Il problema delle Ong samaritane Celebrazione del … che ci dicono, non c’è un Euro e non c’è...

8
Direttore aRTURO DiaCOnaLE Sabato 25 Marzo 2017 Fondato nel 1847 - anno XXii n. 59 - Euro 0,50 DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 DCB - Roma / Tariffa ROC poste italiane Spa Spedizione in abb. postale QUOTIDIANO LIbERALE pER LE GARANzIE, LE RIFORME ED I DIRITTI UMANI delle Libertà ROSSI-MOSCA A PAGINA 2 L’indicatore fiscale nell’uovo di Pasqua POLITICA LETTIERI-RAIMONDI A PAGINA 4 I pirati della Goldman Sachs contro la nave Trump ECONOMIA Rai, Alfano contro Campo Dall’Orto ESTERI Donald Trump si nutre degli stereotipi della sinistra MAGNI a pagina 5 L a vecchia polemica sulla necessità dei cor- ridoi umanitari per i migranti provenienti dall’Africa è superata. Perché i corridoi uma- nitari sono già stati realizzati. Da dicembre dello scorso anno ad oggi, cioè nel giro di ap- pena quattro mesi, i migranti che hanno usu- fruito di questi corridoi umanitari sono stati più di 44mila. Il maltempo invernale, che fino all’anno scorso frenava l’afflusso dei profughi, è stato bellamente debellato da 14 navi attrez- zate di proprietà delle Ong che hanno assicu- rato un viaggio tranquillo ai fuggitivi da fame e guerre raccogliendoli dai barchini dei traffi- canti di persone e depositandoli nei porti ita- liani. A pima vista sembra una vicenda da premio Nobel per la solidarietà. Ma 14 navi private che operano quotidianamente nel Canale di Si- cilia e fanno la spola tra le acque antistanti i porti libici e i moli dei porti italiani costitui- scono un fenomeno che non può essere deru- bricato ad atto di bontà di privati generosi. Perché queste Organizzazioni non governa- tive saranno pure guidate da novelli buoni sa- maritani decisi a garantirsi il Paradiso, ma quando la bontà costa ai neosamaritani parec- chi milioni al giorno (i costi delle navi sono particolarmente elevati) e rischia di scaricare sul nostro Paese il costo dell’accoglienza di più di duecentomila migranti all’anno, è necessa- rio porsi qualche interrogativo... di ARTURO DIACONALE Continua a pagina 2 Il problema delle Ong samaritane L’ Unione europea celebra i sessant’anni dalla firma del Trattato di Roma che isti- tuiva la Comunità Economica Europea (Cee). Comunque la si pensi su questa Europa, è un giorno importante. Quel progetto di unifica- zione, sognato dai padri fondatori, non si è an- cora compiuto del tutto. Tuttavia, bisogna riconoscere che se gli ultimi sessant’anni sono stati tempi di pace lo si deve anche all’esistenza di una casa comune, sia pure incompleta, degli europei. Perciò, niente pentimenti. Oggi, intorno allo stesso tavolo si riuni- scono i rappresentanti dei 27 Paesi che nel corso dei decenni hanno aderito all’Unione eu- ropea. Non ci saranno i delegati britannici per le note ragioni connesse alla Brexit. Non se ne faccia per questo un dramma. Ciò che invece deve riguardare l’odierna celebrazione è ben altro: è in gioco un modello di Unione che non piace ai suoi cittadini. Il Trattato del 1957 non si spingeva al di là dell’orizzonte segnato dal- l’implementazione degli scambi commerciali, dall’abolizione dei dazi, dalla realizzazione di un’unione doganale e dalla libera circolazione, al suo interno, delle persone. di CRISTOFARO SOLA Continua a pagina 2 Celebrazione del Trattato di Roma: il destino di un’idea VECELLIO A PAGINA 3 L’ottimo consiglio di Croce: state lontani dai tribunali PRIMO PIANO Il leader della neonata Alternativa Popolare chiede le dimissioni del direttore generale dell’azienda radiotelevisiva pubblica sollevando una questione che apre uno scontro nella maggioranza di governo

Transcript of Il problema delle Ong samaritane Celebrazione del … che ci dicono, non c’è un Euro e non c’è...

Direttore aRTURO DiaCOnaLE Sabato 25 Marzo 2017Fondato nel 1847 - anno XXii n. 59 - Euro 0,50

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1

DCB - Roma / Tariffa ROC poste italiane Spa Spedizione in abb. postale QUOTIDIANO LIbERALE pER LE GARANzIE, LE RIFORME ED I DIRITTI UMANI

delle Libertà

ROSSI-MOSCA A PAGINA 2

L’indicatore fiscale

nell’uovo di Pasqua

POLITICA

LETTIERI-RAIMONDI A PAGINA 4

I pirati della Goldman Sachs

contro la nave Trump

ECONOMIA

Rai, Alfano contro Campo Dall’Orto

ESTERI

Donald Trump si nutre

degli stereotipi della sinistra

MAGNI

a pagina 5

La vecchia polemica sulla necessità dei cor-ridoi umanitari per i migranti provenienti

dall’Africa è superata. Perché i corridoi uma-nitari sono già stati realizzati. Da dicembredello scorso anno ad oggi, cioè nel giro di ap-pena quattro mesi, i migranti che hanno usu-fruito di questi corridoi umanitari sono statipiù di 44mila. Il maltempo invernale, che finoall’anno scorso frenava l’afflusso dei profughi,è stato bellamente debellato da 14 navi attrez-zate di proprietà delle Ong che hanno assicu-rato un viaggio tranquillo ai fuggitivi da famee guerre raccogliendoli dai barchini dei traffi-canti di persone e depositandoli nei porti ita-liani.

A pima vista sembra una vicenda da premioNobel per la solidarietà. Ma 14 navi privateche operano quotidianamente nel Canale di Si-cilia e fanno la spola tra le acque antistanti iporti libici e i moli dei porti italiani costitui-scono un fenomeno che non può essere deru-bricato ad atto di bontà di privati generosi.

Perché queste Organizzazioni non governa-tive saranno pure guidate da novelli buoni sa-maritani decisi a garantirsi il Paradiso, maquando la bontà costa ai neosamaritani parec-chi milioni al giorno (i costi delle navi sonoparticolarmente elevati) e rischia di scaricaresul nostro Paese il costo dell’accoglienza di piùdi duecentomila migranti all’anno, è necessa-rio porsi qualche interrogativo...

di ARTURO DIACONALE

Continua a pagina 2

Il problema delle Ong samaritane

L’Unione europea celebra i sessant’annidalla firma del Trattato di Roma che isti-

tuiva la Comunità Economica Europea (Cee).Comunque la si pensi su questa Europa, è ungiorno importante. Quel progetto di unifica-zione, sognato dai padri fondatori, non si è an-cora compiuto del tutto. Tuttavia, bisognariconoscere che se gli ultimi sessant’anni sonostati tempi di pace lo si deve anche all’esistenzadi una casa comune, sia pure incompleta, deglieuropei. Perciò, niente pentimenti.

Oggi, intorno allo stesso tavolo si riuni-scono i rappresentanti dei 27 Paesi che nelcorso dei decenni hanno aderito all’Unione eu-ropea. Non ci saranno i delegati britannici perle note ragioni connesse alla Brexit. Non se nefaccia per questo un dramma. Ciò che invecedeve riguardare l’odierna celebrazione è benaltro: è in gioco un modello di Unione che non

piace ai suoi cittadini. Il Trattato del 1957 nonsi spingeva al di là dell’orizzonte segnato dal-l’implementazione degli scambi commerciali,dall’abolizione dei dazi, dalla realizzazione diun’unione doganale e dalla libera circolazione,al suo interno, delle persone.

di CRISTOFARO SOLA

Continua a pagina 2

Celebrazione del Trattato di Roma:il destino di un’idea

VECELLIO A PAGINA 3

L’ottimo consiglio di Croce:

state lontani dai tribunali

PRIMO PIANO

Il leader della neonata Alternativa Popolare chiede le dimissioni del direttore generale dell’aziendaradiotelevisiva pubblica sollevando una questione che apre uno scontro nella maggioranza di governo

Prende corpo l’idea di inserire nelDocumento economico finanzia-

rio (Def) in arrivo, un nuovo indica-tore del benessere dei contribuenti. Aparte il fatto che la parola “benes-sere”, specialmente in questo pe-riodo storico, suscita più fastidio cheattenzione, ma da noi come semprenasconde anche un tranello. È chiaroa tutti quanta fatica stia facendo PierCarlo Padoan per trovare nella cata-sta di ricchezza, che in questi anniabbiamo accumulato, la piccolasomma di tre virgola quattro mi-liardi da offrire all’Unione europeaper evitare l’infrazione.

