Il rosso n4

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SOMMARIO PERIODICO A CURA DEI DELEGATI FIOM G.D FONDATO NEL 2009 PERIODICO A CURA DEI DELEGATI FIOM G.D FONDATO NEL 2009 4° NUMERO NOVEMBRE 2009 4° NUMERO NOVEMBRE 2009 NUMERI UTILI Sede territoriale FIOM-CGIL Santa Viola, via del Giglio7 Bologna Tel. 051-3145211 Fax 051-3145222 Uff. Segreteria FIOM-CGIL Via Marconi 69 Tel. 051-248210 Fax 051-251564 Per la posta de “Uomo libero, tu amerai sempre il mare! Perché il mare è il tuo specchio..” C.B. Giovanna Aquila “Iniziative con sciopero Pag.7 del 15/16 ottobre” Mirko Simili e Sandro Roncarati “La dittatura di una minoranza” Pag.8 Andrea Felisatti “La coscienza dello scioperante” Pag.10 Valeria Frascari “FIOM-CGIL Bologna e Pag.12 IG METALL Esslingen, discutono la crisi in atto” Matteo Garavini e Fabrizio Torri “La rabbia operaia non è solo Lega” Pag.17 Articolo del quotidiano “GLI ALTRI” IlRosso: Pag.2 Rosso: Pag.2 Rosso: Pag.2 La posta de Il Rosso Rosso Rosso Da questo numero, il ROSSO, dedica uno spazio alle mail che i lettori vorranno inviarci. Per ricevere risposte e condividere notizie sul mondo G.D e non. Per ogni numero verranno selezionate le mail più interessanti. [email protected] [email protected] [email protected] http://digilander.libero.it/fiomgd http://digilander.libero.it/fiomgd http://digilander.libero.it/fiomgd Scrivete a: IL ROSSO lo trovi anche su internet, sul sito dei delegati FIOM-G.D IL ROSSO IL ROSSO Pag.1

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SOMMARIO

PERIODICO A CURA DEI DELEGATI FIOM G.D FONDATO NEL 2009PERIODICO A CURA DEI DELEGATI FIOM G.D FONDATO NEL 20094° NUMERO NOVEMBRE 20094° NUMERO NOVEMBRE 2009

NUMERI UTILISede territoriale FIOM-CGIL

Santa Viola, via del Giglio7 Bologna

Tel. 051-3145211

Fax 051-3145222

Uff. Segreteria FIOM-CGIL

Via Marconi 69

Tel. 051-248210

Fax 051-251564

Per la posta de “Uomo libero, tu amerai sempre il mare!

Perché il mare è il tuo specchio..” C.B.

Giovanna Aquila

“Iniziative con sciopero Pag.7

del 15/16 ottobre”

Mirko Simili e Sandro Roncarati

“La dittatura di una minoranza” Pag.8

Andrea Felisatti

“La coscienza dello scioperante” Pag.10 Valeria Frascari

“FIOM-CGIL Bologna e Pag.12 IG METALL Esslingen, discutono

la crisi in atto” Matteo Garavini e Fabrizio Torri

“La rabbia operaia non è solo Lega” Pag.17 Articolo del quotidiano “GLI ALTRI”

IlRosso: Pag.2Rosso: Pag.2Rosso: Pag.2La posta de Il RossoRossoRosso

Da questo numero, il ROSSO, dedica

uno spazio alle mail che i lettori

vorranno inviarci. Per ricevere

risposte e condividere notizie sul

mondo G.D e non. Per ogni numero

verranno selezionate le mail più

interessanti.

[email protected][email protected][email protected]

http://digilander.libero.it/fiomgdhttp://digilander.libero.it/fiomgdhttp://digilander.libero.it/fiomgd

Scrivete a:

IL ROSSO lo trovi anche su internet,

sul sito dei delegati FIOM-G.D

IL ROSSOIL ROSSO

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La posta de “Il Rosso”:

“Uomo libero, tu amerai sempre il mare! Perché il mare è il tuo specchio..” C Baudelaire

Il 24 Ottobre scorso ad Amantea, in Calabria, circa

35000 persone scendono in piazza, sfidando le

cosche, per urlare al mondo intero: “AFFONDIAMO LA

'NDRANGHETA ED I POTERI COLLUSI (che ci

privano anche del diritto alla salute in terra e in

mare)!!!”

Il 27 Ottobre lo Stato risponde: “Il caso è chiuso”.

Ebbene ci dispiace! Il caso, invece, non è affatto

chiuso!

Occorre tornare indietro di qualche mese per

comprendere meglio le cose.

Occorre definire quali siano stati i contorni di questa

vicenda e provare a capire in quale contesto sia

maturato il sentimento che ha portato ad una

manifestazione così imponente per la Calabria.

Occorre andare al 12 Settembre 2009.

Quel giorno nei fondali al largo di Cetraro viene localizzata un’imbarcazione. C’è un filmato,

realizzato dalla Procura di Paola, in cui si distingue chiaramente il relitto. Uno squarcio a prua fa

intuire che fu un'esplosione a provocarne l’affondamento. Alcuni fusti, filmati anch’essi dal robot

messo a disposizione dalla Procura, fanno pensare che possa trattarsi di una “nave dei veleni”.

Una come la Rigel, per intenderci: il mercantile che si inabissò fino a 1000 metri di profondità 20

miglia a sud di Reggio Calabria, a Capo Spartivento, nel 1987. C'è una sentenza a riguardo -

emessa dal Tribunale di La Spezia il 20 Marzo del '95, confermata successivamente in Appello nel

'99 e resa definitiva in Cassazione nel 2001 – che ne stabilisce il naufragio doloso. Lo stesso

armatore e parte dell'equipaggio, all'epoca, furono condannati per truffa all’assicurazione (Lloyd's).

Non solo. Fu appurato, nel corso dell'inchiesta, che l'ispezione del carico della nave dal porto di

partenza di Marina di Carrara non fu mai effettuata grazie alla corruzione del funzionario doganale

incaricato. Ed inoltre, venne accertato che la merce dichiarata ufficialmente in stiva, in realtà, non

salì mai a bordo.

Ma se “anomala” - a dir poco - può apparire ai nostri occhi questa vicenda, senza timore dico

inquietanti le analogie tra l'affondamento della Rigel ed altri affondamenti di motonavi avvenuti

lungo le nostre coste.

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Le navi a perdere.

Portano tutte nomi bellissimi - Elbe, Sofia,

Athina R, Zafir... - e pieni di fascino - Rigel è la

stella più luminosa di Orione. A volte portano

dei nomi importanti, incuranti delle storie di

ombre, corruzione e delitti che si trascinano

dietro. Marco Polo è la nave affondata nel '93

nel canale di Sicilia. Lungo la rotta per

Alessandria d'Egitto, l'equipaggio “perse” alcuni

container, ritrovati successivamente al largo

delle coste campane, pieni di torio 234 (che è

l'elemento ottenuto dal decadimento dell'uranio

238; si chiama uranio impoverito). C'è poi

l'Alessandro 1, affondata in circostanze

misteriose a 20 miglia da Molfetta (Bari).

Trasportava scarti di lavorazione del petrolio

targati Enichem che solo in parte vennero

recuperati.

C'è ancora la Korabi Durres alla quale nel Marzo del 1994 fu negato l'ingresso nel porto di Palermo

perché alcuni controlli effettuati a bordo ed in stiva dalla Capitaneria di Porto rilevarono tracce di

radioattività in misura superiore ai limiti consentiti dalla legge.

