Buongiorno Ticino N4

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Il nuovo mensile della Svizzera italiana propone online il suo quarto numero. Buongiorno Ticino, approfondimento, cultura e tempo libero

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Cari lettori,

Per iniziare bene quest’anno è mia intenzione fare i miei più sentiti ringraziamenti ai primi lettori di Buongiorno Ticino.

Ringrazio tutte le persone che hanno preso contatto con il sottoscritto o la redazione di Buongiorno Ticino, per darci il loro pensiero, e a prescindere da quali fossero, abbiamo gradito i gesti di tutti, che ci sono apparsi genuini e sinceri.

Sono molte le segnalazioni di affetto e sostegno che stiamo ricevendo per la rivista che abbiamo creato. Alcuni ci hanno dato consigli su come avremmo potuto migliorarla, e altri si sono offerti con proposte per collaborazioni di vario genere che ci lusingano e ci permetteranno di arricchire il magazine con preziosi contenuti che ci daranno la forza di soddisfare al meglio i gusti dei lettori.

Questo mese Buongiorno Ticino sarà distribuita a tutti coloro che avranno sottoscritto l’abbonamento e potrà essere acquistata in quelle edicole che avranno scelto di rivenderla.

Essendo Buongiorno Ticino distribuita in modo autonomo ed indipendente, inizialmente ci troverete solamente in quelle edicole che hanno deciso di supportarci vendendo la rivista. Sul nostro sito www.buongiornoticino.ch, sarà presto presente una mappa delle edicole che fanno parte della distribuzione.

Al fine di far conoscere la rivista saremo ancora distribuiti gratuitamente a tutti i fuochi del Cantone Ticino nei mesi di marzo, giugno, settembre e dicembre 2010.

È con immensa gioia che vi porgo gli Auguri di Buon Anno nuovo.

Emiliano Frigeri

CASA EDITRICE

EDITOREEmiliano Frigeri

DIRETTORE EDITORIALEErik Alessandro Maier

SEGRETARIAPaola Ortelli

REDAZIONE

REDATTRICENicoletta Di Marco

CORRETTORE DI BOZZEFrancesco Bortoluzzi

HANNO COLLABORATO A BT N.4 Alberto Scarpellini, nonno Carlo, Casa Astra, Christian Ponti, Corinna Bielic, Federica Farini, Jole Lago, Matteo Buzzi, Paolo Spalluto, Rete3, Sebastiano Brocchi, Sergio Guaita, Sergio Rossi, Tanya Lecchi, Vanessa

GRAFICA

ART DIRECTORDavide Calà

ILLUSTRATORE - FUMETTISTAJoel Pretot

FOTOGRAFIENicola Liver, Drago Stevanovic,Joel Pretot, Greenpeace

PUBBLICITÀ

editoriale3

Via Maggio 36, 6900 LuganoTel: +41 91 971 80 38Fax: +41 91 971 80 [email protected]

TRENTASEI EDITORE SAVia Maggio 36, 6900 LuganoTel: +41 91 971 80 38Fax: +41 91 971 80 [email protected]

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Sul piano dei principi, il fatto che sia la FINMA a dovere imporre alcune regole basilari di buona gestione alle grandi banche, e ai maggiori gruppi assicurativi, evidenzia la carenza di buon senso nella maggioranza

delle attività finanziarie svolte da queste istituzioni nell’era della “globalizzazione”. Sul piano operativo, invece, i problemi suscitati dall’applicazione delle regole introdotte dalla FINMA saranno complessi e numerosi, senza menzionare la difficoltà di predisporre i necessari dispositivi di controllo (interno ed esterno all’azienda), anche al fine di sanzionare i comportamenti fuorilegge. Essendo ogni attività finanziaria un servizio intangibile, cui concorrono una moltitudine di lavoratori all’interno di un qualsiasi istituto bancario o di assicurazione, non sarà possibile stabilire qual è il contributo e dunque la responsabilità personale di ciascun collaboratore impegnato in tale attività. Non sarebbe affatto corretto, infatti, attribuire al dirigente di un qualsiasi gruppo di collaboratori l’intera responsabilità per i risultati raggiunti, siano essi positivi o negativi per l’istituto entro cui queste persone operano professionalmente.

Un’altra questione irrisolta è posta dalla possibilità per i dirigenti (bancari o assicurativi) di gestire le attività, di cui sono responsabili in azienda, in modo tale che i rischi assunti nelle loro operazioni finanziarie non si avverino prima del termine di almeno tre anni, secondo le direttive della FINMA, entro cui questi rischi implicherebbero una riduzione sostanziale dei compensi (differiti nel tempo) che sono versati ai dirigenti responsabili. Come la crisi degli oramai famosi prestiti subprime ha ben mostrato, le attività finanziarie rischiose possono in realtà svolgersi per numerosi anni senza destare sufficienti sospetti, in quanto esse generano inizialmente dei rendimenti molto elevati, inducendo gli attori finanziari a “continuare a ballare finché l’orchestra non smette di suonare”, come dichiarò Charles Prince, l’allora direttore generale di Citigroup, quando la bolla immobiliare era oramai già scoppiata negli Stati Uniti.

L’argomento secondo il quale una nazione perde una parte rilevante della sua competitività nei confronti del resto del mondo, qualora essa decidesse di attuare misure più severe della concorrenza straniera in materia di regolamentazione salariale per i dirigenti di banche e di gruppi assicurativi, sembra incontrovertibile in quanto dettato dal buon senso, a tal punto da essere oramai diventato un luogo comune. In realtà, il

mercato del lavoro è assolutamente opaco per i dirigenti delle società finanziarie (bancarie o non-bancarie), le cui competenze professionali e i cui sistemi di remunerazione non sono affatto paragonabili da un istituto all’altro, sia dentro sia fuori i confini della nazione in cui il loro istituto è domiciliato. Resta pure da risolvere la questione della corretta imposizione fiscale delle remunerazioni versate ai suddetti dirigenti ma di cui l’azienda chiederà la restituzione parziale o totale in un anno fiscale successivo alla tassazione dei redditi del dirigente coinvolto nell’operazione. Può in effetti essere problematico introdurre un sistema (fiscalmente neutro per lo Stato) attraverso cui calcolare correttamente e concedere senza discriminazioni dei crediti fiscali ai dirigenti la cui tassazione passata si rivelasse errata alla luce della restituzione (di una parte) dei loro compensi, sui quali essi hanno già versato al fisco le imposte da essi dovute sulla base della loro dichiarazione dei redditi oramai pregressa.

In buona sostanza, le regole della FINMA entrate in vigore con l’inizio del nuovo anno non avrebbero potuto evitare i gravi problemi di UBS né impedito alla crisi finanziaria globale e alla susseguente recessione economica di colpire la Svizzera dopo lo scoppio della bolla sul mercato immobiliare statunitense nell’estate del 2007. L’asimmetria delle conoscenze tra i regolatori e gli attori dei mercati finanziari, in effetti, congiunta con la cattura dei regolatori da parte dei gruppi di pressione negli ambienti politici degli Stati-nazione, hanno reso ogni azione di contenimento della speculazione finanziaria una pure velleità declamatoria, che si declina secondo la direzione del vento elettorale e che scema di pari passo con il calare del livello di rischio complessivo sui mercati finanziari, la cui stabilità – come faceva osservare (purtroppo inascoltato) Hyman P. Minsky negli anni Ottanta del secolo scorso – è in realtà destabilizzante.

Se la Svizzera vuole essere la piazza finanziaria “numero uno” sul piano mondiale, si dovrà dotare della migliore autorità di vigilanza sui mercati finanziari, che sappia a ragion veduta imporre le necessarie riforme strutturali, anziché limitarsi ad agire sui comportamenti degli attori nei mercati finanziari “globalizzati”. Il buon senso, da solo, non basta per metterci al riparo dalla prossima crisi finanziaria.

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Ultime foreste vergini: destino oramai segnato?Sacrificate per produrre carta, legname, carne, pelle e olio di palmadi Matteo Buzzi

Le ultime foreste vergini: le fantastiche 7

Le foreste vergini sono grandi regioni forestali rimaste intatte per migliaia di anni. In queste regioni non ha ancora colpito la deforestazio-ne e solo le popolazioni millenarie indigene cresciute con e nella foresta sono presenti. Sul nostro pianeta sono rimaste solo 7 grandi re-gioni con delle foreste vergini. Si tratta delle fantastiche 7: le foreste vergini del Nord Ame-rica, la foresta pluviale amazzonica, le foreste di montagna cilene, le ultime foreste vergini europee (in gran parte presenti in Scandina-via), la foresta pluviale africana nella regione del Congo, le foreste boreali siberiane ed infi-ne le foreste pluviali del sud- est asiatico.

L’80% circa delle foreste vergini che originariamente ricoprivano la superficie del nostro pianeta sono già state distrutte, e la maggior parte di queste solo negli ultimi 30 anni. Almeno un quinto di questa percentuale è dovuta al

disboscamento selvaggio ed illegale. In media un’area dalle dimensioni di un campo di calcio viene disboscata ogni due

secondi. Con questo ritmo nei prossimi 2 decenni potremmo perdere aree di foresta equivalenti alla superficie di tutto

il continente europeo. Oltre la metà delle specie vegetali e animali del nostro pianeta si trovano nelle foreste vergini. La

perdita incalcolabile in termini di biodiversità, gli enormi danni fatti all’equilibrio climatico e le pesanti conseguenze sulle

popolazioni indigene impongono da subito uno sfruttamento sostenibile delle foreste e la fine del disboscamento selvaggio.

