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CAPITOLO Il sistema endocrino 15

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Figura 15-1 Ipofisi normale, immagine macroscopica L’ipofisi normale di un individuo adulto, situata nella sella turcica, pesa circa 1 g. Da un punto di vista em- briologico, l’ipofisi anteriore ( ) (adenoipofisi) origina da un’estroflessione verso l’alto della cavità orale, det-ta tasca di Rathke. L’ipofisi posteriore ( ) (neuroipo- fisi) origina dal diencefalo ed è costituita da cellule gliali modificate (dette pituiciti) e da assoni che attra-versano il peduncolo ipofisario ( ) (qui visto superior-mente) partendo dai corpi di cellule nervose situate nei nuclei sopraottico e paraventricolare dell’ipotala-mo. L’adenoipofisi ha un doppio apporto di sangue, con un sistema portale ipofisario e piccole arterie perforanti. In basso a destra, è visibile la neuroipofisi.

Figura 15-2 Ipofisi normale, immagine microscopica La neuroipofisi, che assomiglia a tessuto neurale in quanto composta da cellule gliali modificate e dagli assoni di cellule nervose ipotalamiche, è visibile a sinistra. L’adenoipofisi, altamente vascolarizzata, è visibile a destra. Gli ormoni neuroipofisari ossitocina e vasopressina (ormone antidiuretico) sono sintetiz-zati nell’ipotalamo e trasportati lungo gli assoni nella neuroipofisi, da cui vengono rilasciati nel flusso san-guigno e da qui nel circolo sistemico per agire su cellule specifiche in organi bersaglio.

Figura 15-3 Ipofisi normale, immagine microscopica A un ingrandimento maggiore, nell’adenoipofisi si possono vedere cellule acidofile rosa ( ) che pro-ducono prolattina (cellule lattotrope) e ormone della crescita (cellule somatotrope). Le cellule basofile viola scuro ( ) sono in grado di produrre l’ormone luteinizzante e l’ormone follicolo-stimolante (cellule gonadotrope), l’ormone tireostimolante (TSH) (cellu-le tireotrope) e l’ormone adrenocorticotropo (ACTH) (cellule corticotrope). Le cellule più chiare sono definite cromofobe ( ). Come in tutte le ghiando-le endocrine, vi è una rilevante vascolarizzazione con molti capillari in cui sono secreti gli ormoni che verranno distribuiti in tutto il corpo. Le secrezioni di queste cellule avvengono sotto il controllo di fattori ipotalamici di rilascio, tutti con azione positiva tran-ne la dopamina, che inibisce le cellule lattotrope.

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Figura 15-5 Macroadenoma ipofisario, RM e rappresentazione grafica Questa RM T1-pesata in sezione assiale mostra un macroadenoma pituitario intensamente brillante ( ). I macroadenomi a causa delle loro dimensioni possono erodere la sella turcica, causando cefalee, e comprimere il chiasma ottico con conseguente insorgenza di difetti del campo visivo, più comunemente noti come emianopsia bitemporale, come mostrato nella rappresentazione grafica.

Figura 15-4 Macroadenoma ipofisario, RM Questa RM sagittale T1-pesata mostra una grande massa pituitaria, in-tensamente brillante ( ), di oltre 1 cm. Gli adenomi pituitari hanno origine dall’adenoipofisi. Possono essere adenomi non secernenti che produco-no un effetto massa, in assenza di una secrezione ormonale rilevabile, o possono essere composti da cellule acidofile o basofile, che secernono in eccesso un solo ormone (o, meno frequentemente, diversi ormoni). Nel complesso, i tipi di adenomi ipofisari più comuni (con i loro conseguenti sintomi clinici) comprendono il prolattinoma (amenorrea-galattorrea nel-le donne, riduzione della libido negli uomini), seguito dall’adenoma non secernente, l’adenoma corticotropo (malattia di Cushing), l’adenoma go-nadotropo (ipogonadismo paradossale) e l’adenoma somatotropo (acro-megalia negli adulti e gigantismo nei bambini). Circa il 3% degli adenomi ipofisari insorge nell’ambito della sindrome delle neoplasie endocrine mul-tiple di tipo 1 (MEN 1).

Figura 15-6 Macroadenoma ipofisario, immagine macroscopica Questo adenoma ipofisario di grandi dimensioni ( ), definito macroadenoma, comprime il sistema ven-tricolare, come visibile nell’immagine, con con-seguente aumento della pressione intracranica; i sintomi che ne derivano sono cefalea, nausea e vomito. Nell’adenoma, occasionalmente, si può verificare un’emorragia acuta e questo può deter-minare un effetto massa. Alcuni adenomi ipofisari presentano mutazioni del gene GNAS che provo-cano l’attivazione della subunità α di una proteina G stimolatoria, aumentando la produzione di ade-nosina monofosfato ciclico (cAMP), il quale a sua volta stimola la proliferazione cellulare. Circa il 5% di questi adenomi si verifica nell’ambito di sindromi familiari quale la MEN 1.

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Figura 15-7 Adenoma ipofisario, immagini microscopiche Nell’ambito di un adenoma ipofisario, composto da cellule rotonde monomorfe e lumi capillari uniformi, si possono osservare due pattern di crescita principali: un pattern di tipo solido (riquadro di sinistra) e un pattern fetale (riquadro di destra). La colorazione con E&E (ematossilina-eosina) fornisce quadri diversi a seconda del tipo di cellula formante l’adenoma. L’adenoma ipofisario più comune negli adulti (30% dei casi) determina una secrezione di prolattina; a seguire (20% dei casi), si hanno gli adenomi non secernenti, che tuttavia possono esercitare un importante effetto massa, ridurre la funzione pituitaria (ipopituitarismo) o determinare il cosiddetto effetto di “interruzione del peduncolo”, ovvero cessazione del rilascio del fattore inibente la secrezione della prolattina nell’ipofisi anteriore, con conseguente iperprolattinemia. Gli adenomi secernenti ormoni della crescita sono molto comuni nei bambini, ma rari negli adulti.

