleria Zivieri

Piazza XXIV

Maggio 9/A

Tel. 051-6771533

POGGIO RENATICO (FE) Salumeria Montanari

Via Roma 7

Tel. 0532-829597

SASSO MARCONI (BO) La Bottega

Via Porrettana 298

Tel. 051-841143

LA RICETTA

Ingredienti per 4 persone

240 gr. di riso Acquerello invecchiato 7 anni 20 gr. di concentrato di pomodoro1 scalogno di Romagna tritato100 gr. di cervo tagliato a cubetti100 gr. di cinghiale tagliato a cubetti100 gr. di capriolo tagliata a cubetti2 litri di brodo di cacciagioneMezzo bicchiere di vino Fortana dealcolizzato (portato a ebollizione)1 bicchiere di Fortana100 gr. tra sedano, carota e cipolla50 gr. di burro50 gr. di Parmigiano1 rametto di melissa1 rametto di timo, noce moscata, sale e pepe

Per il fondo di cacciagioneRosolare le tre carni separatamente con un filo d’olio

e uno spicchio di aglio. Tenere da parte il fondo di cotturaRosolare sedano, carota e cipolla, aggiungere le carni, sfumarle col bicchiere di vino. Lasciare evaporare, aggiungere il pomodoro e cuocere un’ora,

bagnando col brodo di tanto in tanto Per il risotto

Rosolare la scalogno, aggiungere due cucchiai di brodo e continuare la cottura per 3-4'. Mettere il riso in un tegame

per risotti, quando sarà caldo al tatto aggiungere il vino dealcolizzato caldo,lasciare evaporare, aggiungere lo scalogno e cuocere aggiungendo poco alla volta il brodo. A metà cottura, unire il fondo di cacciagione e continuare la cotturaAlla fine, fuori dal fuoco aggiungere burro, noce moscata e le erbe aromatiche tritatePresentazioneStendere il riso in un piatto piano, spolverizzare con il ParmigianoA piacere, adagiare al centro una pallina di gelato di Parmigiano

Igles Corelli

è uno dei più bravi

e sapienti cuochi italiani,

con un debole

per la selvaggina

Ai tavoli dell’Atman di Pescia,

(Pistoia), arrivano

piatti generosi e originali,

come quello offerto

ai lettori di Repubblica

Filettodi cervoIn salsa di pino mugo

con pera martin

caramellata

allo zafferano

Quaglia Due sottospecie di Coturnix:

coturnix e japonica. La prima,

selvatica, unico galliforme

migratore, sverna in Africa

e vive in aree cerealicole

Risotto

Fagiano Piumaggi colorati e code

lunghe per i maschi

delle 13 sottospecie

(famiglia delle Phasianidae)

Amano vagare nei campi

Al forno

ColombaccioPiù grande del piccione

domestico, vive nei boschi

marginali, per ridurre

le predazioni dei nidi

da parte delle cornacchie

Con le olive

PerniceCorpo compatto, peso

fino a 1 kg e piumaggio

bruno-rossastro,

ama i terreni rocciosi

Si nutre di erbe e insetti

Arrosto

Germano reale Migratore o stanziale,

il suo habitat naturale

sono gli specchi d’acqua

Ha carni più saporite

e meno grasse dell’anatra

In terrina

Risotto di cacciagione con timo e melissa

Si giocava anche, a tavola. Si contavano i palli-ni di piombo — trovati masticando il fagiano,la lepre o la folaga — e si mettevano sulla to-

vaglia, a fianco del piatto. Vinceva chi ne trovava dipiù. La caccia, negli anni ’50 e ’60, era lontanissimada quella di oggi e molto vicina a quella dei primiuomini apparsi sulla terra: si andava a caccia sem-plicemente per mangiare. Il fucile — la doppietta— era un capitale. Lo compravano anche i brac-cianti, che di soldi ne avevano pochi. Ma nelle gior-nate di autunno e inverno, quando nei campi nonc’erano lavoro né salario, la doppietta era il solostrumento con cui si poteva mettere qualcosa dibuono in padella.