Anche noi consumatori dei paesi europei possiamo dare il nostro contributo in modo tangibile.

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L’inestimabile perdita di biodiversità

Le foreste vergini sono la più ricca espres-sione di tre milioni di anni di evoluzione della vita sulla terra. Esse racchiudono la stragrande maggioranza delle specie animali e vegetali viventi sul pianeta, dai gufi alle orchidee, dagli orsi ai coleotteri, dagli oranghi al giaguaro, dallo scimpan-zé alla tigre siberiana. In un ettaro di una foresta tropicale possono trovarsi fi no a 500 tipi di alberi. Molte specie animali non sopravvivranno senza vaste aree di foresta in cui spostarsi. Le foreste tropi-cali ad esempio coprono solamente il 7% della superfi cie del pianeta, ma ospitano circa la metà delle specie animali e ve-getali della terra. Molte di queste specie sono ancora sconosciute. Le foreste ver-gini sono quindi insostituibili ed il loro valore è inestimabile.

Accumulatori di carbonio: una sicurezza per il clima

Le foreste vergini giocano un ruolo fon-damentale per le dinamiche del clima a livello planetario. Le foreste del pianeta accumulano infatti nel suolo e nel legno un’enorme quantità di carbonio, stimabi-le intorno ai 500 miliardi di tonnellate, di cui gran parte si trova nelle foreste pluvia-li tropicali. Questa immensa quantità di carbonio supera l’intera massa dei carbu-ranti bruciati in tutto il mondo negli ulti-mi cento anni. Quando vengono distrutte le foreste vergini rilasciano quindi grandi quantità di carbonio. Questo raggiun-ge l’atmosfera contribuendo in maniera massiccia al potenziamento dell’effetto serra e ai conseguenti mutamenti clima-tici. Un quinto delle emissioni mondiali di anidride carbonica sono da attribui-re al disboscamento delle foreste. Basti pensare che gli incendi divampati nella fo-resta pluviale indonesiana nel 1997 hanno rilasciato quantità di anidride carbonica pari a quelle rilasciate annualmente dalla combustione di combustibili fossili nell’in-

Le foreste vergini sono la più ricca espressione di tre

milioni di anni di evoluzione della vita sulla terra. Esse

racchiudono la stragrande maggioranza delle specie animali e vegetali viventi sul pianeta, dai gufi alle

orchidee, dagli orsi ai coleotteri, dagli oranghi al giaguaro, dallo scimpanzé

alla tigre siberiana.

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Un paio di scarpe sportive, un divano di pelle e un pasto a base di carne possono avere un’impronta devastante sull’ultimo polmone del mondo e sul clima del nostro pianeta. Dopo tre anni di indagini sotto copertura, Greenpeace ha pubblicato nel giugno 2009 l’inchiesta “Amazzonia, che macello!” con la quale smonta, pezzo per pezzo, il complesso mercato globale della carne e della pelle e rivela come i giganti brasiliani del comparto zootecnico – par-zialmente sostenuti dallo stesso governo brasiliano – stanno distruggendo l’Amaz-zonia. In quest’inchiesta per la prima volta emergono i nomi dei marchi implicati. Inol-tre sono state ricostruite le filiere fino ai prodotti che ogni giorno tutti noi usiamo e che nascondono una storia di deforesta-zioni, incendi, abusi e nuove schiavitù del-la popolazione locale. Sono stati, infatti, identificati centinaia di allevamenti illegali all’interno della foresta pluviale amazzoni-ca che riforniscono i macelli e le concerie di gruppi come Bertin, JBS e Marfirg.

Grazie all’analisi di mappe e foto satellita-ri, Greenpeace è stata in grado di definire i confini di alcuni di questi allevamenti for-nendo prove schiaccianti sulle loro attività illegali di deforestazione, taglio a raso e incendi dolosi. Le indagini in campo e l’in-crocio di dati forniti dallo stesso governo brasiliano, svelano inoltre la disumana re-altà del lavoro in stato di schiavitù all’in-terno degli allevamenti bovini nella re-gione amazzonica. Da questi allevamenti illegali i capi di bestiame vengono invia-ti ai macelli per produrre carne e pelle che, una volta trasformati, contaminano le filiere internazionali dell’alimentare, dell’arredamento e della calzatura. Que-ste forniture criminali vengono riciclate tra la carne, le scarpe e persino i capi di alta moda, prodotti di un silenzioso e, non sempre inconsapevole, mercato globale. In altri casi finiscono in filiere produttive meno conosciute dal catering ad enti pub-blici e privati, nei prodotti per la cosmesi e l’igiene e nei prodotti per animali. Nell’in-

chiesta, Greenpeace, si è concentrata prin-cipalmente sulla deforestazione illegale. Le prove raccolte dimostrano che i giganti del mercato della carne e della pelle bra-siliani (Bertin, JBS, Marfrig, ecc.) vengono regolarmente riforniti da allevamenti che hanno tagliato a raso la foresta ben oltre i limiti consentiti dalla legge. Questi alleva-menti continuano, mentre state leggen-do, a distruggere un ettaro di Amazzonia ogni 18 secondi.

tera Europa Occidentale. Si stima che l’Amazzonia conservi tra 80 e 120 miliardi di tonnellate di carbonio. Se queste riser-ve di carbonio venissero distrutte, verreb-be emessa nell’atmosfera una quantità di gas serra pari a 50 volte quella prodotta dagli Stati Uniti in un anno.

Abitazioni di popolazioni indigene

Le foreste vergini del nostro pianeta man-tengono in vita sistemi ecologici che sono essenziali per la vita e la sopravvivenza cul-turale di intere comunità forestali. L’indu-stria del legno è tristemente divenuta sino-nimo di sopraffazione nei confronti delle popolazioni indigene, le quali si sono viste distruggere le proprie risorse naturali e tra-dizioni culturali caratterizzate da un rap-porto di completa armonia con la foresta.

Per molte etnie, come i Maisin in Papua Nuova Guinea, foresta significa terra di appartenenza, casa. Per migliaia di anni hanno vissuto in questi luoghi senza

danneggiarli in alcun modo. I Maisin si oppongono alle operazioni delle compa-gnie del legname e stanno sviluppando metodi per mantenere la loro identità e eredità culturale derivata dalla vita nelle foreste.

In Amazzonia vivono 200.000 persone, la foresta pluviale è la loro casa, la loro fonte di cibo, di medicine e di spiritualità. Anche loro hanno il diritto di poter vivere in un ecosistema intatto come i loro an-tenati.

Un sacrificio inutile: la produzione di legname e carta

La distruzione delle ultime foreste vergini per produrre del legname non è assoluta-mente necessaria. Spesso senza pensarci gettiamo letteralmente nel gabinetto le nostre ultime foreste: incredibile a dirsi, le foreste vengono abbattute per pro-durre carta e prodotti del legno a basso prezzo, come carta igienica, cartoni per il

latte, stuzzicadenti e guide telefoniche. Enormi quantità di compensato, com-preso quello usa e getta utilizzato nelle impalcature per il calcestruzzo, proven-gono dalle foreste. Nulla di tutto ciò è necessario. Se usassimo carta e legno in maniera più appropriata (carta riciclata o se proprio necessario carta bianca con il marchio FSC, legno di origine locale o FSC), la domanda per queste risorse po-trebbe venir soddisfatta dalla gestione mirata di altri tipi di fonti, quali la selvi-coltura e la gestione forestale sostenibile. Il contributo più grande lo si ottiene però riducendone sistematicamente l’uso, riu-tilizzando e riciclando carta e legname.

Per produrre carne, pelle, soia e olio di palma

Negli ultimi 10-20 anni si è inoltre cre-sciuta esponenzialmente la pressione sul-le foreste da parte dell’allevamento del bestiame come pure dell’agricolture in-tensiva per produrre soia e olio di palma.

...le foreste vengono abbattute per produrre

carta e prodotti del legno a basso prezzo, come carta

igienica, cartoni per il latte, stuzzicadenti e guide

telefoniche.

Soja, pelle e carne al posto dell’Amazzonia

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Il Brasile ha la mandria commerciale bovina più grande al mondo ed è il più grosso esportatore di carne a livello globa-le. Il Brasile, insieme alla Cina, è anche il più grande esporta-tore di pelle bovina al mondo. Il governo brasiliano prevede che le proprie esportazioni di carne raddoppieranno da qui al 2018. Il settore dell’allevamento brasiliano ha goduto di una rapida crescita in termini di esportazione nell’ultimo de-cennio. Le esportazioni di carne di bovino adulto e vitello dal Brasile sono aumentate di sei volte dal 1998 al 2008. Nel 2018, secondo il governo brasiliano, per ogni tre tonnellate di carne, commercializzate a livello internazionale, due sa-ranno brasiliane. Per promuovere la crescita della produzio-ne di carne e pelle il governo brasiliano sta investendo per sviluppare ogni singola parte della fi liera. La pressione sulla foresta cresce quindi in continua quindi a crescere.

