Il Sommelier n.6 novembre dicembre 2010

156
Organo ufficiale della FISAR - Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane S.p.A. - Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004) v46, art. 1 comma 1, DCB Po” 5, 30 www.ilsommelier.com Rivista di enologia, gastronomia e turismo Anno XXVIII - Numero 6 - Novembre-Dicembre 2010 ® speciale T oscana Franco Biondi Santi

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Il Sommelier - La rivista bimestrale della F.I.S.A.R. Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori

Transcript of Il Sommelier n.6 novembre dicembre 2010

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Rivista di enologia, gastronomia e turismo Anno XXVIII - Numero 3 - Maggio-Giugno 2010

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Rivista di enologia, gastronomia e turismo Anno XXVIII - Numero 6 - Novembre-Dicembre 2010

®

speciale ToscanaFranco Biondi Santi

Il Manzoni bianco perché? Ce lo spiega una vignaiola trevigiana - Luisella Rubin 8

Che buona la birra giù al nord! Enza Bettelli 12

Lavori in corso... sulla Strada del Cesanese di Patrizia Vasta e Paola Cambria 16

Il Brasile presenta la XVIII edizione della valutazione nazionale dei vini vendemmia 2010 - Roberto Vitali 19

Un grappolo d’uva uscito dal mare - Giancarlo Roversi 22

Côte des Bar: Les Riceys, non solo ChampagneSilvana Delfuoco 25

18° Concorso Internazionale dei Vini di Montagna Virgilio Pronzati 27

Brindisi sul vulcano per celebrare i trent’anni della “ViniMilo” - Antonio Iacona 32

Le notizie di enogastronomia e turismo a cura della redazione di Quality ADV 38

AGRILANGA Agricoltura Biologica - a cura della redazione di Quality ADV 42

Tornano i “Maestri del Gusto” di Torino e provincia - a cura della redazione di Quality ADV 44

46

Il vino emiliano dei contadini: il Pagadebit Luca Iacopini e Massimo Bracci 124

L’opinione del Presidente Pag. 2

La contraffazione alimentare vale 60 miliardi - Roberto Rabachino 4

L'opinione di Marcello Masi 6

News dall'Italia 125

In famiglia 126

La Segreteria Comunica 139

ComuniCazione istituzionale

ENOGASTRONOMIA • TURISMO • CURIOSITà

SCIENZA • TECNICA • APPROFONDIMENTI

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speciale Toscana

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 62

E con questo editoriale siamo giunti alla fine del 2010 e anche alla conclusione del primo anno di attività di questo Consiglio Nazionale: troppo

presto per gli auguri di fine anno, visto che la nostra ri-vista, essendo bimestrale, esce a novembre così come è prematuro fare il bilancio del primo anno di gestione. Ma l’autunno è caratterizzato, oltre che dal vino novello, castagne e funghi, anche dall’uscita delle Guide dei Vini, straordinario carosello di punteggi, Bicchieri, Grappoli, Corone ecc., una corsa all’accaparramento di quella, o quelle, che saranno le “bibbie”per i consumatori del net-tare di Bacco, che spesso scelgono il vino da acquistare solo sulla base del punteggio (per non dire del costo, secondo un’antica equazione: + costoso = + buono); guide che dettano mode e fanno tendenze, adesso è il momento degli autoctoni, un tempo accantonati e bi-strattati, per fare posto agli internazionali cabernet, mer-lot, syrah e chardonnay, possibilmente caratterizzati da una evidente, quanto invadente, nota di barrique o “le-gno”, per i più esperti, e come tutte le mode, effimere e sfuggenti, ecco il revival farsi largo: No Barrique, Si Allogeni! Beh, a ognuno il suo. Con la nota curiosa che pur trovando ai vertici delle classifiche sempre gli stessi vini, delle stesse aziende, non tutti i vini che occupano i primi posti sono uguali per tutte; come dire quello che è eccellente per una guida è semplicemente ignorato da un’altra Lo scorso anno sono stati solo otto i vini ricono-sciuti “Eccellenti” da tutte e cinque le Guide. Se è vero che ognuno ha il proprio gusto, forse non tutti hanno gli stessi interessi… Tuttavia e nonostante tutto, dobbiamo brindare alla nascita di una nuova guida; infatti dal di-vorzio editoriale tra Gambero Rosso e Slow Food ecco quest’anno spuntare sul mercato la nuova guida edita da Slow Food che si chiama Slow Wine 2011. Una guida che ha un modo originale di classificare i prodotti, senza competizione; infatti la selezione è stata fatta non solo guardando il contenuto della bottiglia, ma “indagando” anche su chi e come produce, in pratica “…dare for-za all’insieme dei tanti elementi che compongono una cantina e un vino, piuttosto che unicamente al prodot-

to finito che si ritrova nel bicchiere. Incentrare l’interes-

se solo sulla bottiglia avrebbe reso meno comprensibile

tutto l’insieme degli elementi che il consumatore attento

ha voglia di conoscere, e ha il diritto di conoscere, pri-

ma di acquistare un vino. . . un insieme di informazioni

che ne descrivesse le vigne, i vitigni piantati e la filosofia

che accompagna il lavoro dei viticoltori.” Un’altra scelta

che trovo assolutamente giusta è quella di non recensi-

re i campioni prelevati dalla “vasca”, quindi vini ancora

non pronti e pertanto non in commercio al momento ma

sicuramente in futuro, e neanche prossimo. Così come

hanno evitato di scrivere di quei vini, seppur premiati,

che ancora si “devono fare” che “non sono pronti, ma si

faranno grandi”; roba da veggenti! La guida è divisa in tre

categorie: “i Vini Quotidiani (prodotti che costano fino

a 10 € in enoteca, dall’eccellente rapporto tra la qualità

e il prezzo), i Grandi Vini sotto il profilo squisitamente

organolettico, per finire con i Vini Slow: bottiglie che,

oltre a una qualità organolettica eccellente, riuscissero a

condensare nel bicchiere valori di tipo territoriale, storico

e con una identità ben precisa”.

Una guida che è attenta anche a quelle Aziende che

praticano un’agricoltura rispettosa dell’ambiente e

dell’ecosistema, un sistema vitivinicolo che non guardi

solo il proprio ombelico, ma sappia far crescere il sistema

agricolo nella sua interezza.

Sono anche io convinto che la battaglia contro

l’omologazione dei gusti e l’appiattimento delle

caratteristiche organolettiche dei vini possa passare solo

attraverso la conoscenza dei territori, dei vitigni e degli

uomini che compongono il terroir italiano. Chissà, forse

con questi nuovi criteri di valutazione e presentazione sarà

più facile trovare accanto ai nomi blasonati e acclamati

nuove realtà, fin’ora sfuggiti alla critica; forse.”Qualcosa

sta cambiando nel mondo della critica enologica”.

Auguri a Slow Wine e ai curatori, Giancarlo Gariglio e

Fabio Giavedoni e naturalmente ai nostri lettori e che il

nostro calice sia sempre colmo!

Presidente Vittorio Cardaci Ama

per comunicare con il Presidente:[email protected]

Quando il ragionare è meglio

del solo leggere

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 3

Rivista di Enologia, Gastronomia e Turismo

Organo Ufficiale della F.I.S.A.R.Federazione Italiana Sommelier

Albergatori RistoratoriRic. di Pers. Giuridica PI. n° 1070/01 Sett. I del 9.5.01

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tramite spedizione gratuita in abbonamento postale.

La rivista è associata al USPIUnione Stampa Periodica Italiana

Hanno collaborato a questo numeroMarcello Masi, Giancarlo Roversi,

Enza Bettelli, Gudrun Dalla Via, Virgilio Pronzati,Luca Iacopini, Massimo Bracci, Silvana Delfuoco,

Saverio Scarpino

Per la fotografiaOliviero Toscani, Saverio Scarpino,

Roberto Rabachino, Enza Bettelli, Alberto Doriae immagini di Redazione.

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Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

Il falso made in Italy alimentare

in Italia e all’estero vale circa 60

miliardi con la pirateria internazio-

nale che utilizza impropriamente pa-

role, colori, località, immagini, deno-

minazioni e ricette che si richiamano

all’Italia per prodotti taroccati che non

hanno nulla a che fare con la peni-

sola, ma anche con l’utilizzo a livello

nazionale di materie prime importa-

te da vendere come italiane per la mancanza

dell’obbligo di indicare l’origine in etichetta.

Lo si legge in un comunicato della Coldiretti,

associazione che è impegnata in una mobi-

litazione ai valichi di frontiera ed ai porti a di-

fesa del vero made in italy, in occasione

della “Giornata nazionale dell’anticontraffa-

zione” promossa, per sensibilizzare sul cre-

scente fenomeno della contraffazione, dalla

Confindustria con il patrocinio e la diretta col-

laborazione della Direzione generale per la lot-

ta alla contraffazione-Uibm del Ministero dello

sviluppo economico, oltre che del Dipartimento

per le politiche comunitarie della presidenza

del consiglio e del Ministero degli affari esteri.

All’estero, secondo le stime della Coldiretti,

sono falsi tre prodotti alimentari

di tipo italiano su quattro. Un fe-

nomeno che frena la diffusione

del made in Italy e che, precisa

la Coldiretti, causa di danni eco-

nomici, ma anche di immagine.

Il rischio reale e’ che si radichi nelle

tavole internazionali un falso made

in Italy che toglie spazio di merca-

to a quello autentico e banalizza le

specialità nostrane frutto di tecniche, tradizioni

e territori unici e inimitabili. È il caso, spiega la

Coldiretti, dei formaggi tipici dove il Parmesan

è la punta dell’iceberg diffuso in tutto il mon-

do, dagli Usa all’Australia, ma ci sono anche il

Romano, l’Asiago e il Gorgonzola prodotti negli

Stati Uniti dove si trovano anche il Chianti ca-

liforniano e inquietanti imitazioni di soppressa-

ta calabrese, asiago e pomodori San Marzano

“spacciati” come italiane. Per non parlare del

Prisecco, un vino rosso diffuso in Germania

che imita il celebre e rinomato Prosecco.

E in alcuni casi sono i marchi storici ad essere

“taroccati” come nel caso della mortadella San

Daniele e del prosciutto San Daniele prodotti in

Canada.

La contraffazione alimentare

vale 60 miliardi

Secondo un’analisi condotta dalla Coldiretti all’estero sono falsi tre prodotti alimentari di tipo italiano su quattro.

Un fenomeno che frena la diffusione del made in Italye che è causa di danni economici, ma anche di immagine

“”

4

per comunicare con il Direttore:[email protected]

fonte Ministero delle Politiche Agricoledi Roberto Rabachino

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 66

Come è noto il linguaggio si evolve di

continuo. Nascono tutti i giorni nuove

parole e nuovi modi di dire. Tra le nuo-

ve generazioni la comunicazione si rinnova, gra-

zie alla rete globale, ancor più rapidamente. In

questa trasformazione senza pause è coinvolta

tutta la società. Naturalmente alcune epoche,

alcuni periodi storici, sono stati più fecondi altri

meno dinamici. Le novità linguistiche di tutte le

epoche hanno formato il linguaggio che scrivia-

mo e parliamo tutti i giorni, indispensabile per

comunicare le nostre idee, le nostre esigenze,

i nostri pensieri. Eppure i nostri anni ci hanno

ormai abituato a qualcosa di rivoluzionario.

Grazie alle immagini, infatti, molte parole sono

diventate quasi superflue. Le distruzioni provo-

cate da un cataclisma, la morte violenta di un

uomo o un bacio appassionato visti in tv, sul

computer o al cinema hanno travolto il nostro

modo di comunicare. In questo senso la pubbli-

cità è l’esempio più evidente di questa rivoluzio-

ne senza precedenti. In molte campagne l’uso

delle parole è stato semplicemente abolito. Del

resto l’emozione si trasmette più facilmente con

un’immagine che tutti possono immediatamen-

te comprendere piuttosto che con una frase,

magari complessa. Inoltre l’immagine è univer-

sale e non ha bisogno né di traduzione né di

traduttori. Di conseguenza anche la parola ha

subito un’accelerazione violenta. Per rimanere

al passo della forza dirompente dell’immagine

la parola si è trasformata in concetto, in titolo, in

slogan. Se a un nostro figlio o nipote gli si chiede

come va e lui risponde “scialla”, questo significa

molte cose insieme. Questa parola arabeggian-

te, di origine controversa, ma usatissima da gli

under 30, più che una parola è un contenitore

di stati d’animo, di emozioni, non necessaria-

mente positivi e non necessariamente negati-

vi. La traduzione di “scialla” va supportata, per

essere pienamente compresa, dalle espressioni

del viso di chi la pronuncia. Nello stesso tempo

“scialla” è un concetto omnicomprensivo capa-

ce di sintetizzare un discorso. Anche i media

sempre più spesso rincorrono l’immaginazione,

l’unica alternativa efficace dell’immagine. Ed

Chilometri zero?Scialla!

di Marcello MasiVice Direttore TG2 RAI

e responsabile rubrica Eat Parade

Siamo davvero sicuri che semplificaresia la cosa migliore da fare?“ ”

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 7

ecco spuntare: “mani pulite”, “calcio scommes-

se”, “riscaldamento globale”, “furbetti del quar-

tierino”, “films pulp”, “Milano da bere”, “Roma

ladrona”, “cerchiobbottismo”, “metanolo” ec-

cetera, eccetera…eccetera. Insomma la parola

per difendere la sua dignità e la sua stessa so-

pravvivenza oggi cerca aiuto nei migliaia di col-

legamenti immediati che i nostri neuroni posso-

no realizzare in un istante leggendo o sentendo

un concetto. Una semplificazione linguistica che

apre, però, un universo. Un contenitore capace

di sintetizzare vicende sulle quali sono stati ver-

sati mari d’inchiostro chimici, naturali o virtuali

che siano. Questa rivoluzione è ormai nel Dna

di ognuno di noi e non possiamo più farne a

meno. Per farsi comprendere da sempre più va-

ste platee i comunicatori fanno spesso ricorso a

parole che colpiscono immediatamente, senza

spiegazioni e tanto meno approfondimenti. Ed

è proprio in questa coda che si nasconde il ve-

leno. Siamo davvero sicuri che semplificare sia

la cosa migliore da fare? A mio modesto parere

una cosa è parlare correttamente e con termini

comprensibili da tutti, altra cosa è semplificare

ad ogni costo. Un esempio per tutti: “chilome-

tri zero”. Questa espressione negli ultimi mesi

è diventato un vero e proprio tormentone. Non

c’è discorso “ecosostenibile” che non contenga

questa espressione. Eppure “chilometri zero”

non sono sinonimo di qualità e garanzia di at-

tenzione all’ambiente. Vi ricordo che potrebbe-

ro servirvi un bel piatto di spaghetti alle vongole,

o una bella pizza al pomodoro rigorosamente a

chilometri zero senza che voi siate felici. Se nel

primo caso vi trovaste in un ristorante di porto

Marghera e nel secondo in una pizzeria che in-

naffia i propri pomodori con le acque del fiume

Sarno. Buon appetito.

Torre di Babele di Bruegel

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 68

Tra i numerosi vitigni autoctoni che ca-

ratterizzano il panorama vitivinicolo del

Veneto, il Manzoni Bianco o Incrocio

Manzoni 6.0.13 può essere considerato il più

giovane e il più interessante tra quelli a bacca

bianca della provincia di Treviso. E’ il risultato

ottenuto dall’incrocio di due varietà: Riesling

Renano e Pinot Bianco.

Figlio della genetica, è stato creato nei vigneti

della Scuola Enologica di Conegliano, in provin-

cia di Treviso, dal professor Luigi Manzoni negli

anni trenta. Il numero 6.0.13 fa riferimento alle

coordinate delle piante impollinate nei filari del

vigneto sperimentale, nel quale il professore ef-

fettuava le sue ricerche genetiche e dalle sue

sperimentazioni sono nati numerosi incroci. Ma

il più famoso è il Manzoni Bianco, dotato di no-

tevoli capacità di adattamento a climi e terreni

differenti tra loro. Presenta un grappolo piccolo,

i cui acini di colore giallo verdolino, sono protetti

da una buccia spessa e pruinosa, dal sapore

leggermente aromatico. La sua produzione è

contenuta.

Nasce un vino di alta classe, caratterizzato da

doti di finezza ed eleganza, esaltate dal profu-

mo delicato del Pinot Bianco e dalle finissime

sfumature aromatiche del Riesling Renano,

equilibrato e di buon corpo. E’ un vitigno che,

per le sue notevoli potenzialità, ha convinto di-

versi produttori della Marca Trevigiana ad inter-

pretarlo e a valorizzarlo.

In quel tratto di pianura, dove le ultime propag-

gini dei Colli di Conegliano si estendono nella

provincia di Treviso fino al confine con la pro-

vincia di Venezia, il terreno di natura alluviona-

le, formatosi nel corso dei secoli in seguito alle

numerose esondazioni del fiume Piave, è ferti-

le e particolarmente vocato per la coltivazione

della vite. Proprio in questa zona, a Roncadelle

di Ormelle, si trova l’azienda vinicola” Italo

Cescon”, condotta oggi, con passione e de-

dizione, dalla figlia Graziella, coadiuvata dalla

madre Chiara, dalla sorella Gloria e dal fratello

Domenico. Ben 115 ha, dislocati nelle province

La valorizzazione di un vitigno così prezioso, significa per me e per la mia azienda mantenere un legame

con la tradizione familiare e continuare un percorsoiniziato ancora negli anni cinquanta da mio padre,

con il preciso obiettivo di proporre la tipicità di queste terre

“”

Il Manzoni bianco perché? Ce lo spiega una

vignaiola trevigianadi Luisella Rubin

Consigliere Nazionale

A Trento la Passione si stappa.

Stappa la passione di Cesarini Sforza Tridentum.

In lui batte il Metodo Classico Trento D.O.C. Il

suo bouquet esclusivo ti trasporterà in Trentino,

tra i 350 e i 650 metri di altitudine dei vigneti di

Chardonnay e di Pinot Nero della Valle di Cembra,

da cui provengono le sue uve. E il tuo cuore sarà

conquistato dal suo bouquet raffinato, fresco,

autentico, dal suo gusto così elegante.

www.cesarinisforza.com

Tridentum Sommelier_nov_dic.indd 1 27-10-2009 12:56:19

di Treviso, di Venezia e di Udine sono coltivati a

vite , con una produzione annua che raggiunge

800.000 bottiglie, che vengono vendute in tutta

Italia, in Europa e in America. È un’azienda mo-

derna, attenta all’innovazione, dotata delle più

sofisticate attrezzature di vinificazione, che da

sempre si è impegnata nella ricerca e nella va-

lorizzazione dei vitigni autoctoni , in particolare il

Manzoni Bianco.

La prima domanda che di getto rivolgo a

Graziella Cescon, è:

Il Manzoni Bianco perché?

La valorizzazione di un vitigno così prezioso, si-

gnifica per me e per la mia azienda mantenere

un legame con la tradizione familiare e conti-

nuare un percorso iniziato ancora negli anni cin-

quanta da mio padre, con il preciso obiettivo di

proporre in ogni calice di vino la storia enologi-

ca della mia famiglia e la tipicità di queste ter-

re, attraverso una corretta interpretazione della

tecnologia moderna. Nel rispetto dell’ambiente

circostante, è stata introdotta una coltivazione

biologica , finalizzata ad una produzione di uva

sana e di qualità .Il territorio è un elemento im-

portante da salvaguardare, perchè contribuisce

a differenziare un vino, a renderlo unico ed irri-

petibile. La vendemmia viene rigorosamente ef-

fettuata a mano. Il vino che ne deriva è apprez-

zato dai consumatori per quel carattere di forte

riconoscibilità, di cui la mia azienda ne va fiera.

Al cliente viene offerta una completa tracciabilità

del prodotto: dalla vigna all’imbottigliamento.

Il Manzoni Bianco “Svejo”è il risultato ottenuto

dall’eccellente mano dell’enologo, mio fratello

Domenico, che ci ha regalato importanti soddi-

sfazioni e riconoscimenti a livello internazionale.

Vinificato in purezza, di colore giallo paglierino

intenso, emana profumi finissimi e nobili che

ricordano i fiori del prato a primavera, accom-

pagnati da sentori di agrumi, pesca, albicocca

ed ananas e delicate note speziate. Al gusto è

secco, caldo, di corpo ed equilibrato . Servito

fresco è ottimo come aperitivo, ma si abbina

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 610La vendemmia a mano del Manzoni bianco

benissimo con piatti a base di pesce e verdu-

re. Questo vino fa parte della nostra linea “I

Cru”, che comprende quattro vini: due bianchi,

Sveijo(Manzoni Bianco) e Mejo(Sauvignon) e due

rossi, Rabià(Raboso Riserva) e Chieto(Cabernet

S e Merlot), vini unici, di qualità superiore, pro-

dotti da uve provenienti da particolari vigneti,

caratterizzati da peculiarità climatiche ed am-

bientali.

La diffusione geografica del Manzoni

Bianco interessa solo la provincia

di Treviso o è più allargata?

Il Manzoni Bianco è coltivato principalmen-

te nella provincia di Treviso, dove ha trovato

il suo habitat felice, ma viene coltivato anche

fuori del Veneto, in Friuli, in Trentino ed ultima-

mente si sta diffondendo anche nelle regioni

del centro Italia. Rientra negli uvaggi di alcuni

disciplinari di produzione della Doc Bianco dei

Colli di Conegliano, Breganze Bianco e Trentino

Bianco, oltre a parecchi vini ad IGT in cui viene

vinificato in purezza. Con il nuovo disciplinare

del Comitato Nazionale per la tutela e la valoriz-

zazione delle DOC e delle IGT, verrà riconosciu-

ta la DOC per il Manzoni Bianco.

I vostri vini sono identificati con nomi dia-

lettali, perché?

La scelta dei nomi dialettali, di facile leggibilità e

pronuncia, è stata dettata dal desiderio di enfa-

tizzare al massimo il nostro legame con il terri-

torio, con la cultura popolare e con le tradizioni

tramandate dai nostri avi, al fine di valorizzare i

vitigni autoctoni dell’area DOC Piave, per susci-

tare nei consumatori quelle piacevoli emozioni

che solo un vino di qualità può regalare. In tal

modo vogliamo affermare il valore del nostro

marchio.

C’è una grande novità riguardo al vostro

nuovo packaging, ce la racconta?

L’etichetta, insieme alla bottiglia rappresenta

un elemento fondamentale del packaging di un

vino, il cui scopo è quello di dare alla clientela

delle informazioni chiare e precise circa il pro-

dotto. È un importante biglietto da visita per far

conoscere i vini dell’azienda. La nostra sensibi-

lità ci ha indotto a pensare alla possibilità di cre-

are una formula nuova per comunicare il nostro

prodotto ai non vedenti. Un’iniziativa questa

messa in pratica con il supporto e la collabora-

zione dell’Unione Italiana Ciechi, grazie alla qua-

le sono state create le etichette con le scritte in

braille, per consentire agli amanti di Bacco, non

vedenti, di leggere le indicazioni sulle caratteristi-

che del vino contenuto nella bottiglia .Abbiamo

scelto di iniziare questo percorso dalla linea più

prestigiosa dei nostri vini, “I Cru”, al fine di enfa-

tizzare l’importanza di questo progetto.

Nel futuro cosa rappresenterà per la vostra

azienda il Manzoni Bianco?

È un vino, che tutti noi amiamo e che sicura-

mente continuerà a lasciare un segno, quale

portavoce autentico del nostro legame con il

territorio e con tutto il suo patrimonio culturale,

storico e della tradizione: espressione unica e

tipica della grande terra del Piave.

Sarà nostro impegno garantirne l’assoluta qua-

lità nel tempo.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 11

Un grappolo di Manzoni bianco

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

All’interno della regione le città sono

ricche di storia come Lille, Arras,

Roubaix e adesso anche Lens, dove

sta prendendo forma quella che dal 2012

sarà una prestigiosa dependance del Louvre.

Sull’oceano si affacciano accoglienti cittadine

come Dunkerque, con l’enorme spiaggia che

offre spazi perfetti per le passeggiate e per lo

sport. Tutto il territorio è però caratterizzato da

due elementi ricorrenti: i beffrois, cioé gli anti-

chi torrioni dai quali si sorvegliava la campagna

per prevenire le incursioni nemiche, e le birrerie.

Perché se il clima fresco e gradevole del Nord

non è molto adatto per la vite è invece perfetto

per tutti gli ingredienti necessari per un’eccel-

lente birra.

Il Nord-Pas de Calais è infatti una delle due

grandi regioni francesi della birra, seconda solo

all’Alsazia, con oltre 20 birrifici che producono

un centinaio di tipi diversi di birra, tra artigianali

e industriali, per oltre 5 milioni di ettolitri pari a

un quarto della produzione nazionale francese.

E naturalmente, non potendo disporre della ric-

chezza di vini che ha reso famosa l’Alsazia, il

Che buona la birragiù al nord!

Nord-Pas de Calais è la regione più a settentrione della Francia, con un territorio che offre una intrigante varietà di paesaggi

e di culture e una gastronomia altrettanto interessante, che può fare a meno del vino ma non rinuncia all’ottima birra locale

“”

di Enza Bettelli

12

Nord-pas de Calais vanta il primato nel con-

sumo di birra con circa 80 litri all’anno pro

capite contro i 41 litri della media nazionale.

D’altra parte è proprio in queste zone che si

dice che “la birra consente di ridere con gli

dei” e la domanda è tale che la strada del-

la birra vede il riaprirsi sistematico di locali,

anche se si è ancora lontani dalle 1500 bras-

serie che arricchivano la regione all’inizio del

ventesimo secolo.

La produzione di birra nelle Fiandre francesi

presenta alcune affinità con quella, più famo-

sa, del confinante Belgio. Le tipologie sono

soprattutto a bassa fermentazione, tipiche

del territorio e dai nomi a dir poco originali,

come per esempio la Ch’ti, dal soprannome

dato agli abitanti della regione e che deriva

dalla pronuncia piccarda di c’est moi (sono

io). Moltissime birre sono ad alta gradazione,

superiore cioè a 7 gradi, e quasi tutte posso-

no sostituire il vino a tutto pasto. Specialità

della regione è la bière de garde (birra con-

servata), una volta prodotta tradizionalmente

solo in primavera e quindi conservata fino

all’estate per soddisfare la grande richiesta

da parte degli agricoltori che la bevevano per

dissetarsi durante il lavoro nei campi. Oggi

questa birra viene prodotta tutto l’anno e ha

spuma leggera e non molto persistente men-

tre il gusto è asciutto, a volte leggermente

amarognolo, con sentore del legno dei tini

nei quali ha riposato per almeno un mese.

Questa permanenza nel legno conferisce alla

birra toni ambrati o ramati, pur se si tratta di

solito di birra chiara.

Le ore della birra

Non c’è manifestazione nelle Fiandre francesi

che non venga abbondantemente annaffia-

ta con la birra. La più vivace è la Braderie

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

che ogni primo fine settimana di settembre per

due giorni trasforma Lille in un enorme mer-

cato, con chilometri di bancarelle e migliaia e

migliaia di visitatori che si fermano poi a man-

giare moules-frites (cozze accompagnate con

patatine fritte). Il luogo ideale per bere la birra è

però l’estaminet, antica osteria sempre arredata

in modo tradizionale, dove si possono gustare

i piatti più tipici. Oltre alla patata, cotta in ogni

modo e conosciuta nella regione circa un se-

colo prima che Parmentier la introducesse nel

resto della Francia, ci sono le zuppe di pesce

che hanno nomi simili a quelli belgi come il wa-

terzoï, la carne bianca e rossa viene trasformata

in carbonade e potje’vleesch (una gustosissima

terrina), poi ci sono il coniglio alle prugne, la lin-

gua affumicata e il foie gras. Ma soprattutto è

la birra a caratterizzare la cucina della regione,

utilizzata abitualmente come altrove viene uti-

lizzato il vino, profumando cozze, galletti, carni

e pesci. E durante tutta la giornata la birra ac-

compagna i salumi e soprattutto i formaggi di

cui la regione è ricca, oltre una trentina tra cui

l’antico Maroilles.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 614

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

Lavori in corso…. sulla Stradadel Cesanesedi Patrizia Vasta e Paola Cambria

16

Non sono ancora pronti i cartelli stradali

ad indicare la Strada del Vino Cesanese,

e questo è un primo evidente segnale di

quanto lavoro ci sia ancora da fare. Già, perché

anche per ottenere le palette indicative su cui si

snoda il percorso eno-turistico del vino rosso la-

ziale, dal grande carattere e potenziale, si deve

lottare con la burocrazia, le lungaggini, la disor-

ganizzazione. Ma la determinazione e la tenacia

non mancano. Questa è un po' l'aria che si respi-

ra qui in Ciociaria, nel territorio della provincia di

Frosinone racchiuso tra i comuni di Affile, Piglio e

Olevano Romano, nel regno del Cesanese.

Così la raccontano i giovani vignaioli che cre-

dono in questo progetto, quello della Strada

del Cesanese: un itinerario di raccordo tra mete

culturali, religiose e percorsi enogastronomici

e paesaggistici. Ogni giorno si danno un gran

da fare, per vederlo crescere, Pierluca Proietti

e Maria Berucci, in un tandem di entusiasmo e

vulcanicità. Con il trasporto ideale di chi guarda

sempre avanti, non si fanno sconti e prima di tut-

to ne elencano le criticità. Cartelli stradali a parte,

ci sono le divisioni tra i comuni e le DOC che

al momento della costituzione della Strada del

Vino Cesanese, nel 2001, hanno portato di fatto

alla creazione di due strade, quella del Piglio e di

Affile che oggi associa in sé 22 cantine, e quella

di Olevano con 12 aziende. Una scissione che

non giova a nessuno e che si spera di superare

presto. C'è piuttosto un'identità comune da co-

struire attraverso iniziative di formazione, di mar-

keting, di strategia commerciale. E poi c'è la cri-

ticità della collocazione geografica del territorio,

un enclave tra Roma e Napoli che intercetta con

difficoltà il turismo che si concentra sulle città.

E i problemi dell'accoglienza, un sistema ancora

poco sviluppato e improvvisato che deve struttu-

rarsi meglio per proporsi con efficacia nell'ambito

del turismo laziale. Ma detto questo, tanti passi

avanti sono stati fatti. Con orgoglio e soddisfa-

zione si passa all'elenco dei risultati incassati.

Più di 70 gli eventi organizzati negli ultimi 3 anni

che hanno visto crescere l'interesse di pubblico

e di eno-appassionati per il territorio. Un anno

speciale questo 2010 in cui il 50° della cantina

“Protagonista indiscusso ed elemento fondante di questa storia di sviluppo e promozione

è proprio il Cesanese

sociale del Cesanese del Piglio, che della strada è

il socio fondatore, ricorre in concomitanza con la

presentazione della prima produzione DOCG,

ottenuta nel 2008. La celebrazione dello sforzo

corale di produttori, istituzioni ed estimatori per

dare a questa terra e al suo vino un marchio di

eccellenza. Il riconoscimento di una tradizione

che conta secoli di storia per un territorio ad alta

vocazione viticola abitato da una popolazione

che si è sempre occupata di viticoltura e che,

per questo, ne conosce ogni segreto. Se dal

punto di vista commerciale bisogna ancora met-

tere insieme le risorse, dall'altra parte, la coope-

razione produttiva, infatti, qui è un dato diffuso:

la tecnica, il confronto, la creatività, l'innovazione

sono storia comune del territorio e si ritrovano

in un vino che sempre più si eleva verso le sue

punte di eccellenza alla ricerca di parametri uni-

voci e riconoscibili. Protagonista indiscusso ed

elemento fondante di questa storia di sviluppo

e promozione, è proprio il Cesanese, vino che,

finalmente liberato da complessi di inferiorità, si

è ormai acclarato agli onori delle cronache de-

dicate ai grandi vini, al di là del riconoscimento

DOCG. Dal colore rosso rubino, tendente al gra-

nato con l'invecchiamento, e dal tenore alcolico

significativo è un vino tannico, vellutato e pasto-

so che esprime sial al naso che in bocca l'au-

tenticità del frutto, note delicate e persistenti di

frutti di bosco, more e mirtilli. Ha una dimensione

olfattiva molto profonda che, con un moderato e

prudente invecchiamento in botte, esplode na-

turalmente e autonomamente in aromi terziari.

Insomma non ha bisogno né di aiuti, né di for-

zature. Ha bisogno di tempo e di pazienza. Ha

bisogno di venir fuori.

È un vino che evolve nel bicchiere dicono qui gli

esperti, i tecnici, gli enologi. È un vino che evolve

sempre! Più famoso per la sua concentrazione,

in realtà, tutta da scoprire è la dimensione della

sua parte acida che regala longevità ed evolu-

zione appunto. E in effetti quella della scoperta

è la sfida a cui guarda questa terra, col suo vino

di punta, le sue cantine e la sua gente, che chie-

de di essere scrutata e scoperta nei suoi aspetti

meno scontati e più sorprendenti mentre al con-

tempo ribadisce con orgoglio la sua tradizione

di terra del vino e dei sapori veri. Tra cui non si

può non citare un gioiello in cui ci si imbatte alle

porte di Acuto, il ristorante Le Colline Ciociare.

È il regno di Salvatore Tassa personaggio istrio-

nico, filosofo della gastronomia più che chef, si

definisce cuciniere alla ricerca dell'essenziale,

del progressivo annullamento del superfluo e

del valore aggiunto, compresa la mise-en-place.

Laboratorio di originalità e creatività, quest'anno

premiato dalle tre forchette, il suo ristorante è

la consacrazione del gourmet casalingo, quello

costruito sui prodotti dell'orto, sulla sperimen-

tazione degli accostamenti e sulle intuizioni del

momento. Quindi inutile raccontare i suoi piatti. È

un'esperienza vera. Sulla Strada del Cesanese.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 618

Vigneti di Cesanese

Una platea di 750 enoappassionati ha

animato a fine ottobre la XVIII Avaliação

Nacional de Vinhos – safra 2010.

L’evento è stato organizzato dall’Associazione

degli Enologi del Brasile (ABE) con la

partecipazione istituzionale di IBRAVIN –

Istituto Brasiliano del Vino e si è svolta a Bento

Gonçalves, ridente cittadina all’interno della Vale

dos Vinhedos nel Rio Grande do Sul, patria dei

grandi vini brasiliani.

La manifestazione, giunta ormai alla sua

diciottesima edizione, presenta i vini

dell’ultima vendemmia 2010 (ndr:

ricordiamoci che siamo

nell’emisfero opposto).

È un concorso

atipico perché sono degustati, valutati e premiati

i vini che ancora non sono in commercio ma

stanno definendosi in botte o in inox.

La selezione per premiare i vini più

rappresentativi è stata fatta alla

cieca da 83 enologi iscritti

alla ABE, suddivisi

in tre gruppi di

lavoro.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 19

di Roberto Rabachino

per comunicare con il Direttore:[email protected]

Il Brasile è ormai una realtà nel panorama enologico mondiale

e i suoi vini stanno varcando con assoluto successo i confini nazionali grazie al lavoro eccezionale degli enologi e alla straordinaria promozione targata

IBRAVIN e WINE OF BRASIL

Il Brasile presenta la XVIII edizione della valutazione nazionale dei vini vendemmia 2010

I vini scelti hanno stupito positivamente tutti i

presenti e sono stati pubblicamente degustati

da 16 esperti nazionali ed internazionali

proveniente da 8 nazioni:

Alexandra Corvo, Arthur Piccolomini Azevedo,

Didu Russo, Irineu Guarnier, Jose Luiz da

Souza, Marcelo Copelo, Nauro Morbini e

Suzana Barelli per il Brasile; Carmen Perez per

l’Argentina; David Furer per gli USA; Fernando

Pettenuzzo per l’Uruguay; Harry Ackemann per

la Germania; Maria Isabel Mijares per la Spagna;

Michael Whiteside per l’Inghilterra e Roberto

Rabachino per l’Italia.

“La crescente crescita qualitativa del vini

brasiliani è già da tempo riconosciuta sia dai

consumatoti che dai critici a livello mondiale

– dichiara il Presidente ABE Christian

Bernardi. La storia del vino brasiliano, iniziato

con l’arrivo degli immigranti italiani alla fine

del 1800, sta raggiungendo traguardi sino

a pochi anni fa impensabili. La passione, la

ricerca, la tecnologia uniti al nostro terroir e

all’alta professionalità dei viticultori – continua

Bernardi - ha reso possibile la concretizzazione

di un sogno. Oramai il vino brasiliano può

tranquillamente competere con i più grandi vini

del mondo senza nessun timore. E poi il risultato

ottenuto in questa manifestazione – conclude

il Presidente dell’Associazione degli

Enologi del Brasile – ci spinge ad immaginare

un futuro ancora più ricco di soddisfazioni e di

successo”.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 620

Il pubblico dei partecipanti

I numeri della manifestazione750 persone nel pubblico

55 aziende partecipanti

260 vini degustati “alla cieca”

83 enologi degustatori ABE divisi in tre gruppi con valutazione

tramite la scheda elettronica di analisi ANV/OIV

6 categorie premiate: vino base spumante, vino bianco

secco non aromatico, vino bianco secco aromatico, vino

rosè, vino rosso giovane e vino rosso

I vini e le aziende premiateCategoria vino base spumante

Base Chardonnay: Domno do Brasil

Base Chardonnay/Pinot Noir: Vinhos Salton

Categoria bianco secco non aromatico

Chemin blanc: Vinícola Ouro Verde

Chemin blanc: Vitivinícola Santa Mara

Chardonnay: Cooperativa Central Nova Aliança

Chardonnay: Vinícola Góes e Venturini

Categoria bianco secco aromatico

Moscato Giallo: Casa Geraldo

Moscato R2: Vinícola Perini

Categoria rosè

Rosé Cabernet Sauvignon: Vinícola Almadèn

Categoria rosso giovane

Pinot Noir: Rasip Agropastil

Categoria rosso

Cabernet Franc: Cia Piagentini de Bebidas e Alimentos

Cabernet Franc: Estabelecimento Vinícola Valmarino

Marselan: Vinícola Dom Cândido

Merlot: Seival Estate

Cabernet Sauvignon: Vinícola Santo Emilio

Cabernet Sauvignon: Vinícola Alma Única

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

Le aziende selezionate Christian Bernardi - Presidente ABE

Didù Russo - Brasile, degustatore ufficiale

Suzana Barelli Brasile, degustatrice ufficiale

Roberto Rabachino Italia, degustatore ufficiale

Maria Isabel MijaresSpagna, degustatrice ufficiale

Fernando PettenuzzoUruguay, degustatore ufficiale

Marcelo CopelloBrasile, degustatore ufficiale

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

Un grappolo d’uva uscito dal mare

22

Nascere e crescere in questo luogo, vederlo trasformare nel tempo,

viverlo e saperlo amico… il tuo mare, il tuo scoglio, la tua isola, le nostre Egadi

“”

di Giancarlo Roversi

Il buon giorno si vede dal mattino, recita un vecchio adagio. Ma, mutatis mu-

tandis, è altrettanto vero che il... buon vino si vede da chi lo produce. Il net-

tare di Bacco è infatti opera della passione, dell’amore, ma anche dell’estro,

della sensibilità e dell’intelligenza di coloro che riescono a estrarre le essenze più

intime e preziose dai frutti della vite. Un caso esemplare è quello della famiglia di

Salvatore e Vinzia Di Gaetano, di pura schiatta siciliana, anzi trapanese, cui si deve

il variegato ventaglio dei vini haut de gamme griffati Firriato che hanno conquistato

le preferenze degli amanti del buon bere di ogni parte del mondo. In particolare

della Svizzera, ma anche della Germania, ormai quasi completamente “colonizza-

te” dai gioielli enologici plasmati dalla terra, dal sole e dalla brezza marina dell’agro

di Trapani, un territorio agricolo segnato profondamente dalla coltivazione della

vite, posto tra il mare smagliante della costa mediterranea e il superbo skyline

dell’antica Erice che domina dall’alto della sua montagna.

La viticoltura premurosa e sapiente perseguita dalla famiglia Di Gaetano (ma vie-

ne più facile dire Firriato dal nome della località dove ebbe inizio la sua epopea

enologica) costituisce il caposaldo basilare per la creazione di vini di eccellenza

e si fonda sulla selezione dei territori viticoli e delle varietà impiantate. Per questo

Salvatore Di Gaetano, dopo la felice esperienza nella produzione vinicola sui terre-

ni collinari alle porte di casa, ha dilatato il suo sguardo sull’Etna, la “Montagna” per

antonomasia, portando alla ribalta la Tenuta di Cavanera. E proprio ora Salvatore,

trascinato anche dall’energia vulcanica contagiosa della moglie Vinzia, che incarna

la più pura e affascinante sicilianità femminile, e dall’entusiasmo garbato della gio-

vane figlia Irene, laureanda alla Luiss di Roma, ha deciso di sbarcare a Favignana

per restituire alla più grande dell’isola delle Egadi un lembo di quella viticoltura

abbandonata ai primi del ’900, che si preannuncia

ricca di piacevoli sorprese grazie all’habitat marino e

alla particolare composizione del terreno.

L’approdo sull’isola rappresenta per Firriato una

nuova sfida produttiva impegnativa ed avvincente:

“Le condizioni pedoclimatiche sono davvero par-

ticolari - spiega Vinzia Di Gaetano – caratterizzate

da un clima arido e secco e da suoli molto fertili. I

vigneti distano pochi metri dalla scogliera e la ven-

tilazione marina è costante, facilitando il gioco delle

escursioni termiche tra giorno e notte, particolar-

mente favorevoli per il raggiungimento ottimale della

maturazione dei grappoli. Nel vigneto sono stati re-

alizzati impianti di irrigazione di soccorso per i giorni

più caldi, in modo da scongiurare stress termici alle

piante. Tutto è stato concepito per raccogliere da

questi vigneti una materia prima di assoluto valo-

re enologico per la produzione di vini di nicchia, di

alta qualità e di immagine. Con Favignana il nostro

disegno di valorizzazione dei territori viticoli d’ecce-

zione della Sicilia, come Etna ed Egadi, compie un

sostanzioso passo in avanti e, siamo certi, che i ri-

sultati attesi non tarderanno ad arrivare, soprattutto

dai mercati più prestigiosi e competitivi”.

Grazie a questa scelta nelle prossime vendemmie

verrà arricchita la gamma produttiva di Firriato e la

sua filosofia aziendale, imperniata su vini moderni

dove le peculiarità dei terroir sono identificabili già

2323

Salvatore e Vinzia Di Gaetano - Firriato

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

al primo assaggio. I cinque ettari di vigneto nella

tenuta di Calamoni, che vengono a realizzare il

disegno di una moderna enologia dalla portata

storica in un ambiente suggestivo e intatto sot-

to il profilo ambientale, si trovano a pochi metri

dalla scogliera in un contesto di rocce affioranti

di tufo e sabbia rossa. Vi sono state impiantate

varietà autoctone coltivate ad alberello, un si-

stema tradizionale della viticoltura delle isole mi-

nori della Sicilia, particolarmente adatto a sop-

portare condizioni ambientali marine e la forza

del vento.

Etna e Favignana, una Sicilia degli antipodi ge-

ografici, di due viticolture totalmente differenti

(marina e di montagna), ma che hanno la forza

di coesistere e svilupparsi all’interno di quella

filosofia produttiva d’eccellenza enologica e di

valorizzazione del territorio che Firriato ha sem-

pre ricercato e voluto. I consumatori più appas-

sionati ed esigenti non potranno che essere

conquistati dalle perle rare che Firriato sta col-

lezionando con la sua strategia di produzione

vitivinicola: attenta osservazione e sviluppo dei

territori di frontiera per produzioni d’alta gamma

e di nicchia, ad alto contenuto di comunicazio-

ne e immagine.

Così per ogni etichetta che Salvatore crea c’è

il volto della moglie Vinzia con immagini che ci

raccontano che Firriato ha un’anima, un colore,

uno sguardo e che questi elementi coincidono

perfettamente con una terra straordinaria per

bellezza e generosità.

Vinzia Di Gaetano: un’isola incontaminata

che profuma di vero

Perché avete reintrodotto la vite a Favignana?

Nascere e crescere in questo luogo, vederlo

trasformare nel tempo, viverlo e saperlo ami-

co… il tuo mare, il tuo scoglio, la tua isola, le

nostre Egadi. È a quel punto che io e mio marito

diciamo: è ancora intatta, è ancora selvaggia,

profuma di vero. Ci piacerebbe uscire dal mare

e raccogliere un grappolo d’uva come si faceva

un tempo. Assetati, desiderosi di frutta e allora,

ma si, rimettiamo la vigna a Favignana come

un tempo, come prima. Sono passati cent’anni

dall’ultima vite, dall’ultimo vigneto, per ricreare

ancora una viticoltura estrema, orientata alla

produzione di vini di grande carattere e tipicità,

nel caso di Favignana unici.

Cosa rappresenta questa nuova esperienza

per un’azienda al top come Firriato?

È un progetto di grande valore qualitativo che

darà anche un significativo contributo all’im-

magine aziendale e avrà soprattutto effetti sulla

valorizzazione del territorio anche dal punto di

vista storico culturale.

Quali risultati vi aspettate?

Tutto e nulla: abbiamo seminato e il primo grap-

polo di zibibbo raccolto due giorni fa era mera-

viglioso, e sicuramente avremmo un maggiore

interesse e attenzione nei confronti della nostra

azienda, per Firriato come realtà impegnata nel-

la continua ricerca della biodiversità e nella sco-

perta di nuove frontiere del vino.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 624

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 25

Côte des Bar: Les Riceys, non solo Champagne

Esiste un luogo, nel cuore della Champagne,dove il vino più prezioso non ha le bollicine…“ ”

di Silvana Delfuoco

Nella Côte des Bar, a sud-est di Troyes, la città medievale dall’antico

centro storico a forma di tappo di Champagne (chissà se è da qui

che hanno preso ispirazione i suoi inventori, arrivati almeno cinque

secoli più tardi!) si trova un paesino davvero molto particolare. Prima di tutto

per la sua struttura, visto che è costituito dall’unione di tre antichi borghi fortifi-

cati: Ricey-Haut, Ricey-Haute-Rive e Ricey-Bas; poi anche per il suo notevole

patrimonio artistico. Infatti, oltre a chiese, castelli, case di vignaioli, lavatoi e

calvari qui si trovano i cadoles, caratteristici e originali ripari costruiti in mezzo ai

vigneti esclusivamente a secco, senza utilizzo di legno né cemento: qualcosa

di simile ai nostri “trulli” a centinaia di chilometri

di distanza! Ma c’è dell’altro…

Considerato il più importante comune vitivinicolo

dell’intera Champagne, questo piccolo borgo

si è imposto all’attenzione enologica mondiale

grazie ad una produzione davvero unica: il

famoso Rosé des Riceys, il vino leggendario

che qualche secolo fa conquistò persino i favori

del Re Sole.

Pare infatti che Luigi XIV ne avesse scoperto

l’esistenza grazie ai canats, un gruppo di

seicento muratori originari di Les Riceys che

lavoravano alla costruzione della Reggia di

Versailles. Il re aveva notato che, all’ora dei

pasti, questi uomini bevevano esclusivamente

il vino rosé che avevano avuto cura di portarsi

appresso dal loro paese; il fatto lo incuriosì e lo

volle assaggiare. Da quel momento il Rosé des

Riceys diventò il suo vino preferito, facendo così

il suo ingresso ufficiale a Corte.

Raro e prezioso, tanto che il suo severissimo

disciplinare ne limita la vinificazione soltanto alle

annate migliori e impone comunque un tetto

di settantamila bottiglie per anno, questo rosé

tranquillo ed elegante è frutto di un unico vitigno

di Pinot noir coltivato nei punti più soleggiati

delle colline. L’intensità del suo colore varia

a seconda dei millesimi e il suo bouquet ha

sentori di fiori di campo, di violetta e di nocciola;

peccato che oggi sia spesso così difficile da

reperire, visto che ci sono persino dei vignerons

che lo producono soltanto per il loro piacere!

Questo non succede certo in Maison importanti,

come quella di Guy de Forez, una proprietà di

dodici ettari e cantine con soffitti a volta in una

casa del XVII secolo; o in quella di Alexandre

Bonnet, nata a inizio del secolo scorso proprio

al centro di Riceys-Bas e con una proprietà di

quarantadue ettari. Ma la vera forza di questo

vino così particolare sono, come sempre capita

in simili situazioni, i piccoli produttori, veri

difensori delle tradizioni più autentiche. È l’erede

di cinque generazioni di vignaioli Pascal Morel,

della Champagne Morel Père et fils, con una

bella casa in pietra proprio a fianco della Chiesa

di Riceys-Bas. Impegnato per restituire alla

denominazione Rosé des Riceys la sua giusta

collocazione nella storia, conserva nella sua

cantina un autentico tesoro: le bottiglie di tutte

le sue produzioni, a partire dalle cuvée prodotte

dal nonno, perché diventino la memoria storica

della sua azienda.

Ultima sorpresa che Les Riceys, caso unico in

Champagne e rarissimo in Francia, riserva agli

enologi appassionati di curiosità sono le sue

tre denominazioni A.O.C.: oltre al Rosé des

Riceys, lo Champagne, e poi ancora il Coteaux

Champenois, un rosso tranquillo, che ci ricorda

che cosa si faceva col Pinot noir da queste

parti tanti secoli fa, quando Dom Pérignon era

ancora di là da venire…

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 626

«L’intensità del suo colore varia a seconda dei millesimi e il suo bouquet ha sentori

di fiori di campo, di violetta e di nocciola»

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 27

Il Concorso

Il Concorso Internazionale dei Vini di

Montagna non solo è diventato maggioren-

ne ma rimane l’unico Concorso al mondo nel

suo genere. Ad organizzarlo, il Cervim (Centro di

Ricerche, Studi, Salvaguardia, Coordinamento

e Valorizzazione per la Viticoltura Montana),

organismo istituito dalla Regione Valle d’Ao-

sta nel 1987 e presieduto dal dr François

Stevenin, per sostenere la viticoltura di monta-

gna e di forte pendenza dei Paesi aderenti, in

collaborazione dell’Assessorato dell’Agricoltu-

ra e Risorse Naturali della Regione Autonoma

della Valle d’Aosta, dell’Associazione Vinea

(Sierre-Svizzera) e col patrocinio dell’OIV (Office

International de le Vigne et du Vin).

Sette Paesi in lizza con 433 vini

Quest’edizione che si è tenuta a Courmayeur

dall’1 al 3 luglio, ha presentato 433 vini pro-

venienti da Francia, Germania, Grecia, Italia,

Portogallo, Spagna e Svizzera. Ecco i vini nel

dettaglio.

Con 232 vini pari al 54%, l’Italia si attesta al

primo posto per numero di campioni presen-

tati, vincendo 51 medaglie di cui 13 d’oro e

38 d’argento. Mentre i Paesi esteri che hanno

presentato complessivamente 201 vini pari al

46%, hanno vinto, in percentuale, più di noi. La

Germania con 95 campioni in degustazione ha

ottenuto ben 40 medaglie, di cui 2 Gran meda-

glie d’oro, 6 d’oro e 25 d’argento. La Svizzera

con 43 vini provenienti dal Vallese e dal Ticino,

ha ricevuto 5 medaglie d’oro e 14 d’argento.

Molto bene la Spagna che, presentando da 29

vini, provenienti dalle regioni della Galizia dai

Paesi Baschi e delle isole Baleari, ha vinto 10

medaglie d’oro e 2 d’argento.

Non male la Francia che presentando 25 vini

provenienti dalla “côte Vermeille”, il territorio di

Banyouls e Colliure (nella regione del Languedoc

Roussillion) e dalla regione Rhône Alpes., ha ot-

tenuto 4 medaglie d’oro e 4 d’argento. L’exploit

l’ha fatto la Grecia che, partecipando con solo

quattro vini di un’unica cantina, ha ottenuto ben

due medaglie d’oro e una d’argento. Ottimo

anche il piazzamento del Portogallo: su 5 vini

in degustazione, ha spazzato via quattro meda-

glie, di cui una d’oro e tre d’argento.

Ritornando a casa nostra, le regioni più

18° Concorso Internazionale dei Vini di Montagna

Altissima la qualità dei vini degustati nel Salone dell’Hotel Pavillon. Il giudizio è stato dato

dai 30 degustatori internazionali, selezionati dall’organizzazione per degustare i vini presentati

“”

di Virgilio Pronzati

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 628

premiate sono state: la Valle d’Aosta con 5 me-

daglie d’oro e 11 d’argento, seguita dalla Sicilia

con 14 medaglie, 3 d’oro e 12 d’argento, dalla

Lombardia con 3 medaglie d’oro e 6 medaglie

d’argento, dal Trentino con una medaglia d’oro

e 4 medaglie d’argento. Una medaglia d’oro e

2 d’argento per il Veneto, 1 medaglia d’argento

per Campania, Liguria e Alto Adige.