Figure 15-8 e 15-9 Craniofaringioma, RM e immagini microscopiche Questa immagine di RM coronale mostra una massa espansiva soprasellare ( ), derivata da residui della tasca di Rathke che ha eroso le strutture circostanti. Microscopicamente, sono presenti spazi cistici ( ) e nidi di cellule squamose ( ) circondati da cellule colonnari. Possono essere presenti calcificazioni distrofiche. Sebbene istologicamente benigne, queste neoplasie sono difficili da eradicare, a causa della loro posizione e della loro estensione alle strutture adiacenti, tra cui il cervello e l’osso. Possono colpire in alcuni casi la popolazione pediatrica, in altri adulti di età più avanzata. Possono produrre cefalea, difetti del campo visivo e ipopituitarismo. Le lesioni con diametro inferiore a 5 cm hanno una minore probabilità di recidiva dopo la resezione.

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Figura 15-11 Tiroide normale, immagine microscopica La tiroide normale è composta da follicoli di for-ma rotonda rivestiti da cellule epiteliali cubiche ( ) e comprendenti nel lume sostanza colloide, un prodotto di accumulo contenente tireoglobulina, che viene metabolizzata per rilasciare gli ormoni tiroidei (T4 e T3) sotto l’influenza del TSH rilasciato dalle cellule tireotrope dell’ipofisi anteriore, le quali a loro volta sono sensibili ai livelli di ormone tiroideo circolante. Gli ormoni tiroidei agiscono su uno spe-cifico recettore nucleare nelle cellule bersaglio per stimolare la trascrizione di proteine che regolano il metabolismo di carboidrati e lipidi e nel contempo stimolano la sintesi proteica.

Figura 15-10 Tiroide normale in situ, immagine macroscopica La tiroide è localizzata anteriormente rispetto alla trachea. Essa ha nor-malmente un colore brunastro rossiccio e una consistenza compatta, ed è difficile da palpare all’esame fisico. La tiroide normale di un indivi-duo adulto pesa tra i 10 e i 30 g. È presente un lobo destro ( ), un lobo sinistro ( ) e un istmo di connessione (da cui superiormente può origi-nare un piccolo lobo piramidale, posto lungo il decorso del dotto tireo-glosso di cui rappresenta un residuo embriologico). Embriologicamente, la tiroide deriva da un’estroflessione dal forame cieco della lingua che migra verso il basso lungo il dotto tireoglosso fino a una posizione da-vanti alla cartilagine tiroidea, nella regione anteriore del collo. Le cellule C derivano dal quinto paio di tasche branchiali. La tiroide produce gli ormoni tiroidei triiodotironina (T3) e tetraiodotironina (T4). Per la sintesi degli ormoni tiroidei è necessario un apporto minimo di iodio nella dieta. In passato molti casi di gozzo in adulti con mixedema erano causati da una dieta carente di iodio, mentre nei neonati e nei bambini lo scarso apporto di iodio determinava una forma di cretinismo. Gli ormoni tiroidei vengono rilasciati nel sangue principalmente sotto forma di T4, che in periferia viene deiodinato all’interno delle cellule e trasformato in T3, la forma biologicamente più attiva. T3 e T4 hanno come effetto quello di aumentare la velocità del metabolismo basale, inclusi i processi anabo-lici e catabolici.

Figura 15-12 Cellule C normali, immagine microscopica Questa colorazione immunoistochimica di una tiroide normale con anticorpi anticalcitonina iden-tifica, in marrone, le cellule C. Le cellule C (cellule parafollicolari) dell’interstizio della tiroide si trova-no tra i follicoli, adiacenti all’epitelio follicolare. Le cellule C secernono calcitonina, che è in grado di inibire il riassorbimento osseo da parte degli osteoclasti e ridurre il calcio sierico, pur avendo un ruolo molto inferiore nell’omeostasi del calcio rispetto all’ormone paratiroideo (PTH).

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Figura 15-13 Tiroidite di Hashimoto, immagine microscopica Questa malattia autoimmune si può associare agli alleli HLA-DR3 e HLA-DR5. Essa si traduce in infiam-mazione cronica caratterizzata dalla presenza di infil-trati di linfociti T CD8+ e CD4+, che arrivano a costi-tuire gran parte degli infiltrati linfoidi, tra cui il follicolo linfoide ( ) che si può osservare in questa immagine. I follicoli tiroidei residui tendono ad atrofizzarsi e le cellule epiteliali che li compongono subiscono modi-ficazioni cosiddette a cellule di Hurthle, assumendo un abbondante citoplasma rosa e granulare. Nelle prime fasi della malattia, si può osservare un rigonfia-mento indolore della tiroide. Agli esami di laboratorio, si osserva la presenza di anticorpi antitireoglobulina e anti-microsomiali (tireoperossidasi). In molti casi sono presenti polimorfismi nei geni CTLA4 o PTPN22, in-sieme ad altre manifestazioni autoimmuni.

Figura 15-14 Tiroidite di Hashimoto, immagine macroscopica Nel corso degli anni dall’inizio della malattia, si veri-fica una progressiva e costante distruzione dei fol-licoli tiroidei, con atrofia del parenchima, cosicché spesso la tiroide non è palpabile nel momento in cui il paziente presenta mixedema da ipotiroidismo e il TSH sierico è elevato. Nella prima fase della malattia, invece, si può verificare un ipertiroidismo transitorio dovuto al rilascio eccessivo di ormo-ni tiroidei dai follicoli danneggiati. Le donne sono colpite molto più spesso degli uomini. I pazienti con tiroidite di Hashimoto possono essere affetti anche da altre malattie autoimmuni, come il mor-bo di Addison o l’anemia perniciosa. Vi è aumen-to del rischio di successivo sviluppo di linfoma di cellule B (non-Hodgkin).

Figura 15-15 Tiroidite granulomatosa, immagine microscopica Conosciuta anche come malattia di de Quervain, questa rara forma di tiroidite inizia con diffuso au-mento di volume della tiroide e dolore. Più spesso si verifica tra il quarto e il sesto decennio di vita ed è più comune nelle donne, come altre malattie della tiroide. In questa immagine, si può osservare una notevole infiammazione acuta, con presenza di linfociti, macrofagi e cellule giganti multinucleate ben evidenti ( ); si riscontra distruzione dei follicoli tiroidei. Questa patologia è tipicamente la conse-guenza di un’infezione virale che attiva i linfociti T citotossici. Di solito la malattia ha un decorso di 1-3 mesi durante i quali si possono verificare iper-tiroidismo o ipotiroidismo transitorio con febbre. La maggior parte dei pazienti guarisce completamen-te entro alcuni mesi e rimane eutiroidea.