I nostri padri spesso partivano con due sole car-tucce. Se trovavi la lepre o il fagiano, sparavi. Altri-menti tornavi a casa senza niente. Non valeva lapena tirare a un passero o a uno storno, non avreb-bero compensato il prezzo della cartuccia. La mo-glie guardava le mani vuote e senza fare commen-

ti metteva sulla stufa la solita pentola con riso e fa-gioli. I venerdì di magro, nelle campagne e nellecolline emiliane, arrivavano anche sei o sette gior-ni alla settimana. Per questo una lepre con patateo un’anatra arrostita erano semplicemente unafesta. Era un mondo diverso. Portavi da mangiareai pulcini, dicevi “che belli” ma sapevi che dopoquattro-cinque mesi la mamma o la nonna avreb-bero loro tirato il collo. Stavi male quando sentivi iversi del maiale che veniva ammazzato, ma pen-savi ai ciccioli e alle braciole. Non era cinismo. Siera dentro a un mondo vero. Anche adesso la car-ne arriva da un animale ucciso, ma i macelli sonolontani e nascosti e sembra che i polli nascano inbuste plastificate nei supermercati.

I cacciatori con due cartucce non hanno avutoeredi, i loro figli per mangiare carne non hannoavuto bisogno della doppietta. Quelli che ancoravanno a caccia forse sono i figli di chi, già allora,sparava ai passeri.

JENNER MELETTI

Sulla strada

Le due cartucce di papà

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DOVE DORMIRE

MONTEVEGLIO (BO)Abbazia B&B Via San Rocco

Tel. 051-6701024

Camera doppia da 75 euro con colazione

MONGHIDORO (BO) Borgo di Sumbilla

Via Sumbilla 20

Tel. 051-6551228

Camera da 80 euro con colazione

MONZUNO (BO) Località Lodole

Tel. 051-6771189

Camera doppia da 90 euro con colazione

CinghialeDue sottospecie: sardo e

maremmano. Poco più

di mezzo quintale

per gli animali non meticciati

con la razza centroeuropea

Roastbeef

Cervo Diffuso tra Alpi e Appennini,

ha colore fulvo-grigio,

pomellato nei cuccioli

Il palco ramificato cade

e ricresce ogni anno

Prosciutto

CaprioloMantello grigio-bruno

in inverno, giallo-arancio

in estate, il suo habitat

sono i boschi d’alto fusto

Goloso di gemme e bacche

Pappardelle con ragù

Camoscio Occhi grandi,

corpo tozzo e muscoloso,

è agile, in grado di superare

alti dislivelli. I branchi

sono guidati dalle femmine

Salmì con polenta

Lepre Orecchie e coda nere,

divoratrice di tutti i vegetali,

può pesare anche 6 kg

ed è diffusa nell’Italia intera,

tranne la Sardegna

Alla cacciatora

Repubblica Nazionale

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LA DOMENICA■ 42

DOMENICA 20 OTTOBRE 2013

Il padre lasciò la Calabria per andarea lavorare in Fiat. Lui nella Torinoanni Settanta scoprì cinema, musica

e politica. Da allorail regista de “La secondavolta” racconta pezzidel suo mondo: operai,fabbriche, lotte,anni di piombo. E storiedi vita quotidiana:“Mi interessano

le cose e le personenormali. Faccio filmper renderle eccezionali”

TORINO

«Vivere per me si-gnifica andare acaccia del futu-ro». Mimmo

Calopresti è emozionato e parla pianomentre passiamo di fronte ai cancellidella Fiat Mirafiori per raggiungere ilset del nuovo film di cui è produttore. Sigira nell’ex stabilimento di Fiat Engi-neering, uno dei tanti capannoni indu-striali dismessi nella periferia sud di To-rino, dove il regista de La seconda voltae La parola amore esiste ha scelto di am-bientare l’opera prima di Stefano DiPolito, Mirafiori Lunapark. «Qui tuttoparla del mio passato, della mia storia— confessa candido — ma in fondo an-che del mio futuro ed è per questo cheho scelto di ripartire da questo posto.Voglio ricominciare dai ragazzi che hocoinvolto in questo film e in cui vedo ilfuoco che mi bruciava dentro quandovolevo spaccare il mondo».

