OratorioNoi - Novembre/Dicembre 2014
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Transcript of OratorioNoi - Novembre/Dicembre 2014
Mese: Novembre Dicembre
Anno: IV - N°32
Alessandro Capurso
Attività pre - natalizie
S iamo ormai prossimi a dicembre, un mese
ricco di attività e iniziative promosse
dall’oratorio e dal
C.G.S. “don Tonino Bello”. Il
primo appuntamento è nel
giorno della solennità
dell’Immacolata Concezione.
L'8 dicembre tutti gli oratori
salesiani festeggiano il
"compleanno"; noi lo
facciamo rispettando il
tradizionale appuntamento
dell’ l’Accademia
dell'Immacolata, uno
spettacolo in cui ogni gruppo
si presenta agli altri e tutti
insieme facciamo festa per il
nostro compleanno.
In occasione dell' anno santo
salesiano che viviamo (anno del bicentenario della
nascita di don Bosco (16 agosto 1815), il 14
dicembre vivremo la nostra apertura del
Bicentenario, un momento celebrativo tutto
particolare: oltre la Celebrazione Eucaristica, andrà
in scena “Affari pe’...santi” , interpretata da un
gruppo di animatori e giovani di tutta l' Opera.
Non possono mancare anche le consuete tradizioni
molfettesi che allietano il clima festoso e gioioso del
Natale, prima fra tutte “La Santa Allegrezza”.
Insomma, che dire? Dicembre è un mese pieno di
iniziative, quindi non mancate a nessun evento e
soprattutto invitate tutti i vostri amici a partecipare!
Il pensiero di don Dino
S i inizia a sentire nell’aria profumo di Natale.
Tanti segni ce lo indicano: gli addobbi, le luci, i
canti, i regali che arrivano, o da fare, già il giorno di
San Nicola, i primi manicaretti tipici che si iniziano a
gustare.
Speriamo che, accanto a questi segni esteriori, non
manchino quelli interiori, caratterizzati dall’inizio
dell’Avvento (30 novembre) e dalla festa
dell’Immacolata, momenti caratteristici della vita di ogni
buon cristiano, ancora più particolari nelle case salesiane.
Per di più quest’anno viene anche ad inserirsi
l’inaugurazione del bicentenario della nascita di san
Giovanni Bosco per la nostra opera di san Giuseppe,
con uno spettacolo preparato dai giovani dell’oratorio il
14 dicembre. Tanti sono i motivi, quindi, di riflessione.
Allora l’invito per ciascuno di noi è proprio questo. Che
questo periodo, oltre ad essere di grande fermento ed
attivismo, sia effettivamente un tempo di interiorità, di
stupore, di meraviglia, di contemplazione, di silenzio,
perché possa scaturire un tempo che sia davvero pieno,
che non manchi dell’impegno vero a servizio degli altri,
senza il quale anche questo tempo di Avvento prima e
di Natale poi resterebbero tempi vuoti, passati alla
ricerca di fatue emozioni e di attività ancora più
dispersive. Facciamo nostre allora queste due preghiere:
“Signore insegnami a fermarmi, insegnami a tacere: solo
nel silenzio si può capire ciò che è stato concepito in
silenzio”.
“Signore ricordami che non può esserci Natale se non ci
ricordiamo di chi soffre, di chi piange, di chi ha fame, di
chi è triste, se non aiutiamo, se non consoliamo, se non
perdoniamo”.
Buon avvento
Non può esserci Natale...
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Don Bosco e i suoi 200 anni
Ufficio Comunicazione Sociale IME
U n teatro San Carlo di Napoli gremito di gente ha voluto dare inizio ai festeggiamenti del Bicentenario della
nascita di Don Bosco nell’Ispettoria salesiana dell’Italia Meridionale, ieri, 13 ottobre 2014. I protagonisti dello
spettacolo di inaugurazione sono stati i giovani di tutto il Sud e il carisma di Don Bosco che è stato declinato in
più aspetti, a partire dalle personalità che hanno preso parte all’evento, come il Presidente del Senato
della Repubblica, sen. Pietro Grasso, il Vicario del Rettor Maggiore dei Salesiani, don Francesco Cereda,
ed il Rettore Magnifico dell’Università Pontificia Salesiana, don Carlo Nanni. A moderare la serata è
stata la giornalista del Tg1 Maria Soave che con la sua professionalità ha permesso ai diversi ospiti di
parlare di un aspetto del carisma di Don Bosco e della propria storia, in alternanza con interventi
musicali proposti dal DB Choir, dal coro delle voci bianche del Teatro San Carlo, dai Sancarlini e dal
Blue Gospel Singer. Ogni gruppo musicale ha contribuito ad allietare la serata con canti, e in particolar
modo il DB Choir, coro formato dai giovani del Movimento Giovanile Salesiano, che ha proposto canti
sul Padre Sognatore riarrangiati dal direttore artistico e dal direttore musicale, rispettivamente Alfredo
Franciosa e Ivan Improta come Padre Maestro ed Amico, Basta che siate giovani, Giovani Orizzonti e
Don Bosco e Noi.