Altissimo il livello dei vini

Altissima la qualità dei vini degustati nel Salone

dell’Hotel Pavillon. Il giudizio è stato dato dai

30 degustatori internazionali, selezionati dall’or-

ganizzazione per degustare i vini presentati. A

differenza degli altri anni, c’è stato solo un cam-

bio di bottiglia. Delle centotrenta medaglie totali

assegnate, ben due i vini che hanno ottenuto

un punteggio superiore ai 94 punti, entrambi te-

deschi, provenienti dalla regione della Mosella,

a cui come da regolamento è stata attribuita la

Gran Medaglia d’oro:

1° il Lieserer Niederberg-Helden

Trockenbeerenauslese della cantina Weingut

Hubertushof GbR con 95 punti, che si aggiudi-

ca anche il premio come miglior vino assoluto

del concorso.

2° Mosel-Saar-Ruwer Cochemer Herrenberg

Riesling Spatlese della cantina Familienweingut

con 94,67 punti.

Le medaglie d’oro assegnate sono state 41 per

un totale corrispondente al 9,47% delle meda-

glie totali, delle quali ben 14 con punteggi su-

periori ai 90,01 punti e 27 tra 89,01 e 90 punti.

Infine 87 le medaglie d’argento corrispondenti

ad una percentuale sul totale del 20%.

Quest’anno l’assegnazione del prestigioso

“premio speciale CERVIM 2010” attribuito alla

migliore azienda di ogni paese che abbia otte-

nuto il miglior risultato, calcolato dalla somma

dei punteggi più elevati riferiti a tre vini che ab-

biano raggiunto il punteggio minimo di 80 cen-

tesimi, è andato a:

Per l’Italia, il premio, è stato attribuito alla

Società Agricola Les Cretes di Costantino

Charrere d’Aymaville (Aosta).

Per la Germania alla cantina

Familienweingut di Andrea e Hermann

Rademacher Cochem / Mosel.

Per la Svizzera alla cantina cooperativa

Provins Valais di Sion (Vallese).

Per la Spagna alla cantina Regina Viarum

S.L. Doade - LUGO (Galizia).

Per la Grecia, l’Alpha Estate,

Amyndeon Greece.

Per la Francia alla Cave l’Etoile,

Banyuls-sur-Mer.

Con l’adozione del nuovo sistema d’assegna-

zione delle medaglie, che prevede l’assegnazio-

ne della Gran medaglia d’oro ai vini che hanno

ottenuto nelle degustazioni un punteggio supe-

riore a 94 punti, la medaglia d’oro ai vini che

hanno ottenuto tra gli 89 e i 94 punti e nel limite

del 30% (conformemente a quanto previsto dal-

le regole dell’OIV - Organisation Internationale

de la Vigne et du Vin), la medaglia d’argento ai

vini che hanno ottenuto tra gli 84 e gli 89 punti,

l’organizzazione ha voluto enfatizzare ancor più

la qualità dei vini presentati e garantire l’elevato

livello di questo concorso internazionale, unico

nel suo genere.

Le numerose degustazioni sono avvenute alla

cieca, attenendosi alle scrupolose regole pre-

viste dall’OIV, di cui era presente tra i degusta-

tori la delegata Simona Lamorte. Centotrenta le

medaglie totali assegnate, due i vini a cui è stata

assegnata la Gran Medaglia d’Oro che hanno

ottenuto un punteggio superiore ai 94 punti, en-

trambe provenienti dalla regione della Mosella

in Germania, un Riesling Trockenbeerenauslese

che ha ottenuto ben 95 punti e un Riesling

Spatlese che di punti ne ha ottenuti 94, 67.

Le medaglie d’oro assegnate sono state 41

corrispondente al 9,47% delle medaglie totali

attribuite, delle quali ben 14 con punteggi su-

periori ai 90,01 punti e 27 tra 89,01 e 90 punti.

Infine 87 le medaglie d’argento corrispondenti

ad una percentuale sul totale del 20%. L’elevata

qualità dei vini presentati ha fatto incrementare

il limite inferiore per l’assegnazione delle meda-

glie, per rispettare il limite del 30% dei premiati,

da 84 punti come previsto dal regolamento a

86,67 punti.

Ma sentiamo cosa ha detto il Presidente del

CERVIM François Stevenin:

“I risultati scaturiti dal 18° concorso internazio-

nale dei vini di montagna sono anche quest’an-

no di gran prestigio a sottolineare la qualità e il

potenziale dei vini eroici. Questo risultato premia

i grossi sforzi fatti dal settore vitivinicolo, dai pro-

duttori, nelle zone cosiddette eroiche, che da

sempre con tenacia e dedizione danno corpo

e vigore ad un settore importante per l’identità

culturale e per l’economia locale”.

Categorie di vini in concorso

In base a quanto prescritto dal regolamento i

vini sono stati suddivisi in 10 categorie e più

precisamente: vini bianchi tranquilli prodotti nel-

la vendemmia 2007; vini bianchi tranquilli pro-

dotti nelle vendemmie 2006 e precedenti; vini

bianchi tranquilli semidolci (con residuo zucche-

rino da 12 a 45 g/l); vini rossi tranquilli prodotti

nella vendemmia 2007; vini rossi tranquilli pro-

dotti nelle vendemmie 2006 e 2005; vini rossi

tranquilli nelle vendemmie 2004 e precedenti;

vini rosati tranquilli; vini spumanti; vini dolci (con

residuo zuccherino superiore a 45 g/l); vini li-

quorosi.

L’edizione 2010 ha riservato un’utile novità.

Con la collaborazione di VINEA, già organizza-

trice di grandi Concorsi Mondiali, è stato mes-

so a disposizione dei Commissari un sistema

di valutazione informatico. Ognuno dei cinque

degustatori ufficiali di cui un presidente, era do-

tato di un computer sul cui video si alternavano

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 29

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 630

le schede di valutazione relative ai vini serviti.

Oltre a conoscere immediatamente la valuta-

zione finale del vino, questo metodo innovativo,

permette, rispetto al passato, di avere molto più

tempo per l’esame sensoriale.

Ospitalità

Gianluca Macchi e Roberta Biondi, rispettiva-

mente Direttore e Segretaria del Cervim, han-

no fatto le cose al meglio. Alloggio e sede del-

le degustazioni, nell’elegante e centrale Hotel

Pavillon di Courmayeur. Lo stesso per i pranzi

a buffet.

Di ottimo livello le cene di benvenuto e di gala.

Nel primo caso, al raccolto e caratteristico risto-

rante Le Cadran Solaire di Courmaieur. Mentre

quella di gala, al Ristorante La Cassolette del

Mont Blanc Hotel Village di La Salle. Uno del

templi della gastronomia regionale e non solo.

In più la visita e l’assaggio di pregiati vini della

cantina Di Barrò di Sainte Pierre, e una piacevo-

le ed emozionante “volata” a Punta Helbronner

(quota 3.462) sul Monte Bianco dove, da una

magnifica terrazza, si può godere di un panora-

ma che spazia su tutto l’arco alpino.

Chi vorrà degustare tutti i vini premiati al 18°

Concorso Internazionale, l’appuntamento è per

i giorni 5-6-7 di novembre a Merano, in occa-

sione del Merano Wine Festival.

Componenti delle Commissioni

di valutazione

Enologi italiani

Diego Betemps - Enologo Institut Agricole

Regional (Valle d’Aosta); Pietro Boffa - Enologo

Az. Agricola Les Crêtes (Valle d’Aosta); Cosimo

Murace - Enologo Vini Murace (Calabria); Paolo

Fenocchio - Enologo Pio Cesare (Piemonte);

Davide Fasolini - Enologo di Dirupi (Lombardia);

Isabella Pelizzatti Perego - Enologo Az. Ar.pe.pe

(Lombardia); Walter Webber - Direttore Cantina

di Aldeno (Prov. Trento); David Cilli - Enolgo di

Winecircus (Toscana); Alessandro Berriolo -

Enologo Cantina Cooperativa Viticoltori Ingauni

(Liguria); Gianni Giardina - Enologo Istituto Vite

e Vino (Sicilia); Maria Carella - Enologo Cantine

Nicosia (Sicilia).

Enologi stranieri

Marie Linder (Svizzera); Dušan Brejc - Direttore

Associazione Viticoltori di Slovenia (Slovenia);

Marco Adamy - Enologo DLR della Mosella

(Germania); Simona Lamorte - Delegato OIV

(Svizzera); Peter Sarkany - Enologo in pensio-

ne (Ungheria); Antonio Magalhaes - Istituto Vino

del Douro e Porto (Portogallo);

Esperti degustatori Area Cervim

Arno Simonis - Cervim (Germania); Reuter

- Cervim (Germania); Beatriz Soto Gonzalez -

Cervim (Spagna); Waldo Carreiras Albo - Cervim

(Spagna); Emanuele Serafin - Cervim (Veneto);

Giovanni De Silvestro - Cervim (Trentino).

Giornalisti Stampa Internazionale

André Deyrieux - Wine Tourism Media (Francia);

Roberto Gatti - Free lance (Italia); Mirka Frigo

- Donnasommelier Europa (Italia); Nicolas

Bourassin (Svizzera); Francesco Arrigoni -

Corriere della Sera (Italia); Virgilio Pronzati - Il

Sommelier (Italia); Giorgio Luppi (Italia).

Info vincitori completo: www.cervim.org

Cervim Courmaieur 1:

Il Presidente del Cervim François Stevenin presenta

l’evento alle Commissioni di degustazione.

Cervim Courmaieur 2:

Le Commissioni di degustazione al lavoro.

Cervim Courmaieur 3:

L’inviata dell’OIV Simona Lamorte.

Cervim Courmaieur 4:

I tecnici degustatori Antonio Magalhaes

(Portogallo) e Maria Carella (Italia).

le migliori bollicineemiliane

Tenuta Farnè S.r.l. - Sede produttiva Castello di Serravalle (Bo) - Sede logistica Nord Italia Portogruaro (Ve) Tel. 0421 770619 - Fax 0421 770112 - E-Mail: [email protected] - http://www.tenutafarne.it

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

Trent’anni di emozioni e dimostrarli tut-

ti, attraverso un’immutata passione,

una sobria eleganza, uno stile unico,

una cura quasi maniacale nell’organizzare un

appuntamento che è ormai “l’evento” del vino

sull’Etna, in un luogo privilegiato che affonda le

radici in secoli di storia. Quest’anno è stato dav-

vero particolare per la “ViniMilo”, la manifesta-

zione enoturistica organizzata dal comune più

piccolo della provincia etnea (appena 18 kmq

di superficie sul versante orientale del vulcano,

a 720 s.l.m. e a una trentina di chilometri da

Catania): ad essere festeggiato, infatti, è stato

il 30° anniversario che, richiamandosi a un noto

film hollywoodiano con eleganti ambientazioni

tra i vigneti francesi, è stato intitolato: “Brindiamo

a un’ottima annata – 30a edizione ViniMilo”.

A supportare i brindisi, che hanno accompa-

gnato l’estate alla partenza e salutato l’appros-

simarsi dell’autunno, è stato un programma fitto

di eventi nell’evento stesso, con un calendario

ricco di appuntamenti per tutti i gusti: dalle im-

mancabili degustazioni di vini V.i.p. (Vini in piaz-

za) e di prodotti tipici dell’Etna ai campionati

sportivi, dai concerti di musica classica ai tornei

di scacchi, dai sottofondi jazz e folk con gruppi

internazionali ai concerti di arie d’opera e ope-

retta, fino agli incontri con artisti del calibro di

Franco Battiato e Gino Paoli, alle estemporanee

di pittura e alla presentazione di pregiati volu-

mi che arricchiscono il patrimonio culturale del

mondo enoico, soprattutto in questa fetta di ter-

ritorio siciliano, dove importanti aziende vitivini-

cole producono dell’ottimo Etna D.o.c., tra quei

vigneti che lo fanno denominare “Superiore”. A

contorno della manifestazione, i corsi per im-

parare a degustare, oltre naturalmente al vino,

anche gli olii e i formaggi tipici siciliani, mentre

a tratteggiare l’aspetto tecnico-scientifico sono

stati i convegni e le tavole rotonde su temi at-

tuali del comparto agricolo: la “Giornata della vi-

ticoltura sostenibile”, la “Presentazione dei primi

risultati del progetto di valorizzazione dei vitigni

autoctoni siciliani”, “Vulcania-Etna 2010: Forum

internazionale dei vini bianchi da suoli vulcanici”.

E, infine, le stesse associazioni di categoria che

hanno scelto la suggestiva scenografia “vulca-

nica” del paese in festa per celebrare le loro

assemblee annuali e aprirsi a nuove iscrizioni e

adesioni.

Brindisi sul vulcano per celebrare

i trent’anni della “ViniMilo”

Degustazioni, concerti, convegni nella terra dell’Etna Bianco Superiore“ ”

Antonio Iacona

32

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 33

Tra le collaborazioni di cui si sono avvalsi

il Comune e gli organizzatori, fondamenta-

le si è rivelata quella offerta dalla Fisar con la

Delegazione di Catania, con la presenza attenta

del presidente nazionale della Federazione ita-

liana sommelier albergatori e ristoratori, Vittorio

Cardaci Ama. Tre, in particolare, gli incontri cu-

rati dalla Fisar etnea, che hanno riscosso un’am-

pia partecipazione di pubblico e di enoappas-

sionati (per tre sere tutto esaurito alla scoperta

del gusto enogastronomico!): la presentazione

del nuovo volume dello scrittore Andrea Zanfi,

“Toscana, Anima del Vino”, con successiva de-

gustazione dei vini della Maremma; una degu-

stazione guidata tra i vini migliori e le prelibate

mozzarelle della Campania, con la partecipazio-

ne della Delegazione Fisar di Salerno; l’incontro

“Aria, acqua, terra e fuoco: il giardino dei quat-

tro elementi”, con il docente Guido Arcangelo

Medolla, alla scoperta delle leggende legate al

mondo delle piante, dei fiori e delle erbe aroma-

tiche. Tre nuovi appuntamenti per la “ViniMilo”,

certamente, che hanno arricchito il programma

e rivelato, ancora una volta, la professionalità

dei sommelier Fisar.

La “Campania Felix” tra le valli etnee “Campania Felix”: non è stato soltanto un ti-

tolo felice con cui i delegati Fisar di Catania e

di Salerno hanno voluto fare conoscere le ec-

cellenze della provincia campana ai siciliani, in

particolare ai partecipanti alla “ViniMilo”, ma si è

trattato di un vero e proprio viaggio affascinante

e virtuale, attraverso il gusto, l’olfatto, il tatto e

gli altri sensi, in una regione che si sta rivelando

unica: per fascino, basti pensare all’eleganza

della costiera amalfitana; per attività, la provin-

cia di Salerno infatti sta registrando un incre-

mento nella produzione vitivinicola; e, lasciate-

celo scrivere, per la simpatia e l’alta professio-

nalità con cui questa terra è stata presentata a

un’altra terra altrettanto affascinante e magica:

la Sicilia.

Meriti della serietà delle due Delegazioni Fisar,

quella di Catania e quella appunto di Salerno,

rappresentate rispettivamente da Gaetano

Prosperini e Carlo Guzzardi, per l’Etna, e da

Alberto Giannattasio egregiamente collaborato

dalla sommelier Sara Romano, per la Campania.

Su tutti, la vigile e qualificata presenza del

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 634

presidente nazionale Fisar, Vittorio Cardaci

Ama.

A catturare l’attenzione del pubblico di degu-

statori è stato Giannattasio, supportato dalla

presentazione di vini di eccellenza del salerni-

tano e dalla degustazione di mozzarelle di bu-

fala senza eguali. Dalla Costa di Amalfi, infatti,

i siciliani hanno potuto assaggiare i vini delle

aziende di Marisa Cuomo, Giuseppe Apicella e

Le Vigne di Raito; dai Colli di Salerno le Aziende

Montevetrano e Casal di Baal; dal Cilento, De

Conciliis, Maffini e Tenute del Fasanella.

Ad aprire la serata un bianco elegante, Fiano

100% Igp 2009, di grande carattere e gran cor-

po, delle Tenute del Fasanella: “Phasis Fiano”,

12% alc. Come bianchi sono stati gli altri 6 vini

proposti, su 9 degustati: il “Donnaluna” Fiano

2009, Cilento Doc di De Conciliis; un altro Fiano

100%, “Fiano di Baal”, questa volta 13% alc.,

dal colore brillante, anche questo di gran carat-

tere ed elegante, con presenza di pesca bian-

ca, miele di acacia e camomilla; Costa d’Amalfi

Doc 2009, invece, il “Tramonti Bianco”, Colle

Santa Marina, di Giuseppe Apicella, da uve

Falanghina, Biancolella, Ginestra e Pepella; an-

cora un Fiano, Paestum Igt 2007, con “Pietra

Incatenata” di Luigi Maffini: sapido, con una

netta presenza di mineralità e sentori di salsedi-

ne, a “tradire” la sua provenienza (13,5% alc.),

con affinamento in barriques per circa 8 mesi;

a chiudere la degustazione dei bianchi è stato

un Costa d’Amalfi Doc 2008, con “Fiorduva”,

uno dei prodotti migliori di Marisa Cuomo, da

Positano: il vino proviene infatti da uno dei fior-

di più suggestivi di tutta la costiera amalfitana.

Mentre le mozzarelle di bufala della Piana del

Sele dell’Azienda Improsta e lavorate dal casei-

ficio La Perla del Mediterraneo di Eboli facevano

incetta di appassionati, si passava ai rossi: “a’

Scippata”, dal nome del fondo dove sono colti-

vati a pergolato i vitigni Tintore e Piedirosso, un

“Tramonti” Costa d’Amalfi Doc, Riserva 2004, di

da sx il Presidente Cardaci, Antonio Iacona ed Andrea Zanfi

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 35

Giuseppe Apicella, 14% alc., che nasce da una

raccolta tardiva, lunga macerazione e affina-

mento in botti di rovere; un “Ragis” Vendemmia

2007, Colli di Salerno Igt di “Le Vigne di Raito”

di Patrizia Malanga, 13,5% alc., si affina in bot-

tiglia prima di essere venduto, presenta colore

rosso rubino, vivace, la macchia mediterranea

ne lascia la firma, assieme a ciliegia, liquirizia

e sentori di cacao; e, a chiudere la serata, un

“Montevetrano” di Silvia Imparato, Faleno Colli

di Salerno Igt 2007, 13% alc.

Passione e poesia nei libridi Andrea Zanfi Se fosse nato in Francia, con molta probabilità

sarebbe stato uno di quei guasconi al seguito di

Cyrano de Bergerac: tutto pizzetto, occhi vivaci

e passione sguainata, come una spada, per la

vita, il vino, la poesia. Ma, per fortuna nostra,

che il vino e la vita amiamo come lui, Andrea

Zanfi, scrittore di fama internazionale nel set-

tore enoico, è nato nella italianissima Toscana,

più precisamente a Grosseto, in quella regione

che in fatto di vini può stare in pedana con la

Francia, a colpi di calici e di fioretto.

La partecipazione di Andrea Zanfi alla 30^ edi-

zione della “ViniMilo” sull’Etna è stata un’occa-

sione prestigiosa per i siciliani di poter incon-

trare lo scrittore, impegnato nella presentazione

del suo ultimo volume: “Toscana, Anima del

Vino”, che ha per sottotitolo la significativa fra-

se: “L’obbedienza alla terra”. Un’obbedienza

necessaria e alla quale bisogna fare al più pre-

sto ritorno, secondo Zanfi, per coprire quel gap

non soltanto economico, ma anche e soprattut-

to culturale, che ci separa da altri Paesi (come la

Francia, appunto!). Scoprire le caratteristiche di

un vino, dunque, non significa saperne leggere

solo l’etichetta, conoscere gli ettari dell’azien-

da produttrice o quali possano essere i migliori

abbinamenti. Significa, innanzitutto, ricercare

il perfetto equilibrio di cui quel vino è la diretta

espressione, leggendone la tradizione, la cultu-

ra, la scienza, la conoscenza del popolo che lo

ha prodotto.

Tesi importanti, coraggiose, “guascone” in-

fatti, che Andrea Zanfi ha già espresso anche

nei precedenti libri dedicati alle regioni d’Italia:

“Piemonte, la signora del vino”, “Lombardia, il

mosaico del vino”, “Il Veneto, noi altri e il vino”,

“Friuli, terre, uomini e vino”, cercando sempre di

riportare alla luce il percorso storico, culturale,

sociale di quella determinata terra.

L’incontro con lo scrittore toscano è stato cu-

rato dalla Delegazione etnea della Fisar, con

l’introduzione ai lavori del presidente nazionale

della Federazione, Vittorio Cardaci Ama, e gli

interventi delle autorità cittadine e dell’enologo

Marco Nicolosi, dell’Azienda agricola “Barone di

Villagrande”, con sede proprio a Milo.

Al termine della presentazione, i soci Fisar e gli

appassionati hanno potuto degustare alcuni dei

migliori vini di Toscana. Ad aprire le danze è

stato un “Saffredi 2004” Igt Maremma Toscana

della Fattoria Le Pupille di Elisabetta Geppetti:

un vino grossetano, appunto, introdotto come

gli altri degustati dalla presentazione di Zanfi,

doppiamente impegnato come scrittore e come

toscano. Del 2005, invece, l’ “Ad Astra” servi-

to a seguire, della Fattoria Nittardi, di Castellina

in Chianti nel senese, ancora un Igt Maremma

Toscana. Due vini che hanno rivelato da subi-

to il territorio che si presentava al pubblico di

degustatori siciliani: quel fruttato, quel florea-

le che guardano al Mediterraneo perché a un

tiro di schioppo dal Mare Nostrum ma che del

Mediterraneo non sono, così distanti dalla ter-

ra del vulcano. Un aspetto dei vini maremmani

confermato anche dai successivi “Tâm” 2006

Bolgheri Doc Superiore della livornese BatzElla,

un “Paleo” ancora 2006 Toscana Igt di Le

Macchiole in Castagneto Carducci, poi un 2004

Docg Riserva Gallo Nero Chianti Classico di

Badia a Coltibuono, nel senese, il Carbonaione

2004 Igt del Podere Poggio Scalette in Alta Valle

della Greve, il Testamatta 2002 Toscana Igt e

un Piaggia Carmignano Docg Riserva 2004 di

Mauro Vannucci di Poggio a Caiano. A salutare

Andrea Zanfi e i soci siciliani Fisar ci ha pensato,

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 636

infine, un “Sassicaia” 2007, per ricordare che a

Castagneto Carducci la poesia è di casa non

per forza tra le pagine di Giosue, ma anche tra

le gocce di un calice di vino.

Sbocciato sull’Etna il giardino dei quattro elementiNascono anche ai bordi delle strade, spes-

so ci passiamo vicino, le calpestiamo senza

alcun rispetto, non sapendo che quei fiori, le

Calendule, sono nate dalle lacrime di Venere,

dalla sofferenza della dea greca per la morte

dell’amato Adone, dilaniato per gelosia dal dio

Vulcano. È proprio così, le cose veramente stra-

ordinarie sono sotto i nostri occhi e non ce ne

accorgiamo. Come le erbe sacre, la verbena e

il finocchio, usate nell’antichità per gli scongiuri;

la salvia, che proteggeva dalla peste; il rosmari-

no, che rappresenta la forza nelle avversità; fino

alla leggenda più bella, più romantica: l’amore

più grande di tutti gli dèi, quello tra Smilax e

Crocus, i cui abbracci si trasformarono in fio-

rellini e piante di sottobosco, ancora oggi visibili

agli attenti osservatori.

A svelare i misteri, le fiabe, le leggende legati al

mondo vegetale, nel contesto della “ViniMilo”,

la manifestazione enoturistica dell’Etna, è sta-

to il professore Guido Arcangelo Medolla, della

Delegazione Fisar di Salerno, ospite dell’incon-

tro nell’Azienda “Barone di Villagrande”: “Aria,

acqua, terra e fuoco: il giardino dei quattro ele-

menti. Natura e piante medicinali nelle culture

medievali del Mediterraneo”.

Un vero e proprio viaggio sensoriale, una de-

gustazione a 360 gradi che, prendendo spunto

dalle leggende della cultura floreale, ha por-

tato alla scoperta di erbe, aromi e vino, con il

supporto del dott. Enrico Russino dell’Azien-

da “Gli Aromi”, nel ragusano. Sullo sfondo

dell’incontro, l’aura quasi sacra della “Scuola

Medica Salernitana” ovvero quella tradizione

che sin dall’antichità ha portato alla conoscen-

za e all’utilizzo delle erbe e dei vegetali a sco-

pi sanitari oltre che alimentari, con i consigli, le

ricette, i metodi, le prescrizioni dell’antica me-

dicina araba. Un “Regimen sanitaris” riportato

anche sull’Etna ai giorni nostri, mentre nei calici

i sommelier Fisar di Catania versavano un au-

stero bianco “Falkenstein” Sauvignon Süd Tirol

2008 della Val Venosta e un Etna Rosso Doc

“Vigo” 2008 delle Fattorie Romeo del Castello.

Una sorpresa, invece, il terzo vino: speziato,

quasi fosse uscito dalle celle dei monaci che

hanno contribuito a tramandare quella “Regola

Sanitaria Salernitana”, con sentori di noce mo-

scata, chiodo di garofano, cannella, corteccia

di limone, bergamotto. Un’essenza svelata,

ma ancora con qualche segreto. Nessun se-

greto, invece, per i dati scientifici riportati, che

non smettono di impressionare: della salvia, ad

esempio, esistono mille e duecento tipi; il cap-

pero, tipico delle Hawaii, presenta delicatissimi

ed eleganti fiori bianchi che farebbero invidia

a qualunque ornamento e nel Mediterraneo

Etna

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 37

esistono quattordici varietà di capperi; il

melograno rappresentava già la fertilità e l’ope-

rosità ancora prima che poeti come Gabriele

d’Annunzio lo riscoprissero; la crema di aloe

sarebbe stata spalmata sul corpo di Gesù nel

sepolcro da Giuseppe di Arimatea.

Da qui, secondo il professore Medolla, la neces-

sità di scoprire il giacimento culturale di ciascun

territorio e l’importanza per un sommelier di

conoscere il gioco di forza dei quattro elementi

dell’Universo: aria, acqua, terra e fuoco.

L’eleganza e la forza di “Legno di Conzo”L’occasione è stata tanto prestigiosa quanto

l’etichetta nuova messa in commercio: l’ante-

prima mondiale del libro di Robert V. Camuto:

“A Sicilian Wine Odyssey”, presentato nel con-

testo della 30a edizione della “ViniMilo” sull’Et-

na. A ospitare l’incontro, l’Azienda “Barone di

Villagrande”, che appunto ha colto l’occasione

per fare conoscere l’ultimo nato di Etna Bianco

Superiore: “Legno di Conzo”. Un vino dove la

voglia di innovazione e di cambiamento incontra

la secolare tradizione vitivinicola dell’azienda,

con i suoi vigneti sul vulcano dal 1727. “Legno

di Conzo” arriva dopo anni di studi, prove e af-

finamenti, da un appezzamento di terreno (5

mila ceppi per ettaro) che si distingue per la sua

complessità aromatica, rivelata nelle diverse an-

nate. Varietà di Carricante, allevato con siste-

ma Guyot, questo Etna Bianco Superiore Doc

riposa oltre due anni nelle cantine di Barone di

Villagrande, dopo la fermentazione in botti di ro-

vere: l’affinamento avviene un anno in legno e il

successivo in vetro. Un vino che si adatta ap-

punto a un lungo invecchiamento, mantenendo

intatti equilibrio, fragranza ed eleganza. Un ca-

rattere che si fa rispettare da subito, rivelando

anche una certa forza, nonostante il recente

ingresso in commercio. Alla degustazione si è

presentato di colore luminoso, un giallo con ri-

flessi verdolini, un ampio profumo che dalle note

di mandorle e noci porta fino ai sentori della frut-

ta, specie quella estiva. È fresco e persistente.

Di quella persistenza che dice, infatti, innovazio-

ne ma anche tradizione.

2010. Le degustazioni sono risultate complessivamente oltre

30.000, con un aumento che si può assestare tra il 10% e il

20% sulla precedente edizione. I vini più degustati sono stati

i Grandi Rossi con particolare riguardo per la Barbera d’Asti,

molto apprezzati anche i Passiti, la Malvasia e il Moscato

d’Asti. “La Douja d’Or 2010 - commenta il Presidente della

Camera di Commercio di Asti, Mario Sacco - ha confermato il

nostro obiettivo: fare un percorso di qualità, qualità dell’offerta

e qualità della richiesta”.

CAMERA DI COMMERCIO DI ASTI - www.at.camcom.it

L’ECCELLENZA AI PIEDI DEL GARGANOLa Cantina Massimo Leone di Foggia fa parte di quel gruppo

di aziende vitivinicole che sta migliorando l’immagine e la

considerazione dei vini di Capitanata. I vigneti

sorgono su un territorio storico e affondano le radici

in millenni di storia, proprio dove è stato ritrovato

l’insediamento dell’antica Arpi, città fondata da

Diomede. Ed è su queste terre che Massimo

Leone ha voluto consolidare il rapporto con la

storia impiantando quei vitigni che si racconta

furono introdotti dai Greci. Fiano, Falanghina ed

Aglianico sono i fiori all’occhiello di quest’azienda,

i vigneti rappresentano la testimonianza

della filosofia aziendale, cloni antichi, rispetto

del territorio, cura assoluta delle vigne con

produzioni limitate, tecniche di vinificazione

appropriate ed i risultati non potevano mancare.

Alla sua prima presentazione al Vinitaly 2010

il Fiano “Orme” è stato consacrato con una

medaglia di Gran Menzione che rappresenta solo

il punto di partenza di chi è abituato a fare le cose per bene e

a raggiungere gli obiettivi più prestigiosi.

CANTINE MASSIMO LEONE - www.cantinemassimoleone.it

BRUICHLADDICH RITORNA IN RINALDIUn gradito ritorno per Rinaldi: l’azienda bolognese riacquisisce

la distribuzione in esclusiva per l’Italia di Bruichladdich, il

prestigioso Whisky di Malto di Islay già commercializzato

a partire dai primi anni ottanta. Situata nella parte più

occidentale dell’isola di Islay, la Distilleria Bruichladdich venne

le notizie di enogastronomia e turismo

BOTTEGA LANCIA IL PROSECCO KOSHER CON IL MARCHIO SOLELa Distilleria Bottega, da sempre attenta alle esigenze del mercato, ha realizzato un Prosecco spumante certificato Kosher, destinato ai consumatori di religione ebraica delle diverse comunità presenti in tutto il mondo. I principali paesi di riferimento al momento sono Israele, Italia e Usa,

ma l’interesse per questa particolare produzione sta rapidamente crescendo anche in altre aree geografiche. Prosecco Sole, che ha conseguito la certificazione Kosher da parte dell’autorevole Union of Orthodox Jewish Congregation of America (New York), è uno speciale Prosecco spumante Doc

caratterizzato da un’intensa carica aromatica e da spiccati sentori fruttati con note di mela Golden e di frutta esotica (ananas e mango in particolare). Ottimo sia come aperitivo sia a tutto pasto, si abbina egregiamente con antipasti, primi piatti a base di pasta, pesce e carni bianche. È un eccellente ingrediente per la preparazione di cocktail e long drink (Bellini e Rossini). Il brand Sole richiama al tempo stesso l’anima ecologica della Distilleria Bottega e le

assolate colline della provincia di Treviso, da dove ha origine questo Prosecco. DISTILLERIA BOTTEGA SRL - www.alexander.it

CHIUDE IN CRESCITA LA DOUJA D’OR DEI RECORD La Douja d’Or, che dal 10 al 19 settembre ha rappresentato

la più grande Enoteca d’Italia, chiude i battenti con risultati

assolutamente strepitosi, dando appuntamento ad un altr’anno

con altrettanti appuntamenti di eccellenza. Le bottiglie di vino

acquistate a Palazzo del Collegio risultano oltre 20.000 con

un aumento medio del 10% sul 2009. Per quanto riguarda

la tipologia del vino, il

primato delle vendite

appartiene alla Barbera

d’Asti, mentre come

Azienda vitivinicola

alla Cantina Sociale di

Casorzo con la Malvasia,

premiata con l’Oscar

a cura della redazione di

fondata nel 1881 dai fratelli

Harvey. Chiusa nel 1994, è

stata riaperta solo nel 2001,

ed è oggi l’unica Distilleria

indipendente dell’isola.

Bruichladdich utilizza

ancora macchinari originali

dell’epoca vittoriana, e non

impiega alcun computer per

il controllo della produzione.

I suoi prodotti hanno tutti

un colore naturale, senza

alcuna aggiunta di caramello,

e vengono imbottigliati senza filtrazione a freddo, per

preservare l’intero patrimonio aromatico degli assemblaggi.

L’invecchiamento viene effettuato sull’isola, e conferisce così

ai Whisky un’inconfondibile nota marina. Il Master Distiller di

Bruichladdich, Jim McEwan, è considerato unanimemente

uno dei più grandi distillatori viventi.

FRATELLI RINALDI IMPORTATORI SPA - www.rinaldi.biz

CELLINO - VINO SPUMANTE EXTRA DRYUltimo nato in casa Vinchio & Vaglio, questo spumante è

stato realizzato solo con uve cortese dell’astigiano. Non è la

prima volta che utilizzano questo vitigno dalle straordinarie

caratteristiche per produrre uno spumante, già una quindicina

di anni fa avevano sperimentato sia un metodo classico sia

un metodo Martinetti ma probabilmente i tempi

per le bollicine non erano ancora maturi e avevano

sospeso la produzione. Ci riprovano ora, con

una versione leggermente diversa e più moderna

o per meglio dire più vicina ai nuovi consumi di

bollicine. Ernestino Laiolo, succeduto a Giancarlo

Cellino alla guida della Cantina, ci racconta che

la scelta del nome è stata determinata da due

ragioni fondamentali: “La prima perché si

voleva in qualche modo essere riconoscenti

all’ex Direttore dell’Enopolio Giancarlo Cellino,

scomparso nel gennaio del 2008, per la Sua

completa dedizione nella guida della Cantina

con un impegno totale di oltre 40 anni. La

seconda, nata un po’ per gioco quando, circa

quindici anni fa, si era prodotta la primissima

le notizie di enogastronomia e turismo

edizione dello spumante “Tre Serre” ottenuto da uve cortese

con metodo classico: durante le prime degustazioni lo avevamo

battezzato scherzosamente “Cellino Brut” e - conclude,

vistosamente commosso - sono sicuro che Giancarlo avrebbe

sorriso leggendo queste parole – ciao Gian!”

VITICOLTORI ASSOCIATI DI VINCHIO & VAGLIO SERRA www.vinchio.com

BELLUSSI SUL ‘RED CARPET’ DEL LIDOAnche quest’anno, grazie ad un accordo fra Bellussi

Valdobbiadene e la Mostra Internazionale d’Arte

Cinematografica della Biennale di Venezia, alla cena

di gala d’apertura e durante la serata di chiusura del

più antico festival cinematografico del mondo, gli

ospiti hanno potuto degustare Valdobbiadene

Prosecco Superiore di Bellussi DOCG e Rosso

di Montalcino Doc Belpoggio 2008. Inoltre,

proprio in questa prestigiosa occasione è stato

presentato in anteprima un nuovo vino che

Enrico Martellozzo di Bellussi ha voluto dedicare

ai 78 anni di storia della Mostra del Cinema (nella

foto mentre brinda con il nostro Presidente

della Repubblica Giorgio Napolitano). Lido

1932 è un Collio bianco DOC, ottenuto da uve di Pinot Grigio

per l’80% e di Ribolla Gialla per il 20%. È un bianco classico

del Collio Goriziano, proveniente da vigneti collinari gestiti

con criteri tradizionali. È un vino delicato, elegante, fresco,

con sentori di fiori

bianchi, sostenuti

da una struttura

e q u i l i b r a t a .

“Queste occasioni

sono per noi – ha

detto Martellozzo

- ottimi strumenti

di comunicazione

perché l’impresa

deve fare anche

cultura. Nei momenti di rilievo mediatico e nelle aree dedicate

si può degustare il nostro prodotto e il brand si arricchisce

ulteriormente di contenuti culturali”. In poche parole, Bellussi

ama il cinema.

BELLUSSI SPUMANTI S.R.L. - www.bellussi.com

a cura della redazione di

Fotolauro di Lauro Lenzoni

da sempre lavora con dedizione per produrre vini di qualità e siamo onorati che i maggiori esperti del settore abbiano apprezzato il nostro Marsala, prodotto simbolo della nostra terra, che ci siamo

impegnati a produrre e valorizzare cercando di raggiungere la massima qualità per puntare al riposizionamento di un prodotto dalla grande cultura enologica”. Un premio quello della guida Vini d’Italia del Gambero Rosso, giunta quest’anno alla sua 24ma edizione, che assume quest’anno un significato ancora più importante per Cantine Pellegrino. I tre bicchieri vengono assegnati al Marsala Vergine Doc 1981 nell’anno in cui la Cantina celebra i 130 anni di attività. Anni di vigna e di famiglia, che hanno visto l’azienda crescere con determinazione e

successo, fino a raggiungere gli obiettivi prefissati e ottenere importanti riconoscimenti. “Il conseguimento dei tre bicchieri – afferma Benedetto Renda, amministratore delegato dell’azienda – rappresenta uno stimolo per lavorare ancora più intensamente per ottenere altre grandi soddisfazioni e riconoscimenti.”

CARLO PELLEGRINO & C. S.P.A. - www.carlopellegrino.it

ORO VIVOIMMAGINE VINTAGE, GUSTO FRIZZANTEVecchie locande in cui il bere bene a buon prezzo era la regola principale; pareti e muri colorati da manifesti semplici ed essenziali tipici di quell’epoca; i mitici Fifties che invadono l’atmosfera veronese durante l’estate: un Amarcord di emozioni che finalmente sbarca e conquista anche il mondo del vino. È così che nasce Oro Vivo, un bianco frizzante creato da Pasqua Vigneti e Cantine per celebrare gli 85 anni dalla fondazione dell’azienda. Un’originale veste custodisce il nuovo nato dell’azienda vinicola veronese, un’etichetta spiccatamente anni ’50 e dal gusto retrò che ripropone una vecchia locandina della metà del secolo scorso, trasmettendo ai numerosi amanti del vino tutta l’esperienza e la tradizione che continua dal 1925. Una veste inedita e innovativa, capace di stupire per i suoi colori accesi e per la freschezza della sua immagine: il profilo di un sontuoso Bacco, circondato dai classici grappoli d’uva e da foglie di vite, sorseggia soddisfatto un

le notizie di enogastronomia e turismo

SARTORI E AMBIENTECasa Vinicola Sartori si è dimostrata attiva in diversi ambiti relativi alla sostenibilità aziendale nel corso dell’ultimo anno, concentrando i propri sforzi anche nella tutela dell’ambiente. L’innovazione ha interessato in primo luogo il processo produttivo con l’introduzione della bottiglia “Slim”, la bordolese dal peso di 325 grammi, il 19% in meno rispetto alla bottiglia tradizionalmente impiegata. Questa bordolese, oltre ad avere tutte le qualità ecologiche ed eco-compatibili del vetro è prodotta con circa il 90% di materiale riciclato, permettendo un sostanziale risparmio energetico, una riduzione alla fonte del quantitativo da rigenerare, la diminuzione delle emissioni di Co2 e l’abbassamento del consumo di carburante durante il trasporto. Dal punto di vista strutturale, per il nuovo centro logistico, è prevista l’installazione di pannelli fotovoltaici: tale investimento, oltre a rendere lo stabilimento autosufficiente, permetterà di ridurre sensibilmente il consumo di energia

proveniente da fonti fossili (petrolio, gas, carbone) con la garanzia del rispetto ambientale. Utilizzo di fonti energetiche e produttive rinnovabili e risparmio energetico sono i principali obiettivi dei Casa Vinicola

Sartori che, intrapreso questo cammino, mira in tempi brevi, all’ottenimento dell’importante certificazione ambientale ISO 14001.

CASA VINICOLA SARTORI - www.sartorinet.com

CANTINE PELLEGRINO CONQUISTA “3 BICCHIERI” Per la prima volta in 130 anni di storia Cantine Pellegrino, azienda vinicola nel cuore di Marsala, consegue i 3 bicchieri del Gambero Rosso, uno dei riconoscimenti più ambiti e prestigiosi, che la giuria di esperti ha voluto attribuire al Marsala Pellegrino Vergine Doc 1981. Un vino di grande pregio, dal profumo intenso, persistente e dal gusto caldo e armonico che ben si sposa con formaggi erborinati, frutta secca e sigari toscani. Una grande soddisfazione per l’azienda siciliana e per il suo direttore commerciale Emilio Ridolfi, che ha accolto con soddisfazione ed entusiasmo la notizia: “Siamo felici ed orgogliosi di ricevere questo riconoscimento, che premia tutto il nostro impegno e i nostri sacrifici. La Cantina

a cura della redazione di

calice di vino; in alto la scritta porpora del prodotto, Oro Vivo. Questa etichetta in puro stile anni ’50 è posta su una delicata e semplice bottiglia stile Renana, il cui vetro verde fa esaltare la scritta oro del marchio Pasqua. Un nome che trasmette i vivi e ricchi vigneti italiani, l’oro delle uve che producono un vino fresco e delicato, con bollicine di un bianco piacevole e dissetante e un’etichetta retrò giovane e colorata. Un vino adatto a giovani e famiglie da degustare in ogni momento della giornata: è questo Oro Vivo, una produzione rivolta al consumatore attento ed esigente, amante del sapore frizzante da gustare in compagnia per un aperitivo. È un vino con cui Pasqua Vigneti e Cantine vuole festeggiare e ringraziare l’alta fedeltà dei suoi più fedeli estimatori.

PASQUA VIGNETI E CANTINE S.P.A. - www.pasqua.it

I RHUM AGRICOLITROIS RIVIÈRESNuovi gioielli vanno ad arricchire il portafoglio prodotti Rinaldi: si tratta dei Rhum agricoli della Martinica Trois Rivières. La Martinica è una delle isole più belle dei Caraibi, ed è la culla dei celebri Rhum agricoli. La piantagione Trois Rivières è una delle più antiche della Martinica: risale infatti alla metà del XVII secolo. A quei tempi, la canna da zucchero – materia prima dei Rhum agricoli – veniva frantumata con l’ausilio dei mulini a vento dell’epoca: è per questo che su ogni bottiglia campeggia ben visibile l’emblema del mulino. Le bottiglie e le etichette dei Rhum Trois Rivières sono state recentemente ridisegnate: un tocco di colore azzurro mare contraddistingue il nuovo packaging, quasi a sottolineare la personalità marina dei prodotti, la cui materia prima viene ottenuta a breve distanza dalle stupende spiagge caraibiche dell’isola.

FRATELLI RINALDI IMPORTATORI - [email protected]

CONSORZIO MOSCATO DI SCANZO - LE INIZIATIVE D’AUTUNNOLa vendemmia delle pregiate uve del Moscato di Scanzo Docg, sulle colline a nord di Bergamo, si è svolta con leggero ritardo rispetto alle annate precedenti ma con piena soddisfazione dei vignaioli. Nel complesso l’annata si presenta buona, anche se le temperature stagionali non sono state particolarmente elevate. Prosegue intanto l’azione di valorizzazione di questo vino unico nel suo genere. A fine ottobre il Consorzio – guidato

le notizie di enogastronomia e turismo

da Giacomo De Toma – ha preso parte alla fiera Autochtona di Bolzano, rivolta agli addetti ai lavori e riferita ad un mercato principalmente svizzero, austriaco e tedesco. Il 10 novembre, a un anno circa dall’ottenimento della Docg, è in programma un importante convegno sul Moscato di Scanzo. Sempre a novembre, dal 26 al 29, il Consorzio sarà presente a Montecarlo al “Salone enogastronomico”, vetrina internazionale per un mercato di valore, così come di valore è il Moscato di Scanzo Docg, vino rosso passito di grande

finezza.

Elenco dei soci del Consorzio, tutti nel Comune di Scanzorosciate:

Soci imbottigliatori

1 Azienda Agricola Cerri, 035.4599328, [email protected]

2 La Brugherata, 035.655202, [email protected]

3 Biava, 035.655581, [email protected]

4 Callioni, 035.661200

5 Il Cipresso, 035.4597005, [email protected]

6 Daldossi, 035.665018, [email protected]

7 De Toma, 035.657329, [email protected]

8 Ghisleni, 035.662642, [email protected]

9 Fejoia, 035.668363, [email protected]

10 Lecchi Giovanni, 035.664339.

11 Lucchetti Ippolita, 035.520505, [email protected]

12 Magri, 035.664289, [email protected]

13 Ronco della Fola, 035.656036, [email protected]

14 Cascina del Francés, 035.663715, [email protected]

15 Pagnoncelli Folcieri, 035.661053, [email protected]

16 La Bironda, 035.4597034, [email protected]

17 Pezzotta, 035.4599635

18 La Berlendesa, 035.664079, [email protected]

19 La Corona, 035.4599053, [email protected]

20 Savoldi, 035.661129, [email protected]

21 Tallarini, 035.833729, [email protected]

Conferitori uva22 Azienda agricola Birolini, 335.7693107, [email protected] Madaschi, 035.215158, [email protected]

CONSORZIO TUTELA MOSCATO DI SCANZO DOCG Via Abadia 33, Scanzorosciate (Bg) - tel. 035.6591545 www.consorziomoscatodiscanzo.it [email protected]

a cura della redazione di

Grandi spazi, viste mozzafiato, calanchi,

torri medievali dalle quali nelle giornate

limpide si vede il mare, creste di col-

lina che dominano a 360° montagne, mare e

Pianura Padana, sono l’habitat ideale per l’al-

levamento delle 400 capre di razza camosciata

alpina che, grazie al loro latte, danno vita ad un

formaggio unico: la Robiola di Roccaverano.

L’azienda, che fa parte del gruppo Eataly, na-

sce da un amore viscerale per questa terra di

Langa, in pieno rispetto del nuovo disciplinare

di produzione messo a punto dal Consorzio

Tutela Robiola di Roccaverano che prevede un

prodotto fortemente legato al territorio, qualità

nell’allevamento e nell’alimentazione degli ani-

mali, parametri di caseificazione che manten-

gano inalterate le caratteristiche del latte, Ogm

free e trasparenza con il consumatore.

Presente alle grandi manifestazioni enogastro-

nomiche quali Salone del Gusto e Cheese,

Agrilanga è l’unica azienda ad avere il presidio

Slow Food per la Robiola di Roccaverano,

reperibile nei migliori punti vendita tra i quali

Eataly e Iper-La Grande i.

A pochi km da Roccaverano, e precisamente nel comune di Vesime (AT) (dal latino “ad Vicesimum ab Aquis Statiellis

lapidem” cioè alla ventesima pietra miliare dalla città di Acqui Terme sulla via romana per Cortemilia), nel cuore delle Langhe,

si trova l’azienda agricola biologica Agrilanga

“”

a cura della redazione di Quality ADV

42 Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

43Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

Nerina Caprino alle erbe Robiole di Roccaverano

Nicolò Bremo

“La Robiola di Roccaverano, eletta “miglior

formaggio d’Italia” nel 2008 - spiega Nicolò

Bremo, responsabile commerciale e marketing

Agrilanga - è un prodotto a latte crudo, di pasta

morbida, fine e di sentore leggermente acidulo

quando è fresco. Il latte utilizzato per

realizzare i prodotti Agrilanga

proviene tutto dagli animali

del nostro allevamento che

sono allevati nel rispet-

to della normativa per

l’allevamento biologi-

co e vanno al pascolo

tutti i giorni, fin che la

stagione lo consente,

brucando le erbe mi-

gliori. Anche il fieno di

cui si nutrono quando

non vanno al pascolo

proviene dai nostri prati,

secondo le prescrizioni

del rigorosissimo disciplinare di

produzione che tutela la specificità del prodotto.

L’alimentazione, certificata dagli enti di control-

lo, è priva di organismi geneticamente modifi-

cati. Ma è soprattutto il pascolo quotidiano a

fare la differenza; a seconda della stagione si

possono sentire nel formaggio i diversi profumi

della campagna: in primavera ed inizio estate

prevalgono gli aromi dell’erba fresca, del ciliegio

o del nocciolo; a fine estate, una parte delle ca-

pre entra nella fase di “asciutta”, produce meno

latte ma più ricco di grassi e il formag-

gio raggiunge la massima

espressione organolettica.

Con la stessa pasta della

Robiola di Roccaverano

DOP produciamo pez-

zature più piccole e di

varie stagionature”.

“Con che vino si puo

abbinare? La Robiola

di Roccaverano DOP

va bene con tut-

to, anche da sola…

ma l’apoteosi si rag-

giunge abbinando la no-

stra Robiola di Roccaverano

DOP stagionata, con un Barolo

d i , perché il gusto deci-

so, intenso, della prima si fonde con il sapore

asciutto e armonico del secondo creando un

matrimonio perfetto…“il gusto di Langa“.

Contro il consumo veloce e distratto e la produzione alimentare in serie, la Ca-mera di commercio di Torino, insieme al

Laboratorio Chimico camerale e a Slow Food, propone anche quest’anno la sua personale ricetta: i Maestri del Gusto di Torino e provin-cia. Artisti del sapore, fedeli alla tradizione e ai prodotti del territorio. Artigiani che hanno fatto della cura e dell’amore nelle preparazioni una ragione d’essere e che presentano un’offerta in cui qualità e piacevolezza sono centrali, senza dimenticare la sicurezza.La selezione biennale per diventare Maestro del Gusto è, infatti, rigo-rosa e avviene su tre diversi livelli: quello del gusto, valutato da Slow Food; quello della “torinesità”, caro all’ente camerale; quello igienico sanitario, valutato attraverso la professionalità del Laboratorio Chimico della Camera di commercio di Torino.In questa edizione, relativa al biennio 2011-2012, i Maestri diventano 149: un numero che continua a crescere negli anni, dimostrando quanto sia diffuso tra i produttori enogastrono-mici del territorio il senso della cura e dell’eccel-lenza. La “Guida ai Maestri del Gusto di Torino e provincia”, fresca di stampa, contiene due nuove categorie, i molini e i casari, per un totale

di 21 specialità in cui si suddividono i Maestri. Anche questa volta il volume, rinnovato nella grafica, è pubblicato in due versioni bilingue: italiano-inglese e italiano-francese.La “Guida ai Maestri del Gusto di Torino e pro-vincia” vuole proporsi al lettore non solo come viaggio alla scoperta dei veri sapori di un ter-ritorio, ma come occasione per avvicinare chi produce il cibo e chi lo gusta. La pubblicazione, volutamente, non si limita ad elencare i nomi delle aziende, ma racconta storie ed esperien-

ze, stile e personalità di ciascun Maestro. Dalla viticoltura eroica di vitigni autoctoni, alla carne di filiera certificata, dalla pasticceria tradizionale al cioccolato creativo, la guida passa in rassegna i pro-dotti d’eccellenza del torinese. Sono infiniti gli spunti per acqui-

sti particolari e “disinteressate” gite fuori porta, alla ricerca di quel gusto sempre più difficile da scovare. E in chi legge non potrà che sorgere la curiosità di degustare delle vere e proprie “ope-re d’arte”.La “Guida ai Maestri del Gusto di Torino e pro-vincia” è distribuita gratuitamente presso il set-tore Relazioni con il Pubblico dell’ente camera-le, in via San Francesco da Paola 24 a Torino. Info: www.to.camcom.it/maestridelgusto

Aggiornata la preziosa guida alla scoperta dell’enogastronomia locale“ ”

a cura della redazione di Quality ADV

Laboratorio Chimico Camera di Commercio di Torinovia Ventimiglia 165 - 10127 Torino

tel. 011 670 0 111 - fax 011 6700 [email protected] - www.lab-to.camcom.it

44 Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

2011 -

2012

Tornano i “Maestri del Gusto”

di Torino e provincia

Laboratorio Chimico Camera di Commercio di Torinovia Ventimiglia 165 - 10127 Torino

tel. 011 670 0 111 - fax 011 6700 [email protected] - www.lab-to.camcom.it

45Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

Il Laboratorio Chimico, nato circa mezzo secolo fa, ope-ra senza fini di

lucro come organi-smo tecnico per la Camera di commercio di Torino e collabora con le altre Camere di commercio Piemontesi nello svolgimento dei compiti di promozione econo-mica, offrendo alle imprese, ai consumatori, alle pubbliche amministrazioni, alle associazioni di categoria, agli enti locali, un servizio di analisi, consulenza e formazione assolutamente indipen-dente ed imparziale. Oltre alle normali analisi merceologiche sui pro-dotti finiti, possono anche essere svolte determi-nazioni su alimenti zootecnici, terreni e fertilizzan-ti, ma anche prove specifiche per la verifica di conformità di contenitori e imballaggi a contatto con gli alimenti, piuttosto che analisi per valutare la presenza di micotossine, di residui di fitofar-maci, di allergeni e sostanze responsabili di intol-leranze alimentari, di sostanze organiche volatili, di OGM e analisi del DNA per la tracciabilità di carni bovine.Tuttavia il Laboratorio non si limita a fornire soli dati analitici, ma è in grado di assistere i vari ope-ratori della filiera per la corretta interpretazione dei dati al fine di migliorare i propri processi sia in termini di efficacia sia di efficienza del proprio sistema di gestione per la sicurezza alimentare, attraverso servizi di consulenza e specifica for-mazione sulla sicurezza alimentare.