Bene, ammesso che la si trovi, ra-schiando il fondo del barile fino al-l’ossessione, il problema vero siproporrà con la prossima manovrafinanziaria e con la necessità di evi-tare le clausole di salvaguardia. Saràin quel momento, infatti, che tutti isuccessi, i guadagni e i risultati posi-tivi di Matteo Renzi e Paolo Genti-loni verranno a galla. Nella legge distabilità, per l’appunto, bene chevada bisognerà mettere sul piattonon meno di 20/25 miliardi di Europer far tornare i conti. Si tratta di

una quantità di soldi allo stato irre-peribile, se non attraverso qualchefurbata che consenta di interveniredraconianamente sulle detrazioni e

agevolazioni fiscali alle famiglie. In-fatti, basta inventare qualche trap-pola reddituale o patrimoniale pertagliare fuori dalle cosiddette tax ex-

penditures una quantità di persone.Tradotto in soldoni può signifi-

care che, attraverso un meccanismointellettualmente truffaldino, di cui il

nostro fisco è maestro, qualche cen-tinaio di migliaia di famiglie sarannoescluse da tutta una serie di recuperifiscali. Sempre in soldoni, la tagliolaallo studio consentirà un risparmiodi un pacchetto che può andare daicinque ai dieci miliardi di Euro, a se-conda dei casi. Ecco il motivo per ilquale nel prossimo Def, il ministroPadoan si prepara il terreno con l’in-serimento del nuovo indicatore dibenessere. La realtà come al solito èsempre quella e al di là delle chiac-chiere che ci dicono, non c’è un Euroe non c’è perché si insiste nel non ta-gliare quel che andrebbe tagliato, apartire per esempio dalle pensionid’oro. Oltretutto, la furbata in pro-gress sarà ordita con lo spauracchiodelle elezioni alle porte, perciò dovràessere studiata come fosse “la fur-bata perfetta” per evitare batosteelettorali.

Prepariamoci dunque con gliocchi aperti all’ulteriore mazzata fi-scale, convinti che mal che vada fraun anno ce lo ricorderemo in occa-sione del voto.

di EliDE roSSi e alFrEDo MoSCa

La verità è che questa Unione è attraversatada una linea di faglia etico-religiosa che la di-vide, separando la parte condizionata dalla tra-dizione cattolica-apostolica-romana da quellaplasmata sui precetti della morale luterana-cal-vinista. Queste realtà configurano due modellidi cittadinanza, geneticamente confliggenti. Diabbattere questo diaframma ci si dovrebbe oc-cupare oggi, lontani dalle telecamere e dai flashdei fotografi.

CriSToFaro Sola

2 l’oPinionE delle libertà sabato 25 marzo 2017Politica

gliere gli interrogativi prima che le Ong sama-ritane abbiano trasportato in Italia qualche mi-lione di mine vaganti?

arTUro DiaConalE

...Nel corso dei decenni, però, si è ecceduto fi-nendo a occuparsi ossessivamente di formaggi,zucchine e vongole a danno delle grande idee ri-poste negli archivi di Bruxelles.

L’Unione si è trasformata in un’entità sovra-ordinata ai singoli Stati, troppo soffocante perle aspirazioni di libertà delle persone e delle co-munità. Abbiamo incolpato di ciò la Germaniadella signora Angela Merkel. Ma sarebbe statopiù onesto ammettere che il male di cui soffrel’odierna Unione viene da lontano ed è la scom-parsa di ogni aspirazione egemonica. Già al-l’inizio del Novecento veniva eccepita laprogressiva perdita di valore dei princìpi euro-pei. Per secoli il Vecchio Continente aveva im-posto il suo comando al mondo: ciò cheaccadeva in Europa era destinato a segnare lavita nel resto del pianeta. Parliamo di un’ege-monia che non è stata solo economica e mili-tare, ma anche scientifica, tecnologica,spirituale, culturale. A un certo punto, nelloscorso secolo, la vecchia Europa ha smesso difare il suo mestiere attendendo che il centro dicomando si spostasse altrove: prima oltre Atlan-tico, poi verso la costa asiatica del Pacifico.

segue dalla prima

...oltre il plauso per una bontà così esasperatae carica di inquietanti e pericolose conse-guenze.

A Catania, il Procuratore della RepubblicaCarmelo Zuccaro ha aperto un’inchiesta perscoprire la legalità o meno secondo la legge ita-liana di questo singolare fenomeno. Ed è beneche la magistratura metta in chiaro se, adesempio, esista un qualche rapporto tra Ong etrafficanti di persone. Ma è fin troppo evidentecome la vicenda non sia una questione esclusi-vamente giudiziaria. Queste Organizzazioninon governative introducono nel nostro Paeseun flusso di migranti che incide pesantementesul bilancio dello Stato al punto da costringereil nostro Governo a chiedere l’aiuto del-l’Unione europea. Cioè compiono un atto chenon essendo stato concordato con le autoritànazionali e, a quanto pare, neppure con quellesovranazionali, costituisce una pesante inge-renza negli affari interni di una nazione so-vrana.

Nessuno pretende che l’Italia dichiari guerraalle Ong che fanno traffico di migranti. Ma sa-pere chi finanzia queste Organizzazioni e per-ché sia così interessato ad introdurre fattori dioggettiva destabilizzazione della società ita-liana e di quella europea diventa una necessitàassoluta.

Che aspettano i partiti, non solo di opposi-zione ma anche di maggioranza, a sollevare ilproblema ed a chiedere al Governo di scio-

Scriveva nel 1930 José Ortega y Gasset: “Lavita umana, per sua stessa natura, deve essere ri-volta a qualcosa, a un miraggio, a un’impresagloriosa o umile, a un destino illustre o vol-gare”. Vale lo stesso per gli Stati. Ora, coman-dare vuol dire assegnare un compito allepersone, instradarle sulla via del loro destino.Qual è dunque il comando odierno dell’Europa?Sono forse i chilometri di carta della GazzettaUfficiale dell’Unione su cui scorre un oceano in-finito di regole e regolette? L’Europa o è idea, onon è. Ignorare questa verità significa spalan-care le porte ai negazionisti dell’unità possibile,significa tornare alla nostalgia per le piccole pa-trie. Tuttavia gridare, come fanno i progressisti:“Ci vuole più Europa” è pura retorica propa-gandistica.

Nelle condizioni date, avendo il VecchioContinente rinunciato a esercitare la sua ege-monia, sostenere che più Europa sia la soluzioneconduce solo a desiderare un market più grandecon gli scaffali occupati da schiere di consuma-tori al posto delle merci. L’Unione non la fa soloil mercato. Ciò che può tenerci insieme è rico-noscersi in comuni radici spirituali. Senza di essemai vi potrà essere una comune politica estera,e meno ancora, un unico sistema di difesa. Di làdalla necessità di rinegoziare i trattati vigenti, icapi dei governi riuniti a Roma dovrebbero pre-occuparsi di verificare se vi sia una condivisa vi-sione del mondo dalla quale far scaturire unacomunità di destino. L’aver negato, in passato,ogni riferimento alle radici giudaico-cristianedell’Europa non è stato un rendere omaggio aun preteso spirito laico.