Salvo poi, a distanza di una settimana, ritornare “pulita” ai nuovi controlli dopo essere transitata nei

pressi di Badolato ed aver smaltito alcuni container, come riferiscono diversi testimoni alle Procure.

Potrei ancora raccontare della Panayota, affondata a Pianosa; della Barbara, affondata in Grecia;

della Nicos 1, sparita; della ASO, affondata a Locri; della Eden V al largo delle coste di Lesina;

della motonave Anni, affondata in Alto Adriatico...

Sulla questione delle navi a perdere fu aperta un'importante inchiesta nel '94, condotta dal

Procuratore di Reggio Calabria Francesco Neri e, tra gli altri, dal Capitano di Vascello Natale De

Grazia. Durante le indagini, e più precisamente durante la perquisizione da parte di De Grazia

della villa dell’industriale Giorgio Comerio a Garlasco fu ritrovata un’agenda che, alla data esatta

dell’affondamento della Rigel, riportava un appunto. Nell’appunto è scritto: LOST THE SHIP. La

nave è affondata! Pagina dell’agenda del Sig. Comerio: 21 Settembre ‘87.

La Rigel trasportava rifiuti tossici… e a 1000 metri di profondità, negli abissi marini, si può

nascondere di tutto. Soprattutto nel 1987!

Ma la perquisizione di De Grazia fu molto interessante per diversi altri aspetti. Quell’abitazione si

rivelò un vero e proprio cappello magico. Fu rinvenuto per esempio nella stessa circostanza anche

il certificato di morte di Ilaria Alpi. Proprio quello misteriosamente scomparso nel nulla già all’inizio

delle indagini relative all’omicidio della giornalista (che fu assassinata, ricordo, insieme

all'operatore Miran Hrovatin mentre si occupava del traffico di rifiuti e armi in Somalia). Che

strano…

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E poi ancora quelle cartelle, piene di copie di

fax spediti dalla Lombardia ai capi fazione di

alcuni Stati Africani che documentano

spostamenti di capitali, di armi, tangenti,

appunto “strani traffici”.

L’inchiesta di De Grazia e del Procuratore Neri

mise in evidenza che esisteva una relazione

molto stretta tra diversi affondamenti sospetti,

avvenuti negli anni ‘80 e ‘90, e lo smaltimento

illegale di scorie tossiche e radioattive. Mise in

luce che doveva esserci un legame profondo,

un interesse comune tra “affondatori di navi” e

“produttori di scorie”. Tra 'ndrangheta, camorra,

cosa nostra e imprese bisognose di smaltire al

più presto gli scarti più scomodi di produzione

magari avvalendosi della connivenza di

apparati corrotti delle istituzioni. Si intuì in

sostanza, dietro certi affondamenti, un sistema

perverso, fatto di mafie, imprenditori e servizi

segreti deviati a copertura di questi traffici

illegali.

Ma torniamo alla nave di Cetraro, che la Procura di Paola ha filmato in Settembre con il supporto

della Regione Calabria.

I fatti: è metà Maggio quando Fonti, pentito di ‘ndrangheta, si autoaccusa dell’affondamento di

alcune imbarcazioni cariche di rifiuti tossici e radioattivi in mare. Parla di tre siti in particolare. Uno

di questi si trova al largo di Cetraro. La nave affondata, a suo dire, si chiama Cunsky. Certo Fonti

è un pentito di ‘ndrangheta e un pentito di ‘ndrangheta è per definizione inattendibile. D'altra parte

però nella sede della Procura è in corso da diverse settimane l'indagine sull'indecifrabile quanto

eccezionale aumento dell'incidenza di malattie tumorali nelle zone di Serra d'Aiello e Aiello

Calabro. In quest'area non ci sono aziende inquinanti. In quest'area non ci sono proprio aziende.

Eppure le analisi effettuate a più riprese dai tecnici incaricati dalla Procura hanno rilevato la

presenza di cesio 137 e radioattività al di sopra della media consentita. Quì la popolazione da anni

parla di rifiuti tossici, di inquinamento ambientale e... di barili e fusti interrati in zona e provenienti

dalla stiva di una nave. Ancora una volta. Una nave. E' il 1990, Dicembre, quando avviene lo

spiaggiamento della Jolly Rosso. Nave dei veleni, nave a perdere. Arenata solo perché qualcosa è

andato storto durante le operazioni di affondamento messe in atto da chissà chi.

Uno squarcio in stiva, di forma perfettamente squadrata, doveva provocarne l'affondamento al

largo di Vibo Valentia, ma inaspettatamente la nave resta a galla e viaggia senza equipaggio fino

alle coste di Amantea, dove appunto si arena… Amantea dista pochi km dalla valle dell'Oliva. E

ora dopo circa 20 anni da quell'evento la gente comincia a morire.

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Settembre 2009. La Procura di Paola e la Regione Calabria decidono di controllare, indagare e

andare a fondo alla questione del traffico illegale di rifiuti tossici e radioattivi, che distrugge le

persone, la loro terra e il loro mare. Procedono immediatamente alla caratterizzazione delle

sostanze rinvenute nella Valle dell'Oliva e avviano le ricerche in mare, nel punto indicato da Fonti.

Qui, alle coordinate 39°28'50”N e 15°41'E, un sonar prima, un ROV poi individuano un relitto che

potrebbe essere il Cunsky. Intanto a Crotone un'altra inchiesta rivela come 350 mila tonnellate di

rifiuti tossici, provenienti dallo stabilimento industriale Pertusola, siano state utilizzate per la

costruzione di ospedali, strade, parcheggi, ...scuole. E le analisi condotte su un campione di 290

bambini rivelano la presenza di sostanze come cadmio, nichel, arsenico nel loro sangue...

I figli di Crotone sono malati. O muoiono nei campetti di calcio uccisi da proiettili vaganti sparati da

libere bande armate. E tutto questo, incredibile, succede in Italia - il Paese dei vari G8, la settima

potenza industriale del pianeta, ma soprattutto un Paese che si riconosce pienamente nei valori

dell’Occidente e se ne fa addirittura promotore! Ebbene, il fatto che in Italia ci siano territori gestiti,

o meglio governati, dalla mafia, che ha potere di vita e di morte sulle persone, sui bambini, non ha

nulla a che vedere con i valori di civiltà del mondo occidentale.

E' così, è in questa atmosfera che arriviamo alla manifestazione del 24 di Ottobre, preceduta tra

l'altro dalla manifestazione di Crotone del 3 dello stesso mese. Stanchi e arrabbiati. Soprattutto

arrabbiati! Ci dichiariamo apertamente ostili alle mafie, che per generazioni ci hanno privato di

dignità, libertà e adesso anche del diritto alla salute. Ostili a mafie e mafiosi che hanno fatto

scempio di quell'immenso patrimonio naturale in cui dovrebbero svolgersi timidamente, in punta di

piedi, le nostre vite. Nella manifestazione chiediamo la presenza dello Stato al nostro fianco,

consapevoli di combattere una battaglia per l'Italia intera, afflitta nella totalità del suo territorio dalle

attività illecite delle non troppo fantomatiche mafie ed ecomafie.

Ebbene lo Stato risponde: il caso è chiuso. Perché la nave al largo di Cetraro non si chiama

Cunsky ma Catania! Non dovrei aggiungere parole…. E’ tutto fin troppo evidente.