Il Laboratorio, inoltre, proprio per le sue competenze collabora in

progetti di valorizza-zione del territorio, quali i “Maestri del

Gusto”. Il progetto, nato con l’edizione 2002, ha visto nelle varie edizioni che si sono susseguite il passaggio del ruolo del Laboratorio Chimico da semplice controllore, attraverso l’analisi di pro-dotti prelevati in forma anonima dai tecnici del Laboratorio stesso, a valutatore dei sistemi di gestione per la sicurezza alimentare predisposti dalle aziende partecipanti alla selezione, ed in-dividuate da Slow Food come rappresentanti di una territorialità e di una tipicità corrispondente ai propri canoni.In quest’ultima edizione si è definito un modello più mirato ad avviare con gli esercizi stessi un percorso di miglioramento e di crescita che vada oltre la verifica del rispetto dei requisiti cogenti in tema di sicurezza alimentare, e dia l’avvio ad una crescita nelle piccole – medie imprese, siano esse aziende agricole, commerciali o artigianali, che partecipano alla selezione per il riconosci-mento di “Maestro del Gusto”, per fregiarsi del titolo di “eccellenza”, che rappresenta il valore aggiunto della partecipazione al progetto.Un ruolo chiave, dunque, quello del Laboratorio Chimico: garantire il rispetto dei requisiti di legge per un miglioramento continuo, in un contesto di fiducia e oggettività, nell’interesse delle aziende e dei consumatori.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 646

spec

iale

Tosca

na

La storia del vino in

Toscana comincia in

tempi assai remoti,

quasi tremila anni fa, con il fio-

rire della civiltà etrusca. Popolo

dalle origini ancor oggi miste-

riose, probabilmente prove-

niente dall'Anatolia, gli Etruschi

iniziarono a vinificare i frutti

delle viti selvatiche che si tro-

vavano abbarbicate agli alberi

in prossimità dei boschi. Il vi-

gneto etrusco ha attraversato

periodi diversi. Nel primo, chia-

mato “fase della lambruscaia”,

che va dalla fine del II millennio

alla fine dell'VIII secolo a.C.,

ci si limitò ad addomesticare

le viti selvatiche. Nel secon-

do, che va dalla fine dell'VIII

secolo alla fine del VII secolo

a.C., detto “fase numana”, ci

fu una normalizzazione della

coltivazione della vite. Il terzo

periodo, quello più importante,

che va dalla fine del VII secolo

alla fine del IV secolo a.C.. e

chiamato “fase del paesaggio

organizzato”, fu caratterizzato

da un grande processo di pro-

duzione e di commercializza-

zione del vino etrusco in tutto

il bacino del Mediterraneo. Gli

Etruschi scambiarono vino con

altri popoli italici, con la Magna

Grecia e furono loro ad inse-

gnare ai Romani l’arte della

vinificazione. La fermentazione

dei vini etruschi avveniva in doli

interrati ed il loro trasporto era

effettuato per mezzo di anfore

di terracotta.

Gli Etruschi bevevano vino du-

rante i banchetti, mescolandolo

con acqua in appositi recipienti

chiamati crateri. Dalla Grecia

mutuarono, oltre all’usanza del

simposio, anche l’uso di un va-

sellame appositamente pensa-

to per il servizio ed il consumo

del vino.

I Romani impararono a vinifica-

re proprio dagli etruschi e por-

tano l’arte della vinificazione ed

il commercio del vino ad altis-

simi livelli, diffondendo il vino e

la sua produzione in tutta Italia,

in Francia ed in Spagna. Anche

in Toscana si continuò a pro-

durre molto vino, anche se la

qualità dei prodotti provenienti

dall'Etruria non godeva a quei

tempi di molta fama e conside-

razione.

La caduta dell'Impero Romano

ebbe come conseguenza una

crisi demografica che colpì

duramente anche la Toscana,

la cui popolazione nell'Al-

to Medioevo si aggirava tra i

100mila ed i 200mila abitanti.

Anche la coltura della vite de-

cadde e l'arte della vinifica-

zione rimase patrimonio solo

delle abbazie e dei conventi.

Brevi cenni sulla storia del vino in TOSCANA

a cura di Alberto Giustarini

speciale Toscana

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 47

I monaci vallombrosani furono

i primi, dopo l'epoca romana,

ad impiantare vigneti e lo fece-

ro nell’attuale Chianti.

Con l'avvento dei liberi co-

muni, le vigne tornarono a far

parte del paesaggio toscano

ed il vino ad essere oggetto

di scambio e di commercio e

non più di sola sussistenza.

Nel Medioevo si faceva e si

consumava molto vino. Il mon-

do urbano che si sviluppò in

Toscana in età comunale era di

primissimo livello in quei tempi

e dunque cominciò anche la ri-

chiesta del vino di qualità, non

solo per le mense dei signori,

ma anche per la mescita nelle

taverne.

Nel Rinascimento il vino rap-

presentò un elemento libera-

torio di quella follia e di quella

libertà che l'uomo voleva ri-

trovare dopo secoli di teologia

imperante e di asservimento al

divino. In quel periodo, dun-

que, il vino ebbe un posto di

massimo rilievo nelle corti delle

signorie italiane e, in Toscana,

in quella dei Medici. Lorenzo

il Magnifico fu un grande

gourmet. Amava i cibi raffinati

ed i vini di qualità. Le cronache

del tempo narrano con dovi-

zia di particolari del famoso

banchetto in occasione delle

nozze di Lorenzo con Clarice

Orsini, durante il quale furono

serviti “malvasie, vernacce e

vini vermigli”. Ma Lorenzo non

disdegnava frequentare con gli

amici le taverne fiorentine dove

si cantava, si faceva poesia e,

ovviamente, si beveva vino.

Tra i vini da lui preferiti c’era la

vernaccia, carica ed ossidata,

ma molto apprezzata e po-

polare. L'età umanistica fu un

periodo di grande sviluppo per

la qualità dei vini toscani. Ser

Lapo Mazzei, già qualche anno

prima di Lorenzo, tesseva le

lodi del vino di Carmignano. I

vini rinascimentali erano molto

più chiari e limpidi di quelli me-

dievali, ad indicare una migliore

tecnica di vinificazione. Gli aro-

mi erano però carichi, pesanti;

i vini erano probabilmente ad-

dizionati con resine e miele per

renderli più ampi all�olfatto e

corposi, allo scopo di reggere

al meglio l'abbinamento con i

piatti piccanti e speziati della

cucina d'allora ed anche per

mascherare e correggere i di-

fetti dei vini stessi. Per tutto il

XVI secolo e parte del XVII la

corte medicea è il simbolo vero

e proprio della raffinatezza ed

il vino toscano gode di gran-

de importanza, anche interna-

zionale. I vini francesi, a quel

tempo, ancora non avevano

raggiunto l'eccellenza.

Nel 1685 il medico Francesco

Redi pubblicò a Firenze il

“Bacco in Toscana”. Nel poe-

metto sono ricordati tutti i vini

toscani, sia quelli buoni che

quelli cattivi. Per i palati alla

buona ci sono i vini di pianura

(Brozzi), per quelli raffinati quel-

li di collina (Montepulciano). E

già a quel tempo Sangiovese,

Mammolo e Canaiolo erano i

vitigni più usati.

Il XVIII secolo conobbe il gran-

de successo dei vini francesi,

che divennero il vero punto di

riferimento in campo interna-

zionale. Per i vini e per l’agri-

coltura della Toscana cominciò

un periodo molto difficile. Non

si era riusciti a seguire il pas-

so dei tempi e la decadenza

si faceva sentire parecchio.

Alla metà del Settecento però

nacque a Firenze l'Accademia

dei Georgofili, un istituto che

raccolse i migliori agronomi ed

i grandi proprietari terrieri della

Toscana. L'Accademia si ri-

velò un formidabile strumento

speciale Toscana

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 648

spec

iale

Tosca

na tecnico che permise all'agri-

coltura e anche alla viticoltura

toscana di migliorare ed am-

modernare le loro condizioni.

I grandi vini toscani erano già

stati classificati dai Medici tra

la fine del Seicento e l'inizio

del Settecento, individuando i

migliori tra quelli di collina (tra

400 e 500 metri al massimo di

altitudine). In quei tempi però

si faceva soprattutto viticoltu-

ra per quantità ed il vino era

inteso più come alimento che

come bevanda. Furono due

personaggi come Cosimo

Ridolfi ed il naturalista ligure

Giuseppe Gallesio, quest’ul-

timo grande conoscitore dei

vini francesi, ad affermare che

la Toscana doveva produrre

vini, partendo dallo studio dei

terreni e delle tecniche di can-

tina, che fossero stabili, ben

lavorati, che incontrassero il

gusto moderno e che fossero

soprattutto dei vini secchi da

pasto.

Il rinascimento dei vini to-

scani nasce soprattutto da

Giuseppe Gallesio, ma anche

da personaggi come Vittorio

degli Albizi, rampollo di una

nobile e ricchissima famiglia

fiorentina, esiliata nei secoli

addietro dai Medici. La dia-

spora degli Albizi era avvenuta

in mezza Europa e la famiglia

di Vittorio si era stabilita in

Francia, dove si era interes-

sata molto della produzione

vitivinicola. Vittorio degli Albizi

tornò a Firenze con la sorella

a metà dell'Ottocento, quan-

do si estinse il ramo toscano

della sua famiglia. Il suo arrivo

rappresentò uno straordinario

pungolo per il rinnovamen-

to della viticoltura toscana.

Vittorio infatti sostenne la stra-

tegia dei vitigni francesi, che

piantò in zone già riconosciute

da tempo di alto pregio, come

Nipozzano e Pomino. Inoltre

introdusse anche l’uso della

bottiglia, fino ad allora scono-

sciuta in Toscana dove il vino

veniva venduto solo in dami-

giane e fiaschi, e la tappatura

del fiasco stesso.

L'altro grande protagoni-

sta della viticoltura toscana

dell'Ottocento fu il barone

Bettino Ricasoli, che, a diffe-

renza di Vittorio degli Albizi,

insistette sull'uso dei vitigni

toscani e del Sangiovese in

particolare, dettando quella

formula del Chianti, rimasta

immutata per più di un secolo.

Dopo aver viaggiato per tutta

l'Europa, e specialmente in

Francia e Germania, per co-

noscere le varie realtà vitivini-

cole, Bettino Ricasoli comin-

ciò a fare le sue sperimenta-

zioni presso la sua tenuta del

Castello di Brolio a partire dal

1841. Un'attività che durò per

circa trent'anni, durante i quali

svolse anche un�intensa atti-

vità politica che lo portò anche

a ricoprire la carica di primo

ministro dell'appena formato

Regno d'Italia.

Un momento molto critico

giunse con l'arrivo della fillos-

sera. La prima ad essere col-

pita dal flagello fu la Francia,

dove si diffuse rapidamente

proprio a causa della spe-

cializzazione dei suoi vigneti.

In Italia la fillossera si diffuse

molto più lentamente perché

i suoi vigneti, a differenze di

quelli francesi, erano promi-

scui. La Francia fu comunque

messa fuori gioco e costretta

a comprare mosti e vini da

taglio italiani. In questa situa-

zione il Chianti riuscì a trovare

varchi impensati sul mercato,

riuscendo ad imporsi come

vino da esportazione.

Con l'inizio del Novecento si

cominciarono a porre problemi

più moderni, come l'identifica-

zione dei marchi e la garanzia

di qualità, molto importanti

perché sul mercato internazio-

nali la Francia era tornata pre-

potentemente con i suoi vini.

Problemi che si rivelarono di

difficilissima soluzione anche

in Toscana dove, ad esempio,

i produttori senesi e fiorentini

non riuscirono ad accordarsi

sulla definizione del Chianti

Classico (o Gallo Nero, come

si diceva allora), neppure per

quanto riguardava i confini di

quella zona. Per risolvere la

questione si dovette addirittu-

ra attendere il secondo dopo-

guerra.

Dalla fine della Seconda

Guerra Mondiale agli anni

Settanta del secolo scorso

il vino toscano affrontò il suo

periodo più oscuro. Le cam-

pagne si erano spopolate, la

mezzadria era finita e anche le

grandi fattorie persero stimoli

per la produzione del vino. La

qualità si abbassò ed i prez-

zi si abbassarono ancora di

più. I vigneti specializzati era-

no pochi e ricercavano solo la

quantità. I vini che si produ-

cevano allora erano di buona

beva, ma scarichi di colore,

di scarsa struttura ed un po'

acidi e venivano venduti anco-

ra in fiaschi e damigiane. Nel

1963 entrò in vigore la legge

sulle denominazioni di origine

controllate e nel Chianti final-

mente si cominciarono a pian-

tare vigneti specializzati. Ma fu

proprio in questi anni bui che

pochi pionieri cominciarono a

lavorare alla ricerca del vino di

qualità che potesse compete-

re coi francesi sui mercati in-

ternazionali.

Uno di questi fu Mario Incisa

della Rocchetta, che nella

sua tenuta di Bolgheri, fece

nascere il Sassicaia, il primo

vino italiano di stile bordole-

se. Nessuno prima di lui ave-

va tentato l'impresa, per di

più in una zona sconosciuta

e ritenuta inadatta per vini di

qualità. Ma il Cabernet trovò

a Bolgheri una zona asciutta

e poco piovosa, con un ec-

cellente clima mediterraneo,

ideale per la sua ottimale ma-

turazione. Sull'onda del suc-

cesso del Sassicaia, l'uso del

Cabernet e dell'affinamento

in barrique si diffusero prati-

camente in tutta Italia. Ma in

Toscana non mancarono altri

grandi sperimentatori come

Enzo Morganti a San Felice

e Piero Antinori, creatore del

Tignanello, altro rivoluzionario

vino toscano. Nacquero così

i Supertuscan, che misero il

dito sulla piaga di disciplinari

di produzione obsoleti e da ri-

fare ed esaltarono la Toscana

come grande interprete anche

di vitigni internazionali. L'ultimo

scorcio del secolo scorso re-

gistrò anche l'arrivo al gran-

de successo del Brunello di

Montalcino, un vino nato alla

fine dell'Ottocento e che ebbe

come inventore Ferruccio

Biondi Santi, il quale, sfruttan-

do gli studi ampelografici del

nonno, selezionò dei partico-

lari cloni di Sangiovese, vinifi-

candoli in purezza. Il Brunello

rimase per quasi un secolo un

vino praticamente sconosciu-

to ai più. La sua fama nacque

quando fu stilato il suo disci-

plinare di produzione come

vino a denominazione di origi-

ne controllata. I produttori de-

cisero che doveva essere in-

vecchiato per almeno 5 anni,

facendone così il vino Doc a

più lungo invecchiamento esi-

stente sul mercato mondiale.

Un particolare che colpì in

maniera decisiva l'immagina-

rio collettivo degli amanti del

vino.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 49

speciale ToscanaToscana

La Val d’Orcia, ieri com’era.

a cura di Valentina NiccolaiFoto di Paolo Naldi - San Quirico d'Orcia

Nella parte meridionale della provincia di Siena, si trova uno dei paesaggi più fotografati al mondo: la Val d’Orcia.

Terra ampia, ricca di

sfumature; colline, ci-

pressi, calanchi, vigne-

ti, si susseguono interrotti qua

e là da alcune delle più belle

città d’arte della Toscana.

Non tutti sanno che questa

terra, oggi meta d’elite di turi-

sti italiani e stranieri, ha subito

un grosso rischio nel periodo

del dopo guerra con la rina-

scita industriale, anni 50’ 60’:

un forte spopolamento delle

campagne con l’abbandono

dei giovani verso le città in-

dustrializzate né inizio il lento

degrado. Ci fu la conseguente

rottura dei legami sociali e di

appartenenza per non parlare

dell’immenso patrimonio rura-

le che rischiava lo sfacelo: un

lento degrado sociale e fisico

durato fino agli anni 80. In que-

sto periodo la fatica della vita

cittadina, riportò “di moda” il

ritorno alla campagna: ecco

le grandi colonizzazioni immo-

biliari di molta parte del sene-

se, senza alcun legame con la

ruralità. In questo contesto, a

metà degli anni 80’ è stato fon-

damentale l’azione concertata

delle amministrazioni della Val

d’Orcia che hanno proposto

idee di governo basate sulla

“multifunzionalità in agricoltu-

ra”, sulla manutenzione armo-

nica con il paesaggio e tese

ad un’agricoltura di reddito.

Nascevano i concetti di ac-

coglienza, produzione vendita

dei prodotti autoctoni attrattivi

e validi percorsi lavorati capaci

di riportare i giovani a lavorare

in campagna. È di quegli anni,

nel 92’, la nascita del Parco

Artistico, Naturale e Culturale

della Val d’Orcia, nato con idee

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 650

spec

iale

Tosca

na

Val d’Orcia

di sviluppo e sostenibilità che

hanno permesso di consegna-

re intatta ma viva, alla nostra

generazione, una delle campa-

gne più belle al mondo.

La Val d’Orcia oggi, alla ribaltainternazionaleIl Parco Artistico, Naturale e

Culturale della Val d’Orcia,

nato da menti illuminate del

territorio e non, ha lo scopo di

tutelare questo immenso mu-

seo all’aria aperta, nel rispetto

delle generazioni attuali che lo

vivono da normali cittadini o

da turisti e dei posteri.

La sacralità diremmo a Siena

di questo immenso lavoro ar-

rivò con il riconoscimento nel

2004 della Val d’Orcia quale

paesaggio rurale Patrimonio

dell’Umanità Unesco: un pae-

saggio perfettamente conser-

vato rispetto a quello ammira-

to dagli artisti del Rinascimen-

to in cui l’uomo interagisce in

perfetta armonia. La commis-

sione ha così giustificato l’in-

serimento nella lista:

«Criterio (iv): la Val d’Orcia è un

eccezionale esempio di come

il paesaggio naturale sia stato

ridisegnato nel periodo Rina-

scimentale per rispecchiare gli

ideali di buon governo e per

creare un’immagine estetica-

mente gradevole; Criterio (vi):

il paesaggio della Val d’Orcia è

stato celebrato dai pittori della

Scuola Senese, fiorita durante

il Rinascimento. Le immagini

della Val d’Orcia ed in parti-

colar modo le riproduzioni dei

suoi paesaggi, in cui si raffigu-

ra la gente vivere in armonia

con la natura, sono diventate

icone del Rinascimento ed

hanno profondamente influen-

zato il modo di pensare il pae-

saggio negli anni futuri.»

Attraversata dal fiume Orcia,

e lambita dal più alto vulcano

spento d'Italia, Il Monte Amia-

ta, la Val d'Orcia con il suo

Parco comprende i comuni di

Castiglione d'Orcia, Montalci-

no, Pienza, Radicofani e San

Quirico d'Orcia: autentici gio-

ielli di storia dell'arte. Terra di

transito lungo l'antica Cassia,

che per proteggerla furono

erette le famose fortezze, an-

cora visitabili, di Radicofani e

Tentennano.

Turisti italiani e stranieri oggi

percorrono questa terra con

vari mezzi: in bicicletta, a ca-

vallo, a piedi come facevano

gli antichi pellegrini che attra-

versavano la Via Francigena

diretti a Roma. Una terra da

vivere “attivamente” ma anche

in perfetto relax: le sue terme

infatti sono da secoli tappa di

chi ama i benefici influssi delle

acque di Bagno Vignoni e dei

Bagni San Filippo.

Bagno Vignoni, già frequenta-

ta da Lorenzo Dé Medici e da

Santa Caterina da Siena rap-

presenta una tappa da non

perdere, con la famosa vasca

al centro del borgo. L'acqua

sgorga da una profondità di

1000 metri ad una temperatu-

ra di 52°: magnesio, solfato di

calcio, la rendono salubre per

le malattie delle ossa, delle

mucose e della pelle.

La luce, i vigneti, i luoghi d’arte della Val d’Orcia sono protagonisti di grandi pellicole.È il Vin Santo della Val d’Orcia

che nel film “Il paziente ingle-

se” di Antony Minghella riscal-

da il cuore del protagonista

nell’abbazia di Sant’Anna in

Camprena.

Tra San Quirico e Pienza ci

sono i campi di grano dove Ri-

dley Scott immagina il paradi-

so del suo eroe Maximus “The

Gladiator”. La vasca di Bagno

Vignoni, unico centro termale

medievale al mondo ancora

conservato, è il luogo della

scena più sofferta di “Nostal-

ghia “ di Andrei Tarkovskij.

Meno arte e più business negli

spot delle auto di lusso, so-

prattutto tedesche, che han-

no il loro set pubblicitario sulle

strade della Val d’Orcia.

Il paniere gastronomicodella Val d’OrciaLe Terre di Siena e in particolar

modo la Val d’Orcia vantano

una proposta enogastronomi-

ca che è tra i principali motori

dell’economia locale.

I vasti campi di grano, faceva-

no della Val d’Orcia il granaio

di Siena: la terra argillosa per-

mette da secoli la coltivazione

del grano duro, lavorato nei

mulini nel cuore delle campa-

gne e materia prima della fa-

mosa pasta della Val ‘Orcia.

Dalla val d’Orcia proviene gran

parte dello zafferano di altissi-

ma qualità prodotto in Italia,

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 51

speciale Toscana

Val d’Orcia

e qui presente già dal Medio-

evo. Il prezioso fiore, detto

“croco”è interrato in agosto

mentre la raccolta è effettua-

ta in ottobre. In cucina se ne

utilizzano gli stimmi: si calcola

che occorrono più di 100 fiori

per ottenere 1 grammo di zaf-

ferano. Ecco la rarità che ne

giustifica il prezzo.

Percorrendo la campagna, in

prevalenza intorno a Pienza,

è facile ammirare i pascoli di

ovini, qui portati, negli anni 60’

dai pastori sardi, che contri-

buirono al mantenimento della

vita rurale nel senese. Intera-

mente prodotto con il latte di

questi pascoli, il Pecorino di

Pienza , qui detto “cacio” si

riconosce per la dolcezza del

sapore, ricco di profumi del-

le erbe di santoreggia, timo,

assenzio, elicriso di cui la val

d’Orcia è ricca. Prelibato il

pecorino a latte crudo, ossia

non pastorizzato, e ricoperto

con morchia di olio d’oliva per

mantenere l’interno più morbi-

do e pastoso. Da abbinare al

miele della Val d’Orcia, di cui

Montalcino vanta la più antica

tradizione grazie a quei monti

ricchi di boschi prima e di vi-

gneti poi.

È della Val d’Orcia il paesag-

gio e quel nobile maiale di cin-

ta senese raffigurato nel Buon

Governo di Ambrogio Loren-

zetti, splendido affresco nel

palazzo comunale di Siena,

che illustra appunto i benefici

della buona amministrazione

a confronto con quella cor-

rotta. Animale con spiccate

attitudini al pascolo, di colore

nero con setole grosse ed una

caratteristica fascia bianca

che gli cinge il torace: la sua

carne, saporita, e digeribile

anche nelle parti del lardo vie-

ne sapientemente lavorata nel

senese con un’artigianalità di

livello tale da ottenere salumi

di grande qualità.

Da non dimenticare poi l’Olio

extravergine di Oliva: oltre che

buono è salutare. Il territorio è

una delle zone di produzione

più pregiate del mondo e si fre-

gia della DOP Terre di Siena.

I grandi vini della Val d’Orcia: la Doc Orcia.Sono della Val d’Orcia gran-

di denominazioni enologiche

senesi quali il prestigioso Bru-

nello di Montalcino e la giova-

ne Doc Orcia, nata nel 2000.

Questa giovane Doc, è tute-

lata da Il Consorzio del Vino

Doc Orcia, piccola ma vivace

realtà vinicola senese, che si è

già fatta conoscere e apprez-

zare nel mondo enoico.

“La doc Orcia ha un’origine

politica, ci spiega il Presiden-

te Donella Vannetti: nacque

nel 2000 per volontà dei 13

comuni della parte meridiona-

le della Provincia di Siena, in

particolare l’area incastonata

tra le aree vinicole del Vino

Nobile e del Brunello, e com-

prensiva dell’area Chianti. La

Val d’Orcia in particolare e le

altre zone rientranti nella doc,

dopo la fine della mezzadria

avevano risentito dell’abban-

dono e della caduta di produt-

tività. Ecco che l’istituzione di

una Doc in questa vasta area,

voleva stimolare la rinascita di

un’agricoltura di reddito. Dalle

mappature attentamente fatte

dalla Provincia di Siena que-

sta zona risultava altamente

vocata: ottima terra da San-

giovese.

Ovviamente, gli accordi politi-

ci, pur sani e di buona volon-

tà, devono tener presente gli

aspetti commerciali, i progetti

sullo stile dei vini, la coeren-

za delle espressioni di questa

Doc: obbiettivi difficili da rag-

giungere in un territorio così

vasto e diverso. E certamente

l’iniziale disciplinare flessibi-

le (Orcia Rosso Sangiovese

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 652

spec

iale

Tosca

na

minimo 60%), oggi difficilmen-

te regge ad un sistema così

esigente e in crisi come quello

del vino. Ecco che siamo in

attesa del nuovo disciplinare

con importanti novità. Il bilan-

cio di questi 10 anni non può

che essere positivo, conclude

Vannetti grazie anche all’ap-

poggio delle Istituzioni e del-

le Associazioni di categoria

che ci sono sempre vicine. In

questi momenti di crisi non

solo non si assiste ad una di-

minuzione dell’imbottigliato,

ma nuovi impianti entreranno

a regime; ricordo che l’Orcia

ha tutti vigneti giovani e anche

imprenditori giovani. Il rinnovo

del disciplinare sicuramente

aiuterà questa denominazione

a rafforzare la propria identità.

L’ottimo rapporto qualità prez-

zo dei vini avvicina il settore

Ho.Re.Ca.; le guide di settore,

i giornalisti, apprezzano i vini

e diciamolo, adorano il nostro

territorio, la Val d’Orcia Patri-

monio Unesco dal 2004.

La Promozione è fondamenta-

le e continuerà con l’intensifi-

cazione di eventi promo-com-

merciali e con il rafforzamento

della nostra immagine”.

In attesa del nuovo disciplinare per la Doc Orcia: Accanto alla tipologia “Orcia”

rosso che rimane invariata,

troveremo l’«Orcia» Sangio-

vese e «Orcia» Sangiovese

“riserva”. Sangiovese: minimo

90%; possono concorrere alla

produzione di detto vino, da

soli o congiuntamente, fino ad

un massimo del 10%, le uve

provenienti dalle varietà Cana-

iolo nero, Colorino, Ciliegiolo,

Foglia tonda e Malvasia nera.

Per entrambe le tipologie sarà

prevista la Riserva.

Il vino a denominazione di ori-

gine controllata “Orcia” San-

giovese, sottoposto ad invec-

chiamento per un periodo non

inferiore a 30 mesi, di cui alme-

no 24 in botti di legno, ha dirit-

to alla qualificazione “Riserva”.

Il vino a denominazione di ori-

gine controllata “Orcia” rosso,

sottoposto ad invecchiamento

per un periodo non inferiore a

18 mesi, di cui almeno 12 in

botti di legno, ha diritto alla

qualificazione “Riserva”.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 53

speciale Toscana

Cinta

La cinta senese

La cinta senese è la capostipitedi tutti i maiali della Toscana.

a cura di Clara Sargentini

Già allevata dagli

Etruschi, seguì i ro-

mani nelle loro mi-

grazioni e fu di grande aiuto ai

contadini del Medioevo duran-

te le pestilenze e le carestie.

Una delle prime testimonianze

iconografiche è la raffigurazio-

ne che ritroviamo nell’affresco

di Ambrogio Lorenzetti nel

Palazzo Comunale di Siena.

Altre rappresentazioni di sui-

ni Cinta appaiono in dipinti e

affreschi della scuola sene-

se del XII secolo in diverse

chiese del territorio. Suo am-

biente naturale di provenien-

za è la Montagnola senese:

la zona collinare ricompresa

tra gli attuali comuni sene-

si di Monteriggioni, Sovicille,

Casole d’Elsa, Poggibonsi.

Queste colline ricoperte da

immensi boschi di leccio, fonti

inesauribili di ghiande, offrono

nel sottobosco una situazio-

ne ottimale per il pascolo di

questi suini allo stato brado.

La sua buona espansione sul

territorio è durata fino agli ’50

quando quasi tutte le famiglie

contadine allevavano qualche

Cinta per poi lavorarne le carni

e fare scorta di salumi.

Negli anni successivi iniziò

l’introduzione delle razze su-

ine “Bianche”che determinò

una grande rivoluzione dal

momento che quest’ultima

razza, anche se non idonea

all’allevamento brado, era più

prolifica della Cinta ed era

pronta per la macellazione a

sei mesi di vita, mentre lo svi-

luppo della Cinta richiede un

anno. Sorse poi l’incrocio fra

queste due razze con la pro-

duzione di maiali detti Grigi.

Essi conservavano l’attitudine

al pascolo brado, ma erano

precoci nello sviluppo. Questa

pratica di incroci ha costituito

comunque una tutela per la

razza autoctona poiché alcu-

ni allevatori hanno continuato

a mantenere Cinte Senesi in

purezza per poterle incrociare

con le razze bianche. Questa

razza dal mantello scuro si

distingue dagli altri suini per

una caratteristica fascia

bianca che allaccia (cinge)

il garrese, il torace, le spal-

le e le zampe anteriori, da

qui il nome di Cinta. Alla fine

degli anni ’90 un gruppo di al-

levatori, decise di partecipare

alla reintroduzione di questa

razza autoctona e quasi estin-

ta costituendo Il Consorzio

di Tutela della Cinta Senese.

La Regione Toscana, la pro-

vincia di Siena, l’Associazio-

ne Provinciale degli Allevatori

senesi e altri preposti hanno

fatto un notevole sforzo per

l’acquisto ed il mantenimento

dei verri riproduttori, al fine di

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 654

spec

iale

Tosca

na

Cinta

raggiungere un numero suffi-

ciente di animali che potesse

togliere la Cinta Senese dalla

lista delle specie in estinzione.

La Cinta ancora oggi deve es-

sere allevata allo stato brado

o semibrado poiché l’alleva-

mento al pascolo, con la par-

ticolare alimentazione che ne

deriva, dà alle sue carni sapo-

re e caratteristiche uniche. La

sua carne si presenta di colo-

re più intenso rispetto a quella

delle razze migliorate, con un

contenuto minore di umidità

superiore di grasso di marez-

zatura. Il grasso di copertura,

con particolare evidenza nel

prosciutto, appare di colore

rosato, compatto e spesso.

C’è da sottolineare però che

queste carni, per la maggiore

concentrazione di acidi gras-

si insaturi, per la presenza di

acido oleico e di acidi grassi

polinsaturi, presentano miglio-

ri qualità dietetiche.

Il suino leggero di 40-60- Kl.,

viene utilizzato per la porchet-

ta, speziata e cotta intera in

forni a legna. Il suino pesante

vede la sua migliore utilizza-

zione nella produzione di sa-

lumi tipici tradizionali tra i quali

il prosciutto toscano, le sal-

sicce, la gota, il lardo, la pan-

cetta o rigatino, il capocollo,

la sopressata, la finocchiona,

il buristo. La carne fresca, in

particolare la lombata, si pre-

sta a grigliate di bistecche e

rosticciane e il fegato alla pre-

parazione dei fegatelli.

Buon Appetito!

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 55

Suini di razza Cinta Senese Senese

Valdichiana

La Valdichiana:cultura, odori, sapori

a cura di Emma Lami

La Valdichiana è un solco vallivo lungo un centinaio di chilometri

fra la Conca di Arezzo e la Valle del Paglia,affluente del Tevere a Sud.

Questo era percorso in

tutta la sua lunghezza

da un alveo naturale

che riceveva le acque fluvia-

li provenienti dal Casentino e

quelle di numerosi torrenti la-

terali responsabili di un esteso

impaludamento.

Nel corso del Medioevo, le

Città-Stato che maggiormen-

te operarono nella valle furo-

no Orvieto, Arezzo, Perugia,

Siena e Firenze. Tutte dovette-

ro fare più o meno i conti con

il grande problema di questo

territorio causato dal dissesto

idrologico. Il fiume Chiana che

risulta essere stato al tempo

degli etruschi e dei romani

perfettamente navigabile, con

una evoluzione quasi naturale

,tendeva ad invertire il proprio

corso dal Tevere all’Arno. A

causa dei grandi interessi che

via via si erano creati nella val-

le ,le due città che si dovettero

occupare maggiormente del

problema furono quelle che

per più tempo si divisero alter-

nativamente il dominio sul ter-

ritorio della Valdichiana e cioè

Siena e Firenze.

La frammentarietà degli inter-

venti, causata dalla precaria

stabilità politica che caratte-

rizzò il periodo medioevale

e il primo Rinascimento, fu

un ostacolo notevole alla ne-

cessaria opera di bonifica.

Si dice che ancora a metà

del 500 la palude copriva ol-

tre 11.000 ettari di terreno di

cui 8.800 nella Chiana. Solo

quando,con la caduta di Siena

nel 1554, tutto il territorio pas-

sò sotto il dominio dei Medici,

potè essere approntato un

piano coordinato e completo

di bonifica. Si occuparono dei

lavori nella valle tutti i maggio-

ri artisti e studiosi del 500 ,da

Leonardo da Vinci ad Antonio

da Sangallo, da Baldassarre

Peruzzi al Vignola, che rea-

lizzarono anche molte opere

pubbliche e private. Nel 1737

l’opera di bonifica passò dalle

mani dei Medici a quelle dei

Lorena che dettero un con-

tributo concreto al raggiungi-

mento dello scopo, inserendo

il discorso in un ampio pano-

rama di politica territoriale.

Sarà infatti il Granduca Pietro

Leopoldo di Lorena che darà

un significato nuovo all’opera

di bonifica, dal momento che

l’intervento viene inserito nel

nuovo indirizzo della sua poli-

tica a favore delle campagne.

L’azione non si limita dunque

al solo aspetto idraulico ma

investe tutti i problemi delle

infrastrutture indispensabili a

garantire migliori condizioni

degli abitanti e assegnando

loro case nuove o rinnovate.

Anche i suoi successori ope-

rarono al miglioramento della

valle fino a quando negli anni

“30 dell’Ottocento la Val di

Chiana era così descritta:

“E già la valle in pochi anni

cambiò aspetto: il vasto alveo

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 656

spec

iale

Tosca

na

palustre dai fetidi ristagni è ora

ridente di ricche messi e di vi-

gne; la riconquistata salubrità

del clima ha ridonato agli abi-

tanti l’antico vigore, e la copia

delle raccolte fa loro gustare

i comodi della vitya. Questa

valle... sarà perenne monu-

mento di regia munificenza

per gli Ottimi principi che ne

decretarono la Prosperità."

La bonifica integrale sarà por-

tata a compimento nel venten-

nio fascista e seguiranno negli

anni successivi vari interventi

sulla sistemazione delle acque

in Valdichiana per arrivare al

1972 quando l’Ente Irrigazione

di Arezzo, terminato uno sbar-

ramento nell’alta valle della

Foenna, costituirà una riserva

idrica per l’irrigazione.

Ma se la storia territoriale della

Valdichiana ci dà la possibi-

lità di prender atto di quanto

l’uomo sappia operare sul ter-

ritorio a suo favore, non meno

significativa è la testimonianza

che egli ci ha dato e continua

a darci con le tradizioni che

fanno di questa valle una terra

ricca di sapori e colori che nel

campo enogastronomico ci

offrono gusti veri e sempre at-

tuali ricchi di aromi e fantasia.

Girovagando per calli in cerca

di scorci suggestivi non man-

ca certo l’occasione di trovare

un’osteria fumosa e rustica,

oppure un vecchio casale,

una cascina, un frantoio od

una cantina diventati oggi do-

cumenti di questa tradizione

autentica ed unica nel raccon-

tare la storia dei luoghi.

Nella cucina contadina l’ele-

mento fondamentale è il pane,

presente sotto mille forme

e sapori: dal filone alla ruo-

ta, dai crostini alle focacce,

dalla schiacciata con l’olio

al pan di ramerino, una gu-

stosa pagnotta aromatizzata

con uva passa e rosmarino.

speciale Toscana

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Tosca

na Anche l’assenza di sale, un

tempo troppo costoso, rap-

presenta l’aspetto tipico di

semplicità e di povertà che un

tempo caratterizzava la cucina

di questo territorio. È prtoprio

con il pane che nascono nu-

merose ricette: la Panzanella,

fatta con pane ammollato

nell’acqua, sbriciolato e me-

scolato con verdure fresche;

la Pappa con il pomodoro

da cuocersi con pane, aglio,

prezzemolo, basilico, sale olio

e pomodoro; la Ribollita, nata

dalla parsimonia contadina

che riscaldava e ribolliva gli

avanzi di questa zuppa prepa-

rata il giorno prima. Quanto alle

carni la Val di Chiana è famosa

per le sue qualità pregiate del-

la Chianina, della Fiorentina e

della Cinta senese. Nel passa-

to la carne sul desco scandiva

le feste comandate ed i conta-

dini sopperivano con i prodotti

vegetali i piatti delle occasioni

importanti. Al posto d’onore i

fagioli ed altri legumi, poi i ce-

reali integrali e le castagne.

Altra caratteristica il pane

scuro di farina della Chiana,

sfornato in pagnotta bassa di

circa 2 chili, capace di con-

servarsi a lungo e di sostenere

preparazioni che lo vogliono

ammorbidito in acqua e senza

sfarsi. Ultimo tocco di classe

l’olio verde di frantoio aggiun-

to a crudo.

Con la stessa farina si ricava-

no i Pici: spaghetti appicciati

a mano durante le veglie, oc-

casione di socializzazione e di

incontro in un’epoca che non

conosceva svaghi, seccati e

conservati per essere cucinati,

magari con il succulento sugo

di nana. Altro elemento pre-

zioso è l’olio, sempre in prima

spremitura, utilizzato nella cu-

cina tradizionale toscana come

il toccasana delle vivande. La

storia dell’olio d’oliva con il

colore dell’oro ed il calore del

sole coincide con la parte più

radicata della nostra cultura

ed il suo uso ha dato digni-

tà a quei piatti –considerati

specialità– fatti semplicemen-

te di tozzi di pan vecchio: la

Fettunta e la Bruschetta, nate

in frantoio quando l’operaio,

rubacchiando l’olio spremuto

dalla macina, ammorbidiva il

pane duro della pagnotta o lo

abbrustoliva sul fuoco insa-

porendolo con l’aglio crudo.

La semplicità si ritrova anche

nei dolci: ciambellini, crostate

e cantucci accompagnati dai

vini liquorosi e dalla frutta di

stagione.

È così che tutti i piatti, anche

i più semplici, diventano un

vero e proprio trattato di an-

tropologia culturale oltre che

specialità gastronomiche, per

chi voglia andare in profondità

alla ricerca di saperi e sapori

antichi.

Valdichiana - vista panoramica

Valdichiana

La delegazione è la

quarta nata dopo Vol-

terra, Pisa ed Orvieto

e da allora è sempre stata un

punto di riferimento fisso per

i Consorzi di tutela, delle isti-

tuzioni e degli enti che a vario

titolo sono legati alla parola

vino.

I passi fatti in questi anni sono

veramente tanti e meritereb-

bero approfondimenti partico-

lari ma a noi basta ricordare

solo alcuni che ci apparten-

gono e sono parte integrante

dello sviluppo e della crescita

della Fisar Nazionale:

Organizzazione delle As-

semblee Nazionali del 1976

a Chianciano Terme, 1977 a

Bettolle (elettiva), 1979 a Pian-

castagnaio, 1993 a Chiancia-

no Terme. È stata quest’ultima

che ha dato una svolta im-

portante nel modo di gestire

l’immagine della Federazione

in modo innovativo e comuni-

cativo.

Nella stessa assemblea si è

svolto il 1° concorso del Som-

melier dell’anno che ancora

oggi porta a sfidare i migliori

Sommelier dell’Associazione.

La delegazione ha contribuito

alla crescita della Fisar attra-

verso la presenza in Consi-

glio Nazionale dei suoi soci

da Berti Angiolino, Masiello

Nicola, Laurini Marcello e Ros-

si Franco.

In occasione del congresso di

Sirmione dei 35 anni di Fisar,

la delegazione è stata rico-

nosciuta come “Storica” ed

al contempo sono stati no-

minati 5 Cavalieri della Fisar

Esposito Amedeo (per molti

anni Delegato), Masiello Enzo,

Masiello Nicola, Nocciolini

Pietro e Pagliai Angiolo, qua-

le riconoscimento ai 6 lustri di

appartenenza alla Fisar.

La delegazione annovera an-

che un Sommelier dell’anno

1998 a Laurini Giorgio ed una

menzione particolare nell’am-

bito del concorso del 2007 a

Sirmione al Sommelier Mar-

co Barbi per l’eleganza del

servizio.

La delegazione organizza an-

nualmente il premio PRIMA-

VERA IN VALDICHIANA giunto

alla 27a edizione e viene asse-

gnato a personalità del mon-

do vitivinicolo, giornalistico e

culinario che si sono distinti

nel valorizzare ed accrescere i

propri settori di competenza.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 59

speciale Toscana

La DelegazioneValdichiana

a cura del Consiglio di Delegazione

La delegazione nasce nel 1974 sotto il nomedi Bettolle per la volontà di un gruppo

di appassionati che si affacciavano per la prima volta nel mondo dell’enogastonomia capitanati da Angiolino Berti.

Valdichiana

Un ‘Marine’alla guida del Consorzio

dei produttori del BRUNELLO

a cura di Claudio Zeni

Esistono ancora le fiabe? Le mamme e le nonnele raccontano ancora? O si sono perse nei meandri

della memoria del terzo Millennio?

Esistono, comunque,

luoghi incantati dove

la natura e le bellez-

ze artistiche possono fare

stregonerie graffiando la

fantasia del viaggiatore. Un

esempio è Montalcino,

antichissimo borgo di feu-

datari e vescovi, che con

le sue quinte scenografiche

e la sua lunga storia con-

trassegnata da drammatici

eventi, del resto comuni a quelli

di altre zone della Toscana,

è un luogo che ispira e sug-

gerisce l’ascolto o addirittura

invita a scoprire con tranquil-

lità, storie e leggende legate

al suo celebre vino, il Brunello

o a personaggi come Ezio

Rivella, l’attuale presidente del

Consorzio

dei Produttori del Brunello,

che diversi lustri fa dette la

‘scossa’ al piccolo mondo

ilcinese. “Nel 1978, quando

nel Brunello fece irruzione

Villa Banfi con le sue truppe

di geologi, agronomi, meteo-

rologi, ingegneri, geometri,

muratori, operai, meccanici,

trattoristi, escavatori ec-

cetera eccetera guidati

da Ezio Rivella, il famoso

enologo piemontese che

ha la grinta di un ‘ma-

rine’, e cominciarono

a misurare, squadrare,

sondare, plasmare, pro-

grammare le centinaia di

ettari già acquistati nella zona

di Sant’Angelo Scalo, quella

più vicina alla Maremma, de-

limitata dai corsi dell’Ombrone

e dell’Orcia, a Montalcino te-

mettero il disastro” scrive Aldo

Santini in ‘Brunello, sei grande’

(Franco Muzzio Editore). “Mi

ricordo ancora quei giorni –

esordisce Ezio Rivella – trenta-

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 660

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iale

Tosca

naBrunello

trè trattori, quindici mezzi spe-

ciali presi in affitto a 80.000 lire

l’ora e poi i nostri elicotteri, un

piccolo mondo in fibrillazione,

nonostante le rassicurazioni

mie e quelle dell’azienda dei

fratelli Mariani, titolari di Villa

Banfi”. Disastro che non si ver-

ificò in un territorio che a quel

tempo contava più pascoli

che vigneti, dove tutto sem-

brava in abbandono e la terra

valeva pochissimo: 3,5 milioni

di lirette l’ettaro. Al contrario,

nel giro di pochi anni, grazie

alla spregiudicata impresa

italo-americana guidata da

Ezio Rivella, il Brunello decolla

e non si ferma più,diventando

uno dei sinonimi del vino nel

mondo ed una delle chiavi per

accedere al cuore di questo

comune della provincia se-

nese. È con il bicchiere in

mano, infatti, che s’impara

a conoscere Montalcino e

la sua gente. “Qui la gente è

oggi felice della sua solitudine

e fiera della sua cantina, della

sua casa, ama i suoi vigneti

racchiusi tra i boschi o ap-

erti sulla strada e quelli segreti

delle uve migliori – continua

Ezio Rivella - esalta le bellezze

delle abbazie, delle chiese, dei

castelli dove s’infiltrano i rac-

conti popolari, le leggende

con maghi e soldati, in un

mondo a volte oscuro al vi-

aggiatore frenetico, perché

in questa terra mai andare di

fretta, altrimenti non ti offre

niente”. Nasce così il Brunello,

come frutto di tenace pas-

sione, con amore custodito

durante gli anni di affinamento

in cantina prima di presentarsi

al mondo che ha imparato,

a sua volta, ad amarlo, fine

e principio di una leggenda

che ogni bottiglia rinnova. “La

zona di produzione coincide

con il territorio comunale di

Montalcino – evidenzia il presi-

dente del Consorzio – essa è

delimitata dalle valli dell’Orcia,

dell’Asso e dell’Ombrone e ha

una forma quasi circolare con

un diametro di 16 Km e con

una superficie di 24.000 et-

tari, mentre la forma di alleva-

mento più diffusa nella vigna è

il cordone speronato, ottenuto

mediante potatura corta, a 2

gemme, di un numero varia-

bile di cornetti a ceppo”. I

produttori del celebre ‘nettare

di Bacco’, al fine di tutelare il

loro vino, il cui prestigio anda-

va sempre più affermandosi,

ll’indomani del riconoscimento

della D.O.C. decisero di asso-

ciarsi e dare vita nel 1967 al

Consorzio del Vino Brunello di

Montalcino, che oggi vede alla

guida il ‘marine’ di Castagnole

Lanze, ovvero il settanta-

settenne Cavaliere del Lavoro

Ezio Rivella, che al momento

della sua elezione dichiarò:

“Dobbiamo lavorare tutti insie-

me e riposizionare Montalcino

al vertice della vitivinicoltura

italiana. Lavorerò per tutti e

sarò il presidente di tutti”.

Senza nessuna ‘vis polemica’

nei confronti dei suoi avversari

per la carica di Presidente del

Consorzio, Rivella tiene oggi

a precisare: “È scontato che

in terra senese siano presenti

tante fazioni, altrimenti non

sarebbe la Toscana, ma io,

come affermai la scorsa pri-

mavera, tengo a ribadirlo an-

che adesso: sono il presidente

di tutti e la prova è quella di

avere inserito in alcuni posti

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 61

speciale Toscana

Ezio Rivella è presidente del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino dal giugno 2010. Cavaliere del Lavoro dal 1985, Presidente del Comitato Nazionale Vini Doc, dell'Unione Italiana ed Internazionale degli Enologi, nonché Vicepresidente dell’Office International de la Vigne et du Vin di Parigi, oggi è produttore a Montalcino dov’è Presidente dell’azienda Pian di Rota.

Brunello

della nostra struttura anche

coloro che non mi avevano

sostenuto. Gli oppositori di

allora sono oggi i miei migliori

sostenitori”. Superato anche

il tema più scottante riguar-

dante il dilemma tra puristi e

innovatori del rigido disciplin-

are produttivo che contempla

solo l’uso di uve Sangiovese.

“L’utilizzo di altre uve per

la produzione del Brunello

poteva seguire logiche com-

merciali, per fare un vino più

morbido e quindi più in sin-

tonia con i palati yankee che

sorseggiano più del 60% dei

6,5 milioni di bottiglie prodotte

ogni anno – continua Rivella,

sostenitore dell’inserimento

di una piccola percentuale di

uve extra Sangiovese – ma

la ‘filosofia’ della produzione

con sole uve di Sangiovese

di Montalcino affinate 4 anni

ha avuto la meglio, quindi, ne

prendiamo atto e lavoreremo

tutti uniti per l’introduzione di

metodi scientifici per la conti-

nua salvaguardia della qualità

e la maggiore valorizzazione

di tutte le attività di promozi-

one, oltre che per il rilancio del

Rosso di Montalcino”. Il nos-

tro incontro con il Presidente

non poteva che concludersi

con l’argomento della tanto

sbandierata crisi del comparto

enologico. “Dal dopoguerra in

poi si sono sempre alternati

momenti di espansione e di

recessione – chiosa Rivella –

in questo momento di reces-

sione non sono d’accordo

con alcune soluzioni come

l’imposizione di prezzi calm-

ierati alla ristorazione, perché

mi sembra che i cosiddetti

‘grandi’ non lamentino fles-

sioni. Sono piuttosto i piccoli

o i nuovi produttori che com-

mettono l’errore strategico di

volersi posizionare tutti in una

fascia alta del mercato, dai 30

euro in su, già abbondante-

mente occupata, se non satu-

ra. Bisognerebbe invece porsi

obiettivi più possibili, inseren-

dosi in segmenti più praticabi-

li, perché il mercato non si può

cambiare dall’oggi al domani,

ma al momento bisogna solo

adeguarsi”.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 662

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Tosca

na

Montalcino - panorama

speciale Toscana

Il Signore del Brunello

a cura di Claudio Zeni

“Quando parla della sua terra, Montalcino, e del Brunello che ormai la connota, quando descrive quello spicchio di collina, che declina verso valle, cinta di vitigni di Sangiovese e con al

centro la monumentale villa de Il Greppo, gli occhi gli si ravvivano e le mani carezzano quel legno

che dà il sapore ai suoi vini e sostegno alla vecchia tempra di gentiluomo di campagna”

Con queste parole si

apre l’interessante li-

bro ‘Questa è la mia

terra – Franco Biondi Santi,

Montalcino e il Brunello’ di

Maurizio Boldrini, Bruno

Bruchi e Andrea Cappelli.

Perfetta citazione che non

potevamo esimerci dal ri-

prendere nel raccontare il

nostro incontro con Franco

Biondi Santi, quando como-

damente seduti nel salotto

della sua casa a il Greppo, il

‘Signore del Brunello, uomo

longevo come il suo vino e

lucida mente nonostante le

sue ottantotto primavere, ini-

zia a raccontarci, con sapienti

pennellate, la storia della sua

famiglia, da quando Petronilla,

figlia di Tullio Canali, sposa

Luigi Santi, farmacista amante

dei classici italiani e francesi

e nipote del famoso geogra-

fo. Dalla loro unione nasce, in

Montalcino, Clemente Santi,

che fece le sue prime espe-

rienze nel campo dell’enologia

proprio nell’attuale tenuta del

Greppo, come ricorda Franco

Biondi Santi: “Da attento so-

stenitore del metodo scienti-

fico, Clemente si mise ad os-

servare lo scorrere del tempo

e si rese conto che il ciclo di

Giorgio Santi Clemente Santi Jacopo Biondi FerruccioBiondi Santi

TancrediBiondi Santi

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 63

Bru

nello

Villa Greppo in autunno

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 664

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Tosca

na

vinificazione nel territorio mon-

talcinese era diverso da quello

delle altre zone: la vendem-

mia iniziava in anticipo. Dopo

un’attenta analisi del terreno,

selezionò le tipologie di uve più

adatte a quella conformazione

geologica. Fu questo uno fra

i momenti più importanti per

il Brunello: grazie agli studi

di Clemente, infatti, si mise

in evidenza la grande longe-

vità di questo vino”. La figlia

di Clemente Santi, Caterina,

sposò Jacopo Biondi, medi-

co fiorentino, la cui nobile fa-

miglia proveniva dalla città di

Pomarance. Dalla loro unione

nacque il figlio Ferruccio, che

ereditò la passione per i vini

ed i vitigni del nonno mater-

no, unendo nel contempo i

cognomi per un giusto tributo

alla famiglia Santi, instauran-

do standard produttivi molto

severi. Altri produttori all’ini-

zio del 1800 ottennero di-

plomi importanti per loro vini

detti “Brunello”: Paccagnini,

Anghirelli, Angelini, Vieri

Padelletti, ma nessuno seppe

dare una continuità ai propri

vini oltre la fine della Prima

Guerra Mondiale, cosa che,

invece, riuscì a Ferruccio, che

forte dell’esperienza straor-

dinaria del nonno materno

Clemente Santi, si dedicò con

competenza all’azienda del

Greppo. “Come spesso av-

viene nelle più felici decisioni

storiche, Ferruccio deve qual-

cosa alle avversità – racconta

Franco Biondi Santi - a metà

dell’800 l’oidio, poi la filosse-

ra, poi ancora la peronospora,

si abbatterono sull’Europa e

quindi anche sul Greppo. Egli

si trovò, quindi, a fronteggiare

una minaccia senza prece-

denti a causa della fillossera

per la sopravvivenza dei suoi

vigneti, ma mentre i viticoltori

cercarono di mettere in beva

rapidamente i vini rossi per

un rapido realizzo finanziario

dai nuovi vigneti, egli guardò

verso nuovi orizzonti e volle

diversificarsi con un vino che

ritenne longevo vinificando in

purezza il Sangiovese, frutto

dei suoi vigneti reimpiantati,

innestati su barbatelle selva-

tiche con gemme prese da

quelle piante madri individuate

al Greppo”.

