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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMOFACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA
INDIRIZZO SCUOLA PRIMARIA
Il ruolo della narrazione nel-l’insegnamento/apprendi-
mento delle frazioni con situazioni a-didattiche
Studente:
Di Martino Valeria
Matr. 0502716
Relatore:
Prof. Filippo Spagnolo
Anno Accademico 2008/2009 Sessione Estiva
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IndicePREMESSA 5
CAPITOLO 1
Il ruolo della narrazione7
1.1 La narrazione e l’uomo 7
1.2 Le ragioni di un interesse privilegiato 9
1.3 Caratteristiche peculiari 10
1.4 Il valore formativo de!a narrazion" 12
1.5 La narrazione ne! ’insegnamento/apprendimento de!a matematica 13
CAPITOLO 2
Il paradigma teorico di riferimento17
2.1 La relazione insegnante.sapere: la trasposizione didattica 21
2.2 La relazione a!ievo#sapere: gli ostacoli 23
2.3 La relazione insegnante#a!ievo: il contratto didattico 26
2.4 La situazione a#didattica 27
CAPITOLO 3
Le questioni epistemologiche sulle frazioni35
3.1 Il panorama internazionale de!e ricerche in quest’ambito 36
3.2 Noetica e semantica de!e $azioni 39
3.3 Vari modi di intendere il concetto di “$azione” 43
3.4 Misconcezioni di $azioni 48
3
3.5 Ostacoli legati a! ’‘insegnamento/apprendimento de!e $azioni 48
3.6 Uno sguardo al futuro: il contributo de!e neuroscienz" 51
CAPITOLO 4
Il contesto sperimentale53
4.1 La storia de!a sperimentazion" 53
4.2 Individuazione del problema e definizione de! ’o%etto di indagin" 54
4.3 Ipotesi sperimentale di ricerca 55
4.4 Strumenti di falsificazion" 55
4.5 Campione di ricerca 56
4.6 Metodologia di ricerca 56
4.7 Strumenti impiegati 56
4.8 Disegno di ricerca 58
CAPITOLO 5
Il percorso operativo59
5.1 Fase preliminar" 59
5.2 Fase sperimental" 60
CAPITOLO 6
Il controllo dei risultati81
Questionario A: Di&coltà ne! ’ordinar" 82
Questionario B: Di&coltà ne!e operazioni 86
Questionario C: Di&coltà nel riconoscere gli schemi 90
4
Questionario D: Di&coltà nel gestire l’a%ettivo ugual" 93
Questionario E: Di&coltà nel gestire l’equivalenza 96
Questionario G: Di&coltà nel gestire figure non standard 99
Questionario H: Di&coltà nel passare da una $azione a! ’unità che l’ha
generata102
Questionario I: Di&coltà nel gestire autonomamente schemi o figur" 105
Conclusioni sperimentali 108
CONCLUSIONE 111
BIBLIOGRAFIA 113
ALLEGATI 119
5
6
PREMESSA
Come le altre discipline, anche la matematica si propone di promuovere l'ac-
quisizione degli atteggiamenti, delle capacità e delle conoscenze indispensabili
ad ogni essere umano per affrontare le situazioni della vita, che, in una civiltà in
rapida trasformazione qual è quella nella quale viviamo, si fanno ogni giorno
più problematiche. Mentre nelle civiltà statiche del passato poteva bastare l'ac-
quisizione di ben determinati atteggiamenti ed abilità per far fronte a situazioni
che restavano sempre identiche, nella civiltà attuale occorre invece poter dispor-
re di atteggiamenti ed abilità che, come già precisavano i Programmi didattici
del 1985, consentano di «pensare il futuro per prevedere, prevenire, progettare,
cambiare e verificare ».
Purtroppo, però, molti sondaggi e rilevazioni condotte in ambito scolastico e
non (prima fra tutte l’indagine OCSE Pisa 2003) sembrano lanciare un allarme
circa la scarsa “simpatia” che il nostro paese dimostra verso la matematica.
Segnali come questi non possono essere ignorati da chi ha il compito di accom-
pagnare le nuove generazioni nel loro primo incontro con questa disciplina. A
livello di scuola primaria, infatti, si gioca il primo round di una partita impor-
tante: un’occasione insostituibile per suscitare interesse e curiosità verso la ma-
tematica; se il compito fallisce, tutto il successivo percorso scolastico dell’alun-
no ne sarà condizionato negativamente.
Pertanto, il fattore che stimola la curiosità e l’interesse nel procedere alla ri-
cerca descritta di seguito, consiste nel voler offrire un’occasione, non simulata
ma reale, d’indagine in ambito educativo, fruendo delle grandi risorse insite nel-
l’osservazione e nella sperimentazione per rilevare informazioni sui fattori che
intervengono lungo lo sviluppo della crescita dell’uomo, rivolgendo particolare
attenzione ad una fase scolastica importante quale, per l’appunto, l’apprendi-
mento delle frazioni.
Lo sfondo, all’interno del quale si muoverà la sperimentazione, sarà uno spe-
cifico contesto scolastico quale, per l’appunto, la IV A del Plesso San Pio X del
Circolo Didattico San Lorenzo di Palermo.
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La sperimentazione vuole individuare la fiaba come mezzo utile per vivere
positivamente l’approccio alla matematica, e nello specifico alle frazioni, e inco-
raggiare il bambino a formulare diverse strategie risolutive relative alla situa-
zione a-didattica proposta.
Il presente lavoro vuole quindi proporsi come un metodo di ricerca attiva per
esplorare i vantaggi derivanti dalla mediazione di due particolari strumenti di-
dattici, quali le situazioni a-didattiche e la narrazione, anche in quelle discipline
che “parlano” più di numeri che di parole.
Partendo dai riferimenti teorici di base relativi al pensiero narrativo e alle si-
tuazioni a-didattiche e percorrendo l’asse dell’agire attraverso la sperimentazio-
ne nel campo di diverse situazioni-problema, si vorranno evidenziare le poten-
zialità cognitive di entrambi nell’insegnamento/apprendimento delle frazioni.
Dopo aver analizzato il valore formativo e pedagogico della narrazione da af-
fiancare alla matematica (Capitolo 1) e aver inserito le situazioni a-didattiche
all’interno di un paradigma teorico si riferimento (Capitolo 2) analizzerò parte
della letteratura nazionale e internazionale riguardo l’apprendimento delle fra-
zioni, e dei numeri razionali più in generale, (Capitolo 3). L’intento sarà quello
di accostare la narrazione alle situazioni a-didattiche all’interno di un’indagine
di ricerca volta a rilevare un miglioramento nell’apprendimento delle frazioni
con l’apporto di queste due metodologie (Capitolo 4). Osserverò poi gli esiti del-
l’attività sperimentale volgendo la mia attenzione sia all’aspetto quantitativo, sia
a quello qualitativo (Capitolo 5 e 6). Alla luce di tale indagine di ricerca e dei ri-
sultati ottenuti, ho dedicato un ultimo capitolo alle conclusioni e alle prospettive
operative.
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Capitolo 1
IL RUOLO DELLA NARRAZIONE
1.1 La narrazione e l’uomo
Cos’è la narrazione? Perché si narra? Perché è importante narrare? Sono mol-
te le domande che si legano al concetto di narrazione ma, per trovare risposte
attente e corrette, occorre riassumere brevemente i punti salienti del percorso
tracciato dalla stessa narrazione. Partendo dal punto di vista etimologico, il
termine narrare deriva dalla radice gna-, che significa “rendere noto”, mentre il
suffisso -zione, deriva dal latino catione e trasmette il carattere semantico del-
l’agire, dell’azione, del gesto e di tutta la situazione relazionale. La narrazione si
presenta come un concetto trasversale all’oralità e alla scrittura, sia le civiltà al-
fabetiche che quelle “illitterate” ne hanno avuto forme più o meno sviluppate. La
narrazione attraversa le culture, le epoche, i luoghi, è connaturata all’uomo, non
si ha testimonianza di civiltà che non hanno utilizzato la narrazione; si potrebbe
dire che essa è nata con l’uomo, con il nascere della socialità e della relazione
interumana.
La narrazione prende forma attraverso i miti, le leggende, le fiabe, i racconti,
la storia, la pittura, i fumetti, le notizie, le conversazioni; dai racconti cultural-
mente condivisi ai discorsi quotidiani, la costruzione di storie rappresenta un
modo per categorizzare l’esperienza, dando ordine e senso alle imprevedibili vi-
cende umane. Bisogna notare che la narrazione è stata anche lo strumento prin-
cipe della costruzione e della trasmissione del sapere. F. Loytard, nel suo La
condizione postmoderna, parla della preminenza del pensiero e della forma
narrativa nella costruzione del sapere, assegnando quindi la funzione di tra-
smissione e d’elaborazione delle conoscenze alla narrazione (Lyotard, 1981).
Nelle culture passate, che si affidavano molto all’oralità, si può notare come le
stesse leggi erano costituite da proverbi e massime, proposte sotto forma di vere
e proprie micro-narrazioni che avevano un ruolo preminente nella vita quoti-
diana. Si constata invece, nella condizione post-moderna, una crisi del narrare e
della capacità di scambiare esperienze, di dare una rappresentazione esaustiva,
9
totalizzante e tranquillizzante della realtà, che possa “ridurre” la complessità
nella quale ci troviamo a vivere. Calvino, in Se una notte di inverno un viaggia-
tore, scriveva: «Oggi mi sembra che al mondo esistano soltanto storie che resta-
no in sospeso e si perdono per la strada» (Calvino, 1979).
Occorre, oggi giorno, recuperare il valore del racconto. Alcune discipline
quali l’epistemologia, l’antropologia, la storia, la paleontologia, la sociologia, la
neuropsichiatria, la psicanalisi e la psicologia hanno provato a mettere in luce
l’importanza del concetto di narrazione non solo «per attribuire e trasmettere
significati circa gli eventi umani» ma per «...dare forma al disordine delle espe-
rienze» (Eco, 1993).
Kaneklin e Scaratti (1998) hanno ribadito il valore della narrazione come
strumento indispensabile per la costruzione di significati e per la facilitazione
dei processi di cambiamento sociale e organizzativo, poiché il punto di vista nar-
rativo risulta connesso alla modalità esperite dai soggetti di attribuzione di sen-
so agli eventi e alla realtà.
D’altra parte il collegamento mentale tra narrazione ed oralità, non si realizza
con una lettura individuale e silenziosa, ma, evoca l’idea di qualcuno che parla e
qualcuno che ascolta; ad ogni lettore si richiede una trasformazione, una dispo-
sizione d’animo poiché la narrazione, la storia si configura anche come momen-
to di sospensione del reale, del presente, basta dire “C’era una volta” per proiet-
tarci fuori dal mondo: nel passato, nel futuro o nell’irrealtà.
Daniel Taylor (1999) sostiene che ognuno è il prodotto delle storie che ha
ascoltato, vissuto e anche di quelle che non ha vissuto; quotidianamente si rac-
conta e ci si racconta, ed è proprio in questa relazionalità, che avviene la nego-
ziazione del proprio sé con quello altrui, in questo senso la narrazione può tro-
vare la propria validazione come strumento e soggetto nel processo formativo
per la costruzione di significati.
Dunque non bisogna semplicemente implementare l’utilizzo nell’educazione
della narrazione tramite storie, romanzi, racconti, ma educare narrando, cioè
occorre dare un impianto narrativo al percorso educativo, concepire l’educa-
zione non solo come tempo e luogo di spiegazioni, della trasmissione del cono-
scere, ma anche come ascolto reciproco tra soggetti narranti la cui identità è an-
zitutto un’identità narrativa (Nanni, 1996).
10
1.2 Le ragioni di un interesse privilegiato
Voglio esaminare adesso alcune ragioni dell’interesse particolare che riveste
lo studio di questo genere di testi e che si sono rilevati di notevole importanza
nella strutturazione del progetto sperimentale. Innanzitutto va segnalata la
«precoce familiarizzazione dei bambini con il materiale narrativo, sia scritto che
presentato oralmente» (Pinto, 1993, p.48). Il contatto con il materiale narrativo
e con i libri di storie, è un’esperienza sempre più precoce per il bambino che vive
in società alfabetizzate. Fin dai primi anni di vita egli si trova immerso in un
mondo di narrazioni: non solo fiabe, favole e storie più o meno canonizzate nella
cultura in cui vive, ma anche fumetti, film, cartoni animati e quelle rielabora-
zioni di fatti quotidiani e eventi autobiografici che gli adulti gli ripropongono in
forma di racconto.
La lettura di fiabe con l’adulto e l’ascolto di storie narrate rappresentano per
il bambino strumenti privilegiati per lo sviluppo linguistico e per la conoscenza
del mondo (Levorato, 1988). Il bambino si appropria precocemente dello “stru-
mento narrativo” e le prime forme testuali comprese, prodotte e scritte dai
bambini sono appunto le narrazioni. Tra le principali ragioni che motivano l’in-
teresse privilegiato rivolto ai testi narrativi, ci sono poi i suoi stretti legami con
l’alfabetizzazione.
Gli studi sui bambini di età prescolare hanno ampiamente sottolineato come
la narrazione costituisca una strada privilegiata affinché il bambino possa entra-
re precocemente in contatto con la lingua scritta e ricavarne insieme piacere e
competenza (Catarsi, 2001, p. 48). L’importanza dei testi narrativi non si esau-
risce comunque nell’età infantile, le favole vengono col tempo sostituite da for-
me narrative più complesse, come il teatro, il cinema e i romanzi d’autore. La
narrazione è dunque una delle esperienze più frequenti della nostra esistenza e
ha un ruolo rilevante nell’espressione dell’immaginazione e dei vissuti emotivi, e
nella sistematizzazione delle proprie conoscenze e credenze.
Bruner riconosce alla narrazione un ruolo e un’importanza fondamentali, sia
a livello individuale che culturale. Egli ipotizza l’esistenza di un pensiero narra-
tivo, di una «sorta di attitudine o predisposizione a organizzare l’esperienza in
forma narrativa» (Bruner, 1990/1992, p.56). Il pensiero narrativo rappresente-
rebbe una capacità psicologica propriamente umana, una modalità universale
11
per organizzare l’esperienza e costruire significati condivisi (Bruner, 1986/
1988). Esso è basato sui bisogni dell’essere umano di dare forma e senso alla
realtà e al proprio agire, di comunicare agli altri i significati colti nell’esperienza,
di mettere in relazione passato, presente e futuro; e sulla nostra irriducibile ten-
denza a rappresentarci gli individui come soggettività dotate di scopi, progetti,
emozioni, intenzionalità, valori (Levorato e Nesi, 2001). E’ infine da sottolineare
che i processi di comprensione e produzione di testi (narrativi e non) vedono
coinvolte numerose abilità e funzioni: il linguaggio, la memoria, il processamen-
to dell’informazione, gli schemi di conoscenza, la metacognizione… Si tratta
quindi di un’area di indagine non chiusa e circoscritta ma ricca di interesse,
proprio perché rappresenta un punto di incontro di ampi settori significativi per
la comprensione delle funzioni psichiche superiori (Levorato, 1988, p.24).
1.3 Caratteristiche peculiari
Quella della narrazione è una categoria molto ampia, varia e “sfuocata” (Le-
vorato, 1988, p.42); numerose sono le sottospecificazioni in cui può essere arti-
colata: le favole e le storie per bambini, i miti, le leggende, le autobiografie, i
romanzi rosa, i gialli, etc. Questi diversi tipi di testi narrativi presentano tuttavia
una serie di caratteristiche comuni e peculiari, che li rendono ben riconoscibili
come tali.
Ciò che fondamentalmente contraddistingue i testi narrativi è l’argomento: le
narrative parlano di azioni e vicissitudini umane, sono sequenze di azioni uma-
ne ordinate temporalmente e connesse causalmente. Il protagonista (o i prota-
gonisti), come sottolinea van Dijk (citato in Levorato, 1988), deve essere quindi
umano o umanizzato, dotato di quella capacità di azione e reazione intenzionale
che è il motore fondamentale della storia. Chiunque si accinga a leggere o ad
ascoltare un racconto, ciò che si aspetta di trovare è la vita, non importa se di
persone reali o di personaggi di finzione o di animali “umanizzati”. Quest’intima
unione tra vita e narrazione ha un’importanza fondamentale in tutto il corso
dello sviluppo (Levorato, 2003, p.9).
Dal punto di vista formale, il linguaggio non è tecnico o specialistico, ma si
avvicina al linguaggio quotidiano. Ciò rende questo tipo di testo più facilmente
12
accessibile, comprensibile e memorizzabile di altri tipi di testo, le differenze tra
chi lo comprende bene e chi lo comprende meno bene sono più piccole che per
altri tipi di testo, non è necessaria una specifica istruzione (Levorato, 2000).
Spesso, soprattutto nella narrativa per bambini o di fantasia, è presente una
speciale formula d’apertura ( C’era una volta…, Tanto tempo fa in un paese lon-
tano… ). Attraverso questa il fruitore è avvisato che gli eventi raccontati sono
atemporali, non collocabili in uno spazio e un tempo ben definiti e, osserva Eco
(come citato in Levorato, 1988), è implicitamente invitato a non chiedersi se i
fatti raccontati siano reali o immaginari. Come illustra Bruner, una delle pro-
prietà della narrazione è proprio il fatto che “essa può essere reale o immagina-
ria, senza che la sua forza come racconto abbia a soffrirne” (Bruner, 1990/1992,
p.55). Il criterio che guida la narrazione non è quello della verità ma quello della
“verosomiglianza”. Entra cioè in atto nel lettore una sorta di “sospensione del-
l’incredulità”, ma un certo grado di plausibilità, senso e coerenza è richiesto an-
che in quei racconti di finzione che più si allontanano dalla nostra conoscenza
condivisa del mondo.
Infine la classe dei testi narrativi si caratterizza anche per una struttura te-
stuale tipica e comune, piuttosto stabile (Levorato,1988). I racconti hanno una
forte organizzazione temporale, una forte direzionalità; presentano un intreccio
che ha un inizio, uno sviluppo e una fine. “C’è un “prima” e un “dopo” e ciò che
segue è connesso a ciò che precede come in una catena o in un filo” (Levorato e
Nesi, 2001).
1.4 Il valore formativo della narrazione
Oltre che per gli aspetti esaminati, il genere narrativo si caratterizza per il fat-
to di coinvolgere fortemente la dimensione affettiva e motivazionale del lettore o
dell’ascoltatore. La narrazione non è un semplice resoconto o una lista di eventi.
Di solito nelle storie è presente un “paesaggio duplice”: lo “scenario dell’azione”,
cioè gli eventi e gli accadimenti, e quello della “coscienza”, costituito dai vissuti
emotivi e gli eventi mentali dei protagonisti (Bruner, 1990/1992). I due piani
sono fortemente intrecciati e interconnessi.
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Nella narrazione la tonalità emotiva è spesso molto forte. Il materiale narra-
tivo innesca numerose emozioni: da quelle più “mentali” - come la curiosità,
l’interesse, il divertimento, la suspance - a quelle più “calde”- come la gioia, la
tristezza, la paura - che nascono dal nostro coinvolgimento empatico con gli sta-
ti interiori e i punti di vista dei personaggi (Levorato, 2000).
Spesso poi la stilizzazione e la caricatura che caratterizza i personaggi, ne
rende più facile il riconoscimento, dato che ne estrae e ne sottolinea i tratti più
tipici e peculiari. Si tratta dunque di agenti significativi, con cui ci si può con-
frontare e rispecchiare, e su cui si può costruire una concezione della propria
identità e soggettività.
Sono spesso presenti eventi inattesi, non ordinari, “inghippi”, problemi o
conflitti che devono essere ricomposti o riequilibrati (Levorato, 2000). Questo
“sbilanciamento”, questa problematicità, che è secondo Burke (citato in Bruner,
1990/1992) la ragione stessa della narrativa, mette ancora più in rilievo i vissuti
soggettivi dei personaggi (più o meno esplicitati ma sempre presenti in sotto-
fondo) e calamita l’attenzione del lettore. Nel sperimentazione esposta di segui-
to è proprio su questi “inghippi” che è richiesta la partecipazione attiva degli
studenti, che intervenendo in un contesto di situazione a-didattica devono aiu-
tare i personaggi a superare le criticità.
Nell’ambito protetto della fiaba, il bambino può quindi sperimentare, attra-
verso il “come se”, gli effetti di azioni e pensieri mai realizzati, senza essere sot-
toposto ai possibili rischi derivanti dagli errori.
La fiaba è una sorta di realtà alla quale il bambino si abitua con estrema faci-
lità e dalla quale, per via analogica, desume tutta una serie di indicazioni circa la
comprensione della realtà.
Un valido processo formativo dovrebbe essere in grado di guidare i bambini
verso la maturazione di questa capacità fantastica di ricreare la realtà, utilizzan-
dola come una preziosa risorsa, anche attraverso attività ludiche. Queste devono
strutturarsi in maniera flessibile, in modo tale da permettere a ciascuno di tro-
vare il proprio spazio nell’ambito di una ricca offerta. La presenza di un adulto
che sappia divertirsi “insieme” al bambino può aiutarlo nel suo processo di cre-
scita, ma solo se l’adulto non si sostituisce al bambino.
Ciò contribuisce a far sì che la fruizione di storie e narrazioni sia un’attività
ricercata spontaneamente fin da piccoli, capace di creare intenso coinvolgimen-
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to e dotata di forte valore edonico. Solo negli anni ’90 si sono fatte strada ricer-
che che hanno studiato il modo in cui il cuore, oltre alla mente, partecipa alla
lettura o all’ascolto di una storia (Levorato e Nesi, 2001, p. 180).
1.5 La narrazione nell’insegnamento/apprendimento del!
la matematica
Sentir parlare di narrazione nell’insegnamento/apprendimento della mate-
matica sembrerebbe piuttosto fuorviante, non soltanto per gli adulti, ma soprat-
tutto per i bambini, i quali difficilmente legano la narrazione a questa disciplina,
definita molto spesso ostica. Solitamente, la narrazione è considerata prevalen-
temente in ambito letterario, perciò, narrare una fiaba in matematica si mostra
sorprendente.
Non bisogna dimenticare, infatti, che il modo infantile di vivere i rapporti con
il reale, fermo restando il principio del rispetto della individualità di ciascun
bambino, è, in massima parte, magico. Secondo Dallari (1973), la magia infanti-
le non rappresenta “un” aspetto del comportamento del bambino ma piuttosto
ne costituisce l’atmosfera esistenziale. Penso quindi che rispetto al problema di
costruire «...situazioni problematiche concrete, che scaturiscano da esperienze
reali del fanciullo...», così come si legge nelle Indicazioni per il Curricolo, “reale”
non è in contrapposizione con “fantastico” ma con “astratto”, cioè con l’uso di
formalismi e definizioni lontani dal bambino.
Concordo quindi con Rodari, (1973), quando scrive:
«Le fiabe servono alla matematica come la matematica serve alle fiabe.
Servono alla poesia, alla musica, all’utopia, all’impegno politico: insomma al-
l’uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché, in appa-
renza, non servono a niente: come la poesia e la musica, come il teatro o lo
sport...».
Nello stesso libro Rodari afferma che la fiaba può fornire delle chiavi per en-
trare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo,
diventa il mezzo per parlare col bambino anche piccolissimo, di tante cose su cui
un discorso diretto sarebbe improponibile.
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La dimensione fiabesca può essere un valido strumento educativo. Attraverso
la fiaba si possono offrire al bambino occasioni per conoscere e controllare le
sue ansie ed emozioni, per stimolare la sua fantasia e il suo intelletto. Occasioni
che diventino per lui esperienze positive, che lo rendano tranquillo rispetto a ciò
che sta costruendo.
Ho quindi proposto una serie di situazioni problematiche fantastiche per le
risorse inesauribili che tale contesto offre.
Questa situazione problematica fantastica con la quale affrontare le frazioni
e, mediante la quale, creare una situazione di apprendimento che tenga conto
del soggetto che apprende, delle sue caratteristiche, delle sue paure, è una fiaba,
ma con qualcosa in più, è una "fiaba interattiva":
-"fiaba" perché è un racconto fantastico
-“interattiva" perché è accompagnata da schede operative, appositamente
predisposte, che richiedono interventi di manipolazione, di costruzione di sa-
gome, di completamento. Il racconto viene interrotto, in vari punti, da rimandi
ad alcune schede o situazioni a-didattiche che richiedono interventi operativi da
parte degli alunni. Le interruzioni fanno sì che il racconto si presti ad essere let-
to a puntate.
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Capitolo 2PARADIGMA TEORICO DI RIFERIMENTO
La storia della ricerca della “Didattica delle Matematiche” in Italia e nel
mondo nel novecento ha avuto grosso modo tre periodi contrassegnati da:
! Insegnamento delle Matematiche (sino alla metà degli anni ’80). Questo
approccio mette in evidenza i problemi dal punto di vista dell’insegnante e cor-
risponde grosso modo all’attenzione sui contenuti sul modo di proporre questi
contenuti in modo diverso ma sempre con un approccio matematico. Corri-
sponde in Italia alla tradizione delle “Matematiche Elementari da un punto di
vista superiore”.
! Apprendimento delle Matematiche (dalla metà degli anni ’80 sino alla fine
degli anni novanta). Si cambia punto di vista, l’allievo è il protagonista e si cerca
quindi di capire come avvengano i processi di apprendimento in matematica
utilizzando tutti gli strumenti a disposizione. La psicologia cognitiva diventa il
riferimento paradigmatico delle ricerche. La parte riguardante l’insegnamento
viene vissuta come elemento secondario. Mutuando da ricerche degli psicologi
degli anni sessanta si rispolvera un “Teaching Experiment” contenitore di tutte
le possibili ipotesi di lezioni in classe. La ricerca è finalizzata allo studio di inva-
rianti ed i processi vengono analizzati attraverso delle analisi qualitative assolu-
tamente soggettive.
! Insegnamento/Apprendimento delle Matematiche (dalla fine degli anni
novanta ad oggi). Il punto di riferimento è lo studio dei processi di insegnamen-
to/apprendimento in classe cercando di definire in modo più rigoroso quello
che succede realmente in classe ma con strumenti di controllo qualitativi e
quantitativi che possano permettere una possibile interpretazione dei fatti spe-
rimentali. In questo quadro sia le ricerche sull’insegnamento che sull’appren-
dimento vengono utilizzate in questo quadro teorico. Uno dei riferimenti più
saldi, in questa prospettiva, é stato G. Brousseau. (Spagnolo, 2009).
Nella prospettiva di ricerca dei processi dell’Insegnamento/Apprendimento
l’espressione “Epistemologia Sperimentale” spiega bene il punto di vista
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che si vuol mettere in evidenza: la modellizzazione “teorico-sperimentale” dei
fenomeni di insegnamento/apprendimento.
L’espressione “teorico-sperimentale” va vista con una relazione dialettica
tra le due componenti e rappresenta quindi il superamento di questa contrappo-
sizione (nel senso della dialettica Hegeliana). In questa prospettiva la parola
“Epistemologia” riprende tutto quello che nell’insegnamento e nell’ap-
prendimento era stato elaborato in passato e che potrebbe essere utile per in-
terpretare i fenomeni di insegnamento/apprendimento. (Spagnolo, 2009).
Risultano utili le parole di M. Artigue: «L'epistemologia aiuta il didatta a
controllare le relazioni con il sapere matematico degli oggetti che egli manipo-
la. Gli permette anche di riguardare da un punto di vista esterno il sistema
d'insegnamento che egli (il didatta) studia e del quale è spesso quasi troppo
vicino. Ma mettendo in evidenza la distanza che separa la genesi storica delle
nozioni e le genesi artificiali costruite per i bisogni dell'insegnante, gli mostra
anche tutto ciò che separa questi due campi: l'epistemologia e la didattica».
Dunque, la ricerca in didattica delle matematiche si presenta, nei fatti, come
una sorta di epistemologia sperimentale. Tiene conto dei riferimenti epistemo-
logi, storici della disciplina e dei riferimenti cognitivi e delle neuroscienze oggi,
per poter cercare di interpretare i processi di insegnamento/apprendimento in
classe.