Ci dispiace caro Stato, ma la risposta non sposa la domanda! Non ti è stato chiesto di risolvere

l'anarebus per poi chiudere il giornale e rimetterci a dormire. Ti è stato chiesto di combattere la

'ndrangheta con noi e per noi. E con la ‘ndrangheta tutte le mafie, colpevoli di renderti asservito a

quelle logiche di potere verso le quali sei costretto, tu come noi, a chinare miseramente il capo.

“Il caso è chiuso” non soddisfa affatto la nostra volontà di riscatto. E ancora una volta ai nostri

occhi appari assente e impreparato, o forse meglio... inadeguato.

Del resto un’Italia senza mafia fa paura. Combatterla concretamente può voler dire stravolgere

quel sistema di valori su cui ti tieni in piedi; può voler dire turbare profondamente gli equilibri

stabiliti. Può voler dire sconvolgere completamente l’attuale assetto economico, sociale e politico

dell’intero Paese. Rimettersi daccapo a rifare tutto!

Un’Italia senza mafia è un’Italia con un Sud che finalmente vive e crea ricchezza. Ma a questo

purtroppo non siamo ancora pronti.

Visto da Milano, da Bergamo, da Padova, il Meridione sembra così distante. Qui ci sentiamo sicuri,

lontani dalle mafie come dalle navi dei veleni affondate lungo le coste calabresi.

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Illusioni. Perché la mafia è qui da tempo. E perché la malattia di quelle acque, così lontane, mette

in pericolo anche la salute di chi vive un po' più in là, a Nord. Le navi affondate hanno un cuore

pulsante e marcio, che rischia di provocare una catastrofe ecologica di proporzioni spaventose in

tutto il Mediterraneo. Con gravissime conseguenze sulla salute di tutti noi. Esse violano splendidi

fondali in diversi punti intorno alle coste della nostra penisola e rappresentano una fonte di

inquinamento ”biodisponibile a rilascio continuo" secondo gli scienziati. Sarà l'inevitabile corrosione

dei fusti e delle cisterne a provocare la dispersione dei veleni. Sostanze insidiose alla portata di

tutti uomini o donne, siciliani o toscani, adulti o bambini; arriveranno sulle nostre tavole,

rovineranno le nostre estati. E' un senso di perdita e di sconfitta. E' l'amara consapevolezza di un

mondo decadente e squallido che CANCELLA il senso di libertà che si ha nell'anima talvolta anche

solo guardando il mare.

Possiamo veramente voltarci dall’altra parte e sentirci estranei? Uomo libero, tu amerai sempre il

mare. Perché il mare è il tuo specchio…

Condivido la battaglia dell'assessore all'Ambiente della mia Regione, Silvio Greco, che ha richiesto

trasparenza sulle indagini relative ai relitti affondati, ed eventualmente la bonifica delle acque. C'E'

POCO DA DIRE. Ogni morte di tumore in meno ripagherà il prezzo ed il costo delle operazioni di

recupero. Si tratta di un investimento per la salute delle generazioni future. Forse anche della

nostra. Difendo la gente onesta del Sud che non ha sconti dalla vita e che combatte

quotidianamente una battaglia maledettamente impari.

Vorrei che venissero individuati e recuperati i barili scomparsi della Jolly Rosso arenata ad

Amantea, smaltiti sotto terra e causa di tante, troppe morti innocenti.

Vorrei che venissero a galla le cause del misterioso ritardo dei soccorsi alla Moby Prince (140

morti).

Vorrei tanto sapere come mai Ilaria Alpi e Miran Hrovatin siano stati trucidati.

Vorrei magari sapere di che malore è morto nel '95 il capitano De Grazia mentre andava a La

Spezia per ottenere prove.

NON VORREI MAI rendermi complice di Sismi, malavita e di qualche maledetto imprenditore

tacendo e seppellendo questa storia alla mia coscienza. insieme alle scorie.

Foto della manifestazione che si è tenuta ad Amantea alla quale Giovanna ha partecipato.Ricordiamo anche il sito www.quotidianodellacalabria.it, sul quale potrete rivendicare il diritto ad una Calabria libera da scorie aderendo alla petizione.

Giovanna Aquila

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INIZIATIVE CON SCIOPERODEL 15/16 OTTOBRE

INIZIATIVE CON SCIOPERODEL 15/16 OTTOBRE

Dopo la firma separata del CCNL (contratto collettivo nazionale di lavoro )

da parte di FIM- UILM e Confindustria, avvenuta nella mattinata del 15 ottobre, la notizia si è diffusa

velocemente tra i lavoratori. Qualche ora dopo in G.D. 1 contemporaneamente alla decisione della

necessità di un’ora di sciopero da parte dei delegati FIOM, abbiamo constatato la rabbia e lo sconcerto

tra i lavoratori e la voglia di manifestare contro l’accaduto.Questo desiderio di riscatto nato nelle aree

produttive per poi espandersi in tutta la G.D. Vista la reattività spontanea dei lavoratori, nel primo

pomeriggio dopo il fischio dello sciopero, è stata convocata un’assemblea in mensa per fare il punto

della situazione e andare poi insieme davanti al cancello di Via Battindarno in segno di protesta.

La giornata seguente con un’ora di sciopero, ha visto coinvolti i lavoratori del polo d’Anzola, dove nella

mattinata dopo aver attraversato con cortei gli stabilimenti di G.D. 2-3-5, convogliandoli tutti sulla Via

Emilia, dove ci attendevano i lavoratori della Carpiggiani che unendosi a noi, ha formato un consistente

gruppo di manifestanti armati di fischietti e bandiere della FIOM.

A quel punto abbiamo messo in atto così come in Via Battindarno, “la strategia della lumaca” che

consiste nell’attraversare le strisce pedonali ripetutamente senza fretta.

Da queste iniziative è emersa chiaramente la gran voglia dei lavoratori di andare avanti per riavere il

contratto tolto loro con l’inganno.

Manifestando contro quei pochi che si sono permessi di firmare, ricordando loro, attraverso anche

l’intervista rilasciata ai media presenti che il contratto nazionale è di tutti i metalmeccanici e non solo di

una minoranza, infatti, in quelle giornate in tutta Italia nelle aziende del settore, si sono mobilitati i

lavoratori con iniziative spontanee per far valere i loro diritti. Le organizzazioni firmatarie avrebbero

dovuto agire in modo responsabile, come si fa in un paese che si ritiene democratico, basato sul

rispetto della democrazia e della giustizia attraverso il rispetto delle regole.

Riteniamo che solo attraverso il referendum da sottoporre a tutti i lavoratori, si possa garantire il diritto

di decidere il proprio contratto, senza imposizioni.

Lavoratori uniamoci per una giusta causa

l’unione fa la forza.

Mirko Simili Sandro Roncarati

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LA DITTATURA DI UNA MINORANZAEbbene cari lavoratori e care lavoratrici,il

piatto è servito. Il riferimento non riguarda il

famoso programma televisivo degli oramai

lontani anni 80', ma bensì ha a che fare con

il piatto che ci è stato cucinato da cuochi

scadenti ( confindustria – federmeccanica )

e servito da camerieri affiliati ( cisl-fim e uil-

uilm ). In un periodo dove la fame è tanta e

il cibo scarseggia. Perchè ho cominciato il

mio scritto con una metafora culinaria?

Perchè la preparazione ebbe inizio qualche

tempo fà con la famosa cena carbonara, tra

il premier nostrano ed i due

accondiscendenti segretari di cisl e uil.