Parallelamente anche le colture intensive di soia per pro-durre mangimi per animali d’allevamento sono state mas-sicciamente ingrandite. Quasi la totalità della produzione di soia brasiliana viene esportata sotto forma di mangimi per animali da allevamento. Giornalmente anche la Svizze-ra importa 700 tonnellate di soia dal Brasile, utilizzata in gran parte come mangime. Una parte importante proviene certamente da superfi ci disboscate negli ultimi decenni.

Gli enormi allevamenti bovini si insedia-no, ad esempio in Brasile, spesso dopo dei disboscamenti illegali. Parallelamen-te, anche le colture intensive di soia per produrre mangimi per gli animali d’alle-vamento (volatili, suini, bovini) sono state massicciamente ingrandite aumentando la pressione sulla foresta. Un consumo più ragionevole e ridotto di carne sareb-be suffi ciente per arrestare questo assal-to alle superfi ci forestali. Il consumatore europeo può quindi decisamente dare il suo contributo. I consumatori dovrebbero inoltre assicurarsi che la carne rimanente ancora acquistata e consumata sia pro-dotta utilizzando mangimi che non con-tengono soia brasiliana. Per gli allevatori esistono, infatti, delle alternative valide.

In Indonesia, invece, la foresta vergine viene sistematicamente distrutta per im-piantare monocolture destinate alla pro-duzione di olio di palma, che poi fi nisce in una miriade di prodotti che troviamo sugli scaffali dei nostri negozi di alimen-tari. Purtroppo per i consumatori è prati-camente impossibile dare un contributo tangibile. Finora non esiste nessun tipo di olio di palma prodotto secondo criteri di sostenibilità, e nelle liste degli ingre-dienti dei vari prodotti alimentari non è quasi mai dichiarato esplicitamente. L’olio di palma si nasconde spesso in-fatti sotto il termine generico di “olio vegetale” o “grasso vegetale”. In pre-senza di queste diciture la probabilità

della presenza di olio di palma è grande. Esistono comunque delle valide alterna-tive come l’olio di colza, di girasoli e di cocco. I consumatori sono quindi invitati a chiedere ai vari rivenditori al dettaglio, come Migros e Coop, se dei determinati

prodotti alimentari contengono olio di palma. In questo modo si eserciterebbe dal basso una pressione sui rivenditori fi nali che si sentirebbero così fi nalmen-te costretti a chiedere maggiori garanzie sugli ingredienti ai produttori.

L’ecobomba climatica indonesiana: colpa dell’olio di palma

L’utilizzo di olio di palma per alimentari, cosmetici e come combustibi-le sta mettendo sul lastrico le ultime foreste vergini dell’Indonesia. Le foreste e le torbiere indonesiane vengono sistematicamente disboscate per insediare monocolture di palma per produrre olio vegetale. Queste particolari foreste tropicali immagazzinano una quantità di carbonio che supera di un terzo quella trattenuta nell’atmosfera a livello globale. In Indonesia, l’espansione delle piantagioni di palma da olio nelle fore-ste torbiera viene praticata drenando il terreno con un reticolo di cana-li. I canali vengono inizialmente impiegati per il trasporto dei tronchi di valore commerciale rimossi dalla foresta e, successivamente, vengono svuotati per far defl uire l’acqua e prosciugare il terreno. Malgrado que-sta pratica sia vietata, la biomas-sa residua viene normalmente rimossa con il fuoco immettendo nell’atmosfera enormi quanti-tà di anidride carbonica. Ogni anno 1.8 miliardi di tonnellate di gas serra vengono rilasciati nell’atmosfera a causa della de-gradazione e degli incendi delle foreste torbiere indonesiane. L’Indonesia è infatti uno dei pa-esi con le più grandi emissioni di gas ad effetto serra al mondo.

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informatica & web24

Un mondo di Linux

Nello stesso periodo si diffondo-no un’idea e una serie di tec-nologie che negli anni a venire costituiranno l’ossatura di una

delle invenzioni più rivoluzionarie di tutti i tempi: la rete Internet.

È in questo contesto che molti indivi-duano l’inizio e la crescita del fenome-no Linux: dapprima come semplice al-ternativa libera rispetto ad altri sistemi esistenti, poi come server per gestire diverse tipologie di rete (compresa quel-la che costituisce la rete Internet) e infi-ne, meno di quindici anni dopo l’uscita della sua prima versione completa, come un sistema operativo che può addirittu-ra pensare di insidiare una piccola fetta del mercato di sistemi come Windows e MacOSX.

Si tratta di un cammino senza precedenti, costellato da molti successi e da non po-chi problemi.

Per capire bene questo processo credo sia giusto partire da due concetti, quello di software libero e quello di opensource.

Il software libero, come accenna-to, comprende tutti quei programmi che qualsiasi persona può scaricare e installare liberamente sul suo compu-ter, senza l’obbligo di pagare per il suo utilizzo.

Il termine opensource, come spesso acca-de, proviene dalla lingua inglese e indica la disponibilità del codice sorgente, ovve-ro l’insieme di tutti i comandi, scritti in un determinato linguaggio, che costituisco-no un programma. In genere, soprattuto per i programmi in commercio, il codice non viene divulgato ed è protetto legal-mente come proprietà della società che lo produce. Nel caso dell’opensource, in-vece, ogni programmatore può scaricare e modificare il codice di un programma, aggiungere delle funzioni che ritiene ne-cessarie o semplicemente valutare se ci sono errori da segnalare.

Questi due concetti sono fondamenta-li perché, in breve tempo, grazie ad essi sono nate e si sono sviluppate delle vere e proprie comunità a livello mondiale, composte da migliaia di programmatori, che nel tempo hanno sviluppato e miglio-rato il sistema operativo e i programmi con cui è distribuito.

Linux è uscito dal circuito dei program-matori verso la metà degli anni novanta e si è subito imposto come un sistema operativo sicuro, stabile ed efficiente. Ma nonostante questo non era ancora maturo, non era pronto per raggiungere un vasto pubblico. Coloro che decidevano di scaricarlo non erano necessariamente laureati in informatica, ma è certo che dovevano disporre di notevoli conoscen-ze in quest’ambito. E se questo non fosse stato sufficiente, l’ostacolo maggiore era costituito dai driver.

Un driver è un semplice programmino che permette al sistema operativo di co-municare con i dispositivi fisici, come il disco fisso, lo schermo o la tastiera. Lo si potrebbe vedere come una sorta di tra-duttore, che consente la comunicazione tra due persone che parlano linguaggi differenti. Senza questa traduzione non è possibile comunicare.

Il problema maggiore, nel costruire un traduttore, è la necessità di conoscere il linguaggio delle due parti e, mentre quel-lo del sistema operativo è conosciuto, quello del dispositivo fisico è spesso pro-tetto e tenuto segreto dal suo costruttore.

In questa parola inglese, driver, è rac-chiusa gran parte delle difficoltà che Linux ha incontrato sul suo percorso in questi anni. Difficoltà che, bisogna dirlo, non si è esaurita del tutto nemme-no adesso, anche se molti produttori di hardware hanno finalmente intuito le potenzialità di Linux distribuendo i dri-ver necessari.

Esiste un altro fattore, a mio avviso, che, almeno inizialmente, ha ostacolato la dif-fusione di Linux: l’ambiente in cui è nato

di Christian Ponti

Il software libero, come accennato, comprende

tutti quei programmi che qualsiasi persona

può scaricare e installare liberamente sul suo

computer, senza l’obbligo di pagare per il suo utilizzo.

Il sistema operativo Linux nasce e si sviluppa a partire dal 1991 dall’incontro tra Linux Torwalds, un giovane studente finlandese,

e il progetto GNU legato alla Free Software Foundation, un’organizzazione che da tempo si batte e divulga l’idea di software

liberamente distribuibile senza il pagamento di una licenza.

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e nel quale si è poi diffuso e sviluppato, quello dei programmatori e degli addetti ai lavori.

Linux è stato progettato tenendo conto di specifi che tecniche, ma non di merca-to. Gli utilizzatori erano professionisti del settore informatico o persone con l’hob-by dell’informatica; persone che hanno perso ore nella ricerca di driver e di spie-gazioni su come confi gurare le varie par-ti del sistema. Coloro che utilizzano un computer tutti i giorni, per il lavoro o per la scuola, sono meno interessati alle ca-ratteristiche tecniche. Questi utenti sono interessati maggiormente alla facilità nel gestire le proprie attività quotidia-ne piuttosto che al funzionamento del sistema operativo. In questo senso Linux non era sicuramente attrattivo: diffi cile l’installazione, diffi cile la confi gurazione,

quasi impossibile trovare un tecnico su cui fare affi damento per risolvere i pro-blemi.

L’ambiente in cui è nato, però, con il passare degli anni e la maturazione, da fattore ostacolante si è trasformato in un punto di forza. L’idea di software libero, con il suo sistema operativo trainante, ha attechito in maniera sorprendente, riu-scendo a raggiungere una massa critica di persone, sviluppatori e utenti fi nali, che, insieme, sono riusciti a deviare legger-mente la rotta.

