Il Senso Delle Cose

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IL SENSO DELLE COSE

IL SENSO delle COSE

Call for papers:

L’interesse della semiotica per gli artefatti e per la cultura materiale – oggetti d’uso, strumenti del lavoro, dispositivi di comunicazione, ambienti e luoghi – può avere un suo punto di partenza nella natura relazionale degli oggetti. La semiosi stessa, il processo di individuazione e di generazione del senso, è infatti relazionale, perché ha origine dal momento in cui si stabilisce un contatto fra noi e il mondo-ambi-ente, fra noi e gli oggetti e tutto ciò che ha natura sensoriale.Il senso di un oggetto – di un artefatto, di un prodotto, di un sistema – emerge allora dal momento in cui constatiamo che qualcosa è connessa a un’altra cosa, e che tale connessione diventa per l’osservatore degna di interesse e quindi di significatività.Nessuna cosa ha quindi vita pro-pria. Anche gli oggetti del nostro ambiente artefattuale hanno esistenza sociale, e l’esistenza di ogni oggetto

è sorretta da una rete di relazioni solo all’interno della quale esprimere un senso. Non è possibile immagin-are la vita delle cose – e a maggior ragione la vita in generale – come evento singolo e delimitato.Sulla base di queste considerazioni generali, viene richiesto un saggio che prenda in considerazione uno o più prodotti esemplari, a partire dai quali venga resa evidente la rete di relazioni attraverso cui è possibile individu-are e definire il loro senso semiotico e sociale. Nell’analisi dei prodotti è richiesto il ricorso a categorie semiot-iche affrontate durante il corso e che fanno riferimento ai testi: Breve corso di semiotica, Sussidiario di semiotica, Gioco dialogo design.Per la stesura del saggio è consentito (anzi: sollecitato) anche il ricorso ad altri testi che lo studente ritiene utili per sostenere le proprie tesi.

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ABSTRACT

In questo saggio verrà analizzato il Magic Mouse della Apple, creato nel 2009 dall’azienda con caratteristiche particolari che lo rendono “un mouse mai visto prima”. [1]Partendo dal presupposto semiotico che “non è possibile immaginare la vita delle cose come evento singolo e delimitato”, verranno analizzati i fat-tori che hanno portato allo sviluppo di questo mouse e come questi ne vadano a minare l’affordance.

La tesi che si vuole dimostrare è come sia possibile realizzare un prodotto di successo sebbene questo non rispetti le regole dell’affordance che lo rendo-no pienamente comprensibile al pub-blico al momento dell’acquisto.

Il saggio è diviso in quattro paragrafi principali, ognuno dei quali sviluppa degli argomenti importanti per una analisi semiotica. Il primo paragrafo

è incentrato sul senso sincronico del prodotto, presentandolo quindi nel suo aspetto sintattico, nelle sue fun-zionalità e nell’individuazione della sua logica compositiva. Nel secondo paragrafo si analizza invece il senso diacronco dell’oggetto, ovvero da dove è nato e dove probabilmente andrà a svilupparsi. Il terzo paragrafo è quello più importante, perchè è quello dove viene presentata e argomentata la tesi del saggio: L’oggetto ha delle ottime funzionalità ma nascoste al momento dell’acquisto.Su cosa si baserà un utente per sco-prire queste funzionalità?E su cosa punta l’azienda produttrice per poter vendere un prodotto senza che l’utente sappia realmente di cosa si tratti? Nell’ultimo paragrafo verranno illustrati i fattori che hanno determinato il suc-cesso di questo prodotto, nonostante tutte le controversie.