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Figura 15-16 Malattia di Graves, immagine microscopica A basso ingrandimento, questa forma di iperplasia tiroidea è caratterizzata dalla presenza di numerose strutture papillari ( ) all’interno del lume dei follicoli. Si tratta di una malattia autoimmune in cui gli auto-anticorpi antirecettore del TSH inducono la crescita delle cellule epiteliali follicolari e, tramite la stimola-zione dell’adenilato ciclasi, l’incremento nella produ-zione di ormone tiroideo. È riportata un’associazio-ne con l’allele HLA-DR3. L’intera ghiandola tiroidea aumenta diffusamente di volume fino a raddoppiare o triplicare le dimensioni normali. I pazienti posso-no manifestare sintomi β-adrenergici, tra cui febbre, diarrea, intolleranza al calore, tachicardia, calo pon-derale, tremori e nervosismo. Esoftalmo e dermo-patia infiltrativa (mixedema pretibiale) sono le tipiche caratteristiche cliniche della malattia di Graves.

Figura 15-17 Malattia di Graves, immagini microscopiche A maggiore ingrandimento, è evidente l’aspetto colonnare alto delle cellule epiteliali follicolari iper-plastiche. Accanto a ciascuna cellula appaiono piccoli vacuoli chiari ( ), che indicano un maggior riassorbimento attivo di colloide con aumento del-la produzione di ormone tiroideo e conseguente ipertiroidismo. In questa situazione, il feedback negativo sulle cellule tireotrope dell’adenoipofisi riduce i livelli di TSH sierico, mentre i livelli di T4 sierico sono elevati. Possono essere presenti anti-corpi antitiroidei. Una complicanza rara ma grave è la cosiddetta tempesta tiroidea, con conseguen-te ipertermia maligna. La malattia di Graves può essere trattata con un β-bloccante per ridurre gli effetti β-adrenergici, con farmaci antitiroidei, come il propiltiouracile, e con tiroidectomia subtotale.

Figura 15-18 Tiroide con cisti colloidee, immagine macroscopica Una delle lesioni più comuni in grado di produrre un nodulo palpabile della ghiandola tiroidea è la cisti colloide. La cisti è piena di colloide e circondata da epitelio cubico appiattito. Si tratta quindi di un folli-colo estremamente grande in una tiroide altrimenti normale. I pazienti sono eutiroidei. Qui si vede una cisti colloide più grande ( ), posta anteriormente al polo inferiore del lobo sinistro e una cisti più piccola ( ), situata lateralmente al polo inferiore del lobo de-stro. Tali noduli possono mimare una neoplasia all’e-same fisico o all’imaging oppure un gozzo nodulare, sebbene le dimensioni complessive della tiroide in questo caso non siano aumentate. All’esame scinti-grafico con radionuclidi, la cisti colloide appare come un nodulo “freddo”, come la maggior parte dei noduli tiroidei neoplastici e non neoplastici.

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Figura 15-20 Gozzo tiroideo multinodulare, immagine macroscopica e scintigrafia Il gozzo multinodulare è spesso asimmetrico, pur essendoci ingrossamento di entrambi i lobi. La maggior parte dei pazienti si mantiene eutiroidea e l’unica manifestazione della malattia è l’effetto massa. I gozzi più voluminosi possono essere rimossi se causano ostruzione fissa delle vie aeree, disfagia o sindrome della vena cava superiore. In circa il 10% dei pazienti si può sviluppare un nodulo “tossico” iperfunzionante (sindrome di Plummer), che produce T4 e causa ipertiroidismo. Nel riquadro di destra è mostrato un nodulo “caldo” ( ) di questo tipo, che alla scansione scintigrafica con radionuclidi mostra intensa attività.

Figura 15-19 Tiroide, gozzo multinodulare, TC La tiroide qui riprodotta ha dimensioni aumentate, circonda la tra-chea e contiene diverse aree nodulari ( ) con ridotta attenuazio-ne (brillantezza). Si tratta di un gozzo multinodulare in un paziente eutiroideo, il più tipico quadro clinico che accompagna il gozzo. L’ingrandimento della tiroide è indolore ma produce disagio e de-formità estetica al collo. I gozzi multinodulari di solito sono il risultato di gozzi semplici presenti da anni. I gozzi semplici possono essere endemici in popolazioni con ridotta assunzione di iodio nella dieta. I gozzi sporadici possono essere causati da sostanze gozzigene presenti in alimenti quali i cavolini di Bruxelles, il cavolfiore, la manio-ca e le rape, che interferiscono con la sintesi degli ormoni tiroidei e promuovono lo sviluppo del gozzo. La maggior parte dei pazienti con gozzo rimane eutiroidea. Errori congeniti del metabolismo in grado di interferire con la produzione degli ormoni tiroidei sono rari, ma possono portare a gozzo con cretinismo nei bambini.

Figura 15-21 Tiroide, gozzo, immagine microscopica In questa fotografia microscopica di un gozzo, sono evidenti follicoli tiroidei di grandi dimensioni, rivestiti da cellule epiteliali inattive e appiattite e con lumi occupati da abbondanti riserve di colloi-de. Il processo inizia come un gozzo semplice, non tossico, diffuso. Con il tempo si possono verifica-re iperplasie di tipo nodulare, disomogenee, con fibrosi, emorragie e calcificazioni, nel contesto di zone con trasformazione cistica del parenchima. Nel corso di un simile processo, la crescita seletti-va di alcuni nodi può simulare un carcinoma della tiroide. Le mutazioni nelle vie di segnalazione del recettore del TSH (dei geni TSHR o GNAS) posso-no portare alla crescita e all’autonomizzazione di un nodulo all’interno di un gozzo.

