Il Potere Delle Parole

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1 IL POTERE DELLE PAROLE “In principio parole e magia erano una sola cosa e perfino oggi il linguaggio conserva molto del suo potere magico. Le parole suscitano emozioni e sono il mezzo con cui generalmente influenziamo i nostri simili.” (Sigmund Freud) Il linguaggio è una caratteristica unica della specie umana che ci distingue dalle altre creature. Esso rappresenta uno degli elementi chiave con cui ciascuno di noi costruisce i propri modelli mentali del mondo e che può influenzare enormemente il nostro modo di percepire la realtà e di rispondere ad essa. Questo capitolo tratta del potere delle parole, dell’impatto che hanno su di noi e sui nostri interlocutori, della loro capacità di essere utili o dannose e quindi dei modelli linguistici mediante i quali possiamo trasformare le affermazioni dannose in affermazioni utili. I fondatori della PNL nel loro primo libro hanno cercato di stabilire alcuni principi per spiegare l’apparente “magia” delle parole. Secondo Bandler e Grinder, il linguaggio rappresenta il mezzo mediante il quale rappresentiamo e trasmettiamo le nostre esperienze alle persone che abbiamo attorno. Come scrivono i due autori Tutte le realizzazioni dell’umanità comportano l’uso del linguaggio. Noi esseri umani usiamo il linguaggio in due modi: uno per rappresentare la nostra esperienza (ragioniamo, pensiamo, fantastichiamo a parole); e l altro per trasmetterci reciprocamente il nostro modello del mondo (discutiamo, scriviamo, cantiamo a parole)”. Le parole infatti sono il codice attraverso cui descriviamo sia le nostre esperienze personali sia le nostre strutture mentali. Inoltre il linguaggio non solo rivela le nostre percezioni, ma puo’ letteralmente crearle o cambiarle. Proprio per questo suo potenziale “magico” è possibile sfruttare il linguaggio nel processo di cambiamento e di guarigione intrapreso dai tuoi pazienti. IL PAZIENTE: ESPERIENZA E LINGUAGGIO Abbiamo già visto nel capitolo precedente come ognuno di noi raccoglie informazioni dall’ esterno attraverso i cinque sensi. Tali informazioni vengono filtrate, elaborate e rappresentate in una mappa mentale. Solo successivamente usiamo il linguaggio per descrivere a noi stessi e agli altri questa nostra mappa interna .

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IL POTERE DELLE PAROLE

“In principio parole e magia erano una sola cosa e perfino oggi il linguaggio conserva molto del suo potere magico.

Le parole suscitano emozioni e sono il mezzo con cui generalmente influenziamo i nostri simili.” (Sigmund Freud)

Il linguaggio è una caratteristica unica della specie umana che ci distingue dalle

altre creature. Esso rappresenta uno degli elementi chiave con cui ciascuno di noi

costruisce i propri modelli mentali del mondo e che può influenzare enormemente il

nostro modo di percepire la realtà e di rispondere ad essa. Questo capitolo tratta del

potere delle parole, dell’impatto che hanno su di noi e sui nostri interlocutori, della loro

capacità di essere utili o dannose e quindi dei modelli linguistici mediante i quali

possiamo trasformare le affermazioni dannose in affermazioni utili.

I fondatori della PNL nel loro primo libro hanno cercato di stabilire alcuni principi

per spiegare l’apparente “magia” delle parole. Secondo Bandler e Grinder, il linguaggio

rappresenta il mezzo mediante il quale rappresentiamo e trasmettiamo le nostre

esperienze alle persone che abbiamo attorno. Come scrivono i due autori “Tutte le

realizzazioni dell’umanità comportano l’uso del linguaggio. Noi esseri umani usiamo il

linguaggio in due modi: uno per rappresentare la nostra esperienza (ragioniamo,

pensiamo, fantastichiamo a parole); e l’altro per trasmetterci reciprocamente il nostro

modello del mondo (discutiamo, scriviamo, cantiamo a parole)”.