Una stagione della vita che per Calo-presti coincide con lo scenario dellaTorino operaia degli anni ’70 e ’80,quando studia all’università e milita inLotta Continua. Classe 1955, Mimmonasce in Calabria, a Polistena, che peròpresto lascia con tutta la famiglia perseguire il padre che viene assunto a To-rino, alla Fiat. Scopre la sua vera pas-sione intorno ai vent’anni, quando ab-bandona Scienze Politiche per iscriver-si a Lettere con indirizzo in Storia e cri-tica del cinema. «Una folgorazione. Al-l’improvviso vedo tutti questi studenti

che la mattina vanno al cinema invecedi entrare in aula. Una cosa meraviglio-sa. Potevi andarti a vedere tutta la Nou-velle Vague, tutto il cinema indipen-dente americano, tutto il neorealismoitaliano, e finalmente potevo farlo an-ch’io. Ogni giorno. Invece di andare alezione. Poi per qualche motivo ho ca-pito che dentro la Nouvelle Vague so-prattutto c’era il cinema che volevo fa-re. Mi è bastato vedere La signora dellaporta accanto di Truffaut, e tutto mi èapparso chiaro». Da lì il passaggio al setfu pressoché immediato. «C’era unascena creativa molto interessante inquesta città — ricorda — era un mo-mento magico, prolifico. Tra chi facevacinema, teatro, cultura, c’erano rap-porti veri, importanti. Lo dico: ci si vo-leva bene. Era una città viva, anche gra-zie alla politica e alle lotte che rendeva-no la mia vita assolutamente piena, edivertente. Per questo ho un ricordogioioso di quel periodo. Andavamo da-vanti alle fabbriche, a Mirafiori, faceva-mo la contestazione, i cortei. E poi c’e-ra la musica, la new wave, c’erano i Ge-nesis, i Clash che ascoltai in un concer-to indimenticabile al Parco Ruffini, gra-tis. Tutto quello che volevo era a porta-ta di mano. Mi sono fatto trascinare,semplicemente, e a un certo punto miè venuta voglia di raccontarlo, questomondo».

Sono gli anni in cui prendono formai suoi primi lavori, dal video Rock con-tro il nucleare al corto Luxury, per ap-prodare alla collaborazione con l’Ar-chivio Audiovisivo del MovimentoOperaio e Democratico per cui realizzaA proposito di sbavature (videointervi-sta a Tonino De Bernardi, cineasta vi-sionario e indipendente), premiato nel1985 in una delle prime edizioni del Ci-nema Giovani, che oggi si chiama Tori-no Film Festival. Anni sperimentali, digrande fermento, su cui incombeva lanube minacciosa della lotta armata.«Improvvisamente l’atmosfera in cittàsi fece cupa. Me lo ricordo quel mo-mento, ero in piazza Castello su una Re-nault 4, pioveva. Mi ferma la polizia e mifanno spogliare, mi fanno togliere puregli stivali. Lì ho capito che tutto era cam-biato. Era arrivato il terrorismo, comeuna valanga di fango. Da quell’istantein poi tutto è diventato buio e feroce.L’ho raccontato nel mio film». È La se-conda volta, il suo primo lungometrag-gio presentato al Festival di Cannes nel’96, quello che gli procura la notorietàinternazionale anche grazie ai due in-

terpreti: Nanni Moretti (produttore delfilm con la Sacher) nei panni del do-cente universitario ferito alla testa e Va-leria Bruni Tedeschi, ex brigatista in se-milibertà che incontra per caso la suavittima molti anni dopo. «Credo di es-sere riuscito a fare un film importanteche mi ha catapultato nel mondo del ci-nema. Di colpo esistevo anch’io in quelmondo. Lì ho capito che il cinema èsempre una grande occasione di vita».E di futuro. «Certo, con il cinema guar-do sempre avanti. Il mio prossimo filmsi intitolerà Uno per tutticome il libro diGaetano Savatteri cui mi ispiro. È unastoria a tinte noir che esplora i rapportipiù segreti e intimi tra le persone. E poic’è il progetto di un documentario perla tv su Sócrates, una leggenda del cal-cio brasiliano ma anche un personag-gio scomodo perché politicamente si èsempre schierato a sinistra, al fiancodei più deboli e dei lavoratori». Non èun caso che Calopresti sia affascinatodalla sua storia, lui, tifoso granata ma

soprattutto figlio di operai. «Mio padreè emigrato dalla Calabria con mia ma-dre e quattro figli. Nei primi anni a To-rino continuava ad arrivare gente a ca-sa nostra con in tasca solo il nostro in-dirizzo, e noi li ospitavamo, gli davamoda mangiare per uno o due giorni, e poili aiutavamo a trovare una soffitta libe-ra . L’idea era l’America, andiamo lì per-ché c’è lavoro. Ma è una cosa molto bel-la vista da oggi in una fase in cui il lavo-ro manca, non ci sono aspettative enessuno si muove. Quella era un’epocain cui la gente lavorava, si trasferiva, èstato un grande momento di movi-mento, e le persone in movimento so-no sempre interessanti. Il cinema stes-so mi interessa perché è movimento».