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Figura 15-22 Tiroide, neoplasia follicolare, immagine macroscopica Questa sezione trasversale di un lobo tiroideo asportato mostra una neoplasia a margini espan-sivi, incapsulata, di colore brunastro uniforme, cir-condata da una rima periferica di tessuto tiroideo normale ( ). Si tratta di un adenoma follicolare, che si manifesta tipicamente come massa indolo-re. Lesioni di questo tipo vengono spesso diagno-sticate istologicamente come neoplasie follicolari, in quanto, pur avendo caratteri istologici di beni-gnità, nel 10% dei casi si possono comportare in modo aggressivo. Una neoplasia follicolare forma un nodulo palpabile compatto ed è più comune nelle donne di mezza età. Per la maggior parte, alla scansione con radionuclidi, si tratta di noduli freddi ipofunzionanti.

Figura 15-23 Tiroide, neoplasia follicolare, immagine microscopica Questa neoplasia follicolare ben differenziata è composta da follicoli riconoscibili, piccoli e molto ravvicinati, mentre la tiroide normale adiacente, in basso a destra ( ), presenta follicoli compressi e appiattiti. In quest’immagine non sono visibili segni di invasione vascolare o capsulare, quindi è pro-babile che questa neoplasia si comporti in modo benigno. La maggior parte delle neoplasie follico-lari è asintomatica, ma un raro adenoma iperfun-zionante, o adenoma tossico, può essere causa di ipertiroidismo. Alcuni adenomi tossici hanno una mutazione del recettore accoppiato alla proteina G che codifica per la subunità α (GNAS1) ad azione stimolatoria sull’enzima adenilato ciclasi, con con-seguente produzione di cAMP e incremento nella sintesi di ormoni tiroidei.

Figura 15-24 Tiroide, carcinoma follicolare, immagine microscopica Questa neoplasia follicolare è composta da piccoli follicoli, molto ravvicinati, ma riconoscibili. È pre-sente invasione vascolare ( ), qui visibile a sinistra in alcune strutture vascolari venose (l’invasione linfatica è rara), quindi è probabile che questa neoplasia abbia un comportamento aggressivo. Questi carcinomi rappresentano dal 5 al 15% dei tumori della tiroide, e si osservano più spesso in persone con carenza di iodio nella dieta. Per la maggior parte si tratta di noduli freddi all’esame scintigrafico, che crescono lentamente. I carcino-mi follicolari minimamente invasivi hanno una pro-gnosi favorevole.

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Figura 15-25 Tiroide, carcinoma follicolare, immagine microscopica L’invasione vascolare ( ) è evidenza di malignità in questa neoplasia, che presenta un’architettura va-gamente follicolare, in assenza delle caratteristiche microscopiche indicative di carcinoma papillare. I carcinomi follicolari mostrano spesso mutazioni nella via di trasduzione del segnale PI3K/AKT, e queste includono mutazioni puntiformi con guada-gno di funzione di RAS e PIK3CA, amplificazione di PIK3CA e mutazioni di PTEN con perdita di funzio-ne. Metà di questi casi inoltre hanno traslocazioni cromosomiche (2;3) con formazione del gene di fusione PAX8-PPARG. Il carcinoma follicolare è il secondo tumore maligno più comune della tiroide. Tende a comportarsi in modo indolente e meta-statizza per via ematogena in siti come polmone o fegato.

Figura 15-27 Tiroide, carcinoma papillare, TC La TC del collo rivela una massa nel lobo tiroideo sinistro con un’area cistica irregolare ( ) di ridotta attenuazione all’interno della massa. Questa neo-plasia si manifesta spesso sotto forma di nodulo tiroideo palpabile indolore. In alcuni casi, il carcino-ma non è palpabile, ma può metastatizzare in un linfonodo cervicale a breve distanza, determinan-do un ingrandimento palpabile del linfonodo stes-so (detto nodulo delfico, dall’antico oracolo greco di Delfi, che prediceva eventi futuri). I meccanismi molecolari alla base dello sviluppo di questa neo- plasia includono riarrangiamento cromosomico dei recettori tirosin-chinasici RET (con formazione del gene di fusione RET/PTC) o NTRK1, mutazioni at-tivanti l’oncogene BRAF e mutazioni del gene RAS.

Figura 15-26 Tiroide, neoplasia, immagine radiografica La prova della presenza di una massa che coinvolge la tiroide è qui visibile in modo indiretto sotto forma di deviazione tracheale ( ) a destra come conseguenza dell’effetto massa. Le neoplasie della tiroide possono essere palpabili all’esame fisico, anche se meno negli individui di corporatura robusta. Procedure radiologi-che come la TC possono aiutare a documentare le dimensioni, la localizzazione e la consistenza della tiroide; le scansioni scin-tigrafiche sono utili nel determinare la quantità e la distribuzione della captazione isotopica nel parenchima tiroideo. L’agoaspirato con esame citologico delle cellule aspirate è uno strumento utile per determinare la natura delle lesioni tiroidee. La rimozione della tiroide (tiroidectomia) in parte (subtotale) o interamente (totale) può essere intrapresa a fini diagnostici e terapeutici.

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Figura 15-28 Tiroide, carcinoma papillare, immagine macroscopicaQueste neoplasie possono essere multifocali, come si vede qui, a causa della propensione a invadere i vasi linfatici della tiroide, e metastasi ai linfonodi adiacenti non solo sono comuni, ma possono an-che essere il primo segno della malattia. La massa più grande ( ), mostrata qui in questa sezione tra-sversale di una tiroide asportata, è cistica e con-tiene escrescenze papillari. Il carcinoma papillare, che costituisce fino all’85% di tutti i carcinomi della tiroide, produce invariabilmente un nodulo freddo alla scintigrafia.

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Figura 15-29 Tiroide, carcinoma papillare, immagini microscopiche Il carcinoma nel riquadro di sinistra è formato da strutture papillari composte da sottili assi fibrovascolari ( ) e rivestite da cellule con nuclei che appaiono chiari (otticamente vuoti) su colorazione E&E dopo fissazione in formalina. Un’altra caratteristica microscopica, vista a forte ingrandimento nel riquadro di destra, è la presenza di calcificazioni costituite da lamine rotonde e concentriche, i cosiddetti corpi psammomatosi. I carcinomi papillari sono tumori indolenti e si associano a una lunga sopravvivenza, anche in caso di malattia metastatica.