In quest’ambito diventa quindi essenziale il concetto di sistema didattico, co-
stituito dalla terna insegnante, alunno e sapere, comprese le interazioni tra in-
segnante ed alunno relative ad un dato sapere, in una situazione di insegnamen-
to. Introdotto in Francia, attorno agli anni 70, da G. Brousseau e dai suoi colla-
boratori, la Teoria delle Situazioni Didattiche si pone come obiettivo la creazio-
ne di una teoria didattica che permetta da una parte, di capire/spiegare i fatti
che avvengono nell’insegnamento/apprendimento della matematica e d’altra
parte, fornire ad insegnanti e ricercatori uno strumento per progettare e realiz-
zare un insegnamento efficace della matematica.
Brousseau, teorizzando i fatti concernenti l’insegnamento della matematica
dà alla didattica della matematica lo statuto di scienza, definendola “una scienza
che si interessa alla produzione e comunicazione delle conoscenze matemati-
che”. Una scienza che ha come oggetti specifici di studio: le operazioni essenzia-
li della diffusione della conoscenza, le condizioni di questa diffusione e le tra-
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sformazioni che essa produce, sia sulle conoscenze sia sui suoi utilizzatori; le
situazioni e le attività che hanno come scopo quello di facilitare queste opera-
zioni.
In questo senso è dunque possibile descrivere un sistema didattico formato
da tre componenti: insegnante, allievo e Sapere da insegnare.
Ciò che definisce l’insegnante e l’alunno come tali è il progetto del sistema
didattico stesso, cioè il passaggio da uno stato iniziale ad uno stato finale nei
confronti di un sapere che sia oggetto di apprendimento. Lo stato finale del si-
stema didattico è quello in cui l’insegnante come tale è assente e l’alunno intrat-
tiene una relazione privilegiata con il sapere.
La comprensione poi della situazione didattica ed in particolare dell’appren-
dimento dell’alunno necessita del completamento del triangolo sapere-inse-
gnante-alunno con un quarto elemento: l’ambiente (in francese milieu).
Brousseau rileva che: “L’allievo apprende adattandosi ad un milieu che è fat-
tore di contraddizioni, di difficoltà, di disequilibri, un po’ come avviene nella so-
cietà umana. Questo sapere, frutto dell’adattamento dell’allievo, si manifesta
attraverso risposte nuove che sono la prova dell’apprendimento” 1.
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manifesta attraverso risposte nuove che sono la prova
dell’apprendimento”16$!
%!&'()*!+(!milieu!*,-(+.+)/!01%2'3*4 “è definito sulla base di veri e propri
oggetti concreti, a volte vi si aggiunge una interazione per la quale questi
oggetti sono stati scelti, a volte come qualche cosa di stabile, altre come di
qualcosa che si sviluppa e si modifica insieme all’allievo”17
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riferimento. 56/<*3;+!<+!L+.*3./!+;!0+</))+./!MLNK!O/(*32'!;$!8T4!"TT8$!
Questo schema riassume la relazione all’interno di un preciso ambiente e at-
traverso una Situazione Didattica organizzata. Esso mette in evidenza le rela-
zioni esistenti tra i soggetti didattici. Il problema rilevante nella comunicazione
19
1 Cit. in M..Ferreri- F Spagnolo L’apprendimento tra emozione ed ostacolo. . Quaderni di Ricerca in Didattica GRIM Palermo n. 4, 1994.
delle matematiche è che l’Insegnante dovrebbe, attraverso una mediazione, fare
in modo che l’Allievo riesca ad avere un rapporto diretto con il Sapere.
Per ciascun vertice e per ciascuna relazione possono essere individuati:
• il lavoro della Comunità Matematica in un determinato periodo storico (Sa-
pere), nel senso che viene stabilito quale sapere trasmettere alle generazioni
successive. Questo lavoro viene però compiuto spogliando le Matematiche delle
accezioni semantiche, dei percorsi mentali che hanno permesso la messa a pun-
to di determinati linguaggi matematici. Saranno poi altri soggetti che opereran-
no la Trasposizione didattica;
• il lavoro intellettuale dell’allievo comparabile a quello del ricercatore. L’al-
lievo deve riprendere i “significati”, il “senso” dei contenuti matematici in modo
tale che possa autonomamente formulare, provare, ri-costruire i linguaggi ma-
tematici. L’insegnante deve quindi proporre all’allievo delle situazioni che possa
vivere. L’allievo è anche portatore di concezioni più o meno stabilizzate che en-
treranno in gioco nella situazione didattica.
• il lavoro dell’Insegnante in quanto appartenente alla comunità di matemati-
ci e nello stesso tempo mediatore di conoscenze. Deve ricontestualizzare e riper-
sonalizzare le conoscenze. Ogni conoscenza deve nascere dall’adattamento ad
una situazione specifica in riferimento ad un certo “ambiente”. Ma deve anche
dare agli allievi gli strumenti ed i mezzi per fargli vivere il Sapere culturale che si
vuole comunicare. L’allievo, d’altro canto, deve ridecontestualizzare e rideper-
sonalizzare il sapere per poterlo identificare con quello della comunità scientifi-
ca e culturale della sua epoca. (Spagnolo, 2009).
Aver introdotto nel sistema la Situazione Didattica favorisce, come sostie-
ne F. Spagnolo, un insieme di altre relazioni che si possono così riassumere:
Sapere Situazione: nella situazione didattica l’analisi è indirizzata sia
verso i percorsi epistemologici e storico-epistemologici del “Sapere”, che gli
ostacoli di origine didattica;
Situazione-Allievo: l’analisi riguarda il punto di vista dell’allievo rispet-
to alla situazione didattica, per scoprire quali strategie risolutive usa rispetto ad
una determinata situazione/problema;
Insegnante-Situazione: il punto focale di questa relazione riguarda
l’analisi a-priori delle strategie risolutive di un determinato problema rispetto
alle conoscenze che l’insegnante possiede sia del “Sapere”(epistemologico e sto-
20
rico epistemologico) sia dei comportamenti degli allievi ipotizzati rispetto alla
risoluzione di un determinato problema (Spagnolo, 2000).
L’analisi a priori costituisce dunque uno strumento “indispensabile per un
corretto approccio alla Ricerca in Didattica”, grazie al quale l’insegnante-ricer-
catore anticipa certe reazioni degli allievi e orienta i suoi interventi didattici.
Prima di proporre un problema, l’insegnante deve quindi chiedersi quali sia-
no gli strumenti a disposizione degli allievi per risolverlo, quali difficoltà do-
vranno essi affrontare e come organizzare il lavoro in classe per favorire un’evo-
luzione da procedure di risoluzione ancora primitive verso metodi più stabili ed
efficaci. Possiamo definire l’analisi a-priori di una situazione/problema l’insie-
me delle rappresentazioni epistemologiche e storico epistemologiche2 che da-
ranno all’insegnante la possibilità di operare scelte relativamente alle compe-
tenze da sviluppare e di contenuti da affrontare, e dei comportamenti ipotizza-
bili3 la cui analisi consentirà di tener conto di eventuali errori, ostacoli alla di-
sciplina, misconcetti e conflitti, consentendo di individuare quelle attività che,
nel rispetto di diversi stili cognitivi, favoriranno l’apprendimento degli allievi.
L’analisi a-priori della situazione didattica consente di individuare:
- lo “spazio degli eventi”4 che riguarda la particolare situazione didattica ri-
spetto alle conoscenze professionali dell’insegnante-ricercatore in un determi-
nato periodo storico;
- il “buon problema” 5, attraverso lo spazio degli eventi possibili, e quindi una
“situazione didattica fondamentale” per la classe di problemi alla quale la situa-
zione didattica afferisce;
21
2 “Le rappresentazioni epistemologiche sono le rappresentazioni degli eventuali percorsi cono-scitivi riguardo un particolare concetto. Tali rappresentazioni possono essere messe a punto da un soggetto apprendente o da una comunità scientifica in un determinato periodo storico.” “Le rappresentazioni storico-epistemologiche sono le rappresentazioni degli eventuali percorsi conoscitivi riguardanti la ricostruzione sintattica, semantica, pragmatica di un determinato con-cetto.”( F. Spagnolo, La Ricerca in Didattica delle Matematiche, un paradigma di riferimento, 2001. )
3 I comportamenti ipotizzabili dell’allievo nei confronti della situazione/problema sono tutte le possibili strategie risolutive sia corrette che non. Tra le strategie non corrette verranno prese in considerazione quelle che possono devolvere in strategie corrette.
4 Insieme delle probabili strategie risolutive corrette e non ipotizzabili in un determinato perio-do storico da una determinata comunità di insegnanti.
5 È ciò che, rispetto alla conoscenza presa in esame, permette la migliore formulazione in termi-ni ergonomici.
- le “variabili della situazione problema”6 e delle “variabili didattiche”7.
L’analisi a-priori di una situazione didattica in ultimo è uno strumento di
analisi o di verifica che può essere utilizzato in diverse situazioni di apprendi-
mento/insegnamento.
Ritornando allo schema precedente, si può evidenziare come, mentre ogni
“vertice” del triangolo rappresenta un soggetto del complesso rapporto, i “lati”
rappresentano relazioni reciproche. Analizzerò di seguito le varie relazioni che si
possono strutturare tra gli elementi dello schema.
2.1 La relazione Insegnante!Sapere: la trasposizione di!
dattica
Lo stato iniziale del sistema didattico è quello in cui l’insegnante intrattiene
una relazione privilegiata con il Sapere, mentre quella dell’alunno è inadeguata
o inesistente. L’insegnante assume il ruolo di “mediatore” tra l’allievo e il Sape-
re.
16
insegnante allievo
sapere (savoir savant)
Il triangolo di Chevallard deve essere adeguatamente interpretato: ai suoi
vertici troviamo l’insegnante, l’allievo e il “sapere”. Ma attenzione: il termine
“sapere” è davvero troppo generico e può, per questo motivo, trarre in inganno.
Si tratta, infatti, di quello che lo studioso francese chiama savoir savant,
ovvero il sapere accademico, quello (elevato, innovativo, in continua
elaborazione) che nasce dalla ricerca. Ed è un sapere collocato (anche
visivamente, nello schema proposto) al di fuori del rapporto diretto insegnante-
allievo: un sapere, quindi, sostanzialmente (pericolosamente) esterno ai
fenomeni di insegnamento e di apprendimento, e perciò, nella sua forma
originale, inutilizzabile per una proficua didattica.
insegnante allievo
sapere (savoir savant)
(insegnamento) (apprendimento)
2.1.2. La trasposizione didattica
Il problema è semplice: se le cose stanno come esse vengono visualizzate in
questa figura, senz’altro c’è qualcosa che non funziona; il “sapere” resta infatti
del tutto estraneo dalla didattica e ciò è inaccettabile. Si tratta allora di operare:
Ma bisogna fare attenzione: il termine “sapere” è davvero troppo generico e
può, per questo motivo, trarre in inganno. Si tratta, infatti, di quello che lo stu-
dioso francese Chevallard chiama savoir savant, ovvero il sapere accademico,
quello (elevato, innovativo, in continua elaborazione) che nasce dalla ricerca.
22
6 Sono tutte le possibili variabili che intervengono in una situazione-problema.
7 Sono quelle che permettono un cambiamento dei comportamenti degli allievi, rappresentano dunque un sottoinsieme delle variabili della situazione didattica.
Per Sapere Sapiente si intende l’insieme delle conoscenze socialmente dispo-
nibili, in un determinato periodo storico, oggetto di pubblicazioni scientifiche o
comunicazioni riconosciute come valide da tutta una comunità. Questo insieme
di conoscenze deve essere organizzato all’interno di Teorie (Spagnolo, 2009).
Il sapere sapiente nelle matematiche è:
• depersonalizzato;
• decontestualizzato (a livello delle pubblicazioni);
• ordinato per problemi incontrati (a livello delle conoscenze del ricercatore);
• sincretizzato ( cioè a dire che i Saperi sono legati gli uni con gli altri, sempre
al livello del Sapere dei ricercatori). (Spagnolo, 2009).
È quindi un sapere collocato (anche visivamente, nello schema proposto) al
di fuori del rapporto diretto insegnante-allievo: un sapere, quindi, sostanzial-
mente (pericolosamente) esterno ai fenomeni di insegnamento e di apprendi-
mento, e perciò, nella sua forma originale, inutilizzabile per una proficua didat-
tica. Non è pensabile, infatti, che un allievo possa “digerire” contenuti (ad
esempio) matematici direttamente espressi in forma accademica, senza che essi
siano adeguatamente plasmati, resi accessibili.
Il Sapere comunicato dall’insegnante deve essere contestualizzato all’interno
di un preciso ambito, il suo compito è quello di rielaborare il sapere, trasformar-
lo ed adattarlo alla realtà, unica e singolare del proprio gruppo classe. Que-
st’operazione di trasformazione è detta trasposizione didattica dal Sapere al sa-
pere insegnato (D’Amore, 2001 pag.74). Un sapere, prodotto della comunità
scientifica, è trasformato in sapere da insegnanre, e diventa, quindi, insegnabi-
le, se ha una legittimità epistemologica o sociale, se può essere articolato in se-
quenza e se può essere misurabile il suo apprendimento.
17
! o sulle caratteristiche del nostro insegnamento, in modo da farlo
“passare” per il punto in cui abbiamo supposto essere “concentrato” il sapere (ma contemporaneamente richiedere un analogo adattamento all’apprendimento dei nostri allievi, cosa non sempre facile da ottenere);
! o su questo imponente savoir savant, per ottenere un suo adattamento ai processi di insegnamento e (soprattutto) di apprendimento.
Evidentemente la soluzione migliore (per meglio dire: l’unica soluzione
praticabile con speranze di successo!) è la seconda: non è pensabile che un allievo possa “digerire” contenuti (ad esempio) matematici direttamente espressi in forma accademica, senza che essi siano adeguatamente plasmati, resi accessibili. È stato coniato un termine specifico per indicare questa indispensabile operazione di preventivo adattamento del savoir savant alle caratteristiche del dialogo educativo che avviene, in aula, tra l’insegnante e l’allievo: trasposizione didattica.
insegnante allievo
sapere (savoir savant)
trasposizione didattica
Uno dei compiti che ciascun insegnante deve quotidianamente affrontare
per rendere possibile l’apprendimento, dunque, si identifica nella efficace e corretta trasposizione didattica del savoir savant relativo alla propria disciplina3.
3 Anche in questo caso è stato coniato un termine apposito, noosfera; con esso si indica «il
luogo dei dibattiti di idee significative sull’insegnamento, le finalità della scuola, gli scopi della formazione, le attese della società per quanto attiene scuola e cultura (per esempio i programmi ministeriali); la noosfera è l’intermediario tra il sistema scolastico (e le scelte dell’insegnante) e l’ambiente sociale più esteso (esterno alla scuola)» (D’Amore & Frabboni, 1996, p. 111, in cui viene citato: Chevallard & Joshua, 1982).
23
Ogni progetto sociale di insegnamento e d’apprendimento si costituisce dia-
letticamente con l’identificazione dei contenuti dei Saperi come contenuti da in-
segnare. Un contenuto di sapere, una volta designato come sapere da insegnare,
subisce quindi un insieme di trasformazioni adattative che gli permettono di
prendere posto tra gli oggetti d’insegnamento. La Trasposizione Didattica è il
“lavoro” che permette ad un “oggetto del sapere da insegnare” di diventare un
“oggetto di insegnamento”. (Spagnolo, 2009).
Il sapere insegnato ha quindi le seguenti caratteristiche:
• ordinato in una progressione nel tempo:
• legale (definito dai programmi).
• logico: il corso di matematica si sforza di seguire una struttura logica, linea-
re (ogni capitolo presuppone la conoscenza del precedente). (Spagnolo, 2009).
Intervenire “sul sapere da insegnare” necessita padronanza e consapevolezza
del processo di Trasposizione didattica. Ritengo, quindi, che una maggiore co-
noscenza di tale processo e una consapevolezza esplicita della sua gestione pos-
sano qualificare la professione insegnante e favorire un apprendimento più si-
gnificativo e stabile della matematica.
2.2 La relazione Allievo!Sapere: gli ostacoli.
La relazione che viene ad instaurarsi tra l’Allievo ed il Sapere può rappresen-
tare «la relazione obiettivo finale di ogni insegnante che, al termine del suo la-
voro di mediatore, sparisce per far si che l’allievo abbia un rapporto personale
con il Sapere. Questo fatto rappresenta una sorta di paradosso dell’insegnamen-
to: l’insegnante raggiunge il suo scopo quando esce fuori di scena» (Spagnolo,
2001).
Perché questo si realizzi è di notevole importanza che l’insegnante sia consa-
pevole dei processi cognitivi che sono alla base del pensiero matematico dell’al-
lievo e, ponga particolare attenzione al modo in cui si formano i concetti nella
sua mente.
Durante l’infanzia, il bambino mette in atto un susseguirsi di costruzioni con-
cettuali ancorate a componenti concreto-figurative, necessarie per la “fondazio-
ne” stessa del “concetto”. Egli comincia con il costruirsi un’immagine mentale
del concetto, in altre parole una rappresentazione dello stesso legata alle sue co-
24
noscenze pregresse, alla sua esperienza nel mondo circostante e alle modalità
personali di mediazione della percezione che crede definitiva. Ma ad un certo
punto della sua storia cognitiva, riceve informazioni dei concetti che non sono
contemplate dall’immagine che aveva; egli deve allora adeguare la “vecchia”
immagine ad una nuova, più ampia, che non solo conservi le precedenti infor-
mazioni, ma accolga anche le nuove (D’Amore, 2001).
In questo modo si vengono a creare conflitti cognitivi tra i concetti consolida-
ti o misconcezioni, cioè concezioni momentaneamente non corrette in attesa di
una sistemazione cognitiva più elaborata e critica, e le nuove immagini propo-
ste.
A tal proposito Bachelard afferma che:
"E' in termini d'ostacolo che bisogna porre il problema della conoscenza
scientifica. E non si tratta di considerare gli ostacoli esterni, come la complessità
e la fugacità dei fenomeni, ne' d'incriminare la debolezza dei sensi e dello spirito
umano: è nell'atto stesso di conoscere, intimamente, che appaiono, per una sor-
ta di necessità funzionale, delle lungaggini e degli scompigli. E' là che noi mo-
streremo le cause di stagnazione e anche di regressione, è là che noi individue-
remo delle cause d'inerzia, che noi chiameremo Ostacoli Epistemologici".
Bachelard ha classificato gli ostacoli soprattutto nell'ambito delle scienze fi-
siche:
• Ostacolo dell'esperienza diretta (pretende di porsi al di là, della critica);
• Ostacolo della conoscenza in generale;
• Ostacolo verbale;
• Ostacolo dell'utilizzazione abusiva;
• Ostacolo delle immagini familiari;
• Ostacolo della conoscenza unitaria;
• Ostacolo della conoscenza pragmatica;
• Ostacolo realista;
• Ostacolo animista;
• Ostacolo della conoscenza quantitativa.
Gli ostacoli non sono delle conoscenze mal fatte ma piuttosto delle conoscen-
ze fatte altrimenti per altri scopi e adattate ad altri problemi.
25
Anche Piaget in uno dei suoi ultimi lavori (L'Equilibrazione delle Strutture
Cognitive)aveva dato una interpretazione dell'errore abbastanza vicina a quella
di Bachelard per quanto riguarda l'apprendimento.
L'ostacolo è costituito come una conoscenza, con degli oggetti, delle relazioni,
dei metodi d'apprendimento, delle previsioni, con delle evidenze, delle conse-
guenze dimenticate, delle ramificazioni impreviste. Resiste al rigetto, tenderà ad
adattarsi localmente, a modificarsi con minore spesa, ad ottimizzarsi su un
campo ridotto, seguendo un processo di accomodazione ben conosciuto (Spa-
gnolo, 2009).
Per meglio capire il significato di ostacolo in Didattica bisogna prima capire
l'origine degli ostacoli che, seguendo G. Brousseau, possono essere classificati
in:
" Ostacoli di Origine Ontogenetica: sono quelli che sopraggiungono con
delle limitazioni (neurofisiologiche tra le altre) del soggetto nel momento del
suo sviluppo: egli sviluppa delle conoscenze appropriate ai suoi mezzi e ai suoi
scopi ad una data età. L'epistemologia genetica mette in evidenza degli stadi e
dei mezzi di sviluppo (accomodazioni e assimilazioni), che a volte, rassomiglia-
no alle tappe dello sviluppo dei concetti.
" Ostacoli di Origine Didattica: sono quelli che dipendono, in generale,
da una scelta o da un progetto del sistema educativo. (Si pensi, ad esempio, alla
trasposizione didattica).
" Ostacoli Epistemologici: sono quelli ai quali non si può, né si deve
sfuggire, in quanto hanno un ruolo costitutivo nella conoscenza. Si può ritrovar-
li nella storia dei concetti stessi. Ciò non vuol dire che si deve amplificare il loro
effetto né che si devono riprodurre nell’ambiente scolastico le condizioni stori-
che dove li si è superati.
Un ostacolo dunque, secondo quanto afferma lo stesso Brousseau presenta le
seguenti caratteristiche: lo si deve considerare una conoscenza e non una man-
canza di conoscenza; conoscenza che l’allievo usa per dare risposte adeguate in
un contesto conosciuto, già incontrato; l’uso di questa conoscenza adoperata
dall’allievo fuori dal contesto noto, genera però risposte scorrette; l’ostacolo
produce contraddizioni a cui l’allievo pone resistenza; una volta superato può
riapparire.
26
È necessario dunque al fine di far superare agli allievi questi ostacoli che l’in-
segnante progetti situazioni didattiche atte a fornire loro prove attendibili sulla
necessità di cambiare le loro concezioni.
Il processo del superamento di un ostacolo comporta necessariamente una
successione di interazioni tra l'alunno e l'ambiente; questa successione di inter-
azioni prende significato nella misura in cui si rapporta ad uno stesso progetto
(riferito all'alunno) a proposito di un concetto, nella genesi del quale costituisce
una tappa e di cui l’allievo fonda il significato.
Queste interazioni mettono in gioco nell'alunno, dei sistemi di rappresenta-
zione e possono spesso essere interpretate come degli scambi di messaggi (All-
lievo- Insegnante), perché l'alunno è capace d'anticipazioni e finalizza le sue
azioni. Queste prendono infatti un carattere di dialogo (a fortiori quando l'inse-
gnante vi è implicato).
Inoltre, le informazioni "cambiate" sono ricevute come dei fatti che confer-
mano o negano delle ipotesi o ancora come delle asserzioni. Se si ammette che
una conoscenza si evidenzia opponendosi ad un'altra sulla quale si appoggia e
che rimpiazza, si capirà perché diciamo che il processo di superamento ha un
carattere dialettico: dialettico dell'a-priori e dell'a-posteriori, della conoscenza e
dell'azione, di me e degli altri, ecc..
Organizzare il superamento di un ostacolo consisterà nel proporre una situa-
zione suscettibile d'evoluzione al fine di fare evolvere l'alunno secondo una dia-
lettica conveniente. Si tratterà, non di comunicare le informazioni che si voglio-
no insegnare, ma di trovare una situazione nella quale esse sono le sole a essere
soddisfacenti o ottimali, tra quelle alle quali si oppongono, per ottenere un risul-
tato del quale l'alunno si è fatto carico.
Questo però non basta: bisognerà anche che questa situazione permetta di
primo acchito la costruzione di una prima soluzione o di un tentativo dove
l'alunno investirà la sua conoscenza del momento.
Se questo tentativo fallisce, la situazione deve tuttavia rinviare a una situa-
zione nuova modificata da questo insuccesso in maniera intellegibile ma intrin-
seca, cioè non dipendente dalla maniera arbitraria delle finalità dell'Insegnante.
La situazione deve permettere la ripetizione a volontà della messa in atto di tut-
te le risorse dell'alunno.
27
Essa deve auto-motivarsi con un gioco sottile di sanzioni intrinseche (e non
sanzioni estrinseche legate dall'insegnante ai progressi dell'alunno). Lo sviluppo
dell'apprendimento non può dunque essere programmato; è solamente la situa-
zione e la sua scelta che possono esserlo (Spagnolo, 2009).
2.3 La relazione Insegnante!Allievo: il Contratto didat!
tico.
Nell’analisi di un’azione didattica non si può trascurare la relazione che si in-
staura tra Insegnante e Allievo. Per la natura stessa del processo di insegnamen-
to/apprendimento, si tratta di una relazione asimmetrica, sia rispetto ai conte-
nuti, sia rispetto alle relazioni sociali.
Il complesso di interazioni e di comportamenti che si instaura tra allievo ed
insegnante, che deve avere quale prodotto finale l’apprendimento, è formato da
una serie di fasi e di momenti che caratterizzano l’attività svolta in classe gior-
nalmente. Il rapporto allievo-insegnante è basato su regole non scritte, su con-
venzioni sottintese, accettate implicitamente tanto dallo scolaro quanto dall’in-
segnante. Queste regole, seppure mai dichiarate, sono ben conosciute da en-
trambe le parti in causa, come se costituissero una sorta di contratto mai firma-
to la cui validità è però indiscutibilmente nota e chiara a tutti: questo “contratto
didattico” influenza in termini decisivi il processo di insegnamento/apprendi-
mento. Esistono vari approcci ed accezioni del contratto didattico, ma la defini-
zione di riferimento rimane quella di Brousseau che lo definisce come “l’insieme
dei comportamenti dell’insegnante che sono attesi dall’allievo e l’insieme dei
comportamenti dell’allievo che sono attesi dall’insegnante” (Brousseau, 1988).
Si può quindi affermare che il contratto didattico è il risultato della negoziazione
dei rapporti stabiliti esplicitamente e/o implicitamente tra un allievo o un gruppo
di allievi, un certo “ambiente” ed un sistema educativo, al fine di far appropriare
gli allievi di un sapere costituito o in via di costituzione (Spagnolo, 2009).
Studi approfonditi sul contratto didattico hanno consentito di rivelare che gli
allievi di ogni ordine scolastico hanno appunto attese particolari, schemi gene-
rali, comportamenti che nulla hanno a che vedere con la matematica ma che di-
pendono dal contratto didattico instauratosi in classe.
28
La problematica del contratto didattico è particolarmente rilevante nella di-
dattica della matematica perché la natura delle prestazioni matematiche è molto
varia (a volte occorre ricordare, altre volte riflettere, altre volte ancora progetta-
re, esplorare, ecc.), e quindi la scelta del comportamento intellettuale più adatto
in ogni circostanza è assai impegnativa, con il rischio inevitabile che l’allievo,
soprattutto quello meno sicuro di sé, si interroghi non su “cosa conviene fare”
ma su “cosa l’insegnante si aspetta che io faccia”.
L’importanza riconosciuta del contratto didattico nell’insegnamento/appren-
dimento della matematica ha spinto a chiedermi, prima di proporre un’attività
da far svolgere agli allievi, cosa possono aspettarsi di dover fare, e soprattutto di
prestare attenzione ai comportamenti che loro mettono in atto per individuare
la possibile prevalenza di atteggiamenti del tipo “cosa devo fare per soddisfare
l’insegnante”, a prescindere dal contenuto e dalla logica interna della prestazio-
ne richiesta. Nell’esperienza condotta è stato importante impostare con la mas-
sima chiarezza il rapporto contrattuale con gli allievi, anche attraverso discus-
sioni su cosa loro si aspettassero di dover fare nelle diverse circostanze e chia-
rimenti sulla varietà di comportamenti utili per affrontare i compiti più com-
plessi (ricordare, applicare, esplorare, ecc.).
Il contratto didattico è dunque parte essenziale di una situazione didattica.
2.4 La situazione a!didattica
Una Situazione designa l’insieme delle circostanze nelle quali si trova una
persona (un gruppo, una collettività, ecc..), le relazioni che l’uniscono al suo
ambiente, e l’insieme dei dati che caratterizzano una azione o una evoluzione
(un’azione in un certo momento).