Calopresti usa non a caso il video, piùmaneggevole e a basso costo, per la suaindagine sulla città-fabbrica negli anni’80 e ’90, quando realizza i documenta-ri Alla Fiat era così, Paolo ha un lavoro eTutto era Fiat. «Sono nato in mezzo al-la strada — racconta più tardi a cena,davanti a un bicchiere di vino rosso —per me era difficile immaginare che misarei potuto occupare soltanto di cine-ma. Per fortuna ci ho provato con quel-lo che avevo a disposizione e standosempre dalla parte di chi si batte per ipropri diritti». Molte persone lo hannoaccompagnato nel cammino e alcuniincontri sono stati davvero speciali.«Moretti è un genio, tutto quello che fanon l’ha mai fatto nessun altro prima.Anche Valeria è una grande attrice eu-ropea. Quando arrivò a Torino per gira-re La seconda volta parlava con la erremoscia e aveva un atteggiamento da si-gnorina bene francese, ma nel giro diqualche mese si era messa il suo giub-botto proletario e girava per la città co-me una persona qualunque. Era entra-ta nella parte». Per tutti i suoi film deglianni Zero, come La parola amore esiste(1998), Preferisco il rumore del mare(1999), La felicità non costa niente(2002) e L’abbuffata (2007), ha semprescelto i migliori interpreti del nostro ci-nema e non solo, da Fabrizio Bentivo-glio a Silvio Orlando, da Francesca Ne-ri a Gérard Depardieu, privilegiandoquasi di più il lato umano che quello at-toriale. Una scelta in linea con la suaidea di cinema. «Mi piace raccontareuna storia in quella frazione di spazio edi tempo che è il cinema — dice abbas-sando di nuovo il tono di voce — unaparentesi in cui quelle vite diventano ilcentro del mondo e tu ti annulli comespettatore, perché vivi con loro. E per-

ché il cinema rende eccezionali le per-sone normali». Lo ha fatto anche in unodei suoi ultimi documentari, La fabbri-ca dei tedeschi, nel 2008, sulla tragediadella ThyssenKrupp, nel cui prologo gliattori (fra cui Valeria Golino e MonicaGuerritore) impersonano i parenti del-le vittime e rievocano gli ultimi mo-menti di normale quotidianità prima diquel terribile incidente.

Militante della vita, come ama defi-nirsi, Calopresti da tempo abita a Romadove si è sposato solo qualche anno facon la giornalista Cristina Cosentino,da cui ha avuto una figlia, Clio, che orain tenera età comincia a frequentare ilset facendo la comparsa. Stavolta haaccompagnato il papà a Torino, vicinoalla grande fabbrica raccontata da Ca-lopresti nel libro Io e l’Avvocato. Storiadei nostri padri. «L’ho scritto ripensan-do all’esperienza di mio padre alla Fiate all’illusione del posto sicuro che giànegli anni ’80 tramonta con l’arrivo deirobot. Quel posto gli operai lo hannoamato e difeso con le unghie per dareun futuro alle proprie famiglie. Per que-sto nel libro c’è il rapporto tra padri e fi-gli. Quello tra Edoardo e l’Avvocato e traMico ed Emilio, figlio di un operaio, cheho descritto attraverso pezzi di storiadella mia famiglia. Uno di quei pezziappartiene a mia madre, che rifiutò lacasa Fiat per non farsi ghettizzare. Inquesti giorni abbiamo girato in un ap-partamento proprio dentro quei palaz-zi da cui ti affacci sulla fabbrica. Da lì ve-di solo la fabbrica, nient’altro. Ho pen-sato subito a lei, a mia madre, e alla suamiracolosa intuizione».

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L’incontroMilitanti

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Vengo davvero

dalla stradaè stato difficileper uno come meanche soltantoimmaginaredi riuscire a viveredi questo lavoro

MimmoCalopresti

GUIDO ANDRUETTO

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Repubblica Nazionale