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Figura 15-30 Tiroide, carcinoma midollare, TC e immagine microscopica Si osservano lesioni nodulari ( ) in ciascun lobo tiroideo (riquadro superiore), a indicare la multifocalità della neoplasia, cosa che si verifica con maggiore probabilità nelle forme familiari. Le cellule del carcinoma sono visibili in alto e a destra (riquadro inferiore), mentre il tessuto follicolare tiroideo normale adiacente ( ) è visibile in basso a sinistra. All’estrema destra, si può osservare la presenza di materiale ialino rosa ( ) compatibile con depositi di sostanza amiloide (che si colora positivamente con la colorazione rosso Congo). Queste neoplasie, derivate dalle cellule C della tiroide, hanno caratteristiche neuroendocrine, come la secrezione di calcitonina (ma senza indurre ipocal-cemia). Nel tessuto tiroideo circostante può essere presente iperplasia delle cellule C. I carcinomi midollari possono essere sporadici o familiari. La forma familiare presenta una prognosi più favorevole e può essere multifocale e associata a sindromi MEN. Le mutazioni del gene RET sono presenti nella maggior parte dei carcinomi familiari e nella metà di quelli midollari sporadici.

Figura 15-31 Tiroide, carcinoma anaplastico, immagini microscopiche Si tratta del tumore maligno della tiroide meno co-mune, ma più aggressivo; presenta rapida crescita ed è invasivo, fino a coinvolgere l’esofago adiacen-te con disfagia o la trachea con dispnea. Qui sono mostrate (riquadro di destra) cellule fusiformi alta-mente pleomorfe, che infiltrano il muscolo sche-letrico adiacente a destra. Nel riquadro di sinistra si vedono sia cellule epitelioidi, sia fusiformi, con desmoplasia del tessuto circostante. Alcuni casi hanno origine nel contesto di un gozzo multinodu-lare. Multicentricità e foci di carcinoma papillare o follicolare possono essere presenti nel 20-30% dei casi, suggerendo un’origine da un precedente car-cinoma differenziato. Si verificano in soggetti an-ziani. È spesso presente mutazione del gene p53.

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Page 13: Il sistema endocrino - Doctor33 · CAPITOLO 15 Il sistema endocrino 389 Figura 15-5 Macroadenoma ipofisario, RM e rappresentazione grafica Questa RM T1-pesata in sezione assiale mostra

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Figura 15-32 Ghiandola paratiroide, normale, immagine microscopicaNella ghiandola paratiroide normale è presente un nu-mero variabile di adipociti, visibili qui principalmente nella parte sinistra del riquadro, i quali sono frammisti a piccoli nidi di cellule principali che secernono PTH. Sono in genere presenti piccoli noduli di cellule ossi-file rosa ( ) la cui funzione non è nota. La ghiandola paratiroide ha una ricca vascolarizzazione, come in tutti i tessuti del sistema endocrino che secernono prodotti ormonali direttamente nel flusso sanguigno. Da un punto di vista embriologico, le paratiroidi de-rivano dalla III e dalla IV tasca faringea e sono loca-lizzate sul lato posteriore dei due lobi della ghiandola tiroide, a coppie, due superiori e due inferiori. Occa-sionalmente una paratiroide ectopica può localizzarsi dietro allo sterno in sede intra-timica. Il PTH viene ri-lasciato nel sangue in quantità inversamente propor-zionale ai livelli ematici di calcio ionizzato e magnesio.

Figura 15-33 Paratiroide, adenoma, scintigrafia Questa scansione scintigrafica dopo somministrazione endovenosa di tec-nezio-99m mostra, oltre alla captazione del radiotracciante nei lobi tiroidei e nelle ghiandole salivari, una piccola area di maggiore attività localizzata al polo inferiore del lobo sinistro della tiroide, coerente con un adenoma paratiroideo inferiore sinistro ( ). Le manifestazioni cliniche di iperparatiroidismo includono dolori ossei, nefrolitiasi, stipsi, ulcera peptica, pancreatite, colelitiasi, depres-sione, debolezza e convulsioni. La presenza di calcificazioni metastatiche in tessuti quali polmone, rene e mucosa gastrica è rara. L’esplorazione chirurgi-ca per trovare l’adenoma può essere difficile, e può essere complicata dalla presenza di un secondo adenoma o di una iperplasia paratiroidea con ingran-dimento asimmetrico delle paratiroidi. La chirurgia paratiroidea è la causa più comune di ipoparatiroidismo, pertanto dopo l’intervento vengono controllati i livelli di calcio nel siero. Le manifestazioni cliniche di ipoparatiroidismo inclu-dono irritabilità neuromuscolare, cambiamenti comportamentali, tra cui ansia o depressione, papilledema, formazione di cataratta e aritmie cardiache con prolungamento dell’intervallo Q-Tc.

Figura 15-34 Adenoma paratiroideo, immagine microscopica Adiacente a questo adenoma paratiroideo ( ) vi è una sottile rima di paratiroide normale residua, comprendente un nodulo di cellule ossifile rosa ( ) in alto a destra e una piccola cisti paratiroidea be-nigna contenente liquido proteinaceo rosa ( ), un riscontro incidentale, in alto a sinistra. L’adenoma è responsabile di circa l’85-95% di tutti i casi di iper-paratiroidismo primario. Oltre a elevati livelli sierici di calcio ionizzato con ipofosfatemia, un dosaggio del PTH rivela un livello di PTH ai limiti superiori di norma o elevato. La iperespressione del gene della ciclina D1 è presente nel 40% dei casi. Nel 20-30% di questi adenomi sono presenti mutazioni del gene MEN1.