Il problema delle Ong samaritane

Celebrazione del Trattato di Roma:il destino di un’idea

Direttore responsabile: ARTURO [email protected]

Condirettore: GIANPAOLO PILLITTERI

Direttore editoriale:GIOVANNI MAURO

aMiCi DE l’oPinionE soc. coop.Impresa beneficiaria per questa testata dei contributi

di cui alla legge n. 250/1990

e successive modifiche e integrazioni.

IMPRESA ISCRITTA AL ROC N. 8094

Sede di romaVia Augusto Riboty, 22 00195 - Roma

Tel: 06.83658666 [email protected]

amministrazione - abbonamentiTEL 06.83658666 / [email protected]

Stampa: Centro Stampa romanovia alfana, 39 00191 roma

Quotidiano liberale per le garanzie,le riforme ed i diritti civili

Registrazione al Tribunale di Roma n. 8/96 del 17/01/’96

CHIUSO IN REDAZIONE ALLE ORE 19,00

L’indicatore fiscale nell’uovo di Pasqua

C’è da chiedersi, innanzitutto, sele parole del “politico” olan-

dese nei confronti dei Paesi del SudEuropa siano state pronunciate nelpieno delle sue capacità, non alterateda possibili tassi alcolici, o se era to-talmente sbronzo. Delle due ipotesi,infatti, solo una è possibile: o è unvero e proprio imbecille o era distur-bato dall’alcol ingerito. Il signor Je-roen Dijsselbloem, infatti, ha dettoche i Paesi meridionali dell’Europa,e sottolineiamo i Paesi, “non pos-sono continuare a spendere soldi indonne e alcool e poi chiedere aiuto”.Non abbiamo usato la locuzione la-tina del “tertium non datur”, perchéle due ipotesi a ben vedere possonotranquillamente coesistere.

Ma è giusto porsi alcune do-mande. E come li avrebbero spesi?

Impegnando nei bilanci partite desti-nate agli ubriaconi e destinando aglistessi sovvenzioni al fine di conti-nuare a mantenere una dipendenzadall’alcool che contrasta con l’altraaccusa riferita alla passione, italo-

spagnola, per il gentil sesso?Ma se così fosse c’era suffi-ciente materia per l’inter-vento europeo sui bilanci,teso a stroncare una prassiche anziché combattere l’al-colismo lo alimenterebbe e,cosa ancor più grave, c’erapiù materia per porre finealla discriminazione sessistache vedrebbe privilegiati,come fossero bonus renziani,gli uomini nella caccia al-l’eterno piacere senza preve-dere nulla per le donne senon quello di accontentarsid’essere oggetto di caccia.

Ma se così stessero veramente lecose va elevata innanzitutto una cen-sura alla paladina dei diritti femmi-nili, Laura Boldrini, che non si eraaccorta di cosa stesse succedendo nelnostro Paese e non era intervenuta

com’è sua prassi quando c’è un di-ritto delle donne messo in forse.Meno male che c’era, vigile, il presi-dente dell’Eurogruppo socialista chepur criticando gli Stati meridionalidell’Europa ha permesso loro diaprire gli occhi portandoli alla ri-chiesta di scuse immediate o di di-missioni senza appello. Basta però,abbiamo scherzato parecchio e nonne valeva la pena.

Il problema che sta dinanzi all’Uenon è quello di chiedere le dimissioniperché il bulletto non ha chiestoscusa per la frase pronunciata, ma èquello di chiedere il suo allontana-mento da incarichi europei perchésembra un eurogrillino che dimostradi non conoscere come funziona lamacchina dell’Unione; come ven-gono usati i relativi finanziamentiche, se non utilizzati per gli obiettiviprefissati, tornano da dove sono par-

titi; cosa sono i bilanci degli Statimembri che vengono sottoposti allavigilanza delle istituzioni comunita-rie, e magari il nostro baldo euro-bullo era semplicemente dedito alloscolar quelle bevande che considerausate in abbondanza dalle popola-zioni meridionali.

Se poi il nostro caro olandese (mi-nistro in Olanda e presidente del-l’Eurogruppo), di cui si ignoraval’esistenza, si riferiva, non agli Statisperperoni, ma a come spendono ipropri soldi i nostri connazionali, gliricordiamo che in Italia, come anchenel resto d’Europa, non esiste alcundivieto di alzare il gomito e di faresesso e, quindi, ognuno è libero dispendere i suoi quattrini come me-glio gli aggrada, e anche se “bacco,tabacco e Venere riducon l’uomo incenere” non dobbiamo rendereconto a un grillino europeo.

di Giovanni alvaro

Meno male che vigila l’eurogrillino Dijsselbloem

Dopo che il Corriere della Sera hapubblicato un nuovo sondaggio

secondo il quale, malgrado varie“grezze” a Roma e a Genova il M5Scontinua a crescere, si sono intensificatigli attacchi, anche culturalmente for-biti, contro populismo e populisti, cheper la verità non mancavano neancheprima. Il motivo conduttore principaleè che i populisti sono di destra se nonfascisti: per cui coloro che ciò sosten-gono ritengono quale principale discri-minante politica attuale quelladestra/sinistra. In realtà il vantaggioprincipale dei populisti sta nel non es-sere riferibili – o essere poco riferibili –all’opposizione destra/sinistra; ed è loropropizio, perché quella è attenuata,onde è indebolita quale fattore di mo-bilitazione e identificazione politica.

Ci spieghiamo. La politica è un plu-riverso: a combattere per il potere sonosempre gruppi sociali organizzati (daipartiti agli Stati). Il motivo dei raggrup-pamenti – e dei conflitti – può essere ilpiù vario: religioso, morale, etnico, eco-nomico. Ma nella storia dell’Europamoderna ce n’è uno, a seconda deitempi, che prevale, a seconda di quelloche è il “centro di riferimento” spiri-tuale. Carl Schmitt scriveva che l’Eu-ropa ha cambiato dal XVI secolo piùvolte il proprio centro di riferimento; ilquale è passato dal teologico al metafi-sico, da questo al morale-umanitario epoi all’economico. Nel XVI secolo eranormale che il conflitto principale fossetra cattolici e protestanti, nel XVIII traborghesi illuministi contro preti ed ari-stocratici; a partire dalla seconda metàdell’800 e soprattutto nel “secolobreve” tra capitalisti e proletari. Il chenon significa che non si formino rag-gruppamenti, conflitti e guerre per altrimotivi: vuol dire solo che quello era ilpiù diffuso e mobilitante, e percepitocome tale. L’opposizione principale e il

di esso centro di riferimento religioso,morale o politico determina di volta involta il senso di appartenenza, coesioneo d’inimicizia.

Ciò che più rileva secondo Schmitt èche “una volta che un settore diviene ilcentro di riferimento, i problemi deglialtri settori vengono risolti dal suopunto di vista e valgono ormai comeproblemi di secondo rango” scriveSchmitt, e prosegue “i temi polemici de-cisivi dei raggruppamenti amico-ne-mico si determinano proprio in base alsettore concreto decisivo. Finché al cen-tro si trovò il dato teologico-religioso,la massima cujus regio ejus religio ebbeun significato politico”.

Mutato il centro di riferimento,

cambia la concezione dello Stato e ilcontenuto o la discriminante del poli-tico, che assume altro significato e cri-terio e può determinare un diversoraggruppamento amico-nemico. La de-cisività dell’opposizione va ricondottaall’influenza sull’esistenza della comu-nità politica, sia in senso assoluto (la di-struzione della comunità odell’istituzione che le da forma), sia re-lativa (la modificazione radicale delmodo d’esistenza della stessa e dei va-lori di riferimento).