Una Situazione è Didattica quando un individuo (in generale l’insegnan-
te) ha l’intenzione di insegnare ad un altro individuo (in generale l’allievo) un
determinato sapere.
Si chiama situazione di apprendimento una situazione che permette ad
un soggetto di passare da uno stato di conoscenza ad un altro stato di conoscen-
za.
Si chiama situazione a-didattica la parte della situazione didattica nella
quale l’intenzione d’insegnante non è esplicita nei confronti dell’allievo. L’allie-
29
vo sa che il problema propostogli è stato scelto per fargli acquisire nuova cono-
scenza e, nello stesso tempo, deve sapere che questa conoscenza è giustificata
dalla logica interna della situazione. E per costruire questo sapere non deve fare
appello a delle ragioni didattiche (Spagnolo, 2009).
In una situazione a-didattica l’insegnante, attraverso un insieme di condizio-
ni che permettono all’allievo di appropriarsi della situazione, permette una de-
voluzione della situazione.
La devoluzione consiste, non soltanto nel presentare all’allievo il gioco al
quale l’insegnate vuole che egli partecipi, ma anche nel fare in modo che l’allievo
si senta responsabile, nel senso della conoscenza e non della colpevolezza, del
risultato che egli deve cercare. La devoluzione fa appello alle motivazioni dell’al-
lievo, il quale non soltanto deve accettare il gioco (sinonimo di situazione) pro-
posto ma deve ricercare le strategie migliori che gli permetteranno di vincere.
In conclusione la devoluzione è l’atto attraverso il quale l’insegnante fa accet-
tare all’allievo la responsabilità di una situazione di apprendimento (a-didattica)
o di un problema e accetta lui stesso le conseguenze di questo transfert (Spagno-
lo, 2009).
In questo modo l’allievo si trova di fronte ad un’ingiunzione paradossale: “Se egli
accetta che, secondo il contratto, l’insegnante gli insegni i risultati, non ha ri-per-
corso le costruzioni matematiche necessarie e quindi non ha appreso. Se, al con-
trario, rifiuta ogni informazione da parte dell’insegnante, allora la relazione di-
dattica è rotta. Apprendere, implica, per lui, che egli accetti la relazione didatti-
ca ma che la consideri come provvisoria e si sforzi di confutarla”. Risulta inte-
ressante e costruttiva la “rottura del Contratto” nel senso che è proprio dalle rot-
ture del Contratto che l’allievo può entrare in una situazione di apprendimento.
Si possono intravedere quattro condizioni per la messa a punto di situazioni
a-didattiche5:
• L’alunno può immaginare una risposta, ma questa risposta iniziale (proce-
dura di base) non è quella che si vuole insegnare: Se la risposta fosse già cono-
sciuta, questa non sarebbe una situazione d’apprendimento. L’alunno cioè deve
trovarsi in una situazione di incertezza sulle decisioni da prendere;
• Questa “procedura di base” deve rivelarsi immediatamente insufficiente o
inefficiente perché l’alunno sia costretto a fare degli accomodamenti, delle mo-
difiche del suo sistema di conoscenza.
30
• Esiste un ambiente per la validazione, un ambiente cioè che permetta la
conferma della verità o falsità di una soluzione trovata. Tale ambiente deve po-
ter permettere delle retroazioni, l’ambiente a-didattico deve poter influenzare
l’allievo nel senso che gli deve consentire di correggere la sua azione, di accetta-
re o respingere un’ipotesi, di scegliere fra numerose soluzioni. Un ambiente sif-
fatto verrà chiamato a-didattico;
• La situazione (gioco) sia ripetibile (analisi a-priori approfondita e indivi-
duazione delle variabili didattiche). (Spagnolo, 2009).
Strumento necessario alla modellizzazione delle situazioni didattiche è la no-
zione di gioco che viene utilizzato come sinonimo di "situazione". Brousseau
elenca i possibili significati del termine "gioco" per poter poi definire le possibili
strategie ed il modo di controllarle:
Attività fisica o mentale, puramente gratuita, generalmente fondata sulla
convenzione o la finzione, che non ha nella coscienza di colui il quale vi si affida
altro fine che essa stessa, altro scopo che il piacere che procura.
Il gioco è l’organizzazione di questa attività sotto un sistema di regole defi-
nenti un successo e un insuccesso, un guadagno e una perdita.
E' anche ciò che serve a giocare, gli strumenti del gioco, ed eventualmente
uno degli stati del gioco determinato da un assemblaggio particolare degli stru-
menti del gioco.
Il gioco è "la maniera in cui si gioca". In questo caso si tratterà di procedure,
si preferiranno i termini di "tattica" o di "strategia".
E' l'insieme delle posizioni tra le quali il giocatore può scegliere in un dato
stato di gioco.
Nel distinguere diversi tipi di situazioni a-didattiche Brousseau propone :
1. una classificazione delle interazioni del soggetto con il suo ambiente a-di-
dattico;
2. una classificazione dei tipi di organizzazione di questo ambiente;
3. una classificazione dei tipi di funzionamento di una conoscenza;
4. una classificazione dei modi d’evoluzione spontanea delle conoscenze
(l'apprendimento).
Le interazioni considerate al punto 1 sono classificate da Brousseau in tre
grandi categorie:
• Gli scambi di giudizio (Ipotesi di validazione);
31
• Gli scambi di informazioni codificate in un linguaggio (Ipotesi di formula-
zione);
• Gli scambi non codificati o senza linguaggio: le azioni e le decisioni che agi-
scono direttamente sull'altro protagonista (Ipotesi d'azione).
L'analisi di queste interazioni è oggetto diricercatori che si rifanno alla scuo-
la francese.
Nella prima stesura della Teoria delle Situazioni Didattiche le fasi in cui si
suddivideva la situazione a-didattiche erano: consegna, azione, formulazione e
validazione. In seguito la ricerca ha mostrato il ruolo essenziale dei momenti di
istituzionalizzazione, e si è aggiunta una quinta fase nella quale c’è un doppio
riconoscimento:
- il “riconoscimento ufficiale” del nuovo sapere da parte dell’allievo;
- il “riconoscimento” da parte dell’insegnante, dell’apprendimento avvenuto.
L’istituzionalizzazione è l’operazione, guidata dall’insegnante con un lin-
guaggio alla portata degli studenti, attraverso cui i saperi ricevono una formula-
zione chiara e semplice. Entrano cosi nel repertorio di “cose da sapere” e da uti-
lizzare come strumenti matematici per affrontare situazioni problema nuove.
2.4.1 Schema di una situazione a!didattica
Prima fase: La consegna
In questa prima fase l’insegnante specifica il compito con cui l’allievo (o gli
allievi) si deve confrontare. Trattandosi di un gioco, l’insegnante per rendere le
regole più chiare, può decidere di giocare con un allievo o concedere a due allie-
32
vi di ripetere l’attività. La dimostrazione pratica fatta dall’insegnante è impor-
tante, perché riduce l’ambiguità del linguaggio verbale.
L’allievo pensando di poter risolvere il compito, accetta di implicarsi, e usa
un modello (un’intuizione, un’idea, una conoscenza) che gli sembra adeguato.
Le strategie utilizzate dall’allievo riguardano le conoscenze che egli reputa indi-
spensabili alla risoluzione della situazione problema. La sua azione nella situa-
zione si rivela però inefficace, è la situazione stessa (feed-back) che lo informa.
L’allievo ne prende atto e cambia, tenta una nuova strategia. Grazie alla retro-
azione (feed-back) l’allievo ha la possibilità di ripercorrere la situazione stessa
per aggiustare o per rigettare l’azione, di scegliere tra più soluzioni la migliore.
La retroazione dunque permette all’allievo di valutare la propria azione, e all’in-
segnante di verificare il processo di retroazione attivato dall’alunno.
Seconda fase: la situazione di azione
La seconda fase vede l’allievo immerso nella situazione problema, totalmente
assorbito dal compito e dalla ricerca di una soluzione, formula ipotesi e adotta
strategie. L’allievo adotta strategie rifiutando istintivamente o razionalmente le
precedenti, e le mette alla prova in nuove esperienze.
Ogni nuova strategia adottata dunque sarà accettata o rifiutata a secondo del
giudizio che l’allievo si forma sulla sua efficacia. Per cui possiamo affermare che
la situazione d’azione costituisce il processo mediante il quale l’allievo, perviene
alla costruzione di strategie, ossia apprende un metodo per poter risolvere la si-
tuazione problema in cui ha accettato di implicarsi.
Questi scambi tra l’allievo e l’ambiente del compito, (che comprende altri
compagni, la situazione problematica, l’insegnante) formano la Dialettica della
situazione d’azione. L’allievo tramite il dialogo con la situazione si costruisce un
modello implicito, ossia un insieme di relazioni e di regole secondo cui prende le
33
sue decisioni senza averne coscienza e quindi senza formularle. In questa fase
quindi non è presente la formulazione, l’allievo si costruisce un modello implici-
to che coincide con il “saper fare” insegnato ma non interiorizzato. I modelli im-
pliciti costruiti dall’allievo anche se sono errati giustificano in ogni modo il “sa-
per fare” acquisito.
L’insegnante in questa fase sostiene l’allievo senza dare alcuna informazione
che lo possa aiutare a risolvere la situazione problema, osserva gli avvenimenti,
condivide il piacere o la delusione per il risultato dell’azione. Valorizza in ogni
caso il tentativo, perché l’errore è inevitabile e nello stesso tempo utile.
Terza fase: la situazione di formulazione
Nella situazione di formulazione l’allievo oltre ad agire sulla situazione, deve
rendere noto agli altri le sue scoperte, il suo modo per risolvere il compito, ver-
balizzare le sue strategie, argomentarle e difenderle, insomma le rende pubbli-
che, disponibili agli altri allievi implicati nella situazione perché le possano fare
proprie. In questa fase dunque non basta possedere un modello implicito, ma
bisogna comunicarlo per convincere gli altri, quindi nascono discussioni spon-
tanee sulla validità e sulle diverse strategie proposte. Le discussioni pertanto
rappresentano i mezzi d’azione, i mezzi di convincimento, perciò l’allievo gra-
dualmente, si rende conto della necessità di dover elaborare un linguaggio com-
prensibile a tutti, poiché è mediante lo scambio comunicativo con gli altri che si
giunge alla formulazione della strategia, processo questo che prende il nome di
dialettica della formulazione. In ogni momento del succitato processo quindi il
linguaggio è messo alla prova, poiché deve rivelarsi utile ed efficace e rendere
possibile la comprensione sia delle azioni che dei modelli d’azione.
34
Come nella situazione precedente, l’insegnante è presente, gestisce gli scam-
bi, osserva il lavoro dei suoi allievi, ne prende atto e al termine pone alcune do-
mande, dà la parola per reazioni “a caldo”, rilancia, ricorda per tutti.
Quarta fase: la situazione di validazione
Nello svolgimento delle attività proposte in questa fase, gli allievi si trovano
in situazioni tali da dover esplicitare le strategie, i modelli, le proposizioni (teo-
remi) utilizzati, e dare una spiegazione delle stesse, questa operazione prende il
nome di validazione. Una nuova conoscenza passa così anche attraverso i mo-
menti di validazione: alcuni allievi propongono
una nuova strategia risolutiva argomentando a suo favore, il restante gruppo
che riveste il ruolo di oppositore, può accettarla, richiedere ulteriori argomenti,
oppure, contro argomentala. È dunque all’interno del gruppo, in cui gli allievi si
trovano in situazione di parità, che vengono discusse sia le strategie da adottare
che quelle da rifiutare. A volte i loro ragionamenti sono errati, accolgono teorie
sbagliate, accettano prove insufficienti. È la situazione d’azione stessa, come
succede nelle altre fasi, che porta gli allievi a scoprire l’errore, li conduce a rive-
dere i loro ragionamenti ed a riformulare modelli corretti. Questo modo di pro-
cedere è definito dialettica della validazione.
Quando le ipotesi vengono accettate da tutti diventano teoremi. Non basta
enunciare o formulare un’ipotesi perché essa diventi un teorema: è necessario
argomentare, provare, dimostrare. Enunciare una proposizione (teorema), non
significa comunicare un’informazione, ma essere pronto ad affermare che quello
che si dice è vero, e si è capaci di sostenere la propria convinzione mediante di-
mostrazioni. Per l’allievo quindi non si tratta solo di conoscere la matematica,
ma saperla utilizzare per accettare o respingere le proposizioni e ciò richiede
un’attitudine alla prova. L’attitudine alla prova non è innata, è mediante le si-
tuazioni d’azione proposte che si sviluppa e si mantiene. Inoltre le situazioni
d’azione favoriscono nell’allievo la scoperta. L’allievo dunque attraverso le di-
mostrazioni, le prove, apprende il “perché” delle matematiche, vi aderisce, l’ac-
cetta in quanto nasce da una sua convinzione interna, e non è appreso solo at-
traverso il riferimento all’adulto.
L’apprendimento dunque si produce in modo attivo per costruzione persona-
le e attraverso la soluzione di problemi. Inoltre, come sostiene Brousseau, il fare
35
matematica per un allievo è prima di tutto un’attività sociale e non solo indivi-
duale. Questo è il motivo per cui la Teoria delle Situazioni è considerata una teo-
ria di chiaro stampo costruttivista.
36
Capitolo 3LE QUESTIONI EPISTEMOLOGICHE
SULLE FRAZIONI
La tematica dei numeri razionali e, quindi, anche delle frazioni, è centrale nel
curriculum di matematica sin dalla scuola primaria.
La frazione, infatti, nella cultura occidentale, è il primo passo verso la costru-
zione del numero razionale: ciò significa che dal primo approccio (operativo)
alla frazione, fino all’esplicitazione della conoscenza (formale) sui numeri ra-
zionali, si compie un cammino unitario, non solo dal punto di vista della teoria
matematica, ma anche (e soprattutto) dal punto di vista della generazione del
pensiero matematico nella sua forma astratta, corredata da un preciso linguag-
gio simbolico e dotata di significato. Tale cammino complessivo ha alcuni mo-
menti salienti:
! la definizione di frazione come operatore su grandezze;
! la relazione di equivalenza tra frazioni;
! la definizione di numero razionale come classe di frazioni equivalenti;
! la sua rappresentazione nella scrittura posizionale mediante i decimali;
! la rappresentazione di ciascuna classe con un suo particolare elemento: ad
esempio 0,5 rappresenta sia la frazione " che tutta la classe di frazioni ad essa
equivalenti;
! le operazioni tra frazioni;
! il loro collegamento con le operazioni tra numeri razionali.
Nell’attività didattica occorre tenere presente che per affrontare l'argomento
«frazioni» (come per qualsiasi concetto o modello scientifico) l'insegnante non
può limitarsi a padroneggiare solo gli aspetti formali di natura disciplinare.
Questa è una condizione indispensabile, ma sicuramente non sufficiente. Egli
dovrebbe anche padroneggiare il linguaggio (aspetti della sua evoluzione, analisi
del lessico), i significati sottesi, i passaggi concettuali, i processi di astrazione. In
altre parole dovrebbe disporre non soltanto di solide conoscenze disciplinari,
ma anche di conoscenze linguistiche, psicologiche (cioè legate alla formazione
del pensiero matematico nell’itinerario che va dall’esperienza alla formalizza-
37
zione) ed epistemologiche (cioè legate all’identificazione di significati e collega-
menti). Di tutto questo l’insegnante ha bisogno per avere chiarezza sui passi che
gli allievi devono fare. Ma poi, come mettere in atto un’attività scolastica in cui
l’apprendimento della matematica avvenga davvero in profondità e quindi non
sia banalizzato? L’attività scolastica riguarda sia l’insegnante sia l’allievo ed in
essa ciascuno dei due ha la sua parte specifica. Le linee guida per un intervento
didattico possono essere messe a punto a partire da alcune considerazioni sugli
aspetti epistemologici, cioè quelli legati all’identificazione di significati e colle-
gamenti, che verranno brevemente esposti nei paragrafi che seguono.
3.1 Il panorama internazionale delle ricerche in que!
st’ambito
Il tema delle frazioni è uno dei capisaldi della didattica della matematica, nel-
la scuola primaria e nella scuola secondaria. Ciò spiega perché tale tema sia sta-
to uno dei più studiati, fin dagli anni ’60. A seguito del fondamentale lavoro di
Kieran su questo tema (Kieran, 1975), molte ricerche hanno indagato sulle diffi-
coltà che gli alunni incontrano nello sviluppo di concetti relativi ai numeri ra-
zionali8. Varie ricerche hanno messo in rilievo le diverse interpretazioni che i
numeri razionali e le frazioni possono presentare in differenti contesti di appli-
cazione9. Per esempio la frazione può essere interpretata come descrizione di
una relazione parte-intero, cioè come una descrizione della ripartizione di un
oggetto in parti; le frazioni inoltre possono essere viste come oggetti che posso-
no essere confrontati, sommati, sottratti…. Il numero razionale può essere visto
come risultato di una divisione tra due numeri interi o come rapporto, cioè co-
me confronto moltiplicativo tra due quantità. Il numero razionale può ancora
essere inteso come operatore, cioè come qualcosa che opera su una quantità e la
cambia, come probabilità, come punto su una retta orientata…10
38
8 S i v e d a a l r i g u a r d o i l s e g u e n t e s i t o d e l R a t i o n a l N u m b e r P r o j e c t http://education.umn.edu/rationalnumberproject/default.html che contiene un alto numero di pubblicazioni realizzate da ricercatori che si sono occupati dell’argomento.
9 In questo lavoro facciamo riferimento alla seguente definizione matematica di numeri raziona-li e frazioni: I numeri razionali sono elementi di un campo quoziente infinito che consiste di in-finite classi di equivalenza e gli elementi delle classi di equivalenza sono frazioni (Beher e Al., 1993).
10 Questa lista di interpretazioni non ha la pretesa di essere esaustiva.
E’ stato messo in rilievo che solo attraverso lo sviluppo di interpretazioni di
questo tipo per mezzo di pratiche didattiche significative, gli alunni possono co-
struirsi un’idea pertinente di numero razionale e, quindi, anche di frazione, e
comprendere le proprietà che caratterizzano questi nuovi oggetti matematici al
centro del processo di insegnamento/apprendimento.
Vi è comunque un generale accordo sul fatto che le difficoltà degli alunni nel-
la costruzione di concetti relativi ai numeri razionali sono principalmente di na-
tura semantica e non di natura puramente sintattica, come invece lascerebbe
presupporre il tipo di pratica didattica che viene spesso sviluppato nelle classi. A
tale riguardo si può osservare che nell’approccio ai numeri razionali, e alle fra-
zioni, suggerita in molti libri di testo, si evidenzia molto spesso una forte divari-
cazione tra il piano dell’operatività, con la notazione frazionaria, e il piano dei
significati.
Molti risultati mostrano che la didattica corrente non è in grado di costruire
una base di esperienze e di significati appropriati nell’uso della notazione fra-
zionaria11. Vi è mancanza di stabilità nella conoscenza costruita; nei casi migliori
gli alunni imparano ad usare correttamente regole di calcolo ma mostrano diffi-
coltà nell’assegnare significati alle azioni compiute o nel dare loro giustificazioni
accettabili.
A conferma di ciò, può accadere allora che, all’uscita dalla scuola media, in un
questionario proposto da Mariotti et al. (1995), gli alunni abbiano risposto che
tra i tipi di numero che essi conoscono ci sono anche decimali, frazioni, raziona-
li, facendo così pensare che per essi scritture diverse corrispondono a numeri di
tipo diverso, e hanno confermato ulteriormente ciò rappresentando i vari siste-
mi numerici mediante insiemi disgiunti.
Questa ambiguità concettuale è aggravata dal fatto che contemporaneamente
si è già formato nel bambino un modello forte, rigido dei numeri naturali che,
riprendendo le parole di Fishbein (1984), «...confligge duramente con le frazioni
in seconda media, così come ha già fatto con i decimali alla fine della scuola
elementare e all’inizio della scuola media». Questa situazione emerge chiara-
mente in numerose indagini. Ad esempio, i già citati Mariotti et al. (1995) evi-
denziano che, per quanto riguarda i numeri decimali, essi sono visti come due
numeri naturali giustapposti, tenuti separati da una virgola, e che ciò spieghe-
39
11 Per un’alta percentuale di alunni all’inizio della scuola superiore il doppio di 2/3 è 4/6.
rebbe errori del tipo 3,15>3,7 perché 15>7. Ciò, d’altra parte era già stato dimo-
strato da Brousseau nel 1983 affermando che, per i bambini della scuola prima-
ria, i numeri decimali sono dei “naturali con la virgola”. Ancora oggi questa con-
cezione è assai radicata e persiste, talvolta, fino all’universtià; essa costituisce un
ostacolo didattico piuttosto diffuso alla comprensione dei numeri reali.
Quanto fin qui esposto rappresenta solo una parte minima, ma già abbastan-
za significativa, di quanto si potrebbe dire sulle difficoltà nell’approccio ai nu-
meri razionali-frazioni.
Nonostante ciò, la didattica corrente si basa principalmente su un approccio
normativo e prescrittivo: (“Se vuoi sommare due frazioni con lo stesso numera-
tore allora fai così… ; Se invece le due frazioni hanno denominatore diverso allo-
ra prima devi…. “). Si tratta dello stesso approccio che caratterizzerà in seguito
anche l’insegnamento dell’algebra, cioè di un approccio principalmente basato
sull’insegnamento e il consolidamento di tecniche operative.
Varie sono le cause che determinano un approccio didattico di questo tipo: il
peso della tradizione didattica orientata storicamente allo sviluppo di compe-
tenze operative di calcolo, mancanza di strumenti per favorire la riflessione sugli
aspetti strutturali della tecnica, carenza di proposte didattiche innovative, mag-
giore difficoltà nella gestione in classe di una pratica didattica orientata alla giu-
stificazione e all’inquadramento teorico delle tecniche impiegate…
E’ noto che per fare matematica e per apprendere nuove conoscenze matema-
tiche occorre imparare ad usare tecniche che, per ragioni di efficienza nello svi-
luppo di ogni attività, devono diventare routine (Artigue, 2001).
Non si può fare a meno di osservare, però, che se l’attività matematica si ri-
duce solo all’appropriazione e all’uso di specifiche tecniche, essa perde il suo ca-
rattere culturale e conoscitivo, diventa prescrizione, una serie di ricette da ap-
plicare in compiti meccanici e ripetitivi che vengono “accettate” dagli studenti in
base al principio di autorità dell’insegnante.
Ciò, purtroppo, è quello che caratterizza molto spesso l’attività con le frazioni
dentro l’istituzione scolastica.
40
3.2 Noetica e semantica delle frazioni
Mai come nell’apprendimento delle frazioni si rivela importante, per un inse-
gnante, conoscere almeno i primi elementi della noetica e della semiotica.
È bene quindi precisare che con il termine “noetica” si intende l’acquisizione
concettuale; nel caso dell’ambiente scuola, l'apprendimento concettuale. Con il
termine “semiotica” si intende,invece, la rappresentazione dei concetti mediante
sistemi di segni. Nel caso della Matematica, entrambi i termini acquistano
straordinaria importanza.
La noetica è preliminare a qualsiasi attività matematica in quanto consiste
proprio nell’acquisizione dei suoi concetti.
Secondo Vergnaud, un concetto matematico, se si guarda al suo sviluppo nel-
la mente degli studenti, è una terna di insiemi ( Vergnaud, 1992):
• l’insieme delle situazioni che rendono il concetto significativo in una varietà
di aspetti;
• l’insieme degli invarianti operazionali (proprietà, relazioni, oggetti, teoremi-
in-atto…) che sono progressivamente afferrati dagli studenti, in modo gerarchi-
co;
• l’insieme dei simboli linguistici e non linguistici che rappresentano quegli
invarianti e che sono usati per indicarli, per comunicare e discutere su di essi, e
perciò per rappresentare situazioni e procedure.
Quanto afferma Vergnaud ha grande influenza sul modo di concepire l’inse-
gnamento della matematica: anche qualora si accettasse una definizione teorica
della matematica che privilegi l’aspetto sintattico (dando quindi peso soprattut-
to alle formule ed alle deduzioni), tuttavia un sapere di questo tipo non sarebbe
trasmissibile solo facendo imparare formule e regole prescindendo dal loro si-
gnificato. La padronanza dell’aspetto formale può essere solo l’esito di un lavoro
di ampio respiro che, partendo da situazioni e narrazioni, costruisca contempo-
raneamente significati e simboli.
Duval (1993) afferma, infatti, che l’acquisizione concettuale di un oggetto ma-
tematico si basa su due sue caratteristiche “forti”:
1. l’uso di più registri di rappresentazione semiotica che è tipica del pensiero
umano;
41
2. la creazione e lo sviluppo di sistemi semiotici nuovi che è simbolo (storico)
di progresso della conoscenza.
Queste considerazioni mostrano l’interdipendenza stretta tra noetica e se-
miotica, come si passa dall’una all’altra: non solo dunque non c’è noetica senza
semiotica, ma la semiotica viene assunta come caratteristica necessaria per ga-
rantire il primo passo verso la noetica.
Lo dice per primo Duval, presentando la problematica dei registri, nei celebri
articoli del 1988 pubblicati sugli Annales lo confermano Chevallard (1991), Go-
dino e Batanero (1994).
Ora, dice lo stesso Duval, le rappresentazioni semiotiche sono rappresenta-
zioni la cui produzione non è possibile senza la mobilitazione di un sistema se-
miotico: così le rappresentazioni semiotiche possono essere produzioni discor-
sive (in lingua naturale, in lingua formale) o non discorsive (figure, grafici,
schemi, ...). Per capire la produzione semiotica, bisogna prendere in considera-
zione tre aspetti:
• l’aspetto strutturale, relativo alla determinazione della significatività dei
segni e a quella delle possibilità di rappresentazione che essi offrono;
• l’aspetto fenomenologico, relativo ai vincoli psicologici di produzione o di
comprensione dei segni;
• l’aspetto funzionale, relativo al tipo di attività che i segni permettono di
svolgere.
La costruzione dei concetti matematici è dunque strettamente dipendente
dalla capacità di usare più registri di rappresentazioni semiotiche di quei con-
cetti:
! di rappresentarli in un dato registro
! di trattare tali rappresentazioni all’interno di uno stesso registro
! di convertire tali rappresentazioni da un dato registro ad un altro.
Nel caso delle frazioni, la quantità di registri semiotici a disposizione è im-
mensa. A gestire i diversi registri, a scegliere i tratti distintivi del concetto da
trattare, a convertire, non si impara automaticamente; questo apprendimento
deve necessariamente essere il risultato di un insegnamento esplicito nel quale
l’insegnante chiama ad essere corresponsabile lo studente. L’insegnante troppo
spesso sottovaluta questo aspetto e passa da un registro all’altro senza problemi,
perché ha già concettualizzato; ma lo studente, no, lo studente lo segue sul pia-
42
no delle rappresentazioni semiotiche, non sui significati. Il rischio è enorme.
L’apparente semplicità, l’apparente leggibilità di certi registri, non deve far cre-
dere che lo studente se ne appropri o ne sia già padrone.
Per sua natura, l’essere umano si forma spontaneamente immagini mentali di
ciò con cui entra in contatto in forma sensibile. Molti dei concetti della Matema-
tica sono raggiunti grazie a passaggi, nei mesi o negli anni, da un’immagine ad
un’altra più comprensiva e si può immaginare questa successione di costruzioni
concettuali come una specie di scalata, di “avvicinamento” al concetto.
Ad un certo punto di questa successione di immagini, c’è un momento in cui
l’immagine cui si è pervenuti dopo vari passaggi “resiste” a sollecitazioni diver-
se, si dimostra cioè abbastanza “forte” da includere tutte le argomentazioni e
informazioni nuove che arrivano rispetto al concetto C che rappresenta. Un’im-
magine di questo tipo, dunque stabile e non più mutevole, si può chiamare “mo-
dello” M del concetto C (Fandino Pinilla, 2005).