Linux oggi si presenta con un’interfaccia grafi ca accattivante, adatta a soddisfare le esigenze della maggior parte delle per-sone. L’installazione del sistema operati-vo non è più una diffi coltà insormontabi-le, non più di quanto sia diffi cile installa-

re Windows o MacOSX. L’aggiornamento dei programmi installati può avvenire au-tomaticamente oppure con un semplice click del mouse.

In genere, soprattuto per i programmi in commercio,

il codice non viene divulgato ed è protetto legalmente

come proprietà della società che lo produce.

Nel caso dell’opensource, ogni programmatore può

scaricare e modifi care il codice di un programma, aggiungere delle funzioni

che ritiene necessarie o semplicemente valutare se

ci sono errori da segnalare.

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Il lungo percorso di maturazione di Linux ha inoltre prodotto un interessante effetto collaterale: lo sviluppo di un certo numero di distribuzioni, simili tra loro nel cuore del sistema e in molte altre parti, ma con caratteristiche diverse che le rendono adattabili a molteplici situazioni.

Una distribuzione è un sistema operativo completo, creato da una società, da un’organizzazione oppure promosso da una co-munità virtuale. La diversità consiste nel creare un sistema con una base simile, ma con funzioni, programmi e fi nalità diverse.

Per esempio, alcune distribuzioni si rivolgono al mercato dei server di rete: in esse prevalgono programmi che gestiscono il traffi co di rete, che permettono di ospitare pagine web o server di posta elettronica. Altre invece sono orientate all’uso di tutti i giorni, contengono programmi di elaborazione testi compatibili con quelli in commercio, dispongono di un’ottima gestione del-la memoria, utile anche per visionare dei fi lmati e interagiscono perfettamente con tutte le tecnologie di comunicazione, come bluetooth e reti wireless. E non da meno sono facili ed intuitivi da utilizzare.

La maturazione di Linux, come spesso accade, ha portato con sé ulteriori benefi ci. Diversi produttori di hardware si sono accorti delle sue grandi potenzialità e hanno messo a disposizione dei pc assemblati e dei laptop con una distribuzione adatta alle persone comuni.

Forse per alcuni è ancora presto per acquistare un computer con Linux ed usarlo come sistema principale. Nel caso che qualcuno possedesse un pc inutilizzato, invece, potrebbe valere la pena approfondire la questione, magari con l’aiuto di un amico, per muovere i primi passi.

Il mondo di Linux è in continua evoluzione e sicuramente saprà sorprendere anche in futuro.

Da ormai diversi anni, disponibile anche per Windows, esiste una valida alternativa al pacchetto Offi ce di microsoft: il suo nome naturalmente è: OpenOffi ce!

Provatelo!

http://it.openoffi ce.org/doc/utenti/index.html

Distribuzioni Linux

CentOS www.centos-italia.orgFedora www.fedora-it.orgGentoo www.gentoo.itOpenSuse it.opensuse.orgRed Hat it.redhat.comSlackware www.slackware.itUbuntu www.ubuntu-it.org

Ogni distribuzione possiede le sue caratteristiche. Per i nuovi utenti consigliamo di leggere il sito web relativo ad Ubuntu.

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Distribuzione Ubuntu Linux con interfaccia grafi ca Kde

Distribuzione Gentoo Linux con interfaccia grafi ca Kde

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Coppie in collusione

psicologia28

Quando il confl itto interiore diventa un confl itto tra coniugidi Tanya Lecchi

L’altro partner, nei casi più gravi, potrebbe invece essere diagnosticato come un “maniaco ossessivo”: estremamen-te ordinato, infl essibile, privo di spontaneità, con un ango-sciante desiderio di controllo su di sé e sull’ambiente. Non

può permettersi di divenire consapevole dei propri sentimenti di rabbia e risentimento, perché, se ammettesse di provarli, dovreb-be anche riconoscersi come un individuo potenzialmente perico-loso e distruttivo: un’ipotesi intollerabile.

È su queste basi che inizia il rapporto: il marito solitamente si assume la responsabilità di garantire stabilità e soccorso alla mo-glie, rivestendo così un ruolo che lo fa sentire importante. Que-sto “patto coniugale” in genere funziona fi no a quando il marito non inizia a sentirsi privo di energie, incapace di soddisfare le continue richieste affettive della moglie. Convinto di poter sod-disfare i propri bisogni emozionali in modo autonomo, cerca di creare una sorta di distanza dalla partner, che vive questo cam-biamento come un colpo insopportabile: desidera furiosamente attenzione e rassicurazione, mentre si sente messa da parte pro-prio dalla persona che aveva promesso di accudirla.

La moglie istrionica non può sopportare che il marito la ignori: è terrorizzata all’idea di rimanere da sola, perché è proprio la pre-senza dell’altro a garantirle un’identità. È profondamente con-vinta che, all’inizio del rapporto, il marito le abbia promesso che sarebbe sempre stato al suo fi anco, per ammirarla e sostenerla, aiutandola a migliorare il suo basso livello di autostima. Molto spesso, infatti, queste donne hanno avuto una vita familiare mol-

to sterile da un punto di vista affettivo, oppure relazioni amo-rose infelici, quindi ora si sentono in diritto di reclamare l’amo-re che non hanno potuto ricevere nel loro triste passato. È per questo che la trasgressione del contratto matrimoniale viene vissuta in modo così terribile: tradita e umiliata per l’ennesima volta, sente rinascere in sé la rabbia e il risentimento a lungo repressi. Il marito, però, aggredito con violenza dalla moglie, si spaventa terribilmente, ritirandosi sempre di più, causando quin-di un aumento esponenziale dei comportamenti accusatori del-la partner. Mentre la donna cerca disperatamente di vivere in completa simbiosi con il marito, nella piena libertà di espressione del proprio universo emotivo, l’uomo cerca di controllare l’inva-denza della moglie, nel tentativo di conservare la propria auto-nomia, terrorizzato non solo dalle intense passioni della moglie, ma anche dalle proprie.

La persona ossessiva, anche se ha scelto una forma di difesa psi-cologica totalmente diversa rispetto alla compagna istrionica, ha sofferto per problemi simili, soprattutto per carenze affettive. Anche se non cosciente della propria rabbia repressa, l’ossessi-vo percepisce dentro di sé la presenza di una forza terribile: per fronteggiare questo pericolo ha imparato a scaricare parte del suo risentimento attraverso il canale dell’emotività della moglie. Quest’ultima, allo stesso tempo, ha delegato i propri bisogni di autocontrollo e padronanza al marito.

Ovviamente due persone non possono fondersi in un unico esse-re indifferenziato per sempre: l’iniziale sollievo, dovuto alla pre-senza di un partner capace di mettere in contatto con gli aspetti non riconosciuti e non integrati della propria personalità, con

Nella pratica clinica s’incontrano spesso relazioni tra un partner, tipicamente il marito, lontano

e non espressivo, e un altro, di solito la moglie, frustrato, molto volubile ed emotivo. Quando le

caratteristiche di quest’ultimo sono esasperate si parla di disturbo di personalità istrionica,

disordine presente in persone piacevoli e affettuose, anche se in modo superfi ciale,

egocentriche, intemperanti, prive di alcuna considerazione per gli altri. Dipendenti e

alla continua ricerca di rassicurazioni, spesso indulgono in fantasie romantiche e mostrano

un disperato bisogno d’affetto. Ovviamente questo tipo di personalità potrebbe appartenere anche al marito: non sono caratteristiche legate al genere femminile, pur corrispondendo a uno

stereotipo molto diffuso.

...il marito solitamente si assume la responsabilità di garantire stabilità e soccorso alla moglie, rivestendo così un ruolo che lo fa

sentire importante.

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i punti di domanda30

Possiamo cambiare il corso degli eventi?di Sebastiano Brocchi

L’estate scorsa mi sono capitati due eventi molto curiosi. Entrambi, ri-guardavano il destino di una far-falla notturna. Nel primo caso, si

trattava di una falena che arrancava sul pelo dell’acqua di una piscina, battendo faticosamente le ali ormai bagnate. Im-pietosito dallo spettacolo, raccolsi una foglia, e aiutai l’animaletto a guadagnare la sponda. La piccola farfalla rimase per

un po’ di tempo immobile ad asciugarsi ai raggi del caldo sole di luglio. Poi, ti-midamente, cominciò a muovere alcuni passettini leggeri sulla spiaggia lastricata della piscina. Sembrava perfettamente ristabilita, e pronta a spiccare nuovamen-te il volo, quand’ecco che all’improvviso, da sotto un sasso lì vicino, spuntò rapidis-sima una lucertola che agguantò l’insetto tra le bramose fauci, e subito scomparve, lesta com’era venuta, all’ombra del sasso.