A partire da quel momento

Ferruccio si dedicò alla sele-

zione ‘massale’, cioè in serie

del Sangiovese attraverso l’in-

dividuazione di piante madri.

“Ogni fase della produzione

del Brunello veniva controlla-

ta di persona – spiega Franco

Biondi Santi – limitando di

proposito la produzione al fine

di perseguire la qualità attra-

verso la selezione dei grappoli

migliori, curando il processo

di fermentazione in modo da

fare nascere un vino da invec-

chiamento”. Dal matrimonio

di Ferruccio Biondi Santi con

Orlandina Orlandini Caselli

Vigna a terrazze di Scarnacuoia

BrunelloB

rune

llo

speciale Toscana

nacquero Gontrano, Tancredi

e Caterina. Nel 1917, mentre

i due fratelli erano al fronte,

Ferruccio morì, e la crisi con-

seguente alla guerra unita alla

grande depressione che ne

seguì ridusse ai mini termini

la domanda dei vini di qua-

lità. Successivamente i due

fratelli decisero di dividersi e

Tancredi comprò da Gontarno

la sua metà del Greppo, della

cantine e delle vigne, riportan-

do in breve tempo il Brunello

a nuovi livelli di classe e di

prestigio, diventando di fatto

l’ambasciatore di Montalcino

e dei suoi vini. Nel 1944, in

piena guerra, mentre i tede-

schi compiono rastrellamenti

quotidiani a fianco di Ferruccio

vi è il figlio Franco, che così ri-

corda un emblematico episo-

dio: “Era l’inverno del ’44, mio

padre, io ed un vecchio ope-

raio di nostra fiducia, abbiamo

murato la stanza dove erano

conservate le vecchie Riserve.

Abbiamo lavorato tutta la not-

te per qualche centinaio di

preziose bottiglie, da quelle

del 1888 a quelle del 1925,

perché senza quelle vecchie

riserve, vera memoria storica,

sarebbe stato impossibile di-

mostrare al mondo, come poi

abbiamo fatto, la straordinaria

capacità d’invecchiamento,

che aveva e tutt’ora ha, il no-

stro Brunello”. A dimostrazione

dell’amore che Tancredi aveva

per le sue ‘creature’, qualche

mese prima di morire, volle at-

torno a sé, nella sua cantina,

suo figlio Franco e gli amici

più cari per rivedere le antiche

bottiglie, accarezzarle, sentire

nelle narici gli antichi profumi

e sentir scorrere il loro vino

nelle vene. Senza pause, con

una memoria di ferro, Franco

Brunello

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 666

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Tosca

na

Biondi Santi, dopo averci trat-

teggiato la storia della sua fa-

miglia passa a raccontarci la

sua storia, dall’adolescenza e

giovinezza di un comune gio-

vane della borghesia tosca-

na all’incontro con la moglie

Maria Floria, dalle loro nozze

il 15 giugno 1949 nell’abbazia

di Monte Oliveto alla nascita,

l’anno seguente, di Jacopo,

il primo erede, al quale segue

la secondogenita Alessandra.

Seguire le orme del padre è

per Franco come seguire un

destino attraverso un sapere

acquisito fin da giovane, gra-

zie anche alla conoscenza di

tutti i segreti e le strategie, sia

per la produzione del vino che

per la sua promozione, pur

sapendo bene che il mercato

è cambiato e che nella socie-

tà dei consumi e del turismo

di massa il Brunello è uno dei

nettari di Bacco maggiormen-

te richiesti. “Nel 1969, due anni

dopo che il ministro dell’Agri-

coltura, disciplinando le nor-

me per i vini di qualità, prese

per modello il nostro sistema

di produzione e il Brunello fu

il primo vino d’Italia ad ave-

re la Dogc, il nostro Brunello

Riserva 1955 fu scelto a

Londra per un pranzo d’onore

– ricorda Franco Biondi Santi

– questo lo mise in rilievo e a

quell’epoca, volendo, avrem-

mo potuto brevettare il nome.

Non lo abbiamo fatto e ora i

produttori sono molti e siamo

fieri che grazie al Brunello,

Montalcino abbia uno dei red-

diti più alti della provincia di

Siena, al contrario di alcuni lu-

stri fa quando era il fanalino di

coda”. Sempre determinato a

difendere l’attuale Disciplinare,

con 100% di Sangiovese, frut-

to di un’esperienza vitivinicola

straordinaria, quella di suo pa-

dre, Tancredi, testimoniata da

una collezione straordinaria di

Riserve dal 1888 ad oggi che

conserva ancora nella canti-

na del Greppo, Franco Biondi

Santi, tiene a ribadire: “Un

grande vino da invecchiamen-

to si fa solo con uve di una

perfezione assoluta e un’uva

così si ottiene solo con grandi

cure durante tutto il ciclo ve-

getativo. Per produrre questo

vino ci vuole pazienza: invec-

chiamento per quattro anni in

botti di rovere di Slavonia, poi

riposo in bottiglia almeno per

tre anni”. Solo un’azienda fa-

miliare come quella dei Biondi

Santi, gestita con passione

e professionalità nel rispet-

to delle tradizioni, può quindi

aspettare, proteggere e infine

fare apprezzare un vino del ge-

nere. Non caso Franco Biondi

Santi è giustamente chiamato

‘Il signore del Brunello”.

Franco Biondi SantiBru

nello

Ha rappresentato in

questi anni uno stru-

mento di scrupolosa

e responsabile autodiscipli-

na, sollecitando un coagulo

fra aziende vecchie e nuove,

piccole e grandi, così che le

consolidate e sagge abitudini

sono diventate una comune

strategia per il successo qua-

litativo.

Il Consorzio tutela, control-

la e valorizza tutti e quat-

tro i vini a denominazio-

ne di Montalcino: Brunello

di Montalcino, Rosso di

Montalcino, Moscadello di

Montalcino e Sant’Antimo.

Il 100% dei produttori, uni-

co caso in Italia, sono iscrit-

ti al Consorzio, incaricato

dal Ministero delle Politiche

Agricole per la tutela e per i

controlli.

I produttori sono 250 (di

cui 200 imbottigliatori), tutti

associati al Consorzio.

Complessivamente gli et-

tari a vigneto nel territorio

di Montalcino sono 3500

così ripartiti: 2100 etta-

ri coltivati a Brunello di

Montalcino; 510 ettari coltivati

a Rosso di Montalcino; 50 et-

tari coltivati a Moscadello di

Montalcino; 600 ettari coltivati

a Sant’Antimo Doc; la restan-

te parte è coltivata a Igt.

Mediamente ogni anno sono

prodotte 6.500.000 bot-

tiglie di Brunello di

Montalcino, 4.000.000 di

Rosso di Montalcino, 80.000

di Moscadello di Montalcino e

500.000 di Sant’Antimo.

L’export copre circa

il 60% della produzione e il

valore complessivo del giro

d’affari del settore vitivinicolo

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 67

speciale Toscana

Consorzio del VinoBrunello di Montalcino

a cura del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino

Il Consorzio del Vino Brunello di Montalcino è nato nel 1967 all'indomani del riconoscimento

della D.O.C., come libera associazione fra i produttori, intenzionati a tutelare il loro vino.

Montalcino

Brunello

spec

iale

Tosca

na

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 668

a Montalcino è mediamente

di 140 milioni di Euro.

Montalcino storia e curiositàForse per la posizione geo-

grafica, lontano dalle affollate

arterie di comunicazione o for-

se per la purezza dell'aria che

pervade un panorama ancora

intatto e selvaggio, il territorio

di Montalcino riporta a quel

magico rapporto tra uomo e

natura che qui ha la rarità di

essere assolutamente spon-

taneo.

Ma la forza di Montalcino è

il dono più prezioso che gli

ha fornito la sua terra, dura

e generosa insieme: il vino.

Già apprezzata nei secoli

passati, la produzione eno-

logica era anche qui rimasta

fedele ai canoni ormai affer-

mati nella tradizione toscana.

Fu solo verso la fine del XIX

secolo che iniziarono i primi

esperimenti tesi a valorizzare,

esaltandole, le caratteristiche

di una materia prima e di un

ambiente senz'altro partico-

lari. Nacque così il Brunello

ed ancora oggi nasce come

frutto di tenace passione, con

amore custodito durante gli

anni di affinamento in cantina

prima di presentarsi al mondo

che ha imparato, a sua volta,

ad amarlo, fine e principio di

una leggenda che ogni botti-

glia rinnova.

Il comune di Montalcino (564

metri slm) si trova a 40 chilo-

metri a sud di Siena. Il territorio

è delimitato dalle valli dell’Or-

cia, dell’Asso e dell’Ombrone

e ha una superficie di 24.000

ettari.

L'economia è prevalentemen-

te agricola ed occupa una pic-

cola parte della superficie, così

ripartita: per il 50% coperta

da bosco e incolti; il 10% da

oliveto, il 15% da vigneto, la

rimanente parte a seminativo,

pascoli ed altre colture.

La collina di Montalcino (che

dista dal mare 40 km in linea

d'aria) essendosi formata in

ere geologiche diverse, pre-

senta caratteristiche del suolo

estremamente mutevoli per

costituzione e struttura: esi-

stono zone con terreno ricco

di calcare frammisto a sche-

letro costituito da scisti di ga-

lestro e alberese, zone con

maggiore presenza di argilla

e minore presenza di schele-

tro e zone costituite da terreni

formatisi per trasporto di detri-

ti alluvionali.

Il clima è tipicamente mediter-

raneo, con precipitazioni con-

centrate nei mesi primaverili e

autunnali (media annuale 700

millimetri). In inverno, sopra

i 400 metri, non sono rare le

nevicate. La fascia di media

collina (in cui è concentrata la

maggior parte delle aziende

vitivinicole) non è interessata

da nebbie, gelate o brinate

tardive che si possono verifi-

care nelle zone vallive, men-

tre la frequente presenza di

vento garantisce le condizioni

migliori per lo stato sanitario

delle piante. Il clima, preva-

lentemente mite e con eleva-

to numero di giornate serene

durante l'intera fase vegetati-

va, assicura una maturazione

graduale e completa dei grap-

poli. La presenza sul territorio

di versanti con orientamenti

diversi, la marcata modula-

zione delle colline e lo scarto

altimetrico tra le zone vallive

ed il territorio più alto (Poggio

della Civitella - 661 metri

slm - collocato al centro del

Brunello

69

speciale Toscana

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

comune) determina dei micro-

ambienti climatici molto diversi

tra di loro, malgrado, talvolta,

l’estrema vicinanza.

Il vinoIl Brunello si ottiene esclusi-

vamente da uve Sangiovese

(denominate localmente

“Brunello”) del territorio co-

munale di Montalcino, allevate

prevalentemente con il siste-

ma del cordone speronato

(ottenuto mediante potatura

corta, a 2 gemme, di un nu-

mero variabile di cornetti a

ceppo), che consente di otte-

nere una bassa resa per etta-

ro (massimo 80 quintali di uva,

secondo il disciplinare).

Si può chiamare Brunello solo

il vino prodotto ed imbottiglia-

to nel comune di Montalcino

(la zona di produzione fu de-

limitata già nel 1932 dalla

Commissione del Ministero

dell’Agricoltura), un territorio

con un microclima ottima-

le ed una particolare strut-

tura fisico-chimica. È stato

uno dei primi vini ad ottene-

re la Denominazione d’Ori-

gine Controllata (Doc) con il

Decreto del Presidente della

Repubblica del 28 marzo 1966

ed il primo vino italiano ad ave-

re la Denominazione d’Origine

Controllata e Garantita (Docg)

con il Decreto del Presidente

della Repubblica del 1 luglio

1980. Montalcino è il primo

caso in Italia in cui da un viti-

gno si possono ottenere due

vini a denominazione d’origi-

ne: il Brunello ed il Rosso. La

produzione di Brunello, so-

prattutto dagli anni Ottanta,

ha riscontrato una definitiva

e generalizzata evoluzione

qualitativa, seguita da una co-

stante affermazione di noto-

rietà nel mondo. Questo vino

è oggi considerato la punta

di diamante della produzione

italiana.

La principale caratteristica del

Brunello è il lungo affinamento

prima dell’immissione in com-

mercio, che ne determina il

suo caratteristico colore rosso

rubino brillante e trasparente,

tendente al granato. I profumi

risultano, in generale, intensi,

di grande persistenza e com-

plessità, e vi si possono rico-

noscere sentori di sottobosco,

piccoli frutti rossi, terra, non-

ché gli aromi dolci e speziati

provenienti dai legni di affina-

mento. Al gusto, il Brunello è

tendenzialmente elegante ed

armonico, con una struttura

ricca, ben bilanciata da una

notevole freschezza acida. La

gradazione di 12,5° (minima),

è spesso maggiore, arrivando

con facilità ai 13,5°; l’acidità

totale (minima) è di 5 grammi/

litro e l’estratto secco minimo

è di 24 grammi/litro. Il Brunello

è esclusivamente confeziona-

to in bottiglie di forma bordo-

lese (capacità, espresse in litri:

0,375; 0,500; 0,750; 1,5; 3,0;

5,0).

Dal dopoguerra ad oggi, sono

state giudicate ufficialmente “a

cinque stelle” le annate 1945,

1955, 1961, 1964, 1970,

1975, 1985, 1988, 1990,

1995, 1997, 2004, 2006,

2007.

Uva Sangiovese

Vendemmia Brunello

Uva Moscadello

Brunello

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 670

“Wine Spectator”, un Brunello

nei 12 vini del Novecento:

“Wine Spectator” ha eletto,

unico vino italiano, nei dodi-

ci “grandi” del Novecento, il

Brunello Riserva Biondi Santi

1955. Il vino di Montalcino è

in compagnia, tra gli altri, del-

lo Château Margaux 1900,

Château Mouton Rothschild

1945, Château Petrus 1961,

Penfolds Grange 1955,

Château Cheval Blanc 1947,

Domaine de la Romanée-

Conti 1937, Château d’Yquem

1921.

Il Brunello di MontalcinoIl Brunello di Montalcino è

un vino visivamente limpido,

brillante, di colore granato

vivace. Ha profumo intenso,

persistente, ampio ed ete-

reo. Si riconoscono sentori di

sottobosco, legno aromatico,

piccoli frutti, leggera vaniglia e

confettura composita. Al gu-

sto il vino ha corpo elegante

ed armonico, nerbo e razza, è

asciutto con lunga persisten-

za aromatica.

Per le sue caratteristiche,

il Brunello di Montalcino sop-

porta lunghi invecchiamenti,

migliorando nel tempo. Si va

da un minimo di 10 anni fino

a 30, ma può essere con-

servato anche più a lungo.

Naturalmente conservato nel

modo giusto: in una cantina

fresca, ma soprattutto a tem-

peratura costante, buia, senza

rumori e odori; le bottiglie te-

nute coricate.

L'eleganza e il corpo armoni-

co del vino permettono abbi-

namenti con piatti molto strut-

turati e compositi quali le carni

rosse, la selvaggina da penna

e da pelo, eventualmente ac-

compagnate da funghi e tartu-

fi. Trova anche abbinamento

ottimale anche con piatti della

cucina internazionale a base

di carni o con salse.

Il Brunello è anche vino da ab-

binamento ottimale con for-

maggi: tome stagionate, peco-

rino toscano, formaggi struttu-

rati. Inoltre, per le sue caratte-

ristiche, é godibile anche quale

vino da meditazione.

Il Rossodi MontalcinoMontalcino, terra votata alla

qualità, non si limita al Brunello

nel campo dei vini di pregio.

Forse per questo, per la prima

volta in Italia, ai produttori di

questa zona è stato concesso

di ottenere, dagli stessi vigne-

ti, due vini a denominazione

di origine in base a precise

spec

iale

Tosca

na

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

valutazioni tecniche: il Brunello, destinato

al lungo invecchiamento, ed il Rosso di

Montalcino, vino più giovane che unisce

ad una superba struttura doti di particola-

re vivacità e freschezza.

Già apprezzato e conosciuto con varie

denominazioni, il Rosso di Montalcino

ha acquisito precisa identità ed ufficia-

le riconoscimento con il passaggio alla

Denominazione di Origine Controllata.

Valida alternativa per il cantiniere, lo è an-

che per il consumatore esigente.

Il Rosso di Montalcino è armonico, ele-

gante, sapido, non di grande impegno

ma di piacevole abbinamento. All'aspetto

è brillante e limpido, con colore rubino

composito; all'olfatto ha buona intensità e

fragranza, si riconoscono profumi di frut-

ti freschi. All'analisi gustativa il vino risulta

armonicamente asciutto, ha nerbo e fre-

schezza con buona persistenza aromati-

ca. È vino di pronta beva particolarmente

suadente. Non è da conservare a lungo, il

vino preferisce essere bevuto in età gio-

vanile anche se ben resiste all'invecchia-

mento.

Le sue caratteristiche sono esaltate dai

piatti tipici della cucina toscana dal gu-

sto schietto e deciso ma, ugualmente,

può accompagnare, valorizzandole, le più

diverse proposte della cucina internazio-

nale. Si abbina a piatti di media struttu-

ra, quali primi di pasta con sugo di car-

ne, di pollame, di funghi o tartufi, risotti

compositi; secondi preparati con carni di

maiale o vitello salsato. Deve essere servi-

to in calici di cristallo per vini rossi ad una

temperatura di circa 18°C.

Il Moscadellodi MontalcinoDa un'uva coltivata da tempo immemora-

bile a Montalcino, nasce questo vino da

dessert tanto antico quanto piacevole e

Consorzio per la Promozione del MARCHIO STORICO DEI VINI REGGIANI

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Morodi Rinaldini Paola

Reggiana S.S.di Ferrari e Coloretti

Azienda Prati Vini

Ca’ De Medici

Cantina Sociale di Rolo

Cantina Sociale Centro di Massenzatico

Cantina Sociale di Arceto

Cantina Sociale di Carpi

Cantina Sociale di Gualtieri

Cantina Sociale Prato di Correggio

Cantina Sociale di Puianello e Coviolo

Cantina Sociale Masone - Campogalliano

Cantina Sociale S. Martino in Rio

Cantine Due Torri nella Val D’Enza

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Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 672

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sorprendente. Francesco Redi

nel 1685 lo celebrò nel suo

ditirambo: "Quel si divino e

leggiardetto moscadelletto di

Montalcino". Moltissime notizie

storiche, relative a noti perso-

naggi, testimoniano l'apprez-

zamento del Moscadello di

Montalcino in Italia e all'Estero.

Il Moscadello di Montalcino è

prodotto nei tipi Tranquillo,

Frizzante e Vendemmia

Tardiva. Le peculiarità di que-

sto vino prezioso e raro sono

state codificate nel discipli-

nare della Denominazione di

Origine Controllata.

Il Moscadello di Montalcino,

alla vista si presenta gial-

lo paglierino tenue nel tipo

Frizzante, che tende a diveni-

re più cupo nel tipo Tranquillo

e ad assumere l'aspetto del

giallo dorato tenue nella ti-

pologia Vendemmia Tardiva.

Manifesta l'aroma di mosca-

to equilibrato e fresco, con

delle sfumature floreali. Il pa-

lato è appagato dal dolce e

dall'armonia aromatica del

tipo Tranquillo, il Frizzante of-

fre inoltre l'invitante brio del

leggero perlage. La tipologia

Vendemmia Tardiva dimostra

la vellutata eleganza e l'av-

volgenza di un vino passito.

I Moscadello di Montalcino

Tranquillo e Frizzante sono da

consumarsi giovani, mentre il

tipo Vendemmia Tardiva può

esprimere il meglio di sé con il

passare degli anni.

Trova la sua collocazione na-

turale a fine pasto, accompa-

gnando piacevolmente pastic-

ceria e dolci secchi.

Il Sant'AntimoIl Sant’Antimo prende il nome

dalla celebre abbazia medioe-

vale situata a pochi chilometri

da Montalcino, che la storia

vuole fondata da Carlo Magno.

È l’ultima Doc arrivata in ordine

di tempo a Montalcino (1996),

nata dalla volontà dei produttori

di qualificare tutta la produzio-

ne vinicola del territorio: adesso

i vigneti di Montalcino sono al

cento per cento a denomina-

zione di origine, in un concetto

di “total quality”. In questa terra

fortemente vocata alla viticoltura

infatti, oltre al vitigno autoctono

per eccellenza, il Sangiovese, si

possono ottenere risultati ec-

cezionali anche con le varietà

internazionali. Il Sant'Antimo è

una denominazione molto am-

pia che prevede molte tipologie

di vini sia rossi che bianchi. Il

tipo rosso può essere prodotto

anche come Novello. È possibi-

le produrre inoltre il Sant'Antimo

Vin Santo con uve bianche e il

Sant'Antimo Vin Santo Occhio

di Pernice con uve rosse, am-

bedue anche nella tipologia

Riserva.

Abbazia di Sant'Antimo

spec

iale

Tosca

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rune

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Il vinsantoa cura di Emma Lami

Il Vinsanto ha origini leggendarie e per la prima volta se ne sente parlare agli inizi del Cristianesimo,

forse per indicare un vino particolarmente adatto al rito della Messa.

Una leggenda sene-se racconta che nel 1348, anno in cui si

diffuse la peste, un frate do-menicano distribuiva del vino agli ammalati per portare loro un po’ di sollievo, da cui la convinzione che si trattasse di un vino miracoloso, ”santo”.Un’altra interpretazione ricon-duce la nascita del termine “Vinsanto” al 1439, data del Concilio Ecumenico indetto a Firenze per riunire la Chiesa d’Oriente con quella di Occi-dente. Durante un convivio, organizzato dai Medici, fu servito un vino passito che, al cardinale Bessarione, vesco-vo di Nicea, fece esclamare: “Ma questo è Xantos” (per la somiglianza che il vino aveva con quello prodotto nell’iso-la di Xanto) trasformato poi dai presenti nell’aggettivo latino”santus”. Fatto ne è che il Vinsanto è veramente un vino che conserva una sua magia. In Toscana offrire il vinsanto è uno dei gesti più antichi del-la sua ospitalità. “Lo gradire-sti un goccino di Vinsanto?” era la frase comune con cui i nostri nonni accoglievano gli ospiti o i parenti che venivano

da lontano. Era dovere, dopo i saluti, mettersi intorno alla tavola e tirar fuori dalla vetrina la bottiglia del vinsanto che se ne stava quasi nascosta in un angolo poiché allora, questa bevanda richiedeva gran ri-spetto e si beveva solamente nelle occasioni particolari; tra l’altro essendo artigianale la soddisfazione più grande per il padrone di casa, era quella di offrire qualcosa di proprio il cui “brevetto” era personale. Avere una buona “MADRE” era un privilegio e la stessa veniva tramandata come una eredità. Tutt’oggi il Vinsanto si diversi-fica a volte anche nella stessa cantina dove ogni caratello ha il suo vinsanto. Diversi il colore, il quadro aromatico, la densità, la struttura, la tonalità di dolce, il nerbo acido. Il vinsanto non è un modo per fare fatturato e soldi, se viene prodotto per questo scopo non sarà mai grande ma se il risultato fina-le deve essere la qualità allora non sarà importante quanto tempo, quanta energia, quan-to denaro sono occorsi per raggiungere il risultato. Questo straordinario vino si presenta in due differenti versioni: il "Vin

Santo” prodotto con uve a bacca bianca ed il "Vin Santo Occhio di Pernice”, ottenuto partendo da uve a bacca ros-sa. Produrre poco per ceppo e poco per ettaro, in vigneti ben realizzati, ben esposti, ben areati e ben coltivati, è re-gola sacrosanta. Vale per tutti i vini e soprattutto per il Vin-santo. Gli aromi varietali non sono riscontrabili nel vinsanto finito e quindi si può dire che in generale devono essere privi-legiate varietà che producano uve idonee all’appassimento, ben mature, con buccia resi-stente e con grappoli spargo-li. Dopo la raccolta i grappoli vengono portati nell’appas-sitoio per essere distesi in un unico strato e non troppo fitti sopra cannicci disposti su vari piani e sorretti da castelli di le-gno. L’appassimento dura sei mesi, durante i quali l’uva non viene mai toccata per nessun motivo. Unica variante alle tecniche antiche, sicuramente migliorativa, è l’utilizzo di pres-se pneumatiche, che sono an-date a sostituire i vecchi torchi a vite. La quantità di mosto che si ottiene non supera mai il 15% dell’uva fresca e contie-ne una percentuale altissima

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 674

spec

iale

Tosca

na

Campanile di Montefollonico

Vinsanto

di zuccheri(55%-60%). Dopo circa due mesi, al termine del-la naturale decantazione, il mosto viene messo nei cara-telli, piccole botti generalmen-te di rovere di circa 50 litri. I caratelli non sono a perdere, come le barrique. Durano fin-chè non evidenziano difetti di profumo e finchè sono in gra-do di tenere. Questi vengono riempiti solo per 9/10 del loro volume, con 2 litri di madre (sedimento scuro e denso che si trova, ben diviso dal Vin-santo, sul fondo dei caratelli e che contiene famiglie di fer-menti specializzati a vivere ed a moltiplicarsi in un composto così ricco di zucchero) e 43 di mosto. I caratelli vanno chiu-si subito dopo il riempimento ,poi non si toccano più per 10 anni. Infine arriva il giorno del-la loro apertura. Di solito nel

mese di maggio, a fine luna calante, quando il mosto nuo-vo si è sufficientemente pulito. È questo un gran giorno per-ché ripaga della lunga attesa.Attesa che in Toscana il co-mune di Torrita di Siena ha vo-luto esaltare portando avanti da ormai sei anni una Mani-festazione dove il VINSANTO è il protagonista in assoluto. È il Borgo Medievale di Mon-tefollonico che con le sue vie strette e contorte, le sue case basse e rustiche, accoglie il visitatore e regala nei tre gior-ni di dicembre, comprensivi dell’8, momenti autentici e ge-nuini della Toscana e dei suoi prodotti. In questo periodo la vita del paese si anima con varie at-tività: tavole rotonde, semina-ri, gemellaggi con vini euro-pei, degustazioni guidate dai

sommelier della Delegazione

FISAR Valdichiana, il Concor-

so “Il miglior Vin Santo fatto

in casa”. Questa particolare

competizione, unica nel pa-

norama nazionale, è aperta a

tutti quei produttori che fanno

Vin Santo per piacere, tradi-

zione, hobby ma non lo com-

mercializzano.

Un produttore di Montefol-

lonico però che ha investito

nella sua Azienda vitivinicola

amore, passione, interessi, è

Vittorio Innocenti le cui canti-

ne si trovano a Montefolloni-

co in locali che risalgono alla

fine del XIII secolo ed il cui

vino e senza dubbio il suo Vin

Santo trovano l’ambiente otti-

male per l’invecchiamento ed

affinamento.

speciale Toscana

®

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 676

spec

iale

Tosca

na

Si, perché dopo il Duo-

mo, Piazza del Campo,

S. Domenico, la Casa

di Santa Caterina e poi e poi…

ci sono anche, per il palato, le

delizie senesi.

A Siena infatti l’arte dolciaria

ha origini molto antiche, legate

prevalentemente a ricorrenze

religiose e festive ed intorno

alle quali il tempo ha creato

storie e leggende.

Il dolce senese che ha radici

più lontane è sicuramente il

Panforte che nell’anno 1000

si presenta come focaccia

preparata con farina di grano,

miele e frutta secca. A quel

tempo veniva chiamato Pane

Natalizio o Pane Aromatico.

La preparazione era opera de-

gli speziali, farmacisti dell’epo-

ca, e solamente i nobili, i ricchi

ed il Clero avevano la possi-

bilità di gustare questo dolce

che conteneva droghe e spe-

zie costosissime per quei tem-

pi e quindi simbolo di prestigio

e potere. Con il passare del

tempo il Panforte o Panpepato

non ha subito sostanziali mo-

difiche fino a quando nel 1879

la Regina Margherita andò in

visita alla città di Siena.

Per l’occasione lo speziale

preparò un panforte senza le

conce di melone e con una

copertura di zucchero anziché

I dolci senesia cura di Emma Lami

Andare in visita alla città di Siena ed aggirarsi tra i vicoli,le strade, le piazze di questa città così magica non si possono non sentire nell’aria gli odori

e gustare con il pensiero i sapori dei dolci tipici senesi.

Cantucci

Copate senesi

Cavallucci

Panforte

Ricciarelli

Dol

ci

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 77

speciale Toscanadi pepe nero. I senesi lo offriro-

no alla Regina come Panforte

Margherita e tutt’oggi è noto e

commercializzato con questo

nome.

Intorno ad un dolce così antico

non potevano non sorgere leg-

gende e ci piace riportare quella

legata ad una storia romantica.

Sembra che l’aggiunta delle

spezie alla base del dolce sia

dovuta a Suor Ginevra chiusasi

in convento per amore.Un gior-

no mentre era intenta alla pre-

parazione del Panmelato, sentì

giungere dalla strada la voce

del fidanzato, Messer Giannetto

da Perugia che credeva morto.

Per l’emozione cominciò a but-

tare in modo incontrollato nel

consueto impasto, frutta secca,

canditi, spezie e pepe creando

un dolce dal gusto piccante e

dall’intenso profumo.

La consuetudine della produ-

zione del panforte e di altri dol-

ci ad opera dei farmacisti sarà

continuato nei secoli dalle più

antiche farmacie di Siena come

Parenti, Sapori, Pepi che da-

ranno vita alle industrie dolciarie

più importanti della città. Non

meno prelibati sono i Riccia-

relli fatti di mandorle, zucche-

ro, albume d’uovo.

Anche per essi c’è una leggenda

la quale racconta che fu un se-

nese, Ricciardetto della Gherar-

desca, ad introdurre questi dolci

nel suo castello vicino Volterra al

ritorno dalle Crociate ed il nome

Ricciarello sembra derivare dal-

la originaria forma “arricciata”

delle babbucce dei sultani che

egli aveva visto in Terra Santa.

Oggi i dolci hanno forma a lo-

sanga e li possiamo trovare ri-

coperti anche di cioccolato.

Vanno annoverati poi i Caval-

lucci, dall’impasto molto con-

sistente, aromatizzato con spe-

zie e arricchito di noci e canditi

raffinati. Si possono trovare già

ai tempi di Lorenzo il Magnifico

con il nome di Biriquocoli e solo

con il tempo presero il nome di

cavallucci perché venivano of-

ferti soprattutto nelle osterie di

campagna, dove si fermavano

diligenze e barrocci, ai condu-

centi dei cavalli ed ai passanti.

Rimane tra i dolci più caratte-

ristici la Copata Senese che,

pur essendo meno conosciuta,

è una vera squisitezza. Det-

ta anche Cupata (dall’arabo

qubbiat-mandorlato) è un anti-

chissimo piccolo dolce rotondo

a base di croccante preparato

con miele, noci, anice e rac-

chiuso tra due ostie.

Per ultimi vogliamo presentare i

Cantucci, che a onor del vero

sono nati a Prato come biscotti

quando alcune massaie, deci-

sero di impastare con le chiare

delle uova avanzate da altri dol-

ci anche le noci tritate. Il can-

tuccio è diffusissimo in Toscana

e particolarmente a Siena dove

l’accostamento tradizionale”

cantucci e Vin Santo” è ritenuto

uno dei modi migliori per com-

pletare un buon pasto, anche

se tecnicamente questa "abbi-

nata” non rientra nei canoni del

servizio dei vini.

Siena - Torre del Mangia in Piazza del Campo

Senesi

Enoteca Italiana a cura di Nicola Masiello

Abbiamo incontrato il dott. Galletti a Sienain una delle suggestive sale della Enoteca Italiana

ed a lui abbiamo rivolto alcune domande sulla nascitae lo sviluppo di questo luogo “sacro” per la storia del Vino

che, all’interno, si racconta da sé attraverso le bottiglie che costituiscono al tempo stesso documento

determinante, patrimonio, risorsa cui poter attingere.

Presidente, a quan-

do possiamo far

risalire la nascita

dell’Enoteca Italiana?

L’Ente Vini - Enoteca Italiana

è nata dalla preesisten-

te “Mostra Mercato dei Vini

Tipici”, la prima manifestazio-

ne che nel 1933 riuniva nella

Fortezza Medicea di Siena,

nel 1933 tutta la produzio-

ne vitivinicola nazionale. Solo

nel 1950, il Presidente del-

la Repubblica lo riconosce

come Ente Autonomo Mostra

Mercato Nazionale dei Vini a

Denominazione di Origine e

di Pregio che nel 1960 si tra-

sforma in Enoteca Pubblica

Nazionale ed accoglie, cata-

loga e promuove il patrimonio

enologico italiano con la sua

storia e le sue tradizioni.

L’obiettivo è quello di con-

tribuire alla diffusione di una

vera “cultura del vino”, evi-

denziandone i legami, oltre

che col mondo economico,

anche con la gastronomia

e con l’alimentazione, lavo-

rando in stretto contatto con

tutte le realtà produttive del

settore e collaborando con

le principali autorità istituzio-

nali, con importanti case edi-

trici, con Associazioni private

quali l’A.I.S, Assoenologi, la

F.I.S.A.R. il Gambero Rosso,

Slow Food…, con i centri di

ricerca scientifica e di spe-

rimentazione nazionali, con

le Università e l’Accademia

Italiana della Vite e del Vino.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 678

spec

iale

Tosca

na

Fabio Carlesi Segretario Generale

Claudio GallettiPresidente

Eno

teca

Quali Manifestazioni

l’Enoteca ha promosso

in proposito?

Nell’anno della sua istituzio-

ne nasce la Manifestazione:

le “Settimane dei Vini” che

rappresenta tutt’oggi il più

importante appuntamento di

“filiera” dell’anno vitivinicolo

italiano ed è madrina, negli

anni, di altre attività formati-

ve e divulgative quali “Vino e

Turismo”, riservata agli opera-

tori esteri, “I Salotti dell’Agro-

alimentare Tipico”, “I Sapori

delle Regioni”, tutte miranti

alla conoscenza ad alla va-

lorizzazione del patrimonio

agroalimentare tipico Italiano.

Importante è stato tra l’altro il

suo ruolo di coesione tra le al-

tre Enoteche italiane ed il suo

contributo attivo alla definizio-

ne sulla legge riguardanti le

“Strade del vino” ed alla prima

organizzazione sul territorio

delle stesse.

E fuori dell’Italia quale

compito ha svolto?

Dal 1986, in collaborazione e

con i contributi del Ministero

delle Politiche Agricole,

Alimentare e Foreste, l’Ente

ha esteso il proprio ruolo e

le proprie funzioni istituzionali

all’estero e dal 1989 l’attività

di valorizzazione dei vini a Doc

e Docg, è stata svolta senza

interruzioni, consentendo di

sviluppare un programma di

informazione e valorizzazione

della produzione italiana at-

traverso seminari ed incontri

realizzati in Paesi Europei ed

Extraeuropei.

Può sintetizzarci quali

obiettivi e finalità l’Enoteca

nel suo “essere”

si prefigge oggi?

Il nostro principale obiettivo

oggi è far conoscere sia nelle

attività all’interno dell’Enote-

ca, che nelle principali ma-

nifestazioni di settore in Italia

e all’estero, la qualità dei vini

e dei prodotti agroalimentari

strettamente rapportati alle

origini attraverso materiale

stampato ed audiovisivo con

personale specializzato e con

la collaborazione dei più qua-

lificati tecnici ed esperti del

settore.

I contatti quotidiani con il con-

sumatore, il turista italiano e

straniero, nonché con gli ad-

detti ai lavori, quali sommelier,

ristoratori, albergatori, gior-

nalisti, esperti ci permettono

di sviluppare una importante

funzione didattica sulle D.O.

allo scopo anche di un conso-

lidamento e di una estensione

delle stesse.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 79

speciale ToscanaItaliana

Tra l’altro nel nostro quadro di

potenziamento oltre che par-

tecipare a mostre e fiere del

settore abbiamo in program-

ma attività quali:

Organizzazione di corsi di for-

mazione in Italia e all’estero,

- work shop,

- creazione di itinerari

del gusto,

- offerta di consulenza per

l’istituzione di Enoteche,

pubbliche e private,

- creazione e realizzazione di

progetti e contenuti a livello

nazionale ed internazionale,

affinchè i prodotti tipici e di

pregio siano avvalorati da

apposita documentazione

e siano pubblicizzati con at-

tività tese a sensibilizzare i

consumatori e gli operatori.

Quale affluenza di visitatori

si può riscontrare?

L’Enoteca mediamente con-

ta circa 5.000 presenze al

mese che nei sotterranei della

splendida cinquecentesca for-

tezza medicea hanno modo di

trovare vini e materiale infor-

mativo utile ad approfondire la

realtà produttiva vitivinicola.

Inoltre tutti i contenuti e i dati

della mostra permanente

“Parladivino”, qui collocata,

possono essere trovati sul

portale dell’Enoteca Italiana,

che riceve circa 16.000 visi-

tatori unici al mese. Questo

nuovo sistema dà l’opportuni-

tà di fare un giro virtuale attra-

verso l’Italia del Vino e ricevere

tutte le possibili informazioni

che vanno dai vitigni tipici alle

schede tecniche dei vini, dal

prezzo sul mercato agli abbi-

namenti con i cibi.

Al giorno d’oggi, in cui

ci giungono sempre più

notizie allarmanti sull’uso

dell’alcol da parte dei

giovani, in che modo avete

operato?

L’Enoteca Italiana ha realiz-

zato in proposito un Progetto

Speciale interamente dedicato

al rapporto “Vino e Giovani”

volto a conoscere, approfon-

dire e ipotizzare, attraverso

una educazione corretta ed

equilibrata, possibili iniziative

necessarie ad arginare questo

problema.

Quale rapporto avete con

lo sport?

Nell’ambito delle attività spor-

tive abbiamo avuto la possibi-

lità di operare come supporto

alle attività del Ministero delle

politiche agricole alimentari e

forestali in occasione di eventi

internazionali.

Nello specifico, in questo ul-

timo anno, Enoteca Italiana è

stata presente alle Olimpiadi

invernali di Vancouver presso

Casa Italia, alla Maratona di

Madrid, allo Stand F.I.D.A.L.,

ai mondiali di Calcio in Sud

Africa presso Casa Azzurri

dove in accordo con il Mipaaf

è stato organizzato e gestito lo

spazio di promozione “Italian

Food, The Natural Winner”.

Da non sottovalutare la par-

tecipazione all’Esposizione

Universale di Shanghai 2010

in Cina, dove l’Ente ha costi-

tuito tre anni fa, una società

di diritto cinese, la “Enoteca

Yshang”.

A seguito infatti di un accordo

con il Commissariato Generale

del Governo per l’Esposizione

Universale di Shanghai 2010,

l’Enoteca Italiana ha la respon-

sabilità di curare la presenza di

tutte le regioni italiane nell’am-

bito delle attività di promozio-

ne del settore agroalimentare,

organizzando incontri, conve-

gni, work shop.

Al termine della nostra visi-

ta ringraziamo il dott. Galletti

della sua disponibilità e lascia-

mo a questo articolo ed alle

immagini il compito di pre-

sentare l’Enoteca Italiana che

ci lascia con un invito di visita

personale.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 680

spec

iale

Tosca

na

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 81

speciale Toscana

Strada del Vino Nobiledi Montepulciano

a cura dell'Ufficio Stampa di Strada del Vino Nobile di Montepulciano

Chi siamoLa Strada del Vino Nobile di

Montepulciano nasce l’8 apri-

le 1998 - seguendo le norme

della Legge Regionale n.69/96

per la disciplina delle Strade

del Vino in Toscana - come

strumento operativo ai fini del-

la promozione del territorio del

Comune di Montepulciano,

area a vocazione vitivinicola

ma anche ricca, per la pluri-

secolare storia, di tradizioni di

grande rilevanza culturale.

Sono tre le denomina-

zioni valorizzate dalle no-

stre attività: Vino Nobile di

Montepulciano DOCG, Rosso

di Montepulciano DOC e

Vinsanto di Montepulciano

DOC. Nella stessa area di pro-

duzione sono inoltre presenti

altre denominazioni importan-

ti come Chianti Colli Senesi

DOCG e Bianco Vergine

Valdichiana DOC.

L’associazione conta attual-

mente 116 soci - tra aziende

vitivinicole, enoteche, alberghi,

agriturismo, ristoranti, terme,

Enti Locali e altre associazioni

culturali - distribuiti su un ter-

ritorio compreso interamente

nel comune di Montepulciano,

sui colli che separano Val di

Chiana e Val d’Orcia.

AttivitàCome da Statuto l’associa-

zione opera in prevalenza nel

campo della promozione del

territorio e del prodotto eno-

gastronomico ed agroalimen-

tare, con l’obiettivo di offrire

ai visitatori di ogni parte del

mondo, la possibilità di cono-

scere e “gustare” le eccellen-

ze del nostro territorio, grazie

all’esperienza del personale

e alla rete di contatti acquisiti

dalla nascita dell’associazione

ad oggi.

Ufficio Informazioni e prenotazioniLa nostra sede operativa è

l’Ufficio Informazioni a Palazzo

del Capitano, in Piazza

Grande - centro nevralgico

della città di Montepulciano

Montepulciano, Palazzo del Capitano del PopoloMontepulciano, Piazza Grande

Mon

tepu

lcia

no

– aperto tutto l’anno presso il

quale vengono svolti servizi di

informazione e prenotazione

gratuiti per il visitatore al qua-

le si apre una vasta scelta di

possibilità per la scoperta del

territorio: attività, itinerari, visi-

te del territorio, nelle aziende e

nelle cantine storiche, ricerca

di alloggio presso le struttu-

re ricettive, degustazioni dei

prodotti, prenotazioni presso

ristoranti e le terme.

Dal 1998, anno di nascita

dell’associazione, sono state

date risposte a circa 420.000

turisti e visitatori di varie nazio-

nalità che si sono rivolti presso

il nostro Ufficio Informazioni.

Sito internetTutte le informazioni sulla

Strada del Vino Nobile e i sui

associati sono a disposizione

in italiano e in inglese sul no-

stro sito:

www.stradavinonobile.it, che

dall’inizio della sua attività

online è attivo dal 2004 - ha

ottenuto circa 2milioni visite.

Attraverso il sito è possibile ri-

chiedere informazioni sulle no-

stre proposte tramite appositi

moduli di richiesta.

Altre attiviàSempre nell’ambito della pro-

mozione del territorio della

DOCG e degli altri prodotti ti-

pici, la nostra associazione si

occupa di:

1. organizzare e coordina-

re eventi come “Cantine

Aperte” a maggio, “Calici di

Stelle” ad agosto;

2. programmazione e parte-

cipazione insieme ad altre

associazioni locali per la

promozione di un calenda-

rio unico degli eventi annuali

all’interno del territorio co-

munale;

3. partecipare a Fiere e Borse

del turismo, nazionali ed in-

ternazionali;

4. creare itinerari tematici per

favorire la conoscenza delle

aziende e il prodotto vitivini-

colo, oleario, agroalimentare;

5. organizzare attività didatti-

che, corsi di degustazione

di vino e olio,di cucina;

6. suggerire escursioni in città

e nei borghi e delle aree li-

mitrofe di maggior interesse

storico/artistico/naturalistico;

7. prenotare su richiesta guide

e altre attività (anche in lin-

gua straniera) della città e

del territorio.

Standard minimiDi propria iniziativa, la Strada

del Vino Nobile, indica e con-

trolla che vengano rispettati gli

standard minimi di qualità dei

servizi erogati dalle aziende

associate, dettati dai regola-

menti regionali, per tutelare

coloro che scelgono il nostro

circuito enoturistico, e garan-

tisce l’erogazione di servizi di

elevata qualità sia presso il

centro informazioni che nelle

aziende associate.

Centro espositivoDal 2005 la Strada del Vino

Nobile dispone anche di una

sala espositiva, “Le Logge

della Mercanzia”, adiacente

all’ufficio Informazioni, dedi-

cata all’allestimento di mostre,

convegni e attività di formazio-

ne. Attualmente presso la sala

è ospitata la seconda sezio-

ne della mostra “Macchiaioli

a Montepulciano - capola-

vori e inediti privati”, fino al

31/3/2011. Dal 26/4 al 30/9

hanno visitato la mostra circa

12.500 persone.

Per maggiori informazioni:Associazione Strada del Vino Nobile di Montepulciano Piazza Grande n.753045 Montepulciano (SI) Tel. 0578 717484Fax 0578 [email protected]

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 682

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iale

Tosca

na

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 83

speciale Toscana

Federico Carletti e il Consorzio del Vino

Nobile di Montepulciano a cura di Claudio Zeni

La storia di Montepulciano è da sempre intimamente legata alla fama delle sue vigne

e del suo vino come testimoniano (caso unico in Italiae nel mondo) le cantine secolari presenti nel centro storico della cittadina toscana.

Tale legame è confer-mato anche dai do-cumenti che nel 790

d.C. attestano la donazione di un vigneto alla chiesa e dal-la testimonianza del Repetti (“Dizionario storico e geogra-fico della Toscana”) che cita un documento del 1350 in cui sono stabilite le clausole per il commercio e l’esportazione del Vino di Montepulciano. Sante Lancerio (1530), botti-gliere di Papa Paolo III, definì il vino di Montepulciano “vino perfectissimo” mentre celebre è il ditirambo di Francesco Redi che nella sua opera “Bacco in Toscana” (1685) scrive “Montepulciano d’ogni vino è Re”. Una recente ricerca ha consentito di far risalire al 1787 la denominazione ufficiale di Vino Nobile di Montepulciano utilizzata in una “nota spe-

se” da Giovan Filippo Neri, Governatore del Regio Ritiro di S. Girolamo, storica istituzione di Montepulciano, per un viag-gio a Siena, anche se solo il 12 luglio 1966, è stato emanato il Decreto del Presidente della Repubblica che ha riconosciu-to la Denominazione di Origine Controllata (D.O.C.) “Vino Nobile di Montepulciano”, regolamentandone la pro-duzione, mentre dal 1 luglio 1980 il “Nobile” si è fregiato

del più importante riconosci-mento, la Denominazione di Origine Controllata e Garantita (D.O.C.G.), che lo ha classi-ficato tra i vini più prestigio-si d’Italia. Con l’obiettivo di tutelare e promuovere l’im-magine del Vino Nobile di Montepulciano in Italia e nel mondo e, successivamente, anche quella del Rosso e del Vin Santo, è nato nel 1965 il Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, che annovera

Federico Carletti Presidente del Consorziodel Vino Nobile di Montepulciano

"

Mon

tepu

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no

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 684

spec

iale

Tosca

na attualmente ben 230 soci (gli imbottigliatori soci sono 70) rappresentando oltre il 90% della superficie vitata. Attuale presidente del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano è Federico Carletti, titolare dell’azienda ‘Poliziano’, la cui famiglia ebbe i primi contatti con il mondo della viticoltura nel 1961, quando suo padre Dino acquistò 22 ettari di ter-reno, dove impiantò i primi vi-gneti specializzati della zona. “A suggerire a mio padre quell’investimento furono ra-gioni più di cuore che econo-miche, dettate dal desiderio di mantenere vivo il contatto con i luoghi della sua infanzia e con la cultura della propria terra di origine – esordisce Federico Carletti - quel legame, più che produrre immediati risultati nella gestione dell’azienda, in-fluì soprattutto sulle mie scelte formative, che mi portarono a Firenze, dove mi laureai in agraria nel 1978”. Alla fine del 1980, in un momento delica-to a causa della crisi econo-mica e del calo dei consumi, Carletti decise di accettare la sfida e assunse la direzio-ne dell’azienda ‘Il Poliziano’, impostando una nuova e più moderna filosofia produttiva, secondo la sua personale vi-sione dell’agricoltura. “Da su-bito, la passione per l’arte del ‘fare il vino’ mi spinse a con-frontarmi con le tecniche più avanzate in uso nella viticoltu-ra e nell’enologia internaziona-le, creando un dialogo sempre più stretto e proficuo con gli

specialisti del settore e con i colleghi produttori del Chianti Classico – continua Carletti - decisiva, all’inizio, fu l’ami-cizia e la collaborazione con Carlo Ferrini, mio compagno di studi all’Università, insieme ai preziosi consigli di Maurizio Castelli, autentico maestro nei miei primi passi nel mondo del vino. Ben presto compresi che il rinnovamento dell’azienda poteva avvenire solo attraver-so la sintesi fra le migliori co-noscenze tecniche, il coraggio e la creatività. Il risultato della combinazione di questi ingre-dienti è la nuova viticoltura di Poliziano, grazie alla quale da almeno un decennio i no-stri vini, rigorosamente basati sul Prugnolo Gentile, sanno assumere uno stile interna-zionale di grande piacevolez-za, pur mantenendo un forte legame con il loro territorio d’origine”. In merito alla ven-demmia 2010 il presidente del Consorzio precisa: “Previsioni ottime, frutto di uve sanissi-me con produttori che hanno puntato più sulla qualità che sulla quantità”. Un vino quel-lo prodotto a Montepulciano destinato per il 68% della produzione ai mercati este-ri, per i quali il Consorzio sta focalizzando l’obiettivo verso il mercato orientale. “È vero – continua Carletti – dopo avere costantemente aumen-tato l’export verso Germania, Stati Uniti e Svizzera, il no-stro prossimo obiettivo sa-ranno Cina e Giappone, dove ci presenteremo insieme al

Chianti Classico e al Brunello,

come i ‘The Three Tuscan

Masters’, i tre maestri tosca-

ni. È indispensabile, infatti, il

gioco di squadra: dobbiamo

ricompattarci a livello promo-

zionale e commerciale sotto il

made in Italy e il forte appeal

che sta avendo la dieta me-

diterranea. Un altro mercato

per il quale crediamo molto è

quello dell’est europeo, ovve-

ro della Russia”. Sulle recenti

modifiche apportate al disci-

plinare di produzione del Vino

Nobile, Carletti conclude: “Gli

adeguamenti riguardano di-

versi aspetti, a partire dal ridi-

mensionamento del ruolo del

Canaiolo in quanto non risulta

il vitigno di riferimento per la

produzione del Nobile, ormai

una pratica da tempo abban-

donata per la produzione dei

rossi locali, ma necessaria per

la produzione del Vin Santo

di Montepulciano. Resta in-

variata la percentuale minima

di Sangiovese, con un minimo

del 70% fino ad un massimo

del 100%. Sono semplifica-

te, inoltre, le norme che di-

sciplinano l’utilizzo dei vitigni

complementari lasciando così

maggiore flessibilità ai pro-

duttori negli anni a venire. La

convinzione del Consorzio è,

comunque, quella che a con-

notare il vino a Montepulciano

debbano essere sempre più il

territorio, la serietà dei produt-

tori e la trasparenza verso la

clientela”.

Montepulciano

Vino nobile di Montepulciano Docg:

Riconoscimento con D. M. 185

del 9 Agosto 1999.

Titolo alcolometrico minino 12,50%.

Messa in commercio a partire dal mese

di Gennaio del terzo anno solare successivo

alla vendemmia.

Vino Nobile di Montepulciano Docg

Riserva:

Titolo alcolometrico minimo 13.00%.