Si può pensare dunque che il modello (mentale) M del concetto C dello stu-
dente S sia l’immagine (mentale) finale di una successione di immagini sempre
più elaborate e comprensive che si è fatto S, in una sorta di cammino ideale nel
quale l’insegnante ha il compito di guidare S. Farsi un modello di un concetto,
dunque, significa rielaborare successivamente immagini (deboli, instabili) per
giungere ad una di esse definitiva (forte, stabile).
Purtroppo questo è il punto di vista teorico, ma non sempre le cose funziona-
no come dovrebbero; ci sono, infatti, due possibilità:
M si forma al momento giusto nel senso che si tratta davvero del modello
che l’insegnante auspicava per C; l’azione didattica ha funzionato e lo studente
si è costruito il modello M voluto dall’insegnante del concetto C;
M si forma troppo presto, quando rappresenta ancora solo un’immagine
che avrebbe dovuto essere ulteriormente ampliata; a questo punto non è facile
raggiungere C, perché la stabilità di questo parziale M è di per sé stessa un osta-
colo ai futuri apprendimenti.
L’insegnante tende spesso, per ovvi motivi legati alla speranza di un successo
cognitivo, a proporre un’immagine forte e convincente che diventa persistente,
confermata da continui esempi ed esperienze, di un concetto C; l’immagine si
trasforma in modello intuitivo. Si parla anche di modelli parassiti.
43
Ad esempio, la moltiplicazione tra due numeri naturali dà luogo ad un pro-
dotto che è certamente maggiore di ciascuno dei due fattori; questa affermazio-
ne è vera in N, insieme dei numeri naturali, ma non certo in Qa, insieme dei ra-
zionali assoluti. Il modello intuitivo della moltiplicazione in Qa, però, potrebbe
coincidere con il modello che lo studente si è costruito in N, evidentemente
troppo presto; l’idea di limitare l’insegnamento della moltiplicazione al cosid-
detto “schieramento” nella scuola primaria, non aiuta certo in questa impresa
cognitiva; non è un caso che molti studenti evoluti (anche universitari) si dichia-
rino meravigliati di fronte al fatto che tra due operazioni: 18 x 0,25 e 18 : 0,25 la
prima è quella che da i risultato minore. Essi conservano il modello errato crea-
tosi nella scuola elementare in base al quale “la moltiplicazione aumenta i valo-
ri”.
Didatticamente conviene lasciare immagini ancora instabili, in attesa di poter
creare modelli adatti e significativi, il più possibile vicini al sapere matematico
che si vuole raggiungere. Più forte è il modello intuitivo, più difficile è infranger-
lo per accomodarlo ad una nuova immagine. Insomma, l’immagine – misconce-
zione non deve diventare modello visto che, per sua stessa natura, è in attesa di
definitiva sistemazione. Si tratta allora di non dare informazioni distorte e sba-
gliate; non solo non darle in modo esplicito, ma addirittura evitare che si formi-
no autonomamente per non favorire l’insorgere di modelli parassiti. Una solida
competenza dell’insegnante in Didattica della Matematica è, in questo, un forte
aiuto (Fandino Pinilla, 2005).
Nel caso delle frazioni, succede molto spesso che una immagine si trasformi
in modello mentale interno, troppo presto, quando ancora dovrebbe restare
immagine. Ad esempio:
L’immagine di una unità-tutto che viene divisa in parti uguali, inten-
dendo questo uguale come identità, congruenza, sovrapponibilità, mar-
chia in modo efficace e duratura il concetto di frazione, trasformandosi in
modello e pretendendo dunque di essere rispettata in ogni occasione. Ciò
pregiudica assai presto la formazione noetica della frazione.
L’immagine di dividere un’unità-tutto in parti uguali e prenderne al-
cune, suggerisce semanticamente che questo “alcune” non possa essere
“tutte”; il modello si fora facilmente, dato che coincide con una intuizione
44
forte; ma pregiudica poi il passaggio alla unità come frazione n/n ed alle
frazioni improprie.
L’uso delle figure geometriche viene visto dagli studenti come specifico
e significativo, mentre l’adulto le pensa causali e le vede come generiche.
Per esempio il continuo e unico ricorso a rettangoli o cerchi costringe a
ragionare in modo tale che l’immagine (che avrebbe dovuto essere aper-
ta, duttile, modificabile) diventa invece persistente e stabile e si fa model-
lo; se la frazione viene proposta su figure diverse (triangoli, trapezi…) lo
studente non domina più la noetica della frazione perché la situazione
proposta non fa parte del suo modello.
Se l’unità-totalità viene insistentemente proposta stilizzata come una
figura geometrica unica, connessa, compatta, convessa, la costruzione del
concetto di frazione si fa modello con questa configurazione fissa, irre-
movibile. Se poi si tenta di usare una unità-totalità che è formata da un
insieme discreto di oggetti, il modello troppo presto formatosi non ri-
sponde più ai bisogni nuovi della situazione.
Se bisogna dividere sempre e solo n numero per un altro più piccolo e
questo diventa il modello di divisione, allora, al momento di dividere 2
euro tra 4 persone, difficilmente allo studente sarà spontaneo operare
con la frazione 2/4 o con la divisione tra numeri razionali 2:4. Questi due
atteggiamenti non saranno compatibili con quel modello e lo studente
cercherà alternative, come, per esempio, quella di operare solo tra cente-
simi 200:4, come se questa trasformazione fosse obbligatoria. Avrà sem-
pre come risultato 50 centesimi e mai 0,5 o 0,50 euro perché questi due
valori gli sembreranno innaturali (Fandino Pinilla, 2005).
3.3 Vari modi di intendere il concetto di “frazione”
Nella scuola primaria, di solito in Italia in terza o in quarta, si introduce for-
malmente l’idea di frazione; essa è già posseduta, nelle sue accezioni più imme-
diate di “mezza” mela, “un terzo” di tavoletta di cioccolata, dividere una mancia-
ta di cioccolatini in 4 parti uguali, fin dalla più tenera età. Ma quel che si fa
scuola è di formalizzare la scrittura e istituzionalizzarne il significato. L’atteg-
giamento più o meno condiviso in tutto il mondo è quello di considerare un og-
45
getto concreto di riferimento da assumere come unità e che abbia i seguenti
requisiti:
- deve suscitare gradevolezza e dunque simpatia;
- deve essere visibilmente unitario;
- deve essere ben presente a tutti gli allievi, cioè non deve richiedere egli stes-
so un apprendimento.
Si tende a scegliere una torta cilindrica o una pizza in quasi tutti i paesi del
mondo, entrambi questi oggetti verificano i requisiti detti sopra.
A questo punto si ipotizzano situazioni in cui questa data unità (torta o pizza)
debba essere ripartita tra più persone; nasce così l’idea di mezzo (se si divide per
due), di un terzo (se si divide per tre) e così via…; si tratta delle “frazioni egizie”,
le prime che la storia ci tramanda. Ciò da luogo, come esempio più semplice
possibile, a quella che viene detta unità frazionaria (o frazione unitaria), cioè la
frazione rappresentata con una scrittura composta dal numero 1 e da un secon-
do numero separati da una linea, che viene detta linea di frazione. Il numero
che si trova sopra la linea di frazione viene detto numeratore, mentre quello
sotto viene detto denominatore. Perché tutto ciò abbia senso, occorre che le par-
ti frazionarie dell’unità siano uguali e su questo concetto si insiste molto: «divi-
dere una unità in parti “uguali”» è la richiesta preliminare a qualsiasi trattazio-
ne delle frazioni.
Supponiamo allora di considerare un rettangolo. Implicitamente, quando
l’adulto propone al bambino di dividere il rettangolo in parti “uguali”, spesso
intende parlare dell’area di quel rettangolo, della sua superficie. Da una parte,
dunque, quel termine “uguali” potrebbe e dovrebbe essere interpretato come
“congruenti”, “sovrapponibili” (e tanti insegnanti di scuola primaria ed anche
secondaria lo interpretano così ed obbligano lo studente ad interpretarlo così).
Ma allora una divisione del rettangolo in 4 parti come le seguenti:
a rigore non sarebbe una divisione ammessa: le parti che appaiono non sono
uguali; ma allora, sono o non sono ciascuna #?
46
Le 4 parti non sono “uguali” tra loro, se interpretiamo quell’aggettivo come
“congruenti”, “sovrapponibili”; ma lo sono se invece diamo un’interpretazione
relativa all’estensione, all’area. Ecco dunque che il termine “uguali” usato nella
prima presentazione dell’idea concettuale di frazione, e che sembrava così neu-
tro e chiaro, costituisce invece un serio ostacolo alla costruzione di conoscenza.
E non possiamo accusare l’allievo di risposte scorrette. D’altre parte, all’età in
cui la frazione viene introdotta, parole come “equiestese”, “congruenti”, “so-
vrapponibili” sono, per lo più sconosciute (anche se esistono interessanti ricer-
che che dimostrano che l’uso di questi aggettivi non solo è possibile, ma sempli-
fica e migliora notevolmente l’apprendimento, perfino nella scuola dell’infan-
zia). L’idea di semplificare ad ogni costo, di trovare modelli concreti ad ogni co-
sto, a volte si rivela una strategia didattica non ottimale; l’immagine concettuale
che il bambino si fa della nuova proposta cognitiva si trasforma troppo presto in
modello e nascono ostacoli didattici alla costruzione di conoscenza (Fandino Pi-
nilla, 2005).
Questa accezione intuitiva di frazione dell’unità ha il vantaggio di essere chia-
ra e facilmente acquisibile; può, inoltre, essere frequentemente modellizzata
nella vita quotidiana; ma ha il difetto di non essere poi teoricamente sufficiente,
di fronte alle varie e multiformi interpretazioni che si vogliono dare all’idea di
frazione. Detto in altre parole: una sola “definizione”di frazione non basta.
Infatti, a fronte di una definizione di frazione apparentemente intuitiva, si
possono avere almeno una dozzina di interpretazioni del concetto di frazione.
Esse saranno esposte di seguito; l’elenco, però, non ha la pretesa di essere esau-
stivo.
LA FRAZIONE COME PARTE DI UN TUTTO A VOLTE CONTI-
NUO E A VOLTE DISCRETO
A riguardo è utile cercare di identificare le caratteristiche della struttura
cognitiva che permette di maneggiare la nozione di “parte/tutto” Alcune delle
abilità necessarie per dominare questa nozione sono state studiate dapprima da
Piaget, Inhelder, Szeminska (1960), precisando che la nozione di frazione nel
suo aspetto parte/tutto (in contesti continui) si basa su 7 attributi:
• un tutto che è però scomponibile in elementi o parti tra loro separabili;
• tale separazione si può fare in un numero determinato di parti costituenti;
• le suddivisioni nel loro insieme completano il tutto;
47
• il numero delle parti non coincide con il numero dei “tagli”;
• le parti devono essere uguali tra loro (congruenti, se l’unità lo permette);
• ciascuna delle parti così ottenute può a sua volta essere intesa come una
nuova unità;
• il tutto si conserva, anche se diviso in parti.
Payne (1976) considera invece basilari tre principi per l’apprendimento della
nozione di frazione come parte/tutto, e cioè che gli allievi:
• abbiano un controllo simbolico delle frazioni;
• considerino la nozione parte/tutto sia in contesti continui sia in contesti di-
screti;
• facciano suddivisioni equivalenti (per esempio congruenti, se l’unità lo
permette).
FRAZIONI COME QUOZIENTE
È possibile vedere la frazione a/b come una divisione non necessariamente
effettuata ma solo indicata: a:b; in questo caso l’interpretazione più intuitiva
non è la parte/tutto, ma la seguente: abbiamo a oggetti e li dividiamo in b parti.
FRAZIONE COME RAPPORTO
A volte la frazione indica un rapporto; l’interpretazione non si accorda più né
alla parte-tutto, né alla operazione di divisione, diventando un legame tra gran-
dezze.
FRAZIONE COME OPERATORE
Molto spesso la frazione è considerata un operatore moltiplicativo, anzi que-
sto è orse uno dei suoi significati più usati nella scuola. In questo caso però solo
con uno sforzo si può ammettere di aver sfruttato al definizione iniziale di fra-
zione, anche se a quella ci si può comunque ricondurre. La frazione come opera-
tore, dunque, agisce sui numeri puri piuttosto che sulle raccolte o sugli oggetti;
è, di fatto, una nuova operazione che combina la divisione e la moltiplicazione.
FRAZIONE IN PROBABILITÀ’
In probabilità la frazione è profondamente presente, ma non rispetta più, al-
meno nella sua forma ingenua, la sua primitiva definizione.
FRAZIONE NEI PUNTEGGI
Le frazioni nei punteggi sono un oggetto matematico che ha peculiarità pro-
prie, intuitive, ma assai poco vicine alla definizione che era stata data all’inizio.
FRAZIONE COME NUMERO RAZIONALE
48
Prima o poi, la frazione si deve trasformare, lungo il corso di studi di un indi-
viduo, in numero razionale. In questo caso si mettono in particolare evidenza
questioni aventi a che fare con l’operatività: equivalenza fra frazioni, addizioni…
Un numero razionale, infatti, non è altro che la classe di equivalenza formata da
tutte quelle infinite coppie di numeri (a;b) tali che b=2xa.
FRAZIONE COME PUNTO DI UNA RETTA ORIENTATA
Spesso è richiesto di porre una frazione su una retta numerica. Per fare ciò
bisogna valutare quella frazione come se fosse un numero razionale , applicare
la relazione d’ordine in Q e mettere un cerchietto nero o una tacca nella posizio-
ne appropriata e opportuna. La frazione indica in questo caso la distanza tra
l’origine e il punto-frazione.
FRAZIONE COME MISURA
La frazione viene spesso usata come misura, specie nella sua espressione di
numero con la virgola. La quantità di vino nella bottiglia, la spesa per una mati-
ta sono delle misure; a volte ha senso pensarle espresse come numeri razionali,
a volte anche come frazioni, ma in nessun caso occorre o conviene fare riferi-
mento alla definizione originaria di frazione. È più spontaneo un uso diretto del-
la misura così come viene espresso.
FRAZIONE COME INDICAZIONE DI QUANTITÀ’ DI SCELTA DI
UN TUTTO
A volte la frazione serve per indicare una quantità di scelta in un insieme; il
suo significato cambia ancora e diventa un indicatore di approssimazione.
FRAZIONE E PERCENTUALE
La percentuale non è altro che una frazione; ma anche in questo caso ha pe-
culiarità specifiche.
FRAZIONE NEL LINGUAGGIO QUOTIDIANO
Molti dei ricercatori che si occupano della didattica delle frazioni propendono
attualmente per un primo contatto “informale”, com’è poi, nello stile didattico
più diffuso e generalizzato.
Nel linguaggio quotidiano, infatti, colpisce l’uso che si fa delle frazioni, non
sempre in modo esplicito. Si pensi ad esempio:
- alla lettura dell’orologio (sette e un quarto);
49
- alla musica in cui le frazioni hanno un ruolo determinante, ma non sempre
si comportano come quelle in matematica; lo studente però sente nominare gli
stessi nomi e dunque pensa agli stessi oggetti concettuali;
- allo sconto; se lo sconto è del 50% è intuitivo far capire che si tratta della
metà. Se lo sconto è del 25% è istruttivo far riflettere sul fatto che si tratta di un
quarto. Il viceversa è più complicato. Se una cosa che costava 80 ora costa 100 è
aumentata di # cioè del 25%; se ora cala di # non torna a 80, come molti cre-
dono, ma arriva a 75;
- alla pendenza delle strade;
- alle ricette di cucina;
- alla medicina.
3.4 Misconcezioni di frazioni
Una misconcezione è un concetto errato e dunque costituisce genericamente
un evento da evitare; essa però non va vista sempre come una situazione del
tutto o certamente negativa: non è escluso che, per poter raggiungere la costru-
zione di un concetto, si renda necessario passare attraverso una misconcezione
momentanea, ma in corso di sistemazione.
Gli esempi possibili nel caso delle frazioni sono molteplici:
- Misconcezioni legate all’ordine tra frazioni, ordine desunto a partire da
quello tra naturali;
- Misconcezioni legate alla semplificazione di frazioni;
- Legate alla gestione della equivalenza tra frazioni
- Alle operazioni tra frazioni
- Alla scelta delle figure sulle quali operare con le frazioni.
3.5 Ostacoli legati all’insegnamento/apprendimento del!
le frazioni
Occorre innanzitutto precisare che l’ostacolo, così come qui lo si intende, è
un’idea che, al momento della formazione di un concetto, è stata efficace per af-
50
frontare dei problemi (anche solo cognitivi) precedenti, ma che si rivela falli-
mentare quando si tenta di applicarla ad un problema nuovo. Visto il successo
ottenuto (anzi: a maggior ragione a causa di questo), si tende a conservare l’idea
già acquisita e comprovata e, nonostante il fallimento, si cerca di salvarla; ma
questo fatto finisce con l’essere una barriera verso successivi apprendimenti.
Si fa solitamente una distinzione fra tre tipi di ostacoli:
- di natura ontogenetica: legati all’allievo e alla sua natura;
- di natura didattica: legati all’insegnante ed alle sue scelte;
- di natura epistemologica: legati alla natura stessa degli argomenti della
Matematica.
Tra gli apprendimenti legati alle frazioni, molti possono essere pensati
come veri e propri ostacoli ontogenetici. Per esempio, il tentativo di far co-
struire cognitivamente il numero razionale come classe di equivalenza di coppie
di naturali (il secondo dei quali diverso da zero) è fallimentare. Per costruire
davvero questo concetto, bisogna avere la forza cognitiva e culturale di conside-
rare tale classe come un solo oggetto, astraendo dai suoi componenti. Si è visto
che questa capacità si acquisisce solo in particolari circostanze per motivi legati
all’ostacolo ontogenetico.
Per quanto riguarda gli ostacoli didattici, tra gli apprendimenti legati
alle frazioni, essi sono in genere dovuti a scelte che compie l’insegnante nel pre-
sentare i vari elementi della didattica delle frazioni, sulla base del buon senso o
della tradizione. Di solito queste scelte hanno successo e penetrano subito e be-
ne, creando conoscenza che però diventa modello troppo presto; in realtà si
tratta di misconcezioni che l’allievo crede essere concezioni corrette. Quando
tenta di applicarle alle situazioni nuove, esse si rivelano fallimentari. Esempi
sono innanzitutto la scelta di accanirsi a tutti i costi a voler dare una sola “defi-
nizione” di frazione, definizione che poi non regge, che non ce la fa a sostenere il
peso delle nuove situazioni. Sarebbe bene darla in modo critico, avvisando che
ci sarà bisogno di modificarla per includere nuove situazioni. Un altro è l’insi-
stenza di voler dare sempre solo modelli concreti, che poi si rivelano inefficaci.
Sarebbe bene avvisare gli studenti che i modelli concreti vengono dati solo per
aiutare l’immaginazione nel suo primo approccio, ma che dovranno poi fare ri-
51
corso all’astrazione, di cui sono capaci, a livelli diversi, a tutte le età. Un ulterio-
re ostacolo didattico è costituito dalla scelta di introdurre registri semiotici di-
versi senza didattiche specifiche, come se lo studente dovesse/potesse appren-
derne a farne uno spontaneamente. Sarebbe bene mettere in evidenza la strut-
tura semiotica di ogni registro scelto, man mano che lo si sceglie, in modo espli-
cito. Un ultimo esempio è costituito dall’insistenza da parte dello studente nel
voler trovare un “successivo” di una frazione o di un razionale; per cui la frazio-
ne “successiva” di 3/5 è allora 4/5 e il successivo di 0,3 è 0,4; è ovvio che si trat-
ta di un ostacolo didattico legato al fatto che lo studente ha appreso a far uso del
termine “successivo” nell’insieme N dei numeri naturali ed ha costruito il con-
cetto esteso di a tutti i domini numerici, senza che mai si avesse un momento
nel quale questa concezione venisse messa in crisi. Su questo tema si richiede
una didattica esplicita (purtroppo però è stato notato come non siano solo stu-
denti alle prime armi a cadere in questo tranello, ma anche studenti ed inse-
gnanti) (Sbaragli, 2007).
Gli esempi di ostacoli epistemologici ci vengono forniti o dalla storia
della Matematica o dalla vita di aula. Concetti che nella storia hanno creato frat-
ture, discussioni, difficoltà sono ostacoli epistemologici; argomenti sui quali gli
studenti commettono errori che sono sempre gli stessi in qualsiasi tempo e in
qualsiasi Paese. Ebbene, la ricerca ha dimostrato che si tratta di solito degli
stesssi argomenti. Tra gli apprendimenti legati alle frazioni, molti possono esse-
re pensati come veri e propri ostacoli epistemologici. Essi sono facilmente rico-
noscibili nella storia e/o nella pratica didattica. La riduzione delle frazioni ai
minimi termini è stata per molto tempo un oggetto di studio specifico nella sto-
ria; basti pensare che gli Egizi, che coltivarono le frazioni per molti secoli, ma
preferirono avere a che fare solo con frazioni con numeratore unitario. Il pas-
saggio dalle frazioni ai numeri con la virgola ha richiesto alla Matematica più di
4500 anni, nonostante fosse già disponibile (nel mondo sumero) un sintema
posizionale; nel mondo indiano è nato nel VI secolo d.C. un sistema decimale
corretto; ma solamente dal XV secolo si può dire che si sia fatto un uso consape-
vole e corretto dei numeri decimali. A scuola questo passaggio non è cognitiva-
mente incruento, anzi lascia sul campo parecchie vittime.
52
Anche la gestione dello zero nelle frazioni ha creato difficoltà enormi nella
storia, tanto che i matematici arabi hanno esplicitamente studiato queste situa-
zioni.
L’idea di ostacolo conduce, quindi, a ripensare alla presenza e alla funzione
dell’errore nella pratica scolastica; seguendo D’Amore: «L’errore, dunque non è
necessariamente solo frutto di ignoranza, ma potrebbe invece essere il risultato
di una conoscenza precedente, una conoscenza che ha avuto successo, che ha
prodotto risultati postitivi, ma che non tiene alla prova di fatti più contingenti o
più generali».
3.6 Uno sguardo al futuro: il contributo delle neuro!
scienze
A sorpresa e a dispetto del fatto che solitamente si ritenga che le frazioni sia-
no un concetto matematico piuttosto difficile da apprendere, uno recentissimo
studio pubblicato sul Journal of Neuroscience nell’aprile del 2009 mostra che,
almeno nell'adulto, esse sono elaborate automaticamente, anche senza l'inter-
vento del pensiero cosciente. A farlo sarebbero in particolare alcune regioni del-
l'area del solco intraparietale (IPS) e della corteccia prefrontale, due regioni che
già si sapevano coinvolte nell'elaborazione dei numeri interi.
Lo studio è stato condotto da Simon Jacob e Andreas Nieder dell'Università di
Tübingen, in Germania, che hanno sottoposto a scansione il cervello di un grup-
po di volontari mentre questi osservavano su un monitor l'apparizione, per bre-
vissimi instanti, dell'immagine di varie frazioni.
Quando i ricercatori presentavano rapidamente e ripetutamente frazioni che
equivalevano approssimativamente a 1⁄6, potevano osservare una diminuzione
nell'attivazione dell'area IPS e della corteccia prefrontale, corrispondente al co-
siddetto fenomeno di adattamento funzionale, che si manifesta di fronte a uno
stimolo più o meno identico ripetuto molteplici volte. Successivamente, ai par-
tecipanti venivano mostrate frazioni che deviavano da quel valore. Risultato:
quanto più la frazione differiva da 1/6, tanto maggiore era l'attività delle cellule
IPS. Ad assicurare i ricercatori che i partecipanti elaborassero direttamente le
53
frazioni e non le calcolassero, era la rapida presentazione di ciascuna frazione
unita alle piccole variazioni nel valore delle frazioni.
Questi risultati suggeriscono che negli adulti le frazioni attivino automatica-
mente l'area IPS e la corteccia prefrontale. I ricercatori hanno anche rilevato che
differenti valori attivano gruppi distinti di cellule e che esse rispondono allo
stesso modo sia che la frazione sia presentata in forma numerica che sotto for-
ma di parole.
Lo studio è stato ideato dopo che altre ricerche avevano suggerito la possibilità
che sia i primati non umani sia i bambini piccoli potessero in qualche modo af-
ferrare naturalmente le frazioni o almeno alcune di esse.
Come sostiene Jacob, che con il suo gruppo ora intende verificare se l'elabo-
razione delle frazioni avviene in modo analogo anche nei bambini, «Questi
esperimenti cambiano il modo in cui dobbiamo pensare alle frazioni. Sicura-
mente i cervelli educati degli adulti rappresentano intuitivamente le frazioni, e
questo potrebbe avere riflessi sul modo in cui si dovrebbe insegnare l'aritmetica
e la matematica a scuola».
54
Capitolo 4
IL CONTESTO SPERIMENTALE
4.1 La storia della sperimentazioneL’inizio di una ricerca è un momento insidioso e delicato. Essa, in realtà, è
una laboriosa attività intellettuale in cui ci si pongono interrogativi, si studia, si
considerano i diversi approcci al problema e si azzardano ipotesi su come stan-
no le cose.
Nel ripercorrere le tappe di quest’esperienza didattica, suddivisa in più situa-
zioni-problema, ho cercato di far emergere le modalità con cui è stata affrontata
la prassi didattica. Ampio spazio è stato dato al dialogo, alla parola, alla libera
espressione dei bambini, incoraggiando la formulazione di risposte coerenti alla
situazione-problema, pur non rendendone evidente la soluzione. Durante tutto
lo svolgimento del percorso didattico, che abbinava ambiti contigui quali l’area
logico-matematica (attraverso l’uso di situazioni a-didattiche) e l’area logico-
linguistica (tramite l’utilizzo della narrazione). L’utilizzo di questo schema pro-
cedurale era finalizzato a garantire al bambino l’apprendimento di concetti atti-
nenti al complesso ambito dei numeri razionali. La vastità di tale argomento,
proposto da me in forma narrativa, ha richiesto un preliminare approfondimen-
to delle tematiche. A tale inconveniente si è provveduto con un’attenta lettura
dei testi consigliati e con la consultazione d’altri riferimenti bibliografici, oltre
che con la partecipazione al Convegno Nazionale “Didattica della Matematica e
Azioni d’aula” di Castel San Pietro Terme (BO) dal 7 al 9 novembre 2008. Da
una maggiore padronanza dell’argomento e dai preziosi colloqui chiarificatori
col relatore, in breve tempo si è andata delineando una più precisa individua-
zione del problema da trattare. In seguito, è stato elaborato un progetto di ricer-
ca sperimentato nei mesi di febbraio, marzo e aprile presso la Direzione Didatti-
ca San Lorenzo di Palermo.
La sperimentazione vuole individuare la fiaba e le situazioni a-didattiche co-
me mezzi utili per vivere positivamente l’approccio alla matematica, e nello spe-
cifico alle frazioni. Tramite esse, infatti, la matematica si riempie di espressioni,
55
di emozioni12 che dovrebbero aiutare l’alunno a risolve la situazione problema in
maniera corretta oltre che essere un’esperienza per rafforzare l’autostima.
In questo capitolo saranno illustrate per esteso tutte le fasi della progettazio-
ne, che comprendono, l’enunciazione dell’ipotesi di ricerca, la costruzione degli
strumenti, vale a dire delle schede operative e delle situazioni a-didattiche, utili
per falsificare l’ipotesi di ricerca, seguirà la descrizione degli incontri prelimina-
ri d’osservazione, il percorso operativo con la presentazione dei giochi proposti
ai bambini e verrà dedicata particolare attenzione all’individuazione dei com-
portamenti attesi nell’analisi a-priori.
Il momento iniziale della stesura del progetto di ricerca didattica di natura
sperimentale prevedeva una fase preliminare d’osservazione per conoscere me-
glio il contesto scolastico e le situazioni di partenza dei bambini. I primi contatti
con la scuola sono stati indispensabili e hanno orientato l’intera organizzazione
delle fasi progettuali successive.