Le parole infatti sono il codice attraverso cui descriviamo sia le nostre esperienze

personali sia le nostre strutture mentali. Inoltre il linguaggio non solo rivela le nostre

percezioni, ma puo’ letteralmente crearle o cambiarle. Proprio per questo suo

potenziale “magico” è possibile sfruttare il linguaggio nel processo di cambiamento e di

guarigione intrapreso dai tuoi pazienti.

IL PAZIENTE: ESPERIENZA E LINGUAGGIO

Abbiamo già visto nel capitolo precedente come ognuno di noi raccoglie

informazioni dall’esterno attraverso i cinque sensi. Tali informazioni vengono filtrate,

elaborate e rappresentate in una mappa mentale. Solo successivamente usiamo il

linguaggio per descrivere a noi stessi e agli altri questa nostra mappa interna .

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Praticamente le parole servono a dare un nome alle nostre esperienze sensoriali di cui

creiamo dunque una rappresentazione linguistica.

Le parole sono per loro natura descrittive, e quando le usiamo per raccontare

un’esperienza non facciamo altro che etichettare attraverso di esse ciò che ci circonda

o che proviamo. Introduciamo così un fattore soggettivo che fa sì che quello di cui

parliamo si avvicini alla realtà ma non la rappresenti completamente. Le parole quindi

raccontano la realtà ma non sono la realtà.

Infatti, durante l’iter che traduce la mappa mentale nella sua rappresentazione

linguistica, la cosiddetta “realtà interna” passa attraverso tre processi di impoverimento

che la semplificano, dandone quindi una rappresentazione limitata:

- la generalizzazione

- la cancellazione

- la distorsione,

Questi tre processi sono necessari alla nostra mente per rendere la realtà più gestibile e

condivisibile, ma allo stesso tempo la impoveriscono, travisandone molto spesso il

significato e interpretandone il contenuto in maniera soggettiva.

Prova a pensare allora al tuo paziente e a quanti processi di “semplificazione” e

“limitazione” potrebbe aver sottoposto la sua realtà, nel momento in cui si presenta nel

tuo studio.

Se vuoi arrivare alla realtà non semplificata del tuo paziente, risalendo a monte di

ciò che egli semplificativamente racconta, può tornarti utile uno strumento molto potente

usato dalla PNL per approfondire la mappa mentale delle persone: il METAMODELLO.

Le parole impoveriscono e semplificano la realtà, di per sé troppo ricca di

particolari per poter essere rappresentata linguisticamente, attraverso i

processi di generalizzazione, cancellazione e distorsione.

Le parole sono la rappresentazione linguistica delle nostre esperienze

sensoriali.

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IL METAMODELLO

Il metamodello o "linguaggio di precisione" è un insieme di domande tese a

raccogliere informazioni altamente specifiche per approfondire l’esperienza di una

persona. Poiché non possiamo guidare una persona all'interno della propria mappa,

che solo lei conosce, queste domande servono a stimolare l’interlocutore a rivelare le

generalizzazioni, le cancellazioni e le distorsioni che ha prodotto e risalire quindi

all’esperienza originaria della quale ha creato un modello linguistico. Accanirsi per

cambiare la realtà oggettiva molto spesso non ha senso e per accedere a nuove

alternative basta invece riorganizzare l'esperienza soggettiva effettuando alcune

precise operazioni mentali, proprio attraverso il metamodello. Il fine ultimo è quello di

aiutare il paziente a rendersi conto delle possibili soluzioni per i suoi problemi attraverso

maggiore chiarezza e precisione delle informazioni. Per evitare però che le domande

risultino troppo “inquisitorie”, e quindi poco apprezzate, impronta il colloquio su uno

spirito di collaborazione, diretto alla ricerca delle cause dei problemi e di soluzioni

efficaci.