Il secondo episodio aveva come protago-nista una sfi nge (non saprei dire di quale specie, essendo quella degli sfi ngidi una grande famiglia di farfalle notturne dalle forme e i colori più variati). Anche questa volta l’animaletto lottava fra la vita e la morte, rimasto impigliato sullo stelo di un fi ore a causa forse di una resina ap-piccicosa. Già questo era abbastanza in-consueto… una farfalla rimasta attaccata ad un fi ore non si vede tutti i giorni. La sfi nge, con il suo rumoroso e frenetico batter d’ali, sapeva certo come farsi no-tare. Fu per questo che attirò la mia at-tenzione. Ebbene, credendo di fare cosa

gradita, staccai l’animaletto dalla sua trappola mortale. La sfi nge volò via in un batter d’occhio librandosi nel cielo contro i colori del tramonto che ormai diveniva crepuscolo. Eppure, il suo volo venne re-pentinamente quanto bruscamente inter-rotto: la farfalla era stata catturata da un pipistrello!

I due episodi, così simili peraltro, mi sono parsi molto signifi cativi, e carichi di un messaggio che va al di là delle vicende di due piccole farfalle notturne. Più che un messaggio, una domanda: è possibile cambiare il destino?

Ricordo che nel fi lm “The time machine”, diretto da Simon Wells (ma di quel fi lm ho visto solo l’inizio, dovrò chiedere a qual-che amico che l’ha visto com’è andato a fi nire…) il protagonista costruisce una macchina per tornare indietro nel tempo e modifi care il destino mortale della sua amata, ma si accorge che tornando indie-tro anche mille volte è impossibile cam-biare le cose. In un modo o nell’altro, la donna che amava era destinata a morire quel preciso giorno.

Quindi, che si tratti di una farfalla not-turna, o di una persona, la domanda è sempre la stessa: possiamo, con le nostre azioni, impedire che si compia un destino inevitabile? Non parlo solo della morte. Ma di qualunque cosa. E non importa se si creda o meno nel destino. Se lo si chiami fato, provvidenza o casualità. Voglio dire: se una cosa deve succedere, possiamo fare qualcosa per impedirlo?

Questa domanda si pone come sosta ne-cessaria nel cammino di un individuo e della stessa società umana, perché è in-torno alle risposte che ad essa si possono dare che vengono costruite molte delle nostre attività, e in primo luogo penso alla scienza medica. Ha senso curare un malato se alla morte non si può sfuggire? E senza metterla sul piano professionale, lo stesso dubbio potrebbe sorgere a livel-lo interpersonale, famigliare e affettivo: ha senso darsi da fare, combattere per “salvare” qualcuno da un destino infau-

Salvador Dalì, Les montres molles

I punti di domanda.Rifl essioni fi losofi che,domande esistenziali e crescita spirituale

L’inevitabilità

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sto? Prima di tutto ci sarebbe molto da discutere sul verbo “sal-vare” e sull’aggettivo “infausto”, parole strettamente connesse fra loro ed entrambe figlie soltanto di un giudizio soggettivo: chi può pretendere di “salvare” qualcun altro? E chi può dire quale destino sia fausto e quale infausto? Quale sorte favorevo-le, quale sfavorevole? Ricordo che fin da bambino, uno dei miti greci che più profondamente mi ha colpito è quello di Cidippe, sacerdotessa di Hera. Narra la leggenda che un giorno, Cidippe doveva recarsi ad una cerimonia in onore della Dea, ma il bue che avrebbe dovuto trainare il suo carro non arrivava. I due figli della sacerdotessa, devoti e servizievoli, si offrirono allora di portare essi stessi il carro della madre al tempio. Cidippe, impressionata da quel gesto, chiese ad Hera, come premio per i propri figli, il più bel dono che un immortale potesse fare ad un mortale; e per tutta risposta la sposa di Zeus fece morire all’istante i due ragazzi. Questo mito sconvolge alla radice l’opinione che abbia-mo della morte. Chi può dire se la morte sia un bene o un male? E se questa domanda si applica alla morte, da molti considerata come il sommo fra i mali, non può forse applicarsi ad ogni pos-sibile evento del nostro destino? Chi può giudicare la sorte? Di certo i giudizi che diamo agli eventi mentre questi si manifestano sono spesso molto diversi dai giudizi che ne diamo a distanza di tempo.

Ora, io credo che proprio l’impossibilità di rispondere a queste domande, ci impone di rivoltare il problema, dirigendo l’atten-zione su noi stessi, invece che sugli altri, sul mondo e sul destino. Quando pensiamo di “aiutare” o “salvare” qualcuno, non pos-siamo sapere se realmente la nostra azione possa strappare un essere da un destino che forse è inevitabile; non possiamo giu-dicare se quella che noi crediamo essere una triste sorte sia in realtà tale, o piuttosto non sia una sorte migliore; ma sappiamo per certo che la nostra azione nasce da un impulso altruistico che dimostra la nostra non estraneità, la nostra non indifferenza, nei confronti di ciò che è altro. In altre parole, il desiderio di aiutare un altro essere può anche rivelarsi utile o inutile alla prova dei fatti, perché giustamente ignoriamo cosa sia inevitabile e cosa in-vece possiamo cambiare con il nostro impegno; ma per noi stessi, quel desiderio, quella spinta di compassione, è il modo che ci è dato per dimostrare la nostra sensibilità, la nostra attenzione nei confronti di ciò che esiste al di fuori di noi stessi. Il buon medico, non lotta contro la morte, ma cerca di migliorare la vita del suo paziente. Il genitore che si preoccupa del figlio, forse non potrà evitare al figlio di commettere i propri sbagli e di soffrire, ma con la sua apprensione dimostra il proprio amore. Così, allo stesso modo, cercando di liberare le due piccole farfalle notturne dai

loro affanni, non ho, certo, potuto ritardare il compiersi di un destino ineluttabile e di certo impossibile da giudicare in quanto espressione di un disegno naturale (il che mi è stato mostrato più che palesemente dall’intervento della lucertola e del pipistrello), ma ho in qualche modo migliorato me stesso, rifiutando l’indif-ferenza.

Inoltre, l’impegno di tutti, l’azione di ogni essere umano, in qual-siasi campo, e dettata da qualsiasi sentimento, sia quest’ultimo costruttivo o distruttivo, è, nell’ottica di un disegno armonico che permette alle cose di essere, inevitabile né più né meno della sorte. I gesti, piccoli o grandi, di chi cerca di cambiare un destino che sembra inevitabile, sono essi stessi inevitabili, e proprio in ra-gione di quel destino cui cercano di opporsi; in un’interminabile catena di azioni e reazioni che permettono alle cose di accadere così come accadono.

Hera, la sacerdotessa

In questo libro, definito “un testo magistrale” dalla critica specialistica,

Sebastiano B. Brocchi cerca di definire i pilastri maggiori dell’Alchimia, interpretandone i simboli alla luce della scienza dello spirito. L’arte della trasmutazione dei metalli in oro viene qui spiegata per quello che era il suo intento originario e più segreto: trasformare interiormente l’essere umano.

Brossura. 210 pagg. illustrate a colori.55.- CHF [+ spese postali]

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BT consiglia

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di Nicoletta Di Marco

La befana vien di notte...

costume & società

Tradizione di matrice italica, il personaggio della befana è l’evoluzione di culti precristiani, usanze popolari ed elementi folcloristici che ha origini antichissime. Il termine Befana è un’alterazione di Epifania, a sua

volta derivante dal greco “Tà epiphaneia”, cioè manifestazione della divinità. Durante il Medioevo, l’Epifania rappresentava la dodicesima notte tra Natale e il 6 gennaio, periodo immediatamente successivo alla semina da cui dipendeva l’esito del raccolto e quindi la sopravvivenza stessa. Era comune, allora, fra i contadini, la credenza che durante queste notti Diana (Dea della fertilità per gli antichi Romani) volasse sopra i campi seminati per proteggere i raccolti. La Chiesa condannò il culto di questa fi gura pagana, trasfi gurandola in demone e da qui nacquero tutta una serie di racconti sulle streghe. Nella liturgia cristiana l’Epifania passò a signifi care la manifestazione di Gesù agli uomini come Messia, ma con l’andar del tempo fi nì per ricordare solo la venuta e l’adorazione dei Re Magi.

Dal XIII al XVI secolo la Befana non è ancora una “persona” ma solo una festa, importante e gioiosa dell’anno. È solo nel tardo 1500 che si comincia a parlare di fi gure femminili erranti il cui scopo era impaurire i bambini. In seguito avviene un ulteriore mutamento, per cui da strega, la Befana, si trasforma in una buona vecchietta che porta doni volando sulla sua scopa. Secondo una versione “cristianizzata” invece, una sera, i Re Magi in cammino verso Betlemme per portare i loro doni a Gesù bambino bussarono alla porta di una vecchietta per chiedere indicazioni essendosi persi. La vecchietta indicò loro la strada ma rifi utò l’invito dei Magi ad unirsi a loro. Dopo che partirono, però, si pentì di non averli seguiti ed uscì a cercarli in tutte le case, lasciando ad ogni bambino un dono nella speranza che potesse essere Gesù. Da allora, ogni anno continua ad andare in giro distribuendo i regali ai bambini per compiere la sua missione.