Preso atto delle condizioni oggettive in cui la ricerca sperimentale avrebbe
dovuto svolgersi, sono emersi molti aspetti favorevoli:
! la disponibilità di una classe quarta della scuola primaria D.D. San Lorenzo
di Palermo a partecipare alla sperimentazione;
! la collaborazione attiva dell’insegnante dell’ambito logico-matematico;
! la compatibilità con le attività didattiche programmate per la classe.
Nei mesi tra dicembre e gennaio è stata realizzata la parte preliminare della
sperimentazione. In questi mesi gli incontri d’osservazione sono serviti sia a
prendere contatto con i bambini, sia ad individuare gli stili comunicativi tra in-
segnante e allievo presenti durante una giornata scolastica tipo. Le attività spe-
rimentali, invece si sono svolte nei mesi di febbraio, marzo e aprile dopo che
l'insegnante aveva richiamato i prerequisiti necessari per lo svolgimento dello
stesso progetto.
56
12 Daniela Anna Carlino “La narrazione in matematica nell’insegnamento/apprendimento in situazioni di multiculturalità”; articolo pubblicato in “Quaderni di Ricerca in Didattica” G.R.I.M. n. 17, 2007 p. 169
4.2 Individuazione del problema e definizione dell’og!
getto di indagine
Il primo momento dell’attività ideativa con cui è iniziata la mia ricerca è stata
la definizione dell’oggetto d’indagine.
È stato importante, quindi, come prima cosa, chiarirlo a me stessa, per poter
così, circoscrivere il campo, valutare il lavoro che stavo per intraprendere, co-
gliere le implicazioni, il significato e il valore, facendomi così una prima idea dei
risultati che sarebbero potuti emergere.
Quindi, ho cercato di collocare la questione entro un quadro teorico esistente.
In particolar modo, il lavoro sperimentale nasce in seguito alla domanda che mi
sono posta: “Come migliorare l’apprendimento dei numeri razionali in bambini
di scuola primaria?”. Si tratta di un interrogativo molto discusso nel panorama
delle ricerche internazionali del settore, come ho già discusso nei capitoli prece-
denti. Lo scopo che mi accingevo a perseguire era quello di partire da studi pre-
esistenti per tentare di pervenire a risultati nuovi.
4.3 Ipotesi sperimentale di ricerca
Lo scopo che mi sono proposta di raggiungere è rappresentato dalla possibili-
tà di collegare l’apprendimento delle frazioni all'utilizzo della narrazione e di
situazioni a-didattiche nei bambini di età compresa tra gli 8 e i 10 anni.
In particolare, l’ipotesi generale posta è la seguente “SE l’apprendimento
delle frazioni migliora tramite l’uso combinato di narrazione e situazioni a-di-
dattiche ALLORA questi ultimi si rivelano utili a una più adeguata comprensio-
ne dei numeri razionali”.
4.4 Strumenti di falsificazione
Per poter falsificare l’ipotesi posta, ho somministrato un questionario al
campione di riferimento prima e dopo la sperimentazione. Lo stesso questiona-
rio, elaborato da una collega13, era già stato somministrato a un campione di 59
57
13 Amato A., in tesi di laurea “L’insegnamento/apprendimento dei numeri razionali nella scuola p r i m a r i a : a l c u n e c o n s i d e r a z i o n i s p e r i m e n t a l i ” d i s p o n i b i l e s u l s i t o http://math.unipa.it/grim/Tesi_FP_AAmato_08.pdf .
alunni delle classi quinte della scuola primaria “F. Raciti” del quartiere Borgo-
nuovo di Palermo durante l’anno scolastico 2007/2008. Quest’ultimo campione
ha quindi costituito il gruppo di controllo della mia sperimentazione.
4.5 Campione di ricerca
La ricerca sperimentale è stata svolta presso la Direzione Didattica San Lo-
renzo di Palermo, durante l’anno scolastico 2008-2009 nel periodo compreso
tra dicembre e aprile. Essa ha visto coinvolti, rispetto alla popolazione della
scuola un campione piuttosto ristretto, composto dai bambini frequentanti la IV
A del Plesso San Pio X. !"#$%&"'%()*+,+-./)*%*+0*+12+*'"33(+0(+ 4"(+5+0(+ $#$$.+)*6
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4.)9#%#3C*+'(3:"($%(4*+(3+(%*'(*3.<
L"intervento è stato precedentemente definito con l’insegnante dell’ambito
logico-matematico della classe, con la quale ho concordato le modalità di svol-
gimento di ogni attività (tempi, spazi, disposizione dell’aula).
4.6 Metodologia di ricerca
La metodologia di ricerca utilizzata ha previsto l’uso combinato di:
Fiaba
Situazioni a-didattiche.
Entrambi sono coerenti con il target di riferimento, le condizioni socio-cultu-
rali di provenienza degli alunni e le loro capacità attentive generali. Ciò è stato
possibile grazie all’osservazione partecipata delle attività didattiche sia scolasti-
che che extrascolastiche degli alunni e dei momenti di progettazione a cui ho
preso parte.
58
4.7 Strumenti impiegati
La scelta degli strumenti mi ha consentito un’osservazione quanto più ogget-
tiva dei fenomeni e una loro misurazione adeguata. Essi sono:
Questionario: (riportato in allegato) è stato completato individualmente
da ciascun bambino. Esso è costituito da domande pensate per far riflettere i
bambini sui molteplici aspetti delle frazioni e permette di rilevare l’eventuale
presenza di misconcezioni, legate a concetti presenti nella matematica scolastica
che concernono proprio l’apprendimento delle frazioni. Esso si articola in 9 item
(non direttamente riscontrabili in quello fornito ai bambini). Ogni item contiene
vari esercizi e problemi aperti sulle frazioni e sui numeri decimali e prevede la
motivazione delle risposte date.
Videoregistrazioni: ha fornito innumerevoli informazioni sui processi
di costruzione delle conoscenze adottate dai bambini partecipanti alla speri-
mentazione durante le situazioni a-didattiche. L’esigenza della videoregistrazio-
ne è nata per ovviare alla difficoltà di annotare contemporaneamente le conget-
ture e le argomentazioni dei bambini. È inevitabile che all’interno di una discus-
sione le voci si sovrappongono. Inoltre il filmato permette: di scegliere le rispo-
ste considerate rilevanti e che dovranno essere rese in forma esplicita, di moni-
torare una situazione in cui ogni singola osservazione può essere rappresentata
simultaneamente da uno o più codici.
Analisi a-priori: essa è l’insieme delle rappresentazioni epistemologi-
che, delle rappresentazioni storico-epistemologiche e dei comportamenti ipotiz-
zati14. L’analisi dei comportamenti ipotizzabili, tenendo conto degli errori, osta-
coli della disciplina, misconcetti e conflitti, consente di individuare quelle attivi-
tà che, nel rispetto dei diversi stili cognitivi degli alunni, favoriranno l’appren-
dimento. Lo strumento dell’analisi a-priori, oltre a fornire la possibilità di tabu-
lare i dati emersi dalla somministrazione dei problemi aperti, configurandosi
altresì come risorsa funzionale ai fini valutativi, consente di poter focalizzare
l’attenzione del ricercatore su una serie di aspetti interessanti, il primo dei quali
può essere considerato lo spazio degli eventi, ovvero l’insieme delle possibili ri-
59
14 Per “rappresentazioni epistemologiche” si intendono le rappresentazioni dei percorsi conosci-tivi riguardanti un particolare concetto. Per “rappresentazioni storico-epistemologiche” si in-tendono le rappresentazioni dei percorsi conoscitivi (sintattici, semantici, pragmatici) riguardo un particolare concetto. Per “comportamenti ipotizzabili” dell’allievo nei confronti della situa-zione/problema sono tutte le possibili strategie risolutive sia corrette che non.
sposte, corrette e non, che si possono ipotizzare in uno specifico contesto. Sulla
base dello spazio degli eventi è possibile inoltre individuare sia il buon proble-
ma e quindi, una “situazione didattica fondamentale” che permette la migliore
formulazione in termini ergonomici della conoscenza, sia le variabili didattiche
che permettono di favorire un cambiamento nel comportamento degli allievi
(Spagnolo, 1998, pp. 258-259).
4.8 Disegno di ricerca
Il disegno di ricerca seguito si basa sul confronto tra campioni diversi in cui
sono state analizzate le risposte date allo stesso questionario, tabulando i dati
sulla base della stessa analisi a-priori.
Al fine di evidenziare i cambiamenti apportati dalla variabile sperimentale,
ossia l’utilizzo della narrazione e delle situazioni a-didattiche nell’apprendimen-
to delle frazioni, è stato somministrato per due volte il medesimo questionario:
prima dell’introduzione della variabile sperimentale, per rilevare le competenze
di partenza, e poi al termine delle attività svolte. Queste ultime sono state pure
confrontate con quelle del gruppo di controllo.
60
Capitolo 5
IL PERCORSO OPERATIVO
Partire dall’esperienza concreta dei bambini, dal loro vissuto e dalla loro sto-
ria è l’unico approccio corretto per sviluppare negli alunni un atteggiamento po-
sitivo verso la matematica e non fargli perdere il gusto per la scoperta e la capa-
cità di divertirsi imparando. In questo percorso operativo, pertanto sono state
pianificate, all’interno di un approccio narrativo, alcune modalità operative per
condurre gli alunni ad un migliore apprendimento delle frazioni.
L’opportunità di muoversi ad ampio raggio, per stimolare gli alunni ad ap-
prendere le frazioni e l’esigenza allo stesso tempo di ottenere dati qualitativi più
accurati, poteva essere soddisfatta solo da una sperimentazione più ricca di si-
tuazioni a-didattiche che permettesse di codificare il maggior numero di indica-
tori semantici. Pertanto la ricerca è stata lunga, minuziosa e dettagliata in tutte
le sue parti, che qui di seguito sono descritte e motivate.
5.1 Fase preliminare
Nel prendere contatto con la classe si è proceduto con un primo momento
d’osservazione delle attività didattiche per individuare la situazione di partenza
dei bambini e per comprendere quali siano le conoscenze sulle frazioni già pre-
senti in classe. Da questi incontri sono emersi alcuni atteggiamenti (che rivelano
conoscenze più o meno consce relative alle frazioni) evidenziati dalle attività
svolte e dalle discussioni scaturite.
Dagli incontri di osservazione sistematica si è cercato di constatare quali era-
no i concetti relativi alle frazioni posseduti dalla classe. È stato interessante an-
che evidenziarlo in contesti che apparentemente non rientravano nell’ambito
logico-matematico, come ad esempio nella realizzazione di maschere di carta
pesta.
Successivamente si è proceduto alla somministrazione del questionario per
saggiare le conoscenze possedute rispetto ai numeri razionali.
61
5.2 Fase sperimentale
Conclusa la fase preliminare sono state selezionate le attività relative all’ipo-
tesi di ricerca, al fine di sviluppare negli alunni un miglior apprendimento delle
frazioni.
La conduzione della attività in classe è stata svolta nell’arco di tempo com-
preso tra febbraio e aprile.
Partendo dall’esperienza e dagli interessi dei bambini ho cercato di realizzare
un clima sociale positivo, di conoscere e valorizzare le attitudini individuali e di
utilizzare tutti i canali della comunicazione. Sono state stimolate tutte le forme
di comunicazione orale ed è stata sollecitata l’assunzione di comportamenti di
ascolto, sviluppando la capacità di attenzione e concentrazione coinvolgendo
frequentemente i bambini. Ogni argomento, infatti, è stato affrontato partendo
dalla fiaba che, fungendo da filo conduttore, ha stimolato in loro la curiosità e la
motivazione.
Tutte le attività proposte partono dal presupposto che i bambini non sono
“contenitori vuoti” da riempire, ma “contenitori pieni” da ristrutturare in modo
via via più complesso.
Nella classe, infatti, il discorso sulle frazioni è già stato avviato partendo da
una fase manipolativa-concreta: attività di taglio, di piegatura, di coloritura di
fogli. I bambini avevano già lavorato, sia alla costruzione di alcune unità frazio-
narie come operatori su grandezze continue e discrete, che con alcune frazioni
con numeratore diverso dall’unità. Così, lasciandosi trasportare da questo per-
corso magico, hanno avuto modo di approfondire altri concetti fondamentali,
inseriti gradualmente in contesti significativi e diversificati.15
Al fine di falsificare l’ipotesi generale, l’indagine sperimentale è stata articola-
ta così articolata:
62
15 Si precisa che i nomi riportati di seguito, in alcune attività, sono di fantasia.
FASE PRELIMI-NARE
FASE PRELIMI-NARE
FASE SPERI-MENTALE
FASE CON-CLUSIVA
FASE CON-CLUSIVA
Osservazione sistematicaOsservazione sistematica
QuestionarioQuestionario
N
A
R
R
A
Z
I
O
N
E
Situazioni didattiche- Falegname- Fornai- Cuochi- Giullari*- Storico*
N
A
R
R
A
Z
I
O
N
E
Situazioni a-didattiche- Sarti- Ingaggio- Carte in ordine- Numeri compresi- Vince il più piccolo- Tombola
QuestionarioQuestionario
Riflessioni metacognitiveRiflessioni metacognitive
*Per le attività contrassegnate, aventi un carattere più interdisciplinare, non si è proceduti all"analisi a-
priori.
FIABA
Nel Paese delle Meraviglie vive la Regina di Cuori. La ricordate? Brutta, grassa e un po'...... bassotta, oltre che vanitosa, prepotente e molto.....intonata. Chi può, in tutta sincerità, affermare di non aver mai udito il suo ormai famoso: <<Tagliatele la testaaaaa.....!!>>?. Ella non ha dubbi. Ogniqualvolta si presenta un problema, que-sta è la soluzione.Dovete sapere che un tempo la vita a palazzo si svolgeva serena, ed i problemi si risolvevano con giustizia. Il Re e la Regina usavano lo stesso metro di misura per tutti. Metro di misura: le ultime parole famose !!!.La salita al trono della Regina di Cuori sconvolse l’equilibrio del piccolo regno. Misurare, confrontare, giudicare erano parole il cui significato dipendeva dalla Regina. Tutto ciò che fino ad allora era stato fatto in base a delle scelte uguali per tutti, per quelli alti e per quelli bassi, per quelli larghi e per quelli stretti, ora non andava più bene. Le sedie, i tavoli, i letti, gli scalini, i davanzali delle finestre, le mensole, gli, specchi, le porte ecc. ecc. tutto era troppo alto o troppo stretto. Tutto era sbagliato. Questi problemi, in generale, rispetto a quelli della giustizia sono meno importanti, in generale.....Ma provate a chiederlo ai falegnami, ai muratori, alle sarte, ai cuochi, ai giardinieri e a tutti quelli che allora lavoravano a Palazzo. Ogni errore, lo sapete bene, era punito con il taglio della testa. Se avessimo fatto conoscenza solo con la regina avremmo potuto osservare che forse la natura non le aveva dato un fisico da modella, purtroppo il problema non era solo di curve ma anche di altez-za!! Tutte quelle cose così alte offendevano la sua regale Maestà! Bisognava rifare completamente il palazzo e i suoi arredi. Avete capito adesso in quali guai vennero a trovarsi i poveri sudditi? Non credo. Infatti voi cer-tamente penserete che bastava riprendere tutte le misure e apportare le modifiche necessarie. Ma questo non era più possibile, perché il buon metro non c’era più. Tutti gli strumenti capaci di misurare l’altezza (la bassezza) e la larghezza della Regina, visto che l’offendevano, erano stati bruciati.
63
SITUAZIONE DIDATTICA 1 - “FALEGNAME”
64
FIABA
Per meglio comprendere quanto avvenne, vi racconterò qualche episodio che risale a quel periodo.Ad esempio all’inizio del suo regno la Regina stabilì che:- le finestre e i balconi dovevano essere alti quanto lei con il braccio alzato più ancora una volta la lunghezza del braccio;- la finestra da cui venivano pronunciati i discorsi doveva essere alta quanto lei con il braccio alzato più ancora tre volte la lunghezza del braccio;- il davanzale doveva trovarsi ad un’altezza tale che ella poteva poggiarvi le sue mani (quando doveva dare più forza alle sue parole!).Incominciamo da queste prime richieste. Fu chiamato il falegname di corte per preparare gli infissi in legno e per creare il vano della finestra. Fatte le richieste, la Regina si allontanò senza dargli l’opportunità di prendere al-cuna misura (con corde, mattoni, nulla!!). L’artigiano andò via preoccupato e terrorizzato. Come risolvere questo problema?Trascorse del tempo e nulla ancora era stato fatto per cui le urla della Regina si sentivano in ogni angolo del palazzo. Un giorno il falegname confidò il suo problema alla moglie. Indovinate chi era? Era proprio la sarta (che fortuna direte voi!). Ella, raggiante, gli disse che aveva la soluzione e gli mostrò la sagoma che aveva nel suo laboratorio di sartoria. Infatti, dovendo confezionare gli abiti della Regina, era autorizzata ad appoggiarle la stoffa addosso e velo-cemente considerare i tagli da effettuare. Il falegname era salvo! Come? Indovinatelo voi!
COMPETENZE INTE-RESSATE:- Conoscere intuitivamente il concet-
to di frazione come misura.- Esporre con chiarezza il procedi-
mento risolutivo seguito.- Rappresentare graficamente i dati
forniti.
CONTENUTI:Frazione come misura.
MATERIALI:SchedeFogli a quadriPenne, gomme, matite.
PROCEDURA:Dopo il racconto della parte di sto-ria, ad ogni bambino viene fornita una scheda con la quale può aiutare il personaggio a superare le sue diffi-coltà. Ogni bambino può servirsi di qualsiasi altro foglio o materiale per risolvere il compito.
TEMPI:Circa 2 ore.
CONSEGNA:Di seguito è riportata la sagoma del vestito della Regina che la sarta ha prestato al falegname. De-scrivi cosa deve fare il falegname per adeguare porte, finestre e balconi alle richieste della Regi-na.- le finestre e i balconi dovranno essere alti
quanto la Regina con il braccio alzato più ancora una volta la lunghezza del braccio;
- la finestra da cui vengono pronunciati i discorsi deve essere alta quanto la Regina con il braccio alzato più ancora tre volte la lunghezza del braccio;
- il davanzale deve trovarsi ad un’altezza tale da potersi poggiare con le mani (quando devo dare più forza alle sue parole!).
65
6%12%
6%
47%
6%
18%6%
GRAFICO A-BS1S2S3S4S5S6S7S8S9
COMMENTI:- Nelle precedenti attività svolte dall’inse-
gnante di classe, riguardanti le simmetrie, i bambini avevano utilizzato al carta lucida. Molti bambini l’hanno utilizzata anche in quest'attività (Contratto didattico), alcuni dei quali con successo.
S1 Trascura le informazioni fornite e disegna il davanzale senza utilizzare nessuna strategia.
S2 Disegna il davanzale all’altezza dell’attaccatura del braccio.
S3 Disegna il davanzale esattamente a metà! dell’altezza della regina.
S4 Disegna il davanzale all’altezza in cui nella sagoma sono segnate le mani.
S5 Non risponde alla richiesta.
S6 Individua l’intervallo in cui si può collocare il davanzale.
S7 Trascura le informazioni fornite e disegna il davanzale senza utilizzare nessuna strategia.
S1 Trascura la seconda parte della richiesta, per cui disegna i balconi della stessa grandezza della
regina.
S2 Non adotta alcuna strategia definita, procede “ad occhio”.
S3 Conta i quadretti che compongono il braccio alzato della regina e ne aggiunge altrettanti a conti-
nuazione del braccio.
S4 Conta i quadretti che costituiscono la differenza tra la sommità del capo della regina e l’estremi-
tà! del braccio e ne aggiunge altrettanti a continuazione.
S5 Aggiunge il numero di quadretti corrispondente alla lunghezza del braccio a partire dalla sommità
del capo
S6 Aggiunge un numero di quadretti corrispondente all’intera lunghezza della regina.
S7 Conta a partire dal capo della regina due volte la lunghezza del braccio.
S8 Aggiunge all’altezza della regina la lunghezza del braccio più la differenza tra la sommità! del ca-
po e l’attaccatura del braccio.
S9 Non esegue il compito
6%
29%
29%
29%
6%
GRAFICO CS1S2S3S4S5S6S7
COMMENTI:- La richiesta poteva avere diverse pos-
sibilità di soluzioni. La maggioranza dei bambini, pur adottando strategie differenti, ha motivato correttamente la propria soluzione.
SITUAZIONE DIDATTICA 2 - “FORNAI”
66
FIABA
Ma il falegname non fu l’unico a trovarsi in difficoltà. La Regina, infatti, aveva deciso di prende-re provvedimenti anche per quanto riguardava la sua larghezza, oserei dire “grossezza”, limi-tando il consumo di dolci, e delle torte, in particolare. Ma non doveva essere certo lei la sola a limitarsi! È così che volle sapere da tutti i fornai del regno quanta farina fosse utilizzata ogni giorno per il pane e quanta per i dolci. I fornai, così le risposero:!“SUA MAESTÀ, OGNI GIORNO, NEI FORNI DEL SUO REGNO I 3/8 DI UN SACCO DI FA-RINA è USATO PER IL PANE E " DEL SACCO è USATO PER LE TORTE.”!Ma la regina, dovete sapere, di matematica non capiva nulla, per cui, chiese al matematico-a-stronomo di corte:!“È DI PIÙ LA FARINA USATA PER LE TORTE O QUELLA USATA PER IL PANE?”Secondo voi?Poi aggiunse, rivolta al matematico: «Scrivi loro dicendo che in ogni caso, d’ora in poi, voglio che le torte prodotte ogni giorno siano non di più della metà della metà di quelle sfornate sino ad oggi!».Il matematico, che era un uomo di scienza, con il pallino per i numeri, secondo voi come rispose?
COMPETENZE INTERESSATE:- Confrontare frazioni- Verbalizzare le strategie risolutive scelte per la soluzio-
ne dei problemi e usare i simboli dell’aritmetica per rappresentarle;
- Esporre con chiarezza il procedimento risolutivo segui-to e confrontarlo con altri eventuali procedimenti;
- Rappresentare in modi diversi (verbali, iconici, simbolici) la situazione problematica, al fine di creare un ambiente di lavoro favorevole per la risoluzione del problema;
- Riconoscere frazioni equivalenti
CONTENUTI:Frazione equivalenti.
MATERIALI:SchedeFogli Penne, gomme, matite.
PROCEDURA:Dopo il racconto della storia, ad ogni bambino viene fornita una scheda nella quale può rispondere agli inter-rogativi posti. Ogni bambino può servirsi di qualsiasi altro foglio o materiale per risolvere il compito.
TEMPI:Circa 1 ora e mezza.
COMMENTI:La maggioranza dei bambini ha adottato la strategia rappresen-tata schematicamente di segui-to. Sono stati infatti abituati a ragionare sul significato del concetto di frazione proprio suddividendo un foglio di carta in tante parti.
67
Fig. 1
S1 3/8 > " perché 3 > 1
S2 3/8 > " perché 8 > 4
S3 3/8 > " perché 3 > 1 e 8 > 4
S4 3/8 > " perché 3/8 più vicino a metà! rispetto a 1/4
S5 3/8 > " perché 3:8=0,375 mentre 1:4=0,25
S6 !" > 3/8 perché una parte di un intero diviso in 4 è parti è più
grande di 3 parti dello stesso intero diviso in 8 parti
S7 3/8 > di 1/4 perché le 3 parti di un intero diviso in 8 parti sono
più grandi rispetto una parte dello stesso intero diviso in 4.
S8 3/8 > " perché 6/16 > 4/16 (li riporta allo stesso denominato-
re)
S9 3/8 > " perché 2/8 corrisponde a 1/4
S10 !3/8 > " Fig. 1
S11 Sceglie un’unità di misura. La ripete 4 volte, ma ne considera 1. Poi la ripete 8 volte ma ne considera 3.
S12 3/8 > 1/4 utilizzando la retta dei numeri. Fig. 2
S13 3/8 > 1/4 utilizzando i fogli di carta. Fig. 3
S14 " = 1/8 + 1/8 = 2/8 e 3/8 = 1/8 + 1/8 + 1/8 Fig. 4
S15 Risponde correttamente senza dare alcuna motivazione.
S16 Non risolve il compito.
Fig. 3
Fig. 2
Fig. 4
5%5%
5%
37%26%
11%5%5%
GRAFICO 3 S1S2S3S4S5S6S7S8S9S10S11s12S13S14S15S16
“LA FARINA PER LA TORTA È PIÙ ASSAI PERCHÉ NEL SACCO DI 3/8 CI SONO PIÙ PEZZI.”
VINCENZO
“SECONDO ME È DI PIÙ LA FARINA USATA PER IL PANE 3/8 PERCHÉ 2/8 CORRISPONDE A 1/4.”
TERRY
“PER ME È PIÙ GRANDE 3/8 PER-CHÉ 1/4 PRENDE SOLO 2 PARTI DI 3/8 E 1 RIMANE FUORI.”
GABRIELE
68
S1 1:4=0,25 0,25:2=0,125 0,125:2=0,0625
S2 La metà di " è #, la metà di # è 1 (divide solo il denominatore per 2)
S3 La metà di " è 1/8, la metà di 1/8 è 1/16
S4 Fig. 1
S5 Fig. 2
S6 Fig. 3
S7 Risponde correttamente senza fornire alcuna motivazione.
S8 Non esegue il compito
Fig. 1 Fig. 2 Fig. 3
26%
63%
5%5%
GRAFICO 3
S1 S2 S3 S4S5 S6 S7 S8
COMMENTI:- La maggioranza dei bambini (63%) ha adottato la
strategia 4. Sono stati infatti abituati a ragionare sul significato del concetto di frazione proprio suddivi-dendo un foglio di carta in tante parti.
SITUAZIONE DIDATTICA 3 - “CUOCHI”
69
FIABA
Nonostante la Regina cominciasse a prestare più attenzione alla sua linea, non cessava certo di indi-re feste, banchetti e gran balli in cui invitava an-che i più illustri e potenti nobili dei regni vicini. Durante queste feste, a corte, tutti avevano un bel daffare: pulire, sistemare, addobbare, apparec-chiare, CUCINARE…Poveri cuochi! La Regina non voleva fosse buttato via nulla di quanto cucinato, né poteva fare, d’al-tronde, un magra figura con piatti poco abbondanti. I cuochi, pertanto, erano tenuti a preparare per il numero esatto dei partecipanti, che ahimè, variava in continuazione. Molti infatti, con una scusa qual-siasi, disdicevano l’invito all’ultimo minuto.Così, un bel giorno, a mezz’ora dall’inizio del ban-chetto dovevano ancora preparare il dolce; dalle ultime stime il numero degli invitati doveva essere 35. Mahhh sul librone delle ricette le dosi erano per 4 persone… Mamma mia, si dovevano pure met-tere a fare i conti così di fretta! Aiuta tu i cuochi a individuare la giusta quantità dei singoli ingre-dienti per preparare un buon tiramisù!
COMPETENZE INTE-RESSATE:- Scoprire semplici relazioni tra nu-
meri a partire da esperienze con-crete.
- Eseguire semplici calcoli con nume-ri razionali usando metodi e stru-menti diversi (calcolo mentale, car-ta e matita...)
- Esprimere e interpretare i risultati di misure, con particolare riferi-mento agli ordini di grandezza, alla significatività delle cifre.
- Realizzare formalizzazioni e possibi-li generalizzazioni di un procedi-mento risolutivo seguito, ad esem-pio passando dal problema consi-derato ad una classe di problemi.
- Passare da una misura espressa in una data unità ad un'altra espressa in un suo multiplo o sottomultiplo.
- Riconoscere scritture diverse (fra-zione, numero decimale...) dello stesso numero dando particolare rilievo alla notazione con la virgola.
CONTENUTI:FrazioniEquivalenzeUnità di misura (multipli e sottomul-tipli)Operazioni con numeri decimali e con frazioni
MATERIALI:SchedePenne, gomme, matite.
PROCEDURA:Dopo il racconto di una parte della storia, ad ogni bambino viene fornita una scheda con il quale può aiutare il personaggio a superare le sue diffi-coltà. Ogni bambino può servirsi di qualsiasi altro foglio o materiale per risolvere il compito.