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Page 14: Il sistema endocrino - Doctor33 · CAPITOLO 15 Il sistema endocrino 389 Figura 15-5 Macroadenoma ipofisario, RM e rappresentazione grafica Questa RM T1-pesata in sezione assiale mostra

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Figura 15-35 Iperplasia paratiroidea, immagine macroscopica Da questo paziente sono state rimosse tre ghian-dole paratiroidi iperplastiche e mezza (è presente solo metà ghiandola in basso a sinistra). Anche se tutte queste ghiandole sono ingrandite, l’ingrandi-mento può essere avvenuto in modo asimmetrico. All’osservazione microscopica, l’iperplasia delle cellule principali è la forma più comune, ma pos-sono proliferare anche altri tipi di cellule paratiroi-dee. L’iperplasia paratiroidea è la seconda forma più comune di iperparatiroidismo primario, pari al 10-15% dei casi. L’iperplasia paratiroidea è meno comunemente associata alle sindromi MEN 1 o MEN 2A. L’insufficienza renale con ridotta escre-zione di fosfato può portare a iperparatiroidismo secondario.

Figura 15-36 Carcinoma paratiroideo, immagine macroscopica È qui visibile una massa dai margini irregolari, mar-roncina ( ), che invade l’adiacente tessuto tiroideo di colore rosso-bruno ( ). Il carcinoma paratiroi-deo è la forma meno comune di iperparatiroidismo primario, rappresentando meno dell’1% dei casi. Questi carcinomi tendono a invadere i tessuti cir-costanti nel collo, e ciò ne complica la rimozione chirurgica. Il livello sierico di calcio è spesso molto elevato. Anche altre neoplasie maligne non parati-roidee possono determinare livelli sierici di calcio marcatamente elevati, in particolare quelle asso-ciate alla presenza di una sindrome paraneopla-stica da secrezione del peptide correlato al PTH.

Figura 15-37 Carcinoma paratiroideo, immagini microscopiche Questo carcinoma paratiroideo, visibile a un in-grandimento intermedio nel riquadro di sinistra e a maggiore ingrandimento nel riquadro di destra, mostra fasci di tessuto fibroso di vario spessore ( ) tra i nidi di cellule di carcinoma. I nidi di cellule neo- plastiche non sono molto pleomorfi, pertanto inva-sione e metastasi sono gli unici indicatori affidabili di malignità. I livelli elevati di PTH nel siero in caso di carcinomi, adenomi e iperplasia delle paratiroidi possono aumentare l’attività di riassorbimento os-seo degli osteoclasti e il rimodellamento osseo fino a produrre osteite fibroso-cistica e tumore bruno delle ossa.

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Figura 15-38 Ghiandola surrenale normale, immagine macroscopica La ghiandola surrenale destra normale ( ) è posi-zionata tra il fegato ( ) e il rene ( ) nel retroperi-toneo, compresa tra il tessuto adiposo retroperi-toneale ( ). Ogni ghiandola normale pesa tra 4 e 6 g. Da un punto di vista embriologico, il surrene si sviluppa dalla proliferazione delle cellule dell’epi-telio celomatico dalla gemma ureterale, formando la corteccia surrenalica fetale, che infine diventa la zona reticolare. Questa è invasa dai neurobla-sti formanti la cresta neurale per formare la zona midollare surrenalica. Un’ulteriore proliferazione di cellule dell’epitelio celomatico circonda la corticale fetale per diventare la zona corticale glomerulare e fascicolata dell’adulto.

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Figura 15-39 Ghiandola surrenale normale, immagine microscopica Gli strati normali della ghiandola surrenale non sono ben demarcati gli uni rispetto agli altri. All’estrema destra si trova il tessuto adiposo che circonda il surrene ( ). Spostandosi a sinistra nell’immagine, di seguito si trova la capsula di tessuto fibroso ( ). Adiacente alla capsula si trova la zona glomerulare ( ), le cui cellule producono mineralcorticoidi come l’aldosterone. Poi si trova, al centro di questa imma-gine, la zona fascicolata ( ), le cui cellule producono glucocorticoidi, principalmente il cortisolo. Quindi c’è la zona reticolare ( ), composta da cellule rosa più scure e leggermente più piccole che producono gli ormoni sessuali steroidei. All’estrema sinistra si trova la zona midollare ( ), che produce catecola-mine, principalmente noradrenalina e in misura mi-nore adrenalina e dopamina.

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Figura 15-40 Confronto tra ghiandole surrenali atrofiche, normali e iperplastiche, immagini macroscopiche Le due ghiandole surrenali poste in alto sono atrofiche, come si osserva nella malattia di Addison idiopatica o nell’uso di corticosteroidi a lungo termine. La seconda coppia comprende ghiandole surrenali normali, che han-no una rima di corticale di colore giallo dorato ben definito e una zona centrale di midollare rossastra. La coppia in basso è un esempio di iperplasia, che di solito è il risultato di un aumento nella secrezione di ACTH: questa può es-sere dovuta a una produzione ectopica di ACTH da parte di una neoplasia, ad esempio un carcinoma a piccole cel-lule del polmone (sindrome di Cushing), o può essere cau-sata da un adenoma ipofisario (malattia di Cushing). Le ghiandole surrenali possono diventare iperplastiche per difetti enzimatici della steroidogenesi o, raramente, senza lo stimolo dell’ACTH, come processo idiopatico primario.

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Figura 15-41 Iperplasia nodulare surrenale, immagine microscopica L’iperplasia macronodulare corticale, primitiva e sporadica, è indipendente dall’ACTH, ed è co-stituita da noduli di dimensioni superiori a 3 mm. Notare che i noduli ( ) qui sono composti sia da cellule ricche di lipidi (chiare, come le cellule che compongono la zona fascicolata), sia da cellule povere di lipidi (rosa, come le cellule della zona reticolare). Recettori del polipeptide inibitorio ga-strico, dell’ormone luteinizzante (LH), dell’ormone antidiuretico (ADH) e della serotonina sono ipere-spressi nei noduli iperplastici. Alcuni casi di iper-plasia macronodulare si verificano nell’ambito della sindrome di McCune-Albright. L’iperplasia diffusa, caratterizzata dalla presenza di pochi o piccoli no-duli, è dipendente da ACTH.