Ricordate? prima arrivarono le smentite, poi le conferme. In quel periodo già si discuteva

con ardore di una riforma del CCNL, quello nato nel 1993 era oramai obsoleto, si diceva,

bisognava modernizzare, renderlo più "compatibile ai nostri giorni". Chissà se i nostri tre

eroi, tra una portata e l'altra, disquisivano amichevolmente di come rendere inoffensivo il

CCNL? Chi lo sa ? Stà di fatto che a Gennaio 2009, stranamente le nuove linee guida

della contro riforma del modello contrattuale sono andate in porto con la complicità di

cuochi e camerieri. La contro riforma prevede lo spostamento del baricentro del CCNL, ad

una contrattazione di secondo livello, vincolata alla sempre più spinta produttività, cioè ad

una reintroduzione del cottimo mascherato. Pone poi il sindacato ad un ruolo di appendice

delle imprese, snaturando la natura del sindacato stesso che e' la tutela del lavoro. Una

contro riforma inaccettabile perchè svuota il CCNL dal suo collante più forte, quello del

patto di solidarietà tra tutti i lavoratori del paese e crea divisioni territoriali introducendo

nuovamente le gabbie salariali. Ed inoltre non può essere assolutamente votato dai

lavoratori tutti, ma solo dagli iscritti dei sindacati firmatari. E la CGIL? La CGIL non ci stà,

così non va bene, sopratutto nel periodo della crisi. E propone: diamo una mano ai

lavoratori ad uscire dalla crisi, poi alla scadenza naturale del CCNL ne parliamo. Ma

chiaramente i soliti comunisti fanno politica e sanno dire sempre NIET!! La dolce

Marcegaglia dice: "gli accordi si fanno con chi ci sta" e siccome la CGIL non ci stà, il

problema si è auto risolto. Fuori la CGIL e dentro gli affiliati, i quali pur di mantenere una

corsia preferenziale con governo e confindustria, arrivano a disdettare il contratto

nazionale dei metalmeccanici in scadenza nel 2011.

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Andrea Felisatti

Neanche federmeccanica è arrivata a tanto, ma gli affari sono affari, avranno pensato gli

affiliati! La disdetta del contratto è un atto di arroganza verso tutti i lavoratori invece pensa

la FIOM! A questo punto la FIOM presenta la propria piattaforma economica, dove al suo

interno ci sono proposte di sostegno alla crisi, ma purtroppo, nonostante la maggioranza

dei lavoratori abbia avvallato con il voto tale proposta, la cosultazione non ha nessun tipo

di validità, perché la dittatura della minoranza prevale e gli accordi si fanno con chi ci

stà..........e cuochi e camerieri oramai all'unisono ci stanno eccome!

Infatti arriviamo a metà ottobre ed è arrivato il momento di portare in tavola il piatto, il

contratto dei metalmeccanici è cosa fatta, due "sindacati" nettamente minoritari nel

settore, firmano, coi complici di federmeccanica, rinnovando, sia la parte economica, sia la

parte normativa, non sottoponendo l'accordo al vaglio dei lavoratori tutti, come da

prassi consolidata con la presenza FIOM, ma bensì al voto vincolante dei propri iscritti,

cioè ad una nicchia di persone. Ma come! uno si domanda: in un settore così importante

come quello dei metalmeccanici, il 90% dei lavoratori viene privato del voto? Gli viene

impedito di decidere del loro contratto di lavoro? Proprio così, non può decidere non può

esercitare quel fondamentale diritto che è il cardine di ogni società civile e democratica

ossia, il voto!! A meno che non ci si affilia con gli affiliati.... Bisogna fare molta attenzione

cari lavoratori, perché stanno strumentalizzando la crisi per ridurci salari, diritti e

democrazia nei luoghi di lavoro, ma una cosa mi consola, non avrò diritto al voto, ma

almeno mi sarà data la possibilità di versare nelle tasche degli affiliati il denaro della quota

contratto (30 euro) per sostenere il costo degli ingredienti per la realizzazione del piatto

cotto e servito......succede anche questo nel ristorante Italia!!

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LA COSCIENZA DELLO SCIOPERANTE

... E NON SOLO

Quante volte ho sentito frasi del tipo “… cosa

sciopero a fare se poi tutti gli altri se ne vengono

al lavoro” oppure “ …. A cosa serve scioperare

…”. Ci sono poi le persone che per deformazione

propria, qualsiasi sia la motivazione, hanno da dire

sull’operato del sindacato o dei delegati. Magari

sono proprio persone che dimenticano che proprio

dal sindacato, in un momento personale delle vita,

hanno avuto un aiuto. Molte volte il sindacato,

forse proprio perché sempre in mezzo ai

lavoratori, è stato il capro espiatorio di molti. A

volte si è dato al sindacato colpe che erano da

ricercare altrove, a volte anche su se stessi. In

una generalità, si è vero, il sindacato ha

commesso errori. Ma se fosse un organo

infallibile, probabilmente, non avrebbe bisogno di

contrattare con le aziende, ne avrebbe bisogno

del parere dei lavoratori.

Ci sono poi sindacati che si spendono di più e chi invece (specie nelle realtà delle grandi

aziende dove ci sono RSU che sono rappresentate da tutte le tre le organizzazioni

principali), sono a traino.

Non a caso la FIOM, fra i sindacati metalmeccanici, è il sindacato più rappresentativo. Non

è questione delle solite parole, è questione di fatti: basta stare attenti e guardare anche

all’interno di un’azienda, quali sono i delegati che si spendono di più, i delegati che

lavorano costantemente, chi sostiene le trattative. Ad esempio in G.D, quanto potrebbero

andare avanti tante trattative se non ci fosse più la FIOM? Sfido qui i delegati delle altre

organizzazioni a dirmi se sto mentendo! Se la FIOM è il sindacato più rappresentativo è

anche per questione di numeri, i numeri delle persone che si tesserano alla FIOM e che

scendono in manifestazione o davanti ai cancelli. Una volta e parliamo di parecchi anni fa,

bastava che il sindacato proclamasse uno sciopero, che tutti i lavoratori scioperavano, a

volte più per partito preso che per i contenuti dello sciopero in se. Sia chiaro, è normale

che se ci si tessera, si crede in quel sindacato ed è chiaro che si condividono le linee di

questo. Quello che voglio dire è che ad oggi, non ci sono lavoratori che scioperano

inconsapevoli del perché e per cosa stanno scioperando.

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Valeria Frascari

I lavoratori che animano le piazze, che scendono davanti ai cancelli, sanno per cosa

stanno urlando slogan o perché stanno sostenendo una lotta: si informano, chiedono,

leggono, si confrontano con i delegati o con i colleghi. Ci sono poi i lavoratori che pensano

ancora che, ad oggi, tutto ciò che di sindacale succede, sia una questione che a loro non

compete. Non partecipano alle assemblee e agli scioperi: chi non partecipa ad uno

sciopero, fa una scelta. Io capisco la persona che non partecipa perché non è in linea con

lo sciopero che si vuole attuare, o che non si rispecchia nel sindacato che lo proclama.

Non condivido le persone che a priori, scartano tutto ciò che capita loro attorno, pensando

che non sono cose che gli competono, che non gli riguardano e che si arrogano il diritto di

contestare chi sciopera e ottiene dei risultati anche per loro.

Lo sciopero è un diritto dei lavoratori, conquistato per consentire alle persone di dissentire

o sostenere questioni che toccano aspetti e situazioni della loro vita lavorativa.

Rinunciare a un diritto, è uno degli sbagli che un uomo/donna, si porterà avanti nella vita.