Messa in commercio a partire dal mese

di Gennaio del quarto anno solare successivo

alla vendemmia.

Rosso di Montepulciano doc:Titolo alcolometrico minimo 11.50%.Messa in commercio a partire dal mesedi Marzo successivo alla vendemmia.

Vin santo di Montepulciano Doc:Titolo alcolometrico minimo 17.00% di cui almeno il 2% da svolgere.Tipologie:

Vinsanto di Montepulciano Doc Invecchiamento minimo in legno 3 anni.

Vinsanto di Montepulciano Doc Riserva invecchiamento minimo in legno 5 anni.

Vinsanto di Montepulciano Doc “occhio di pernice” ottenute da uve a bacca rossa, invecchiamento minimo in legno 8 anni.

Montepulciano e le sue denominazioni:

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 85

speciale Toscana

Montepulciano

San GimignanoIl Consorzio

della Denominazione San Gimignano

ufficio stampa del consorzio

Il consorzio della Vernaccia di San Gimignano nasce nel 1972 da un gruppo di attenti produttori

di Vernaccia, consapevoli dell’utilità e della necessità di un’aggregazione per una corretta

gestione della denominazione.

Un’avventura a car-

attere privato, ma i

cui effetti positivi si

riversarono poi su tutto il ter-

ritorio del Comune di San

Gimignano.

Fin dalla nascita il Consorzio

aveva ben chiari gli scopi per

cui veniva fondato e tali scopi

ha perseguito con tenacia nel

corso degli anni: valorizzazi-

one e difesa dell’immagine dei

vini, promozione del marchio,

ricerca e sviluppo della qualità

dei prodotti.

Proprio il lavoro attento e mira-

to del Consorzio ha permesso

di portare la DOC Vernaccia di

San Gimignano al riconosci-

mento nel 1993 della DOCG e

nel 1996 alla nascita della DOC

Rosso di San Gimignano.

Ancora oggi l’impegno princi-

pale del Consorzio è volto alla

valorizzazione dell’immagine

e dell’identità dei vini di San

Gimignano, alla realizzazione

di iniziative commerciali e di

marketing che incrementino la

diffusione in Italia e all’estero

della Vernaccia di San

Gimignano e del Rosso Doc,

al controllo, al monitoraggio

ed al miglioramento qualitativo

generale della produzione sia

delle uve che del vino.

In questi ultimi anni il

Consorzio in collaborazione

con l’università di Firenze ha

intrapreso un lungo e comp-

lesso lavoro di selezione

clonale del vitigno che ha già

portato all’omologazione di

10 nuovi cloni di Vernaccia.

Attualmente sono allo studio

altri 5 nuovi cloni.

In contemporanea nel 2004,

sempre in collaborazione con

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 686

spec

iale

Tosca

na

San Gimignanol’università di Firenze, è stato

avviato un progetto di ric-

erca che ha come scopo la

definizione del profilo sensori-

ale del vino Vernaccia di San

Gimignano. L’intento è indi-

viduare gli attributi, con le rela-

tive intensità, che descrivono

l’impronta sensoriale su cui

è basata la riconoscibilità del

vino da parte degli utilizzatori

(identità sensoriale).

Il progetto è stato articolato in

modo da fornire al Consorzio

di Tutela le metodologie, i me-

todi e gli strumenti per realiz-

zare, in autonomia, tutte le

attività necessarie per la de-

scrizione del profilo di identità,

per la valutazione dei campio-

ni, per la verifica delle perfor-

mance dei panel interni.

Tradizione e innovazione sono

fuse in un unico progetto che

permette di guardare avanti e

progettare il lavoro in vigna e

in cantina in chiave sperimen-

tale, puntando a produzioni

di qualità, concorrenziali ed

innovative senza per questo

smarrire una preziosa ed unica

identità che ha radici lontane

nel tempo.

Il territorioIl territorio di produzione delle

Denominazioni tutelate ricade

interamente all’interno del

Comune di San Gimignano,

collocato nella parte nord-

ovest della provincia di Siena,

nel cuore della Toscana. È un

territorio interamente collinare

collocato tra i 200 ed i 500 m

s.l.m., i suoli sono di origine

pliocenica, risalenti a 6,8- 1,8

milioni di anni fa.

La superficie del Comune

di San Gimignano è di circa

12.500 ha dei quali 5.607

destinati a produzioni agri-

cole (vite, olivo, cereali). Quella

destinata a vigneto è di 1.930

ha dei quali 815 destinati alla

produzione di Vernaccia di

San Gimignano e circa 100

destinati alla produzione di

San Gimignano Rosso e San

Gimignano Vin Santo.

È un’area caratterizzata da un

clima mediterraneo con estati

piuttosto siccitose, inverni non

particolarmente rigidi e piovo-

sità concentrate in due pe-

riodi: aprile-maggio e novem-

bre. La zona beneficia in tutti i

periodi dell’anno di una buona

ventilazioneI terreni destinati

alla produzione viticola sono

collocati ad una altitudine

compresa fra i 200 ed i 500 m

s.l.m.

I terreni destinati alla produzi-

one della Vernaccia di San

Gimignano sono quelli for-

matisi sui depositi pliocenici

marini e costituiti da sabbie

gialle (tufo) ed argille gialle che

risultano, a loro volta, spesso

stratificate su argille più com-

patte e presenti in profondità.

Inoltre sono terreni fortemente

caratterizzati dalla presenza di

sabbia e quasi privi di schelet-

ro, incoerenti, favorevoli quindi

alla penetrazione delle radici

delle piante. Sono general-

mente poveri di sostanza or-

ganica e grazie alla sabbia

risultano ben drenati. Proprio

la sabbia, il tufo, è l’elemento

pedologico caratterizzante dal

punto di vista viticolo-enolog-

ico per la sapidità che con-

ferisce ai vini che ne derivano.

Gli stessi terreni risultano ido-

nei anche alla produzione dei

vini San Gimignano Vin Santo

e Vin Santo Occhio di Pernice,

mentre i terreni con una mag-

gior presenza di argilla sono

quelli più idonei alla produzi-

one dei Vini San Gimignano

Rosso.

Le colline di San Gimignano,

pur nella loro comune origine

geologica e vocazione viticola,

presentano esposizioni, altitu-

dini, composizioni del suolo e

disponibilità idriche variabili. Le

molteplici, ed a volte uniche,

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 87

speciale Toscana

San Gim

ignanocombinazioni di questi sin-

goli fattori determinano, an-

che su un’area così ristretta,

un’incidenza significativa sui

caratteri dei vini che vi si pro-

ducono, accentuandone ora

i caratteri fruttati o minerali

del bouquet, ora i caratteri

di sapidità del gusto, ora il

sapore di mandorla tipica

della Vernaccia nel retrogus-

to. Tanto che degustando e

comparando attentamente

i vini si possono individu-

are delle correlazioni con le

condizione pedologiche di

alcune aree omogenee, che

in futuro potranno fornire una

base oggettiva in un progetto

di zonazione.

Possiamo indicare

a grandi linee:

l’area di Pancole posta a

nord-ovest e che si svi-

luppa attorno all’abitato di

Pancole;

l’area del Poggio del Comune

posta ad ovest sulle pendici

del Poggio del Comune e

che si estende verso nord

sino a Pancole;

l’area di Santa Lucia/

Montauto posta a sud-est

tra le due località e che si es-

tende sino a Ranza;

l’area di Pietrafitta verso

est e che si estende ai lati

della vecchia strada che da

San Gimignano portava a

Poggibonsi;

l’area di San Benedetto pos-

ta a nord-est.

La VernacciaVitigno autoctono per ec-

cellenza, la Vernaccia è uno

dei vini più antichi d’Italia. Se

ne hanno documentazioni

storiche a partire dagli inizi

del 1.200 negli ‘ordinamenti

delle gabelle’ del Comune di

San Gimignano. E di grande

fama ha goduto fino al perio-

do rinascimentale, come di-

mostrano le innumerevoli cit-

azioni nelle opere dei grandi

artisti del periodo, da Dante

a Michelangelo Buonarroti

‘il giovane’, che la descrive

come il vino che “bacia, lec-

ca, morde, picca, punge”.

Altro primato della Vernaccia

di San Gimignano è quello

di essere stato il primo vino

in Italia a fregiarsi della DOC

nel 1966, a cui è seguita la

DOCG nel 1993.

Il disciplinare di produzione

prevede che il vino sia pro-

dotto in vigneti composti per

almeno il 90% dal vitigno

Vernaccia di San Gimignano,

consentendo una presenza

massima del 10% di altri

vitigni a bacca bianca non

aromatici. Con le migliori

uve selezionate si ottiene

la tipologia Riserva, per la

quale è previsto un periodo

di affinamento non inferiore

ad un anno in cantina (in ac-

ciaio o legno) ed un ulteriore

periodo di 4 mesi in bottiglia.

La resa per ettaro non deve

superare i 9.000 kg per et-

taro. La vinificazione delle

uve e l’affinamento del vino

debbono avvenire all’interno

dell’area di produzione.

I vigneti a Vernaccia occu-

pano una superficie di 815

ettari.

I produttori di Vernaccia sul

territorio sono 201, gli ettari

coltivati sono 815, con un

potenziale produttivo di 7,3

milioni di kg di uva, pari a 5,1

milioni di litri di vino. Nel 2004

la produzione di uva si è at-

testata sui 6,3 milioni di kg

per una produzione totale di

4,4 milioni di litri di vino (5,8

milioni di bottiglie).

Fanno parte del Consorzio

della Denominazione San

Gimignano 80 aziende

produttrici di Vernaccia, la

cui produzione nel 2004, è

stata di 2,9 milioni di litri (pari

al 65,90 % del totale).

San Gimignano Rosso e Vin SantoDa secoli si produce vino a

San Gimignano e non solo

Vernaccia. Anzi, la produzi-

one di vino rosso è sempre

stata superiore a quella del

bianco. Le fattorie di San

Gimignano da sempre sono

note ai commercianti di vini

per la qualità ed il carat-

tere dei vini rossi prodotti.

Partendo da questa realtà,

nel 1996 è stato formulato un

primo disciplinare di produzi-

one con il duplice intento di

dare visibilità e specificità ai

vini rossi e al Vin Santo pro-

dotti nell’area. La DOC così

nata si definiva come una doc

di ricaduta rispetto a quella

del Chianti Colli Senesi, ma

la sperimentazione, la ric-

erca delle aziende ed i vini

che ne sono scaturiti hanno

messo presto in evidenza

i limiti di tale disciplinare,

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 688

spec

iale

Tosca

na

Vernaccia

portando velocemente ad una

sua variazione. A partire dalla

vendemmia 2003 i vini rossi

a Denominazione di Origine

Controllata San Gimignano

hanno un nuovo disciplinare di

produzione, completamente

innovativo, in quanto si pone

in una prospettiva di qualifica-

zione del marchio.

Alla base del nuovo disciplin-

are ci sono due convinzioni,

che il terroir di San Gimignano

caratterizzi in modo sensibile

e evidente i diversi vitigni e

che ogni vignaiolo sa da quali

terreni, da quali vigne, da quali

uve può ottenere, all’interno

della propria azienda, la miglior

qualità, i migliori vini. Sempre

nella ricerca di una maggiore

qualità il nuovo disciplinare

per il Rosso abbassa la resa di

produzione, definisce in modo

restrittivo rispetto al passato le

norme per la viticultura e sta-

bilisce un affinamento minimo

prima dell’immissione sul mer-

cato di 15 mesi, di cui almeno

7 in legno e 3 in bottiglia, a

partire dal 1°Gennaio succes-

sivo alla vendemmia.

La vinificazione e l’appassimento

delle uve, la conservazi-

one, l’invecchiamento e

l’affinamento dei vini deve

avvenire entro i confini am-

ministrativi dei Comuni di San

Gimignano, Poggibonsi e

Colle di Val D’Elsa.

La resa massima per et-

taro per le produzioni di San

Gimignano Rosso è di 5.600

lt per ha. Per il San Gimignano

Vinsanto è, dopo il periodo di

appassimento ed invecchia-

mento, di 3.500 lt per ha.

I produttori di San Gimignano

Rosso (nelle varie tipologie)

sono attualmente 80, gli ettari

coltivati sono 90 con un po-

tenziale produttivo di 720 mila

kg di uva, pari a 5000 hl di

vino. Nel 2004 la produzione

di uva si è attestata sui 506

mila kg per una produzione

totale di 3.540 hl di vino (470

mila bottiglie).

I produttori di San Gimignano

Vinsanto (nelle due tipologie)

sono attualmente 9, gli ettari

coltivati sono 6 con un poten-

ziale produttivo di 60 mila di

kg di uva, pari a 210 hl di vino

(28.000 bottiglie).

Nel 2004 la produzione di uva

si è attestata sui 36 mila kg per

una produzione totale di 126 hl

di vino (circa 16.800 bottiglie).

Fanno parte del Consorzio

della Denominazione San

Gimignano 30 aziende produt-

trici della doc Rosso di San

Gimignano, per una produzi-

one, nel 2004, di 3.000 hl (pari

al 82% del totale).

89

speciale Toscana

La nostra delegazione nasce con il nuovo millennio grazie all'impegno di un gruppo di amici che, per la pura passione per un mondo affascinante ed

aperto alla creatività come quello dell'enogastronomia, decide di dare un senso concreto a quella che fino ad allora era solo una gran bella passione.Da allora, anche attraversando momenti critici, la delegazione è cresciuta e, grazie ai corsi per sommelier organizzati nel tempo, è riuscita a creare intorno a se un bel gruppo di appassionati di questo mondo cosi affascinante.Il nostro gruppo servizi è piuttosto nutrito e, quello che più conta, sempre alla ricerca della perfezione nel servizio e di una professionalità sempre più avanzata.Le attività si sviluppano soprattutto nell'organizzazione di serate di degustazione a tema, che vanno dalle più classiche serate sui monovitigni, agli inconsueti abbinamenti con il gelato, all'organizzazione di gite con visite alle cantine più prestigiose, ed al nostro fiore all'occhiello che è l'organizzazione a Poggibonsi di Calici di stelle, manifestazione giunta all’ottava edizione che ha

riscosso tutti gli anni un successo crescente.Per il futuro contiamo di incrementare tutti gli aspetti della vita di delegazione con maggior impegno alla formazione di nuovi sommelier, sempre più professionali, competenti e motivati, questa infatti è la linfa vitale che ci garantisce un futuro di crescita e di soddisfazioni.

La delegazione Antica Terraa cura di Franco Aiazzi della delegazione di Poggibonsi

Vern

acci

aI lieviti della Vernaccia

Ufficio Stampa Consorzio della Denominazione San Gimignano

Con la prossima vendemmia il Consorzio della Denominazione di San Gimignano dà il via ad un nuovo progetto di ricerca scientifica:

questa volta protagonisti saranno i lieviti della Vernaccia

A San Gimignano è iniziato il conto alla rovescia per la ven-

demmia, che quest’anno si prevede nella norma. È comunque presto per fare previsioni attendibili, il mese di agosto è solo a metà ed è fondamentale per la cor-retta maturazione delle uve; l’unico dato certo, a fronte di un avvio di stagione di-sturbato da piogge e basse temperature, è un regolare andamento dell’invaiatura, iniziata per le uve precoci negli ultimi giorni di luglio. Ottime ed estremamen-te utili per una corretta ed equilibrata maturazione delle uve sono le escursio-ni termiche tra il giorno e la notte di questa prima par-te di agosto. Il buon anda-mento climatico del mese

di luglio, soleggiato e venti-lato, ha notevolmente con-tribuito a preservare lo stato sanitario delle uve, messo a dura prova da una prima-vera ballerina ed un incerto avvio dell’estate. Dal punto di vista quantitativo vi sono situazioni produttive contra-stanti, con aziende che sti-mano un calo di produzio-ne, determinato dalle bas-se temperature che hanno condizionato l’allegagione, ed altre che ne prevedono un incremento. In attesa della vendem-mia, il Consorzio del-la Denominazione San Gimignano sta mettendo a punto un nuovo pro-getto di ricerca scientifica ad essa collegato, Lievita Selezione Italica, grazie ad un accordo stipulato con la

ditta Oliver Ogar, cofinan-ziato dal MIUR: l’obiettivo è quello di selezionare i lie-viti ecotipici presenti nelle uve della Vernaccia di San Gimignano, a tutela della tipicità della docg e della caratterizzazione dei vini. L’innovazione del progetto consta nella possibilità di produrre specifici lotti di lie-vito isolati da una determi-nata zona, area e produtto-re, arrivando all’ottenimen-to di Lieviti Secchi Attivi. Dopo avere individuato le aree di campionamento delle uve, selezionate in modo che rappresentino tutto il territorio di produ-zione, quindi in zone signifi-cativamente diverse tra loro per localizzazione e moda-lità di coltivazione, la prima fase del progetto consta

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 690

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nella selezione dei lieviti autoctoni dalle uve di questa vendemmia, per individuare i vari ceppi e le loro carat-teristiche più rilevanti nel processo di vinificazione. La fase successiva prevede un intervento diretto del Consorzio per individuare i ceppi più interessanti, che verranno poi testati nel corso della vendemmia del 2011 con vinificazioni sperimentali, la cui valutazione porterà al risultato finale, la produzione industriale di lieviti secchi attivi con particolari caratteristiche utiliz-zabili dalla vendemmia 2012.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 91

speciale Toscana

Organigramma Consorzio della Denominazione San GimignanoIl Consiglio di Amministrazione è composto da 13 membri e rappresenta tutte le categorie produttive.Presidente: Letizia CesaniVicepresidenti: Ivaldo Volpini, Lucia MiglioriniConsiglieri: Andrea Giannelli, Vittorio Pollina, Sabrina Niccolai, Andrea Valiani, Nadia Betti, Giovanni Marzagalli, Giovanni Panizzi, Davide Ancillotti, Giuseppe Bicocchi, Fernando CiappiDirettore: Walter Sovran

Passione Palioa cura di Senio Sensi

“Tutto fuorché logica, coerenza e lealtà, il Palio è una squisita e sottile passione.

È il calore della vendetta senza guerra, è orditura di trame delicate e sofisticate, è speranza e

rassegnazione, illusione e delusione, sogno e dura realtà”.

“Chi non ha veduto Siena non cono-sce bene l’Italia”

scriveva Niccolò Tommaseo: è un’iperbole, che fa piacere ai senesi, ma contiene anche al-cune verità.Siena riassume molte virtù del nostro Paese e non c’è bisogno di citare Santi e Papi o grandi artisti che qui ebbero i natali, tanto sono noti, per confermare

questo assunto.La città offre un florilegio di ope-re d’arte, spesso ben conser-vate, ma è la stessa struttura urbanistica severamente delimi-tata e prodigiosamente intatta a giustificare la curiosità, direi il bisogno, di essere ammirata da ogni popolo.Siena nacque… al plurale, come Senae, entità tripartita in antichi quartieri (Castelsenio, Camollia

e Castemontorio) che divenne-ro poi i “terzi”: di Città, di San Martino e di Camollia le cui di-rettrici si incontrano nei pressi di Piazza del Campo.La leggenda narra di “natali” romani (Senio figlio di Remo sfuggito allo zio creò il primo insediamento sulle rive dell’Ar-bia); la storia documenta lo svi-luppo massivo di arti e mestieri, di un popolo fiero e combat-

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 692

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naP

alio

tente, della via Francigena che traversava la città e, moderna autostrada, portava ricchezza, di mercanti illuminati, banchieri tra i primi del mondo. Solo un senese, però, vi parlerà con en-fasi di quel particolare mondo che sono le Contrade. Prima Compagnie militari (ma non tutti concordano con questa gene-si) poi “populi”, “parrocchie” o “compagnie religiose” ed infine le attuali entità. Con i presuppo-sti fondamentali che ogni stato deve avere: popolo, governo e territorio. Il loro numero variò secondo le vicissitudini demo-grafiche e politiche della città : In alcuni periodi sono state ben ottanta e dal 1729, anno in cui la Governatrice della città - la Serenissima Beatrice Violante di Baviera – ne fissò i confini pre-cisi (tuttora validi) sono definite in 17: Aquila, Bruco, Chiocciola, Civetta, Drago, Giraffa, Istrice, Leocorno, Lupa, Nicchio, Oca, Onda, Pantera, Selva, Tartuca, Torre, Valdimontone. Ciascuna di esse ha ben definito un rione all’interno delle storiche mura, ove la tradizione ha scelto una strada, una piazza, una fonte come simbolica designazio-ne della propria identità. Ogni Contrada ha un proprio Statuto (o Capitoli) che disciplina l’ac-cesso a quella comunità, i doveri e i diritti di ogni appartenente, i modi dell’esercizio dell’elettora-to attivo e passivo, il funziona-mento degli organi dirigenti ove vige una forma di democrazia d’immediata applicazione e le regole interne per la partecipa-zione al Palio.La difesa dei confini, la gara per primeggiare sul Campo e per affermare il proprio potere,

hanno dato origine a profonde inimicizie che, non di rado, sfo-ciano in conflitti il più delle volte non cruenti ma molto significa-tivi. Non a caso il grande Mario Luzi, fiorentino con amore per Siena – e perciò… antistori-co – definisce il clima senese qualcosa ove “si concepiscono

strane passioni e grandi manie,

ché non possibile vivere altri-

menti che in una sottile follia”. Una fotografia fedele. Ma è dav-vero “sottile follia” aver creato e mantenuto uno spirito di corpo così profondo, o una solidarietà e mutualità che reggono all’urto dei secoli?E è follia non aver seguito le mutevoli mode politiche e aver mantenuto le Contrade al di fuori di ogni bagarre partitica? Tanto che in ogni rione convivono e lavorano assieme anche uomini e donne di opposta estrazione sociale uniti nell’amore della

Contrada che tutti accoglie. Ed è follia aggregare e proteggere dai mali moderni le giovani ge-nerazioni e mantenere vivi valori persi in tante parti del mondo? È vivere al di fuori dalla logica se uno degli scopi dei contra-daioli è quello di salvaguardare il patrimonio architettonico e artistico di ogni rione o di sov-venire ai tanti bisogni della co-munità autotassandosi anche per cifre enormi per poi sentirsi “proprietari” di una parte di un tutto così importante? Infine: forse è davvero pazzia lottare per l’ottenimento di un succes-so rappresentato, materialmen-te, da un drappo di seta dipinto da un grande artista ma, sen-timentalmente, per dimostrare al resto della città (e non solo a questa) il valore di combattenti, di strateghi, di fini diplomatici di una piccola comunità? Tutto questo, e molto di più, serve

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 93

speciale Toscana

per vincere il Palio. Che sì, è un gran bel gioco, ma è anche me-tafora della vita per cui uno degli scopi primari, se non il più im-portante, è quello di far perdere e mortificare l’avversario prima ancora di conquistare in proprio la vittoria.Già, ma allora Siena è l’oasi da tutti attesa, il “bello” fatto città, l’esempio di perfetta civitas ri-cercato dai primordi del mon-do? Certo no; ma la città con-serva tesori così importanti che non hanno molti eguali. Tesori di umanità, di storia, di valo-ri, di autogoverno che l’hanno fatta grande nei secoli. E quella sorta di odio-amore con il quale tanti (troppi) guardano questa cittadina toscana nasce an-che da un pizzico d’invidia per qualcosa che, complice la vita disordinata di oggi, difficilmente si riesce a comprendere ma ha in sé un che di tremendamen-te attraente e d’irraggiungibile. Da ciò i sentimenti meno nobili. Però il “microcosmo Siena” non sfugge alle leggi della società moderna. E allora, in Contrada come nel Palio, il valore distrut-tivo del denaro ha il suo peso; il rischio di perdere un’identità così faticosamente tramandata è reale se solo si pensa al de-

pauperamento dei rioni sempre più sede di uffici, sedi universi-tarie e negozi con “emargina-zione” dei contradaioli costretti ad emigrare nei paesi contermi-ni e quindi lontani dal cuore cit-tadino e dai luoghi “sacri” della Contrada (Oratorio, società, stalla e strade storiche).Questo, a lungo andare, fa scolorire i valori di comunità e di attaccamento alla bandiera; in definitiva disumanizza que-sta rara umanità omologando le esperienze a quelle del resto del mondo. È già qualcosa più di un rischio, ma anche l’amore per una Contrada tende a divenire tifo calcistico, negazione profon-da delle sue stesse radici.Per amare davvero la Contrada e il Palio bisogna nascere nel territorio storicamente definito, ricevere il battesimo laico con l’acqua della fonte di quel rione, giocare con i “barberi” (palline colorate con i colori delle di-ciassette consorelle), correre a più non posso nei vicoli in un Palio virtuale – ma non trop-po - , ricevere solennemente “l’iniziazione” (rito con il quale si acquisiscono i diritti elettora-li), sacrificare ore al riposo e al divertimento per apparecchiare, cucinare, servire a tavola , per

sentirsi parte viva della tua “pic-cola patria”, andare dietro al ca-vallo (il momento che consacra al ruolo di “guerriero”) e rischiare una rissa per difendere la dignità dei tuoi colori. Vuol dire sposar-si nell’Oratorio con la benedizio-ne del Correttore (figura mitica che non cura solo le anime…), vuol dire gioire per una vittoria e piangere per una sconfitta bruciante (“la purga”) o per l’in-fortunio del tuo cavallo che hai amato, coccolato, pregato di portarti la vittoria, abbracciato e rimproverato proprio come uno dei tuoi amici più cari.Appunto, il Palio. Sono stati scritti libri in quantità; ne hanno parlato grandi poeti, scrittori, giornalisti di fama internaziona-le. Eppure nessuno è riuscito a spiegare fino in fondo la sua magìa, i suoi perché, la sua forza, i motivi del suo rubare i cuori. Palio deriva dalla parola latina pallium che indicava un drap-po di seta a forma rettangolare. Nel Medioevo era il premio per una corsa di cavalli o torneo. La prima allusione al Palio di Siena la si ha nell’anno 1328, ma sembra implicito che già a quell’epoca si trattasse di una tradizione ben consolidata.Prima si correva “alla lunga” e cioè per le strade della città e senza fantini. Solo a metà del ‘600 si prese a correrlo “ alla tonda” e cioè dentro la Piazza del Campo con un percorso che tale è rimasto anche oggi nonostante che sprovveduti pretendano altra sede o, addi-rittura, la variazione di curve e pendii propri della Piazza.Fini al 1700 si correva un solo Palio “alla tonda” in data fissa; dall’anno successivo (1701) i

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 694

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iale

Tosca

na

Palii divennero due: il due Luglio

(in onore della Madonna di

Provenzano) e il sedici Agosto

in onore della Madonna Assunta

in Cielo protettrice della città

che più volte è stata a Lei con-

sacrata.

Ecco che appare il motivo re-

ligioso quale asse portante

della Festa senese. E infatti sa-

cro e profano si fondono in un

tutt‘uno che talvolta fa sorridere

coloro che contestualizzano la

corsa al mondo moderno. Che

senso avrebbe, altrimenti, ve-

stirsi in piena estate con divise

pesanti e ingombranti; lottare;

spendere; piangere per una vit-

toria sfuggita o impazzire per la

conquista del drappo di seta?

Sarebbe da fanatici benedire

il cavallo in Chiesa, fare voti e

offrire tesori al Santo Protettore

(ogni Contrada ne ha uno) per

chiedere la Sua celeste bene-

volenza e poi, magari, maledirlo

per una sconfitta. Urlare un Te

Deum di ringraziamento ab-

bracciati al Palio da poco vinto,

piangendo calde lacrime sull’al-

tare del Duomo prostrati in una

preghiera liberatoria e sentita, e

poi non rientrare in Chiesa per

anni. Tutto vero: ma questo

è Palio.Anche le inimicizie tra

Contrade altro non sono che il

sale della corsa; esiste la rivalità

perché c’è un tuo contrario che

giustifica anche la tua presenza.

Causa storica … dei rappor-

ti tesi è stata spesso il “batter

cassa” (chiedere aiuti finanziari)

nel presunto Territorio dell’al-

tra Contrada. Altre volte per

affermare la supremazia nella

città o in una parte di essa; le

Contrade, specie agli inizi dell’

‘800, in collaboravano con i tu-

tori dell’ordine per mantenere la

tranquillità in tutta la città. Come

svolgessero questo compito

non è dato sapere considerata

la loro atavica faziosità!

Il Palio è ritenuto una sorta di

confronto militare; i dirigen-

ti hanno, per questo, compiti,

pieni poteri e nomi in sintonia:

Capitani, Tenenti (o Mangini); e

poi Barbareschi (o Barbereschi)

da “barbero” come viene chia-

mato il cavallo. Nei giorni della

Festa hanno a loro disposizione

tutti i contradaioli e muovono

persone e denaro rendendo

conto poi all’assemblea gene-

rale che approverà, o meno, le

relative spese e confermerà, o

meno, la fiducia seduta stan-

te. Ma fino a quel momento

nessuno discuterà le decisioni

dei Condottieri. Vince una sola

Contrada; altre faranno festa

per la sconfitta dell’avversaria

che, a Palio concluso negativa-

mente, scomparirà dalla scena.

Così che la saggezza popola-

re declama che “chi perde ‘un

cogliona e và a letto presto”,

per dire che gli sconfitti hanno

gli onori delle armi e basta. Da

qui la voglia di rivincita, che cre-

sce al crescere del numero dei

casi di sconfitta e di ritardo nella

vittoria, con una continuità che

la stranezza ma anche l’armo-

nia di questa splendida festa

di popolo. Vale la pena avvici-

narsi con interesse e umiltà a

questo mondo che, all’occhio

superficiale, appare …fuori dal

mondo. Per capire appieno la

cosa occorre ad esempio, par-

tecipare alle prove notturne dei

cavalli che si tengono sul tufo

steso sull’anello di Piazza; ve-

dere – d’improvviso – queste

splendide bestie tagliare, in un

silenzio quasi irreale, le ombre

della notte. Occorre poi parte-

cipare ai riti propiziatori che si

tengono nei singoli rioni, vive-

re a contatto con i contrada-

ioli veri, imparare gli inni della

Contrada prescelta e provare

a cantarli in compagnia: il can-

to d’assieme lega e affratella.

Assistere alle prove della mat-

tina e della sera (in numero di

sei), seguire da lontano, la vita

del cavallo nella stalla; sentire

crescere l’ansia, la speranza e

le paure di un intero popolo per

l’imminenza della grande corsa,

parlare con i più vecchi per car-

pire loro le storie e gli aneddoti

del passato, partecipare ad una

cena della Prova Generale (alla

vigilia del Palio), ascoltando i di-

scorsi dei dirigenti e poi fermarsi

nelle strade del rione a respirare

quell’aria unica che precede la

“battaglia”. Andare a letto tar-

di, per godere la magìa di certe

notti, ma svegliarsi presto per

non perdere nemmeno un mi-

nuto dei tanti momenti d’inten-

sa vita contradaiola. Insomma,

vivere il Palio “da dentro” e non

accontentarsi delle parole scrit-

te o parlate di frettolosi inviati

speciali. Il Palio deve mantenere

tutti ben stretti tutti i suoi segreti

e chi li vuole sbattere in prima

pagina perde l’essenza vera di

questa manifestazione.

Unica, come è unica la città di

Siena. Una città civilissima che

non accetta però chi la vuol

vivere e, peggio, raccontare,

senza averla conosciuta in pro-

fondità.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 95

speciale Toscana

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 696

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iale

Tosca

na Un Olio Extraverginedi Oliva di qualità

a cura di Giampiero Cresti

La Toscana olivicola è sicuramente un universodi peculiarità: territorio, varietà autoctone e cultura

olivicola danno origine ad un prodotto tutto da scoprire.

L’olivo in questa re-

gione è distribuito

ovunque: troviamo

l’olivo sulla fascia costiera,

nelle zone collinari interne ed

in zone montane fino a che

l’altezza sul livello del mare lo

consente.

Nonostante le relative diffe-

renze climatiche fra le varie

zone, la particolare orografia

del suolo toscano e la varia-

bilità della natura del terreno

danno origine ad una ampia

serie di micro condizioni am-

bientali che hanno, nel tempo,

condizionato anche i compor-

tamenti degli olivicoltori.

Tutto questo, insieme al gran-

de patrimonio di cultivar di

olivo autoctone (ne sono sta-

te classificate oltre 80) danno

origine ad una vera tipicità: oli

dei quali è riconoscibile l’origi-

ne, ma diversi l’uno dall’altro.

L’olio prodotto in questa re-

gione è tutelato dal nome

“Toscano” Indicazione

Geografica Protetta.

Il disciplinare stabilisce che

tutte le fasi del processo pro-

duttivo (produzione delle olive,

frangitura e confezionamento)

debbano avvenire all’interno

del territorio amministrativo

della Regione Toscana.

Le varietà autorizzate sono

tutte quelle autoctone, ma le

più diffuse sono senz’altro,

Frantoio, Leccino, Moraiolo,

Maurino Pendolino Moraiolo Leccino

Maurino, Leccio del Corno,

Pendolino e Correggiolo.

L’olio si presenta normalmen-

te di colore verde più o meno

intenso nell’olio appena otte-

nuto che, con il passare del

tempo, tende a virare verso

il giallo, mantenendo comun-

que riflessi verdi.

All’olfatto ricorda profumi

vegetali verdi con sensazio-

ni finali rotonde, al gusto è

sempre presente una nota

amara più o meno evidente

e sensazione di piccante. Le

sensazioni olfattive, gustative

e tattili sono generalmente

in buon equilibrio fra di loro

fornendoci il profilo di un olio

poliedrico le cui caratteristiche

sono sicuramente esaltate da

un uso a crudo su un’ampia

tipologia di piatti, dalle classi-

che zuppe di verdure e legumi

alle carni, dalle verdure crude

ai formaggi.

Il Toscano IGP comprende

alcune menzioni geografiche:

Colline della Lunigiana, Colline

di Arezzo, Colline di Firenze,

Montalbano e Monti Pisani;

ognuna di esse rappresenta

particolari peculiarità di quei

territori: una diversa presen-

za percentuale di varietà, una

particolare condizione mi-

croclimatica e/o podologica,

particolari usi e costumi degli

agricoltori.

In alcune aree della Toscana

sono state successivamente

riconosciute Denominazioni di

Origine Protetta proprio a si-

gnificare queste identità.

Il primo olio a chiedere il ri-

conoscimento DOP è stato il

“Chianti Classico” che com-

prende l’omonimo territorio

di produzione del vino, a ca-

vallo fra le province di Siena e

Firenze. Siamo nella Toscana

interna, in zone di media e

alta collina, le varietà più dif-

fuse sono Frantoio, Moraiolo,

Correggiolo e Leccino.

L’olio ottenuto nella provincia

di Siena, esclusa l’area com-

presa nel Chianti Classico,

ha richiesto ed ottenuto la

DOP con la denominazione

“Colline Senesi”; l’area è ca-

ratterizzata da media collina in

zona interna con alcune zone

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 97

speciale Toscanaaicoo

pedemontane del Monte

Amiata e del Monte Cetona.

Le varietà prevalenti sono

Frantoio, Moraiolo, Leccino,

Correggiolo e Pendolino.

Un altro olio che ha ottenuto

recentemente la denomina-

zione di origine protetta è l’olio

extravergine di oliva “Lucca”

prodotto nel territorio dei co-

muni di Capannori, Lucca,

Montecarlo, Altopascio,

Porcari, Villa Basilica per

l’area della piana di Lucca

ed i comuni di Camaiore,

Massarosa, Viareggio, Forte

dei Marmi, Pietrasanta,

Serravezza e Stazzema per

l’area della Versilia ed infine,

i comuni di Bagni di Lucca,

Borgo Mozzano, Pescaglia,

Barga, Coreglia Antelminelli

e Minacciano per l’area del-

la media valle e Garfagnana,

secondo la delimitazione in-

dicata nel disciplinare di pro-

duzione. La zona di produzio-

ne è caratterizzata da terreni

piuttosto acclivi e la cultivar

preminente è il Frantoio e poi

il Leccino; altre varietà sono

presenti ma in quantità limi-

tata.

Ultima DOP arrivata è per

l’olio extravergine “Seggiano”

che comprende i comu-

ni di Arcidosso, Castel del

Piano, Seggiano, Cinigiano,

Santa Fiora, Roccalbegna,

Semproniano e parte del co-

mune di Castell’Azzara, tutti

in provincia di Grosseto e la

cui peculiarità è quella di es-

sere un olio monovarietale di

Olivastra di Seggiano che ne

caratterizzano il profilo in ma-

niera inequivocabile.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 698

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Tosca

na

Olio 2009

aico

o

Le ricette migliori sono

frutto dell’antica tra-

dizione contadina

toscana ed alcune di queste

richiamano la cucina della vici-

na Umbria, per cui si può ben

dire che la gastronomia areti-

na ha caratteristiche particola-

ri che la differenziano da quel-

la di altre zone della Toscana.

Gli ingredienti tipici sono da

millenni gli stessi: l’olio extra-

vergine di oliva delle colline

aretine ottenuto dalla spremi-

tura a freddo, il pane non sa-

lato cotto a legna, le verdure

dell’orto, la pasta all’uovo fat-

ta in casa e condita con sugo

d’anatra o di cacciagione, gli

animali da cortile e non ultima

la celebre bistecca “Chianina”

(proveniente da una razza tipi-

ca della Valdichiana) ormai co-

nosciuta in tutto il mondo. Tra

gli antichi piatti della provincia,

di origine casentinese, è d’ob-

bligo ricordare l’acquacotta,

il classico piatto delle transu-

manze, che i pastori impara-

rono dai maremmani, mentre

una proposta, giustamente

considerata d’esportazione

(arrivò fino a Parigi) è la Zuppa

del Tarlati’, recuperata dallo

storico Guido Gianni. Si tratta

di una zuppa di pollo chiamata

nella città di Arezzo del Tarlati,

in ‘omaggio’ del vescovo

ghibellino che celebrava

la messa con l’elmo e

lo scudo sopra l’al-

tare. A quei tempi,

infatti, il pontefi-

ce si trovava ad

Avignone e

spesso inviava

delle delega-

zioni ad Arezzo

perché convin-

cessero il ve-

scovo a passare

dalla parte dei guel-

fi. Ma non ci fu niente

da fare; quello che è cer-

to, però, è che grazie a queste

delegazioni la ricetta del pollo

fu esportata ad Avignone e poi

a Parigi, dove prese il nome di

zuppa della regina. Ne parla

anche Alexandre Dumas nei

suoi “Tre moschettieri”. Altra

ricetta tipica è la scottiglia, un

piatto che

99

speciale Toscana

Gastronomia Aretinaa cura di Claudio Zeni

Arezzo e la sua provincia, oltre ad essere un territorio ricco di testimonianze storiche, possono essere considerati anche la sede del buon mangiare,

grazie ad una cucina semplice ma assai gustosa.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

Are

zzo

affonda le sue radici nella not-

te dei tempi, quando i can-

tastorie si fermavano in città

e nei dintorni per raccontare

qualche episodio dell’Orlan-

do Furioso oppure dei reali di

Francia e i contadini la sera

si riunivano tutti in una casa

per ascoltare. Ma dato che

nessuno poteva permettersi il

lusso di ospitare gli altri, tutti

al mattino portavano qualcosa

alla massaia: chi un piccione,

chi un pezzo di maiale, chi del

pollo, così i pezzi di carne ve-

nivano messi in una pentola e

fatti cuocere per tutto il giorno

e alla sera si tirava fuori questo

stufato. Non bisogna dimenti-

care tra le proposte culinarie

di questa provincia la ribollita

e la panzanella, piatti cosid-

detti autitarchici, perché nella

cucina aretina non si butta via

nulla, come nel maiale.

E proprio il maiale è una degli

animali simbolo della cucina

locale, usato per le classiche

porchette o come il celebre

grigio del Casentino con le

mele. Per fare quest’ultimo

piatto ci vuole la scamarrita,

che è il muscolo del collo, ta-

gliarla a pezzetti come per fare

uno spezzatino e rosolarla nel

tegame di coccio con olio ex-

travergine d’oliva, aglio e fi-

nocchio selvatico.

Quando il maiale prende la ro-

solatura, si aggiunge del bro-

do un po’ alla volta e si lascia

cuocere a fuoco molto basso.

Un po’ prima che la carne sia

giunta a cottura vanno aggiun-

te le mele, non sbucciate, ma

divise in quattro parti e senza

torsolo.

E per chiudere un buon pasto

ecco l’antico lattaiolo, il dolce

antenato del latte alla porto-

ghese, che viene citato anche

da Francesco Redi nel suo

“Vocabolario delle voci areti-

ne” e ne parla pure l’Artusi nel

suo libro “La scienza in cuci-

na e l’arte di mangiar bene”,

dandone però una ricetta più

complicata.

Si tratta di un dolce molto par-

ticolare che i contadini usava-

no portare ai loro padroni per

la festa del Corpus Domini.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6100

spec

iale

Tosca

na

Cor

tona

Cortona città millenaria tra storia, leggenda

e modernità

a cura dell'Ufficio Stampa del Comune di Cortona

foto: archivio comunale di Cortona.

Cortona ha una storia

millenaria che affonda

nella leggenda.

Per la sua particolare struttura

e posizione geografica, posta

al centro della Valdichiana, ha

sempre giocato un ruolo stra-

tegico nelle vicende storiche e

militari sin dai tempi degli Etru-

schi, dei quali era una delle

dodici Lucumonie ed una del-

le più importanti sotto il profilo

economico.

Questo misterioso popolo

ha lasciato in questi luoghi

numerose testimonianze

che oggi costituiscono un

patrimonio straordinario

visitabile sia nel MAEC

(Museo dell’Accademia

Etrusca e della Città di Cor-

tona) sia nel grande Parco

Archeologico distribuito in

ben 11 siti tra il Centro Sto-

rico e il territorio.

Cortona sin dal 1200 è libero

comune ed ha una forte tradi-

zione culturale e religiosa

Nel 1409 fu conquistata da

Ladislao, re di Napoli, che la

cedette (1411) ai fiorentini e

così la città passò rispettiva-

mente prima sotto i Medici e,

dal 1737 sotto i Lorena. Poi

con il plebiscito del 1860 fece

parte del Regno d’Italia.

Una piccola città ma che ha

sempre mantenuto forte la sua

influenza anche sulla grandi

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6102

spec

iale

Tosca

na

capitali culturali del passato,

Firenze e Roma.

Da Cortona, infatti, sono par-

titi geni dell’arte che nei secoli

hanno reso grande l’Italia.

Già nel Medioevo S. Francesco

d’Assisi la scelse per fon-

dare un convento: l’Eremo

delle Celle che affidò a Frate

Elia Coppi divenuto suo suc-

cessore nell’amministrazione

dell’ordine.

Dello stesso periodo è la no-

bile figura di S. Margherita

vissuta fra il 1247 e il 1297, fa-

mosa per le sue opere di cari-

tà successive alla drammatica

conversione.

Nel clima proficuo e cultural-

mente vivace del Rinascimento

Cortona ha saputo dare il me-

glio di grazie a due grandi ma-

estri dell’arte pittorica italiana

quali Luca Signorelli e Fra

Beato Angelico, famoso per

l’Annunciazione.

Anche il ‘600, secolo del

Barocco, è stato un altro pe-

riodo straordinario grazie al pit-

tore architetto Pietro Berrettini

detto “Il Cortona”, vissuto fra

il 1596 e il 1669, e gli insigni

archeologi e letterati Ridolfino,

Marcello e Filippo Venuti ri-

cordati soprattutto per aver

fondato nel 1728 l’Accademia

Etrusca tutt’ora assai nota a

livello nazionale ed europeo.

Oggi Cortona è una città vi-

vace che offre straordinarie

occasioni di svago legate

all’arte, ai prodotti tipici ed alla

cultura.

Al centro del percorso cul-

turale vi sono certamente i

due musei il MAEC (Museo

dell’Accademia Etrusca e del-

la Città di Cortona) ed il Museo

Diocesano del Capitolo:

Il MAEC riunisce in un unico

percorso espositivo lo storico

Museo dell’Accademia Etrusca

e il Museo della Città Etrusca

e Romana di Cortona.

La sede è in Palazzo Casali,

uno degli edifici più antichi e

ricchi di storia della città, dove,

in oltre 2000 mq di spazio

espositivo, sono esposti alcu-

ni tra i più straordinari capo-

lavori della civiltà etrusca, tra

i quali la Tabula Cortonensis

(il terzo testo etrusco più lun-

Cortona - Piazza della Repubblica

Cortona - Melone II del Sodo - particolare

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 103

speciale Toscana

Cortona di notteBeato Angelico, "Annunciazione",Museo Diocesano.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6104

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iale

Tosca

na

go al mondo) ed il celebre

Lampadario etrusco.

Tra la primavera e l’estate

2011 il MAEC ospiterà una

grande mostra di capolavori

etruschi della Collezione del

Louvre. Una mostra mai re-

alizzata prima con opere mai

esposte in Italia.

Il Museo Diocesano, raccoglie

alcuni dei più preziosi tesori

della storia dell’arte toscana,

che vanno dal XIII al XIX seco-

lo; tra le opere più importanti

figurano l’Annunciazione del

Beato Angelico, la Madonna

in gloria di Bartolomeo del-

la Gatta, la Deposizione di

Luca Signorelli, l’Estasi di S.

Margherita del Crespi.

La città in questi anni ha

investito risorse, idee ed

energie sul suo patrimo-

nio architettonico, artistico

e culturale con l’obiettivo

di dotarsi in maniera defi-

nitiva di strutture come il

MAEC, il Parco Archeolo-

gico, il Centro Convegni

S.Agostino, la Fortezza del

Girifalco che di per se rap-

presentano un volano stra-

ordinario per l’economia,

non solo per quella turisti-

ca. La scelta è stata quella di

intervenire nel creare l’offer-

ta: un’offerta molto forte e di

grande fascino.

Oggi Cortona si trova nella

straordinaria posizione di po-

ter investire sulla sua immagi-

ne e sulla sua offerta partendo

da un patrimonio ben conser-

vato ed in grado di attirare un

vasto pubblico.

A fianco di queste iniziative

legate alla conservazione e

valorizzazione del patrimonio

culturale Cortona ospita al-

cuni grandi eventi di richiamo

internazionale come la mo-

stra Cortonantiquaria, giunta

alla 48ma edizione, il Tuscan

Sun Festival, divenuto il più

qualificato e ricercato festival

di musica classica d’Italia, ma

anche progetti culturali di al-

tissimo profilo che ogni anno

vengono realizzati in collabora-

zione con importanti istituzioni

culturali come la Fondazione

Giangiacomo Feltrinelli, la

Scuola Normale Superiore

di Pisa, ed alcune Università

Americane e Canadesi.

Da non dimenticare che

Cortona in questi anni ha la-

vorato per la creazione di

una sua DOC per i suoi vini.

Questo progetto, nato oltre 10

anni fa, ha riscosso un grande

successo ed oggi il Consorzio

Vini Cortona DOC è una realtà

affermata con prodotti ed eti-

chette di assoluto livello.

I prossimi anni, per questo cit-

tà gioiello della Toscana, sa-

ranno ricchi di iniziative e con

ottime prospettive di sviluppo.

Sindaco di CortonaAndrea Vignini

Cor

tona

105

speciale Toscana

a cura di Nicola Masiello

La Docg Morellino di Scansano, nasce sulla base consolidata della stessa doc Morellino di Scansano

con Decreto ministeriale del 14 Novembre 2006.

Il percorso di qualificazio-

ne del prodotto per il rag-

giungimento della Docg

passa attraverso alcuni mo-

menti fondamentali per il ter-

ritorio Grossetano.

Infatti se all’inizio la Doc si pre-

sentava con un prodotto sicu-

ramente poco conosciuto a

causa soprattutto della quan-

tità di prodotto relativamente

insufficiente per un mercato in

crescita costante ed in pieno

boom economico del vino. A

seguito di questo trend posi-

tivo molti vignaioli ed aziende

vitivinicole hanno cominciato

ad investire in questa zona favoriti dal fatto che sotto

l’aspetto orografico e di an-

damento stagionale, la deno-

minazione rientrava e rientra

su un territorio molto simile a

quello del Brunello di Montal-

cino, con terreni ricchi di mi-

nerale per l’azione del Monte

Amiata, ricchi di scheletro per

l’innalzamento marino e con la

particolarità di un clima miti-

gato dal mar Tirreno che fa da

sfondo a questo paesaggio

incastonato tra le valli dei fiumi

Il Morellino di Scansano Docg

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

Morellino

Ombrone e Albegna: habitat

ideale per la produzione del

Sangiovese. La zona di pro-

duzione comprende il Comu-

ne di Scansano ed in parte nel

territorio di Magliano in Tosca-

na, Grosseto, Campagnatico,

Semproniano, Roccalbegna e

Manciano.

A dimostrazione del trend di

crescita, i dati statistici confer-

mano che dal 1997 al 2007, la

superficie vitata è passata dai

450 ai 1600 ettari con produ-

zioni attuali che si attestano sui

110.000 quintali di prodotto.

Il disciplinare di produzione

prevede l’utilizzo del vitigno

sangiovese per la percentuale

minima dell'85% e per il re-

stante 15% sono concessi i

vitigni a bacca rossa non aro-

matici compresi nella mappa

ampelografia della Regione To-

scana. Dobbiamo rilevare che

nonostante l’alta percentuale

di incremento degli impianti vi-

tati, non si riscontrano attual-

mente giacenze di prodotto

invenduto oltre la soglia fisio-

logica, questo è dovuto sicu-

ramente anche ad una politica

dei produttori e del consorzio

di tutela che mirano non solo

alla vendita del prodotto vino,

ma lo stesso viene abbinato e

pubblicizzato insieme al terri-

torio al fine di fare “sistema”ed

avere più massa critica, spe-

cialmente sui mercati esteri

creando di conseguenza del

valore aggiunto notevole.

Vendere un territorio significa

soprattutto vendere la storia,

le tradizioni ed il costume e

Scansano e la Maremma ne

hanno veramente tante.

Scansano e la sua storia.

I primissimi insediamenti sono

riconducibili al periodo prei-

storico come attestano i vari

ritrovamenti di ripostigli lun-

go la valle del fiume Albegna,

successivamente ricerche

archeologiche confermano la

presenza degli Etruschi nel-

la zona di “Ghiaccio Forte”.

Questo sito è stato individua-

to nel 1973 e in successive

operazioni di scavo è stato

possibile accertare la distru-

zione dell’abitato a causa di

un incendio; i numerosi reper-

ti trovati ci confermano l’alto

grado evolutivo dell’insedia-

mento. A seguito dell’avan-

zata dei Romani, gli Etruschi

scompaiono, lasciando a loro

la supremazia. Di questo pe-

riodom storico troviamo te-

stimonianza negli scavi alla

villa romana nella campagna

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6106

spec

iale

Tosca

naM

orel

lino

Scansanese.La villa riportata

a luce per solo un quarto del-

la superficie mostra i segni di

una villa importante, testimo-

niata dalla presenza di resti di

dipinti, pavimenti e colonnati e

locali per saune. Tutti dettagli

che collocano la villa romana

appartenente ad una famiglia

importante e risalente al perio-

do fra il 50 a.c. ed il 50 d.c.

Altri passaggi storici testimo-

niano la posizione di rilievo di

Scansano ma bisogna arrivare

al 1300 per avere altre notizie

importanti; in quel periodo il

paese fu sottomesso al potere

Senese sotto la nobile Fami-

glia degli Aldobrandi che vi ri-

masero fino ai primi del 1600,

quando tutto il comprensorio

di Scansano venne venduto a

Cosimo II dei Medici ed entro

quindi a far parte del Grandu-

cato di Toscana.

Oggi la parte più antica del

borgo è situata nel punto più

alto dove c’era il castello con

il suo vecchio nucleo detto “la

corte”. Attraversando l’antica

porta si entra nel centro stori-

co e scopriamo gli edifici ben

conservati costruiti tra il 1400

ed il 1600, di particolare bel-

lezza la chiesa di San Giovan-

ni Battista edificata nel 1628

come chiesa collegiale. Fuori

della cinta muraria il Castello

Aldobrandesco oggi proprietà

privata, la chiesa della Madon-

na delle Grazie ed il teatro Ca-

stagnoli risalente al 1892.

L’ESTATATURA.È questo un termine che su-

scita curiosità ed interesse in

colui che legge e che rientra

a pieno nella storicità di Scan-

sano e egli altri borghi che si

trovano nel circondario.

Fin dal 1333 Scansano è sta-

to sede dell’estatatura, essa

consisteva nel trasferimen-

to di tutti gli uffici giudiziari e

tributari dalla città di Grosseto.