Figura 15-42 Sindrome di Waterhouse-Friderichsen, TC La TC mostra ghiandole surrenali nella loro ubicazione tipica ( ), ma ingrandite per la presenza di un’emorragia bilaterale causata dalla sin-drome di Waterhouse-Friderichsen dovuta all’infezione da Neisseria meningitidis (meningococco). Meno comunemente, tale condizione può essere causata da altri organismi, come Pseudomonas aerugi-nosa, Streptococcus pneumoniae o Haemophilus influenzae. Questa condizione provoca insufficienza surrenalica acuta con vasculite in-dotta da endotossine e il possibile sviluppo di una coagulazione intra-vascolare disseminata (CID).

Figura 15-43 Sindrome di Waterhouse-Friderichsen, immagine macroscopica Queste ghiandole surrenali hanno un colore da rosso scuro a nero per la vasta emorragia con coagulazione intravascolare disseminata come conseguenza del rilascio di endotossine da parte del batterio Neisseria meningitidis, causa di setti-cemia. Questa condizione è nota come sindrome di Waterhouse-Friderichsen ed è una complicanza dell’infezione che si osserva più frequentemente nei bambini. L’infezione da N. meningitidis può esordire come una lieve faringite, ma progredire poi in setticemia acuta con ipotensione e shock in poche ore. La distruzione di oltre il 90% della corteccia surrenale causa insufficienza corticosur-renalica.

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Figura 15-44 Adrenalite tubercolare, immagine microscopica Sebbene la maggior parte dei casi di malattia di Addison ai giorni nostri sia idiopatica (presumi-bilmente da causa autoimmune), sono ancora ri-portati casi derivanti da infezione disseminata da Mycobacterium tuberculosis. Qui è mostrato un granuloma ( ) con aree centrali eosinofile di ne-crosi caseosa e infiammazione circostante con linfociti, cellule epitelioidi e cellule giganti di Lang-hans. Una porzione di ghiandola surrenale residua è visibile a destra. Questa infezione procede nel corso di mesi o anni, e la distruzione corticosur-renalica porta a insufficienza surrenalica cronica. I livelli ridotti di cortisolo plasmatico portano a un aumento di ACTH e dei suoi precursori, i quali possono stimolare i melanociti, con conseguente iperpigmentazione cutanea.

Figura 15-45 Adenoma surrenalico, immagine macroscopica Questa massa circoscritta di colore uniformemente giallo-marroncino ( ) è un adenoma, presente in un paziente con ipertensione e ipokaliemia. Ulteriori analisi hanno rilevato alti livelli di aldosterone sieri-co e bassa attività della renina plasmatica, risultati compatibili con adenoma secernente aldosterone (sindrome di Conn). Gli adenomi rappresentano circa un terzo dei casi di iperaldosteronismo pri-mario, e l’iperplasia nodulare idiopatica la maggior parte dei restanti casi. Tali adenomi sono in gene-re inferiori a 2 cm e hanno superficie di taglio di colorito giallo. Nei casi in cui l’adenoma secerne cortisolo, il paziente si presenta clinicamente con la sindrome di Cushing.

Figura 15-46 Adenoma surrenalico, TC La TC mostra un piccolo adenoma surrenalico ( ) con ridotta atte-nuazione, adiacente al fegato, sulla destra. È anche presente una cisti semplice incidentale ( ) del fegato. Alcuni adenomi del surre-ne sono reperti incidentali (“incidentalomi”) in corso di TC addomi-nale eseguita per altre indicazioni, e adenomi minori di 2 cm senza segni o sintomi di iperfunzione surrenalica possono essere ignorati e non trattati (come nella tecnica di pesca catch & release, “cattura e rilascia”). La cisti epatica è un altro esempio di incidentaloma.

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Figura 15-47 Adenoma surrenalico, immagine microscopica L’adenoma corticosurrenalico sulla destra è ben differenziato e assomiglia a una normale zona fa- scicolata del surrene. Appare istologicamente qua- si uguale alla ghiandola surrenale normale com-pressa ( ) sulla sinistra, appena al di fuori della capsula dell’adenoma. Nell’ambito di questi ade-nomi, si può osservare un minimo pleomorfismo cellulare. Se tale adenoma non secerne ormoni ed è asintomatico, potrebbe non venir rilevato se non da studi di imaging effettuati per altri motivi. Gli adenomi secernenti cortisolo possono portare a sindrome di Cushing con ridistribuzione del gras-so corporeo in sede centrale, ipertensione, diabete secondario, porpora e osteoporosi.

Figura 15-48 Carcinoma corticosurrenalico, TC La ghiandola surrenale di sinistra è occupata da una grande massa ( ). Questi carcinomi tendono a essere più grandi degli adenomi surrenalici e più variegati nel loro aspetto patologico, radiografico e macroscopico, tipicamente per la presenza di aree di emorragia e necrosi. La maggior parte delle neoplasie pesa più di 100 g. Pos-sono insorgere in un’ampia fascia di età. Dopo somministrazione di mezzo di contrasto endovenoso, è visibile una zona più brillante, osservabile qui nella parte posteriore della massa, che corrispon-de a un’area di emorragia. La principale diagnosi differenziale per questa massa, in assenza di evidenza clinica o laboratoristica di funzionalità endocrina, è una metastasi, il più delle volte da tumore primitivo polmonare. Le metastasi a entrambe le ghiandole sur-renali possono portare a insufficienza corticosurrenalica, mentre molti carcinomi corticali sono ormonalmente attivi.

Figura 15-49 Carcinoma corticosurrenalico, immagine microscopica Questo carcinoma corticosurrenalico ha un aspetto microscopico simile a quello della corteccia surre-nale normale. Come regola generale, in effetti, è difficile determinare la malignità di una neoplasia endocrina sulla base delle sole caratteristiche cito-logiche. L’invasione vascolare (come si può osser-vare qui in un vaso venoso [ ]) e le metastasi sono gli indicatori più affidabili di malignità. I carcinomi corticosurrenalici spesso sono ormonalmente atti-vi e possono indurre una sindrome di Cushing per secrezione di glucocorticoidi, oppure può essere presente secrezione ormonale di steroidi sessuali con conseguente mascolinizzazione in una donna o femminilizzazione in un uomo. Questi carcinomi raramente producono mineralcorticoidi in eccesso.