Una parte più riflessiva si è avuta quando Patrizio Rispo, attore della soap opera “Un posto al sole”, ha
letto ed interpretato due brani delle Memorie dell’Oratorio di San
Giovanni Bosco. Nella serata sono state presentate 3 storie di
“periferia”, quella di Nando, di Salvatore e di Al Amin, che grazie
all’incontro con don Bosco e con il suo carisma hanno cambiato vita. Il pubblico in
sala era entusiasta dello spettacolo e si è percepito l’affetto di tutti i presenti, sia gli
organizzatori, sia il pubblico. Ognuno ha ricevuto qualcosa da Don Bosco e dai
Salesiani e quel che ha ricevuto continua a portarlo con sé e a condividerlo con gli
altri. Don Cereda ha dato inizio al Bicentenario invitando tutti i presenti a fare
memoria delle origini salesiane: i Figli di Don Bosco vengono dalla periferia e da lì
non devono scappare, ma abitarle così come Don Bosco iniziò ad abitare Valdocco,
che si trovava in una periferia.
Ilario Mezzina
O gni anno l’oratorio organizza la tradizionale castagnata, in un clima di festa
tra i ragazzi. La castagnata è una serata ricca di giochi e balli, accompagnati
dalla distribuzione delle castagne. Da circa un anno l’evento della castagnata
coincide con l’inizio dell’Inverno Ragazzi, una preziosa iniziativa invernale che viene
così inaugurata proprio dalla colonna portante dell’opera salesiana: “Don Bosco”.
Questa tradizione risale, in particolar modo, a un miracolo che don Bosco fece nel
1849. Il giorno dei defunti don Bosco condusse tutti i ragazzi dell'Oratorio a visitare il
camposanto e a pregare. Aveva promesso loro, al ritorno, castagne lesse. E per
quell'occasione ne aveva comprato tre sacchi.
Ma Mamma Margherita non aveva ben capito i suoi desideri e non ne aveva cotto che
tre o quattro chili. Il giovane Giuseppe Buzzetti arrivò a casa prima degli altri, si rese
conto di ciò che era successo e corse a dirlo a don Bosco. Ma con tutto il fracasso che
facevano i ragazzi non riuscì a farsi capire. Arrivato all'Oratorio, don Bosco prese la piccola cesta e cominciò a
distribuire le castagne con un grosso mestolo. In mezzo alle grida di gioia Buzzetti gli gridava: "Non ce n'è per tutti.
Non ce n'è per tutti". Don Bosco gli rispose: "Ce n'è tre sacchi in cucina". "No, ci sono solo queste, solo queste"
Don Bosco sembrò non credere a quell'avvertimento. Le castagne le aveva promesse a tutti. Per cui continuò nella
distribuzione. Buzzetti guardava nervoso le poche manciate che restavano in fondo alla cesta e la fila di quelli che
circondava don Bosco e che sembrava sempre più lunga. All'improvviso si fece un profondo silenzio. Centinaia di occhi
incantati fissavano quella cesta che non era mai vuota. Ce ne fu per tutti.
Forse per la prima volta, con le mani ripiene di castagne, i ragazzi gridarono quella sera: "Don Bosco è un santo!" .
Voleva diffondere un clima di allegria nei ragazzi, infatti promise delle castagne in cambio di una visita ai defunti.
L’evento, oggi, amato dai ragazzi oratoriani vede una partecipazione sempre più grande; a partire da questo, poi, gli
animatori organizzano il proseguo dell' Inverno Ragazzi.
Il miracolo delle castagne
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Una nuova presenza tra noi
Ivana de Ceglie
Leo Pasculli
D a qualche mese in oratorio e
soprattutto in mezzo ai ragazzi è
presente un nuovo
salesiano. Intervistiamo il signor
Antonio Caiffa salesiano
coadiutore.
Di che paese sei e come è nata la
vocazione ? Sono pugliese e
originario della città più bella del
mondo, Gallipoli. Avevo la
passione per il calcio balilla e i
miei compagni spesso mi
contattavano per vincere delle
partite. Una volta mi chiesero di
andare a giocare all’oratorio salesiano di
Gallipoli e rimasi affascinato da
quell’ambiente a tal punto che volli
ritornare infinite volte. E così conobbi
l’oratorio e mi colpì che molti non
andavano solo per giocare ma entravano
spesso in parrocchia, così chiesi ad un
animatore che era li il perché quelle persone
entrassero spesso in chiesa e lui mi rispose
che andavano ad incontrare Gesù
sacramentato. Da li iniziò la mia vocazione
quel primo incontro con Gesù fu
veramente importante per la mia vita.
Come mai la scelta di diventare coadiutore
e non di diventare sacerdote ? All’inizio la
mia scelta fu quella di diventare sacerdote e
per farlo dovetti studiare teologia e mi
laureai però rimasi nelle case salesiane e non
mi chiamarono mai per diventare
sacerdote, all’inizio non comprendevo e
non riuscivo ad accettare molto il fatto di
non intraprendere la via del sacerdozio.