Questo trasferimento avveni-

va prima del periodo estivo in

quanto il territorio Grossetano

pianeggiante ed allora paludo-

so diventava a causa della alta

temperatura insalubre e mala-

rico; quindi per evitare malat-

tie c’era il trasferimento nella

zona collinare. Questa pratica

ha avuto fine ufficialmente nel

1897 a seguito della riforma

leopoldina,voluta da Leopol-

do di Toscana e riguardante

appunto la bonifica di vaste

aree della Toscana afflitte dal-

la malaria e paludose quali la

Maremma e la Valdichiana.

LA DENOMINAZIONE IN PILLOLE:

1978

Riconoscimento della Doc

1992

Nascita del Consorzio di tutela

del Morellino di Scansano

14-11-2006

Riconoscimento della docg

Prima annata in commercio

come Docg: 2007

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 107

speciale Toscana

DETTAGLIO PRODUTTORI DEL MORELLINO DI SCANSANO DOCG

VITICOLTORI 342

VINIFICATORI 0

IMBOTTIGLIATORI 67

VITICOLTORI - VINIFICATORI 18

VINIFICATORI - IMBOTTIGLIATORI 12

VITICOLTORI - VINIFICATORI - IMBOTTIGLIATORI 102

Monteregio

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6108

spec

iale

Tosca

na

La DOC del Monteregio

è recentemente co-

stituita ma già vanta

di importantissimi successi.

L’andamento della produzio-

ne ha subito negli ultimi anni

rilevanti crescite contribuen-

do cosi ad aumentare di pari

passo anche la fiducia di tut-

te quelle aziende che han-

no poi deciso di far parte del

Consorzio del Monteregio

di Massa Marittima. Otto

sono le tipologie che costitu-

iscono la DOC Monteregio.

“Monteregio di Massa

Marittima” rosso, riserva, ro-

sato e novello, “Monteregio

di Massa Marittima” bian-

co, “Monteregio di Massa

Marittima” Vermentino, Vin

santo di “Monteregio di

Massa Marittima”, Vin san-

to di Monteregio di Massa

Marittima” occhio di perni-

ce. Queste otto tipologie di

vino valorizzano migliorano

ed esaltano tutto lo scenario

enologico grossetano garan-

tendo serietà, sicurezza ed

affidabilità a tutti i produttori.

La coltivazione del Monteregio

avviene tramite la metodologia

del cordone speronato ed an-

che del guyot il quale è cono-

sciuto anche come “sistema a

spalliera”. L’altezza delle pian-

te è regolata in base alla me-

dia di ore di insolazione, per

far sì di arrivare con la migliore

approssimazione possibile a

far coincidere, da un punto di

vista tecnico, la maturazione

zuccherina con la maturazio-

ne fenolica. Rigorosi sistemi di

controllo faranno poi si che la

vinificazione porti il vino ad es-

sere qualitativamente perfetto,

ricco di sapori, di aromi. Per i

vini Riserva, vengono poi utiliz-

zate le barrique, costruite con

legno variamente stagionato

e tostato di Quercus Petrea

(rovere), che conferiscono al

vino una maggiore stabilità ed

Il Monteregio di Massa Marittima

Il Monteregio di Massa Marittima ed i suoi vini nascono nell’ambiente collinare e pedecollinare della Maremma grossetana che fa da sfondo ai favolosi borghi medievali tipici della zona

e a tutte quelle bellezze che hanno contribuito a renderela campagna toscana conosciuta ed apprezzata

in tutto il mondo.

Notizie estratte dal sito del Consorzio del Monteregio di Massa Marittima:

www.consorziomonteregio.it

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 109

speciale Toscana

ossigenatura. La barrique rie-

sce anche conferire al vino par-

ticolari sentori, come vaniglia,

tabacco, caffè, cioccolato.

Si sta quindi espandendo un

prodotto che riesce a comu-

nicare sapori e aromi di una

terra ricca di bellezze naturali

incomparabili, di territori vasti

quanto splendidi, di colline ar-

moniose, di tradizione, di me-

moria e passato, ma anche

di cambiamenti e prospettive

innovative.

Area di produzioneUna DOC nata di recente

(D.P.R. del 3.10.94) in un’area

di antica tradizione vitivinico-

la, negli ultimi due anni sono

stati effettuati nuovi impian-

ti di vigneto sia da parte di

alcune delle più importanti

case viticole della Toscana,

che da parte di imprenditori

locali in particolare con il tra-

sferimento di diritti provenienti

prevalentemente da fuori re-

gione. Tali investimenti deter-

mineranno un incremento di

superficie vitata nei prossimi

tre anni da iscrivere al relativo

albo stimata in circa 200 ha.

Interessa per intero o in parte

i comuni di Massa Marittima,

Monterotondo Mar i t t imo,

Roccastrada, Gavorrano,

Castiglione della Pescaia,

Scarlino, sono esclusi i terreni

alluvionali e di fondo valle.

I vitigniNella tipologia Rosso, Rosso

Riserva, Novello e Rosato

deve essere presente almeno

l’80% del vitigno Sangiovese,

ma possono concorre-

re altri vitigni a bacca ros-

sa per il rimanente 20%.

Nella tipologia Bianco deve

essere presente il Trebbiano

toscano almeno per il 50%;

Vermentino, Malvasia,

Malvasia di Candia e Ansonica

per il 30% e altri vitigni bac-

ca bianca non oltre il 30%.

La tipologia Vermentino deve

essere prodotta con la varietà

omonima per non meno del

90%.

Il Vin Santo (anche Riserva)

deve avere Trebbiano to-

scano e Malvasia per un mi-

nimo del 70% e altri vitigni a

bacca bianca fino al 30%.

Il Vin Santo Occhio di Pernice

deve avere un minimo di

Sangiovese del 50-70%,

Malvasia nera 10-50% e altri

vitigni a bacca rossa fino

al 30%.

Le rese massime sono di

110 q.li di uva ad ettaro

per il Bianco, Vermentino e

Vinsanto; 100 q.li /ha per le

altre tipologie.

Mon

tecu

cco

Il Montecucco tra storia, terroir e tradizione

a cura di Stefano Alessi

La campagna toscana offre angoli e prospettive sorprendenti ed affascinanti.

Ed i colori ed i profumi

solleticano i sensi in

modo diverso a se-

conda della stagione. Siamo

fortunati ad inoltrarci nella

zona del Montecucco in una

chiara e soleggiata giornata di

fine primavera: dorati campi di

grano, verdi pascoli, boschi,

vigneti ed oliveti si alternano

in un caleidoscopio di colori

che ricorda da vicino l’ope-

ra dei Macchiaioli. Il territorio

iscritto alla Doc Montecucco,

tutto ricadente nella provincia

di Grosseto, si trova compre-

so tra la Maremma toscana e

le pendici del monte Amiata,

in posizione limitrofa a quella

dell’areale di produzione di

un altro rinomato vino tosca-

no: il Brunello di Montalcino.

Un’analisi orografica più at-

tenta ci rivela come sia pro-

prio il corso di un fiume, l’Or-

cia a segnare il confine orien-

tale fra l’area di produzione

del Montecucco e quella del

Brunello. Scopo della nostra

visita è cercare di scopri-

re qualcosa di più su questo

fratello minore del Brunello, il

Montecucco. La natura e la

composizione chimico-fisica

dei suoli agrari risentono del-

la matrice pedologica fonda-

mentale che li ha generati nel

corso dei millenni: il monte

Amiata. Si tratta di un antico

vulcano ormai spento, della

cui attività sono responsabi-

li tanto la fertilità chimica (in

particolare la ricchezza in po-

tassio) quanto le caratteristi-

che fisiche dei suoli. L’area di

produzione della Doc è piutto-

sto ampia, ricadendo nel terri-

torio di 7 comuni (Arcidosso,

Campagnatico, Castel del

Piano, Cinigiano, Civitella

Paganico, Roccalbegna,

Seggiano): pretendere di ri-

scontrare uniformità e com-

pleta omogeneità nelle carat-

teristiche dei suoli di un così

ampio areale è impossibile. Le

rocce dalla cui disgregazione

si sono originati i suoli sono

principalmente tufi ed arena-

rie frammentate: fisicamente

i suoli possono così contare

su di un notevole apporto in

macro e microporosità, ele-

menti fondamentali da incro-

ciare con le variabili macro e

microclimatiche della zona.

Infatti questo areale risente da

una parte della presenza del

monte Amiata, dall’altra della

vicinanza con il Mar Tirreno:

questi due fattori influiscono

su caratteristiche fondamen-

tali quali la quantità e la distri-

buzione delle precipitazioni

(pioggia e neve, concentrate

soprattutto nel periodo au-

tunno-invernale), temperature

medie annue ed estive, escur-

sione termica giorno/notte

dall’invaiatura in avanti, irrag-

giamento solare, ventilazione.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6110

spec

iale

Tosca

na

Superato l’abitato di Poggi del

Sasso, in cui troviamo la sede

del Consorzio di Tutela, prose-

guiamo in un panorama moz-

zafiato verso l’azienda storica

del Montecucco, la Tenuta

di Montecucco: ruotando lo

sguardo a 180 gradi prima si

gode dell’imponente presenza

del monte Amiata, poi si “sen-

te” il profumo dei vigneti espo-

sti a sud di Montalcino, infine

ci si perde nelle dolci colline

che reclinano verso il mare

della Maremma. La posizione

in cui sono posti gran parte

dei vigneti sembra godere di

una condizione privilegiata, in

una sorta di ideale corridoio

che dall’Amiata al Tirreno ge-

nera continuamente inversioni

termiche e moti convettivi: il

risultato è una costante venti-

lazione, prezioso aiuto biologi-

co alla coltivazione della vite.

È solo toccando con mano

le caratteristiche di questo

“terroir” che si può compren-

dere a pieno la profonda vo-

cazionalità viticola della zona.

Abbiamo appuntamento con il

vice presidente del Consorzio

del Montecucco Stefano

Alessandri, che è anche il di-

rettore dell’azienda che ci

ospita e che ci guida in un

tour in un clima di spontanea

cordialità nel corso del quale

ci illustra non soltanto la storia

dell’azienda, ma ricostruisce

anche quella della viticoltura

del comprensorio. Non ab-

biamo ancora terminato le

presentazioni che già ci trovia-

mo alla testata di un vigneto a

Sangiovese.

Dom: - La vocazione e la tradi-

zione agricola della Maremma

Toscana e della zona in par-

ticolare sono tanto note da

essere parte ormai dell’imma-

ginario collettivo: come si è in-

serita e come si inserisce nel

contesto produttivo primario

la vitivinicoltura? Alessandri:

Basta guardarsi attorno per

comprendere che il fattore

“terra” ha costituito da sem-

pre un elemento centrale

nell’economia e nel tessuto

sociale della zona. In parti-

colare la vite è qui presente

già in epoca primitiva, come

testimoniato dai reperti rinve-

nuti nella cosiddetta Grotta

dell’Arciere (5000-3000 a.C.),

ma è con gli Etruschi che la

viticoltura si sviluppa a pieno

fino ad arrivare ai nostri giorni.

La nostra azienda in particola-

re fa risalire le sue origini alme-

no al ’300 con Pia dé Tolomei

e del vino della zona esistono

notizie e menzioni da epoche

ancora precedenti: questo

a testimoniare la antica vo-

cazione viticola del territorio.

Dom: - E la Doc Montecucco

quando nasce, in risposta

a quali esigenze e che tipo-

logie di prodotto prevede?

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 111

speciale Toscana

Alessandri: - La Doc attuale è

relativamente giovane, essen-

do stata riconosciuta solo nel

1998. Attualmente prevede 4

differenti tipologie di prodotto

(Bianco, Rosso, Sangiovese,

Vermentino), ma osservando i

dati relativi alle superfici iscritte

alla Doc, si scopre come oltre

il 97% dei vigneti sia impian-

tato a vitigni a bacca rossa,

essenzialmente Sangiovese.

Oggi la superficie vitata Doc è

di circa 800 Ha e la produzio-

ne annua si attesta attorno ad

1,8 milioni di bottiglie.

Dom: - Il Sangiovese fa pen-

sare alla vicina Montalcino…

Alessandri: - È proprio il

Sangiovese, a partire dagli anni

’70, ad essere stato interessa-

to da una forte espansione in

superficie. Ad oggi la maggio-

ranza degli impianti, realizzati

in gran parte dal 1998 in poi,

sono stati realizzati tenendo

conto dei moderni concet-

ti della viticoltura, utilizzando

cloni come R6 e F9 e sono

condotti con l’obbiettivo di

perseguire la qualità piuttosto

che la quantità. Montecucco,

come Montalcino, gode di

condizioni ottimali in fatto di

clima e suolo: se vogliamo qui

la presenza di una maggiore

intensità di radiazione lumino-

sa e di calore durante l’estate,

assommate alla ventilazione

costante ed agli andamen-

ti pluviometrici solitamente

scarsi nel fine-estate inizio-au-

tunno, comportano condizioni

ideali anche per una pratica

viticola più attenta alle esigen-

ze ambientali. A testimonianza

dell’antica storia viticola della

zona c’è anche il rapporto di

partnership con l’Università di

Pisa: attualmente è in corso

uno studio per cercare di rico-

struire la storia ampelografica

della zona, in particolare con il

sequenziamento genetico dei

cloni autoctoni e “non ufficiali”

di Sangiovese.

Dom: - La vocazionalità della

zona in rapporto all’utilizzo di

pratiche agricole “ecocompa-

tibili” quali l’agricoltura biologi-

ca si avverte anche istintiva-

mente visitando per la prima

volta questi territori…

Alessandri: -Certamente quel-

lo che salta all’occhio imme-

diatamente a qualsiasi per-

sona venga in questa zona

per la prima volta è l’armonia,

l’equilibrio e la bellezza del pa-

norama nel suo complesso:

una successione di campi col-

tivati, pascoli, boschi, oliveti,

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6112

spec

iale

Tosca

na

Panorama Doc Montecucco

Montecucco

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 113

speciale Toscanavigneti perfettamente integrati

a piccoli, suggestivi ed antichi

borghi abitati. Il tutto al ripa-

ro dalla presenza della cima

dell’Amiata da una parte e del

mare dall’altra.

Dom: - Qui, come altrove in

Toscana, si deve la conser-

vazione del patrimonio pae-

saggistico ed agricolo a quella

antica istituzione sociale rap-

presentata dalla mezzadria…

Alessandri: - Senza dubbio la

mezzadria ha avuto anche qui

la funzione di radicare in modo

equilibrato il fattore umano a

quello ambientale e produttivo.

Anche queste zone hanno co-

nosciuto a partire dal secondo

dopoguerra fenomeni quali

l’abbandono delle campagne

e l’invecchiamento dell’età

media degli addetti impiegati

in agricoltura, ma qui ha resi-

stito uno “zoccolo duro”, per

così dire, che ha mantenuto in

piedi una economia agricola

basata su ordinamenti pro-

duttivi ampi, nei quali accanto

alle produzioni vegetali, al vino

e all’olio, ha sempre mante-

nuto un posto importante l’al-

levamento. Dom:- Insomma

si potrebbe dire che qui, da

sempre, si è praticato un tipo

di agricoltura che oggi defi-

niremmo “ecocompatibile” e

“multifunzionale”. Attualmente

quali sono le tendenze di mer-

cato e gli orientamenti produt-

tivi prevalenti?

Alessandri:- Dopo un periodo

successivo al riconoscimento

della Doc in cui si è assisitito

ad un notevole sviluppo della

superficie vitata investita so-

prattutto a Sangiovese ed altri

vitigni a bacca rossa, le ultime

risultanze di mercato parlano

di un incremento della do-

manda per la tipologia Bianco

e Vermentino in particolare,

tanto che la quantità prodot-

ta non riesce a soddisfare la

domanda: è questo il caso

dell’azienda che vi ospita oggi,

la Tenuta di Montecucco, che

produce circa 15.000 bottiglie

di Vermentino che vanno let-

teralmente a ruba. In genera-

le, comunque, caratteristica

comune di tutte le tipologie è

il vantaggioso rapporto qualità

prezzo: si va dai 4/6 euro per

il Rosso fino ai 18/20 euro per

il Sangiovese Riserva. Intanto

nel nostro colloquio itinerante

siamo passati prima dal vigne-

to all’antica orciaia del ‘700,

poi in cantina, tra vasche di

fermentazione, fusti di affina-

mento e barriques, infine nella

saletta di degustazione, pronti

alfine a degustare i meraviglio-

si prodotti di questo territorio.

Le caratteristiche principali ri-

scontrate in fase degustativa

sono, per i Rossi, un vivace

colore rosso rubino, un bou-

quet fruttato e vegetale, una

fresca nota acida accompa-

gnata da un deciso corredo

tannico, da una robusta spalla

alcolica e da un equilibrio ge-

neralmente soddisfacente. I

vini delle tipologie Sangiovese

e Riserva assumono a pieno

titolo le connotazioni di vini

rossi importanti, caratterizzati

da potenzialità evolutive, lon-

gevità e persistenza notevoli:

alle fresche note acide, alla

quantità e qualità dei tanni-

ni ed al contenuto in alcol e

polialcoli, si aggiunge qui la

presenza di notevoli quantità

di estratto secco a conferire

una struttura generale ai vini

decisamente robusta. Una ca-

ratteristica dei suoli, in buona

parte tufacei e comunque di

origine vulcanica, si ritrova nel

bicchiere: la mineralità e la sa-

pidità dei vini, tanto rossi che

bianchi, è infatti marcata e pia-

cevole. Osservo il Sangiovese

ruoteare nel mio bicchiere e

mi ci immergo ancora una vol-

ta: non posso fare a meno di

pensare a quanto in fretta sia

cresciuto questo fratello mino-

re del Brunello.

La Doc Montecucco in piccoloIl Consorzio di Tutela del vino

Montecucco nasce con il ri-

conoscimento della Doc nel

1998: oggi esso rappresenta

52 aziende su circa 70, ol-

tre 500 Ha di vigneto su una

superficie vitata complessiva

di più di 800 Ha ed oltre 1,2

milioni di bottiglie su una pro-

duzione complessiva di poco

meno di 2 milioni l’anno. I nu-

meri sono destinati a cresce-

re, dato che i vigneti di recen-

te impianto stanno tutti per

entrare in produzione piena.

Altra novità per il futuro pros-

simo venturo è il passaggio

alla Docg, essendo già stato

avviato l’iter necessario.

Azienda RegionaleAgricola Alberese

a cura di Claudio Zeni

L’Azienda Regionale Agricola di Alberese,di proprietà della Regione Toscana, è sicuramente

una delle più grandi aziende in Europa che opera in una area ambientale protetta.

Con i sui 4.600 ettari,

infatti, occupa cir-

ca il 40% del Parco

Naturale della Maremma.

Pinete, boschi, macchia me-

diterranea, dune, pascoli e

coltivi sono l’ambiente dove

l’azienda svolge tutte le sue

attività, nel rispetto della na-

tura attraverso l’agricoltura

e l’allevamento con meto-

do biologico e produzioni a

basso impatto ambientale.

Nel territorio aziendale sor-

gono inoltre numerose edifici

storici di particolare pregio.

Allevamento, vitivinicoltura,

olivicoltura, seminativi, viva-

io, trasformazione alimentare,

commercializzazione e vendita

diretta, ospitalità rurale e con-

vegnistica, fanno di Alberese

una tipica azienda multifunzio-

nale. “L’azienda – esordisce

il direttore Marco Locatelli - è

impegnata ormai da alcuni

anni in un piano di risanamen-

to, anche se l’annata 2009

ha purtoppo mostrato tutte

le debolezze del settore agri-

colo, gravando così in nega-

tivo sul bilancio dell’Azienda.

Il comparto vitivinicolo, che

gestisce oltre 50 ettari di vi-

gneti nell’area Dogc Morellino

di Scansano, è, anche in ter-

mini occupazionali, uno dei

più significativi di Alberese,

visto che nel corso degli anni

ha realizzato nuovi e razionali

vigneti, espiantando quelli ob-

soleti, ristrutturato alcuni locali

esistenti ormai fatiscenti per

ricavarne la cantina aziendale,

con la decisione di affrontare

il mercato con propri marchi

ed etichette”. Il fiore all’oc-

chiello dei nuovi investimen-

ti è il vigneto di ‘Banditella’,

dove l’Azienda ha realizzato

recentemente circa 8 ettari di

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6114

spec

iale

Tosca

naAlberese

nuovo impianto sullo sfondo

di un paesaggio ‘maremma-

no’ straordinario, con colline

e macchia mediterranea, i

monti dell’Uccellina e il mare.

“Il nuovo vigneto di Alberese si

distingue per il perfetto inseri-

mento nel paesaggio – conti-

nua Locatelli - non passa inos-

servata la presenza di alcuni

splendidi esemplari di sughere

che Alberese ha mantenuto

all’interno del nuovo vigne-

to. Questo nuovo impianto,

nasce da un progetto che ri-

spetta l’orografia del terreno

e la presenza di esemplari di

piante di pregio. Si tratta però

di un impianto che prevede

l’utilizzo di una meccanizza-

zione elevata tesa a contenere

i costi di produzione con for-

me di allevamento che valo-

rizzano la qualità del prodotto.

La preparazione di drenaggi

sotterranei per creare la rete

primaria e secondaria di sco-

lo e i terrazzamenti per ridurre

in alcune aree le pendenze,

sono state le prime opere per

il nuovo vigneto”. Per coniuga-

re poi, qualità eccellente che

scaturisce spesso da bassa

produzione per ceppo e pro-

duzione a ettaro accettabile,

sono state impostate densi-

tà di impianto di circa 6.000

piante a ettaro con interfilari a

2,20 metri, mentre per favo-

rire le fasi di maturazione dei

grappoli i fili sono stati porta-

ti a 70 cm da terra. “I vigne-

ti dove nasce il ‘Barbicato’,

Morellino crue dell’Azienda

Regionale di Alberese, si con-

traddistinguono, invece, per

il microclima che, in questa

zona di Maremma è infatti

particolarmente indicato per

la viticoltura perché ventilato

e raramente soggetto ad umi-

dità eccessiva – evidenzia il

direttore – inoltre, gli impianti

dell’Azienda Regionale sono

meccanizzabili e la presenza

di lunghi filari permette un’ade-

guata valorizzazione del re-

cente acquisto della macchi-

na multifunzione”. Abbinando

le migliori tecniche produttive

è possibile così sviluppare un

modello di viticoltura assoluta-

mente compatibile con l’am-

biente che permette all’Azien-

da di produrre prodotti di ec-

cellenza ad un giusto prezzo.

“Il nostro obiettivo è quello di

proporre al mercato vini con

un ottimo rapporto qualità/

prezzo in modo tale che al

consumatore sia sempre più

possibile degustare ottimi

vini al giusto prezzo – con-

clude Locatelli - ecco perché

Alberese, con il Villa Fattoria

Granducale si propone anche

sugli scaffali della GDO con un

Morellino particolarmente gra-

devole.

Non vogliamo però tralasciare

di comunicare ai nostri clienti

l’ambiente, il Parco e la storia

di questo angolo di Maremma

dove produciamo i nostri

vini. Ecco perché le etichet-

te dei nostri vini (Barbicato,

Pellegrone, Villa Fattoria

Granducale, Serrata dei

Cavalleggeri, Castelmarino,

Scoglietto) ricordano luo-

ghi caratteristici dell’Azienda

e quindi del Parco Naturale

della Maremma che posso-

no essere visitati dai clienti. A

noi, interessa che i nostri vini

e i nostri prodotti vengano

assaggiati dove vengono pro-

dotti: abbiamo la convinzione

che in questo modo la qualità

venga apprezzata pienamente

attraverso la ‘Degustazione

Ambientale”.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 115

speciale ToscanaAlberese

Mar

emm

a La Maremma

e la bottarga di Orbetello tra le specialità grossetane

a cura di Claudio Zeni

Una cucina fortemente caratterizzata dalle sue origini semplici e frugali, dove il rapporto diretto e costante

con la terra ed il mare ha dato vita ad una tavola semplice ma allo stesso tempo saporita e genuina.

La storia della cucina

maremmana è stret-

tamente legata, oltre

alla miseria endemica che

si è protratta in questa terra

per vari secoli (cantata con

le parole del famoso canto

popolare Maremma amara) e

testimoniata dalla povertà di

certi piatti come l’acquacotta,

solo recentemente arricchita

con le uova, anche alle ope-

re di bonifica, le uniche che

consentivano rapporti fra i po-

chi abitanti di questa zona e il

mondo esterno. Una cucina,

quindi, fortemente caratteriz-

zata dalle sue origini semplici

e frugali, dove il rapporto di-

retto e costante con la terra

ed il mare ha dato vita ad una

tavola semplice ma allo stesso

tempo saporita e genuina. Tra

le pietanze tradizionali occu-

pano un posto di primissimo

piano quelle a base di cac-

ciagione, in particolare di cin-

ghiale, le zuppe di verdure e di

pesce, mentre tra i prodotti ti-

pici di questa terra spiccano il

vino, l’olio, i formaggi, i salumi,

le castagne, i funghi e i tartufi,

da degustare sia nelle aziende

produttrici, che nei tanti risto-

ranti tipici oppure, in modo

più pittoresco, nelle numerose

sagre che vengono organiz-

zate nei borghi maremmani

in tutti i periodi dell’anno. Un

nuovo un ruolo di primo piano

nell’economia rurale di questa

terra lo riveste oggi la razza

Maremmana, rilanciata da

un progetto di recupero por-

tato avanti dall’azienda agri-

cola della Regione Toscana.

Si tratta di una razza bovina

podolica, quasi scomparsa

negli anni ’50 e oggi recupe-

rata grazie all’attento lavoro

di selezione di alcuni alleva-

tori del grossetano, a partire

dall’Azienda agricola della

Regione Toscana (l’Alberese),

con la stretta collaborazione

dell’Agenzia regionale per l’in-

novazione e la sperimentazio-

ne in agricoltura (Arsia). I bovini

di razza Maremmana vengono

allevati allo stato brado per

tutto l’anno. Il cibo dunque è

rappresentato dal pascolo con

erbe particolari che crescono

in questa zona e con le fronde

degli alberi tipici della macchia

mediterranea, gli stessi alberi

che d’inverno rappresentano

un riparo naturale dalle piogge

e dal clima più rigido. Questo

tipo di allevamento rappresen-

ta un caso abbastanza raro in

Italia e non solo, arcaico per

certi aspetti, ma rivoluziona-

rio per altri dal momento che

gli studiosi di questa razza

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6116

spec

iale

Tosca

na

sostengono che i migliora-

menti genetici siano avvenuti

proprio grazie agli allevamen-

ti estensivi. Inutile specificare

quindi che si tratta di un ani-

male allevato sotto il sistema

biologico. Per tutto questo

le carni della Maremmana si

presentano con una sapidità

naturale e intensa al tempo

stesso, soprattutto per la pre-

senza nell’alimentazione delle

erbe spontanee che sorgono

su questi terreni ricchi di mi-

nerali, in quanto anticamente

paludi. Oltre a questo la carne

presenta anche un ricco con-

tenuto di proteine (oltre il 20%)

ed una moderata quantità di

grassi con un rapporto a favo-

re di quelli insaturi, superiore

ad altre razze podoliche simi-

lari. Dalla terra al mare altra

nuova eccellenza alimentare

della Maremma è la bottarga

(dall’arabo botarikh, uova di

pesce salate) di Orbetello, le

cui prime testimonianze del

suo uso nella cittadina lagu-

nare si hanno nei primi anni

del XV secolo. La Bottarga di

Orbetello si ottiene esclusiva-

mente dalla trasformazione

del cefalo appartenente alla

specie Mugil cephalus e la

sua produzione viene effet-

tuata nel periodo di agosto-

settembre, momento dell’a-

no nel quale tale specie ittica

porta a maturazione le sacche

ovariche. Una volta pescati, i

pesci vengono prima sottopo-

sti al controllo sanitario e solo

dopo vengono lavorati. Quindi

i cefali vengono eviscerati a

mano per esportarne le sac-

che ovariche, operazione da

compiere con molta cura onde

evitare di rompere le sacche e

compromettere tutto il lavoro.

Le sacche accuratamente pu-

lite passano al banco per sa-

latura; qui vengono disposte

all’interno di contenitori in file

sovrapposte, interponendo

tra l’una e l’altra uno strato di

sale.

Una storia di fatica e di mi-

seria un tempo quella della

Maremma, mentre oggi è ter-

ra fertile, ricca ed anche inno-

vativa (grazie anche al turismo

molto fiorente che interessa

mare e campagna), con una

cucina tradizionale fatta con

prodotti e alimenti tipici, che

consentono la preparazione di

piatti al di fuori del tempo, che

spesso non vengono esporta-

ti, ma che sono divenuti ele-

mento fortemente caratteriz-

zante della cultura di questa

lembo della Toscana e della

sua gente.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 117

speciale Toscana

Le Colline Pisanea cura di Claudia Marinelli e Massimo Bracci

La Toscana insieme al Piemonteè senza dubbio la regione più rappresentativa

e prestigiosa del panorama enologico nazionale.

Tra le dieci province che la compongono, quella di Pisa è per la viticoltu-

ra forse la meno nota, ma dalle grandi potenzialità e in questi ultimi anni sta facendo passi da gigante.Anzitutto scopriamo quali sono le zone di produzione dove si otten-gono vini di sicuro interesse quali-tativo. Sostanzialmente possiamo individuarne tre:La zona percorsa dalla strada Vol-terrana che taglia da nord a sud la provincia con le località di Terric-ciola, Morrona e Fauglia a Ovest; Peccioli, Ghizzano e Palaia a Est e Lajatico più a Nord.Tutti luoghi di grande capacità e vocazione enologica, non a caso importanti nomi della produzione vitivinicola di qualità hanno effet-tuato negli ultimi anni, ingenti in-vestimenti.Qui troviamo il Chianti delle Col-line Pisane docg e la doc Bianco Pisano di San Torpè. Nella prima abbiamo l’espres-sione più autentica della tradi-zione toscana con il Chianti che in questa zona ricalca un pò le caratteristiche originarie del vino, come era un tempo, ovvero un vino di non eccessiva struttura, di uso più quotidiano, anche se non

mancano versioni la cui corposi-tà si avvicina più alle tipologie del Chianti Classico. Il Bianco Pisano di San Torpè è prodotto essenzialmente con il Trebbiano Toscano, è una doc in crisi profonda in quanto legata a questo vitigno, che per decenni ha dato vini decisamente anonimi. Questo ha portato i produttori ad abbandonare progressivamente questa tipologia e le dichiarazioni di produzione di questi ultimi anni ne sono la testimonianza tangibile. Qualche produttore timidamente, e con coltivazioni molto attente e curate, è riuscito a ottenere dei San Torpè decisamente più inte-ressanti, ma il percorso è ancora lungo e difficile da intraprendere.Proseguendo a sud troviamo in-vece la seconda zona di eccellen-za della provincia di Pisa che è la zona di Montescudaio che con la sua doc forse rappresenta, quel-la che al momento da maggiori soddisfazioni qualitative e di ap-prezzamento da parte dei consu-matori. Il territorio gioca una parte importantissima su questo suc-cesso in quanto è collocato nella zona più a sud della provincia, a ridosso della più blasonata zona Bolgherese. Una curiosità: prima della II° Guer-

ra Mondiale Bolgheri, Castegneto Carducci e Suvereto erano Pisane e fu Galeazzo Ciano che annesse alla provincia di Livorno queste zone. Ecco come i corsi storici possono cambiare radicalmente un futuro enologico da fulgido a normale; senza quella annessio-ne non parleremo certamente di provincia meno conosciuta. Rispetto a Bolgheri c’è però una differenza sostanziale: mentre i vini bolgheresi sono prodotti in al-tissima percentuale da uve “fran-cesi” come Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Syrah, con scarsa presenza di Sangio-vese, nella doc Montescudaio la realtà “Sangiovese” si affianca con successo ai nuovi stili a base Cabernet. Questa doc dimostra in ogni caso, rispetto alle vicine Bol-gheri e Val di Cornia, un assetto più meditativo e meno dinamico.Ritornando invece più a nord-ovest troviamo la terza zona, quella di San Miniato.Anche qui sono presenti le due doc specifiche della provincia. Ri-spetto però alla vicina zona di Ter-ricciola i terreni sono più argillosi e pesanti, sul tipo di Montepulcia-no, oltre alle differenze territoriali vi è anche un diverso microclima più influenzato dal mare.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6118

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Tosca

naC

olline Pisane

I vini di San Miniato esprimono for-se le loro migliori potenzialità negli anni difficili quindi con estremi di caldo e siccità e grandi piogge, questo perchè il terreno argilloso, consente in caso di grande caldo di mantenere in profondità una certa freschezza e una sufficiente quantità di acqua per la pianta.In caso di grandi piogge il terre-no si compatta e quindi tiene per così dire sotto stress la pianta, sappiamo tutti che la pianta in queste condizioni di relativa sof-ferenza, dà attraverso i grappoli forse le sue migliori espressioni, questo accade in particolar modo per il Sangiovese.La Toscana, oltre all’antica tradi-zione enologica ha saputo carat-terizzare quasi ogni sua provincia, ogni sua zona, con una propria peculiarità che le contraddistin-gue e la evidenzia. Pensiamo ad esempio a Siena con il Brunello, a Firenze con il Chianti a Grosseto con il Morellino e così via. Ecco, i vini della provincia di Pisa non hanno ancora questo indirizzo caratteriale che accomuna un po’ tutti i produttori. È come se fosse un mosaico in cui le tessere de-vono essere ancora composte: si produce del Chianti, e questo è forse il carattere che l’avvicina a tutta la Toscana, ma si produce anche vini con un carattere meno toscano. Abbiamo aziende di ec-cellenza, blasonate dalle più im-portanti guide specializzate, che hanno raggiunto questi traguardi attraverso un loro percorso per-sonale, per questo manca anco-ra un indirizzo comune che forse ha fatto perdere il vero legame geografico, anche per poter sod-disfare una domanda che faccia-mo spesso al ristorante quando chiediamo “un vino della zona”, in realtà chiediamo un vino espres-sione di una identità comune.Nella provincia di Pisa negli ultimi anni i produttori hanno capito che

era importante che fosse comuni-cato il territorio, più che la singola azienda ed a seguito di questo si sono formate due realtà interes-santi che hanno come scopo co-mune proprio quello di valorizzare questo patrimonio che ancora è poco conosciuto.Nella Città di San Miniato è nata l’Associazione Vignaioli di San Miniato che conta oggi undici aziende che hanno aderito alla costituzione di questa iniziativa di coordinamento e riunione delle specificità produttive. Le aziende sono: Aglioni, Agrisole, Beconcini Pietro, Cosimo Maria Masini, Cu-pelli Ivana, Fattoria Campigiana, Fattoria Collebrunacchi, Fattoria di San Quintino, Azienda Mon-talto, Podere Sassolo, Tenuta di Cusignano. La superficie vitata in produzione relativa alle aziende sopra citate è complessivamente di oltre 101 ettari. Per quello che concerne la tipo-logia di cultivar piantati siamo di fronte alla maggioranza di varietà autoctone, tra le quali spicca ov-viamente il Sangiovese, presente in tutte le aziende come compo-nenti di maggioranza delle singole produzioni. A questo vitigno si associano anche altri autoctoni come il Ca-naiolo, il Colorino (per le tipologie rosse) ed il Trebbiano (per quelle bianche), in alcune aziende si tro-vano vigneti di lunga storia (con punte che toccano, in alcuni casi i sessanta anni di età) e sono ca-ratterizzati dalla presenza di vitigni propri della tipologia toscana tipo Malvasia Bianca, San Colom-bano, Canaiolo Rosa, Malvasia Nera. Non mancano, comunque, per-centuali rilevanti anche di varietà alloctone quali il Cabernet, Merlot e Syrah. Si rileva anche la pre-senza di Tempranillo, che sem-bra affondare le proprie origini nei

transiti storici dovuti alla via Fran-

chigena.

Altra importante realtà è il Consor-

zio Terre del Silenzio che ha una

vocazione territoriale che lo carat-

terizza fin dal suo nome. La scelta

di questa linea di comunicazione,

infatti, nasce proprio dalla volontà

di far emergere le eccellenze del

territorio. Tra queste non può che

esservi il Teatro del Silenzio, fon-

dato su un’idea di Andrea Bocelli,

uno dei più famosi cantanti italiani

nel mondo originario di Lajatico,

che una volta l’anno ospita un

grande evento che accoglie le arti

in questa meravigliosa cornice

che le colline delle Terre del Silen-

zio offrono.

«Abbiamo scelto di chiamarci Ter-

re del Silenzio – spiegano all’uni-

sono i nove produttori – perché

quotidianamente anche noi con-

vogliamo il lavoro nella vigna con

le esperienze e le sensibilità per

arrivare ad un prodotto che sia

l’espressione di questa nostra

terra. Come il Teatro che, una vol-

ta l’anno si anima per un grande

evento, così le nostre Terre sia

animano, anno dopo anno, du-

rante la vendemmia».

I produttori che fanno parte del

Consorzio Terre del Silenzio

sono:

Alberto Bocelli, Bellavista Tosca-

na, Castelvecchio, Fattoria Fib-

biano, Gualandi, Pieve de’ Pitti,

Podere La Chiesa, Poggio Sette

Venti, Vallorsi. Gli ettari vitati sono

circa 100, in percentuali miste

tra uve a bacca rossa e bianca.

I vitigni coltivati sono il Trebbiano,

Malvasia Bianca, Colombana,

Chardonnay, Sauvignon Blanc,

Viognier, Sangiovese, Colorino,

Canaiolo, Cabernet Sauvignon,

Cabernet Franc, Merlot, Syrah

con un complessivo di 350.000

bottiglie prodotte.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 119

speciale Toscana

Le Colline Pisane culla e origine della FISARLa provincia di Pisa, o meglio la città di Volterra, famosa per la lavorazione dell’alabastro, e più che altro per le testimonianze artistiche e monumentali di gran-dissimo rilievo che la storia ci ha lasciato con continuità, dal perio-do etrusco fino all’ottocento, van-ta inoltre di essere la città dove si è formata la prima delegazione della Fisar. È qui che è nato tutto, tutto quello che siamo oggi come associazione. Non è un caso che in provincia di Pisa siano presenti altre due delegazioni, Pisa e Pon-tedera – Valdera.Al Congresso Nazionale svoltosi a Sirmione del 2007, queste tre de-legazioni sono state riconosciute fra le Dodici Delegazioni Storiche d’Italia, con la consegna del Gon-falone d’Oro.Volterra è comunque la “storica” fra le storiche. Lo spirito della sua fondazione è dovuta alla passio-ne di alcuni ristoratori locali, che colsero allora l’esigenza di colma-re una lacuna nell’arte della tavo-la: formare persone esperte nella cura, scelta e servizio dei vini, ne-cessario connubio con i cibi della tradizione.Impulso forte allo sviluppo della delegazione avvenne ad opera del prof. Sestini, che ricoprì la carica anche di Presidente Na-zionale (il 2° della storia), e di altri personaggi della ristorazione. Dal 2005 la delegazione ha avuto un radicale rinnovamento dando così un impulso significativo di crescita. Alcune della manifesta-zioni che la Delegazione svolge attualmente sono:• “Volterra Gusto”- che ogni

anno premia personaggi im-portanti dell’enogastronomia unitamente ad una kermesse di degustazioni a base di tartufo e

prodotti tipici• “Sapori della Valle” di Mon-

tecatini Val di Cecina - con de-gustazioni di vini del territorio a cura del Consorzio Doc Monte-scudaio.

• “Di Vino Calice” di Pomarance• “Arte a Tavola”• “Le Cene Galeotte” - progetto

con un protocollo firmato d’in-tesa fra il Ministero di Grazia e Giustizia e Unicoop Firenze, per la realizzazione di cene all’inter-no del carcere di Volterra, che vedono impegnati i detenuti “cuochi” del carcere con la su-pervisione di Chef di fama na-zionale.

• I corsi di formazione per sommelier collaborando con la Scuola di Alta Formazione –SIAF– di Volterra (www.siafvol-terra.it), gestita dalla Fondazio-ne Cassa di Risparmio di Vol-terra S.p.a e dalla prestigiosa Scuola superiore “Sant’Anna” di Pisa.

Scendendo da Volterra troviamo Pontedera e tutta la zona della Valdera, la delegazione ha sede in città, che ha come sua primaria peculiarità, la PIAGGIO, azienda leader nel campo della costruzio-ne di veicoli a due ruote, come la VESPA, simbolo storico della nostra Italianità. Questo territorio comunque oltre che all’indotto in-dustriale offre molto di più, infatti tutte le colline che la circondano sono collocate nel classico con-testo dello stereotipo delle “Colli-ne Toscane”, che nel nostro caso prendono il nome di “COLLINE PISANE”. La Delegazione di Pon-tedera – Valdera è da alcuni anni una realtà molto stabile e radicata nel territorio, dove svolge atten-te ed interessanti manifestazioni, collaborando a stretto contatto con le amministrazioni comunali,

in primis con il Comune di Pon-tedera.Alcuni eventi che si sono susse-guiti negli anni ed hanno avuto riscontri interessanti sono state manifestazioni come:• Mangialonga Comune di Pontedera• Lieti Calici Comune di Ponsacco• Gospel & Cioccolato Comune di Santa Maria a MonteQueste sono solo alcune delle attività della delegazione, grande attenzione è sempre stata data ai corsi per la formazione dei sommelier Fisar, andando a va-lorizzare attraverso questi anche il territorio stesso con le “Visite del Territorio”, incontri mirati nelle cantine della nostra zona. I mini-corsi stessi sono stati un mezzo per farsi conoscere meglio ed in modo più capillare sul territorio. La delegazione Storica di Ponte-dera – Valdera vanta due vincitori del Concorso come Miglior Som-melier dell’anno Trofeo Calp, uno risale al lontano 1993, prima edi-zione assoluta del concorso che fu vinta dalla Sommelier Claudia Marinelli, e l’altro nel 2005 vinto dal Sommelier Luca Iacopini.

Per ultimo non poteva mancare il capoluogo di provincia: Pisa.Ci troviamo di fronte ad una cit-tà che ha da un punto di vista storico delle notevoli ed uniche particolarità. La sua storia inizia nel IX sec. a.C. quando Pisa era un insediamento di origine Alfea, una civiltà che, successivamen-te, si fuse con gli Etruschi. Nel II Sec. a.C. questa cultura venne poi, assorbita dai Romani che co-struirono Portus Pisanus. Dopo la fine dell’Impero Romano, fu una città portuale di grande importan-za anche per diverse popolazioni che ne seguirono. Nel XI secolo,

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6120

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olline Pisane

Pisa divenne una delle quattro Repubbliche Marinare Italiane, in-sieme a Genova, Venezia e Amalfi. Per gran parte del Medioevo, la potente marina pisana, assicurò alla città il dominio del Mediterra-neo Occidentale. Grazie a questo iniziarono le costruzioni, che han-no resa unica e famosa la città, del Duomo e il suo campanile e la Torre Pendente. Pisa è anche la città natale di Galileo Galilei, astronomo, fisico, matematico e fondatore del metodo sperimen-tale. La delegazione Storica di Pisa fu fondata dal Cavalier Ven-turini, e insieme all’amico Bruno Jannet contribuirono allo sviluppo territoriale della Fisar, momenti sicuramente fervidi e pieni di atti-vità legate alla ristorazione ed alla viticoltura locale. La delegazione si è impegnata negli anni a creare manifestazioni che ancora oggi sono all’avanguardia nel pano-rama provinciale come Pisa Vini che fu ideata dalla Delegazione nel 1997, che ad oggi la provincia a ribattezzato come Pisa Unica Terra. Altre manifestazioni sono:• Merum Nostrum, vini del Mediterraneo• I Bianchi in Banchi • Le quattro Repubbliche Marinare, nell’ambito del Giugno Pisano.La delegazione di Pisa ha al suo attivo due Sommelier dell’anno Trofeo Calp, Luca Barsanti nel 1994 e Angelo Catenacci nel 1996.

Uno sguardoin cucina….Possiamo dire che la gastronomia Pisana ha come base le classiche ricette tradizionali Toscane che ci sono state tramandate da seco-li, dalla cucina popolare a quella eseguita alla Corte dei Medici ma facendo un analisi più approfondi-

ta vediamo che ci sono delle par-ticolarità che spiccano valorizzan-do maggiormente la provincia.Le specialità spaziano molto e la conformazione territoriale aiuta in questo. Partendo dalla costa pos-siamo dire che grazie all’influenza storica dei commerci legati alla città, come Repubblica Marinara, c’è stata una maggiore creatività legata alle preparazioni a base di pesce. La reperibilità delle materie prime è un altro fattore determi-nante, le famose “Arselle” (mollu-schi) che si trovano nelle spiagge di Marina di Pisa sono un’ autenti-ca espressione di quello che la na-tura può offrirci e di come, prepa-rate con semplici spaghetti sono un piatto che può dare incredibili emozioni gustative.Altra particolarità che si tro-va proprio qui a “Boccadarno”, antico modo di chiamare Marina di Pisa, sono le “Cèe” (avannot-ti dell’anguilla), che arrivano dal mare verso la fine dell’inverno e risalgono la foce del fiume Arno. Sono attualmente protette per-tanto non è possibile pescarle ma l’antica ricetta “Cèe alla Pisana” è una testimonianza delle nostre tradizioni.Altri pesci utilizzati nella cucina del territorio sono: il muggine del-la foce dell’Arno cucinato alla gri-glia, il pesce ragno bollito e il bac-calà o stoccafisso in agrodolce.Andando verso l’interno della provincia fino ad arrivare alla zona di Riparbella continuando fino a Orciatico e Volterra, qui il territorio assume tutt’altro aspetto, abbia-mo dei bellissimi boschi dove la cacciagione fa da padrona incon-trastata, pertanto tutti i piatti a base di selvaggina come il fagia-no, il germano reale, il cinghiale e la lepre sono alcune delle massi-me rappresentazioni della cucina Pisana. Ottimi i sughi preparati

con il cinghiale e la lepre dove la

struttura e la consistenza degli

stessi offre abbinamenti soprat-

tutto con il Sangiovese. Sempre

in questa zona ci sono delle inte-

ressanti produzioni di formaggi,

principalmente pecorini.

Andando verso la campagna pi-

sana interna incontriamo le Col-

line Samminiatesi, qui troviamo il

famoso Tartufo Bianco, il Tuber

Magnatum Pico, il Cibo dei Re,

il fungo sotterraneo più pregiato,

che si trova, a pochi centimetri di

profondità, in un numero limita-

to di aree predilette dalla natura.

Scriveva Brillat Savarin: “il tartufo

può rendere le donne più tenere e

gli uomini più amabili”. In questa

terra si trovano dei tartufi molto

pregiati, questa particolarità è

data sia per la fertilità dei boschi,

ma anche dall’accurata attività

di raccolta che viene eseguita, la

quale è regolata da un severo di-

sciplinare di produzione e da una

legge regionale che ne definisce

le modalità di raccolta e di com-

mercializzazione.

La stagione di raccolta è breve, si

distribuisce fra i mesi di ottobre,

novembre e dicembre, la produ-

zione è limitata.

Durante il mese di novembre e

precisamente negli ultimi tre fine

settimana la Città di San Miniato

si apre al pubblico offrendo uno

spettacolo imperdibile per la mo-

stra di questi bellissimi tuberi. I

piatti preparati per l’abbinamento

con il tartufo bianco sono quelli

canonici come i tagliolini, la fon-

duta o le uova che esaltano parti-

colarmente le sensazioni olfattive

del tartufo.

Concludendo possiamo affermare

che la provincia di Pisa offre mol-

teplici pecularietà che dovremmo

assolutamente conoscere.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 121

speciale Toscana

Tenute Silvio NardiMoscadello di Montalcino Doc Vendemmia tardiva 2007Moscato.Molto limpido, giallo dorato, molto intenso, molto fine, schietto con frutta gialla matura in evidenza albicocca e pera, fiori gialli e note balsamiche. Caldo, pastoso, con buona acidità molto persistente, avvolgente ed elegante.www.tenutenardi.com

Franco Biondi SantiBrunello di Montalcino DocgTenuta il Greppo 2004Sangiovese grosso.Limpido e profondo, rosso rubino carico. Netto, molto intenso con floreale di rosa. Fragrante con marasca e prugna matura, leggera mineralità. Caldo, strutturato buona acidità e tannini in evidenza già evoluti, note leggere di legno grande,

equilibrato di lunga persistenza aromatica, sapido, sicuramente longevo.www.biondisanti.it

Tenimenti AngeliniBrunello di Montalcino DocgVigna Spuntali 2004Sangiovese grosso.Limpido e trasparente. Rosso rubino tendente al granato. Netto, molto intenso piacevole di frutta matura e cotta in armonia con le note speziate di pepe.Molto caldo, strutturato, di corpo. Elegante nei tannini maturi con sapidità accentuata, molto equilibrato.www.valdisuga.it

Az. Agr. AltesinoBrunello di Montalcino DocgVigna Montosoli 2005Sangiovese grosso.Limpido, rosso rubino aranciato

all’unghia. Caratteristico, molto intenso con sentori di viola, piccoli frutti maturi di sottobosco, gradevole speziatura di liquirizia e vaniglia. Molto caldo, leggermente tannico con buon equilibrio alcol-acidità, sapido e molto persistente.www.altesino.it

Az. Agr. AlbereseMorellino di Scansano DocBarbicato 2006Sangiovese ed altri a bacca rossa.Limpido, trasparente con riflessi aranciati. Intenso persistente, netto. Fruttato nelle note di sottobosco mature e dolci. Ribes e prugna in evidenza, leggermente speziato e minerale. Elegante. Molto caldo, strutturato anche carnoso, equilibrato con tannino evoluto. Sapido e molto persistente.www.alberese.com

122

spec

iale

Tosca

na Degustando

Una commissione di degustatori Fisar Valdichianaha degustato e selezionato questi vini, espressione del vitigno Sangiovese, nelle rispettive zone di produzione

senza tralasciare gli altri vitigni che hanno fatto la storia delle loro denominazioni

Foto a cura di Diego Ciminaghi

Fazi BattagliaMorellino di Scansano DocgGreto delle Fate 2009Sangiovese ed altri a bacca rossa.Limpido e trasparente.Rosso rubino carico. Al naso complesso, intenso con frutta matura in evidenza tipico del vitigno. Leggero il tono floreale, piacevole. Caldo, robusto con la vena acida in evidenza, giustamente tannico e buona sapidità, molto persistente.www.fazibattaglia.it

Tenute FolonariMontecucco DocVigne a Porrona 2007Sangiovese, Cabernet, Syrah.Limpido, poco trasparente per grande estrazione polifenolica.Rosso rubino carico, profondo.Floreale e fruttato con frutta matura rossa, speziatura dolce ed elegante. Di corpo, caldo, leggermente tannico, persistente e sapido.www.tenutefolonari.com

Az. Agr. Le SediciMonteregio di Massa Marittima Doc - Rosso 2009Sangiovese, Cabernet.Limpido, trasparente.Rosso rubino, intenso, floreale di violetta selvatica con evidenza di marasca e prugna, lieve nota vegetale. Di corpo, caldo, leggera dominanza acida, pulite le componenti tanniche. Sapido e [email protected]

Fattoria di SorbaianoMontescudaio Doc 2006Rosso delle Miniere

Sangiovese, cabernet franc, malvasia nera.Rosso rubino carico, limpido. Complesso e molto intenso, speziato e fruttato di ciliegia matura e prugna, piccoli frutti rossi buona mineralità. Molto caldo, rotondo con evidenza di tannini giovani, coperti da una grande alcolicità, buona sapidità, molto persistente.www.fattoriadisorbaiano.it

Tenuta di GhizzanoToscana rosso Igt 2006VenerosoSangiovese, Cabernet Sauvignon.Limpido di un bel rosso rubino carico, unghia appena granata. Molto intenso, persistente con frutta rossa matura tendente a confettura, buona mineralità, note vegetali, leggera speziatura.Di corpo, caldo, carnoso piacevolmente tannico, sapido molto persistente.www.tenutadighizzano.com

Podere la RegolaMontescudaio Doc 2006La RegolaCabernet franc.Limpido e denso, si presenta netto, persistente, con frutti rossi di sottobosco maturi caratteristico, speziatura elegante con pepe in evidenza e piacevoli note vegetali. Molto caldo, pastoso, di gran stoffa, buon equilibrio alcool-tannino, fresco e persistente. Sapido.www.la regola.com

Tenuta di PoggioToscana Rosso Igt 2007Cosimo

Sangiovese.Limpido e trasparente. Rosso rubino leggermente aranciato.Molto intenso, caratteristico di sangiovese, fragrante per il connubio viola mammola e frutti rossi maturi, in evidenza la susina, sentori di legno pulito. Caldo, robusto, equilibrato nella parte acido-tannica, di struttura; la sapidità bilancia la componente alcolica per un buon fin di bocca.www.cosimomariamasini.it

Badia di MorronaSangiovese di Toscana Igt 2006Vigna altaSangiovese.Limpido, poco trasparente.Rosso rubino carico con leggero riflesso aranciato.Netto, persistente, caratteristico di viola con frutta rossa matura e confettura; speziatura elegante con evidenza di vaniglia e pepe. Molto caldo, pastoso, di grande stoffa, buon equilibrio tra alcol e tannino, acidità vestita, molto persistente.www.badiadimorrona.it

Fattoria di FibbianoChianti superiore Docg Casalini 2009Sangiovese, Canaiolo.Molto trasparente, rosso rubino vivace. Intenso, floreale di mammola e fruttato di susina e prugna mature, quasi vinoso. Di corpo, caldo, con acidità pronunciata, giustamente tannico, persistente. www.fattoria-fibbiano.it

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speciale Toscana

Az. Ag. Casale FalchiniFalchini Metodo ClassicoVernaccia, Chardonnay, Pinot Nero.Brillante e trasparente di un giallo paglierino con riflessi dorati, perlage molto fine e persistente. Al naso intenso, complesso, con frutta bianca e piacevoli note di tostato, mandorla amara e burro. È caldo, di corpo, fresco vivo, piacevole la spalla acida a corredo dell’equilibrio, molto persistente.www falchini.com

Az. Ag. RubiciniVernaccia di San Gimignano Docg 2008 ETHEREA.Vernaccia, Chardonnay 5%.Giallo paglierino carico, cristallino; al naso intenso e complesso con note fruttate di mela e pesca bianca, speziatura leggera di vaniglia e note di ananas.Caldo, equilibrato nella componente alcol-acidità, sapido, molto persistente.www rubicini.com

Az. Biagini ManricoVernaccia di San Gimignano Docg 2008 Ris. SignanoVernaccia.