Esistono diverse varianti della Befana, celebrate in vari Paesi. In Francia, ad esempio, si mette una fava all’interno di un tipico dolce preparato per l’occasione: chi lo troverà sarà re o regina per un giorno. In Russia, il Natale si celebra il 6 gennaio, giorno in cui Padre Gelo accompagnato da Babuschka, una simpatica vecchietta, porta i doni ai bambini. In Italia, vi sono diverse tradizioni a seconda delle regioni: in Toscana si mettono in scena le “befanate” (rappresentazioni sacre e profane); in Veneto si accendono dei falò per bruciare fantocci raffi guranti la Befana; in Calabria, Sicilia, Puglia e Abruzzo i ragazzi vanno in giro per le case cantando per la Sacra Famiglia; in Friuli si fanno rotolare dei dischi infuocati dai fi anchi delle colline.

La simbologia legata al personaggio della Befana è molto complesso: questa scende infatti nelle case attraverso le cappe dei camini, che simbolicamente raffi gurano un punto di incontro tra cielo e terra, distribuendo due tipi di doni: quelli buoni

sono presagio delle buone novità portate dal prossimo arrivo della nuova stagione (la primavera) e il carbone che invece rappresenta il residuo del passato (dell’anno appena trascorso e dell’inverno).

Se San Nicola è un santo protettore, e Babbo Natale un simpatico nonnino che accontenta tutti i bambini, la Befana è invece la sostanza femminile pagana di una lunga tradizione rituale contadina. Non porta soldi ma (tradizionalmente) arance, noci, dolcetti, piccoli prodotti casalinghi e carbone. Arriva il 6 gennaio per ricordarci che le feste son fi nite e bisogna ritornare “nei campi” a lavorare e ricominciare con la nuova semina.

Nell’immaginario collettivo la Befana è una vecchietta vestita di stracci con un fazzoletto o

un cappellaccio in testa, il naso grosso, il mento pronunciato e pochi denti che porta un sacco

pieno di dolcetti e regali vari per i bambini, volando di casa in casa a bordo di una scopa.

I bambini attendono impazienti il suo arrivo nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, appendendo al camino

da cui scenderà la Befana le calze che al mattino troveranno colme di regali o di carbone, a seconda

di come si sono comportati durante l’anno. I bambini le lasciano in un piatto un mandarino o un’arancia e un bicchiere di vino per ringraziarla: troveranno il pasto consumato e l’impronta della mano della Befana sulla cenere sparsa nel piatto.

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bestiale36

Chihuahua: cani da tenere in tasca...di Nicoletta Di Marco

Sono cani con una personalità uni-ca, dotati di grazia, molta ener-gia e che vivono a lungo: circa 15 anni! Questa razza è nota per

essere molto devota e fedele ai proprie-tari con cui vive a strettissimo contatto e da cui esige tutta una serie di attenzio-ni. Nonostante il temperamento dolce,

il Chihuahua è audace e senza paura so-prattutto se si tratta di difendere il pro-prio padrone. Tendenzialmente è socie-vole con i cani della sua stessa razza ma non particolarmente verso gli altri.

Il Chihuahua è noto per i suoi occhi gran-di le dimensioni davvero ridotte e le orec-chie dritte. Ne esistono due varietà: una a pelo lungo e un’altra a pelo corto. È molto apprezzato per la sua devozione e per la personalità. Attento e intelligente, le di-mensioni ridotte permettono di inserirlo praticamente ovunque: nella borsa, nella tasca di una giacca, perfi no in una tazza…

Solitamente questi cani si legano in ma-niera particolare ad una sola persona, nei confronti della quale arrivano a svi-luppare forme acute di gelosia e posses-sività.

Origini

Alcune teorie sostengono che i Chihuahua siano la razza più antica d’America. Se-condo alcune leggende questa razza era addirittura coinvolta nei culti religiosi durante il regno degli Aztechi: sono state rinvenute alcune incisioni che li raffi gura-no nelle piramidi di Cholula, in Messico. Altri invece ne attribuiscono l’origine ai paesi mediterranei o addirittura alla Cina, da cui furono portati in America dai com-mercianti spagnoli. Fatto sta che una vol-ta giunti in Messico, furono allevati dagli indigeni. Verso la fi ne dell’ottocento, poi, il Chihuahua si diffuse negli Stati Uniti raggiungendo un livello di popolarità che lo ha portato ad essere tra le dodici razze più allevate. Anche in Europa è allevato con successo; il più conosciuto rimane la varietà a pelo corto rispetto a quella a pelo lungo.

Aspetto

Le prime cose che si notano del Chihuahua sono gli occhi e le orecchie grandi. Gene-ralmente l’altezza di un Chihuahua è tra i sei e i dieci centimetri al garrese anche se alcuni hanno addirittura raggiunto i quindici centimetri. Non esistono stan-dard di razza che ne defi niscono l’altezza obbligatoria anche se il peso e le propor-zioni generali sono stati defi niti. Il peso solitamente varia tra uno e tre chili; co-munque non dovrebbe mai eccedere i sei chili. Il Chihuahua può essere di molti co-lori: ce ne sono neri, bianchi, pezzati ma anche di colore fulvo con abbondanza

I Chihuahua non sono solo i cani più piccoli del mondo,

ma detengono anche il primato di cani più antichi d’America. Secondo alcune teorie devono il nome alla

regione di Chihuahua, in Messico. Intelligenti, vivaci ed instancabili esploratori, sono

la razza ideale per chi desidera avere un cucciolo con una

personalità unica.

Scheda:

Nome: ChihuahuaOrigine: MessicoTaglia: PiccolaAltezza: Da 6 a 10 cmPeso: Da 1 a 3 kg

Manto: Può essere di vari coloriIndole: Intelligente, vivace, diffi dente con estraneiParticolarità: Molto geloso del suo padrone

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di variazione in ombre e toni. Il cranio è tondo a forma di mela e il muso corto, mentre la coda, piuttosto lunga e a forma di falce, spesso tocca la schiena.

Il manto, soffice e brillante, aderisce al corpo nella varietà a pelo corto, è inve-ce più lungo sul collo e sulla coda, nella varietà a pelo lungo. In entrambi i casi il tipo di pelo è il medesimo, leggermente più sottile e setoso nella versione a pelo lungo in cui può presentarsi liscio o leg-germente ondulato.

Carattere

Il Chihuahua è un cane molto piccolo che può facilmente adattarsi a qualsiasi am-biente. Questa razza è molto vispa ed ha sempre un’espressione sbarazzina sul suo volto. Alcuni esemplari però possono di-ventare scontrosi o arroganti, soprattutto se provocati.

Sono in generale cani molto sospettosi di chiunque al di fuori del proprietario a cui si affezionano moltissimo. Dotati di un innato senso di curiosità, sono molto intelligenti e leali. La fedeltà così come l’affinità a vivere a stretto contatto con il padrone li rendono adatti alla convivenza ravvicinata. Dato che la loro dimensione ridotta li rende piuttosto fragili, avere dei bambini piccoli intorno per loro non è il massimo, perché rischierebbero di essere scambiati per giocattoli…

Cure

I Chihuahua godono generalmente di buona salute anche se possono essere soggetti ad alcuni disturbi come la lussa-zione della rotula che causa loro dolore, rigidità e difficoltà di deambulazione: si tratta di una condizione comune per le razze più piccole. L’ipoglicemia (livello di glucosio nel sangue estremamente bas-so) è un’altra condizione abbastanza dif-fusa anche se molti cuccioli che nascono con questo problema lo superano dopo lo svezzamento. In ogni caso non appena si notano sintomi o comportamenti al di

fuori del normale (irrequietezza, brividi o tremori muscolari) è sempre consiglia-to rivolgersi a personale qualificato. L’in-tervento del veterinario è indispensabile anche per curarne i denti e al momento del parto.

Ambiente ideale

Il Chihuahua non ama particolarmente il freddo ecco perché i proprietari più pre-murosi li coprono con mini-maglioni e cappottini durante i mesi invernali. Indi-pendentemente dal clima, l’habitat natu-rale di un Chihuahua sarà la vostra borsa o la vostra tasca: ben al caldo e in stret-tissimo contatto con l’amato e padrone.

Alimentazione

Il Chihuahua ama scegliere ciò che man-gia e può essere piuttosto esigente sul cibo che deve essere nutriente ma non eccessivamente grasso, in quanto, il so-vrappeso potrebbe causargli problemi come lesioni articolari.

Addestramento

L’addestramento dei Chihuahua deve si-curamente essere svolto con un approccio positivo: si tratta infatti di cani intelligen-ti e veloci nell’apprendimento ma che poco tollerano rimproveri e punizioni.

Ci sono alcune cose principali che si de-vono tenere a mente al momento di “educare” un chihuahua. Innanzitut-to la dimensione: è controproducente e insensato utilizzare un guinzaglio a soffocamento con un cane così piccolo, rischiando di danneggiargli la trachea. I premi dovrebbero essere parte integran-te dell’addestramento: il rinforzo positivo è un ottimo strumento per ogni cane ma il chihuahua lavorerà particolarmente duro in vista di qualche sfiziosa ricompensa… La formazione dovrebbe inoltre svolgersi regolarmente ed essere iniziata il prima possibile con comandi semplici, persisten-do sullo stesso finché non verrà eseguito per poi passare alle fasi successive.