Se ad oggi si ha la possibilità di usufruire di determinati diritti ( penso ai permessi

parentali, penso alle ferie, penso alla mensa, ecc.), è perché a livello nazionale e a livello

di contratti interni, si sono conquistati, a volte, anche con ore di sciopero. Quindi quando

vedo persone che non partecipano nemmeno ad assemblee retribuite e che guardano con

sufficienza delegati e lavoratori che si battono anche per loro chiedo, in coscienza, di

pensare che i diritti di cui tanto usufruiscono, sono frutto di contrattazioni sindacali e di

lotte sostenute da lavoratori come loro. E lo sciopero, non è uno strumento sorpassato, è

l’unica “arma” che i lavoratori possono impugnare per sostenere le loro ragioni, ecco

perché ad oggi, paradossalmente, a riempire le piazze durante gli scioperi, sono proprio i

lavoratori in cassa integrazione, in mobilità. Sono lavoratori che sanno, anche se la loro

situazione economica è disastrosa, che l’unico modo per ottenere ciò che gli spetta, è

urlarlo in una piazza, in tanti uniti per un unico scopo. Come ora sta succedendo per il

contratto separato. La FIOM, non fa politica, basta aprire gli occhi: se si attuano riforme

contro la democrazia, contratti contro l’interesse stesso dei lavoratori senza nemmeno

tenere conto dei diritti dei lavoratori, se si pensa che un contratto debba essere votato solo

da chi ha una tessera vi chiedo, dove sta la libertà dell’individuo di decidere cosa poter

scegliere o non scegliere nella propria vita?

E vi lascio con l’ultimo quesito, se sono così convinti di stare facendo la cosa giusta,

perché continuano a non volersi confrontare in un’assemblea unitaria davanti ai lavoratori?

Se fossero sicuri di fare le cose in regola, non dovrebbero avere paura di un confronto …..

O sbaglio?

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FIOM-CGIL Bologna e IG METALL Esslingen discutono della crisi in atto

“LAVORARE LA CRISI” ( il sindacato e la crisi delle imprese europee produttrici di

macchine utensili ed automatiche), questo il titolo del seminario organizzato dal sindacato

tedesco IGM Esslingen (grande regione produttiva nel settore metalmeccanico tedesco) e FIOM-

CGIL Bologna con il contributo della Fondazione Eburt e la collaborazione di IRES Emilia

Romagna. Gli autori di questo articolo, sono stati invitati in quanto Delegati FIOM di una delle tre

più importanti aziende produttrici di macchine automatiche a livello mondiale. Il seminario si è

svolto a Bologna il 6/10/2009.

L’obiettivo di questa prima iniziativa, è cominciare a porre le basi per una strategia sindacale

comune, che miri a salvaguardare e sviluppare il patrimonio tecnologico, professionale ed

occupazionale di questi due importanti settori produttivi. La crisi globale tutt’ora in atto, sta in realtà

minando molto in profondità tutti i comparti produttivi, basti pensare la decimazione avvenuta

negli USA nel settore Auto. Quando questa crisi si interromperà, molti equilibri economico-

produttivi a livello mondiale risulteranno radicalmente cambiati se non addirittura stravolti. La

FIOM-CGIL, ormai da tempi non sospetti, denuncia la sempre maggiore inefficacia di una risposta

nazionale per problemi che sono ormai di natura globale. Il primo obiettivo deve quindi essere un

Sindacato Europeo portatore di un reale potere negoziale. Iniziative come questo seminario, sono

il convinto tentativo per una prima e concreta risposta a questa necessità.

L’ IG Metall, un grande realtà sindacale:

Il sindacato IG Metall è il più grande sindacato di categoria contando circa 2,3 milioni di iscritti.

Grazie a questa grande realtà i lavoratori possono negoziare contratti collettivi e partecipare

attivamente alla costruzione di una società più giusta nel lavoro e nella vita. Con oltre 125.000

delegati sindacali nei consigli di fabbrica in più di 18 000 aziende; rappresenta gli interessi

economici, politici e culturali dei lavoratori . Pertanto l’IGM svolge ruolo nodale di tutela dei

lavoratori delle industrie metallurgiche e elettriche, ferro e acciaio, prodotti tessili e capi di

abbigliamento, tecnologia dell'informazione, legno e plastica e si articola sul territorio attraverso

160 sedi regionali organizzate a loro volta in sette distretti a livello nazionale. La sede nazionale

è Francoforte dove si svolge il coordinamento delle attività amministrative e politiche globali. L’IG

Metall è membro della Federazione tedesca dei sindacati (DGB), della Federazione europea dei

metalmeccanici (EMF) e della Federazione Internazionale dei Sindacati Metalmeccanici (FISM),

organizzazioni, queste ultime due, in cui figura anche la FIOM-CGIL.

I delegati lavorano per mantenere una distribuzione equa del reddito e buone condizioni di

lavoro, con particolare riguardo alla salute dei lavoratori ed ad una produzione rispettosa

dell'ambiente, nonché al fine di migliorare l'organizzazione del lavoro, la formazione professionale

dei dipendenti, tutti temi oggetto di impegno e lotta comune dei delegati sindacali e dei consigli di

fabbrica. Sono loro ad istruire gli iscritti sui loro diritti sanciti dagli accordi collettivi e dagli accordi

aziendali, nonché a fornire informazioni sulle politiche della IG Metall.

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In molti aspetti l’IGM e la FIOM-CGIL si assomigliano, soprattutto dal punto di vista organizzativo e

negli obiettivi; ma da buoni tedeschi i colleghi dell’IGM riescono ad essere concreti ed ottimizzare

le forze nel raggiungimento degli obiettivi comuni. Si pensi che grazie ad un notevole rinnovamento

sono riusciti a sedere nei tavoli dei consigli d’amministrazione delle aziende ed al contempo

creando ed applicando le casse di resistenza facendo pertanto convivere nuove istanze e

risposte ad una forte solidarietà che spesso a noi viene meno.

IL SEMINARIO: UN’OTTIMA OCCASIONE DI APPROFONDIMENTO E SINTESI

Il seminario svoltosi in collaborazione fra IGM e FIOM si è articolato in due momenti fondamentali,

il primo ha visto la presentazione rispettivamente del tessuto economico della provincia bolognese

e della regione tedesca dell’Esslingen, il secondo ha visto l’intervento attivo dei Delegati Italiani e

Tedeschi.

a. Due zone economiche a confronto. Le problematiche. Gli scopi.

Il tessuto produttivo del Bolognese è formato da grosse aziende più o meno di numero costante

nel tempo (1.550), il profondo cambiamento è stato nell’evoluzione delle proprietà: sono sempre

meno di persone e sempre più di capitale o proprietà unica. Parallele alle grandi imprese lavorano

un grosso numero piccole imprese (artigiani) che costituiscono l’indotto, sono circa 23.450. In

passato quest’ultime si occupavano prevalentemente della produzione dei particolari di distinta,

mentre i montaggi ed i collaudi si effettuavano all’interno. Nell’ultimo decennio si sono diversificati

i rapporti produttivi tra imprese ed artigiani. Sono stati esternalizzati montaggi e collaudi per

rendere più flessibile e rapida la produttività.

Per effetto della crisi che ha prodotto una contrazione della domanda, unito al processo di

delocalizzazione della produzione all’estero, strada che spesso le industrie spesso percorrono

per abbassare il costo del lavoro, il numero delle nostre piccole imprese, nate per la maggior

parte negli anni 50’ e 60’ nel boom economico, sono in drastica riduzione e spesso chiudono

senza nessun tentativo di salvarsi tramite processi di aggregazione come di sovente accade nelle

grandi industrie.