Il conflitto politico è così determi-nato in primo luogo dall’esigenza d’esi-stenza della comunità. La situazionecontemporanea, a seguito del collassodel comunismo (e delle istituzioni-alle-

anze che ne determinavano il campo)ha fatto cessare l’opposizione bor-ghese/proletariato che ha connotato(quanto meno) il “secolo breve”. Le re-centi affermazioni elettorali di movi-menti e candidati non riconducibili alvecchio Zentralgebiet, in Europa in-nanzitutto, e, come appare dall’ele-zione di Donald Trump, anche negliUsa, fanno emergere una nuova oppo-sizione amico/nemico, ideologicamentemeno definita, ma, almeno potenzial-mente, virulenta. Appare evidente chetale contrapposizione, come mi è capi-tato di scrivere di recente, è quella tranazione (identità nazionale) e globaliz-zazione; (o internazionalismo “di-retto”). Rispetto ai vecchi centri di

riferimento, specialmente quello gene-rante l’opposizione borghesia/proleta-riato, ha in comune il carattere di esseredivisiva sul piano interno non menoche su quello esterno: genera partiti po-pulisti che si contrappongono all’éliteinterne ed internazionali, rappresentatedai vecchi partiti in decadenza, la cuistrategia di sopravvivenza è spesso dicoalizzarsi (cioè non combattersi) difronte all’emergere della nuova opposi-zione (che rende secondaria e poco rile-vante la vecchia): così tendonoall’arroccamento, al fare blocco tra loro(la vecchia destra e la vecchia sinistra),per impedire la presa del potere aigruppi riferentesi alla nuova “coppia”amicus-hostis. Anche se, spesso, più chedi arroccamento è il caso di parlare didivergenze parallele. Ma le divergenzeparallele sono una delle fonti delle alle-anze tra soggetti differenti su tanto otutto, ma uniti dal nemico.

La nuova opposizione ha il vantag-gio politico di essere mobilitante: di co-stituire – e consolidare – il rapporto tradirezione politica e seguito e di identifi-care obiettivi e nemici. Di realizzare cosìuna “politicità” completa. Di conversola vecchia attenua il carattere politico ecosì la capacità mobilitante. Indicareoggi come nemico un bolscevico (a co-munismo defunto) è fare come donChisciotte: caricare mulini a vento. Ecosì prendersela con i “capitalisti” (insenso marxiano), quando è un capitali-sta come Trump - e non solo lui – a ot-tenere gran parte del consenso dei nonmolti “operai” delle società sviluppate.

Per cui i movimenti (in Italia grillini,leghisti e meloniani) che si collocanoanche se non completamente e, tal-volta, non chiaramente, nella “nuova”opposizione, quella tra popoli e poteriglobalizzanti, godono del vento favo-revole e vanno, malgrado la Raggi,avanti. Quelli che si richiamano allavecchia o comunque non alla nuova,arrancano, remando contro corrente.

3l’oPinione delle libertàPrimo Piano

diteodoro Klitsche de laGranGe

sabato 25 marzo 2017

Il vento in poppa

La lettera è di Benedetto Croce, indi-rizzata a Giovanni Amendola (1

giugno 1911). Croce racconta di unadisavventura giudiziaria capitata aGiuseppe Prezzolini e si chiude con unconsiglio: stare quanto più possibilelontano dai tribunali. Croce non è unestremista anarcoide; è un liberale conil senso dello Stato e delle istituzioni e,tuttavia, quando si tratta dei tribunaliconsiglia prudenza e cautela. Un po’come per la superstizione, Croce noncrede alla iella: “Ma prendo le mie pre-cauzioni”.

A Croce, al suo “consiglio”, alle sue“precauzioni”, mi viene da pensare nelleggere i risultati di un sondaggio de-moscopico secondo il quale un italianosu due ha poca o nessuna fiducia neiconfronti dei magistrati e del modo incui applicano le leggi di cui, purtroppo,questo Paese è infarcito. Confesso checomprendo molto bene questo italianosu due timoroso, e fatico a compren-dere come, al contrario, ci sia un ita-liano su due che questo timore non locoltivi.

Lui lo dice con il sorriso tra le labbra;io lo penso seriamente e sono d’accordocon il presidente dell’Associazione Na-zionale dei Magistrati, Piercamillo Da-vigo, quando afferma: “Pensavopeggio, temevo stessimo a zero”. Il dot-tor Davigo si “consola” dicendo che “ilconsenso nei nostri confronti è cre-sciuto, dopo anni di campagna martel-lante contro la magistratura dovrebbeessere a zero”. Non appare molto al-larmato da quanto emerge dal sondag-gio, e già questo è allarmante; allarma.Un allarme che deriva, probabilmente,dal fatto che si appartiene a quellascuola di pensiero che affonda le sueradici in Émile Zola, le cui notti, diceva,“sarebbero state un incubo al solo ter-ribile pensiero di un innocente chesconta una colpa che non ha com-messo”. Sarà preda di incubi, lo saràmai stato, Davigo?

Non sarebbe male (sarebbe anzi do-

veroso) che il magistrato si chieda senon sia anche lui, con il suo “fare” (onon “fare”, beninteso) responsabile delmodo in cui viene “percepito”. Davigoparla di “campagna martellante controla magistratura”; verrebbe da rispon-dergli con Dante: “... credo ch’un spirtodel mio sangue pianga la colpa che làgiù cotanto costa...”. Ma non è cosa dapotersi liquidare con una battuta, conun verso, sia pure di Dante.

Due terzi degli italiani dice di noncredere nella giustizia; il 69 per centodegli interpellati ritiene che “settoridella magistratura perseguano fini po-litici”. Davigo, non c’è proprio nulla diche scherzare.

Purtroppo, tocca ancora una volta,dire: “Heri dicebamus”. Giusto tren-t’anni fa i radicali di Marco Pannella,con i socialisti di Bettino Craxi e i libe-rali di Alfredo Biondi raccolgono le

firme per tre referendum sulla giustizia;referendum (se lo ricordano nei “Pa-lazzi” del potere?) che si concludonocon una netta affermazione dei “Sì”.Poi il Parlamento approva la cosiddettaLegge Vassalli, che però va in sensoesattamente contrario al voto popolare(ma è quello ardentemente voluto daipredecessori di Davigo).

Gli italiani, in stragrande maggio-ranza, vogliono che sia introdotta la re-sponsabilità civile dei magistrati,perché, per capirci, non si ripetano piùcasi come quelli di Enzo Tortora. Chie-dono che i magistrati fuori ruolo tor-nino alle loro funzioni originarie.Chiedono che l’uso della custodia cau-telare e il carcere preventivo si appli-chino solo per reati gravi. Chiedono laseparazione delle carriere dei magi-strati, perché il cittadino sia giudicatoda un “giudice terzo”, obiettivo e im-

parziale.A leggere i quesiti referendari di al-

lora non ce n’è uno che non valga oggi,per l’oggi. A chi obietta che si tratta diproposte ad uso (e abuso) di politiciche hanno qualcosa da rimproverarsi, èsufficiente rispondere con le parole diGiovanni Falcone: “... un sistema ac-cusatorio parte dal presupposto di unPm che raccoglie e coordina gli ele-menti della prova da raggiungersi nelcorso del dibattimento dove egli rap-presenta una parte in causa. Gli occor-rono, quindi, esperienza, capacità,preparazione anche tecnica per perse-guire l’obbiettivo. E nel dibattimentonon deve avere nessun tipo di paren-tela col giudice, non essere come inveceoggi è, una specie di para-giudice. Ilgiudice, in questo quadro, si stagliacome figura neutrale, non coinvolta, aldi sopra delle parti. Contraddice tuttociò il fatto che, avendo formazione ecarattere unificate, con destinazioni eruoli intercambiabili, giudici e Pmsiano, in realtà indistinguibili gli unidagli altri...”.