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Figura 15-50 Feocromocitoma, immagine macroscopica Si può notare il colore grigio-marroncino di questa neopla-sia ( ) che insorge dalla midollare surrenalica, e confrontarlo con il colore giallo della normale corteccia residua ( ), assot-tigliata intorno al nodo, e con un piccolo residuo di ghian-dola surrenale in basso a destra. Questo paziente soffriva di episodi di ipertensione dovuta alla secrezione di cateco-lamine (noradrenalina e adrenalina) che stimolavano i recet-tori α-adrenergici e β-adrenergici in varie cellule. Sebbene la maggior parte dei feocromocitomi si verifichi sporadicamen-te, essi possono essere associati a sindromi quali la MEN 2A o 2B, la neurofibromatosi 1, la malattia di Sturge-Weber e la malattia di von Hippel-Lindau. I feocromocitomi seguono la regola del 10%: il 10% è bilaterale, è maligno, insorge in età pediatrica, non si associa a ipertensione e si presenta con localizzazione extrasurrenalica.

Figura 15-51 Feocromocitoma surrenalico, RM L’immagine RM dell’addome, in sezione assiale, T1 pesa-ta con soppressione del grasso, mostra diffusa presa di contrasto (a causa della ricca vascolarizzazione di questa neoplasia) in una massa ( ) che sostituisce la ghiandola surrenale sinistra. Questo paziente aveva ipertensione, tachicardia, palpitazioni, cefalea, tremori e diaforesi, ol-tre a un elevato livello di catecolamine. L’ipertensione è più spesso costante e meno spesso si presenta in forma episodica (tuttavia questa forma è più suggestiva di feo-cromocitoma). Il paziente presentava inoltre aumento di catecolamine libere urinarie, acido vanilmandelico e me-tanefrine. Le aritmie cardiache possono portare a morte improvvisa. L’anestesista può segnalare elevazione della pressione sanguigna quando il chirurgo manipola questo tumore durante la rimozione.

Figura 15-52 Feocromocitoma surrenalico, reazione cromaffine, immagine macroscopica Si tratta di un tradizionale “gioco di prestigio” della patologia per visualizzare la reazione cromaffine, in base alla quale i tessuti di un feocromocitoma cambiano colore da marroncino a marrone quando sono posti in una soluzione preparata da poco di bicromato di potassio. Questa reazione si verifica perché grandi quantità di ammine biogene (cate-colamine) nel citoplasma delle cellule neoplastiche sono ossidate dal contatto con questa soluzione. In aggiunta alle catecolamine, queste neoplasie possono secernere ACTH (che porta a sindrome di Cushing) o somatostatina. Fino al 25% dei casi può essere familiare e avere una base genetica, tra cui mutazioni dei geni RET, NF1 e del gene VHL.

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Figura 15-53 Feocromocitoma, immagini microscopiche Nel riquadro di sinistra si può notare la corteccia surrenale normale ( ), in rapporto alla neoplasia della midollare ( ) composta da ampie cellule cro-maffini (principali), poligonali o fusiformi, che hanno un citoplasma di colore rosa-viola. Le cellule sono disposte in nidi (Zellballen) con cellule sustenta-colari adiacenti più piccole, circondate da abbon-danti capillari frammisti (riquadro di destra). La colorazione immunoistochimica per cromogranina e sinaptofisina di solito è positiva. L’aspetto micro-scopico non dà indizi affidabili di comportamento biologico, quindi la determinazione di malignità si basa sulla presenza di invasione o metastasi. I sin-tomi possono essere trattati con agenti bloccanti adrenergici prima della rimozione chirurgica.

Figura 15-54 Feocromocitoma surrenalico, immagine al microscopio elettronico Al microscopio elettronico, le cellule cromaffini (prin-cipali) di un feocromocitoma, simili alle cellule prin-cipali di altre neoplasie con differenziazione neuro-endocrina, contengono nel loro citoplasma granuli scuri e tondi, neurosecretori, ancorati alla membra-na cellulare ( ). Questi granuli contengono le cate-colamine in un feocromocitoma. La colorazione im-munoistochimica per cromogranina e sinaptofisina è presente nelle cellule principali, mentre le cellule sustentaculari sono positive per S100, una proteina legante il calcio. Livelli di catecolamine persistente-mente elevati possono produrre una cardiomiopatia da catecolamine complicata da insufficienza cardia-ca congestizia e aritmie.

Figura 15-55 Neuroblastoma surrenalico, immagine macroscopica La massa addominale palpabile in questo neonato deriva da un neuroblastoma congenito localizzato nel surrene destro. Questa massa di colore mar-rone disomogeneo ( ), con campi di emorragia, è un neuroblastoma di dimensioni tali da dislocare il fegato ( ) a sinistra. La maggior parte di queste neoplasie insorge durante i primi 3 anni di vita, e nonostante lo stadio avanzato raggiunto dalla neo- plasia qui rappresentata, i neuroblastomi dell’età pediatrica hanno una prognosi nel complesso più favorevole. L’amplificazione del gene MYCN è spes-so presente e incide sulla prognosi. Così come i feo- cromocitomi degli adulti, queste neoplasie posso-no anche insorgere nei paragangli extrasurrenalici. Casi familiari possono avere mutazioni germinali del gene della chinasi del linfoma anaplastico (ALK).

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Figura 15-56 Neuroblastoma surrenalico, immagine microscopica Questo è uno dei cosiddetti tumori “a piccole cel-lule blu rotonde” più tipicamente osservati nei bambini. Si può notare una popolazione di cellule blu rotonde simili a neuroblasti embrionali. Queste neoplasie possono raggiungere grandi dimensioni nel retroperitoneo prima di essere rilevate. Spesso contengono aree focali di necrosi e calcificazioni. In alcuni casi può essere presente ipertensione. Pos-sono essere rilevate clinicamente perché secernono acido omovanilico, un precursore nella sintesi delle catecolamine, e acido vanillilmandelico, dopamina e noradrenalina, sebbene non nelle grandi quantità dei feocromocitomi. L’età inferiore ai 18 mesi o uno stadio basso indicano una prognosi più favorevole.

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