TEMPI:Circa 2 ore.
TIRAMISÙ
!!500 g di mascarpone
!!300 g di savoiardi
!!6 uova freschissime
!!200 g di cioccolato
fondente
!!250 g di zucchero
!!2 cucchiai di cacao amaro
!!Mezzo bicchiere di caffè
1 BAMBINA HA UTILIZ-ZATO UNA STRATEGIA NON PREVISTA: HA CALCOLATO PRIMA LE DOSI PER 32 PERSONE, POI TROVANDO QUELLE NECESSARIE PER 1 PERSONA LE HA MOLTI-PLICATE PER 3 E AG-GIUNTE ALLE PRECE-DENTI.
4 BAMBINI HANNO ADOTTATO UNA STRATEGIA NON PREVISTA. SAPENDO CHE MEZZO BICCHIERE DI CAFFÈ SERVIVA PER 4 PERSONE, E QUINDI UN BICCHIERE INTERO PER 8 PERSONE, NE HANNO DISEGNATI 5, MA
DELL’ULTIMO NE CONSIDERANO SOLO 3 PARTI.
70
S19 Per calcolare la quantità di caffè necessaria disegna un bicchiere e lo divide in 8 parti, lo stesso bicchiere lo disegna per 5 volete, ma dell’ultimo considera solo 3 riquadri.
S20 Calcola le dosi per 32 persone moltiplicando i dati per 8, poi divide il dato iniziale per 4 e lo moltiplica per 5.
STRATEGIE NON PREVISTE
S1 Risolve correttamente soltanto la parte del problema relativa ai numeri interi.
S2 Risolve i calcoli mentalmente.
S3 Commette errori nell'incolonnamento delle cifre.
S4 Commette errori di calcolo
S5 Non considera la presenza della virgola.
S6 Non considera la presenza delle cifre decimali.
S7 Esegue il calcolo come se non ci fosse la parte decimale e poi l'accosta al risultato.
S8 Esegue le moltiplicazioni in colonna come se si trattasse di un'addizione.
S9 Nel prodotto tra due numeri decimali, unisce i due fattori e li separa dalla virgola.
S10 Non esegue correttamente le equivalenze
S11 Comprende la necessità! di riportare i dati ad altre unità di misura.
S12 Moltiplica i dati della ricetta per 35, senza comprendere la necessità! di ricavare inizialmente le dosi riferibili a una persona.
S13 Esegue correttamente tutti i calcoli
S14 Esegue correttamente tutti i calcoli tranne quelli che prevedendo la divisione in cui il dividendo è minore del divisore
S15 Comprende che mezzo bicchiere è 0,5
S16 Calcola le dosi per una persona senza trovare quelle per 35
S17 Commette errori nel posizionamento della virgola
S18 Non esegue il compito.
0
1,75
3,50
5,25
7,00
S1 S2 S3 S4 S5 S6 S7 S8 S9 S10 S11 s12 S13 S14 S15 S16 s17 S18 s19 S20
1
4
111
6
4
2
011
0001
54
2
0
7GRAFICO 1
SITUAZIONE A-DIDATTICA - “SARTI”
71
FIABA
Dovete sapere che, nel Paese delle Meraviglie, i capricci della Regina non finivano mai di sor-prendere i suoi sudditi. Vedia-mo un po’ cosa si è inventata stavolta!Ebbene un bel giorno riunì i sarti del regno e dette loro queste precise parole per cuci-re una nuova bandiera, pensate un po’ dopo ben 6 secoli di sto-ria! Quella usata fino a quel momento era troppo grande per poter essere sventolata vicino la Regina, copriva la sua “maestosa” figura.Quindi, dette ai sarti queste precise istruzioni:! LA BANDIERA DEL PAESE DELLE MERAVIGLIE DEVE ESSERE RIDOTTA DI 1 / 3 PER OGNI LATO.
CONSEGNA
AZIONE
FORMULAZIONE
VALIDAZIONE
Durante questa fase viene letta la storia, vengono formate le squadre e ad ognuna di esse viene fornita una parte della bandiera, coinciden-te con un colore.
All’interno di ogni squadra i bambini avanzano le loro ipotesi, le spe-rimentano... Infine, quando sono tutti d’accordo sulla strategia da adottare, procedono a rimpicciolire la loro parte di bandiera.
Ogni squadra sceglie il proprio portavoce che esporrà alla classe la strategia utilizzata dal gruppo.
In questa fase le 4 squadre uniscono i pezzi da loro rimpiccioliti. In questo modo capiscono loro stessi se hanno fatto bene il compito o se era opportuno fare qualcos'altro.
COMPETENZE INTERESSATE:- Utilizzare rappresentazioni grafiche per esprimere rela-
zioni tra dati numerici.- Individuare relazioni tra figure.- Verbalizzare le strategie risolutive.- Individuare le risorse necessarie per raggiungere l'obietti-
vo selezionando i dati forniti dal testo, le informazioni ricavabili dal contesto e gli strumenti che possono risulta-re utili ala risoluzione del problema.
- Comprendere il significato delle frazioni come parte di un tutto.
CONTENUTI:Frazione come parte di un tutto.uguaglianza tra figure.
MATERIALI:Bandiera (cartoncini di vario colore)Righello Penne, gomme, matite.
PROCEDURA:Dopo il racconto della storia, la classe viene suddivisa in 4 squadre in modo del tutto casuale. Ogni squadra avrà il nome del colore del pezzo di bandiera assegnato. Ogni squadra dovrà ridurre di un terzo ogni lato della bandiera; se tutti lo fanno correttamente alla fine i pezzi combace-ranno nuovamente. l’attività procederà secondo lo schema proprio delle situazioni a-didattiche.
TEMPI:Circa 2 ore.
72
ANALISI A-PRIORI
COMMENTI:La fase di validazione della situazione a-didattica è riuscita, i bambini sono riu-sciti a ricostruire la bandiera perché anche se il gruppo giallo aveva adottato un’altra strategia si è convinto dell’er-rore e ha adottato al S3 utilizzata dagli altri gruppi. In realtà anche questa stra-tegia non è quella richiesta (S1), ma rimpicciolendo tutti allo stesso modo sono riusciti a far ricombaciare le di-verse parti. 75%
25%
GRAFICO 4
S1S2S3S4S5
S1
S2
S3
S4
S5
SITUAZIONE DIDATTICA - “GIULLARE”
73
FIABA
Da quanto detto sin qui, si può ben no-tare come nel Paese delle Meraviglie, da quando la Regina di Cuori è salita al trono, tutti cominciarono “a fare un po’ i conti” con le Frazioni. Pensate un po’, anche chi, per il mestiere che fa-ceva, non aveva necessità di utilizzar-le, cominciò a familiarizzare con esse. Ad esempio, volete sapere cosa si in-ventò il giullare di corte?Cominciò a formulare degli strani in-dovinelli….
COMPETENZE INTERESSA-TE:- Individuare, descrivere e costruire relazioni.- Comprendere il significato delle frazioni
come parte di un tutto.- Applicare le conoscenze acquisiste ad altri
contesti.- Rappresentare graficamente i dati forniti
CONTENUTI:Frazione come parte di un tutto.
MATERIALI:Schede Penne, gomme, matite.
PROCEDURA:Dopo il racconto della storia, ad ogni bambi-no viene distribuita una scheda. Ognuno do-vrà applicare i concetti appresi sule frazioni alle lettere che compongono alcune parole date, e sommando o sottraendo otterranno nuove parole. La seconda parte dell’attività prevede la formulazione di questi “indovinel-li” al compagno di banco. i più belli e diver-tenti verranno poi posti al gruppo classe.
TEMPI:Circa 1 ora.
Cos’è? La prima metà di CASA + la seconda metà di PANE
________________________________
Cos’è?La prima metà di RAPA + la prima metà di NA-SO________________________________
Cos’è?La prima metà di SPILLO + il primo terzo di APE________________________________
!
E adesso, con un po’ di
fantasia, fai lo stesso, inventa pu-
re tu degli indovinelli per i tuoi compagni. Ti raccomando, le frazioni
non devono mancare!
SITUAZIONE DIDATTICA 2 - “STORICO”
74
FIABA
Falegnami, muratori, giardinieri, cuochi, sarti, giullari….tutti utilizzavano le frazioni. Ma c’era pure chi aveva un pensiero fisso: da dove spuntano fuori queste frazioni, chi è che le ha inventate? Infatti, nella polverosa, nonché piena di libri biblioteca del palazzo, viveva uno storico tutto intento a scartabellare documenti antichi, libri, ma-noscritti, rotoli di pergamena, e indovinate un po’ cosa scoprì?
COMPETENZE INTERESSATE:- Inserire l’apprendi-
mento delle frazioni all’interno di determi-nati quadri storici.
- Esporre con chiarezza quanto appreso.
- Rappresentare in modi diversi (verbali, iconici, simbolici) uno stesso concetto matematico.
CONTENUTI:Storia delle frazioni.Frazione unitaria.
MATERIALI:SchedeFogli Penne, gomme, matite.
PROCEDURA:Dopo il racconto della storia, ad ogni bambino viene fornita una scheda nella quale può è ripor-tata la storia delle fra-zioni presso gli egizi e i babilonesi. Si rifletterà sul significato dei sim-boli utilizzati e sull’evo-luzione che essi hanno subito.
TEMPI:Circa 1 ora e mezza.
La parola “Frazione” deriva dal latino “fractio”, che vuol dire “parte ottenuta spezzando”. I numeri frazionari sono anche chiamati “rupti” o “fracti” e il trattino orizzontale posto tra numeratore e denominatore è chiamato “virgula” cioè “ba-stoncello” (da “virga”, bastone). Già nell’antico Egitto, a partire dal 3000 a. C., si sviluppò una notevole competenza in Matematica, competenza solitamente riservata alle caste più potenti, i sacerdoti e gli scriba. Le fonti considerate più autentiche ed autorevoli per queste ricerche sono costituite da alcuni famosi papiri e rotoli. Il più citato documento matematico dell’antico Egitto è il “papiro di Rhind”; esso fu ritrovato nel 1858 dall’antiquario scozzese Alexander Henry Rhind (1833-1863) a Luxor (l’anti-ca Tebe). Il papiro si trova in eccezionale stato di conservazio-ne e si trova esposto al British Museum di Londra. Il papiro contiene 87 problemi di Matematica e varie questioni aventi a che fare proprio con le frazioni. Ecco come rappresentavano alcune frazioni:
63
Questo documento è uno dei più antichi conosciuti, non solo della Matematica, ma anche della scrittura egizia; troviamo indicato ben chiaramente che il faraone conquistò 400 000 bovini, 1 422 000 ovini e fece 120 000 prigionieri.
Questa era la forma geroglifica di scrittura dei numerali più diffusa, ma non univoca. In diverse epoche, in diversi luoghi e su diversi materiali, si sono trovate anche forme di scrittura assai diverse. Gli Egizi dedicarono molta passione allo studio delle frazioni. Anche in questo caso, le scritture geroglifiche sono molteplici, ma propongo qui la più nota. Ecco come rappresentavano alcune frazioni:
Il segno superiore che appare in tutti è il segno geroglifico “bocca” che si legge “èr” e
che significa “parte”; esso funge dunque da numeratore unitario del tipo 1 . Il numerale
che appare sotto la bocca è il denominatore. Si afferma sempre che gli Egizi avevano solo frazioni “unitarie” (che, infatti, spesso sono dette “frazioni egizie”). Ciò non è del tutto esattamente vero. Essi avevano anche
altre due frazioni, 32 e
43 , alle quali riservavano simboli particolari:
per 32
Il segno superiore che appare in tutti è il segno geroglifico “bocca” che si legge “èr” e che significa “parte”; esso ha il ruolo di numeratore unitario, cioè 1. i trattini che appaiono sotto la bocca sono il denominatore. Gli Egizi avevano solo frazioni “unitarie” (metà, quarti, ottavi, sedicesimi, trentaduesimi e sessantaquattresimi). Esse avevano un ruolo speciale nella vita quotidiana egizia; tanto che, nel geroglifico udjat erano rappresentate implicitamente:
65
Era talmente importante dividere un heqat in parti che, non disponendo del sistema decimale, gli Egizi usavano dividerlo in metà, quarti, ottavi, sedicesimi, trentaduesimi e
sessantaquattresimi, dunque le frazioni unitarie 641,
321,
161,
81,
41,
21 avevano un ruolo
speciale nella vita quotidiana egizia; tanto che, nel geroglifico udjat erano rappresentate implicitamente:
Attorno a queste misure ruotavano esercizi mnemonici di tipo scolastico e, stante la loro importanza, anche miti, come quello famoso dell’occhio di Horus, disperso nel deserto per vendetta. Quest’ultimo, in particolare, serviva a mostrare come la somma di tutte le precedenti
frazioni unitarie non dà l’unità, dato che le manca 641 , il che, forse, voleva essere una
spinta a non sottovalutare le parti anche minime di un heqat.
Va detto che gli Egizi ebbero notevoli rapporti con altre civiltà africane, asiatiche e di tutto il Mediterraneo, per cui furono influenzati dalle, ed influenzarono certo le, aritmetiche di quei popoli. Tali influenze costituiscono oggi uno dei campi di studio più fecondi degli archeologi matematici.
2.2.2. Scrittura ieratica Come ho già detto all’inizio di questo paragrafo 2.2., alla scrittura geroglifica,
ingombrante, difficile, lenta e faticosa, si contrapponeva l’assai più snella scrittura “ieratica”. “Ieratico” viene dal greco “hieratikós”, cioè “sacerdotale”, a sua volta da “hierós”, cioè “sacro”; attualmente ha, in italiano, il significato di “grave, solenne”, riferito ai gesti lenti e pieni di significato. Il termine riferito alla scrittura sacerdotale egizia è stato coniato dallo scrittore greco cristiano Tito Flavio (150 – 215 d. C.), più noto con l’epiteto di Clemente Alessandrino, uno dei padri della Chiesa. Tale scrittura ieratica era usata assai più spesso di quella geroglifica sia dai sacerdoti che dagli scriba, soprattutto per effettuare conti, stendere censimenti, inventari, rapporti, testamenti, in amministrazione etc. Ecco per esempio una tavola che illustra a sinistra il segno geroglifico ed a destra il corrispondente segno ieratico; siccome con il passare dei secoli questi segni rapidi si
Attorno a queste misure ruotavano esercizi mnemonici di tipo scolastico e, stante la loro importanza, anche miti, come quello famoso dell’occhio di Horus, disperso nel deserto per vendetta.
64
per 43
Anche la frazione 21 , per la sua peculiarità indiscutibile, aveva un geroglifico a parte:
che si chiamava “ges” cioè proprio “metà”.
È vero, però, che gli Egizi non considerarono mai 32 e
43 come vere e proprie frazioni,
ma come simboli divini; e dunque, affermare che le “uniche” frazioni egizie considerate come tali sono quelle con numeratore 1, è tutto sommato vero. Una delle problematiche sulle frazioni che più appaiono dibattute è quella relativa alla riduzione di frazioni complesse in frazioni unitarie; in questo, i papiri rivelano che gli Egizi furono veri e propri maestri. Per esempio, si trova, tra mille altri esempi, le seguenti uguaglianze:
101
21
53 += ,
51
41
31
6047 ++=
(naturalmente i primi membri delle uguaglianze erano espressi o dal contesto o a parole o tramite esempi concreti). Un riguardo aritmetico particolare veniva riservato alle misure di capacità (era molto importante conservare a lungo, in un Paese in prevalenza desertico, cereali e agrumi, una volta raccolti, o liquidi, come la birra, una volta prodotta). L’unità di capienza era espressa in “heqat” equivalente circa a 4,785 litri). La notazione geroglifica dell’heqat, di nome “udjat”, che significa contemporaneamente “occhio umano” e “occhio di falco”, era la seguente:
SITUAZIONE A-DIDATTICA - “INGAGGIO”
75
FIABA
Ma lo storico non era l’unico a vivere nella grande biblioteca del palazzo, con lui c’era pure un vecchio matematico-astro-nomo, esperto sia di numeri che di stelle. Capite bene che, col gran da fare che la regina aveva dato a tutti i suoi sud-diti a impegnarsi in calcoli e ragionamenti matematici, mol-ti avevano chiesto e continua-vano a chiedere a lui consu-lenza, Regina compresa, che come abbiamo già detto non ne capiva molto di numeri e figure…In questo modo, però, il ma-tematico-astronomo, si dedi-cava più ai numeri che alle stelle, la sua vera grande pas-sione. Ed è per questo che indirizza proprio a voi, alunni della IV A della Scuola San Pio X di Palermo questa lette-ra con una proposta, dando personalmente a me il compito di consegnarvela.
COMPETENZE INTERESSATE:- Individuare, descrivere e costruire relazioni.- Produrre semplici congetture.- Verificare le congetture prodotte, sia empiricamente sia
mediante argomentazioni.- Eseguire calcoli con numeri razionali.- Esporre con chiarezza il procedimento risolutivo seguito e
confrontarlo con altri eventuali procedimenti.- Rappresentare in modi diversi (verbali, iconici, simbolici) la
situazione problematica, al fine di creare un ambiente di lavoro favorevole per la risoluzione del problema.
CONTENUTI:Operazioni tra numeri razionali.Successioni numeriche.Semplici modelli di leggi matematiche
MATERIALI:FoglioPenne, gomme, matite.
PROCEDURA:Dopo il racconto della storia e la lettura della lettera, i bambini, prima individualmente cominciano a ragionare sulla modalità più conveniente di pagamento, poi a seconda della scelta effettuata saranno divisi in gruppi. Ogni gruppo dovrà sostenere la sua tesi e e dimostrare la falsità delle altre. Vin-ce il gruppo che riesce a convincere tutti.
TEMPI:Circa 3 ore.
“Cari ragazzi e care ragazze,
a scrivervi è un vecchio matematico e astronomo che ha dedicato tutti gli anni
della sua vita a studiare, capire, cercare di spiegare come funziona il mondo, la
luce, il tempo… Ma ormai la vecchiaia, ahimè, comincia a farsi sentire!
Scrivo proprio a voi perché so che siete a conoscenza di quanto sta accadendo
nel Paese delle Meraviglie e perché so anche che siete molto bravi in
matematica.
Ho allora da farvi una proposta. Avrei bisogno del vostro aiuto per 30 giorni,
sapete bene quanto lavoro mi spetta per adesso, quindi validi collaboratori mi
sarebbero di grande aiuto. Naturalmente la vostra collaborazione sarà ben
retribuita. Anzi, avrete voi stessi la possibilità di scegliere tra due opzioni di
pagamento:
!!0,01 ! il primo giorno, 0,02 ! il secondo, 0,04 il terzo e così via
raddoppiando il vostro salario ogni giorno
!!oppure 1 milione di euro subito.
Fatemi sapere!”
$ 0,01 S1 Esegue correttamente tutte le moltiplicazioni e poi somma tutti i valori trovati tra loro.
$ 0,01
S2 Esegue correttamente tutte le moltiplicazioni, ma poi non somma tutti i valori trovati tra loro perché comunque ha già superato al cifra di 1 milione di euro.
$ 0,01
S3 Commette errori nel posizionamento della virgola, ma è comunque convinto che con-venga scegliere 0,01$ subito.
$ 0,01
S4 Sceglie 0,01$ senza dare motivazione.
1 milione S5 Esegue le moltiplicazioni e le addizioni commettendo errori di calcolo, per cui è con-vinto che convenga 1 milione di euro subito.
1 milione
S6 Commette errori nel posizionamento della virgola, per cui è convinto che convenga scegliere 1 milione di euro subito.
1 milione
S7 Non esegue nessun calcolo perchè crede che partendo da 0,01$ non arriverebbe mai a 1 milione.
S8 Non esegue il compito.
76
CONSEGNA
AZIONE
FORMULAZIONE
VALIDAZIONE
Durante questa fase viene letta la storia, e consegnata la lette-ra a ciascun bambino che si troverà a dover scegliere tra le due modalità di pagamento proposte.
Individualmente ogni bambino comincia a formulare le proprie ipotesi e indaga sulle modalità adeguate per convalidarle. Alla fine di questa fase ogni bambino comunica la propria scelta sulla base della quale verranno poi divisi in due squadre.
Ogni squadra deve mostrare all’altra la propria modalità di ragionamento e le prove raccolte per dimostrarlo.
In questa fase ogni squadra deve cercare di convincere l’altra della propria scelta; vince chi finalmente riesce a farlo col con-senso di tutti gli “avversari”.
17%
11%
11%39%
6%
17%
GRAFICO
S1 S2 S3 S4S5 S6 S7 S8
DAVIDE: Io scelgo 1 milione subito perché facendo il conto con i centesimi ottengo meno di un milione, ottengo 4140.
GABRIELE: é impossibile che ti viene 4140. Guarda, la virgola si doveva mettere dopo l’1 e non dopo lo 0.
Io prima di tutto ho fatto i calcoli di tutti i giorni e poi li ho sommati tutti e mi è venuto 5167233,30.
SILVIA
COMMENTI:L’attività si è rilevata una vera e propria gara di determinazione. Ha vinto chi ha portato a ter-mine sino alla fine un innumerevole quantità di operazioni con i numeri razionali!
SITUAZIONE A-DIDATTICA - “CARTE IN ORDINE”
FIABA
Il matematico-astronomo è lieto di comunicarvi che siete diventati tutti suoi preziosi collaborato-ri! Quindi, mettiamoci subito a lavoro, sapete bene il gran da fare che ci spetta!Ebbene oggi ci toccherà aiutare una cara amica del matematico-astronomo che si trova in difficol-tà: la maga.Forse ancora no vi ho detto che la Regina è molto superstiziosa, e “credulona”: incantesimi, spec-chi, amuleti, sfere, carte…cerca in vari modi di scoprire quello che il futuro le riserverà. Si tratta di cose abbastanza riservate, è per questo che si fida solo di una vecchia maga che da più di 300 anni vive in un’ala del suo grande palazzo. La vecchia maga ha imparato, nel corso dei suo i molti anni, che è meglio non contraddire la Regina, meglio darle sempre una visione rosea del futuro.C’è una consuetudine che va avanti da molti anni: ogni settimana la Regina si fa leggere le carte. Si tratta di carte molto particolari, che hanno degli strani simboli al centro (a ben vedere sono nu-meri!) e che possono essere disposte in ordine crescente e decrescente. È proprio l’ordine a fare la differenza: un ordine crescente è sinonimo di prosperità, ricchezza, salute, potere…l’ordine decrescente, ahimè, del contrario. Capite bene, quindi, perché la povera maga disponeva le carte sul tavolo già rovesciate e già in ordine crescente!Con la vecchiaia e le varie malattie, però, la vista della maga si ridusse drasticamente fino a diven-tare quasi cieca. Figuriamoci se riusciva a distinguere i simboli scritti al centro delle carte!Poverina… Aiutatela voi a disporle nel giusto ordine prima che arrivi al Regina!
77
COMPETENZE INTERESSATE:- Comprendere il valore posizionale delle cifre.- Verbalizzare le strategie risolutive.- Individuare le risorse necessarie per raggiungere
l'obiettivo selezionando i dati forniti dal testo, le informazioni ricavabili dal contesto e gli strumen-ti che possono risultare utili ala risoluzione del problema.
- Confrontare numeri razionali.
CONTENUTI:Valore posizionale delle cifre.Confronto di numeri razionali.
MATERIALI:Carte come quelle raffigurate accanto (4 per ogni bambino).
PROCEDURA:Dopo il racconto della storia, ad ogni bambino vengono distribuite 4 carte (tutti i bambini avranno le stesse carte). Prima individualmente ogni bambi-no dovrà formulare ipotesi e congetture per giun-gere infine a una propria modalità di ordinamento. Dopo circa 10-15 minuti la classe viene suddivisa in squadre, tante quante le diverse modalità di ordinamento formulate dai bambini. Ogni squadra così formata dovrà sostenere le proprie ipotesi e strategie e dimostrare eventualmente la falsità di quelle della altre squadre. Si termina quando tutti sono d’accordo su un determinato ordinamento.
TEMPI:Circa 2 ore.
0,060 0,6 0,0666 0,606
CON-SEGNA
AZIO-NE
FOR-MULA-ZIONE
VALI-DA-
ZIONE
Durante questa fase viene letta la sto-ria e vengono distribuite 4 carte a ogni bambino.
In questa fase i bambini, individualmen-te, elaborano le loro strategie, formu-lano e verificano le loro ipotesi. Dopo circa 15 minuti ogni bambino giunge a ordinare le proprie carte. Si riportano i vari ordini alla lavagna e in base ad essi si formano le squadre, esse saran-no tante quante le differenti soluzioni adottate.
Ogni squadra ridiscute la propria scel-ta e sceglie un portavoce con il compi-to di esporre alla restante classe la strategia adottata.
In questa fase ogni squadra deve por-tare avanti la propria tesi o ricono-scervi gli errori. Vince la squadra che con opportune argomentazioni riesce a convincere gli altri, o si può giungere a un nuovo ordine con le informazioni fornite da ciascuna squadra.
0
2
4
6
8
S1 S3 S5 S7 S9 S11 S13 S15 S17 S19 S21 S23 S25 S27
10
4
000
2
0000000000000
8
001
001
GRAFICO
78
S15 0,606 < 0,0666 < 0,060 < 0,6
S16 0,606 < 0,0666 < 0,6 < 0,060
S17 0,606 < 0,6 < 0,060 < 0,0666
S18 0,606 < 0,6 < 0,06666 < 0,060
S19 0,0666 < 0,6 < 0,606 < 0,060
S20 0,0666 < 0,6 < 0,060 < 0,606
S21 0,0666 < 0,606 < 0,060 < 0,6
S22 0,0666 < 0,606 < 0,6 < 0,060
S23 0,0666 < 0,060 < 0,606 < 0,6
S24 0,0666 < 0,060 < 0,6 < 0,606
S25 0,6 = 0,606 = 0,060 = 0,0666
S26 0,6 < 0,060 = 0,606 < 0,0666
S27 0,0666 < 060 = 0,606 < 0,6
S1 0,060 < 0,0666 < 0,6 < 0,606
S2 0,060 < 0,0666 < 0,606 < 0,6
S3 0,060 < 0,606 < 0,6 < 0,0666
S4 0,060 < 0,606 < 0,0666 < 0,6
S5 0,060 < 0,6 < 0,606 < 0,0666
S6 0,060 < 0,6 < 0,0666 < 0,606
S7 0,6 < 0,060 < 0,606 < 0,0666
S8 0,6 < 0,060 < 0,0666 < 0,606
S9 0,6 < 0,606 < 0,060 < 0,0666
S10 0,6 < 0,606 < 0,0666 < 0,060
S11 0,6 < 0,0666 < 0,060 < 0,606
S12 0,6 < 0,0666 < 0,606 < 0,060
S13 0,606 < 0,060 < 0,6 < 0,0666
S14 0,606 < 0,060 < 0,0666 < 0,6
ANALISI A-PRIORI
COMMENTI:Si può notare che:- la S7, la S9, la S26 si possono rapportare a un unico tipo di strategia; si mette in ordine contando il numero delle cifre: il numero “più lungo” è il decimale più grande;
- la S21, S23 e la S27 si possono rapportare, invece, ad un altro tipo di ragionamento in cui si mette in ordine contando il numero delle cifre: il numero “più corto” è il decimale più grande;
- infine, nella S25 non si vede la necessità di ordinare poiché si tratta in tutti i casi delle stesse cifre: 0 e 6; in questo caso i bambini non hanno quindi ancora compreso che il valore di un numero è legato alla posizione che esso occupa.