INDICE:

1. IL SENSO SINCRONICO pag 3

1.1. Analisi sintattica 1.1.1. Descrizione del’oggetto 1.1.2. Interfaccia 1.2. Logica compositiva 1.2.1. I nuovi gesti 2. IL SENSO DIACRONICO pag 4

2.1. Posizione nel processo storico 3. IL SENSO DIALOGICO pag 5

3.1. Sintassi d’uso 3.1.1. Usabilità percepita 3.2. L’affordance è un optional 3.3. Le inferenze

4. CONCLUSIONE pag 6

[1] www.apple.com

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1. IL SENSO SINCRONICO

1.1. Analisi sintatticaIl mondo oggettivo determina dei segni che la nostra osservazione è in grado di “selezionare, isolare e interpretare” [2]. In particolare gli oggetti sono in grado di stabilire relazioni più o meno dirette con gli uten-ti. Semprini afferma che “la percezione costituisce il primo luogo di interscambio tra soggetto e oggetto ed è proprio in questo gioco di relazioni che si produce in prima istanza la significazione.” [3]In particolare per la Apple l’estetica dei prodotti as-sume un’importanza significativa, in quanto vuole veicolare semplicità e funzionalità, facendo ricorso al Funzionalismo e, in particolare, a una delle sue varianti più celebri: il Good Design. [4]

1.1.1. Descrizione dell’oggettoA prima vista l’oggetto si presenta come tutti i prodotti Apple: elegante, pulito, chiaro e semplice nelle forme (img 1); l’azienda stessa lo descrive come: “design minimale, profilo elegante, superficie ininterrotta” [1]. I materiale utilizzato per la base dell’oggetto è il metallo grigio chiaro satinato, mentre la superficie a contatto con la mano è rivestita di plastica trasparente.Il colore bianco, che è quello predominante nella parte superiore, e il logo della Apple sono situati sulla su-perficie inferiore rispetto rivestimento trasparente ap-pena citato. La “zona bianca” e la “zona grigia” sono separate da un elegante quanto sottile bordo nero.Le dimensioni del prodotto sono: 11 cm di lunghezza, 6 cm di larghezza e 1,3 cm di altezza massima. [1] Se lunghezza e larghezza sono negli standard dei mouse da computer, lo stesso non si può dire per l’altezza, decisamente inferiore; Il suo peso è di 100 grammi con le due batterie incluse, la metà circa senza le batterie. [1]

1.1.2. L’interfaccia“Oggi raggiungiamo un nuovo traguardo storico por-tando i gesti anche nel mondo desktop, grazie a un mouse mai visto prima”[1]. Magari la frase suonerà un pò presuntuosa, ma è certo che questo prodotto ha caratteristiche molto differenti dagli altri prodotti della stessa categoria: a prima vista il Magic Mouse non possiede i due tipici bottoni che normalmente tutti i mouse hanno, e nemmeno la rotella centrale per lo scorrimento delle pagine. Quindi quello che l’utente ad un primo approccio potrebbe pensare, è che il mouse non abbia tutte le funzionalità che dovrebbe avere. “Ed è quando comincerai a usarlo che capirai davvero dov’è la novità” [1], così recita il sito internet; l’unico modo che ha l’utente per conoscere le funzionalità è quello di instaurare un rapporto con esso, e indivi-duarne le numerose capacità tramite le inferenze. Ma di questo si parlerà più avanti.

1.3. L’individuazione della “logica compositiva” da cui derivano forma e strutturaSecondo il triangolo di Pierce, la semiosi comprende l’Oggetto dinamico, il Segno e l‘Interpretante.Il primo è il manufatto stesso, che crea una percezio-ne nel nostro sistema sensoriale, chiamata segno, ed un giudizio, chiamato interpretante, così come questo viene mediato dal segno.La creazione del segno in questo caso avviene per somiglianza, in quanto vi è similarità tra l’espressione e il contenuto: le forme del Magic Mouse infatti, sono fortemente influenzate dallo stile degli altri prodotti della azienda di Cupertino.I colori e i materiali caratteristici sono proprio gli stessi tre che ritroviamo negli altri prodotti: il nero e il grigio appartengono ai portatili Macbook Pro e ai desktop iMac; il bianco invece è il colore dei portatili MacBook di fascia più economica.