E’ chiaro dunque che, linguisticamente, tendiamo a impoverire la realtà

attraverso le generalizzazioni, le cancellazioni e le distorsioni che ora approfondiremo

singolarmente.

LE GENERALIZZAZIONI

Le generalizzazioni sono affermazioni relative a ciò che le persone “possono “o

“non possono” fare, “devono” o “non devono o dovrebbero” fare. Quando un paziente

usa delle generalizzazioni, prende una parte di una sua esperienza e la utilizza per

rappresentare un’intera categoria. È ben immaginabile come tutto ciò possa portare ad

un impoverimento della comunicazione con la perdita di dati potenzialmente decisivi per

la diagnosi e la terapia.

Sono generalizzazioni per esempio le affermazioni: “Le medicine (gli antibiotici)

sono dannose”, “Il cambiamento è difficile; non posso modificare il mio stile di vita”,

“Dal dentista provo sempre dolore”, “L’anestesia è sempre un rischio”, o ancora “Lo

sanno tutti che i dentisti se ne approfittano”.

Usa il metamodello per aiutare il paziente a risalire all’esperienza sensoriale

originaria di cui ha creato un proprio modello linguistico.

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Le domande del metamodello sono volte quindi ad indagare la validità di tali

affermazioni e portare alla luce riferimenti specifici di tempo, persone, luoghi e contesto.

Servono cioè ad uscire dalla generalizzazione eseguita dal paziente e a

contestualizzare la singola esperienza. Le principali categorie delle generalizzazioni

sono: i quantificatori universali, gli operatori modali e le performative perdute.

I QUANTIFICATORI UNIVERSALI sono termini (tutti, ognuno, nessuno,

chiunque) che sovra-generalizzano un’ affermazione partendo da un caso particolare.

Può essere un esempio di affermazione generalizzante la frase: “Non puoi fidarti dei

dentisti”. L’odontoiatra può affrontarle e metterle in dubbio innanzitutto puntualizzando

sul quantificatore utilizzato, chiedendo ad esempio “Non ci si può fidare proprio di

nessun dentista?”, “Lei si è mai fidato di un dentista?”, “Immagini una circostanza nella

quale potrebbe fidarsi di un dentista”. Oppure può fornire un contro-esempio relativo

all’esperienza che si sta verificando nel momento stesso del colloquio, chiedendo al

paziente: “Lei si fida di me in questo momento?”. O ancora può tentare un confronto

evidenziando le differenze tra le due esperienze domandando “Cosa accadrebbe se lei

si fidasse del dentista?”, “Cosa le impedisce di fidarsi?”, “Che differenza c’è tra un

dentista di cui lei si fida e quello di cui non si può fidare?”, ”Cosa le permetterebbe di

fidarsi di un dentista?”. Rispondendo in questo modo riesci a realizzare una

ristrutturazione della conversazione e inviti il paziente a riesaminare la propria mappa, a

metterla in collegamento con una più ampia gamma di esperienze, arricchendo così le

possibili letture della realtà.

Gli OPERATORI MODALI sono termini con i quali il paziente indica “in che

modo” agisce nel mondo. Tra le possibili “modalità operative” esistono la necessità, il

desiderio, la scelta, la possibilità o l’impossibilità, la capacità o l’incapacità. Per esempio

un paziente che si presenta dicendo “Non posso iniziare questo lavoro” oppure “Non

posso rinunciare a fumare” sta generalizzando mediante un operatore modale. Puoi

quindi domandargli: “Cosa le impedisce di iniziare questo lavoro?” oppure “Cosa

accadrebbe se fosse disposto a rinunciare a fumare?”. Anche in questo caso, quando

risponde o cerca di rispondere, l’interlocutore è portato a richiamare alla mente tutti gli

elementi nella sua neurologia che riguardano l’argomento in questione, e quindi ad

arricchire la sua mappa e contemplare nuove possibilità.

Le generalizzazioni consistono nel prendere parte di un’esperienza e

utilizzarla per rappresentare un’intera categoria.