Il settore economico a Bologna è così percentualmente composto:

10% Macchine Utensili

70% Macchine Automatiche

10% Impianti di automazione

5% Macchine tessili, pelli, cuoio

5% Macchine per la lavorazione del legno

Soprattutto nel mercato delle macchine utensili c’è stato un processo di evoluzione, la

standardizzazione dei prodotti specifici. La macchina utensile è divisa in diverse unità ed ogni

azienda si occupa dello specifico sviluppo e produzione di specifiche unità.

La situazione tedesca è nettamente migliore della nostra anche se non meno preoccupante basti

analizzare i dati di disoccupazione che nel 2009 si attesta al 5,3%, tasso che apparentemente

sembrerebbe basso, ma che a confronto con il 3% costante del triennio 2006-2007-2008 denota

una netta flessione dell’occupazione.

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La produzione tedesca nella regione di Esslingen si basa su diverse aziende con una grande mole

di dipendenti, diverse migliaia si contano in medesime realtà. Come ad esempio la IDEX che

produce macchine utensili (prevalentemente torni) e che, da sola, conta più di 6000 dipendenti. La

IDEX è una fondazione il cui profitto annuo viene quasi totalmente reinvestito, tranne una piccola

parte che viene devoluta per opere pubbliche ed investimenti nel sociale. Questa azienda non ha

avuto mai il bisogno di credito da parte delle banche essa è sempre riuscita a auto-sostenersi ma

nel 2009, complice il calo di produzione nell’itera scala mondiale, l’IDEX è dovuta ricorrere al

credito bancario per riuscire a mantenere la propria risorsa fondamentale: i dipendenti. Tuttavia le

banche non vogliono investire in una realtà in cui non c’è mai stato bisogno d’investire, non lo

trovano conveniente e tale atteggiamento ha generato notevoli problemi ad una così lodevole e

produttiva realtà. Per questo IGM richiede delle commissioni chiare e più democratiche composte

da imprenditori, banchieri, rappresentanti dei lavoratori, responsabili delle innovazione e risparmio

energetico, che valutino caso per caso, ed in maniera equa e trasparente, la richiesta delle

imprese all’accesso al credito. Le commissioni garantendo una giusta allocazione del credito

potranno pertanto contribuire a salvaguardare il bene più prezioso delle imprese: i lavoratori. IGM

non sopporta il fatto che i principali responsabili di dissesto dell’intero equilibrio finanziario,

decidano ora, senza una aperta discussione chi deve continuare e chi deve chiudere, sopratutto

perché non possiedono da soli le conoscenze per farlo e sicuramente non l’hanno dimostrato, i

risultati parlano per loro e smascherano inutili chiacchere e bugie.

Questo pertanto è il concetto del seminario. Creare un patto di solidarietà tra IGM e FIOM una

nuova politica sindacale che tramite le istituzioni delle regioni ( es: l’Emilia-Romagna ha già diversi

progetti per valorizzare e salvaguardare le imprese del territorio) per arrivare successivamente al

parlamento europeo (che spesso si occupa di banalità visto il contesto che attualmente ci

circonda) in modo da creare accordi internazionali, politiche europee, fondi sociali e per portare

avanti nuove istanze quali le Commissioni Paritarie per l’erogazione del credito Questa coesione

potrebbe imporre una politica finanziaria meno scellerata, dove il bene della società venga prima

di quello del singolo capitalista.

b. Il contributo alla discussione dei Delegati FIOM della G.D.

Vale la pena, a questo punto, fare alcune considerazioni sullo “spirito” delle cose ascoltate dal

Sindacato tedesco e sulle cose che, come contributo FIOM-G.D alla discussione, abbiamo detto

durante il dibattito pomeridiano.

La natura, per così dire, “schietta” con cui i Compagni tedeschi hanno esposto le loro ragioni, è da

un punto di vista emotivo sicuramente molto trascinante. Sentirli parlare dell’ odierno capitalismo,

quello per intenderci che attraverso una deriva speculativa fine a se stessa ha distrutto interi settori

produttivi e ridotto in miseria milioni di famiglie in tutto il mondo, come sistema da contrastare con

decisione, beh! ... fa un certo (positivo) effetto!

Anche perchè non parliamo di Sindacalisti dell’ America Latina Socialista, ma della Germania della

Merkel !

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Insomma è un’ulteriore conferma per noi della FIOM, sulla validità delle nostre analisi e

affermazioni. Fa altresì molto effetto ascoltarli mentre citano Gramsci nei loro ragionamenti,

sapendo che in Italia bene che vada è ormai patrimonio solo per una esigua minoranza di

persone.

Il contributo della FIOM-G.D al dibattito, ha rivisitato molte delle principali tematiche oggetto delle

discussioni fatte in assemblea coi Lavoratori G.D e attraverso il periodico “IL ROSSO”. Abbiamo

cioè evidenziato il clima di ristrutturazione complessivo che, a fronte della crisi, sta interessando

anche il comparto delle macchine automatiche, di come questa crisi venga fatta pagare soprattutto

alle aziende della filiera con buona pace degli imprenditori “progressisti” e dei loro Codici Etici.

Abbiamo sottolineato come all’espulsione dal ciclo produttivo di lavoratori con contratto a tempo

indeterminato presumibilmente corrisponderà, all’interrompersi della crisi, un nuovo slancio

occupazionale per lo più basato sul precariato. Abbiamo poi illustrato le principali problematiche

collegate al mercato del tabacco, cioè la sua costante contrazione annuale, i problemi correlati alle

leggi antifumo, le questioni collegate ai vari tipi di mercati.

In conclusione abbiamo rivolto alla platea alcuni elementi di riflessione anche sottolineando alcuni

passaggi che abbiamo riportato all’inizio di questo scritto:

Il Sindacato Europeo sarà veramente tale quando sarà dotato di un reale potere negoziale, che

inevitabilmente circoscriverà quello a livello nazionale. D’altronde, ribadiamo, le grandi crisi come

quella attualmente in corso non sono più affrontabili a livello locale, o si cambia prospettiva e livello

di discussione , oppure le continueremo a subire senza argini.

Il CAE (Comitato Aziendale Europeo) ha lo stesso tipo di problematica e di necessità, ovviamente

circoscritte a specifiche realtà aziendali, dal momento che allo stato attuale è solo un apparato di

natura informativa.

Un primo passo per confrontarsi a livello europeo significa anche , per la FIOM-G.D, tentare creare

dei luoghi di discussione con la IG METALL presente dai nostri principali concorrenti che sono

HAUNI e FOCKE. Perchè questa specifica necessità? Una ragione (e se ne potrebbero

ovviamente trovare altre...) risiede nel fatto che in un mercato ormai non più espansivo come il

nostro, ogni piccola oscillazione di vendita in un senso o nell’altro (su un produttore di macchine

automatiche o sull’altro...) genera inevitabilmente l’alibi agli imprenditori, per procedere a tagli

occupazionali o delocalizzazioni anche rilevanti. Un momento di incontro tra Sindacato Italiano e

Tedesco, sarebbe un modo molto pratico per capire se complessivamente i padroni “ce la

raccontano giusta”, per capire se ci sono i margini per mettere in campo degli anticorpi di natura

Sindacale a tutela di tutti i lavoratori in causa. Sarebbe inoltre un modo per mettere concretamente

in discussione la barbarie ideologica che in questi anni ci è stata propinata purtroppo anche in G.D,

per cui è positivo di per se che noi si cresca, se poi questo avviene sulla pelle di altri lavoratori,

gente come noi, che improvvisamente si trova senza un lavoro.......si chiama libero mercato, ci

hanno sempre detto, dov’è lo scandalo?