Così passarono gli anni e accettai i fatto di
restare coadiutore.
Per sdrammatizzare mi sono inventato una
storia che racconto spesso. Questa storiella
parla di un re e del suo servo
fedele, il quale non diceva
altro che “il Signore sa quello
che fa”. Al re gliene capitavano
di tutti i colori ma la risposta
del servo fedele era sempre la
stessa. Un giorno il re decise di
andare a caccia e il servo fedele
lo accompagnò; quando ad un
tratto da un cespuglio saltò
fuori un animale feroce che
aggredì il re il servo allora
sparò un colpo di fucile al cielo per far
scappare la bestia. La bestia fuggì ma il
povero re nello scontro con l’animale
aveva perso un dito allora tutto infuriato
chiese al servo “e adesso cosa rispondi ?
Anche adesso il Signore sa quello che fa,
non vedi che ho perso un dito ?” e rinchiuse
il servo in prigione. Calmatosi, dopo
qualche mese il re decise di andare di
nuovo a caccia, questa volta però andò da
solo e cambiò anche zona, ma gli andò
peggio perché fu catturato da un gruppo di
indigeni che volevano sacrificare il re per il
loro dio e proprio mentre lo stavano per
uccidere uno di loro esclamò: “fermatevi!
Non possiamo sacrificare quest’uomo
perché è imperfetto, guardate gli manca un
dito”. E così lo lasciarono in libertà. Il re
allora subito corse dal servo e lo liberò. Solo
in quel momento aveva capito la
motivazione per cui aveva perso il dito.
Una cosa, tuttavia, non capiva il perché il
signore aveva permesso di imprigionare il
servo che stava semplicemente dicendo la
cosa giusta, e il servo rispose “il Signore sa
sempre quello che fa, anche quando mi hai
imprigionato perché se tu non l’avessi fatto
gli indigeni avrebbero catturato me”.
Quindi si direbbe che questa storia la associ
molto alla tua vita ?
Certo, in molti aspetti, anche in quello
missionario. Ho sempre desiderato voler
andare in missione in Giappone, ma per
vari motivi mi è sempre stato impedito.
Non ho mai compreso bene il perché però
appunto il Signore sa quello che fa e se
ancora oggi nonostante gli acciacchi e l’età
sono in mezzo ai ragazzi, è solo grazie a lui.
Cosa vuol dire per te essere missionario?
Il missionario non è soltanto colui che parte
per le missioni in Africa o chissà dove,
tempo fa si aveva questa concezione
dell’essere missionario, ma oggi anche un
semplice laico che prega per le missioni è un
missionario nel suo piccolo.
Sei a Molfetta da un paio di mesi quali sono
per te gli aspetti positivi e quali negativi del
nostro ambiente ?
Negli ambienti dove sono stato notavo che
dopo il momento delle preghiere i ragazzi
scappavano via tutti e la cosa mi dispiaceva.
Mentre ho notato che qui a Molfetta dopo
le preghiere riprendono tranquillamente a
giocare; io credo che durante le preghiere
bisogna lavorare un po’ sul
comportamento dei ragazzi e sulla loro
disciplina. Infine un ultimo aspetto positivo
che vorrei sottolineare è quello di una
buona organizzazione in cortile e di un bel
nucleo di animatori e pre-animatori che
anima l’oratorio.
"La scoperta di essere amato è l'esperienza più importante della vita. Ed è
quella che ci rende capaci di amare. Quando si vive la gioia di essere accolti, si
diventa capaci di accogliere." Il libro Benvenuto a Casa raccoglie pensieri
dell’autore e frammenti di lettere dei protagonisti; si tratta dell'associazione
Famiglie per l'Accoglienza, formata da genitori che, in assenza di figli biologici
o per altre ragioni, hanno deciso di accogliere in affido o in adozione dei
bambini. La loro vita ne è stata profondamente segnata. Nel nostro tempo in
cui tanto si dibatte attorno alla convivenza fra uomini e donne di diverse
culture, etnie, lingue e religioni, queste pagine offrono un itinerario semplice di
accoglienza dell'altro. «Qualunque persona è altro da me, ed è un segno del
mistero che mi chiama, un segno di Dio nella mia vita» sono le parole
dell'autore, Massimo Camisasca.
Donato A. Facchini
REDAZIONE
Don Dino Perulli
Alessandro Capurso
Donato A. Facchini
Ivana de Ceglie
Vincenza Gadaleta
Ilario Mezzina
Leo Pasculli
molfetta.donboscoalsud.it
1) Io ho una zia che si chiama Angela che è la sorella della
secondogenita di mio nonno. Francesca è la sorella di mia zia
ma non è mia zia, chi è?
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2) Un giorno una vecchia signora di nome Antonietta dice:
“Figlia mia, vai a dire a tua figlia che la figlia di sua figlia sta
piangendo”.
Qual’è il grado di parentela tra Antonietta e la piccola che
piange?
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3) Com’è possibile che Marta dica all’amica Sonia:
“Mia cognata è la suocera di mio marito e mio figlio che
prima la chiamava zia ora la chiama nonna”?
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