[2] Bonfantini, M. Bramati, J. Zingale, S. (2007) Sussidiario di Semiotica, ATì editore[3] Semprini, A. (1999) Il senso delle cose, Milano, FrancoAngeli

[4] Polidoro, P. (2009), “Il concetto di stile nel design e le strategie di Apple”, EC, Rivista on-line dell’Associazione Italiana Studi Semiotici, Il discorso del design: Pratiche di progetto e saper-fare semiotico, Anno III, nn. 3/4 2009

img 1. Apple Magic Mouse, www.apple.com

img 2. Wireless Mouse M515, www.logitech.com

[1] www.apple.com

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Manca però qualunque elemento di denotazione all’i-dea di mouse, in particolare i due bottoni, la rotellina e il cavo; infatti la forma è integrativa e essenziale.Ma un altro fattore che ne rende difficile la denota-zione è la scarsa altezza e la superficie tendente al piatto, al contrario dei normali mouse (img 2, pagina precedente) dalla forma molto affusolata per adattarsi alla mano; questo perchè la superficie è multi-touch e integra le capacità del prodotto con quelle dell’inter-faccia.

Ancora Semprini afferma che “le società post-indu-striali, sostenute dall’evoluzione tecologica, propon-gono oggi un numero crescente di oggetti in cui gli aspetti materiali, fisici, tangibili tendono a decrescere in favore di aspetti immateriali, virtuali, informazionali. La dematerializzazione degli oggetti è ormai una ten-denza ben documentata.”[3]

Il problema è che l’estetica non ci aiuta a capire che c’è un’interfaccia che si attiva agendo sulla superficie di questo prodotto, e funge quasi da “oppositore” [5].Essa preferisce concentrarsi sull’esibizione del “posi-zionamento”, inteso come espressione del suo status, ma anche della sua robustezza e della sua efficacia. [3]

2.2.1 I nuovi gestiI nuovi “gesti”, così come vengono chiamati dalla Apple stessa, sono numerosi (img 3). In questo sag-gio non ci interessa conoscere con precisione quali sono (anche perchè sono personalizzabili a seconda dell’utente), ma piuttosto quanti sono. Se consideria-mo che ogni dito ha 4 direzioni possibili, e ad ognu-na corrisponde una funzione, fino a un massimo di tre dita, abbiamo 12 funzioni più i due tasti, che non sono fisicamente separati e visibili, ma in realtà sono

presenti. In un mouse normale avevamo 3-4 funzioni più i due tasti. Grandi influenza nella nascita di questi gesti è arrivata sempre dalla Apple, una decina di anni fa, con la prima generazione di iPod, oggetto la cui evoluzione ha accompagnato e testimoniato un’e-voluzione socio-culturale [3]. Esso aveva una ghiera con quattro pulsanti cliccabili, ma la cui superficie era anche sfiorabile in senso orario e antiorario per alzare e abbassare il volume delle canzoni (img 4).

2. IL SENSO DIACRONICO

2.1. la sua posizione nel processo storico [6]La nascita e l’evoluzione del mouse è ovviamente strettamente connessa a quella dei computer. Il primo brevetto di mouse risale al 1964 ad opera di Douglas Engelbart, che sviluppò un sistema di puntamento x y per migliorare la produttività delle persone al com-puter. Nel 1972 Bill English della Xerox ha segnato la seconda tappa del puntatore adattando il mecca-nismo di Engelbart al mouse di plastica con la sfera, molto simile a quello che conosciamo oggi; in questo modo, il sistema di puntamento riesce a registrare i movimenti in qualsiasi direzione. Nel 1984 anche Steve Jobs ha integrato nel primo Macintosh lo stesso mouse mono-tasto, portandolo per la prima volta nelle case dei consumatori. Successivamente il mouse si è evoluto, passando da meccanico a ottico. I primi pro-totipi risalgono al 1980, però approderà sul mercato una ventina di anni dopo. “Ciò ha permesso un nuovo approccio con la periferica che, nell’ultimo decennio ha abbandonato lo status di semplice strumento, diventando a tutti gli effetti un gadget” [6]. L’offerta si è allargata e differenziata, dando origine a mouse senza fili, colorati, personalizzati.