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Magari alla fine degli anni ’90, quando toccò a noi in G.D perdere posti di lavoro, gli imprenditori

Tedeschi avranno detto le stesse cose al Sindacato!. Insomma il principio di tutti i padroni: “Se vivo

io, soccombi tu!”. Ma è un segno di civiltà tutto questo? Noi diciamo no! Esistono davvero i margini

per delle tutele di base che trascendano i confini ? Si può davvero tornare ad incidere

culturalmente per una visione del lavoro che ponga dei concreti limiti al corporativismo? Non lo

sapremo, almeno fino a quando non costruiremo delle discussioni congiunte. Questo è il nostro

pensiero, da qui crediamo sarebbe utile far nascere un dibattito anche tra tutti noi.

Matteo Garavini e Fabrizio Torri

“Chi non sta a testa alta, vede le stelle solo nelle pozzanghere”

(motto della IG-METALL Esslingen)

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La rabbia operaia non è solo Lega

Al di là dell’indirizzo politico di questo quotidiano, abbiamo trovato interessante questo articolo, perché fa una panoramica molto precisa del mondo

del lavoro e delle testimonianze di lavoratori che vivono la crisi sulla propria pelle

di Nanni Riccobono

Ma chi l'ha detto che la classe operaia non esiste più? Che dunque la lotta di classe

non ha motivo di essere neanche messa in conto? Per chi ci crede il consiglio è di

andare in questi giorni a frequentare i presidi davanti alle fabbriche, magari del

bresciano, dove siamo andati noi. Metallurgico, questo è il settore. E' certo vero che

dai ventimila operai che lavoravano qui negli anni 80 ora ce ne sono circa 6000. Ma

se non è la quantità che giustifica la "classe", né il piagnisteo degli intellettuali sul

fatto che l'operaio del nord è diventato un cattivo leghista e se il non ritrovare tutti i

tic nervosi della sinistra storica tra gli operai e rimpiangerli non sono criteri

sociologici, quella che abbiamo visto è proprio autentica classe operaia doc.

La classe c'è ed è sola. Questa, fortissima, la nozione che presidio dopo presidio

prende corpo; porta con sé una serie di interrogativi che sono ignorati dalla politica,

dalla istituzioni e perfino dal sindacato nel suo insieme. La classe operaia c'è e sta

all'inferno della crisi. Con gli operai all'inferno c'è solo la Fiom. Non solo perché le

altre sigle hanno firmato da sole un contratto nazionale che cambia tutto e in gran

peggio. Ma perché le altre sigle, che oggi si incontrano a Bergamo per discutere del

capolavoro che hanno combinato, non ci sono nelle fabbrica. Dove ci sono è un

vero guaio. La Fiom invece c'è e in un modo che, forse perché siamo romani

indolenti è eroico, perfino commovente. Abbiamo visto il funzionario Fiom che

arriva alle quattro di mattina al primo presidio, gestisce situazioni come vedremo a

volte molto difficili e va avanti così, come una trottola, fino alle 18 quando in sede

Fiom comincia una riunione magari di tutti i delegati di fabbrica, che va avanti

tranquillamente fino alle 10, 11 di sera quando, se non viene richiamato al presidio

dai lavoratori a cui magari stanno cercando di portar via i macchinari, se ne va

finalmente a casa…per riconciare il giorno dopo. Per questo anche la Fiom sarà a

Bergamo domani, a manifestare "contro" quel contratto nazionale davanti alla

fabbrica di Bombassei. La segretaria provinciale Michela Spera quando chiediamo:

ma come cazzo fate ad andare avanti con questi ritmi, mi guarda strano. E' normale

no? E' così che si lavora... ringraziamo la sorte di averci collocato al sud e ci

infiliamo in macchina, sulla tangenziale, dove passiamo davanti alla torre

dell'orrendo e nefasto inceneritore di Brescia.

6 novembre 2009

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Abbiamo appuntamento a un casello con Francesco Mazzacani, funzionario che mi

porterà alla Rothe Erde, gruppo Thyssan. Michela indica quel parallelepipedo

altissimo e sottile che vomita diossina. Dice: guarda com'è bella la torre! Le chiedo:

sei pazza?. Dopo la ventesima volta che passiamo davanti alla torre comincia a

sembrar bella pure a me… Famigerata Thyssen Krupp Alla Rothe Erde di Visano

aspettano Francesco per fare l'assemblea. Sono in presidio permanente da tre

settimane e siccome la fabbrica è in paese ed è su una strada dove passano i

camion, la quarantina di persone che si assiepano intorno a un braciere rischiano di

brutto di essere investiti. I dirigenti di questo stabilimento della multinazionale

tedesca, drammaticamente celebre in Italia per la tragica morte di sette operai nello

stabilimento torinese nel 2006, sono italiani, gli stessi più o meno dagli anni '80.

Due amministratori delegati, tali Andaloni e Scarano che è anche direttore della

produzione. Hanno combinato molti guai appoggiati dalla Uilm che, caso rarissimo

nella zona, qui è sindacato di maggioranza e ha "governato" la situazione in regime

che chiamare consociativo è eufemistico. Quale sindacato se l'azienda manda 45

lettere di licenziamento senza preavviso, senza voler esperire la strada della cassa

integrazione - che lì stavano già facendo e di cui potevano ancora usufruire fino a

dicembre per chiedere poi la straordinaria per altri 12 mesi- firma il provvedimento e

dice che va bene così? Questo è successo: i 217 lavoratori erano in fabbrica

il venerdì e 45 di loro il lunedì mattina si vedono recapitare nella posta una laconica

comunicazione: non ci servi più, sei licenziato/a , stai a casa che ti mandiamo noi i

tuoi effetti personali. Una violenza che non si vedeva in Italia da diversi decenni.

Tra i licenziati, naturalmente, i 3 delegati Fiom. Gli operai hanno chiuso i cancelli e

montato il presidio. Molti di loro sono terrorizzati, oltre che incazzati. Con la

gestione Uilm della vita in fabbrica non avevamo praticamente mai fatto uno

sciopero, non conoscono bene le dinamiche della lotta sindacale e soprattutto, si

sentono traditi. Ci stringiamo intorno al braciere con il vento che solleva la cenere e

i lapilli per ascoltare Francesco: "La Fiom- dice- sta mettendo su un coordinamento

di tutti gli stabilimenti Thyssan in Italia per avere informazioni su come il gruppo

affronta la crisi. A Terni stanno facendo 60 prepensionamenti e a tutti quelli che

sono in mobilità è garantito il 90% degli stipendi.