SITUAZIONE A-DIDATTICA - “NUMERI COMPRESI”
79
FIABA
Devo comunicarvi che il matematico-astronomo è molto soddisfatto del lavoro che state svolgendo per lui e vi manda i ringraziamenti anche a nome della Regina, che però, come sapete, è molto esi-gente. Ha, infatti, un nuovo pensiero fisso: riuscire a vincere il Gran Prix des Merveilles 2009. Si tratta del più prestigioso premio del Paese delle Meraviglie, per intenderci è come i vostri Premi Nobel per la scienza, come i Premi Oscar per i miglior film… Si tratta di un premio internazionale che negli ultimi anni è stato vinto dagli scienziati dei paesi in competizione con il Paese delle mera-viglie.Non vi dico la rabbia e dispiaceri della Regina che quest’anno invece è proprio decisa a vincere! Co-me??? Proprio con il vostro aiuto.Ha piena fiducia in voi! Sa che ce la potete fare! Dovete risolvere due rompicapi su cui da secoli migliaia di scienziati si sono interrogati, inviandole la formulazione dei rispettivi Teoremi!Ecco il primo:
“Quanti numeri sono compresi tra 3,1 e 3,4?”
COMPETENZE INTERESSATE:- Individuare, descrivere e costruire relazioni.- Produrre semplici congetture.- Verificare le congetture prodotte, sia empiri-
camente sia mediante argomentazioni.- Esporre con chiarezza il procedimento risoluti-
vo seguito e confrontarlo con altri eventuali procedimenti.
- Rappresentare in modi diversi (verbali, iconici, simbolici) la situazione problematica, al fine di creare un ambiente di lavoro favorevole per la risoluzione del problema.
CONTENUTI:L’insieme dei numeri razionali come insieme continuo e infinito.
MATERIALI:FoglioPenne, gomme, matite.
PROCEDURA:Dopo il racconto della storia e la lettura del quesito , i bambini, prima individualmente comin-ciano a ragionare sulla modalità più conveniente di rispondere, poi a seconda della scelta effettua-ta saranno divisi in gruppi. Ogni gruppo dovrà sostenere la sua tesi e e dimostrare la falsità delle altre. Vince il gruppo che riesce a convince-re tutti. Gli alunni dovranno quindi scrivere una lettera al mago per comunicargli la soluzione del quesito.
TEMPI:Circa 2 ore.
CON-SEGNA
AZIO-NE
FOR-MU-LA-
ZIONE
VALI-DA-
ZIONE
Durante questa fase viene raccon-tata la storia e letto il primo quesi-to.
Individualmente ogni bambino co-mincia a formulare le proprie ipo-tesi e a verificarle. Alla fine di que-sta fase ogni bambino comunica la propria scelta sulla base della quale verranno poi divisi in squadre.
Ogni squadra deve mostrare all’al-tra la propria modalità di ragiona-mento e le prove raccolte per dimostrarlo.
In questa fase ogni squadra deve cercare di convincere l’altra della propria scelta; vince chi finalmente riesce a farlo col consenso di tutti gli “avversari”.
S1 Sostiene che tra 3,1 e 3,4 siano compresi solo 3,2 e 3,3.
S2 Sostiene che tra 3,1 e 3,4 siano compresi: 3,11 3,12 3,13 3,14 e così via...
S3 Esplicita il fatto che sono compresi infiniti numeri.
S4 Non esegue il compito.
80
39%
33%
28%
GRAFICO
S1 S2 S3 S4
COMMENTI:Considerato che la S2 e la S3 sono entrambe strategie corrette, si deduce che la maggioran-za(61%) dei bambini ha intuito correttamente la soluzione del quesito. Gli altri, comunque, dopo la discussione avuta nella fase di validazione hanno accettato consapevolmente la soluzione fornita dai compagni.
Caro mago, i numeri sono infiniti per-ché ai numeri si aggiungono i cm o i mm. Ti faccio un esempio: è come se conti tutti i numeri, sono infiniti, e così sono infiniti, anche quelli tra 3,1 e 3,4. Questa è la mia spiegazione.
MARCO
Perché 3,2 s ign ifica 3,20 e si continua...
GABRIELE
Caro mago, siamo arri-vati alla conclusione che i numeri non finiscono mai. Ti posso soltanto dire che i numeri che ci h a i m a n d a t o d a completare...aiuto! sono veramente infiniti. Spe-ro che ci darai altri problemi da risolvere perché mi diverto tanto. Ciao!La tua collaboratrice
SILVIA
Caro mago, i numeri sono infiniti perché si possono aggiungere ancora numeri a q u e s t o n u m e r o 3,211121112111. Quindi i numeri non finiscono mai, ma proprio mai!
ANGELA
SITUAZIONE A-DIDATTICA - “VINCE IL PIÙ PICCOLO”
81
FIABA
Avevo ragione a fidarmi di voi! Ecco il secon-do rompicapo:“Voglio fare una moltiplicazione con voi: io vi dico il primo fattore, è 60, voi dovete trova-re il secondo fattore: può essere qualsiasi numero escluso lo zero. Ma attenzione! Il prodotto dovrà essere minore del numero che dico io. Vince chi riesce ad ottenere il prodotto più piccolo.”!
60 x ? = numero più piccolo per vincere!
Questo quesito sta particolarmente a cuore alla Regina, immaginate….con un numero pic-colo rimpicciolire un numero grande! Se riu-scite a risolvere anche questo rompicapo, lei stessa ha promesso una grande festa in vo-stro onore.
COMPETENZE INTERESSATE:- Individuare, descrivere e costruire relazioni.- Produrre semplici congetture.- Eseguire moltiplicazioni tra numeri razionali.- Verificare le congetture prodotte, sia empiri-
camente sia mediante argomentazioni.- Esporre con chiarezza il procedimento riso-
lutivo seguito e confrontarlo con altri even-tuali procedimenti.
- Rappresentare in modi diversi (verbali, iconi-ci, simbolici) la situazione problematica, al fine di creare un ambiente di lavoro favore-vole per la risoluzione del problema.
CONTENUTI:Moltiplicazioni tra numeri razionali minori di 1.
MATERIALI:FoglioPenne, gomme, matite.
PROCEDURA:Dopo il racconto della storia e la lettura del quesito, i bambini, prima individualmente co-minciano a ragionare sulla modalità più conve-niente di rispondere, poi a seconda della scelta effettuata saranno divisi in gruppi. Ogni gruppo dovrà sostenere la sua tesi e e dimostrare la falsità delle altre. Vince il gruppo che riesce a convincere tutti.
TEMPI:Circa 2 ore.
CONSEGNA
AZIONE
FORMULAZIONE
VALIDAZIONE
Durante questa fase viene raccontata la storia e letto il secondo quesito.
Gli alunni giocano per gruppi di due, ognuno registra su un foglio le proprie prove e intuizioni confrontandole con quelle dell’altro gio-catore, vince chi per primo trova il fattore che permette di ottene-re il risultato più piccolo. Dopo circa 10 minuti si riportano alla lavagna i numeri che ogni coppia di compagni ha trovato.
In base ai dati riportati alla lavagna gli allievi sono divisi in 3 gruppi, ognuno dei quali ha un portavoce: coloro che sostengono che biso-gna moltiplicare per un numero intero; coloro che sostengono che bisogna moltiplicare per un numero decimale maggiore di 1; coloro che sostengono che bisogna moltiplicare per un numero decimale minore di 1. In questa fase l’obiettivo sarà quello di formulare e comunicare le strategie applicate e motivare la soluzione a cui sono arrivati.
In questa fase ogni squadra deve cercare di convincere l’altra della propria scelta; vince chi finalmente riesce a farlo col consenso di tutti gli “avversari”.
82
S1 Moltiplica per numeri interi.
S2 Moltiplica per numeri decimali maggiori di 1.
S3 Moltiplica per decimali minori di 1 senza capire come ot-tenere un numero ancora più piccolo.
S4 Moltiplica per decimali minori di 1 capendo che più è pic-colo il fattore più sarà piccolo il prodotto.
S5 Non esegue il compito.
ANALISI A-PRIORI
42%
26%
32%
GRAFICO
S1 S2 S3 S4
COMMENTI:Considerato che la S3 e la S4 sono en-trambe strategie corrette, si deduce che la maggioranza(58%) dei bambini aveva intuito correttamente la soluzione del quesito. Gli altri, comunque, dopo la di-scussione avuta nella fase di validazione hanno accettato consapevolmente la solu-zione fornita dai compagni.
83
FIABA
Bene! La Regina ha mantenuto la promessa…così vi ha organizzato una bella festa!Visto che le frazioni ormai facili sono per voi, vi ha organizzato una tombola un po’ particolare!
COMPETENZE INTERES-SATE:- Comprendere che uno stesso numero
razionale può avere differenti rappresen-tazioni.
- Verbalizzare le strategie risolutive.- Individuare le risorse necessarie per rag-
giungere l'obiettivo selezionando i dati forniti dal testo, le informazioni ricavabili dal contesto e gli strumenti che possono risultare utili ala risoluzione del problema.
CONTENUTI:Rappresentazioni diverse di uno stesso numero razionale.Frazioni equivalenti.Operazioni con le frazioni.Corrispondenza decimale-frazioni.MATERIALI:Tabellone (carta da pacchi)Cartelle (in cartoncini di diverso colore, ognuno dei quali corrispondente a un gra-do di difficoltà differente)FagioliFoglietti con i numeri con la stessa rappre-sentazione del tabellone.
PROCEDURA:Dopo il racconto della breve storia, ad ogni bambino viene distribuita una cartella e dei fagioli. La cartella di ogni bambino sarà differente da quella degli altri, ma sono comunque rapportabili a 3 livelli di difficol-tà. A ogni bambino sarà lasciato un po’ di tempo per confrontare la propria cartella con il tabellone, e dargli quindi la possibilità di individuare le varie rappresentazioni. Dopo circa 5 minuti si procede all’estra-zione. Vince chi per primo completa la sua cartella, dopo che gli altri compagni ne hanno controllato la validità.
TEMPI:Circa 1 ora.
COMMENTI:L’attività prevedeva la padronanza di tutti i contenuti affrontati nelle precedenti situazioni didattiche. I bambini si sono mostrati molto abili, in più si sono divertiti mol-tissimo nello svolgimento del compito!
SITUAZIONE A-DIDATTICA - “TOMBOLA”
84
S1 Riconosce il legame lingua comune-scrittura frazionaria.
S2 Riconosce il legame scrittura frazionaria - scrittura decimale.
S3 Riconosce la frazione come somma o differenza di altre due frazioni.
S4 Riconosce l’uguaglianza tra una frazione e la sue equivalente.
S5 Riconosce la frazione come punto su una retta.
S6 Riconosce il legame tra la frazione e la sua rappresentazione pittografica
ANALISI A-PRIORI
COMMENTI:Come si può facilmente dedurre dal grafico tutti i bambini hanno compreso il legame tra le frazioni e la lingua naturale (“un mezzo”, “metà della metà”) e il legame tra le frazioni e le cor-rispondenti rappresentazioni pittografiche. Una buona percentuale di bambini ha anche ben chiaro il legame tra frazioni e scrittura decimale e sa collocare una frazione su un punto di una retta orientata. Alcuni hanno difficoltà nello svolgere operazioni tra frazioni e nel riconoscere le frazioni equivalenti.
0
5
10
15
20
18
12
8 10 1218
S1S2
S3S4
S5S6
GRAFICO
CONSEGNA
AZIONE
FORMULAZIONE
VALIDAZIONE
Durante questa fase viene letta la storia e vengono distribuite le cartelle e i fagioli per coprirle.
In questa fase ogni bambino ha la possibilità di confrontare la pro-pria cartella con il tabellone per individuare le diverse rappresen-tazioni dei numeri.
In questa fase vengono estratti i numeri e chi ritiene di averli li dovrà coprire con i fagioli.
Vince chi riempie la cartella per prima, motivando le scelte e co-munque dopo la convalida di tutti i compagni.
SITUAZIONE A-DIDATTICA
Capitolo 6
IL CONTROLLO DEI RISULTATI
“Ogni forma di scienza sperimentale presuppone una misura, vale a dire il riconoscimento di
una corrispondenza $a i dati qualitativamente definiti e le espressioni usate per rappresentar" il numero di unità da essi contenuti. Ciononostante i numeri non parlano da soli; bisogna evi#
denziare i rapporti esistenti tra loro.”
'De Landesheere, 1970, p.381(
Viene presentato adesso l’elenco delle strategie risolutive ipotizzate, seguite
da quelle effettivamente utilizzate dagli alunni che costituiscono il campione
preso in esame durante la compilazione del questionario iniziale e del questio-
nario finale.
L’analisi a–priori effettuata per il questionario in fase iniziale è da conside-
rarsi valida anche per la fase finale, dal momento che il questionario è lo stesso.
85
Questionario A: Di&coltà ne! ’ordinar"ESERCIZI 1!2!3
S1 Procede per tentativi.
S2 Confronta ed ordina le frazioni motivando i passaggi.
S3 Ordina le frazioni in ordine decrescente.
S4 Non riesce (o ha difficoltà a mettere in ordine le frazioni.
S5 Confronta e ordina le frazioni non motivando i passaggi eseguiti.
S6 Non svolge l"esercizio del confronto tra frazioni.
S7 Ordina le frazioni trovando il m.c.m. Di ciascuna, riducendole quindi tutte alo stesso denominatore.
S8 Riesce ad ordinare le frazioni convertendole in numeri decimali, facen-do quindi la divisione tra numeratore e denominatore.
S9 Ha messo in rodine le frazioni confrontandole a due a due, utilizzando quindi il prodotto in croce.
S10 Confronta e ordina i numeri decimali.
S11 Non riesce (o ha difficoltà) a mettere in ordine i numeri decimali.
S12 Non svolge l"esercizio del confronto tra numeri decimali.
S13 Ha bisogno di scrivere per intero il numero decimale per riuscire a con-frontarlo con gli altri. Es: 1,2 = 1,20.
S14 Mette in ordine i numeri decimali portandoli a frazioni decimali. Es: 1,2 =12/10.
S15 Ordina i numeri decimali mettendo i valori su un asse cartesiano.
S16 Individua la frazione che vale di più ma non dà una spiegazione.
S17 Individua la frazione che vale di più in base al valore del denominatore. Se è < del numeratore allora il valore della frazione aumenta.
S18 Colora la frazione che vale di più trovando il m.c.m.
S19 Non svolge l"esercizio del colorare la frazione che vale di più.
S20 Individua la frazione che vale di più portando le frazioni in numeri de-cimali.
86
S21 Colora la frazione che vale di più utilizzando il diagramma.
S22 Non distingue sempre la frazione che vale di più.
S23 Ordina le frazioni ponendole sulla linea dei numeri.
S24 Colora la frazione che vale di più facendo il prodotto in croce.
S25 Non riesce a conforntare i numeri decimali perché considera solo i nu-meri dopo la virgola. Es: 1,2 < 1,15 perchè 2<15.
S26 Colora la frazione che vale di più facendo la divisione tra frazioni e con-forntandole tra loro.
S27 Sbaglia ad inserire un dato.
S28 Abbandona l"esercizio del colorare la frazione che vale di più.
S29 Colora la frazione che vale di meno.
S30 Ha difficoltà solo nell"individuare l"uguaglianza tra i numeri decimali.
STRATEGIE NON PREVISTE
SNP1 Ordina le frazioni mettendo in ordine crescente solo il denominatore
SNP2 Ordina in ordine decrescente le frazioni, nel primo caso in base al numeratore e nel secondo in base al denominatore
SNP3 Ordina i numeri in ordine crescente, ma considerando numeratore e denominatore come numeri diversi
87
Dall’analisi dei dati si evince un notevole miglioramento degli allievi rispetto
alla situazione di partenza (vedi grafico 1), si è passati dal 6% di risposte corrette
nel questionario iniziale al 64% nel questionario finale. Ciò potrebbe quindi es-
sere legato alla comprensione del confronto tra frazioni e tra numeri decimali,
avvenuto durante la sperimentazione e, in particolare durante la situazione di-
dattica “Fornai” e durante la situazione a-didattica “Carte in ordine”.
3%1%4%1%3%
13%
4%
6%
19% 6%3%
14%
4%1%
3%3%
4%1%1%3%
Questionario iniziale A S1 S2 S3
S4 S5 S6
S7 S8 S9
S10 S11 S12
S13 S14 S15
S16 S17 S18
S19 S20 S21
S22 S23 S24
S25 S26 S27
S28 S29 S30
SNP1 SNP2 SNP3
SNP4 SNP5 SNP6
SNP7 SNP8
88
4%4%
11%
6%
2%
28% 2%
21%
15%
6%
Questionario finale A S1 S2 S3
S4 S5 S6
S7 S8 S9
S10 S11 S12
S13 S14 S15
S16 S17 S18
S19 S20 S21
S22 S23 S24
S25 S26 S27
S28 S29 S30
SNP1 SNP2 SNP3
SNP4 SNP5 SNP6
SNP7 SNP8
I risultati ottenuti sono migliori anche rispetto al gruppo di controllo, 46% di
risposte corrette (vedi grafico 2).
0
0,08
0,15
0,23
0,30
S2 S7 S9 S13 S15 S17 S20 S23 S26
Grafico 1
QUESTIONARIO INIZIALEQUESTIONARIO FINALE
0
0,18
0,35
0,53
0,70
S2S10
S17S24
Grafico 2
QUESTIONARIO FINALEGRUPPO DI CONTROLLO
89
Questionario B: Di&coltà ne!e operazioniESERCIZI 4-5-6
S1 Risolve le operazioni con le frazioni dando direttamente il risultato senza ese-guire tutti i passaggi.
S2 Non esegue la consegna.
S3 Risolve le operazioni con le frazioni trovando il m.c.m. del denominatore.
S4 Ha difficoltà ad individuare il m.c.m.
S5 Riduce ai minimi termini il risultato delle operazioni.
S6 Tende a non semplificare l"operazione.
S7 Ha difficoltà nelle operazioni con le frazioni.
S8 Risolve operazioni con i numeri decimali, dando direttamente il risultato senza mettere in colonna.
S9 Risolve le operazioni con i numeri decimali, mettendo in colonna.
S10 Non esegue la consegna.
S11 Abbandona l"esercizio perché trova difficoltà nelle operazioni (soprattutto divi-sioni) con i numeri decimali.
S12 Svolge correttamente la divisione tra numeri decimali, portando il dividendo a numero intero.
S13 Non mette in colonna dovendo moltiplicare o dividere per 10 o 100.
S14 Esegue correttamente la moltiplicazione tra numeri decimali, mettendoli in co-lonna, ma non riesce a posizionare la virgola.
S15 Esegue correttamente la divisione tra numeri decimali, ma non riesce a posi-zionare la virgola.
S16 Effettua la divisione tra numeri decimali: porta i numeri decimali a numeri interi e moltiplica l"inverso. Es: 16,3 : 12 = 163/10 x 1/12.
S17 Effettua la moltiplicazione tra numeri decimali portando il numero decimale a numero intero.
S18 Esegue la sottrazione tra numeri decimali (a tre) mettendo in colonna i primi due numeri, e sottraendo poi il risultato al terzo.
S19 Ha difficoltà nelle operazioni con i numeri decimali.
S20 Utilizza gli elementi del testo per scoprire quale operazione occorre per svol-gere il problema.
S21 Abbandona la consegna per incomprensione del testo.
90
S22 Sa utilizzare un diagramma.
S23 Non utilizza nessun diagramma.
S24 Utilizza il diagramma di flusso.
S25 Utilizza il diagramma a torta.
S26 Utilizza un altro tipo di diagramma.
S27 Utilizza gli insiemi come diagramma.
S28 Non esegue la consegna.
S29 Non individua la frazione delle pagine lette.
S30 Individua la frazione delle pagine lette.
S31 Non identifica l"operazione che occorre per svolgere il problema.
S32 Risolve la divisione di decimali con le potenze.
S33 Abbandona l"esercizio dovendo calcolare le operazioni tra frazioni.
S34 Esegue le operazioni con le frazioni portando il risultato a numero decimale.
S35 Ha difficoltà a ad eseguire operazioni tra frazioni con denominatore uguale.
S36 Esegue operazioni con frazioni portando il risultato a numero decimale.
S37 Utilizza il diagramma di flusso, ma lo lascia incompleto.
S38 Lascia il problema incompleto (trova solo la frazione di un numero.
S39 Ha difficoltà nell"utilizzare il diagramma.
S40 Non sa eseguire le moltiplicazioni e le divisioni di un numero decimale (x10, x100, x1000).
S41 Ha difficoltà nella risoluzione del problema perché sostanzialmente ha difficol-tà nelle operazioni.
S42 Ha difficoltà nell"eseguire operazioni tra frazioni con denominatore uguale: infatti addiziona sia il numeratore che il denominatore.
STRATEGIE NON PREVISTE
SNP1 Esegue correttamente la moltiplicazione tra numeri decimali mettendoli in colonna e posizionando adeguatamente la virgola.
SNP2 Esegue correttamente la divisione tra numeri decimali posizionando ade-guatamente la virgola.
SNP3 Risolve le operazioni con le frazioni indicando anche i passaggi intermedi.
91
SNP4 Nelle addizioni tra frazioni somma solo i numeratori.
SNP5 Non esegue la divisione tra numeri decimali.
SNP6 Nella moltiplicazione fra numeri decimali, fa coincidere le unità con le unità, i decimi con i decimi, i centesimi con i centesimi...
SNP7 Nel problema divide per 35 non considerando la / come simbolo di frazione.
SNP8 Nella sottrazione tra numeri decimali sottrae alla parte intera del numero la parte decimale e poi l"altro decimale.
92
2%2%2%2%6%
2%
13%
5%
14%2%6%5%2%
17%
2%
21%
Questionario iniziale B S1 S2 S3
S4 S5 S6
S7 S8 S9
S10 S11 S12
S13 S14 S15
S16 S17 S18
S19 S20 S21
S22 S23 S24
S25 S26 S27
S28 S29 S30
S31 S32 S33
S34 S35 S36
S37 S38 S39
S40 S41 S42
SNP1 SNP2 SNP3
SNP4 SNP5 SNP6
SNP7 SNP8
15%
2%5%
18%
2%5%4%2%
22%
5%
20%
Questionario finale BS1 S2 S3
S4 S5 S6
S7 S8 S9
S10 S11 S12
S13 S14 S15
S16 S17 S18
S19 S20 S21
S22 S23 S24
S25 S26 S27
S28 S29 S30
S31 S32 S33
S34 S35 S36
S37 S38 S39
S40 S41 S42
SNP1 SNP2 SNP3
SNP4 SNP5 SNP6
SNP7 SNP8
Anche in questo caso si evidenzia un miglioramento dalla differenza tra il
questionario iniziale (76% di risposte corrette) e il questionario finale (81%), an-
che se piuttosto lieve e accompagnato a una riduzione della varietà di strategie
utilizzate (grafico 3).
Notevole appare, invece, il paragone con il gruppo di controllo, nel quale si
rilevano solo il 16% di risposte corrette (grafico 4).
0
0,08
0,15
0,23
0,30
S1 S8 S16 S22 S27 S36
Grafico 3
QUESTIONARIO INIZIALE QUESTIONARIO FINALE
0
0,23
0,45
0,68
0,90
S1S12
S22S32
Grafico 4
QUESTIONARIO FINALE GRUPPO DI CONTROLLO
93
Questionario C: Di&coltà nel riconoscere gli schemiESERCIZI 7!8
S1 Riesce a dare il giusto significato agli elementi presenti nello schema dell"insieme, ma non motiva la risposta data.
S2 Riesce a dare il giusto significato agli elementi presenti nello schema dell"insieme, motivando la risposta data.
S3 Non riesce a dare il giusto valore agli oggetti presenti nello schema dell"insieme.
S4 Non esegue la consegna.
S5 Non esegue la consegna per incomprensione del testo.
S6 Colora opportunamente i quadratini corrispondenti alla parte di frazione richiesta, ma non motiva la risposta data.
S7 Non riesce ad identificare la parte di frazione richiesta.
S8 Non esegue la consegna relativa alla parte di frazione da colorare.
S9 Colora la parte di frazione richiesta dando una spiegazione alla rispo-sta data (o facendo vedere tutti i passaggi).
S10 Identifica la parte di frazione richiesta ma non colora i quadratini.
S11 Colora la parte corrispondente alla frazione richiesta eseguendo i pas-saggi, costruendo un diagramma.
S12 Ha difficoltà nel calcolarsi la frazione di un numero.
STRATEGIE NON PREVISTE
SNP1 Colora solo 3 quadrati di 8.
SNP2 Colora solo 3 quadrati e divide i restanti in 8 parti.
SNP3 Sostiene che le stelline sono 5 e 3.
SNP4 Divide tutti i quadratini in 4 parti.
SNP5 Colora tutti i quadratini.
SNP6 Colora in un rigo 3 quadrati e nell"altro rigo 4.
94
S1 S2 S3 S4 S5 S6 S7
S8 S9 S10 S11 S12 SNP1 SNP2
SNP3 SNP4 SNP5 SNP6
2%2%2%2%2%2%
7%
7%
12%
17%5%
7%
14%
5%
12%
Questionario iniziale C
6%10%
3%
35%3%
6%3%
32%
Grafico 3
S1 S2 S3 S4 S5 S6 S7
S8 S9 S10 S11 S12 SNP1 SNP2
SNP3 SNP4 SNP5 SNP6
95
Si evidenzia un notevole aumento nelle percentuali di risposte corrette date
dagli allievi nel questionario finale, dal 44% all’81% (grafico 5). Durante la spe-
rimentazione, infatti, hanno avuto modi di manipolare attivamente gli svariati
modi di rappresentazione delle frazioni e ciò ha senz’altro giovato ad una mi-
gliore comprensione di essi.
Lieve è invece la differenza tra la percentuale delle risposte corrette date dagli
allievi nel questionario finale e la percentuale di risposte corrette fornite dal
gruppo di controllo (grafico 6).
0
0,10
0,20
0,30
0,40
S1 S2 S6S9
S10S11
Grafico 5
0
0,23
0,45
0,68
0,90
S1S6
S10TOTALE
Grafico 6
QUESTIONARIO FINALE GRUPPO DI CONTROLLO
96
Questionario D: Di&coltà nel gestire l'a%ettivo ugual"ESERCIZI 9-10
S1 Riconosce le unità frazionarie in figure semplici dando una spiegazione ai passaggi eseguiti-
S2 Ha difficoltà nell'applicare l'aggettivo “uguale” nelle figure semplici.
S3 Divide il quadrato in 5 parti “uguali” prendendo un"unità di misura standard.
S4 Riconosce le unità frazionarie in figure semplici ma non da una spiegazione ai passaggi eseguiti.
S5 Non riesce a dividere il quadrato in 5 parti “uguali”.
S6 On esegue la consegna del dividere i quadrati in 5 parti “uguali”.
S7 Riconosce l"unità frazionaria in nelle figure non divise in parti “uguali”, ma non dà una motivazione alla risposta.
S8 Riconosce la frazione in figure non divise in parti “uguali” dando una spiega-zione ai passaggi eseguiti (o facendo vedere i passaggi).
S9 Non esegue la consegna.
S10 Non riconosce la frazione nella figura data perché ha difficoltà nel gestire l'aggettivo “uguale”.
S11 Non riconosce la frazione 1/4 nella figura data.
S12 Spiega il procedimento ma non colora la figura.
S13 Afferma che non si può dividere il quadrato in 5 parti “uguali” (semmai do-vrebbe essere un rettangolo).
S15 Riconosce la frazione nella figura data però poi smentisce dando una motiva-zione.
97
Dall’analisi dei dati si evince che gli allievi già in partenza non avevano grosse
difficoltà nella gestione dell'aggettivo “uguale”. Dal confronto tra i dati del que-
stionario iniziale e quelli del questionario finale si evidenzia come un migliora-
mento, dal 75% al 93% delle risposte corrette, accompagnato però da una mino-
re eterogeneità di strategie utilizzate per rispondere (grafico 7).
Lieve risulta essere la differenza tra i risultati del questionario finale e quelli
del gruppo di controllo; si evidenziano comunque risultati migliori nel gruppo
sperimentale.