In futuro probabilmente il puntamento avverrà senza l’intermediazione di mouse o altri apparecchi, come

img 3. i gesti dell’Apple Magic Mouse, www.apple.com

img 4. iPod nano 2nd generation, www.apple.com

[6] Rossi, M. (2007) “Mouse, i suoi primi quarant’anni”, Corriere della Sera.[5] Proni, G. (1999) “Per un’analisi semiotica degli oggetti”, in Bonfantini e Zingale (a cura di) 1999.[3] Semprini, A. (1999) Il senso delle cose, Milano, FrancoAngeli

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già fanno gli smartphone e i tablet, ma probabilmente lo faranno anche in tre dimensioni, seguendo la cor-rente creata dalle recenti console per videogiocatori.

3. IL SENSO DIALOGICO

3.1. Sintassi d’usoLa domanda semiotica riguarderà innanzi tutto cosa è possibile fare con questo oggetto e come è possibile farlo. L’uso è un atto dialogico e l’usabilità uno scam-bio relazionale tra soggetto utente e oggetto.Il Magic Mouse ha una buona usabilità, in quanto i criteri delineati da Pierce [7] sono soddisfatti: effica-cia, efficenza e soddisfazione; il problema è che per essere soddisfatti necessitano di una grande espe-rienza, perchè l’usabilità percepita, ovvero quando “un oggetto appare come luogo di proiezione degli scenari d’uso ipotizzabili” [8], è molto confusa.

3.1.1.Usabilità percepita“Tale stadio riguarda il grado di usabilità che gli utenti suppongono possano avere di un oggetto. L’utente, qui, inferisce l’uso di un artefatto già al primo sguar-do. Poi al primo tocco, passando da una valutazione visiva a una tattile. Poi ancora effettuando una prima prova, quando cerca di capire come funziona un de-terminato meccanismo e, quindi, ipotizzando le mo-dalità di uso dell’oggetto”; in questa fase l’utente pone domande, in attesa di risposte.

3.2. L’affordance è un optional“Quando ci imbattiamo in un artefatto la cui usabilità ci è quasi del tutto ignota [...] sarà la nostra capaci-tà interpretativa il vero sensibile libretto di istruzioni. L’azione inferenziale è il guado a cui passare, ciò che rende possibile quella prima relazione semiosica tra noi e le cose che James Gibson ha chiamato affor-

dance”. [8]L’affondance, nel senso di lasciarsi interpretare è pro-prio la caratteristica mancante di questo manufatto, almeno per le sue caratteristiche di interfaccia.Come afferma Zingale, “è spontaneo pensare che quanto più si evolve la tecnologia degli artefatti, tanto più questi faticano a comunicare con chi li utilizza” [8], ma in questo caso il rischio è che questo mouse ven-ga acquistato e usato solo in quanto prodotto e non in quanto interfaccia.

3.3. Le inferenzeUna volta che si è capito che la superfice registra i nostri movimenti si faranno vari tentativi per scoprir-ne il funzionamento; è in questa fase che la nostra conoscenza utilizzerà le inferenze logiche per proce-dere. ”Nel fare un’inferenza la nostra mente compie un percorso: parte da un oggetto noto, transita per un passaggio intermedio, arriva a conoscere un oggetto prima ignoto.” [2]Partiamo da un elemento conosciuto, l’oggetto stesso, ma non sappiamo cosa si deve fare con una parte di esso.Le inferenze non si presenteranno in modo sequen-ziale, e grazie alle abduzioni di secondo tipo “ipotiz-zeremo una regola di implicazione scrutando tra le nostre conoscenze”. [2]Chi ha già esperienza con altri oggetti simili parte avvantaggiato; “l’interpretazione è da intendersi come traslazione di schemi d’uso propri di altri oggetti o ambiti di attività”. [2]Queste conoscenze provengono principalmente da due campi diversi, sempre nell’ambito della tecnolo-gia: il primo è il campo degli smartphone, ovvero tele-foni cellulari di ultima generazione che prevedono un interfaccia moulti-touch su uno schermo grande quasi quanto il prodotto stesso, l’altro quello dei Touchpad1

1: Touchpad: Il touchpad (per i Mac e BlackBerry trackpad) è un dispositivo di input presente nella maggior parte dei computer portatili. Viene utilizzato per spostare il cursore captando il movimento del dito dell’utente sulla sua superficie liscia.

img 5. Apple Magic Mouse, side view, www.apple.com

da che

parte si

impugna?

sarà comodo?

dove sono i tasti?co

me si

usa?