Ancora: “... Ora sul piano del con-creto svolgersi dell’attività del Pm, nonpuò non riconoscersi che i confini fraobbligatorietà e discrezionalità sonoassolutamente labili e, soprattutto, chela discrezionalità è, in una certa misura,un dato fisiologico e, quindi, inelimi-nabile nell’attività del Pm. Ed allora, sevogliamo realisticamente affrontare iproblemi, evitando di rifugiarsi nel co-modo ossequio formale dei principi,dobbiamo riconoscere che il vero pro-blema è quello del controllo e della re-sponsabilità del Pm per l’esercizio dellesue funzioni... Mi sembra giunto,quindi, il momento di razionalizzare e

coordinare l’attività del Pm finora resopraticamente irresponsabile da una vi-sione feticista della obbligatorietà del-l’azione penale e dalla mancanza diefficaci controlli della sua attività...”(dall’intervento al convegno di studigiuridici di Senigallia, 15 marzo 1990).

Anni fa Leonardo Sciascia si chie-deva: “Qual è la situazione? Un gio-vane esce dall’università con una laureain giurisprudenza, senza alcuna praticaforense e con poca esperienza, direbbeManzoni, del “cuore umano”, si pre-senta ad un concorso; lo supera svol-gendo temi inerenti astrattamente aldiritto e rispondendo a dei quesitiugualmente astratti e da quel momentoentra nella sfera di un potere assoluta-mente indipendente da ogni altro; unpotere che non somiglia a nessun altroche sia possibile conseguire attraversoun corso di studi di uguale durata, at-traverso una uguale intelligenza e dili-genza di studio, attraverso un concorsosuperato con uguale quantità di cono-scenza dottrinaria e con uguale fa-tica...”.

E dunque l’innegabile crisi in cuiversa in Italia l’amministrazione dellagiustizia (e crisi è forse parola troppoleggera) deriva principalmente dal fattoche “una parte della magistratura nonriesce a introvertire il potere che le è as-segnato, ad assumerlo come dramma,a dibatterlo ciascuno nella propria co-scienza, ma tende piuttosto ad estro-vertirlo, ad esteriorizzarlo, a darnemanifestazioni che sfiorano, o addirit-tura attuano, l’arbitrio... Quando i giu-dici godono il proprio potere invece disoffrirlo la società che a quel potere liha delegati, inevitabilmente è costrettaa giudicarli. E siamo a questo punto”.È amaro trent’anni dopo dirci le stessecose.

Vero è, dottor Davigo, quello cheannotava, secoli fa, Cesare Beccaria: “Ilgiudice non cerca la verità del fatto, macerca nel prigioniero il delitto”. E dun-que, torna buono il cauteloso consigliodi Croce con cui questa nota è comin-ciata.

L’ottimo consiglio di Croce:state lontani dai tribunali

di Valter Vecellio

Molti negli Usa si riferiscono al-l’amministrazione Trump con

l’appellativo “Government Sachs”,in quanto ha imbarcato un numeroimpressionante di personaggi che, invario modo, hanno lavorato o colla-borato con Goldman Sachs (Gs), lapiù chiacchierata banca d’affari ame-ricana. Dall’esplosione della crisiglobale la banca ha scalato molte po-sizioni nella lista delle banche ameri-cane più esposte in derivati finanziariover the counter (otc) fino a conqui-stare la terza posizione con oltre45,5 trilioni di dollari di valore no-zionale. Rispetto alle prime due, laCitigroup e la Jp Morgan Chase, c’èuna “piccola” differenza. Essa vantail peggior rapporto in assoluto tra ilvalore dei derivati e gli asset (gli at-tivi), che sono soltanto 880 miliardidi dollari. Il che significa che, perogni dollaro di asset, la Gs ha quasi52 dollari di derivati, mentre la Citi-group ne ha 28,5 e la Jp Morgan 20.Per cui, se queste ultime due non na-vigano in mari tranquilli, per la Gs ilmare rischia di essere sempre in bur-rasca.

Sono dati significativi quanto pre-occupanti tanto che anche l’Office ofthe Comptroller of the Currency(Occ), l’agenzia di controllo dellebanche americane, a fine settembre2016 ha affermato che il rapportotra l’esposizione dei crediti e il capi-tale di base (credit exposure to risk-based capital) era del 433 per centoper Goldman Sachs, rispetto al 216per cento della Jp Morgan e al 68 percento della Bank of America. Sempresecondo il citato rapporto, sei anni

dopo l’entrata in vigore della riformafinanziaria Dodd-Frank, che obbli-gava le banche a sottoscrivere tutti icontratti derivati attraverso piatta-forme regolamentate, la GoldmanSachs mantiene ancora il 76 percento dei suoi derivati in otc non re-golamentati. Si tratta della percen-tuale più alta tra tutte le banchequotate a Wall Street.

Com’è noto l’opacità dei derivatiotc ha giocato un ruolo determinantenella crisi finanziaria, in quanto lebanche in quel periodo avevano ingran parte sospeso di farsi credito re-ciprocamente sospettando buchi na-scosti. Di conseguenza, le stesse hannocercato di garantirsi contro eventualicrolli accendendo polizze presso legrandi assicurazioni, in particolarecon il gigante Aig (American Interna-tional Group). Solo di recente è diven-tato noto che circa la metà dei 185miliardi di dollari versati dal governoamericano per salvare la citata Aig èandata a beneficio delle grandi banche“too big to fail”. Infatti la Gs avrebbe

ricevuto ben 12,9 miliardi di dollari.Crediamo non debba sorprendere

il fatto che la Goldman Sachs siasempre stata al centro delle grandiindagini per far emergere i responsa-bili della crisi globale, né tanto menoil conoscere che la banca sia stata inprima fila nel tentativo di bloccaretutte le riforme del sistema bancarioe finanziario americano. È sorpren-dente, invece, che il presidente Do-nald Trump continui a reclutaremolti dei suoi uomini tra gli ex lea-der della Gs. Da ultimo il suo teameconomico si è “arricchito” con l’ar-rivo di Dina Habib Powell, presi-dente della Fondazione dellaGoldman Sachs. Ma la nomina piùprovocatoria indubbiamente è quelladi Jay Clayton a capo della Securitiesand Exchange Commission (Sec),l’agenzia governativa preposta alcontrollo della Borsa valori, l’equi-valente della nostra Consob. Claytonè un importante avvocato che ha la-vorato per la Goldman Sachs, cosache la di lui moglie fa ancora.

Si tratta della stessa Sec che hamultato più volte Goldman Sachsper operazioni illegali di vario tipo:nel 2010 una multa di 550 milioni didollari per operazioni fraudolentecon titoli tossici immobiliari sub-prime e un’altra di 11 milioni nel2012 perché alcuni suoi analisti ave-vano segretamente favorito deiclienti ben selezionati. Anche la Fe-deral Reserve nell’agosto del 2016 leha inflitto una sanzione di 36,3 mi-lioni di dollari per aver usato infor-mazioni confidenziali risultanti daoperazioni di controllo fatte dallastessa Fed. Per non dire della con-danna a pagare 120 milioni per ma-nipolazioni fatte sui tassi di interessecomminata nel dicembre dell’annoscorso dalla Commodity FuturesTrading Commission (Cftc), l’agen-zia che ha il compito di controllarele Borse delle merci e delle relativeoperazioni in derivati finanziari.

Non è un caso, quindi, che nelle

settimane passate alcuni senatoriamericani abbiano chiesto alla Gol-dman Sachs di rendere pubbliche lesue attività di lobby contro la leggedi riforma Dodd-Frank e di cono-scere l’ammontare dei profitti risul-tanti dalla sua cancellazione. Siricordi che tra i primi provvedimentidel presidente Trump c’è stata l’abro-gazione della citata legge. Evidente-mente, purtroppo, il presidenteamericano ha dimenticato quanto dalui stesso detto qualche settimana fa:“Per troppo tempo, un piccologruppo nella capitale della nostra na-zione ha raccolto i compensi gover-nativi, mentre la gente ne hasostenuto le spese. Washington haprosperato, tuttavia il popolo non hacondiviso la sua ricchezza”.

È il classico esempio di quanta di-stanza a volte c’è tra il dire e il fare.