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A Copparo, Ferrara, non fanno neanche prepensionamenti; su 2200 lavoratori gli

esuberi sono 1200 eppure l'azienda, insieme al sindacato, ha deciso di prendere

tempo. Può darsi che nei due anni di cassa integrazione a rotazione che hanno

iniziato tornino gli ordini, se non tutti almeno in parte. Allora perché alla Rothe Erde

hanno fatto 45 licenziamenti secchi?" E annuncia che ci sarà la sottoscrizione di

tutti i lavoratori del gruppo di una o due ore di lavoro per sostenere la Rothe Erde. I

dirigenti invece stanno raccogliendo le firme di quelli che vorrebbero entrare,

soprattutto impiegati e qualche operaio – dice Francesco- ma anche noi abbiamo le

nostre firme e sono la maggioranza. E poi decide l'assemblea dei lavoratori se si

entra in fabbrica o se si resta fuori: ne abbiamo fatte sette. Dov'erano quelli che

hanno firmato? Chi partecipa decide. Un operaio prende la parola: "Tutti vogliamo

entrare e tornare al lavoro, anche i 45 licenziati. Mica ci divertiamo qui. Tutti

vogliamo tornare a casa la sera e dire alla famiglia ecco i soldi per fare la spesa,

anche i 45 licenziati. Vengano qui i dirigenti, e aprano la trattativa, invece di

raccogliere firme o peggio". Nel gruppo c'è una donna bionda, bella e con stupendi

occhi azzurri. Chiedo se è una delle impiegate che viene qui tutte la mattine

chiedendo di entrare per compiacere i dirigenti. No, è una delle tre impiegate

licenziate. Si chiama Nicoletta. "Ho 47 anni e una bambina di sei - dice- è dal '78

che lavoro qui, avevo 16 anni. Quando il lunedì mi è arrivata la lettera mi è crollato

il mondo addosso. Ho cominciato a piangere e ho visto piangere tanti uomini

davanti alla fabbrica…Ora sono qui, al presidio. E lo dico a voce bassa perché in

tutti questi anni mi sentivo diversa dagli operai, noi, gli impiegati, tutti ci sentivamo

diversi. Mai a un assemblea, sempre dalla parte dell'azienda, era così ovvio e

facile… Mi vergogno di essere stata così. Di non aver capito che eravamo tutti

uguali, per loro solo dei numeri, delle macchine". Mouatad, marocchino, smilzo e

scuro, occhi vivi e simpatici: "Sono sposato e mia moglie è incinta, lavoro qui da

otto anni e la lettera è arrivata che era proprio il giorno del mio compleanno. Sanno

che aspetto un figlio e già stavo in cassa integrazione, sono stati veramente cattivi".

Massimo è furibondo, una testa un po'calda, massiccio, occhi azzurri: "Ero

tesserato Uilm, guarda un po' e i delegati hanno firmato il mio licenziamento…no,

non ho moglie vivo con mia madre sono il più piccolo di 11 figli e sono

incazzatissimo. Come? Io ho insegnato a usare le macchine a tanti operai, fino al

venerdì che poi il lunedì è arrivata la lettera...insegno come usare la macchina e mi

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licenzi? Non ti servo più? I delegati mi dicevano sta tranquillo che tanto ci mettiamo

d'accordo.. bell'accordo hanno fatto".

Vincenzo, bel ragazzo: sono sposato, ho una bambina di 5 anni. Mia moglie è

disoccupata da 2 ma che devo fare? Tre settimane di presidio e nessuna risposta?

Stanno trattando con i singoli, chiamano i licenziati la sera a casa e offrono soldi

per accettare il licenziamento. Ti fanno andare a Brescia, mica vengono qui. In un

ufficio a Brescia. Che devo fare? Se mi chiamano sai che faccio? Gli dico che

vengano qui, a farmi la proposta. In fabbrica. Pietrangelo: gira voce che offrono

4000 euro, ad alcuni forse 6000. Lordi. Ma ti rendi conto? E senza lavoro che faccio

con questa miseria? Dove lo trovo io il lavoro che non ce n'è? Dicono che se il

blocco continua non possono fare le buste paga, così non pagheranno, non ci

daranno niente. E sai che fanno? Tra chi ha accettato la loro elemosina c'è un

padre che ha il figlio in azienda. Gli hanno detto ti conviene prendere i soldi e

andartene perché tuo figlio è ancora dentro…Ma possono fare una cosa così? E'

una minaccia no?

Gli impiegati

Poi mentre siamo lì arriva la notizia che a due passi, all'oratorio, sono riuniti gli

impiegati. Andiamo a vedere. Sulla porta, a fare la guardia, c'è un tale che si

chiama Simonelli, golfino ruggine, occhio sfuggente e braccia conserte. Non farà

entrare nessuno. Gli dico che sono una giornalista e che vorrei parlare con gli

impiegati visto che ho già parlato con gli operai… Mi faccia vedere il tesserino, dice.

Glielo mostro ma non basta. No, mi dice. Lei non può entrare. Perché?

"Questo è un paese libero e lei non può entrare". Ok, non entro. Bella libertà.

Stiamo lì fuori e guardiamo dalla finestra le facce impaurite degli impiegati. Poveri

cristi, fanno un po' pena. Perché se dovessero passare i licenziamenti a chi

toccherà poi? Già adesso sono organici un po' gonfi: c'è un impiegato ogni quattro

operai...Con Simonelli, che sembra destinato, a dicembre a passare da impiegato a

dirigente, il clima si fa teso. Qualcuno usa parole pesanti perché lui si rifiuta di

discutere. Francesco calma gli animi a fatica e ce ne andiamo. Ci sediamo davanti

al gabbiotto Fiom mentre sfrecciano i camion e mi raccontano che il paese è

contro di loro. Tremila abitanti, un senatore Udc e il parroco amici della Thyssen.

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Tutti uniti contro gli operai. Sembra davvero un brutto e vecchio film, una di quelle

fiction alla Sandro Bolchi tipo La Cittadella, con il padrone cattivo e i minatori a

pezzi. Si parla delle cazzate fatte dall'azienda che ha voluto una fabbrica

paternalista e non sindacalizzata: fino a pochi mesi fa spendevano e spendevano.

Male. Un capannone nuovo ma con i termosifoni al soffitto.

"Ma dico, possibile che non sanno che il calore sale? Sarà alto dieci metri, giù si

gela e il tetto è caldo…". "Hanno montato un'isola automatica, è venuto un

ingegnere tutto azzimato e non ci ha chiesto niente. Volevamo aiutarlo ma lui,

niente. Montano un tavolo, poi l'altro e cerchiamo di dirgli che sono troppo

lontani…poi montano il braccio meccanico che deve prendere un pezzo da una

parte e portarlo dall'altra e tac, il pezzo ovviamente cade per terra. I tavoli sono

troppo lontani…E chi paga? " "Senti questa: montano una macchina fresatrice ma è

troppo grande per il supporto, esce tutta da una parte e io scherzando dico: be', la

limiamo qui, poi qui.. e il responsabile produzione non capisce che scherzo e mi fa,

bene, da dove cominci a limarla? Ma perché un dirigente non deve sapere niente di

produzione? Chi paga questi errori?". La sensazione è che i dirigenti italiani ne

hanno fatte talmente tante che ora vogliono far bella figura con i loro capi tedeschi.

Far vedere che sono dei veri duri e possono licenziare tac, così, senza neanche

cassa integrazione. Un po' come quei fascisti che si facevano belli agli occhi dei

nazisti, ci diciamo, e che i padroni tedeschi della Thyssen perdonino il paragone

non proprio politicamente corretto. Alla fine della lunga mattinata arriva qualcuno

sventolando un'altra lettera: hanno mandato agli operai i turni della settimana. Il

mercoledì arrivano i turni dal lunedì? Con i turni l'avviso: siete fuori legge. Quale

sarebbe la legge? E la minaccia: non possiamo fare le buste paga quindi non vi

paghiamo. Serpeggia la paura, Francesco e i delegati Fiom tranquillizzano gli

animi: non vi preoccupate. Sono cazzate. Sparano le loro ultime cartucce. Poi

dovranno venire qui. A trattare con il sindacato.

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