Limpido, di un giallo dorato con riflessi oro vivo. Al naso intenso, complesso, persistente con frutti bianchi leggermente maturi, piacevole la componente di legno tostato con sentori di vaniglia e cannella. Molto caldo, carnoso, fresco per una moderata acidità, sapido, piacevole ed elegante il fin di bocca.www.casolare di bucciano.com

Fattoria del ColleOrcia rosso Doc 2007 CenerentolaSangiovese fogliatonda.Limpido, rosso rubino con riflessi leggermente aranciati. Intenso, netto con fruttato di frutta rossa matura e sottobosco, molto persistente ed elegante.Strutturato, molto caldo, fresco con la componente tannica presente e garbata, molto persistente.www.cinellicolombini.it

Az. Ag. La CanonicaOrcia rosso Doc 2007 DongiovanniSangiovese, Colorino 10%.Limpido e trasparente di un rosso rubino carico,

profondo. Al naso intenso, floreale di viola mammola, eleganti note di frutta rossa matura e sottobosco, speziatura leggera e dolce. Robusto, rotondo, equilibrato con tannino ancora presente, buona acidità, sapido, lungo in fin di bocca.www.canonicaholiday.com

Vecchia Cantina di MontepulcianoValdichiana Doc 2009Bianco vergine Poggio StellaTrebbiano, Malvasia, Viogner.Cristallino, Giallo paglierino tenue con riflessi verdognoli. Al naso fragrante con sentori di biancospino e tiglio, frutta bianca acerba con pesca in evidenza. Caldo, fresco vivo con leggera dominanza acida, sapido; molto persistente, piacevole.www.vecchiacantinadimontepulciano.it

Fattoria di Santa VittoriaValdichiana DocVinsanto 2003Trebbiano, Malvasia, Grechetto.Limpido, Trasparente. Giallo ambrato con riflessi dorati. Molto complesso, persistente con profumi

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spec

iale

Tosca

na

netti di frutta caramellata e fichi secchi, note speziate dolci, legno caratteristico di caratello, pulito ed etereo.Molto caldo, robusto, carnoso, si ritrovano le note mielate molto piacevoli, leggera sapidità, molto persistente.www.fattoriasantavittoria.com

Az. Agr. La CalonicaCortona Doc SangioveseGirifalco 2007Sangiovese, Merlot, Cabernet.Limpido, poco trasparente.Rosso rubino carico. Intenso, penetrante con richiami alla viola, piacevoli i sentori di sottobosco maturi, leggera nota vegetale e speziata. Di corpo, caldo, piacevole seppur con acidità marcata, giustamente tannico, persistente.www.lacalonica.com

AvignonesiCortona bianco DocIl Marzocco 2009 ChardonnayChardonnay.Brillante, trasparente. Giallo paglierino dorato all’unghia.

Complesso, molto intenso, piacevole il frutto bianco maturo, soprattutto pesca con note tostate in evidenza e finale floreale gradevole. Caldo, robusto di grande equilibrio alcol-acidità, sapido. Lunga persistenza aromatica.www.avignonesi.it

Poggio alla SalaVino Nobile di Montepulciano DocgPoggio alla Sala 2007Prugnolo Gentile, Canaiolo nero.Limpido, trasparente. Rosso rubino con riflessi granato.Netto, complesso per le note floreali della viola mammola e frutta rossa matura di susine che si legano alla tostatura del legno con speziatura dolce.Di corpo e robusto mette in evidenza la parte alcoolica e sapida, equilibrio acido con piacevole vena tannica.www.poggioallasala.it

Az. Agr. PolizianoVino Nobile di Montepulciano DocgAsinone 2006

Sangiovese.Limpido, brillante. Rosso rubino tendente all’aranciato. Intenso, penetrante, schietto.Ampio ventaglio odoroso di spezie e cuoio, confetture di frutta rossa e piacevoli note minerali. Molto caldo, robusto, tannicità elegante e buona acidità. Equilibrato, molto persistente.www.carlettipoliziano.com

Cantine Vittorio InnocentiVin Santo Toscano Vino da tavola 1995Grechetto, Malvasia.Limpido, denso, poco trasparente.Colore ambrato con riflessi oro antico. Complesso, intenso, fine.Si percepiscono prevalentemente le note di fichi appassiti, mielato e frutta secca, boisé. Caldo, pastoso, morbido, piacevolmente acido per un residuo zuccherino elevato, molto persistente, sapido, chiude con miele e caramello piacevoli.www.cantineinnocenti.it

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speciale Toscana

Il vino di cui ci occuperemo in questo articolo fa parte di quella ristretta cerchia di vini il cui nome

ispira subito curiosità: il “Pagadebit”. E diciamo subito che mettere il nome a un vino con un suffisso così singolare è anche un buon mezzo pubblicitario. In uno scaffale tra tanti vini con nomi noti e meno noti questo sicuramen-te ti fa soffermare sull’etichetta, attira l’attenzione. Il nome Pagadebit però ha anche un motivo storico, anzitutto in dialetto romagnolo significa “paga-re i debiti” ed è strettamente legato al suo vitigno: il Bombino Bianco. Questo ha la caratteristica di essere un vitigno molto resistente e fertile, resiste a qual-siasi condizione climatica e quindi as-sicura sempre una vendemmia certa, anche in annate difficili.Di debiti da pagare, o da dimenticare, in campagna ce ne sono sempre e per questo pare che il Pagadebit aiutasse a saldare i debiti contratti per la coltu-ra del vigneto, o più simpaticamente a dimenticare, scolandosene forse qual-che bottiglia. Le origini di questo vitigno sono pro-babilmente spagnole e in Italia lo tro-viamo con una discreta diffusione nella parte centro meridionale con partico-lare riguardo al Lazio e alla Puglia. In

Emilia Romagna, considerato un viti-gno minore ha rischiato negli anni ‘60 l’estinzione, ma come succede spes-so, la caparbietà di alcuni produttori ha fatto sì che da pochi filari in cui si era ridotto si arrivasse a una produzione di tutto rispetto. Al 2006 risultavano 637 ettari coltivati. I migliori risultati con il Bombino bianco si ottengono in pianu-ra rispetto ai terreni collinari.La DOC Pagadebit di Romagna na-sce nel 1988 e comprende la fascia collinare del ravennate, riminese e il forlivese-cesenate, in particolare nei comuni di Bertinoro e Castrocaro Terme. La zona che rappresenta me-glio questo prodotto di nicchia è quella di Bertinoro. Bertinoro è una cittadina romagnola in posizione elevata e pa-noramica che dà sulla pianura, si serra nella sua parte più antica, attorno ad un colle, che conserva ancora il carat-teristico aspetto medioe-vale con le mura erette da Papa Alessandro VI.Il disciplinare prevede al-meno l’85% del Bombino Bianco e per la rimanente percentuale vitigni a bac-ca bianca autorizzati dal-le province di Ravenna e Forlì. Si producono due ti-

pologie: Secco e Amabile ed è prevista una sotto-denominazione “Bertinoro” per i vini prodotti in quel comune. È prevista infine anche una limitata pro-duzione di una versione Frizzante.Il colore del Pagadebit è giallo paglie-rino con riflessi verdolini e il suo profu-mo ricorda sentori floreali, in particolar modo quelli del biancospino, mostra a volte una classe paragonabile a quella dell’Albana, con maggiore fruttato che bilancia il sottofondo di mandorle.È un vino di grande versatilità, che lo rende pronto a diverse esigenze. Infatti la versione secca è indicata con anti-pasti delicati di prosciutto e culatello, uova, verdure, pesce e crostacei, con le minestre quali, passatelli, tortellini; così pure con formaggi teneri e freschi. La versione amabile o frizzante è più indicata invece per il fine pasto, soprat-tutto con pasticceria secca e da for-

no, torta di riso, crostate di frutta bianca e dolci al cucchiaio delicati e poco elaborati.Tra le bottiglie più inte-ressanti ci sono il Vigna delle Rose del Podere Vecciano e il San Pascasio dell’azienda Campo del Sole di Bertinoro.

È da sempre stato considerato una moneta di scambio per crediti e debiti

Il vino emiliano dei contadini: il Pagadebit

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“di Luca Iacopini e Massimo Bracci

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

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Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 127

news dall'Italia

È apparsa sullo schermo gigante nel Teatro degli Astrusi a

Montalcino collegata in diretta video dalla Città delle Stelle (nei

pressi di Mosca), l’astronauta ESA Samantha Cristoforetti

per ricevere virtualmente sabato 18 settembre il Premio

“Casato Prime Donne” 2010, come personaggio emblema-

tico di una femminilità positiva, vincente, attuale ma soprattut-

to costruita sul merito. Durante la premiazione Rosy Bindi,

Vicepresidente della Camera

dei Deputati e componente del-

la Giuria ha offerto al Tenente

Cristoforetti un’ampollina con-

tenente Brunello di Montalcino

con l’invito a portarlo in missio-

ne con lei. L’astronauta, sem-

plice nella sua divisa, sorridente

per la gioia del Premio, con gli

occhi illuminati quando le han-

no nominato il suo Trentino,

ha voluto soddisfare la curiosità

dei partecipanti rispondendo

ad alcune domande poste da Stefania Rossini giornalista com-

ponente della Giuria del Premio Casato Prime Donne, premio

voluto da Donatella Cinelli Colombini, titolare della cantina

tutta al femminile di Montalcino.

Come ci si trova ad affrontare lo spazio, un ambiente

estraneo alla maggior parte della gente?

Certamente poter esplorare lo spazio è una sfida, sia fisica che

mentale. Come astronauti siamo una “punta dell’iceberg” co-

stituito da molti altri professionisti che si dedicano alla scoperta

dell’universo, attraverso studi e ricerche. Noi, andando fisica-

mente al di fuori del pianeta, manteniamo vivo l’interesse per la

grande avventura che è quella degli esseri umani nello spazio.

Nella vostra missione, tra i sogni di astronauta, c’è la

speranza di trovare altri mondi, con forme di vita simili

alla nostra?

L’esplorazione dello spazio da parte degli astronauti è pensabi-

le oggi limitatamente a corpi celesti prossimi alla Terra, dove si

potranno forse trovare forme molto semplici di vita.

Gli strumenti di esplorazione remota dello spazio, tuttavia, ci

permettono oggi di individuare pianeti in sistemi solari lontani

dal nostro. E forse in futuro si scopriranno pianeti ‘abitabili’,

ovvero potenzialmente adatti a supportare forme di vita com-

plesse simili alla nostra.

Oggi è stata premiata da

una cantina di Montalcino,

pertanto la domanda è

d’obbligo. Cosa mangerete

in viaggio? Ma soprattutto

cosa berrete, nelle occasio-

ni speciali potrete degustare

un buon vino?

Purtroppo l’alcol è bandito sul-

la stazione spaziale, pertanto

pasteggeremo sempre e solo

ad acqua. Qualche astronau-

ta buongustaio sta cercando di migliorare la qualità del cibo,

ma è certo che, se potrò, porterò in missione l’ampollina di

Brunello di Montalcino che mi è stata offerta. Ringrazio la Giuria

e Donatella Cinelli Colombini per avermi scelta per questo

prestigioso premio, che devolverò all’Associazione Women in

Aerospace – Europe per permettere la partecipazione a valenti

ricercatrici a convegni scientifici.

La Vicepresidente della Camera Rosy Bindi ha concluso

il collegamento affermando: “Dall’incontro via internet è emer-

so il valore di questa donna di talento. La sua vita parla da

sola. Oggi si è vista l’umanità e il coraggio nella carriera milita-

re. Inoltre, il fatto che questa giovane astronauta italiana, se-

lezionata tra 8500 candidati selezionati dall’Agenzia Spaziale

Europea, abbia devoluto il Premio ad altre giovani è una scelta

significativa. Come lo è la promessa che, se sarà possibile, por-

terà il Brunello su altri pianeti, non per berlo ma per portarlo nel

futuro.”

Dalla Città delle stelle in Russia Samantha Cristoforetti incanta Montalcino e devolve il premio Casato Prime Donne all’associazione Women in Aerospace (WIA) Rosy Bindi, vicepresidente della Camera dei Deputati, offre al tenente una ampollina con il Brunello di Montalcino da portare nello spazio

Notizia inviata da Marzia Morganti Tempestini - Ufficio stampa Az. Agr. Donatella Cinelli Colombini

Per maggiori informazioni: Donatella Cinelli Colombini Az. Agr. - Casato Prime Donne Montalcino - Fattoria del Colle Trequanda

Dr. Alessia Bianchi - 0577 662108 - [email protected] - Ufficio stampa - Marzia Morganti Tempestini - 3356130800 [email protected]

www.cinellicolombini.it/wpi

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news dall'Italia

Mercoledì 16 giugno 2010 presso

la Trattoria Doria, nella splendida

cornice del ricetto di Candelo, antico

borgo medioevale, alle porte di Biella,

si è tenuta l’assemblea dei soci per

la consegna degli attestati ai nuovi

sommelier della delegazione di Biella

unitamente ai corsisti di 1°livello a cui si

è consegnato l’attestato di frequenza.

I nuovi sommelier della delegazione

sono: Alpino Claudio, Canton Fiorenza,

Carta Giuseppe, Castaldelli Corrado,

Corda Elvio, Decci Mirko, Deiro

Corrado, De Rossi Eliseo, Iapichino

Barbara, Mazzia Paolo, Mosca

Giuliana, Passarella Erika, Ruschena

Riccardo, Zerbola Adriano.

A tutti i neo sommelier sono stati

formulati i migliori auguri per il

traguardo raggiunto, e ai corsisti

di primo livello l’augurio di

completare il percorso formativo

A Biella si consegnano gli attestati

Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6128

Nel suggestivo contesto della Fortezza Vecchia, cuore storico della città di Livorno e porta della Toscana sul Mediterraneo, il 12 e 13 giugno 2010 la Delegazione di Livorno della FISAR ha ideato, progettato e realizzato una grande manifestazione che per la prima volta ha radunato in un unico contesto i produttori ed i vini di tutta la Provincia.Questa, composta dalla costa “degli Etruschi”, tra Livorno e Piombino, e dal-le Isole d’Elba e Capraia, si caratteriz-za per produzioni di eccellenza note in tutto il mondo. È il territorio di Bolgheri, che, con il Sassicaia, ha fatto da “apripi-sta”, ma poi è stato seguito dalla Val di Cornia, in particolare con l’area privile-giata intorno a Suvereto, dall’Elba, con la valorizzazione del vitigno Aleatico, ed infine, con l’ultima DOC nata, dal Terratico di Bibbona, che copre un ter-ritorio un po’ eterogeneo ma in gran-de sviluppo da Bibbona a Cecina, da Rosignano a Collesalvetti.A MareDiVino hanno aderito quasi 60 produttori, piccole realtà e grandi azien-de: così, alla grande degustazione al banco si sono potuti assaggiare e con-frontare i vini prodotti nei diversi terroir della Costa e delle isole, ed anche all’in-terno delle singole zone – identificate dalle DOC di riferimento: Terratico di Bibbona, Bolgheri, Val di Cornia, Elba – si sono potute percepire le differenze di suoli, climi e sistemi produttivi. La presenza personale di molti produt-tori, anche di quelli che per la presen-tazione dei propri vini hanno richiesto un sommelier, ha consentito loro di incontrare direttamente appassionati ed operatori, per comunicare passione e produzione, ma anche di girare tra le postazioni dei colleghi per assaggiare e confrontarsi. Nell’ambito della manifestazione si è

tenuto un nuovo ed originale concor-so enologico a “giuria popolare” e va-rie degustazioni tematiche guidate alla scoperta di singoli territori o vitigni.Alla cena del sabato sera, curata da Maurizio Marchisio dell’Enoteca VYNO, è stata creata un’ulteriore vetrina per i prodotti delle aziende aderenti: i com-mensali hanno potuto scegliere di abbi-nare ai piatti uno o più dei cinquanta vini della Provincia di Livorno serviti a buffet ed illustrati dai sommelier FISAR.In Fortezza, poi, all’Enoteca sulla Terrazza dei Grani è nata da MareDiVino una vetrina permanente dei prodotti del territorio della Provincia di Livorno: il passaggio dal porto della città di quasi un milione di crocieristi ogni anno non può lasciare indifferenti i produttori, che hanno iniziato a lasciare le bottiglie dei propri vini perché siano acquistate e portate in tutto il mondo come “souve-nir” del territorio livornese e toscano.Con MareDiVino la FISAR Livorno ha voluto realizzare il proprio scopo asso-ciativo, che principalmente è quello di diffondere e valorizzare la cultura eno-logica e promuovere il vino di qualità come prodotto della terra e del lavoro dell’uomo. Così, preso atto dell’esistenza sul terri-torio livornese di vini divenuti emblema di eccellenza a livello nazionale ed in-ternazionale, l’associazione ha deciso di creare un’occasione sistematica di presentazione nella città capoluogo dei prodotti e dei produttori dell’intera pro-vincia.L’apprezzamento dei produttori e dei visitatori è stato corale, sia pure con qualche suggerimento per migliorare: un incoraggiamento a lavorare subito per la seconda edizione di MareDiVino nella Primavera 2011, cui tutti sono in-vitati fin da ora.

LE AZIENDE PARTECIPANTIZona TERRATICO DI BIBBONA: Agrilandia; Caiarossa; Castello del Terriccio; Colli Etruschi; Dolci Ricordi; Elisabetta; Fattoria Kappa; Ferrari Iris & Figli; Leopoldo I di Toscana; Sada; Villa Caprareccia - BOLGHERI: Argentiera; Batzella; Caccia al Piano 1868; Campo alla Sughera Knauf; Di Vaira Vincenzo; Castello di Bolgheri; Donna Olimpia 1898; Eucaliptus; Grattamacco – Collemassari; Greppi Cupi; Guado al Tasso; I Luoghi; La Cipriana; Le Grascete; Le Macchiole; Giorgio Meletti Cavallari; Podere Sapaio; Poggio alle Querce; Enrico Santini; Michele Satta; Tenuta dell’Ornellaia;Tenuta San Guido - VAL DI CORNIA: Agricola Le Querce; Brancatelli; La Bulichella; Giomi-Zannoni; Gualdo del Re; Il Falcone; Incontri; La Fralluca; Macchion dei Lupi; Petra; Petricci e Del Pianta; Podere San Luigi; Poggio Rosso; Rigoli; Rubbia al Colle – Muratori; Sant’Agnese dei F.lli Gigli; Terradonnà; Tua Rita; Tuttisanti; Valdamone - ELBA: Acquabona; Fattoria Delle Ripalte; Mola - CAPRAIA: La Piana

UN NUOVO MODELLO DI CONCORSO ENOLOGICO: “ROSSO BUONO PER TUTTI”Nell’ambito della manifestazione MareDiVino si è svolto il primo concorso “Rosso buono per tutti”.L’idea alla base del Concorso è stata quella di sottoporre al giudizio non di tecnici, ma di consumatori, i vini rossi prodotti dalle aziende della Provincia di Livorno reperibili nelle enoteche ad un prezzo non superiore ai 16 €. Il vino di maggior consumo, quello destinato ad accontentare un pubblico ampio, atten-to ma non necessariamente specializza-to, il vino “base”, sebbene tutti i prodotti

La FISAR di Livorno e MareDiVino

in famiglia

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news dall'Italia

Mercoledì 16 giugno 2010 presso

la Trattoria Doria, nella splendida

cornice del ricetto di Candelo, antico

borgo medioevale, alle porte di Biella,

si è tenuta l’assemblea dei soci per

la consegna degli attestati ai nuovi

sommelier della delegazione di Biella

unitamente ai corsisti di 1°livello a cui si

è consegnato l’attestato di frequenza.

I nuovi sommelier della delegazione

sono: Alpino Claudio, Canton Fiorenza,

Carta Giuseppe, Castaldelli Corrado,

Corda Elvio, Decci Mirko, Deiro

Corrado, De Rossi Eliseo, Iapichino

Barbara, Mazzia Paolo, Mosca

Giuliana, Passarella Erika, Ruschena

Riccardo, Zerbola Adriano.

A tutti i neo sommelier sono stati

formulati i migliori auguri per il

traguardo raggiunto, e ai corsisti

di primo livello l’augurio di

completare il percorso formativo

A Biella si

Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 129

presentati fossero di qualità tale da non

poter essere costretti in una definizione

del genere.

Le molte aziende partecipanti a

MareDiVino hanno entusiasticamente

aderito all’iniziativa: erano ben 45 i vini

in concorso, suddivisi in quattro batte-

rie, e rappresentativi di tutte le zone a

vocazione vinicola della Provincia. Ogni

“giurato” ha indicato tre vini tra quelli

degustati, rigorosamente alla cieca: i tre

che più lo hanno colpito, i tre che ha

ritenuto “i più buoni”.

A laurearsi vincitore per questa pri-

ma edizione una giovane ma attiva

azienda di Rosignano Marittimo, la

Fattoria Kappa. Presentava il suo IGT

Kappatoscana 2008, blend di cabernet

sauvignon, merlot ed altri vitigni sapien-

temente assemblati dall’enologo Andrea

Di Maio, nella foto premiato dal Delegato

Mario Albano, dal Consigliere Nazionale

Filippo Terrasini e dal Responsabile del

Concorso, Luca Canapicchi.

Piazza d’onore per il Poggio a’ Bugni

2007 dell’Azienda Valdamone di

Suvereto, IGT Toscana a prevalenza

merlot, con saldo di cabernet sauvi-

gnon e syrah. Terza piazza in condi-

visione per il bolgherese Borgeri 2008

di Giorgio Meletti Cavallari - cabernet

sauvignon in prevalenza, merlot e syrah

- e per il Pergolaia 2006 IGT Toscana

dell’azienda Caiarossa di Riparbella, ot-

tenuto da vigneti in larga parte ricaden-

ti nella provincia labronica impiantati a

sangiovese, con piccoli saldi di merlot e

cabernet franc.

Notevole, comunque, la qualità di tut-

ti i vini in concorso. L’auspicio è che

l’evento divenga un appuntamento fis-

so ogni anno, e che le aziende conti-

nuino a crederci come hanno fatto per

questa edizione, ambendo ad ottenere

il titolo di “Rosso Buono per Tutti” come

riconoscimento di una scelta di qualità applicata a tutti i vini delle loro gamme.LE DEGUSTAZIONI GUIDATEVermentino della Costa Etrusca:Kalendamaia 2009 - Sant’Agnese; Obizzo 2009 - Donna Olimpia 1898; Tuscanio Bianco 2009 - La Bulichella; Vermentino 2009 - Agricola Sada; Bianco delle Ripalte 2009 - Fattoria

delle Ripalte; Vermentino 2009 – Antinori; Grattamacco bianco 2009 – Grattamacco; Valentina 2009 – Gualdo

del Re; Stradivino 2009 – Rigoli

Terratico di Bibbona Rosso: Sangiovese 2008 - La Tanna; Il Callare Sangiovese 2008 - Azienda Agricola

La Cerretella; Penso 2008 – Ferrari

Iris; Lenaia 2008 - Casa di Terra; Filari Dorfino 2007 - Villa Caprareccia; Mistobosco 2007 - Massimo Ciarcia; Riserva 2007 - Casa di Terra; Rubin Del Re 2006 - Colli Etruschi

Bolgheri Superiore a confronto (con Ernesto Gentili): Argentiera 2007 - Argentiera; Arnione 2007 - Campo alla

Sughera; Castello di Bolgheri 2007 - Castello di Bolgheri; Grattamacco 2007 - Grattamacco Collemassari; Gualdo al Tasso 2007 - Tenuta Gualdo al Tasso;

Millepassi 2007 - Donna Olimpia 1898; I Castagni 2007 - Michele Satta; Ornellaia 2007 - Tenuta dell’Ornellaia; Sassicaia 2007 - Tenuta San Guido; Paleo 2007 IGT Toscana - Le Macchiole

I Grandi rossi della Val di Cornia (ben 13 vini):Sancerbone 2007 - Agricola Le Querce; Cabernet Sauvignon 2007 - Tuttisanti; Valle del Sogno 2007 - Giuseppe

Brancatelli; Coldipietrerosse 2006 - La

Bulichella; Fidenzio 2006 - Podere San

Luigi; I’Rennero 2006 - Gualdo del

Re; Petra 2006 IGT Toscana - Petra; Velthune 2006 - Poggio Rosso; Vallin dei Ghiri 2006 - Il Falcone; Buca di Cleonte 2006 - Petricci e Del Pianta; Vigna Molisso 2004 - Rubbia al Colle Muratori; Spirto 2004 (IGT) - Sant’Agnese

L’Aleatico:Aleatico 2009 - La Bulichella; “Amansio” Aleatico Val di Cornia 2008 - Gualdo del

Re; “Stillo” Aleatico Passito Val di Cornia 2008 - Petricci e Del Pianta; Aleatico Passito “Cristino” 2008 - La Piana

Capraia; Aleatico dell’Elba 2007 - Mola; Aleatico dell’Elba 2006 - Acquabona; “Alea Ludendo” Aleatico dell’Elba 2006 - Fattoria Delle Ripalte.

in famiglia

Notizia inviata dalla Delegazione di Livorno

130

news dall'Italia

Mercoledì 16 giugno 2010 presso

la Trattoria Doria, nella splendida

cornice del ricetto di Candelo, antico

borgo medioevale, alle porte di Biella,

si è tenuta l’assemblea dei soci per

la consegna degli attestati ai nuovi

sommelier della delegazione di Biella

unitamente ai corsisti di 1°livello a cui si

è consegnato l’attestato di frequenza.

I nuovi sommelier della delegazione

sono: Alpino Claudio, Canton Fiorenza,

Carta Giuseppe, Castaldelli Corrado,

Corda Elvio, Decci Mirko, Deiro

Corrado, De Rossi Eliseo, Iapichino

Barbara, Mazzia Paolo, Mosca

Giuliana, Passarella Erika, Ruschena

Riccardo, Zerbola Adriano.

A tutti i neo sommelier sono stati

formulati i migliori auguri per il

traguardo raggiunto, e ai corsisti

di primo livello l’augurio di

completare il percorso formativo

A Biella si consegnano gli attestati

Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6130

in famiglia

Notizia inviata da Antonio De Vitiis – Coordinatore Delegazioni Nord Est

Anche se è trascorso molto tempo, ci

appare doveroso ricordare la grandio-

sa Manifestazione che ha avuto luogo

il giorno 12 maggio nei maestosi e

spettacolari Saloni Adriatico e Laguna,

all’interno della storica ed affascinante

cornice del Casinò, al Lido di Venezia.

Vogliamo porre l’accento sull’impe-

gnativa e prestigiosa partecipazione

della FISAR Nord Est all’Evento inter-

nazionale Poster “Wine & Cheese”,

nell’ambito del 39th CIESM Congress

“The Mediterranean Science

Commision, presieduto da S.A.S.

il Principe Alberto II di Monaco. Le

Delegazioni FISAR del NordEst sono

state rappresentate da tre Dirigenti

Nazionali e dai Delegati del Veneto-

Friuli, assieme a venti Sommelier che

hanno proposto e fatto degustare i

vini di 30 importanti Aziende vitivinico-

le ai circa novecento partecipanti tra

Congressisti, Delegazioni Governative

e Giornalisti, in rappresentanza dei

Paesi del Bacino del Mediterraneo e

del Mar Nero.

Con gran piacere abbiamo riscontra-

to la esplicita soddisfazione dei con-

venuti che, attorno a tavole signoril-

mente imbandite e in un’atmosfera

affascinante e gioiosa, hanno felice-

mente apprezzato i Vini posti in degu-

stazione ed hanno ammirato l’elegan-

za e la professionalità della Brigata di

Sommelier, che ha saputo esprimere

un Servizio all’altezza delle attese,

rendendo ancora più prestigiosa l’im-

magine della Manifestazione.

Questa esperienza, positiva e gra-

tificante per la qualità dei Vini e per

l’impegno dei Sommelier, ha raccolto

il plauso del Direttore Generale del-

la CIESM prof. Frédéric Briand ed il

grato riconoscimento della dott.sa

Laura Giuliano, Scientific Advisor della

CIESM del Principato di Monaco.

In una comunicazione ufficiale al

Coordinamento delle Delegazioni

FISAR del NordEst, la dott.sa Giuliano

così si è espressa:

“Il nostro Direttore Generale prof.

Frédéric Briand, i partecipanti al

Congresso, i Delegati nazionali, e noi

tutte siamo rimasti abbagliati dalla

magnificenza del decoro, del servizio

e dalla qualità (fuori scala!) dei vini”.

“Il Congresso in Italia è stato eccellen-

te ed il vostro contributo allo stesso

ha giocato un ruolo fondamentale a

garantire tale eccellenza”.

Un ringraziamento ai Sommelier per

l’altissimo livello della loro prestazione

durante l’evento CIESM Poster “Wine

& Cheese”, per la cura e l’eleganza

espresse a conferma dell’impegno e

della professionalità.

I Dirigenti della FISAR del Veneto-Friuli

colgono l’occasione per esprimere la

gratitudine alle Aziende partecipanti

alla Manifestazione, anche per il tan-

gibile aiuto nel sostenere, da lungo

tempo, le proposte e le attività delle

Delegazioni nel promuovere un sem-

pre più alto livello della cultura eno-

gastronomica nel Territorio.

Wine & Cheese con la FISAR Nord Est39th CIESM Congress, “The Mediterraneam Science Commission”

Principe Alberto di Monaco con il Consigliere FISAR Pennazzato

131

131

news dall'Italia

Mercoledì 16 giugno 2010 presso

la Trattoria Doria, nella splendida

cornice del ricetto di Candelo, antico

borgo medioevale, alle porte di Biella,

si è tenuta l’assemblea dei soci per

la consegna degli attestati ai nuovi

sommelier della delegazione di Biella

unitamente ai corsisti di 1°livello a cui si

è consegnato l’attestato di frequenza.

I nuovi sommelier della delegazione

sono: Alpino Claudio, Canton Fiorenza,

Carta Giuseppe, Castaldelli Corrado,

Corda Elvio, Decci Mirko, Deiro

Corrado, De Rossi Eliseo, Iapichino

Barbara, Mazzia Paolo, Mosca

Giuliana, Passarella Erika, Ruschena

Riccardo, Zerbola Adriano.

A tutti i neo sommelier sono stati

formulati i migliori auguri per il

traguardo raggiunto, e ai corsisti

di primo livello l’augurio di

completare il percorso formativo

A Biella si consegnano gli attestati

Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 131

Non molti conoscono l’origine dell’appellativo “Mucco Pisano”. Prima ancora dell’industrializzazione delle campagne, i contadini delle zone comprese tra le Alpi Apuane e le prime colline livornesi, per una profondità che arrivava a Montecatini e al padule fra Fucecchio e San Miniato, avevano necessità di una mucca che producesse il latte per la famiglia e nel contempo potesse avere la forza di un bue per i lavori della terra. Le scarse risorse del terreno non permettevano, nell’economia della cascina, il mantenimento di due bovini. Nel tempo si consolidò l’attaccamento alla razza derivante dall’incrocio della razza Schways (Bruna Alpina) con popolazioni locali e successivamente con Chianina, Olandese e Durham. Nei primi anni del secolo scorso si potevano contare fin oltre ventimila capi allevati e, genericamente, il contadino chiamava la bestia con il nome di mucco, ad indicare la particolare forza di lavoro. Successivamente, con l’avvento dei trattori ed altre macchine agricole, la razza è andata pian piano scomparendo. Fu proprio l’allevatore Furio Salvadori a comprare l’ultimo toro, salvando così la storica razza dall’estinzione. Oggi l’allevamento è rivolto alla produzione di carne pregiata che risulta essere particolarmente saporita, tenera e con caratteristiche qualitative di pregio e naturalmente di grande genuinità. Dal 1978 è in corso un programma di salvaguardia della razza gestito dall’A.P.A. di Pisa e finanziato dalla Regione Toscana che può contare su di un patrimonio di circa 300 capi. I figli, Fulvio e Fabrizio e la nuora Renza, hanno ampliato l’attività dell’azienda agricola diversificando le attività, ma mantenendo al centro l’allevamento bovino ed in special modo la razza Mucco Pisano. Proprio nel ristorante dell’agriturismo “Lago delle Tamerici”, via della Sofina n° 6 a Coltano di Pisa, facente parte della suddetta azienda e gestito da Leonardo, la FISAR di Pisa e Litorale ha

organizzato la consegna degli attestati di primo livello ai trenta corsisti promossi. Il direttore del corso Vittorio De Santis ha spiegato il percorso gastronomico scelto, con funzione didattica, rimarcando come nel ricco menù dello chef Stefania, la carne del Mucco Pisano prevalesse, iniziando fin dall’antipasto con una squisita tartara, semplice e gustosa, contornata da crostini ai fegatini, alla salciccia e stracchino, alla mozzarella e prosciutto ambedue passati al forno e Polenta sia con cinghiale sia con funghi. Ottimi i seguenti primi piatti: Trofie al radicchio e pistacchi, Crèpes con ricotta e spinaci rigorosamente fatte in casa e Pappardelle fatte a mano al ragout di Mucco Pisano. I vini serviti in abbinamento hanno contribuito a rendere interessante la serata dei corsisti, tramutandola in lezione pratica, in quanto i diversi sapori degli antipasti e dei primi richiedevano una ricerca sensoriale per avere le giuste esaltazioni reciproche e pertanto sono stati serviti, con facoltà di assaggio, il Pinot Grigio Veneto IGT 2008 dell’Azienda Agricola Pavan, il Pinot Bianco del Friuli DOC Collio 2008 ed il Cabernet Friuli DOC Collio 2008 dell’Azienda Agricola Corte di Castello. Il susseguente Gran bollito di Mucco in salsa verde e lo Stinco di Mucco al forno hanno evidenziato i sapori delicati e la grande consistenza di questa carne: lo stinco viene aperto per la lunghezza, l’osso segato in due, tolto

il midollo per riposizionarlo nello stinco in modo che la successiva cottura lo sciolga insaporendone le carni: una vera delizia per il palato che veniva ripulito con il Rosso di Montefalco DOC 2006 della Tenuta Alzatura. Originale e delizioso il dessert: ricotta del Parco montata su letto di Pan di Spagna affogato all’Alchermes o al caffè accompagnato dal Moscato DOCG 2007 dell’azienda Cascina del Santuario. Il servizio vini è stato espletato dai Sommeliers Stefano Noferi e Francesco Giuntini. Al termine il delegato Maria Cristina Messina, dopo aver ringraziato Fulvio Salvadori e la signora Anne per l’opportunità e per la loro presenza, ed il tesoriere Umberto Chericoni hanno provveduto alla rituale consegna degli attestati di primo livello in un clima di gioviale goliardia e grandi applausi. Questi i bravi corsisti: Amianto Monica, Bagnato Chiara, Baschirotto Sergio, Benanti Fabrizio, Benedetti Massimo, Ceccarelli Massimiliano, Cozzolini Ylenia, Cucinotta Monica, Davini Nicola, Forensi Angelo, Giorgetti Sara, Giorni Valerio, Grassi Liliana, Iacobelli, Beatrice, Iacobelli Susanna, Lavalle Giuseppe, Loconsole Claudio, Macchia Fabrizio, Mannucci Elisabetta, Mazzei Enrichetta, Montanaro Francesca, Morcaldi Marco,,Niccolini Nicola, Palaia Daniele, Paoli Matteo, Priami Andrea, Sannicandro Antonella, Siciliano Valeria, Trassinelli Cinzia, Vignali Giada.

La Fisar Pisa e Litorale alla scoperta del Mucco Pisano

in famiglia

Notizia inviata da Tiziano Taccola della Delegazione di Pisa e Litorale

132

news dall'Italia

Mercoledì 16 giugno 2010 presso

la Trattoria Doria, nella splendida

cornice del ricetto di Candelo, antico

borgo medioevale, alle porte di Biella,

si è tenuta l’assemblea dei soci per

la consegna degli attestati ai nuovi

sommelier della delegazione di Biella

unitamente ai corsisti di 1°livello a cui si

è consegnato l’attestato di frequenza.

I nuovi sommelier della delegazione

sono: Alpino Claudio, Canton Fiorenza,

Carta Giuseppe, Castaldelli Corrado,

A Biella si consegnano gli attestati

Notizia inviata da Ennio Pilloni della

Delegazione di Biella

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6132

Entusiasmo, soddisfazione e stu-

pore. Ecco come si può riassumere

l’esperienza vissuta durante il periodo

di imbarco del sommelier della dele-

gazione di Savona-Imperia, Nunzio

Vogliobene sulla nave del gruppo

Costa Crociere “Costa Allegra” dal 25

maggio al 28 di giugno 2010. Il no-

stro sommelier ha prestato servizio di

mescita, consulenza e non da ultimo

attività didattica non solo hai clien-

ti imbarcati ma anche al personale

di servizio in sala che ha dimostrato

grande interesse e partecipazione.

L’attività dei sommeliers a bordo,

troppo spesso trascurata o addirittura

assente è ormai da ritenere indispen-

sabile considerato l’altissimo livello

della ristorazione e dell’intrattenimen-

to raggiunto negli ultimi anni a bordo

delle navi da crociera. L’impostazione

base del servizio, data da Nunzio,su

turnover di 15 giorni è stata di quattro

serate a tema con specifica possibilità

di scelta dei vini proposti, in sintonia

con i cibi preparati . In questo modo

si è accompagnato il cliente non solo

nella scelta e nell’abbinamento, senza

trascurare le proprie preferenze, ma

anche nella degustazione stessa dei

vini e nell’analisi organolettica.

Grande soddisfazione e riconosci-

mento sono valsi l’ impegno profuso

da parte di Nunzio che non si è rispar-

miato in termini di ore di lavoro, pre-

parazione della cantina e responsabi-

lità del servizio. Grazie al suo lavoro

abbiamo anche scoperto le grandi

potenzialità che questo settore della

ristorazione potrà sicuramente offri-

re a tutto il mondo della sommellerie

e dell’enogastronomia.Uno sbocco

professionale di sicuro interesse per

giovani sommelier, che potranno uni-

re una grande esperienza di sevizio,

all’eccellenza mondiale della navi da

crociera. Terminata questa prima vol-

ta e con il rinnovato entusiasmo di chi

ha elevato la propria esperienza grazie

alla simbiosi ottenuta, da entrambe le

parti, si è già manifestata la volontà di

proseguire questo percorso con un

secondo periodo di imbarco con inizio

13 settembre prossimo. Nell’ auspicio

che l’operato non rimanga un singolo

episodio ma possa essere il prologo

di una grande partnership tra la nostra

federazione e Costa Crociere Non ci

resta quindi che ringraziare della di-

sponibilità dimostrata dal sommelier

Nunzio Vogliobene e la Direzione di

Costa Crociere per aver fatto cono-

scere la nostra associazione anche

“in mezzo al mare” e che augurare ad

entrambi un grande in bocca al lupo

per le prossime attività.

Fisar di Savona-Imperia: un sommelier tra le onde

Notizia inviata da Donatello Rinaldi della Delegazione di Savona - Imperia

in famiglia

133

133

news dall'ItaliaA Biella si consegnano gli attestati

Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 133

Giovedì 17 Giugno 2010 la Delegazioe FISAR Valdelsa ha festeggiato i suoi neo Sommelier, 13 in totale, che hanno conseguito con merito l’atteso Diploma. La serata si è svolta presso l’azienda “Rocca di Montemassi”, nei pressi di Roccastrada, località situata nell’alta Maremma Grossetana e zona della DOC Monteregio di Massa Marittima. L’area risulta particolarmente vocata per la produzione di vini di qualità ottenuti grazie ad un terreno di tipo siliceo-argilloso arricchito da preziosi minerali e dal clima mediterraneo che, con la presenza costante di brezze marine mitigano le alte temperature estive, mantenendo sani i grappoli. In un ambiente molto ospitale è situata la Cantina recuperata circa 10 anni orsono per volere della attuale proprietà, che ha scelto di mantenere la destinazione rurale e salvaguardare il paesaggio recuperando dal punto di vista architettonico le strutture esistenti che sorgono tra pini marittimi, olivi ed un piccolo lago naturale. Dopo un’interessante visita guidata in Cantina e successiva visita al “Museo della Civiltà Rurale”, dove sono esposti circa 3000 oggetti di vita contadina e numerose immagini di vita lavorativa della Maremma, si è passati alla cena, in cui ovviamente, gli ottimi vini dell’Azienda hanno fatto da contraltare ai prelibati piatti preparati dalla cucina. I vini, 2 tipici e 2 provenienti da uvaggi cosiddetti “internazionali” che, visti i risultati, in Maremma hanno trovato un microclima particolarmente adatto, sono stati: il “Calasole” – Maremma Toscana IGT del 2009, tipico Vermentino per l’occasione ottimo aperitivo, dal colore giallo paglierino brillante con profumi di fiori bianchi e di frutta appena matura, vino di spiccata freschezza e mineralità, equilibrato, che si presta ad essere bevuto a tutto pasto; per passare poi all’ “Astraio” – Maremma Toscana IGT del 2009, proveniente da uve Viognier in purezza, di colore paglierino con riflessi verdolini, profumi eleganti, fragranti di fiori bianchi e frutti a pasta bianca, di piacevole sapidità e mineralità, da abbinare a primi piatti di verdure, frutti di mare, pesce crudo; terzo vino degustato il “Sassabruna” - Monteregio DOC del 2008, produzione tipica per eccellenza costituito da Sangiovese in prevalenza. Di colore rosso rubino intenso, complesso con note di frutta matura, speziato, dal sapore gradevole di liquirizia in retrobocca. Si accompagna con piatti tradizionali toscani, in primis selvaggina arrosto, fiorentina, ma anche piatti a base di sugo di cinghiale; per finire “Le Focaie” – Maremma Toscana IGT del 2008, blend di Cabernet Sauvignon, Merlot e Syrah dal colore rosso rubino intenso con sfumature violacee, di buona

struttura, con profumi intensi di frutti di bosco e fiori di campo, vino caldo, di buona freschezza, morbido e persistente, da abbinare a primi piatti saporiti, carni rosse grigliate e pecorini di meda stagionatura. La serata è proseguita con la rituale consegna dei Diplomi conseguiti dai corsisti: Yuri D’Onodfrio, Lorenzo Dei, salvatore De Genua, Serena Bartalucci, Luca Nigi, Silvio Tistoni, Mauro Veltroni, Alessandro Nesi, che hanno frequentato con profitto il corso di 2° livello di Poggibonsi, per culminare con la consegna dei Diplomi ai neo Sommelier: Alessandra Balestri, Riccardo Cabizza, Eleonora Cavallini, Angelo Del Soldato, Lorenzo Marziali, Luca Nardi, Andrea Pagliai, Simone Paolucci, Marco Peggi, Davide Rossi, Monica Valenti, Alessandro Vigni e Stefano Vigni che hanno ricevuto le congratulazioni dal Consigliere Nazionale Franco Rossi, presente alla cerimona e dal Delegto della Valdelsa Franco Aiazzi, che ha voluto giustamente rimarcare che il conseguimento della qualifica di Sommelier FISAR deve essere considerata, metaforicamente, come la piattaforma su cui innalzare il livello professionale e culturale di ognuno, in ambito enogastronomico.

in famiglia

Notizia inviata da Franchini Filippo della Delegazione Siena

La Delegazione di Siena Valdelsa festeggia i suoi neo sommelier

134

news dall'Italia

Mercoledì 16 giugno 2010 presso

la Trattoria Doria, nella splendida

cornice del ricetto di Candelo, antico

borgo medioevale, alle porte di Biella,

si è tenuta l’assemblea dei soci per

la consegna degli attestati ai nuovi

sommelier della delegazione di Biella

unitamente ai corsisti di 1°livello a cui si

è consegnato l’attestato di frequenza.

I nuovi sommelier della delegazione

sono: Alpino Claudio, Canton Fiorenza,

Carta Giuseppe, Castaldelli Corrado,

Corda Elvio, Decci Mirko, Deiro

Corrado, De Rossi Eliseo, Iapichino

Barbara, Mazzia Paolo, Mosca

Giuliana, Passarella Erika, Ruschena

Riccardo, Zerbola Adriano.

A tutti i neo sommelier sono stati

formulati i migliori auguri per il

traguardo raggiunto, e ai corsisti

di primo livello l’augurio di

completare il percorso formativo

A Biella si consegnano gli attestati

Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6134

“Delle Badesse” è un relais de charme

nella campagna veneto-padovana

nel comune di Borgoricco. In questa

incantevole struttura, Massimo

Minotto, gestore, ed in via eccezionale

chef, ha ospitato il 15 giugno scorso

le Delegazioni F.I.S.A.R. di Venezia e

Padova, accogliendole nell’elegante

resort e deliziandole, dopo gli aperitivi

di benvenuto serviti in giardino,

con insoliti e prelibati antipasti di

pesce e crostacei. Tra i tanti, sono

state maggiormente apprezzate le

“foglioline di tonno rosa in salsa di

mandorle ai profumi mediterranei”, ove

la mandorla, tostata e perciò amara,

di un poco stempera la sapidità del

tonno. La portata è stata felicemente

abbinata a Petit Marseng Carpenè

Malvolti, ultimo nato della storica Casa

e presentato ufficialmente a Vinitaly

2010. Spumante extra brut di ricco

corpo e bella struttura acida, esalta con

il metodo Charmat Martinotti ed una

conservazione sur lie, costantemente

rimesso in sospensione, le note

minerali dell’omonimo vitigno,

riportandoci alle caratteristiche del

territorio collinare ai piedi dei Pirenei

francesi, luogo di provenienza del

Petit Marseng. Madrina ed ospite

della serata Rosanna Carpenè che ha

accolto l’invito delle due delegazioni

ad accompagnare il suo vino ed

ingentilire il tavolo dei rappresentanti

F.I.S.A.R. presenti, primi fra tutti

il Consigliere Nazionale Giorgio

Pennazzato ed il responsabile di zona

del Centro Tecnico Nazionale Silvio

Dalla Torre.

La serata è proseguita, tralasciando,

ma solo per brevità, i ricchi primi

serviti e le portate di mezzo, con

l’abbinamento tra pasticceria secca

tradizionale veneta e Deòro, moscato

Passito veneto IGT di Cantine

Sansovino, Conselve – Padova, che,

con lungo appassimento in fruttaio,

è vinificato a temperatura controllata

e maturato per 18 mesi in botticelle

di rovere. Il metodo trae dal moscato

giallo - in veneto detto moscato “fior

d’arancio” – un vino da dessert o

meditazione intenso ed aromatico,

di colore, appunto, giallo “ de oro”,

a volte ambrato. Perfetto è parso ai

commensali il connubio proposto,

ove la dolcezza del passito (90g/l

di zuccheri residui) non contrastava

affatto quella della pasticceria servita.

Il galà è terminato con la consegna

di attestati e simboli del titolo

conseguito ai nuovi sommelier delle

due delegazioni, condotti all’ambito

traguardo dalla pazienza didattica,

tra gli altri, del Prof. Silvio Dalla Torre

e dall’ottima organizzazione tecnica

dei Direttori dei due corsi, il Delegato

F.I.S.A.R. di Venezia città Lorenzo

La Fisar di Venezia festeggia i suoi sommelier

in famiglia

135Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 135

De Rossi e l’irrinunciabile Segretario

della stessa Lucio Chiaranda,

questi ultimi altresì direttori dei corsi

tenutisi a Padova. Partecipando al

galà di fine estate, unitamente al

Delegato di Padova Andrea Zampieri,

i rappresentanti F.I.S.A.R. si sono

congratulati per il titolo acquisito,

ribadendo comunque che lo stesso va

poi maturato sul campo, praticando la

sommelérie con dedizione ed umiltà.

Hanno accolto il consiglio i seguenti

nuovi sommelier: Franco Benella, Silvia

Casarin, Tiziana Castelletto, Alvise

Centazzo, Federica Coletto, Massimo

D’Auria, Marco De Marchi, Fabio

Delli Guanti, Cristiano Di Odoardo,

Cristina Lucchesi, Gianluca Martinati,

Alessandro Ragazzo, Fabio Reggio,

Patrizia Sandri, Claudio Scapolo,

Cecilia Sitran, Andrea Zamarchi e

Sandro Zanforlin, quanto a Venezia;

Francesco Artuso, Riccardo Barbolin,

Fabio Basso, Michele Bertocco,

Dino Ciprian, Paolo Contarini, Natalia

Daminato, Giuliano Gomiero, Oscar

Marcolongo, Livio Marin, Luca

Martin, Massimo Osti, Eddy Osso,

Pierluigi Rigato, Roberta Saretta,

Enrico Toniolo, Enrico Turato, Matteo

Zambon, Alberto Zanotto e Rino Zorzi,

quanto a Padova.

«L’amicizia è il vino della vita»,

un aforisma più che centrato

per sintetizzare la serata-evento

organizzata dalla Fisar (Federazione

italiana sommelier albergatori

ristoratori) di Caserta per la consegna

di diplomi di sommelier di II livello.

Una manifestazione attesa dai 13

corsisti e divenuta immediatamente

speciale grazie alla cornice esclusiva

de «Il Casolare diVino» di Alvignano,

una struttura dove, non per puro

caso, il vero protagonista è proprio

il nettare degli dei. Vasta infatti la

cantina presente all’interno del casale

con un’accurata selezione delle più

importanti etichette regionali e dei

vini frutto del vigneto “della casa”.

Ma all’esperienza di degustazioni di

sottili sapori si aggiunge l’ospitalità

attraverso cinque camere a tema i cui

nomi sono ripresi dai vini più pregiati

della Regione (Pallagrello, Falanghina,

Greco di Tufo, Aglianico e Fiano). E

non finisce qui. Il “Casolare diVino” è il

primo centro del Sud Italia a proporre

dei veri trattamenti di vinoterapia

che spaziano da un bagno nel vino

rosso caldo dalle virtù drenanti

all’immersione in botti di acquavite

fresca, fino a massaggi e gommage

con olio di semi d’uva, estratti di piante,

miele e tutto ciò che di naturale possa

giovare. Un’oasi rilassante e speciale

che la Fisar Caserta ha ricercato

e voluto per un evento altrettanto

speciale. Ha pensato a tutto il trait-

d’union e delegato Fisar di Caserta,

nonché esperto e conoscitore di vini

Carlo Iacone che, puntuale, il 14 luglio

targato 2010, ha atteso con trepida

emozione e l’entusiasmo di sempre

l’arrivo degli “amici” della Federazione.

Con la stessa precisione si sono

presentati nel piccolo centro dell’Alto

Casertano i diplomati di secondo

livello, che tempo un altro corso e

diventeranno veri e propri sommelier.