(*) Già sottosegretario all’Economia(**) Economista

4 L’oPinione delle Libertà Economia

di Mario Lettieri (*)

e PaoLo raiMondi (**)

sabato 25 marzo 2017

I pirati della Goldman Sachs contro la nave Trump

Uno dopo l’altro, i giovani palesti-nesi continuano a compiere attac-

chi terroristici contro gli ebrei. Perché?Potremmo cominciare dall’inizio: lacampagna di istigazione, indottrina-mento e menzogne che i media palesti-nesi hanno intrapreso contro Israele.Questa campagna ha avvelenato icuori e le menti di milioni di arabi emusulmani. E allora, non dovrebbe af-fatto sorprendere che i giovani palesti-nesi avvelenati afferrino un’arma edecidano di compiere il lavoro letaleche gli hanno insegnato ad apprezzare.

L’istigazione contro Israele può es-sere anche molto sottile. Chi inietta ilveleno non sempre invita direttamentei palestinesi ad andare a uccidere gliebrei. Ad esempio, è sufficiente dire aipalestinesi che gli ebrei “contaminanocon i loro piedi sporchi” i luoghi santidell’Islam, per indurre un palestinesead andare a uccidere un ebreo. Oppurequando un leader palestinese accusa ri-petutamente Israele di cercare di “giu-daizzare” Gerusalemme e di cambiareil suo “carattere arabo e islamico”.Ecco come si esortano i palestinesi a“difendere” la loro città dai “perfidicomplotti” di Israele. La retorica vi-ziosa e le fiabe che alimentano i pale-stinesi forniscono un ampio incentivoe offrono l’ideologia a potenziali terro-risti. Mentre i predicatori delle mo-schee, gli attivisti politici, i giornalisti ei funzionari palestinesi sono da tempoimpegnati nell’obiettivo di delegitti-mare Israele e demonizzare gli ebrei,anche altri palestinesi s’inventano “no-tizie” per incrementare il numero dellevittime israeliane.

L’epidemia di “notizie false” – o bu-fale – e i “fatti alternativi”, che di re-cente hanno inondato Internet, non èuna novità per la cultura palestinese. Ineffetti, le “notizie false” sono da lungotempo una componente essenziale della

campagna palestinese volta a delegitti-mare Israele, demonizzare gli ebrei eanche a menzionare false dichiarazioni.Storicamente, ad esempio, la Giorda-nia occupò illegalmente Gerusalemme[Est] e la Cisgiordania nella guerra del1948 e mise in atto una pulizia etnicanelle zone abitate dagli ebrei; nellaguerra del 1967, gli israeliani non fe-cero altro che riconquistare i loro terri-tori. Il numero uno di Apple, TimCook, di recente avrebbe affermato che“le notizie false uccidono la mente dellepersone”.

I palestinesi alimentano da tempo lebufale. Si tratta di un metodo collau-dato per reclutare terroristi e jihadistinella lotta contro Israele e gli ebrei. Poi-ché nell’Islam al jihad è consentito di“difendere l’Islam”, talvolta devono es-sere fornite narrazioni per dare l’im-pressione che Islam sia stato attaccato.Non mancano i siti di notizie palesti-nesi e arabi che pubblicano bufale, pro-paganda, bugie e disinformazionespacciate per notizie reali. Molti arabie palestinesi ritengono che questo ciar-pame sia informazione basata sui fatti.Questa è una forma di incitamento allaquale l’Occidente è sordo, soprattuttoperché i giornalisti che lavorano per i

media mainstream occidentali non vo-gliono capire ciò che viene detto inarabo o anche in inglese. Questi gior-nalisti scelgono di chiudere un occhiodavanti a questo indottrinamento op-pure sottovalutano come si deformanoi cuori e le menti dei palestinesi. Siprenda, ad esempio, una recente notiziapubblicata sui siti di informazione pa-lestinesi, secondo la quale Israele haspruzzato pesticidi sui terreni agricolidella Striscia di Gaza. Secondo l’arti-colo, Israele utilizza aerei per distrug-gere i raccolti palestinesi al fine dirovinare l’economia palestinese e pri-vare gli agricoltori del loro sostenta-mento. La scorsa settimana, alcuni sitiweb di informazione palestinesi hannotirato fuori una storia che sembra es-sere uscita direttamente da un filmd’azione. Che scopo hanno queste no-tizie? Fornire scuse per l’uccisione degliebrei. La notizia è la seguente: “Unaereo israeliano ha lanciato oggetti so-spetti simili a caramelle nei pressi dellacittà palestinese di Jenin, nel nord dellaCisgiordania”. Stando a quanto ripor-tato nel pezzo, i palestinesi che hannoesaminato le “caramelle” hanno sco-perto che contenevano materiale tos-sico. In altre parole, Israele stacercando di avvelenare i bambini pale-stinesi. Quindi non c’è da stupirsi se unadolescente palestinese che sente noti-zie del genere finisca per uccidere gliebrei, come è accaduto il mese scorso aPetah Tikva, quando un 19enne pale-stinese ha sparato sulla folla e ha ac-coltellato diversi israeliani.

Un’altra vecchia calunnia del sangueche i palestinesi hanno rispolverato dapoco e diffuso contro Israele è quellasecondo cui gli israeliani stanno inon-dando le comunità palestinesi di so-

stanze stupefacenti per propagare lacorruzione morale e distruggere la sa-lute dei palestinesi. Questa particolaremenzogna aiuta i palestinesi a non as-sumersi alcuna responsabilità in meritoal traffico di droga in Cisgiordania e aGaza, proveniente dalla Giordania edall’Egitto. Nel corso di un recente se-minario a Gaza, un gruppo di “esperti”palestinesi ha affermato che “qualcunocon l’appoggio di Israele” è responsa-bile del fatto che “la Striscia di Gaza èstata sommersa da vari tipi di drogheletali e pericolose”.

Accuse false come queste sono statefatte lo scorso anno dalla polizia pale-stinese nella Striscia di Gaza, sottopo-sta al controllo di Hamas. AymanAl-Batnihi, portavoce della polizia aGaza City, è arrivato a sostenere chel’uso diffuso di stupefacenti è frutto diuna “cospirazione” israeliana per di-struggere i giovani palestinesi ed impe-dire loro di impegnarsi nella lottacontro Israele. Inutile dire che il porta-voce, come i siti web di informazionepalestinesi, non fornisce alcuna provaa sostegno delle sue affermazioni false.Le calunnie e le menzogne non pro-vengono solo da Hamas. L’Autoritàpalestinese (Ap), che dipende quasiesclusivamente dai finanziamenti ame-ricani ed europei, fornisce “informa-zioni” del genere ai suoi lettori. Adesempio, sul quotidiano Al-Hayat Al-Jadeeda, con sede a Ramallah, sotto ilcontrollo dell’Ap, è apparsa una notiziasecondo la quale Israele sta “inon-dando” di stupefacenti gli abitantiarabi di Gerusalemme. Stando all’arti-colo, circa 20mila arabi sono vittimedella presunta “cospirazione” ordita daIsraele e sono diventati tossicodipen-denti. “L’obiettivo di Israele è quello di

distruggere i giovani arabi di Gerusa-lemme e svuotare la città dei suoi abi-tanti arabi”, spiega il report. Secondonotizie come queste, gli ebrei sembre-rebbero anche utilizzare i maiali perperseguitare i palestinesi. I siti di infor-mazione palestinesi informano rego-larmente i loro lettori del fatto cheIsraele rilascia i cinghiali in Cisgiorda-nia per distruggere le coltivazioni pale-stinesi e cacciare i palestinesi dalle lorocase. Questi cinghiali vengono portatidagli ebrei nei villaggi palestinesi comeparte di un piano per distruggere i rac-colti e intimidire gli abitanti (alcuni deiquali sostengono che i maiali selvatici liattaccano). L’aspetto curioso di questa“bufala” è che i coloni ebrei accusati diutilizzare i maiali per fare guerra ai pa-lestinesi sono per lo più religiosi, le ul-time persone al mondo interessate adavere a che fare con i suini.