[7] Bonfantini, M. (2000) Breve corso di Semiotica, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane[8] Zingale, S (2009) Gioco, dialogo, design, Atì editore[2] Bonfantini, M. Bramati, J. Zingale, S. (2007) Sussidiario di Semiotica, ATì editore

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dei computer portatili, in particolare quelli della Apple: chi ha già avuto esperienza con un portatile MacBook è in grado di traslare gli schemi d’uso per utilizzare i “gesti” del mouse.

5. ConclusioneCome ha fatto Apple a rendere appetibile un prodotto poco comprensibile? Infatti l’usabilità percepita di cui abbiamo parlato in precedenza, “gioca un ruolo spes-so determinante nelle decisioni di acquisto.” [8]In questa situazione la Apple ha saputo sfruttare a suo favore un’usabilità percepita offuscata e nebbiosa che però ha saputo trasformare in magica e intrigante. Quello che ha costruito l’azienda, nel momento della progettazione, è un effetto di senso mirato ad avvol-gere il prodotto in un integrante mistero, grazie a dei designer “in grado [...] di superare con l’imbroglio le situazioni problematiche”. [8] Nussuno infatti comprerebbe un’oggetto senza sapere quali sono i vantaggi che gli porterà nell’uso rispetto a quello che già possiede. Ma Apple è stata capace di attirare clienti con la promessa che saranno stupiti

dalle magie del manufatto, dal suo comportamento “intelligente” ed efficiente.

Altri fattori che entrano in gioco a favore della Apple sono i valori percepiti estremamente positivi: l’immagi-ne del produttore è molto favorevole, tanto che la gen-te compra spesso i suoi prodotti solo per un “impatto viscerale” (Norman, 2004) che li spinge a farlo. Inoltre anche l’aspetto materico è fondamentale, in quanto dà impressioni di ottima solidità e di buon tocco. Gli utenti che usufruiranno di questi prodotti sono “utenti socialmente codificati” [5], amanti delle tecno-logie ma anche dello stile e del prestigio che avranno utilizzando i prodotti Apple. Inoltre questo mouse piacerà a tutte quelle persone che usano tanto il com-puter per lavorare con software di progettazione 3d e di grafica.

Questi sono i fattori che determinano il successo di un prodotto anche senza che questo segua le regole dell’affordance.

img 6. Apple logo, www.apple.com

Bibliografia[1] www.apple.com[2] Bonfantini, M. Bramati, J. Zingale, S. (2007) Sussidiario di Semiotica, ATì editore[3] Semprini, A. (1999) Il senso delle cose, Milano, FrancoAngeli[4] Polidoro, P. (2009), “Il concetto di stile nel design e le strategie di Apple”, EC, Rivista on-line dell’Associazione Italiana Studi Semiotici, Il discorso del design: Pratiche di progetto e saper-fare semiotico, Anno III, nn. 3/4 2009[5] Proni, G. (1999) “Per un’analisi semiotica degli oggetti”, in Bonfantini e Zingale (a cura di) 1999.[6] Rossi, M. (2007) “Mouse, i suoi primi quarant’anni”, Corriere della Sera.[7] Bonfantini, M. (2000) Breve corso di Semiotica, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane[8] Zingale, S (2009) Gioco, dialogo, design, Atì editore

Contributo generale all’analisi semiotica:Deni, M. (2002) Oggetti in azione. Semiotica degli oggetti: dalla teoria all’analisi, FrancoAngeli editore