Ma i primi veri protagonisti della serata

sono stati proprio loro: sotto i riflettori

i “vini estremi” di Marisa Cuomo,

vini pregiati strappati alla Costiera

Amalfitana raccontati e “decantati” dai

sommelier Generoso Iodice, Mimmo

Natale e Annalisa Russo (nella qualità

anche di direttore di corso). Marisa

Cuomo è infatti titolare del marchio

Gran Furor Divina Costiera che risale

al 1942, quando iniziò ad essere

impiegato per commercializzare i

vini ottenuti dai terrazzamenti della

Costa di Furore. L’azienda produce

vini di stupenda qualità come il

Furone Bianco e Rosso, il Ravello

Bianco e Rosso, il pregiatissimo

Furore Fiorduva e il Furore Rosso

Riserva, vini divenuti ormai di fama

internazionale grazie a riconoscimenti

che non hanno precedenti nel Sud e

che hanno portato il nome di Marisa

Cuomo nel gotha dei grandi produttori

(l’Oscar l’Oscar 2006 al Fiorduva

in famiglia

La Delegazione di Caserta consegna gli attestati

Notizia inviata da Lorenzo De Rossi della Delegazione di Venezia

136

news dall'Italia

Mercoledì 16 giugno 2010 presso

la Trattoria Doria, nella splendida

cornice del ricetto di Candelo, antico

borgo medioevale, alle porte di Biella,

si è tenuta l’assemblea dei soci per

la consegna degli attestati ai nuovi

A Biella si consegnano gli attestati

Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella

136

Notizia inviata da Federica Landolfi della Delegazione di Caserta

in famiglia

quale migliore Bianco, uno dei più

ambiti e qualificanti). Nei calici per una

degustazione anche il Falerno Bianco

dell’azienda “Nugnes” di Carinola,

falanghina al 100% apprezzata da

tutti, dai corsisti in primis, che poco

dopo hanno ricevuto il riconoscimento.

Ristoratori, appassionati e funzionari

del Cira (Centro Italiano Ricerche

Aerospaziali) di Capua, ecco i

nomi dei ‘premiati’: Giovanni Calo’,

Daniela Chemi, Sergio D’angelo,

Gianluca Diglio, Edoardo Filippone,

Nicola Genito, Sara Marotta, Simona

Morabito, Angelo Parente, Filomena

Salzillo, Francesca Serrao, Mario

Solazzo e Angela Uccella. Hanno

consegnato gli attestati e non sono

voluti mancare all’evento, innanzitutto

la Fisar Nazionale con un caloroso

messaggio, poi il primo cittadino

di Alvignano Angelo Di Costanzo

che ha rimarcato “l’importanza di

momenti del genere anche nell’ottica

della valorizzazione del territorio”; il

professor universitario e componente

del Consiglio di Amministrazione

del Cira, ingegnere Luigi Carrino

che, riprendendo un proverbio, ha

affermato di aver “trovato un tesoro

con un gruppo così affiatato e

gioioso”; il presidente del Club Savoir

Faire Sossio Scialla che ha apprezzato

“il lavoro sinergico per la realizzazione

della manifestazione”, il presidente del

Rotary Club di Capua Antica e Nova

Guido Perrotta che ha aggiunto “il vino

allunga la tavola perché fa amicizia”,

prendendo spunto “dall’ambiente

fraterno e gioioso che il gruppo

Fisar assicura in tutto quello che

fa”, e la preside della Scuola Media

“Ruggiero” di Caserta, socia Fisar e

segretaria del Rotary Club Adele Vairo

che si è concentrata sul connubio

vino-cultura. Dopo la consegna degli

attestati la serata è terminata a tavola

all’insegna del buon cibo, preparato

accuratamente e con passione dalla

chef Maria Mone, abbinato con

splendidi vini e con l’interpretazione

di sonetti e poesie con attore “non

protagonista” ovviamente il vino da

parte dell’artista poliedrica Elena

Margaret Starace insieme a Elio

Sosso. In chiusura l’arrivederci di

Carlo Iacone a prossimi eventi con

tanto di foto di rito e brindisi finale:

“all’orizzonte ci sono grandi progetti

– ha concluso - la Fisar continuerà a

lavorare e ad organizzare eventi volti

alla promozione enogastronomica e

territoriale di Terra di Lavoro e non

solo”.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

La FISAR di Salerno con il Presidente Napolitano

137Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 137

in famiglia

Nella storia della FISAR di Salerno una data inserita negli annali è senz’altro quella del 14 settembre 2010. L’arrivo in città del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha messo in piedi una straordinaria macchina organizzata anche in sen-so “enogastronomico”. Ecco perché, chiamati ad accoglierlo, sono stati il delegato Alberto Giannattasio e la sommelier Sara Romano, assieme ad altri interessanti nomi del settore: il noto pasticciere Salvatore De Riso, lo chef Gennaro Marciante ed il pa-tron del ristorante “Acquapazza” di Cetara, Gennaro Castiello.Al pranzo, tenutosi presso le pre-stigiose sale del Palazzo della Prefettura di Salerno, hanno preso parte oltre al Presidente Napolitano, anche il Ministro Mara Carfagna, il presidente della Regione Campania Stefano Caldoro, il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, il rettore dell’Uni-versità Raimondo Pasquino ed il pa-drone di casa, il prefetto Sabatino Marchione.Ad un menù tutto “costierano” sono

stati abbinati i vini offerti dall’Enoteca Provinciale di Salerno, presieduta da Fernando Cappuccio.Così ad un aperitivo composto da pane, burro e alici di Cetara, tonno all’olio, polpettine di pesce, frittelle di pasta cresciuta, focaccine, pane cot-to all’Acquapazza, ricottine di bufala di Paestum e fiordilatte di Agerola è sta-to abbinato un Dubl 2006 dei Feudi di San Gregorio. È seguito il primo piat-

to “Pasta mischiata con zuppetta di pesce fuiuta”, accompagnato da un Fiorduva 2008 di Marisa Cuomo. Accanto al secondo “Filetto di ricciola di passaggio allo Sfusato Amalfitano” è stato servito un Montevetrano 2007 di Silvia Imparato. In chiusura accanto ad un trionfo di dolci della tradizione di De Riso, diversi liquori della Costiera Amalfitana tra cui il “sempreverde” li-moncello!

Notizia inviata da Antonella Petitti della Delegazione di Salerno

Caro Rinaldo,ci hai lasciato in questo fine Agosto nel tuo solito modo, in silenzio, riservato, come riservata è stata tutta la tua vita.Ci siamo conosciuti trent’anni fa agli inizi del-la lunga storia fisariana, con i Consigli Nazionali a Volterra dal Sestini e poi a Calafuria dal Nardi, dove si gettavano le basi per la Fisar del domani. Poi i tanti impegni professionali Ti hanno portato in giro per l’Italia alla ricerca di nuove esperienze e quindi ad abbandonare le cariche fisariane.Ma il tuo carattere non poteva stare fermo ed hai iniziato un altro percorso con l’allora neonata Federazione Italiana Cuochi; hai capito subito che quello era il tuo nuovo mondo, quella era la tua scommessa per far crescere la figura del cuoco e valorizzare tutto il lavoro delle berrette bianche.In questo campo hai dato tutto te stesso, la tua esperienza,

la tua professionalità ed il tuo sapere, sempre con disinvoltura e semplicità, accanto a te, tutti si sentivano maestri senza esserlo!!Ma la passione fisariana è rimasta fino all’ultimo, hai sempre dimostrato di credere ai suoi principi, li hai difesi e sostenuti anche materialmente e ci hai dimostrato l’attaccamento nelle numerose manife-stazioni fatte al ristorante il Torrino o altrove.Ci hai sempre dato tanto e forse non sei stato ripagato con la stessa moneta, ma chi ci legge ed ha avuto il piacere di conoscerti si ritroverà in queste poche righe. A chi questo piacere non lo ha avuto, resterà l’idea di un uomo un po’ speciale che ha contri-buito alla crescita fisariana.

Con amicizia sincera e schietta ti diciamo: ciao Rinaldo e grazie di tutto.

Nicola

138

news dall'Italia

Mercoledì 16 giugno 2010 presso

la Trattoria Doria, nella splendida

cornice del ricetto di Candelo, antico

borgo medioevale, alle porte di Biella,

si è tenuta l’assemblea dei soci per

la consegna degli attestati ai nuovi

sommelier della delegazione di Biella

unitamente ai corsisti di 1°livello a cui si

è consegnato l’attestato di frequenza.

I nuovi sommelier della delegazione

sono: Alpino Claudio, Canton Fiorenza,

Carta Giuseppe, Castaldelli Corrado,

Corda Elvio, Decci Mirko, Deiro

Corrado, De Rossi Eliseo, Iapichino

Barbara, Mazzia Paolo, Mosca

Giuliana, Passarella Erika, Ruschena

Riccardo, Zerbola Adriano.

A tutti i neo sommelier sono stati

formulati i migliori auguri per il

traguardo raggiunto, e ai corsisti

di primo livello l’augurio di

completare il percorso formativo

A Biella si consegnano gli attestati

Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6138

Una mattinata fresca, fra quelle che

solo le sa dare un Giugno particola-

re, attraverso le colline senesi, qua e

là costeggiate da antiche fattorie, ha

accompagnato i numerosi sommelier

della delegazione FISAR di Prato, de-

siderosi di scoprire in prima persona

le perle enologiche del rinomato terri-

torio di Montalcino.

Terra di sangiovese, di corposi vini

rossi. Quella fetta di Toscana, cono-

sciuta in tutto il mondo ed invidiata per

quel vino eccellente che sa produrre,

ha incantato quanti oggi hanno avuto

il piacere di essere accolti nella tenuta

Altesino. Perché è cosa ben diversa

assaggiare un bicchiere di nettare

come il Brunello al tavolo di un anoni-

mo ristorante, piuttosto che degusta-

re lo stesso bicchiere nella tenuta in

cui quel vino è prodotto. Il Sommelier

vede quali sono il lavoro e l'impegno

necessari ad una sana Azienda per

produrre un vino eccellente. Nel vino

c'è la verità; nel vino c'è la poesia e

la letteratura, c'è la storia, ci sono le

tradizioni, ma c'è anche la passione di

una intera comunità. Il Sangiovese lì

si chiama Brunello perché così antica-

mente lo chiamava il popolo, per quel

suo colore tipico...ma è il Sangiovese,

il vitigno per antonomasia delle vigne

toscane. A proposito del colore, mi

viene da pensare al maresciallo fran-

cese Blaise de Montluc, comandante

della guarnigione, che nella Montalci-

no assediata, prima della sua capito-

lazione nel 1559, tendeva a strofinarsi

il viso con quel vino vermiglio...per

nascondere ai suoi uomini il pallore

dovuto alla paura.

Basta sentirlo parlare, Guido Orzalesi,

per capire tutte queste cose. Ha inizia-

to dalla storia di quella fattoria antica,

divenuta ai giorni nostri fucina di nuo-

vi corsi della viticoltura e dell'enologia

italiana; ha proseguito lungo il percor-

so dell'azienda per far comprendere

al suo uditorio le tecniche che fanno

sì che da quelle botti possa uscire del

buon vino...

E guardando da lontano i vigneti, alcu-

ni sotto gli occhi, altri sparsi sui poggi

circostanti, spiegandone le condizioni

microclimatiche di ciascuno o le va-

riegate condizioni del terreno di ognu-

no...aggiungeva che prima di ogni

cosa il buon vino si fa nel vigneto...

Sappiamo che un vino è buono quan-

do è privi di difetti; ma è di maggiore

apprezzamento quando quel vino è

legato a quel territorio, sapendo che

in nessun altro posto potrebbe essere

prodotto mantenendo le stesse carat-

teristiche.

È toccato ai giovani diplomati Som-

melier della FISAR di Prato vivere

questa esperienza indimenticabile. È

stato interessante confrontare la loro

preparazione in un'Azienda che è an-

tesignana delle varie innovazioni che

hanno interessato il Brunello di Mon-

talcino.

L'Azienda Altesino sorge sulle colline

orientali di Montalcino, nel quattro-

centesco palazzo Altesi, edificato dal-

la famiglia Tricerchi. Dal 2002 l'Azien-

da è di proprietà della famiglia Gnudi

Angelini. Con la nuova proprietà non

si è interrotta la tradizione, dal lontano

1975, epoca della prima bottiglia di

quel marchio.

Guido Orzalesi, il responsabile azien-

dale, ha accolto con squisita ospita-

lità il gruppo pratese e lo ha accom-

pagnato dapprima ad ammirare i

vari vigneti che si estendono intorno

all'azienda, rendendo godibile la vista

sulle colline circostanti.

La visita delle cantine ha suscitato

La Delegazione di Prato a Montalcino

in famiglia

139139

non poco interesse nel gruppo e mol-

te sono state le domande rivolte al

paziente e preparato Guido Orzalesi.

Con le moderne attrezzature ed un in-

vidiabile susseguirsi di botti è impos-

sibile non rimanere estasiati in attesa

di godere del privilegio di assaggiare il

loro pregiato contenuto.

Una tavola imbandita ed un bicchie-

re di un eccellente Rosato di colore

cerasuolo, piacevole, fresco, accatti-

vante hanno accolto il gruppo per un

aperitivo.

A seguire è stato degustato un Rosso

IGT costituto da Sangiovese, Merlot

e Cabernet dal colore rosso rubino

vivace, dal profumo fragrante e inten-

so, dal sapore asciutto, armonico e

persistente. Di suadente e godevole

bevibilità.

Ancora dopo un Rosso di Montalci-

no del 2006 dal colore rosso rubino

intenso

caratterizzato da profumi di bosco,

dal sapore asciutto, tannini morbidi,

vellutato e morbido. Qualità, emozioni

forti, unicità sono caratteristiche che

caratterizzano i vini di questa Azien-

da.

L'emozione più forte a me personal-

mente e credo anche agli altri amici

sommelier è stata data dalla degu-

stazione della Riserva 2004. Vino di

grande spessore, passionale. Dal ca-

rattere austero. Abbinabile con carni

e selvaggina nobile. Si berrebbe vo-

lentieri insieme agli amici più cari da-

vanti ad un camino in un'atmosfera di

meditazione.

L'uscita è stata resa possibile grazie

all'interessamento del Responsabile

Sommelier Fabrizio Fabbri e della De-

legata Vanda Ingarozza. Il successo-

auguriamoci- sia foriero di altre uscite

degustative del medesimo spessore,

che sono certamente utili alla crescita

del Sommelier, la figura che si pone

da tramite tra il produttore ed il con-

sumatore.

in famiglia

Notizia inviata da Valentina Niccolai

... luce dona alle menti, pace infondi nei cuor...

la Fisar augura a tutti Buon Natale

e Felice anno nuovo!

®

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6140

La simpatia e la indubbia professionalità dei

Sommelier della FISAR viene, ancora una

volta, riconosciuta anche oltre confine.

Una neo-nata Azienda di Import tedesca

ha affidato alla ns. Associazione il Suo

primo Evento di presentazione e degusta-

zione di significativi vini italiani ad un pub-

blico di privati, di ristoratori e di buyer di

Monaco di Baviera.

La serata si è svolta nella accogliente e

suggestiva cornice dalla Lola Montez

Haus, antica dimora del XIX sec., situa-

ta nel distretto di Harlaching a Monaco

di Baviera, che fu regale nido di incontri

amorosi tra la bellissima ballerina Lola

Montez ed il re Ludwig I. Nel pomerig-

gio di domenica 25 luglio, la sig.ra Ines

Buso, sommelier FISAR appartenente alla

Delegazione di Treviso, assieme ai titola-

ri dell’Azienda di Import, ha cordialmente

accolto gli invitati nel Parco della Dimora.

Subito dopo, nella Sala superiore, la som-

melier ha presentato le Aziende produttrici

e posto in degustazione i vini delle stesse,

illustrandone, in un perfetto tedesco, le

caratteristiche visive, olfattive e gustative,

nel classico stile FISAR.

I convenuti hanno apprezzato i vini e le

accattivanti descrizioni della sommelier

nel degustare il Prosecco Conegliano-

Valdobbiadene DOCG extra-dry millesi-

mato, il Pinot Grigio Lison DOC, il Lison

Classico DOC, il Chianti Classico Riserva

DOCG, il Sant’Antimo DOC ed il Brunello

di Montalcino DOCG.

L’Evento si è caratterizzato anche per

il taglio culturale che si è voluto dare nel

comunicare lo stile italiano, la storia dei

luoghi, la tradizione, il lavoro dell’uomo, la

campagna veneta e toscana.

Alla serata ha presenziato il Coordinatore

delle Delegazioni FISAR del NordEst Italia,

sig. Antonio De Vitiis, che ha ringraziato

gli organizzatori ed i partecipanti, auspi-

cando uno sviluppo della presenza della

Federazione in Baviera ed in terra tedesca.

Per i soci ed amici della FISAR pisana

una serata, veramente indimenticabile,

organizzata al bagno Lido di Tirrenia da

Liana Benini, responsabile dei Sommeliers,

per la tradizionale cena di mezza estate.

Si è iniziato con l’aperitivo di benvenuto,

Prosecco di Valdobbiadene DOC con

stuzzichini caldi, servito sull’ampia

veranda con vista mare impreziosita da

un tramonto suggestivo col rumore delle

onde del mare che sciabordavano l’arenile.

Particolarmente apprezzate sono risultate

le “costoline” di polpa di granchio, fritte,

che presentavano la chela per essere

impugnate. Quindi, al coperto, il delegato

Maria Cristina Messina, dopo i saluti, ha

tracciato il percorso enogastronomico

rilevandone la difficoltà di abbinamento in

scala armonica consigliando pertanto di

variare i bianchi per la grande varietà di

portate degli antipasti che sono stati serviti

in un susseguirsi di vassoi che sembrava

non terminassero mai: Carpaccio d’orata

con filangè di zucchine, Acciughe alla

povera, Fantasia di calamari, seppioline

e gamberi e cotti al vapore con rucola

e pomodorini Pachino, Spiedini fritti,

Bocconcini di baccalà con salsa di porri

e pomodoro, Involtini di melanzana alla

mousse di pesce, Impepata di cozze e

un Cacciucchino a chiudere. I vini serviti

sono stati il Vermentino di Galluria 2009

Doc in purezza, 13 gradi, dell’azienda

agricola Cucaione ed il Collio Ribolla

Gialla Doc, 13 gradi, dell’azienda agricola

Corte di Castello che sono stati riproposti

con i seguenti due primi : delicati taglierini

ai calamari, seppie e vongole veraci e

Spaghetti, serviti ottimamente al dente,

alle arselle, tipiche del litorale tirreno.

Un tripudio di sapori ed aromi che si

armonizzavano in bocca con, di volta

in volta, i già citati bianchi. Eccezionali i

fritti: caldi e croccanti al punto giusto, la

vera specialità della casa: frittura di barca,

frittura mista moscardini e gamberetti

ed ampi vassoi di verdura di stagione

fritta pastellata: peperoni, zucchini,

anelli di cipolla, melanzane e qualche

champignons. Il tutto bagnato da un Collio

Chardonnay DOC di ben 14 gradi sempre Corte di Castello, che servito fresco alla temperatura dovuta e dalla giusta acidità, ben ripuliva la cavità orale. A chiudere la ricca lista una macedonia di frutta fresca di stagione in grande coppa sovrastata dai tre gusti del gelato: cioccolato, vaniglia e pistacchio. Ottimo il servizio vini, curato dai sommeliers della delegazione Francesca Verdi e Piero Ristori.

La FISAR a Monaco di Baviera

La FISAR di Pisa e litorale sbarca al Bagno Lido

Notizia inviata da Antonio De Vitiis - Coordinamento FISAR NordEst

Notizia inviata da Tiziano Taccola dalla Delegazione di Pisa e Litorale

in famiglia

Espresso 2010presentazione

Guida Vini d'Italia 2011

Venerdì 12 novembre

Ore 15.30Arrivo dei partecipanti al Castello e sistemazione nelle camere riservate Hotel CASTELBRANDO ****

Ore 17.30Partenza in pullman per Valdobbiadene.Incontro con “ALTAMARCA COLLINE DEL VENETO” a cura di Giampiero Comolli

Direttore di Altamarca

Ore 20.00Gran Buffet Dinner in compagnia di Altamarca Colline del Veneto

Rientro in Hotel e pernottamento

Sabato 13 novembre

Ore 9.30Partenza in pullman per Conegliano

Ore 10.00Visita alla storica cantina “Carpenè Malvolti” con degustazione dei loro prodotti (per chi lo desidera c’è la possibilità, grazie ad una guida che metterà a disposizione Carpenè Malvolti di visitare la città di Conegliano)

Ore 12.30Locanda da Lino Solighetto di Pieve di Soligo“A pranzo con Carpenè”

Ore 15.30Rientro a Castelbrando

Ore 16.00Castelbrando - Sala Silvia: Concorso Sommelier dell’Anno Fisar - Trofeo RastalCastelbrando - Sala Laura: Divinando 2010 - finale del torneo a squadre tra le delegazioni FISAR (Per gli accompagnatori possibilità di

escursioni sulle colline trevigiane, visita guidata al Castello o tempo libero per relax al centro benessere).

Ore 20.00Nella suggestiva hall di Castelbrando appuntamento per l’aperitivo

Ore 20.30Castelbrando - Ristorante La FucinaGala Dinner con consegna dei premi alla squadra vincitrice di Divinando eal vincitore del Concorso Sommelier dell’Anno FISAR 2010 Trofeo Rastal

Domenica 14 Novembre

Ore 9.30Castelbrando - Teatro MagnoConvegno FISAR sul tema: “Enoturismo: una importante risorsa per la nostra economia”

Al termine del convegno:Coffee-Break al Ristorante La Fucina

Ore 11.00Castelbrando - Teatro MagnoCongresso FISAR - Incontro con i DelegatiPotranno partecipare all’incontro con le cari-che elettive nazionali ed i rappresentanti del CTN i Delegati o loro rappresentanti.

Ore 13.30Banchi di assaggio con i vini presentati dai consorzi locali accompagnati da prodotti tipici del territorio. (Consorzio tutela vini del Piave Doc - Consorzio Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg - Consorzio di tutela vini Montello e Colli Asolani - Doc - Consorzio Volontario Tutela Vini DOC Lison - Pramaggiore)

Al termineRientro per le proprie destinazioni.

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Dal 12 al 14 Novembre 2010, presso lo storico Castello Brandolini di Cison di Valmarino (Tv) si terrà il

Congresso Nazionale FISAR. Ecco il programma“”

La Segreteria comunica

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il programma dettagliato ed il modulo di prenotazione sono disponibili su www.fisar.com

CONGRESSONAZIONALE FISAR

a Castelbrando

CONGRESSONAZIONALE FISAR

a Castelbrando

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ar: la location

BENVENUTI NEL BORGO MEDIEVALEArroccato sul promontorio che domina la Valmareno e avvolto nel clima mite delle colline trevigiane, CastelBrando è uno dei più raffinati esempi di riqualificazione del patrimonio storico-artistico italiano e uno dei più grandi castelli d’Europa. L’imponente maniero, immerso in 50 ettari di parco, si presenta come un borgo medioevale magnificamente inserito nel paesaggio collinare della Via del Prosecco, fra Valdobbiadene, Conegliano e VittorioVeneto, a soli 50 minuti da Venezia. Una funicolare panoramica permette di raggiungere il cuore del castello, che dalla vallata si mostra in tutta la sua maestosità con ampi terrazzamenti e mura merlate. CastelBrando accoglie i suoi ospiti con fascino austero ed elegante. Un servizio discreto e attento ai particolari rievoca l’antico privilegio della vita a corte. CASTELBRANDO OGGIDopo gli accurati restauri, il meraviglioso edificio è stato restituito agli antichi splendori ed è oggi in grado di offrire un ampio ventaglio di opportunità: un raffinato Hotel quattro stelle con 80 eleganti camere, suite e appartamenti ubicati in tre contesti diversi di grande fascino (50 CastelBrando – 16 CastelBrando Dependance – 14 Villa Marcello Marinelli); un moderno Centro Benessere situato nell’ala più antica del castello; un ricercato ristorante, un ristorantino informale e diversi bar, cantine ed enoteche; un centro congressi ed

eventi composto da tre teatri e 6 sale: lo storico Teatro Sansovino (300 mq.), il Teatro Magno (550 mq.), il Teatro Tenda (1.000 mq.) e le sale del ‘700 (50/80 mq. ciascuna). Il tutto dotato dei più moderni supporti tecnici e capace di accogliere fino a 1.800 persone. A completare l’offerta il Brando Shop, negozio di souvenir, articoli da regalo e una collezione di mobili antichi. CastelBrando è un’affascinante location immersa in 50 ettari di bosco attrezzato per splendide passeggiate a piedi, a cavallo e in bicicletta.

CastelBrando è anche custode della storia ed offre un percorso culturale che comprende sei aree museali ed una suggestiva chiesetta. CastelBrando in armi: una mostra di armi ed armature, dall’Imperatore Claudio Augusto a Teodolinda, da Carlo Magno a Gattamelata, dai Da Camino, alla famiglia Brandolini, Potere e giustizia: nelle antiche prigioni del castello è descritto un dibattimento processuale nel feudo della Valmareno tra la fine del XVI secolo e gli inizi del XVII; I costumi del potere: nella sacrestia della chiesa settecentesca si possono ammirare i preziosi costumi dei celebri personaggi storici che abitarono il castello: CastelBrando organizza visite guidate al castello ed alle aree museali, per i visitatori, in tutti i giorni della settimana.

Via Brandolini, 29 - 31030 Cison di Valmarino (TV) Tel. 0438 9761 - Fax 0438 976000 [email protected] - www.castelbrando.it

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La Segreteria comunica

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L’Altamarca Trevigiana è un parco produt-tivo naturale, un distretto alimentare ga-stronomico, una terra ospitale fra boschi

e vigneti, di prodotti tipici, un patrimonio nazionale tradizionale di storia e di cultura, ricco di attrazioni, di grandi vini Doc e di Spumanti Docg Valdobbiadene, Conegliano e Asolo e Doc Prosecco, di opere d’ar-te, di ricette culinarie e di eventi in tutte le stagioni dell’anno espressione di una passione antica e di un territorio vocato al turismo rurale, sportivo, ambienta-le. Paesaggi conservati, vigneti eroici, itinerari e per-corsi sportivi e naturali per tutti, ville nobiliari antiche segno della potenza Veneziana e borghi rurali arroc-cati che traspirano storia e lavoro, una destinazione turistica che unisce il mare di Venezia con la mae-

stosità delle montagne delle Dolomiti.L ’ a s s o c i a z i o n e Altamarca propone e sostiene azioni di valo-rizzazione necessarie per garantire una evo-luzione e uno sviluppo economico del turismo nelle sue diverse formu-le. La proposta ricettiva e di ospitalità si basa su

vini Docg-Doc, su gastronomia e ricette di piatti tipi-ci, su cultura, su storia, su ambiente e paesaggi, su tempo libero. Per questo solo un gioco di squadra fra vari artefici può offrire un servizio importante e di alto livello ai visitatori e turisti e rappresentare non solo una destinazione di tanti ottimi prodotti, ma una meta unica, un patrimonio unito, una proposta di sistema.

Il Presidente di AltamarcaGianpiero Possamai

Altamarca Trevigiana,Paesaggio dell’OspitalitàUn terrazzo di dolci colline del Veneto, fra le svet-tanti Dolomiti e il Cadore e la serenissima città di Venezia con il suo mare. Una terra di mezzo, solcata dal fiume Piave, fra la Cima Grappa simbolo di storia e ora di pace e l’altipiano del Cansiglio, un naturale giardino e orto botanico forestale, dai monti Cesen e Visentin ai laghi di Revine e al Montello, ancora oggi un grande bosco conservato. Con città di una au-tentica ospitalità veneta, come Asolo, Montebelluna, Valddobbiadene, Conegliano, VittorioVeneto, le più grandi. Raggiungibile facilmente con l’autostrada d’Alemagna A27, con l’autostrada A31 a ovest e dal-la Valdastico a nord.

Benessere, Buongusto, Buonvivere

Altamarca: benvenuti nel Paesaggio dell’Ospitalitàl’unica, autentica, vera risposta italiana alla regione francese della Champagne“

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Gianpiero Possamai

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ar: il territorio

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 145

Nel ‘500 la “Marca Alta” è descritta come luogo salu-tistico dove “...nascono ottimi frutti, olio perfetto, vini

preziosi che sono fatti degni delle mense dei maggiori

principi di Germania”. I dispensieri delle mense dei dogi di Venezia e Antonio Bacci, il primo “gastronau-ta” e medico di Papa Sisto V, scrivono nel ‘600 che le colline della Altamarca Trevigiana sono amate da tutti i Pontefici. Nel Rinascimento diventa un territo-rio frequentato da nobili e ricchi commercianti che vi costruiscono le “case di campagna” disegnate dal Palladio e dalla sua scuola di architetti, diventa luogo di villeggiatura per l’aria salubre e l’ambiente salutistico, l’Altamarca è descritta patria del buon vi-vere e viene indicato sulle mappe come “il giardino di Venezia”.L’Altamarca Trevigiana, già nel tardo medioevo e nel Rinascimento, ospitò grandi personaggi: dai reali di Svevia, di Baviera e di Sassonia, dai principi di Belgio e Polonia ai Re d’Italia, da Napoleone a Garibaldi e molti intellettuali e scrittori come Benson, James, Strawinsky, Hemingway ferito e perfino Giacomo Casanova in fuga da Venezia. Vissero in Altamarca Monsignor Della Casa il quale nella abbazia di Nervesa scrisse il Galateo, Lorenzo da Ponte, libret-tista, scrisse per Mozart Le nozze di Figaro, il Don Giovanni in cui esalta il grande vino Marzemino. Ad Asolo visse la regina Caterina Cornaro e fu testimone degli incontri amorosi di Eleonora Duse con Gabriele D’Annunzio. Territorio che piace, non solo per gli ab-binamenti enogastronomici, ma anche per la cultura e l’arte con le opere del Canova, del Palladio e dello Jappelli; Giorgione e Tiziano ne hanno carpito i colori e i paesaggi di sfondo; Cima da Conegliano ha reso immortali i colori e gli sfondi di queste valli come gli affreschi del Veronese. I castelli di Asolo, Conegliano, Susegana, le antiche abbazie cistercensi di Follina, Nervesa e Vidor, il massiccio Castelbrando le vestigia nobili di Serravalle rammentano anche la storia antica fra Signorie e Vescovi-Conti, le ville patrizie sono sim-bolo del rapporto diretto con i Dogi di Venezia.

Piccole Produzioni Locali e Denominazioni Comunali-De.Co. Il territorio dell’Altamarca scommette sulla qualità e non sulla quantità dei prodotti alimentari, sul chilome-tro zero, sui prodotti di stagione, sulle ricette tipiche del territorio. Una cultura dedicata alla salvaguardia della qualità e dei valori delle colline e della pede-montana. Altamarca, associazione pubblica e privata e marchio d’area di qualità, ha avviato una ricerca e uno studio selle realtà produttive e sul distretto agro-alimentare, studiando luoghi e marchi che possono identificare l’origine e la provenienza di alimenti lo-cali. La presenza di banchi d’assaggio e di vendita nei mercati del territorio sono fondamentali per far conoscere il patrimonio, anche attraverso il gusto del Pic-Nic per rendere il rapporto con il cibo e il vino ancora più conviviale, sociale e segno di felicità. Accontentarsi di degustare per stare in compagnia, riprendere un contatto “naturale” con i prodotti e con la terra, difendere la sicurezza alimentare.

Trekking&Bike dedicato agli amanti delle bollicine alla scoperta dell’ambiente, paesaggio e gusto.

L’Altamarca annualmente registra 600.000 presen-

ze turistiche, amanti del gusto e dello sport, in par-

ticolare della bicicletta. Annualmente è realizzato un

cartellone-tour di itinerari con guide abilitate de-

dicato alla cultura dello sport turistico e alla cultura

del buonvivere, del bere saggio, con gusto e con

misura. Mai eccedere, usando la testa e in modo

consapevole. Partenza e arrivo di ogni escursione

da una cantina o un ristorante o un

albergo. Per info: www.vivibike.net e

www.altamarca.it. Gli itinerari sono

i più diversificati, in particolare mol-

ti , sia a piedi che a cavallo, che in

bici e in mountain bike, percorrono

vie storiche, molte dedicate alla me-

moria di fatti religiosi. Le cantine del

Valdobbiadene e Conegliano Docg

offrono assaggi nell’area delimitata e

percorsa dalla Strada del vino, nata

negli anni sessanta, fra le più antiche

d’Italia. A ovest dell’Altamarca an-

che il Prosecco spumante superiore

Asolo Docg ha la sua strada con ri-

storanti, alberghi e cantine: una sosta

dietro l’altra per soddisfare i palati

più esigenti incrociando la strada del

Montello e Colli Asolani Doc , alla de-

stra del fiume Piave, sacro alla Patria,

con i suoi grandi vini rossi, fra i più ri-

nomati d’Italia, da anni premiati dalle

grandi guide e sulle tavole internazio-

nali più importanti. In bicicletta, tutti i

week-end, è possibile fare escursioni

di gruppo, con guide professionali (in-

glese e tedesco) con una iscrizione di € 15 e di €

8 per gli assaggi in cantina. Partenza ore 9.30 da:

Valdobbiadene,Vittorio Veneto, Conegliano, Cison di

Valmarino, Asolo.

Diversi luoghi in Altamarca sono un

ricordo religioso e storico: i diversi sa-

celli, tabernacoli e piccole pievi ricor-

dano manifestazioni di fede e di cri-

stianità antica, segnano il passaggio di

epoche e di popoli come i Longobardi

e i Veneziani. Molti di questi simbo-

li sono meta di escursioni a piedi e

in bicicletta, come a Crespano del

Grappa, dalla Madonna del Covolo

alla Madonnina del Grappa per la ri-

evocazione del percorso che fece

a piedi il patriarca di Venezia (Papa

Pio X) in occasione della benedizione

della Madonnina del Grappa, vicino al

Sacrario Militare. Da Possagno par-

te un tour dedicato ai Santuari della

Valcavasia fino ai piedi del massiccio

del Grappa alla scoperta delle anti-

chissime chiesette con ascesa alla

casa degli esercizi spirituali.

Grappa come luogo di memoria della

Grande Guerra, oggi monito e sim-

bolo dedicato alla Pace nel Mondo.

Da Montebelluna in bici si percorre

il Montello fino al Santuario di Santa

Lucia (su castelliere paleoveneto) e da San Martino ai

resti della imponente Certosa del Montello, con vicina

grotta dell’eremita, ai resti dell’Abbazia di Nervesa,

dove monsignor Della Casa scrisse il Galateo.

Distretto Produttivo Agroalimentare Gastronomico dell’Altamarca TrevigianaProdotti tipici della terra, un gran-de vino inimitabile e unico, ricette e menù storici, cultura antica longobar-da e veneziana, tradizioni millenarie, archeologia e architettura, metodo di produzione del vino inimitabile ed esclusivo, dedizione al territorio di generazioni, paesaggio e ambiente sono le componenti di una meta tu-ristica, di benessere, buongusto e buonvivere. Un patrimonio ricco che è il benvenuto di un intero territorio, diverso e unico. L’Altamarca come la genuina e autentica, unica ed esclusi-va, risposta italiana alla Champagne.

1000 anni di storia, terra di confine e di passaggio, ha assimilato usi e co-stumi diversi del Veneto. Venezia ha influito creando un “menù” naturale e autoctono ricco di prelibatezze.

Verdure ortaggi: piselli di Borso del Grappa, fagiolo borlotto nano di Levada, fasol del Lago di Revine, mais biancoperla per polenta di Valmarino, patata Cornetta di Vallata, pata-ta del Montello, patata del Quartier del Piave, olio extra vergine d’oliva Grappa Pedemontana Dop Veneto, asparago bianco di San Zenone degli Ezzelini, i funghi Ciodet del Cesen, le noci del Piave. Vini: Conegliano Valdobbiadene Docg, Conegliano Valdobbiadene Docg Prosecco Superiore Spumante, Asolo Docg Prosecco Superiore Spumante, Superiore di Cartizze Docg, Prosecco Doc Treviso Spumante, Colli Asolani

Montello Doc, Colli di Conegliano Doc con Refrontolo Passito, Fregona Torchiato e Verdiso Igt. Frutta: ciliegia di Maser e dei Colli Asolani, marroni (castagne) Igp Combai, marroni Igp Monfenera, mela di Monfumo, miele del Grappa e Pedemontana.Formaggi: Morlacco del Grappa, Casatella trevigiana Dop, Cavaso mezzano, Asiago Dop, Costabella, Feletto, Grana Padano Dop, Malga Cesen, Moesin, Montasio Dop, Montegrappa, morbido di S. Fermo, neve del Grappa, Panarello, Robiola di Caprefelici, Soligo, Taleggio Dop, Valcavasia, Valsana e la Vallata.Carni, Salumi, Piatti: coniglio, pol-lo rustichello della pedemontana, spiedo dell’Altamarca, luganega rossa e bianca(da risotto), sopressa Altamarca, Ossocollo, pancetta, sala-me, maialino, frattaglie.

per maggiori info: www.altamarca.it

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Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 147

Laura SandoliMiglior Sommelier dell'anno 2009

Concorso Sommelier dell'anno FISAR 2010TROFEO RASTAL

Sabato 13 novembre nella sala Silvia di Castel-

brando si svolgerà la prova finale che decrete-

rà il vincitore del Trofeo RASTAL 2010 desti-

nato al miglior Sommelier FISAR. Una vera novità lo

svolgimento della gara che quest’anno consentirà anche al

pubblico presente di cimentarsi nelle difficili domande che

saranno proiettate su un grande schermo con possibilità di

verificare subito dopo la giusta risposta. In gara i concorrenti

provenienti dalle varie zone d’Italia che si sono qualificati su-

perando nella fase eliminatoria i loro colleghi interregionali.

A tutti va il nostro applauso incondizionato ed un grosso in

bocca al lupo per la vittoria finale.

Il vincitore riceverà, oltre al consueto trofeo RASTAL, anche

un soggiorno e viaggio per due persone presso l'Azienda Ba-

rone di Villagrande di Milo, storica azienda etnea, il cui at-

tuale proprietario, il barone Carlo Nicolosi Asmundo, è anche

il “padre” della DOC Etna.

ALBO D’ORO SOMMELIER DELL’ANNO FISAR

2009 LAURA SANDOLI - DELEG. PAVIA2008 LORENZO IANNONE - DELEG. RAGUSA2007 MARTA CHIAVACCI - DELEG. LUCCA2006 NATALE CADAMURO - DELEG. ORVIETO2005 LUCA IACOPINI - DELEG. PONTEDERA2004 CELIS GONZALO - DELEG. RAGUSA2003 ANDREA DA ROS - DELEG. TREVISO2002 non assegnato2001 LEONARDO RICCI - DELEG. VITERBO2000 MARIA ANNUNZIATA LAMANNA - DELEG. ROMA1999 VITTORIO CARDACI AMA - DELEG. CATANIA1998 GIORGIO LAURINI - DELEG. VALDICHIANA1997 STEFANO COCCHI - DELEG. ROMA1996 ANGELO CATENACCI - DELEG. PISA1995 non disputato 1994 LUCA BARSANTI - DELEG. PISA1993 CLAUDIA MARINELLI - DELEG. PONTEDERA

di Mario Del Debbioper comunicare con il Segretario Nazionale:

[email protected]

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Finale il 13 novembre a Castelbrando di fronte a tutti i delegati italiani riuniti per il Congresso annuale

non poteva esserci scenario migliore per festeggiarela terza edizione di un Trofeo sempre più ambito

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Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

Del. Treviso

Del. Varazze Del. Livorno

Del

. Cas

telli

di J

esi

Del. Torino

Del. Firenze

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

Eccole le squadre finaliste di

DIVINANDO 2010: Treviso,

Torino, Varazze, Firenze, Livorno

e Castelli di Jesi. Si sono guadagnate il

diritto a partecipare alla finalissima di

Castelbrando, organizzata quest’anno in

concomitanza con il Congresso Annuale

FISAR e supportata ancora una volta dal-

la preziosa collaborazione di CARPENE’

MALVOLTI, la storica azienda veneta che

ha ospitato la finale delle prime due edizio-

ni. Le prime tre squadre hanno abilmente

superato la concorrenza dei colleghi di

Bareggio, Venezia e Genova nella elimi-

natoria di Pavia mentre Firenze, Livorno e

Jesi, hanno sconfitto le pur brave e pre-

parate delegazioni di Roma, Valdichiana

e Valdelsa.

Le gare si sono svolte tenendo il risultato

in forse fino all’ultimo secondo dell’ultima

prova in un’atmosfera che ha messo in

luce quanto questo Trofeo sia sentito dai

partecipanti e quanto questo Trofeo stia

diventando importante per le Delegazioni

FISAR di tutta Italia.

Merito va sicuramente alla formula, sem-

plice ed al tempo stesso accattivante e a

Carpenè che ha creduto in questo pro-

getto sin dal primo istante ma anche e

soprattutto ai tanti ragazzi che in que-

sti anni si sono cimentati nelle difficile

domande preparate dal nostro Alberto

Giustarini che toccano gli argomenti più

disparati, dall�enografia all�arte, dalla de-

gustazione alla letteratura.

Preparazione, curiosità, cultura generale

ed un pizzico di fortuna: questi gli ele-

menti necessari per poter alzare al cielo

il Trofeo DIVINANDO 2010.

A cura di Filippo Terrasini

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Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

Volevamo dedicare un momento di riflessione

su una componente dell’economia legata al

del mondo del vino come quella del turismo

del vino e abbiamo è pensato di farla con uno dei

protagonisti: l’Associazione Città del vino, nella per-

sona del suo Presidente Giampaolo Pioli, che sarà

nostro ospite per l’occasione, assieme a giornalisti

e operatori. L’Associazione Nazionale Città del Vino

è una rete di Comuni, Province, Parchi e Comunità

Montane a vocazione vitivinicola, depositari di alme-

no una Doc o Docg, impegnati nella promozione dei

prodotti agroalimentari di qualità e custodi di una do-

cumentata tradizione enologica. Oltre che promuo-

vere e coordinare progetti finalizzati a valorizzare le ri-

sorse ambientali, culturali, agroalimentari dei Comuni

associati, delle regioni e del Paese nel suo insieme,

collabora con i principali enti pubblici, associazioni di

categoria, ambientaliste e culturali per diffondere la

cultura della qualità, del rispetto per l’ambiente e del

benessere alimentare. In occasione del “Forum sul tu-

rismo enogastronomico” che si è svolto ad Alberese

(Grosseto) dal 4 al 6 giugno scorsi, è stato presen-

tato l’VIII rapporto sul turismo del vino che Città del

Vino ha curato con CENSIS Servizi spa, del quale

sono tratte le considerazioni che seguono. La ricerca

Censis/Città del Vino mette in evidenza un ideale di

turismo del vino che, sfruttando la grande varietà dei

prodotti e della realtà italiana, suggerisce una strate-

gia di offerta diversificata, senza tradire l’identità dei

luoghi, la genuinità e la spontaneità dei prodotti e dei

rapporti umani. Sull’esempio dell’esperienza tutta ita-

liana delle “Strade del Vino”, le istituzioni europee e

i paesi grandi produttori di vino puntano sempre più

ad incrementare lo stretto legame del turismo con i

territori, i vini e la tipicità dei prodotti. Ma in nessun

paese come l’Italia, il turismo enogastronomico ha

assunto una fisionomia così diffusa e consistente:

una ventina di leggi nazionali, 140 strade già operanti

e normativamente deliberate, 1.300 comuni attraver-

sati da questa rete capillare che comprende quasi

400 denominazioni territoriali di vini, 4.133 ristoranti,

32.972 prodotti vinicoli e 3.313 cantine.

Dall’indagine sui comportamenti è stato possibile indi-

viduare almeno quattro aggregati quantitativi sui quali

vale prima di tutto soffermare l’attenzione:

- sono 20 milioni gli italiani che sostengono di ave-

re svolto una qualche attività turistica connessa

Enoturismo: una importante

risorsa per la nostra economia

Un tema di grande attualità al centro del Convegno organizzato da FISAR in occasione del Congresso annuale“

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Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6 151

al vino ed alla gastronomia di territorio, pur non

considerandosi esplicitamente esperti del settore;

- sono 7,5 milioni gli italiani che hanno sviluppato

almeno 4-5 concrete esperienze implicite e consa-

pevoli di partecipazione ai consumi turistici enoga-

stronomici;

- sono invece 2,6 milioni gli italiani che si autodefini-

scono turisti espliciti del vino, in prevalenza maschi

adulti, residenti nel centro e nel nord del Paese; tra

di essi risulta anche una buona riserva di giovani;

- sono infine 2 milioni le persone che, pur dichia-

rando di non aver ancora mai avuto esperienze di

turismi enogastronomici, avrebbero intenzione e

piacere di visitare in futuro cantine e vigneti, strade

e musei del vino.

Ordini di grandezza come questi inducono prima di

tutto alcune serie interpretazioni fenomenologiche:

- il turismo enogastronomico degli italiani non è più

la scelta di una ristretta “tribù” di specialisti, ma un

comportamento diffuso e molto consistente, ne

più ne meno di quello che praticano i “popoli”, del

mare, della montagna, dello sci, delle città d’arte;

- l’aggregato dei turisti enogastronomici è perciò –

come tutte le “popolazioni” – vasto, segmentato,

eclettico, evolutivo;

- il turismo enogastronomico per le sue prevalenti

caratteristiche di prossimità, short break, conve-

nienza, accessibilità è poco sensibile alle oscilla-

zioni congiunturali dell’economia, dei redditi e dei

consumi;

- il turismo enogastronomico è un comportamento

di tendenza con potenziale di sviluppo ancora con-

sistente e disponibile, ossia – come si direbbe nel

gergo del marketing – scenaristicamente attrattivo

quanto a rischi e opportunità.

Queste considerazioni, largamente positive, non

sono sufficienti a tratteggiare un quadro tutto e sol-

tanto positivo: è necessario sviluppare una rinnovata

e vigorosa consapevolezza del ruolo catalizzatore e

del peso specifico che l’offerta enogastronomia di

territorio, può avere nei prossimi anni per invertire la

tendenza al declino del settore enoturistico nazio-

nale. Attraverso uno specifico sondaggio sono stati

così selezionati i principali atout su cui puntare, al fine

di contrastare le minacce future che attendono il set-

tore turistico, prima fra tutte il calo della domanda a

causa della difficile congiuntura economica.

Il primo punto di forza è la qualità del prodotto base,

ovvero il vino (per il 76% dei comuni), seguono la qua-

lità ambientale e paesaggistica (48,8%), le attrazioni

turistico-culturali, storiche e archeologiche (28,1%), la

forte caratterizzazione identitaria dei luoghi (24,8%),

la possibilità di costruire itinerari turistici differenzia-

ti (18,6%), la tradizione e l’innovazione della cultura

dell’accoglienza del Belpaese (14,9%), i collegamenti

con le reti nazionali e internazionali (13,6%), la no-

torietà planetaria dei luoghi del Belpaese (12,8%), il

buon livello di diversificazione dell’offerta della risto-

razione tricolore (12,8%) e la varietà del prodotto

base per l’11,2% dei comuni interpellati.

Ma per migliorare ancora servono azioni concre-

te, che le Città del Vino lanciano proprio dal Forum

di Alberese, dalla creazione di una regia unica na-

zionale alla garanzia di standard minimi di qualità

condivisi (che coinvolgano gli uffici turistici, l’ac-

coglienza in cantina, la ristorazione e le strutture

ricettive); dall’aggiornamento e formazione del-

le figure professionali alla riforma e al rifinanzia-

mento della legge sulle Strade del Vino (268/99).

“Una carta di proposte operative - spiega il presiden-

te di Città del Vino Giampaolo Pioli - è ciò che propo-

niamo di elaborare, per sottoporlo all’attenzione del-

le istituzioni, del Ministro del Turismo e dei ministeri

competenti, delle regioni italiane. La frammentazione

non aiuta e la mancanza di una politica nazionale

sul turismo enogastronomico è evidente. Noi chie-

deremo proprio quegli indirizzi comuni attualmente

assenti e, soprattutto, sostegni anche finanziari che

non ci sono più”.

a cura della Segreteria Nazionale

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tiI Consorzi dei vini

DOC e DOCG

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

CONSORZIO TUTELA CONEGLIANO VALDOBBIADENE

PROSECCO SUPERIORE DOCG

L’area di Conegliano Valdobbiadene comprende 15 comuni che

si snodano nella fascia collinare ai piedi delle Prealpi trevigiane.

I vigneti della denominazione si estendono su quasi 5000 et-

tari e la produzione del Conegliano Valdobbiadene Prosecco

Superiore ammonta a circa 60 milioni di bottiglie. Il Consorzio di

Tutela nasce nel 1962 dalla volontà di 11 produttori di proteg-

gere e valorizzare il proprio vino. Grazie all’attività del Consorzio,

nel 1969 il Prosecco di Conegliano Valdobbiadene ottiene la

doc e nel 2009 arriva la Docg che assume il nome di Conegliano

Valdobbiadene Prosecco Superiore. Oggi il Consorzio di Tutela

riunisce l’85% dell’intera denominazione. Il ruolo del Consorzio

è anzitutto tutelare il Conegliano Valdobbiadene Prosecco

Superiore e fornire assistenza tecnica ai produttori in vigneto

e in cantina per permettere un costante miglioramento qualita-

tivo. Il Consorzio di Tutela promuove inoltre la conoscenza del

prodotto in Italia e all’Estero attraverso l’organizzazione di ma-

nifestazioni, l’attività di formazione e le relazioni con la stampa.

Infine, studia il mercato del Conegliano Valdobbiadene grazie al

proprio Centro Studi.

CONSORZIO TUTELA VINI DEL PIAVE DOC

Ha già alle spalle mezzo secolo di vita il Consorzio della DOC

Piave, nato a Treviso nel lontano 1959. La sua attività ha accom-

pagnato la crescita e l’evoluzione della viticoltura e dell’enologia

di questa privilegiata aerea della pianura del Veneto orientale

che accompagna il corso del fiume Piave dalle elette colline del

Prosecco fino ai lidi dell’Adriatico.

È questa la zona eletta per la coltivazione del Raboso del Piave

che si può degustare nella versione tradizionale DOC, in quella

Passito e nella nuova tipologia Malanotte di prossima uscita in

DOCG. È un territorio da scoprire non solo attraverso i suoi vini

e i piatti della tradizione ma anche visitando i luoghi in cui il fiume

nel suo viaggio dalle dolomiti al mare ha tracciato i segni delle

civiltà dell’entroterra veneziano, fatto di ville, abbazie, barches-

se e case padronali che ancor oggi ospitano rinomate antiche

cantine affiancate da altre realtà più moderne e tecnologiche in

questo splendido e continuo dialogo tra tradizione e innovazio-

ne che ne determina la dinamicità quasi unica di una DOC Piave

tutta da scoprire.

CONSORZIO TUTELA VINI MONTELLO E COLLI

ASOLANI DOC

Il Montello e i Colli Asolani sono zona collinare ricca di fascino e

storia, citata da Dante Alighieri nella Divina Commedia, i cui vini

sono promossi dal Consorzio.

Dopo un sofisticato lavoro di sperimentazione, è stata ottenuta

una varietà di vitigno resistente alla siccità, incrementando così

il livello di maturazione e il grado zuccherino dell’uva.

La zona di produzione riguarda l’intero comune di Monfumo e

parte dei comuni di Asolo, Caerano di San Marco, Castelcucco,

Cavaso del Tomba, Cornuda, Crocetta del Montello, Fonte,

Giavera del Montello, Maser, Montebelluna, Nervesa della

Battaglia, Paderno del Grappa, Pederobba, Possagno, San

Zenone degli Ezzelini, Volpago del Montello. La denominazione

“Montello e Colli Asolani” è riservata ai vini ottenuti da uve pro-

venienti da vigneti costituiti per almeno l’85% dalle corrispon-

denti varietà di vitigno: Prosecco, Chardonnay, Pinot Bianco,

Pinot Grigio, Merlot, Cabernet, Cabernet Franc e Cabernet

Sauvignon.

IL CONSORZIO VOLONTARIO TUTELA VINI DOC

LISON PRAMAGGIORE

Il Consorzio Volontario Tutela Vini DOC Lison – Pramaggiore, è

stato costituito nel 1974 per promuovere e tutelare i tre vini DOC

riconosciuti all’epoca: il Tocai di Lison, il Merlot e il Cabernet di

Pramaggiore. Oltre a controllare il rispetto delle normative nazionali

e comunitarie il Consorzio offre ai propri associati un qualificato

servizio di assistenza tecnica in viticoltura, in enologia e, non ul-

timo, cerca di fornire ad ogni produttore, attraverso la ricerca e

la sperimentazione, le giuste informazioni per valorizzare il proprio

vigneto.

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Organo Ufficiale della FISARFederazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori

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