Questa è solo la punta di un iceberg,quando si tratta di menzogne sugliisraeliani di cui vengono quotidiana-mente imbevuti i palestinesi dai loroleader, giornalisti e mezzi di comunica-zione. Questo è anche ciò che i palesti-nesi pensano quando prendono uncoltello per conficcarlo nel corpo di unebreo. Si pensava che le calunnie delsangue contro gli ebrei facessero partedel triste passato. Non è così. Questolascia aperti alcuni interrogativi: dov’èla denuncia da parte delle comunità in-ternazionale delle menzogne che fo-mentano l’uccisione degli ebrei permano palestinese? E ancora: la comu-nità internazionale, ancora una voltanella storia, non riuscirà a dire la veritàsull’uccisione degli ebrei?

(*) Gatestone InstituteTraduzione a cura di Angelita La Spada

5l’oPinione delle libertàsabato 25 marzo 2017

Palestinesi: notizie false e “fatti alternativi”di BaSSaM tawil (*)

Esteri

Si urla tutti i giorni contro un “Mu-slim Ban” che non esiste. Ci si indi-

gna per un muro con il Messico che èstato costruito da Clinton ventitré annifa. Si indaga su contatti fra l’ammini-strazione Trump e la Russia, per il so-spetto di interferenze del Cremlinonelle elezioni americane, ma intanto ilgoverno federale statunitense confermale sanzioni e la linea di politica ameri-cana contro l’annessione russa dellaCrimea. Si ritiene che Trump sia il piùilliberale e meno conservatore dei pre-sidenti repubblicani, ma intanto avviala sua politica economica tagliandotasse e regole più del suo predecessoreBush.

Lo scollamento fra la realtà dei fatti(cioè delle azioni dell’amministrazioneTrump) e la narrazione dei fatti è di-ventato talmente evidente da essere no-tato anche dai non addetti ai lavori. Ilcaso del “Muslim Ban” è il più clamo-roso, perché la narrazione sta iniziandoa produrre anche conseguenze giudi-ziarie. Il decreto presidenziale poi so-prannominato “Muslim Ban” riguarda7 Paesi, poi ridotti a 6, a forte rischioterrorismo. Non riguarda i casi di cartaverde o visti già concessi, che avrannosempre la possibilità di entrare negliUsa. Per specificare questo ultimopunto, l’amministrazione Trump haemesso un secondo testo in cui eraesplicitamente specificato nero subianco che, chi è residente negli Usa oha già il permesso di entrare, non puòessere fermato alla frontiera. La listadei 6 Paesi a rischio non è opera del-l’amministrazione Trump, ma dellaprecedente amministrazione Obama.Non c’è scritto da nessuna parte che unmusulmano non possa entrare negliUsa perché è musulmano. Se i 6 Paesiin questione sono nella black list è per-

ché sono a forte rischio ter-rorismo e sul loro territoriole ambasciate americanenon possono lavorare, o ad-dirittura sono assenti. Nonperché sono Paesi a maggio-ranza musulmana. Il bloccodei nuovi visti da questi Paesiè comunque solo tempora-neo. Nonostante tutto lacampagna mediatica si ri-volge contro un “MuslimBan” e si urla e si strepitacontro una discriminazione“religiosa”. Incredibile, daquesto punto di vista, la sen-tenza del giudice Watson,delle Hawaii, che dichiara il-legale il testo del decreto, nonper quello che c’è scritto, ma per le in-tenzioni discriminatorie manifestatedal presidente. Un po’ come se dicesse:leggo nel pensiero di Trump. Un pro-cesso alle intenzioni in piena regola.

La stessa distanza fra le percezioni ela realtà si nota per la politica dell’am-ministrazione Trump nei riguardi delMessico e della lunga frontiera. Il muroc’è già. Il “bild the wall”, slogan fortu-nato (nefasto, per gli oppositori) diTrump è semmai un rafforzamento delconfine in aree montuose in cui non èsufficientemente presidiato. “Mexicowill pay” (il Messico pagherà per ilmuro) è un invito a responsabilizzare ilMessico, che per troppo tempo hachiuso entrambi gli occhi sull’emigra-zione clandestina e il traffico di esseriumani. Al di là della retorica, la diffe-renza con Obama è ben poca cosa:l’amministrazione Trump promettel’espulsione di 3 milioni di immigraticlandestini, quando Obama ne haespulsi 2,5 milioni. I “santuari” (dovegli immigrati sono tollerati dalle am-ministrazioni locali) erano illegalianche al tempo di Obama, Trump si li-

mita a una politica di minor tolleranza.Eppure Obama passa alla storia comepresidente dell’accoglienza, mentreTrump come quello dell’esclusione. Eviene boicottato dal mondo che conta,dagli stilisti ai registi, passando per i sa-lotti buoni della nuova economia, per-ché “razzista”.

Trump e la Russia: se c’è una cer-tezza è che le spie informatiche russenon hanno manipolato il voto. Su que-sto punto si sono espresse sia l’intelli-gence che l’Fbi. Quel che gli hackerrussi hanno fatto è stato semmai di farfiltrare informazioni segrete (ma reali)su Hillary Clinton e la Convention De-mocratica. Inutile ricordare quante no-tizie segrete su Trump (compreso ilfuori onda in cui parlava delle donne)sono state fatte trapelare dal campo de-mocratico, tramite spioni interni divaria provenienza. Non c’è stato, dun-que, un voto dirottato, non una mani-polazione del conteggio, dello spoglioo dei sistemi di elezione, ma un inter-vento, neppure troppo incisivo, nellacampagna elettorale. Avvenuto, peraltro, attraverso una “buca delle let-

tere”, Julian Assange, chefino al 2012 era usata spessoe volentieri dai democraticiper screditare i repubblicani.Ma se c’è una prova tangibileche Trump non è un burat-tino di Putin, questa è la suapolitica estera. Gli Usa, perbocca della nuova ambascia-trice all’Onu Nikki Haley(nominata da Trump), non ri-conoscono l’annessione russadella Crimea, condannano laguerriglia pro-russa inUcraina orientale e confer-mano le sanzioni economi-che. Gli Usa non hanno presoparte ai colloqui di pace diAstana, sulla Siria, promossi

dalla Russia. Quanto alla Siria stessa,l’amministrazione Trump intende in-tervenire via terra nel settore di Raqqa,spedendo al fronte alcune batterie deimarine, una mossa che Mosca consi-dera una violazione pesante dell’inte-grità territoriale siriana (e legalmenteha ragione). Infine, ma non da ultimo,Trump promette da sempre un riarmo,anche nel settore nucleare, provocandola forte protesta del Cremlino che temeuna nuova corsa agli armamenti. Però,nella narrazione e di conseguenzaanche nell’immaginario collettivo,Trump è il “presidente voluto daPutin”.

E non c’è solo la narrazione di sini-stra, c’è anche quella della destra anti-Trump, che lo vede come il menoconservatore (il meno favorevole al li-bero mercato) fra tutti i possibili leaderrepubblicano. È certo che la retorica diDonald Trump sia anti-mercato, specienel commercio internazionale. Ma èanche certo che ha inaugurato la suapolitica economica con un taglio mas-siccio di regole. Ha (di fatto) abrogatoil Dodd-Frank Act voluto da Barack

Obama nel 2010 per punire la finanzaspeculativa. D’ora in avanti le banchesubiranno meno controlli statali e sa-ranno più libere di fare trading sui mer-cati finanziari anche con i depositi deiloro clienti. La deregulation, in genere,con Trump è diventata la regola: un de-creto specificamente firmato dal nuovopresidente obbliga le agenzie governa-tive a cancellare due norme per ogninuova regola introdotta. È il piano dideregulation più ambizioso dai tempidi Ronald Reagan. Nonostante tutto,per certa narrativa di destra (e dunqueanche di una sinistra che si riscopre sin-golarmente pro-mercato, solo in que-sto caso specifico) Trump è “statalista”.