50%
7%
43%
Questionario finale D S1 S2 S3
S4 S5 S6
S7 S8 S9
S10 S11 S12
S13 S14 S15
3%
44%
3%17%
3%
22%
3%6%
Questionario iniziale D S1 S2 S3 S4
S5 S6 S7 S8
S9 S10 S11 S12
S13 S14 S15
98
0
0,13
0,25
0,38
0,50
S1 S3 S4 S7 S8 S12
Grafico 7 QUESTIONARIO INIZIALEQUESTIONARIO FINALE
0
0,25
0,50
0,75
1,00
S1 S3 S4 S7 S8 S12
Grafico 8
QUESTIONARIO FINALE GRUPPO DI CONTROLLO
99
Questionario E: Di&coltà nel gestire l’equivalenzaESERCIZI 11!12
S1 Inserisce i dati mancanti ma non motiva la risposta data.
S2 Non inserisce i dati mancanti perché non trova le corrispettive uguaglianza tra frazioni.
S3 Non esegue la consegna.
S4 Moltiplica per un stesso numero sia il numeratore che il denominatore, tro-vando così la frazione equivalente.
S5 Esegue l"equivalenza per trovare i dati mancanti.
S6 Abbandona la consegna perché non riesce ad eseguire l'equivalenza o molti-plicare per uno stesso numero la frazione di partenza.
S7 Inserisce il dato sbagliato.
S8 Esegue l"esercizio passando il numero decimale nella frazione equivalente.
S9 Non riesce sempre a trasformare la frazione in numero decimale.
S10 Non esegue l"esercizio di completare sotto forma di numero decimale o di frazione.
S11 Non riesce sempre a trasformare la frazione in numero decimale.
S12 Esegue l"esercizio trasformando la frazione in numero decimale.
S13 Non motiva i passaggi eseguiti.
S14 Inserisce il dato sbagliato.
S15 Abbandona l"esercizio.
S16 Porta i numeri decimali nelle corrispettive frazioni trasformando il denomina-tore in centesimi.
S17 Semplifica la frazione ai minimi termini.
S18 Motiva i passaggi eseguiti.
S19 Non sempre trasforma il numero decimale in frazione decimale, trova comun-que una frazione equivalente al numero decimale.
S20 Esegue l"esercizio trasformando le frazioni decimali in numeri decimali con le potenze.
S21 Non sa trovare né il numero decimale né la frazione decimale.
100
S22 Esegue l"esercizio passando il numero decimale nella frazione equivalente in decimi e poi la semplifica trovando un"altra frazione equivalente.
S23 Ha difficoltà a inserire i dati mancanti.
STRATEGIE NON PREVISTE
SNP1 Nel passaggio dai numeri decimali alle frazioni moltiplica solo il numeratore per 10, levando la virgola, ma non indica il denominatore.
SNP2 Moltiplica il numero decimale per 10 e riporta 10 anche al denominatore.
SNP3 Nel passaggio dai numeri decimali alle frazioni inserisce al numeratore al potenza del 10 al denominatore il numero senza la virgola.
SNP4 Nel passaggio dai numeri decimali alle frazioni inverte il numeratore con il denominatore.
5%2%9%
7%2%5%
16%12%
2%
12%
2%
9%
9%7%
Questionario iniziale E S1 S2 S3
S4 S5 S6
S7 S8 S9
S10 S11 S12
S13 S14 S15
S16 S17 S18
S19 S20 S21
S22 S23 SNP1
SNP2 SNP3 SNP4
27%
5%
5%
22%3%
8%
30%
Questionario finale E S1 S2 S3
S4 S5 S6
S7 S8 S9
S10 S11 S12
S13 S14 S15
S16 S17 S18
S19 S20 S21
S22 S23 SNP1
SNP2 SNP3 SNP4
101
Dal confronto dei dati tra il questionario iniziale e quello finale si evidenzia
un notevole aumento delle risposte corrette, dal 34% al 79% (vedi grafico 9).
Rilevante è anche la quantità di risposte corrette rispetto al gruppo di con-
trollo, 44% (grafico 10).
Si può quindi dedurre che le attività previste dalla sperimentazione abbiano
avuto un ruolo fondamentale nel migliorare le difficoltà che gli alunni general-
mente incontrano nel gestire le equivalenze.
0
0,08
0,15
0,23
0,30
S1 S5 S12 S17S22
Grafico 9
QUESTIONARIO INIZIALEQUESTIONARIO FINALE
102
0
0,20
0,40
0,60
0,80
S1S8
S17TOTALE
Grafico 10
QUESTIONARIO FINALEGRUPPO DI CONTROLLO
Questionario G: Di&coltà nel gestire figure non standardESERCIZI 13#14
S1 Riconosce le frazioni in tutte le figure, ma non dà una motivazione.
S2 Riconosce le frazioni solo nelle figure standard (quadrato, rettangolo...) perché pensa che la suddivisione di un tutto in parti uguali possa esse-re fatta solo se questo tutto ha una forma geometrica regolare.
S3 Non svolge l'esercizio.
S4 Abbandona l"esercizio.
S5 Riconosce le frazioni in tutte le figure, dando una motivazione o facen-do vedere i passaggi eseguiti.
S6 Non riconosce la frazione in tutte le figure date.
S7 Si aiuta tracciando sulla figura una nuova figura.
S8 Individua la frazione colorata in figure non standard, ma non fornisce una spiegazione alla risposta data.
S9 Scrive in cifre la frazione.
S10 Non individua la frazione colorata.
S11 Non svolge il secondo esercizio.
S12 Individua la frazione in figure non standard e la riduce ai minimi termini.
S13 Scrive in lettere le frazioni.
S14 Individua la frazione colorata in figure non standard dando una motiva-zione alla riposta data.
S15 Individua la frazione solamente di una delle due figure date.
S16 Non riconosce la frazione affermando che la figura non è divisa in parti uguali.
S18 Ha difficoltà nel calcolare la frazione nelle figure date.
S19 Ha calcolato l"inverso della frazione colorata.
STRATEGIE NON PREVISTE
103
SNP1 Indica con un numero intero solo le parti colorate.
SNP2 Individua correttamente le parti colorate, ma nel “tutto” considera i due triangolini rettangoli come unità, non considerando quindi l"estensione delle aree (3/7).
Anche in questo caso si evidenzia un notevole aumento della quantità delle
risposte corrette nel questionario finale (79%), sia rispetto al questionario ini-
7%3%
3%
13%
3%
20% 20%
3%
27%
Questionario iniziale G S1 S2 S3
S4 S5 S6
S7 S8 S9
S10 S11 S12
S13 S14 S15
S16 S17 S18
S19 SNP1 SNP2
11%
11%
29%
50%
Questionario finale G S1 S2 S3
S4 S5 S6
S7 S8 S9
S10 S11 S12
S13 S14 S15
S16 S17 S18
S19 SNP1 SNP2
104
ziale, 50% (vedi grafico 11), sia rispetto al gruppo di controllo, 68% (vedi grafico
12).
0
0,13
0,25
0,38
0,50
S1 S2 S5 S8 S9 S12S13 S14
Grafico 11
QUESTIONARIO INIZIALE QUESTIONARIO FINALE
0
0,20
0,40
0,60
0,80
S1S5
S9S13
TOTALE
Grafico 12
QUESTIONARIO FINALE GRUPPO DI CONTROLLO
105
Questionario H: Di&coltà nel passare da una $azione al#l’unità che l’ha generataESERCIZI 15!16
S1 Non ha problemi nel trovare l"unità partendo dalla frazione.
S2 Ha difficoltà nel trovare l"unità partendo dalla frazione.
S3 Non svolge il primo esercizio.
S4 Abbandona l"esercizio perché non sa trovare l"unità di partenza del tra-pezio.
S5 Abbandona l"esercizio perché non sa trovare l"unità di partenza del ret-tangolo.
S6 Riconosce le situazioni problematiche. Stabilisce le strategie e le risor-se necessarie per la loro soluzione.
S7 Risolve il problema con l"equivalenza, trovando quindi il dato x (l"inco-gnita).
S8 Non risolve il problema.
S9 Dà la soluzione del problema direttamente senza descrivere tutti i pas-saggi.
S11 Risolve il problema trovando i 7/3 di 9 (frazione inversa).
S12 Ha difficoltà nel risolvere il problema, infatti procede per tentativi.
S13 Risolve il problema utilizzando un diagramma.
S14 Trova l"unità di partenza di una sola delle due figure date.
S15 Riesce a trovare l"unità partendo dalla frazione di un numero.
S16 Non riesce a trovare l"unità partendo dalla frazione di un numero.
S17 Risolve il problema trovandosi l"unità e partendo dalla frazione di un numero.
S18 Trova l"unità, ma non motiva i passaggi.
STRATEGIE NON PREVISTE
SNP1 Nel rettangolo trova l"unità di partenza.
106
SNP2 Divide il trapezio in 4 parti e ne colora 3.
SNP3 Nel trapezio trova l"unità di partenza.
7%3%
3%
13%
3%
20% 20%
3%
27%
Questionario iniziale H
S1 S2 S3 S4 S5 S6 S7 S8
S9 S10 S11 S12 S13 S14 S15 S16
S17 S18 S19 SNP1 SNP2
11%
11%
29%
50%
Questionario finale H
S1 S2 S3 S4 S5 S6 S7 S8
S9 S10 S11 S12 S13 S14 S15 S16
S17 S18 S19 SNP1 SNP2
107
Si evidenzia, oltre a una minore eterogeneità nella tipologia di risposte date al
questionario finale, anche un aumento della quantità delle risposte corrette, dal
50% al 79% (grafico 13).
Il miglioramento è visibile anche rispetto al gruppo di controllo, 68% (grafico
14).
0
0,13
0,25
0,38
0,50
S1 S2 S5 S8 S9 S12 S13 S14
Grafico 13
QUESTIONARIO INIZIALE QUESTIONARIO FINALE
0
0,20
0,40
0,60
0,80
S1S5
S9S13
TOTALE
Grafico 14
QUESTIONARIO FINALE GRUPPO DI CONTROLLO
108
Questionario I: Di&coltà nel gestire autonomamente schemi o figur"ESERCIZI 17!18
S1 Padroneggia senza alcun problema schemi o diagrammi, calcolando i 5/6 di 2.
S2 È in difficoltà quando gli si chiede di trasformare i passaggi effettuati sotto forma di diagramma o schema.
S3 Non svolge il primo esercizio.
S4 Riesce a calcolare i 5/6 di 12 ma non utilizza nessun diagramma o schema.
S5 Non calcola i 5/6 di 12, ed è in difficoltà con lo schema o diagramma.
S6 È in grado di distinguere gli elementi della tabella e porli sulla linea dei numeri.
S7 È capace di distinguere le frazioni della tabella ma ha difficoltà nel por-le sulla linea dei numeri.
S8 Distingue le frazioni della tabella ma non le pone sulla linea dei numeri.
S9 Non esegue il secondo esercizio.
S10 Pone le frazioni sulla linea dei numeri ma non scrive il loro corrispettivo valore nella tabella.
S11 Abbandona il secondo esercizio.
S13 Ha difficoltà a distinguere le frazioni nella tabella e a porle nella linea dei numeri.
STRATEGIE NON PREVISTE
SNP1 A partire dalla tabella pone il numero degli elementi colorati al nume-ratore e il numero degli elementi non colorati al denominatore.
109
6%6%
3%
6%
3%
27%
3%
18%
18%
9%
Questionario iniziale I
S1 S2 S3 S4 S5 S6 S7 S8 S9
S10 S11 S12 S13 SNP1
4%7%
39%
7%
11%
7%
25%
Questionario finale I
S1 S2 S3 S4 S5 S6 S7 S8 S9
S10 S11 S12 S13 SNP1
110
Dall’analisi dei dati risulta che gli allievi hanno molto migliorato la capacità
di gestire autonomamente schemi e figure, dal 54% di risposte corrette al 78%.
Da notare, inoltre, che la situazione iniziale del gruppo sperimentale è pres-
soché identica a quella del gruppo di controllo (54%).
0%
10,0%
20,0%
30,0%
40,0%
S1S4
S6S8
Grafico 15
QUESTIONARIO INIZIALE QUESTIONARIO FINALE
0%
20,0%
40,0%
60,0%
80,0%
S1 S4 S6 S8 TOTALE
Grafico 16
QUESTIONARIO FINALE GRUPPO DI CONTROLLO
111
Conclusioni sperimentali
Alla luce del percorso sin qui esperito, e osservando attentamente i risultati
emersi dalla sperimentazione da me condotta, ritengo che sia necessario valuta-
re in che misura la mia ipotesi di ricerca è stata o meno falsificata.
L’ipotesi era stata formulata con l’intento di evidenziare il ruolo della narra-
zione e delle situazioni a-didattiche come strumenti utili nell’apprendimento
della frazioni.
Sulla base dei dati raccolti dal questionario iniziale e finale somministrati al
gruppo sperimentale e da quelli provenienti dal gruppo di controllo si evince
(grafico 17) che vi è stato un miglioramento nell’apprendimento delle frazioni a
seguito della sperimentazione che ha visto l’uso combinato di narrazione e di
situazioni a-didattiche.
0
25
50
75
100
A B C D E G H I
Grafico 17
QUESTIONARIO INIZIALE QUESTIONARIO FINALEGRUPPO DI CONTROLLO
112
Prendendo avvio dall’idea che entrambe facilitano un apprendimento attivo e
incentivano la comprensione, il coinvolgimento emotivo e motivazionale degli
alunni, occorre dunque sfruttarne le potenzialità in ambito didattico, in modo
da dare vita ad uno stile di insegnamento/apprendimento originale e creativo
che consenta, sia di avvicinarsi al mondo dei bambini, sia di dare un impianto
narrativo al percorso educativo (Nanni, 1996).
Punti di forza e punti di debolezzaA conclusione del percorso sperimentale posso affermare che è stata un'espe-
rienza significativa e gratificante sia per me che per i bambini. La ricerca ha
consentito e favorito l’avvicinamento alla conoscenza in modo critico e la pro-
blematizzazione della realtà al fine di una migliore comprensione della stessa.
L’uso della narrazione ha consentito una scansione dei tempi permettendo di
inserire la matematica in un contesto significativo storicizzato.
La curiosità, opportunamente stimolata dalla narrazione, è stata la spinta che
ha favorito l’azione e, di conseguenza, l’apprendimento e il consolidamento dei
concetti matematici.
L’errore è stato vissuto come elemento di riflessione e ulteriore spinta verso
nuove strategie di risoluzione. Altro elemento fondante dell’attività è stata la di-
scussione, sia nei piccoli gruppi, ossia tra i componenti delle squadre, che nel
gruppo classe, tra pari e con l’insegnante, in cui gli allievi si sono impegnati a
sostenere le strategie risolutive ipotizzate giustificandole e argomentandole.
La ricerca, inoltre, ha incrementato la motivazione, l’interesse, l’attenzione e
la curiosità degli allievi. Ha anche migliorato la qualità del sistema scolastico, in
quanto ha permesso di trovare soluzioni pedagogiche e didattiche nuove alle
problematiche emergenti non perdendo di vista l’idea di una scuola come luogo
di sperimentazione nella quale i bambini si mettono in gioco in prima persona e
conquistano gli strumenti culturali necessari per la propria crescita.
Il dato emerso, però, non consente di generalizzare il risultato a causa del
numero ristretto di bambini coinvolti nella sperimentazione.
113
Questioni aperte:Nell’ottica del miglioramento, ritengo sia importante mettere in evidenza al-
cune questioni aperte che possono fungere da ipoptesi per eventuali ricerche
successive.
Sarebbe stato interessante esaminare separatamente il ruolo di ciascuna variabile sperimentale "narrazione e situazioni a!didattiche#. Ciò sarebbe stato possibile inse!
rendo uno strumento che permettesse il confronto tra la prima parte della speri!
mentazione, in cui era presente solo la narrazione e le attività erano strutturate nel!
la forma di situazioni didattiche, e la seconda parte in cui invece la narrazione stessa
prevedeva il coinvolgimento diretto degli allievi in situazioni a!didattiche. Purtrop!po ciò non è stato possibile a causa del tempo a disposizione.
Altrettanto interessante sarebbe stato indagare gli e$etti dell’uso della narrazio!
ne e delle situazioni a!didattiche in soggetti di culture diverse.
Ciò sottolinea il carattere non esaustivo della ricerca, la quale non ha la pre-
tesa di aver fornito contributi significativi alla ricerca, ma si pone come occasio-
ne per riflettere e approfondire aspetti teorici rilevanti, raccogliendo diverse
prospettive che favoriscono una più ampia visione del fenomeno.
114
CONCLUSIONE
Il percorso di studio e di ricerca che mi ha condotto alla realizzazione di que-
sto lavoro è stato occasione preziosa per “mettermi in gioco” sia come profes-
sionista che come persona. Guardare attraverso gli occhi della consapevolezza la
complessità del fenomeno educativo, determinata da un gran numero di variabi-
li che reciprocamente si influenzano ed in continuazione si riorganizzano, dando
origine a forme nuove, mi ha permesso di ripensare il mio ruolo di futura inse-
gnante e di collocarlo all’interno di un contesto più ampio e complesso.
Un insegnamento prezioso che mi porto dentro dopo questa esperienza e spe-
rimentazione è che un bravo insegnante non è solo colui che pensa, progetta e
mette in atto situazioni stimolanti ed utili per un apprendimento efficace e si-
gnificativo, ma è innanzitutto colui che, non considerando l’alunno come una
semplice “tabula rasa” su cui scrivere le proprie nozioni sterili ed aride, si lascia
trasportare da una relazione bidirezionale (e non unidirezionale) che permette
ad entrambi i protagonisti del processo educativo di essere e diventare migliori.
115
116
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122
ALLEGATI
123
SITUAZIONE DIDATTICA 1 - “FALEGNAME”
S1 S2 S3 S4 S5 S6 S7 S8 S9
A
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1 2 1 8 1 3 1
S1 S2 S3 S4 S5 S6 S7
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1
1
0 1 0 5 5 5 1
124
SITUAZIONE DIDATTICA 2 - “FORNAI”
S1 S2 S3 S4 S5 S6 S7 S8 S9 S10 S11 S12 S13 S14 S15 S16
A
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1 1 1 7 5 2 1 1
125
SITUAZIONE DIDATTICA 3 - “CUOCHI”
S1 S2 S3 S4 S5 S6 S7 S8 S9 S10
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1
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1
7 0 2 4 5 1 0 0 0 1 1 0 2 4 6 1 1 1 4 1
126
SITUAZIONE A-DIDATTICA - “SARTI”
S1 S2 S3 S4 S5
ROSSI
GIALLI
VERDI
AZZURRI
1
1
1
1
3 1
SITUAZIONE A-DIDATTICA - “INGAGGIO”
S1 S2 S3 S4 S5 S6 S7 S8
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1
3 2 2 7 0 1 3 0
127
SITUAZIONE A-DIDATTICA - “CARTE IN ORDINE”
S1 S2 S3 S4 S5 S6 S7 S8 S9 S10
S11
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S13
S14
S15
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1 0 0 1 0 0 8 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 4 0 1
128
SITUAZIONE A-DIDATTICA - “NUMERI COMPRESI”
S1 S2 S3 S4
A
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7 6 5 0
129
SITUAZIONE A-DIDATTICA - “VINCE IL PIÙ PICCOLO”
S1 S2 S3 S4 S5
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1
1
1
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1
1 1
1
8 0 5 6 0
130
SITUAZIONE A-DIDATTICA - “TOMBOLA”
S1 S2 S3 S4 S5 S6
A
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I
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1 1 1 1 1 1
1 1 1 1 1
1 1 1 1 1
1 1
18 12 8 10 12 18
131
Questionario A: Di&coltà ne! ’ordinar"INIZIALE
S
1
S
2
S
3
S
4
S
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S
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S
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S
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S
1
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S
1
8
S
1
9
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0
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1
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2
S
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5
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2
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2
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1 1 1
1 1 1 1
1 1 1 1 1
1 1 1 1
1 1 1 1
1 1 1 1
1 1 1 1
1 1 1 1
1 1 1 1
1 1 1 1
1 1 1 1
1 1 1 1 1
1 1 1
1 1 1 1
1 1 1
1 1 1
1 1 1 1
0 2 1 1 0 3 0 0 0 2 2 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0 0 100 0 2 4 134 3 9 2 1 3 1 2
132
FINALE
S
1
S
2
S
3
S
4
S
5
S
6
S
7
S
8
S
9
S
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0
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1
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2
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2
S
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3
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1 1 1 1
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1 1 1
1 1 1
1 1 1
1 1 1 1
1 1 1
1 1 1
1 1 1
0 0 3 0 7 0 0 0 0 101 0 0 0 0 130 0 0 0 0 1 0 0 3 0 0 0 0 5 2 0 2 0 0 0 0 0
133
Questionario B: Di&coltà ne!e operazioni
INIZIALE
S
1
S
2
S
3
S
4
S
5
S
6
S
7
S
8
S
9
S
1
0
S
1
1
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2
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1
3
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5
S
1
6
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7
S
1
8
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1
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2
0
S
2
1
S
2
2
S
2
3
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2
4
S
2
5
S
2
6
S
2
7
S
2
8
S
2
9
S
3
0
S
3
1
S
3
2
S
3
3
S
3
4
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5
S
3
6
S
3
7
S
3
8
S
3
9
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0
S
4
1
S
4
2
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1
S
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2
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1 1 1 1 1
1 1 1 1
1 1 1 1 1 1
1
1 1 1 1 1
1 1 1
1 1 1 1 1
1 1 1 1
1 1 1 1
1 1 1 1
1 1 1 1
1
130 0 0 0 0 1 0 111 0 0 0 3 4 0 0 0 1 9 3 0 0 0 0 0 0 0 0 8 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 4 1 0 1 1 1
134
FINALE
S
1
S
2
S
3
S
4
S
5
S
6
S
7
S
8
S
9
S
1
0
S
1
1
S
1
2
S
1
3
S
1
4
S
1
5
S
1
6
S
1
7
S
1
8
S
1
9
S
2
0
S
2
1
S
2
2
S
2
3
S
2
4
S
2
5
S
2
6
S
2
7
S
2
8
S
2
9
S
3
0
S
3
1
S
3
2
S
3
3
S
3
4
S
3
5
S
3
6
S
3
7
S
3
8
S
3
9
S
4
0
S
4
1
S
4
2
S
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1
S
N
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2
S
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3
S
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4
S
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5
S
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6
S
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7
S
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A
B
C
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1 1 1 1
1 1 1 1
1 1 1 1
1 1 1 1 1 1
1 1 1 1
1 1 1 1 1
1 1 1 1
1 1 1
1 1 1
1 1 1
1 1 1 1
1 1 1 1
1 1 1 1
110 0 0 0 0 3 0 121 0 0 0 2 3 0 0 0 1 103 0 0 0 0 0 0 1 0 8 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
135
Questionario C: Di&coltà nel riconoscere gli schemi
INIZIALE
S1 S2 S3S4 S5 S6S7 S8 S9 S1
0
S1
1
S1
2
SNP
1
SN
P2
SN
P3
SN
P4
SN
P5
SN
P6
A
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C
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1 1
1 1
1 1
1 1 1
1 1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1 1
1 1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1 1
1 1 1
5 2 6 3 2 7 5 3 3 0 0 0 1 1 1 1 1 1
136
FINALE
S1 S2 S3S4 S5 S6S7 S8 S9 S1
0
S1
1
S1
2
SNP
1
SN
P2
SN
P3
SN
P4
SN
P5
SN
P6
A
B
C
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I
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1 1
1 1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
AssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssente
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1 1
1 1 1
AssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssente
AssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssente
10 1 2 1 0 11 0 1 0 0 3 0 2 0 0 0 0 0
137
Questionario D: Di&coltà nel gestire l'a%ettivo ugual"
INIZIALE
S1 S2 S3 S4 S5 S6 S7 S8 S9 S10 S11 S12 S13 S14 S15
A
B
C
D
E
F
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I
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1 1 1
1 1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
2 1 8 1 6 1 16 0 1 0 0 0 0 0 0
138
FINALE
S1 S2 S3 S4 S5 S6 S7 S8 S9 S10 S11 S12 S13 S14 S15
A
B
C
D
E
F
G
H
I
J
K
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Q
R
TOTALE
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
AssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssente
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
AssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssente
AssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssente
0 0 12 0 2 0 14 0 0 0 0 0 0 0 0
139
Questionario E: Di&coltà nel gestire l’equivalenza
INIZIALE
S
1
S
2
S
3
S
4
S
5
S
6
S
7
S
8
S
9
S1
0
S1
1
S1
2
S1
3
S
14
S1
5
S1
6
S1
7
S1
8
S
19
S2
0
S2
1
S2
2
S2
3
SN
P1
SN
P2
SN
P3
SN
P4
A
B
C
D
E
F
G
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I
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K
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1 1
1 1
1 1
1 1 1
1 1
1 1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1 1
1 1 1
1 1 1
1 1 1
1 1 1 1
1 1 1
3 0 4 4 0 1 5 1 0 5 0 7 0 2 0 0 0 0 0 0 1 0 0 3 4 1 2
140
FINALE
S
1
S
2
S
3
S
4
S
5
S
6
S
7
S
8
S
9
S1
0
S1
1
S1
2
S1
3
S
14
S1
5
S1
6
S1
7
S1
8
S
19
S2
0
S2
1
S2
2
S2
3
SN
P1
SN
P2
SN
P3
SN
P4
A
B
C
D
E
F
G
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1 1 1
1 1 1
1 1
1 1 1
1 1 1
1 1 1
1 1
AssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssente
1 1
1 1
1 1 1
1 1
1 1 1
1 1 1
1 1 1
AssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssente
AssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssente
110 0 0 0 0 3 0 0 0 1 8 0 2 2 10 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
141
Questionario G: Di&coltà nel gestire figure non standard
INIZIALE
S1S2S3S4 S5S6S7 S8 S9 S1
0
S1
1
S1
2
S1
3
S1
4
S1
5
S1
6
S1
7
S1
8
S1
9
SN
P1
SN
P2
A
B
C
D
E
F
G
H
I
J
K
L
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N
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TOTALE
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
8 1 0 0 0 6 0 6 0 1 4 0 0 0 0 0 0 1 0 1 2
142
FINALE
S1S2S3S4 S5S6S7 S8 S9 S1
0
S1
1
S1
2
S1
3
S1
4
S1
5
S1
6
S1
7
S1
8
S1
9
SN
P1
SN
P2
A
B
C
D
E
F
G
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I
J
K
L
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P
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TOTALE
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
14 0 0 0 0 0 0 0 8 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3
143
Questionario H: Di&coltà nel passare da una $azione al#l’unità che l’ha generata
INIZIALE
S1S2S3S4 S5S6S7 S8 S9 S1
0
S1
1
S1
2
S1
3
S1
4
S1
5
S1
6
S1
7
S1
8
SN
P1
SN
P2
SN
P3
A
B
C
D
E
F
G
H
I
J
K
L
M
N
O
P
Q
R
TOTALE
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1 1
1 1 1 1
4 4 3 0 0 1 0 6 0 0 8 1 1 0 0 0 0 0 1 1 3
144
FINALE
S1S2S3S4 S5S6S7 S8 S9 S1
0
S1
1
S1
2
S1
3
S1
4
S1
5
S1
6
S1
7
S1
8
SN
P1
SN
P2
SN
P3
A
B
C
D
E
F
G
H
I
J
K
L
M
N
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P
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TOTALE
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
AssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssente
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
AssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssente
AssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssente
10 4 0 0 0 0 0 5 1 0 7 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0
145
Questionario I: Di&coltà nel gestire autonomamente schemi o figur"
INIZIALE
S1 S2 S3 S4 S5 S6 S7 S8 S9 S10 S11 S12 S13 SNP1
A
B
C
D
E
F
G
H
I
J
K
L
M
N
O
P
Q
R
TOTALE
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1
1 1 1
1 1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
3 0 6 6 1 9 1 0 2 0 1 0 2 2
146
FINALE
S1 S2 S3 S4 S5 S6 S7 S8 S9 S10 S11 S12 S13 SNP1
A
B
C
D
E
F
G
H
I
J
K
L
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N
O
P
Q
R
TOTALE
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
AssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssente
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
1 1
AssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssente
AssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssenteAssente
7 2 3 2 0 11 0 2 0 1 0 0 0 0
147