Il Chihuahua non ama particolarmente il freddo ecco perché i proprietari più premurosi li coprono

con mini-maglioni e cappottini durante i mesi

invernali.

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spazio trovatelli38

Animali cercano casa

Società Protezione Animalidistr. di Locarno e Val Maggia

Via Stradonino 26596 Gordola

Tel. 091/859.39.69Fax 091/859.38.45

[email protected]

BARBINAeuropea, sterilizzata, nata ca. 2004, abituata ad uscire

SEBY europea, sterilizzata, nata 5.2009, abituata ad uscire

MILLIeuropea, sterilizzata, nata ca. 2006, abituata ad uscire

TAROincrocio appenzellese, nato ca. 2005, adora il contatto

DIABLITO europeo, castrato, nato ca. 2002, abituato ad uscire

LACKY incrocio, maschio, nato 3.2005, affettuoso e coccolone

TANGOeuropeo,castrato, nato nel 2002, in adozione con Samba

BIRBAeuropea, sterilizzata, nata 04.2006, abituata ad uscire

SILA europeo, sterilizzata, nata ca. 2008, abituata ad uscire

RONNY europeo,castrato,nato ca. 2007, abituato ad uscire

ROCKY incrocio Amstaff,nato 11.2008, ha bisogno di essere educato

GORI europeo, castrato, nato ca. 2004, abituato ad uscire

CHICCO europeo, castrato, nato ca. 2005, abituato ad uscire

SINA europea, sterilizzata, nata ca. 2008, abituata ad uscire

RIXOeuropeo,castrato, nato ca. 2006, abituato ad uscire

NUVOLA incrocio Husky, femmina, nata 6.2009, ama le lunghe passeggiate

NIX europea, sterilizzata, nata 3.2001, abituata a stare in casa

NERONE Coker Spaniel Inglese,castrato, nato ca. 2006,molto attivo

SAMBA europea, sterilizzata, nata ca. 2002, in adozione con Tango

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Il fascino italiano del Granturismodi Paolo Spalluto

Maserati Granturismo S Automatica

Nella storia del marchio del Tridente, iniziata a Mode-na nel 1914 per mano di Al-fieri Maserati, la ricerca di

prestazioni di assoluta qualità, insie-me ad una signorilità che nulla avesse a che vedere con il Rosso Ferrari esibi-to e sbattuto in faccia, è sempre stato un elemento centrale. Un esempio su tut-ti? Il Blu Maserati appunto.

Alla sua apparizione a Ginevra nel 2007, la Granturismo fu subito giudicata la re-gina del Salone e per mesi le varie testate mondiali ne hanno decretato un apprez-zamento meritato soprattutto per la fan-tastica linea di Pininfarina. Oggi giunge sul mercato un avanzamento importan-te della Granturismo che riceve prima di tutto il motore 4,7 litri otto cilindri che sviluppa ben 440 cavalli, ma soprattutto il sicuro e fluido cambio ZF automatico.

L’innovazione è di tutto rispetto perché permette all’acquirente di avere in mano due auto allo stesso tempo, noi di BT ab-biamo testato il modello sulle autostrade ticinesi, ma anche sui passi della Novena e dell’Albula.

In condizioni di guida normali, con il tasto Sport disinserito, la Granturimo è confortevole, romba come un gatto sor-nione e viaggia a suo agio anche nel per-corso cittadino. Poi, in modalità Sport, il suono tutto italiano delle quattro canne d’organo inizia a cantare le sue note melodiose e grazie al cambio “paddle F1” e al volante rapidissimo negli inne-sti e nelle scalate (con tanto di rabbioso rinculo), ci si ritrova in mano un mezzo capace di raggiungere in circuito quasi i 300 all’ora.

Ma vediamo ancora qualche dato sulle prestazioni della Granturismo: da 0 a 100 in 5 secondi netti e soprattutto si esce da 0 a 1000 metri a 227 kmh, sempre in cir-cuito è ovvio.

Chi acquista una Maserati non lo fa per apparire e mostrarsi, ma perché apprezza il valore

delle linee e dell’ eleganza.

motori40

I test di

Spesso per semplicità si parla di automobili utilizzando le “veline” delle case automobilistiche. Buon-giorno Ticino vuole essere diverso anche in questo caso, presentando ad ogni numero uno o due modelli che avremo personalmente testato sulle nostre strade per verificarne e giudicarne perfomance e quali-tà.

Partiamo con un modello da sogno perché il mondo delle quattro ruote è anche questo, ma in futuro sapre-mo anche stare con i piedi per terra, attenti alla componente ambientale e alla sostenibilità. L’industria auto-mobilistica è infatti tra quelle che hanno maggiormente investito in tale ambito nonostante siano state prese di mira eccessivamente rispet-to, ad esempio, ai riscaldamenti do-mestici.

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Il motore è splendido e si sente la deri-vazione costruttiva Ferrari: un poco im-ballato sino a 3500 giri, poderoso pieno ed instancabile dai 3500 a quasi 8000, con un sound che sulle ripide rampe dei nostri passi ha suscitato sguardi rapiti di ammirazione.

E’ chiaro che si tratti di una GranTuri-smo e dunque il passo più lungo della precedente GranSport la rende certo più confortevole e silenziosa pur se nel con-tempo parzialmente meno agile, anche in virtù delle quasi due tonnellate di peso con guidatore a bordo. Quello che può sembrare un piccolo limite è in realtà l’es-senza della marca Maserati di cui parlava-mo prima: la signorilità e la discrezione di un mezzo potente e splendido.

Veniamo ora all’interno: qui si sente il con-trasto tutto italiano nel costruire un’auto sportiva. Se cercate eleganza, design, suo-no, motore, freni e tenuta, in questa Ma-serati starete benissimo. Se invece ama-te la perfezione delle pulsanterie, delle levette, dei tergicristalli degni di questo nome, insomma l’anima teutonica della qualità, la Maserati vi piacerà meno. Un notevole miglioramento in questo senso è già visibile e fa ben sperare per il futuro.

Certo, il pulsante degli specchietti è in una posizione assurda e fatto in mate-riale povero; ben sei bottoni di controllo posti alla sinistra del volante semplice-mente non si vedono; i tergicristalli non sono propriamente dei più nuovi, ma la pelle Frau è vera pelle, non quella sen-sazione di “tamburo” spesso spacciato come pregiato. Il colore corallo, poi, sem-plicemente emozionante.

Un qualche ulteriore investimento sulle chiavi forse si poteva fare, ma non dimen-tichiamo che la resurrezione del Tridente è strada lunga e faticosa essendo divenu-ta Business-Unit, il che signifi ca “tenersi in piedi con le proprie gambe” senza più ricevere aiuti economici da Fiat Group.

Evitiamo di entrare nel merito dei consu-mi del mezzo, anche perché l’acquirente di tale gioiello probabilmente non si por-rà il problema. In città ad andatura sere-na abbiamo fatto 100 chilometri con 13 litri. La performance sui passi ve la evitia-mo per serenità di lettura.

In conclusione se avete 200.000 franchi per comprarvi un’auto da sogno, da gui-dare senza imbarazzo ma coscienti che l’eleganza sia a volte fatta anche da un tocco di unicità, la Maserati Granturismo S Automatica è davvero il mezzo per voi. Tutti quelli che non se la possono permet-tere, possono comunque ammirare un vero gioiello tutto italiano.

★★★★★Giudizio complessivo

Ci piace

design di Pininfarina (splendido!)sonorità e prestazioni del motoretenuta di strada e frenataqualità della Pelle Frau

Non ci piace

allineamento di alcune parti della carrozzeriaalcune pulsanterie non al livello del veicoloalcuni controlli coperti in visuale dal volantechiavi davvero misere

Il modello in prova

Maserati Granturismo S 4,7 AutomaticaFrs. 196.000.— (listino)

OptionalAlcantara, Bose Sound System, pinze freni rosse, sedili elettrici e comfort pacchetto, tappeti internirosso come pelle speciale Corallo rosso Frau, cerchi 20 pollici Mercury, controllo pressione pneumatici, colore speciale esterno grigio palladio, apertura garage, presa IPod, pelle traforata dei sedili, sensori parcheggio posteriori.

Prezzo auto in provaFrs. 214.800.—

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saranno famosi48

Miss Alpe Adria International

I paesi partecipanti sono quelli ap-partenenti alla Comunità Alpe Adria (Italia, Germania, Slovenia, Croazia, Austria, Ungheria, Svizzera), oltre la

Repubblica Slovacca. Dal 2007 è stata in-serita nel circuito anche la Repubblica di San Marino.

Spetta a MediaPlanet Sagl, agenzia di moda con sede a Giubiasco, scegliere le tre rappresentanti svizzere che prendono parte alla finale internazionale di Miss Alpe Adria International prevista nel cor-so del mese di marzo 2010 in Slovenia. A questa finale partecipa di diritto anche Miss Insubria in carica (dal 2006 i due con-corsi sono gemellati).

Chi rappresenterà la Svizzera in Slovenia?