Detto tutto ciò, è interessante notarecome l’amministrazione in carica fac-cia poco o nulla per smentire questiluoghi comuni che la riguardano. Maquesto fa parte della strategia diTrump, che ha vinto le elezioni an-dando controvento, sfruttando la pub-blicità negativa. Islamofobo?Benissimo. Tanti consensi in più in unmomento in cui gli attentati dei radi-cali islamici fanno paura più di ognialtra cosa. Razzista? Perfetto, quel checi vuole con un’opinione pubblica chesi sposta sempre più a destra a causadella (non) gestione dell’immigrazioneda parte della sinistra. Mi danno del-l’amico di Vladimir Putin? Sono tutticonsensi in più da una destra che siidentifica in una Russia conservatrice,percepita (più nell’immaginario chenella realtà) come baluardo contro illaicismo e l’Islam. Statalista? Ma lagente vuole lo statalismo, specie dopola crisi economica del 2008, che pro-prio gli intellettuali di sinistra conti-nuano ad attribuire al “neoliberismo”.Trump sta ancora andando forte con-trovento. Si nutre dei luoghi comunidiffusi contro di lui. Forse la sinistranon se n’è ancora accorta.

Trump si nutre degli stereotipi della sinistradi Stefano Magni

Tanti anni di attività, e ora per ilpoeta torinese Guido Catalano -

classe 1971 - è arrivato il successoeditoriale. Con l’uscita a febbraiodella sua raccolta di inediti “Ognivolta che mi baci muore un nazista”,è partito il suo ennesimo tour ita-liano di letture accompagnato da unchitarrista, e la tappa di Roma - al-l’Auditorium Parco della Musica - èstata occasione per incontrarlo.

Com’è iniziato, e in che ordine, ilsuo rapporto con la scrittura e nellospecifico con la poesia?

Ho cominciato verso i 17 anni,scrivendo testi per canzoni che poicantavo, male; avevo un gruppo alliceo, e poi all’università, volevo farela “rockstar”. Mi sono divertito, poila band si è sciolta e io ho continuatoa scrivere, perché l’esigenza c’era, equei testi sono diventati poesia, unambito che amo anche a prescinderedalla musica.

Quali sono stati, e sono, i suoi ri-ferimenti?

Come la maggior parte dei maschiamanti della poesia, a un certo puntoho conosciuto l’opera di Charles Bu-

kowski, un artista che tendenzial-mente a scuola non insegnano, e que-sto mi ha fatto capire che esistevaanche una poesia diversa da quellache avevo studiato. Sono anche unappassionato di Jacques Prévert, epoi c’è Cesare Pavese, un mio concit-tadino, che mi piace. Mi ispiro moltoanche ad altre forme artistiche, i can-tautori italiani sono la mia passione,da Francesco De Gregori a LucioBattisti, che con Mogol ha scrittocanzoni notevolissime.

In lei, l’ispirazione che meccani-smi segue, ha propri momenti, leggi,abitudini?

Ci sono, e sono cambiate neglianni. Una volta arrivava un po’ comeun fulmine, scrivevo quello che micapitava, adesso ci lavoro di più. Miispiro molto all’esperienza diretta, aciò che sento e vedo, mi piace cap-tare i discorsi delle persone: sonosempre in ascolto, credo sia impor-tante per chi scrive.

Secondo un luogo comune, laMusa è connessa a moti interiori,spesso vicini alla sofferenza. Nel suocaso?

La sofferenza sicuramente è un ot-timo motore, penso proprio per fare

poesia. Io scrivo per lopiù poesie d’amore, per-ciò l’esperienza amo-rosa, anche sofferta, èuna triste e ottimafonte; per fortunaanche l’amore felice.Comunque parlo moltodi me stesso, quindimi rifaccio ai mieimoti interiori.

Cosa l’ha spinta al-l’esibizione dal vivo?

Tanti anni fa,quando ho comin-ciato a scrivere poesie,non esisteva Internet,e per far conoscere ilmio lavoro a un pub-blico - anche perchénon lo avevo ancorastampato - ho avutol’idea di gettarmi neibar di Torino a leg-gere le mie poesie. Lamossa ha funzionato,già ai tempi mi sonoavvalso di ottimi mu-sicisti, con cui conti-nuo a collaborare. Mipiace molto la com-

mistione tra poesia e musica, e da al-lora non mi son più fermato.

Per l’ironia, che caratterizza i suoiversi, secondo lei esiste una predi-sposizione?

Esiste “solo” una predisposizione,è un dono naturale, come anche ilsenso dell’umorismo, non si può im-

parare a un corso, e tral’altro salva. Io adoro lepersone ironiche, pensodi avere questo dono elo metto dentro a quelloche scrivo. Pur lavo-rando molto seria-mente, cerco di nonprendermi mai tropposul serio e spesso parlod’amore in maniera iro-nica, a volte anche co-mica.

Fin dall’inizio, hamantenuto un legamecon l’universo musicale:l’accompagnamento diun chitarrista, un tour eil nuovo libro che è unaraccolta di inediti, comefosse un album.

Senz’altro. Già ilfatto che soprattuttonegli ultimi anni i “live”io li faccia in luoghidove normalmente sisuona, come i club, na-turalmente è un po’ unmi rifarmi al mondodella musica, pur nonessendo un musicista.D’altra parte, penso allapoesia come a una can-zone, con il ritmo e la

musica incorporati, quindi probabil-mente io sono un po’ un misto: sicu-ramente un poeta, ma forse ancheuna specie di cabarettista, e mimuovo pure come un musicista, fac-cio un tour e - al posto di incidere di-schi - scrivo libri. Questo mi divertemolto.

La domanda viene spontanea: iltitolo “Ogni volta che mi baci muoreun nazista” da dove viene?

È il titolo di una poesia contenutanella raccolta, come spesso mi capita.In questo caso, il bacio è come unsintomo d’amore, e quindi antidotoal male, al male di vivere. Il nazismochiaramente è un’esagerazione, mal’ho preso come una delle espressionipeggiori che l’essere umano sia riu-scito a inventare.

Qual è la dimensione della poesia,oggi, e quali crede che siano le ra-gioni del suo successo personale?

Per quanto mi riguarda, c’è un la-voro notevole, sono circa 18 anniche batto il ferro senza mai fer-marmi, ho fatto tanta gavetta.Prima, il passaparola ha avuto unruolo fondamentale; poi è arrivatoInternet, ho aperto un “blog” e i “so-cial network” mi hanno aiutatomolto, quindi è aumentato il pub-blico nei “live” e anche quello checompra i miei libri. In generale, hola sensazione che negli ultimi anni lapoesia abbia una sorta di rinascita.Tanti anni fa mi sentivo solo, adesso- tra “poetry slam” e “reading” - unpo’ in tutta Italia ci sono persone,anche molto giovani, che portano lapoesia pure in luoghi non conven-zionali.

7L’opinione delle Libertà

di Federico raponi

sabato 25 marzo 2017 Cultura

Guido Catalano, poeta d’amore, umorismo e palcoscenico

�!��' �*#�!�� '�,�*(���!!����'�#- ������ � ' )) ��"�#

�!��' �*#�!�� '�,�*(���!!����'�#- ������ � ' )) ��"�#

AAiiuuttaaccii aa ddiiffeennddeerree llee vviittttiimmeeddeellllaa ggiiuussttiizziiaa iinnggiiuussttaa ee ddeell ffiissccoo

CCAAMMPPAAGGNNAA 22001177

�#����&*�()1�##$� #�'���!$���! � (�' )) ����� �($))$(�' ))$' �!1���$#�"�#)$�� � )�!���!�&*$) � �#$/�1�% # $#�0

� �--�� 1�'��$�! �����.�����.��$"���!�������.��� !� #�$� !)' �*#�!��'�,�*(�$'�

����'' ++

��((��'' ++ ))

��$$))))$$((��'' ++