MediaPlanet Sagl sceglierà le tre ragazze svizzere che prenderanno parte a questo importante appuntamento con la bellez-za europea durante la finale naziona-le che si terrà al Teatro di Locarno. Una serata da sogno con tanti premi ed alla quale potranno partecipare “soltanto” 15 ragazze.

L’evento vedrà quali protagoniste le in-dossatrici di MediaPlanet Sagl che presen-teranno in passerella i capi di Gabbiano Blu (boutique con sede a Locarno e Tene-ro) e Sposa Ireos (di Locarno).

Haute Coiffure Française Gruppo Ticino si occuperà delle pettinature di Miss ed indossatrici.

La serata è organizzata anche dai part-ner Linea Sprint, Terme di Grado, Garage Mondauto (di Osogna), BuongiornoTicino.

Prevendita biglietti:

Fino al 16.01.2010 sul sito www.biglietteria.ch oppure presso Manor Lugano, Bellinzona, Vezia,

Locarno, Ascona e le principali stazioni FFSDal 18.01.2010 presso

Ente Turistico Lago Maggiore, LocarnoTelefono: +41 (0)91 756 61 60

CHF 20.- adultiCHF 15.- fino a 16 anni

Ai lettori di BT, la possibilità di partecipare all’evento: 5 biglietti in omaggio, visita il

nostro portale web: www.buongiornoticino.ch

La finale Svizzera il 23 gennaio 2010, ore 20.30 presso il Teatro di Locarno

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Le ragazze possono ancoraiscriversi

Possono partecipare a Miss Alpe Adria International Svizzera le ra-gazze di bella presenza tra i 15 ed i 28 anni accettate dall’organizzatore. Le candidate ammesse ricevono l’ab-bigliamento ufficiale del concorso che comprende uniforme, scarpa e costume da bagno.

Partecipare a Miss Alpe Adria Inter-national Svizzera significa anche po-ter ambire ai numerosi e ricchi premi riservati non solo alle vincitrici.

Informazioni ed iscrizioni:

+41 (0)91 220 01 [email protected]

www.mediaplanet.ch

Miss Alpe Adria International è un concorso di bellezza

internazionale giunto alla ventiduesima edizione che

dal 2006 gode del patrocinio dell’Alps Adriatic Working

Community.

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7 Prendi una decisione che darà una grande svolta nella vita...

Con coscienza e dopo averla

meditata a lungo

Dopo aver pianificato nei det-

tagli ogni cosa

In modo improvviso e con

entusiasmo

8 A capodanno...

Hai espresso i tuoi desideri per

l’anno nuovo

Hai pianificato attività per

l’anno nuovo

Hai semplicemente festeggiato

9 Se non ottieni ciò che desideravi e ti aspettavi...

Per te è un insuccesso

Tendi ad avere poche aspettati-

ve e sei aperto alle sorprese

Sei deluso ma cerchi di vedere

la situazione da un altro punto

di vista

10 Quale affermazione si adatta meglio a te?

Spesso ho spirito di iniziativa

Sono perseverante

Preferisco avere compiti chiari

da svolgere

A

B

C

A

B

C

A

B

C

A

B

C

4 Devi intraprendere una nuova attività:

Preferisci farti aiutare da qual-

cuno di fidato

Sei perfettamente in grado di

cavartela da solo

Cerchi alleati o soci

5 Hai più paura di...

Ferire una persona

Andare in aereo

Fare una figuraccia

6 Per te gli ostacoli:

Sono principalmente prove

da superare

Se sono troppi tendono a

scoraggiarti

Fanno parte della vita

A

B

C

A

B

C

A

B

C

Fino a 32 punti

Vivi giorno per giorno, riflettendo pro-fondamente su te stesso e su quanto ti cir-conda; la tua vita non è quasi mai lasciata al caso, ma ogni passo è ben ponderato e accuratamente studiato. Infondo infondo pensi che chi possiede la giusta dose di razionalità, e sa usare la testa, non avrà bisogno di avere un coraggio da leone nella vita. Generalmente preferisci evita-re di correre rischi, e in caso di estrema necessità, si sa, l’unione fa la forza.

Fino a 46 punti

La vera avventura per te non è niente di simile ad un’impresa temeraria, ma vive-re intensamente, combattendo per le tue passioni e le persone che ami, perseguen-do con tenacia i tuoi obiettivi. Tutta la vita richiede coraggio, nelle grandi deci-sioni così come nella quotidianità, e tu ti metti in gioco incessantemente, anche se a volte preferiresti non doverlo fare. Ma, come l’eroe, sai che senza paura non c’è vero coraggio.

Fino a 60 punti

Per te avere coraggio è fondamentalmen-te sinonimo di non avere paura ed è an-che una questione di onore: per questo preferisci agire prima di provare paura o di chiederti se quello che stai facendo sia la cosa giusta. Nei tuoi momenti migliori segui la corrente e ti lasci trasportare da essa, fiducioso di saper affrontare qualsiasi situazione ti si presenterà davanti. E, sulla cresta dell’onda, il coraggio del folle inco-sciente diventa poesia.

Risposta

DomandaABC164226423624

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sociale66

Il primo maggio del 2004 ha inizio l’esperienza di Casa Astra, il primo centro di accoglienza per senza fi s-sa dimora in Ticino. Il Movimento

dei Senza Voce, l’associazione che se ne prende cura, apre l’appartamento di Li-gornetto e inizia, in forma completamen-te volontaria, ad accogliere tutti coloro che, per diversi motivi, si trovano a non avere un tetto o a vivere in una situazio-ne abitativa talmente precaria e insalubre per cui il centro di accoglienza è l’unica soluzione prima della strada.

Da allora sono passati quasi sei anni e Casa Astra esiste ancora, migliora la sua azione sul territorio, amplia l’equipe e cresce in esperienza.

Nel gennaio del 2005, a sette mesi dall’apertura del centro sempre su stimo-lo del Movimento dei Senza Voce, esce una ricerca del Dipartimento Sanità e Socialità volta a quantifi care la presenza di persone che fanno, in Ticino, richiesta di un tetto di emergenza. Le cifre sono sconcertanti, quasi ottocento persone ogni anno chiedono aiuto perché non di-spongono di un tetto o dei mezzi per po-tersene permettere uno. Avevamo visto giusto con anticipo. Nel settembre 2007, dopo la presentazione di un progetto che

tendeva a una maggiore professionaliz-zazione del nostro intervento, il Cantone decide di iniziare a sostenere il nostro progetto attraverso i Fondi della Lotteria Intercantonale (30% del budget totale) e di affi ancarci un gruppo di valutazione, professionisti provenienti da diversi setto-ri del lavoro sociale e dell’amministrazione, per sostenere concretamente il nostro operato.

Ogni progetto è sempre migliorabile, e le cifre di cui disponiamo ci decidono ad inoltrare, nel marzo del 2009, un nuovo progetto per la creazione di una rete di 3 centri di accoglienza stabili, con un massi-mo di 20-25 posti ognuno, dislocati nelle diverse regioni del Cantone.

Il progetto, defi nito in collaborazione con altre associazioni quali AMCA, SOS Ticino, CSOA Molino e alcuni membri di parti-ti viene preso in seria considerazione dal Cantone che risponde positivamente ad alcune delle nostre richieste. Una di queste richieste, per noi di Casa Astra la più impor-tante, è quella del raddoppio di posti letto in una nuova struttura, posti che dovreb-bero passare dai dodici attuali ad almeno una ventina, questo perché le richieste di entrata aumentano e garantire inoltre una maggiore sostenibilità fi nanziaria.

Dall’inizio del nostro impegno sono sta-ti aperti in Ticino, prima il Dormitorio di Lugano e in seguito il nuovo Centro in-vernale a Lumino. Per quest’ultimo sia-mo stati sostenuti dalle numerose fi rme di cittadini e cittadine, allegate al pro-getto per la rete di centri di accoglien-za, cittadine e cittadini che ringraziamo oggi per il loro fondamentale sostegno. Come dobbiamo ringraziare tutti coloro, enti, associazioni, singole persone con cui collaboriamo da anni e che permettono a Casa Astra di non essere più una strut-tura precaria ma una realtà ben inserita e accettata nel territorio del Mendrisiotto.

In attesa della futura struttura continuia-mo con caparbietà a batterci per i diritti dei più deboli, a cercare soluzioni insieme ai nostri ospiti ai problemi che in questo diffi cile momento affl iggono una parte importante della popolazione e a proget-tare un modo diverso di vivere insieme.

Questa pagina è nata dal desiderio di dare voce alle associazioni presenti sul nostro territorio. Ogni mese metteremo a disposizione gratuitamente questo spazio. Se desiderate far conoscere la vostra associazione mettevi in contatto con la nostra redazione al seguente indirizzo e-mail:

[email protected]

Per contattarci:

CASA ASTRACentro di prima accoglienza

Via Mastri Ligornettesi 286853 Ligornetto

tel. 091 647 46 47

Per sostenerci:

MOVIMENTO DEI SENZA VOCE6500 Bellinzona

ccp 65-9483-6

[email protected]

Lanterne fabbricate dagli ospiti di Casa Astra al mercatino natalizio di Bellinzona, 13.12.2009

Casa AstraIl primo centro di accoglienza del Cantone cerca una nuova sede

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