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Le PERFORMATIVE PERDUTE sono affermazioni attraverso le quali il paziente

può esprimere giudizi sotto forma di generalizazioni, senza rendere espliciti nè i criteri

utilizzati, nè coloro che li hanno espressi. Si presentano come affermazioni ovvie,

universalmente applicabili, come verità assolute. Può essere un esempio l’espressione

“Non si può smettere di fumare tanto facilmente”, o anche “E’ difficile lavarsi i denti tre

volte al giorno”. Una generalizzazione chiude l’argomento, lo immobilizza, pone fine ad

ogni domanda di approfondimento o di analisi. Anche in questo caso puoi intervenire

nel processo attraverso le domande del metamodello chiedendo al tuo paziente “Chi lo

dice?”, “Quando lo dice?”, “A chi?”, “A proposito di cosa?”, “In quale momento?”, “In

quale circostanza?”,”In quale contesto?” . Queste domande ti permettono di recuperare

le informazioni mancanti e di aggiungerle alla rappresentazione dell’interlocutore

arricchendo così la sua esperienza soggettiva.

LE CANCELLAZIONI

Le cancellazioni sono dei processi, a volte inconsci, con cui il paziente seleziona

gli elementi a cui prestare attenzione, tralasciandone altri. Tale processo da un lato lo

protegge da una mole di stimoli eccessiva, dall’altra però impoverisce la sua mappa

mentale riducendola a proporzioni più “maneggevoli”.

I processi di cancellazione riguardano soprattutto verbi, nomi, riferimenti e

comparazioni che il paziente descrive in senso generale, in modo incompleto e poco

circostanziato. Ne è un esempio l’espressione: “Il dolore è insopportabile”. Ad una

cancellazione come questa consegue una perdita parziale di informazioni che dovrai

portare alla luce, con domande mirate, per riuscire ad arricchire il modello mentale del

tuo assistito e moltiplicare la gamma delle sue possibili scelte comportamentali. Le

domande del metamodello permettono di recuperare informazioni relative a chi, come,

cosa, dove e quando. Puoi quindi estrapolare informazioni più specifiche dall’esempio

precedente chiedendogli: “Quale dolore è insopportabile?”, “Qual è la zona specifica

interessata dal dolore?”, “Quando inizia il dolore?”, “Quanto dura?”, “Ci sono momenti i

cui si attenua?”.

È possibile distinguere le cancellazioni in indici referenziali non specificati,

cancellazioni semplici, cancellazioni comparative e superlative.

Le cancellazioni sono dei processi con cui il paziente seleziona gli elementi a

cui prestare attenzione tralasciandone altri.

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Gli INDICI REFERENZIALI NON SPECIFICATI in genere, coinvolgono i nomi

che designano delle categorie come “i medici”, “le medicine”, ”la gente”, “le malattie”. È

un esempio l’espressione “le medicine mi fanno male”. Dovresti indagare sulla frase del

paziente domandandogli: “Quale tipologia di medicine specificatamente le fanno

male?”, “A cosa le fanno male?”, “Che tipo di disturbi le arrecano?”.

Le CANCELLAZIONI SEMPLICI sono frequentemente nomi e verbi non

specificati che il paziente cancella da una sua affermazione. Per esempio in

un’espressione quale “Mi hanno dato due tipi di antibiotici” il paziente sta cancellando il

soggetto. Domanda allora “Chi specificatamente le ha dato gli antibiotici?” per ampliare

le informazioni che il paziente ha eliminato.

Le CANCELLAZIONI COMPARATATIVE E SUPERLATIVE vengono usate

quando il paziente esprime una valutazione che confronta due esperienze (oggetti,

persone ecc.) senza specificare il secondo termine di paragone, come nell’affermazione

“E’ molto più doloroso”, “L’intervento è troppo lungo e faticoso”, “La terapia è troppo

costosa”. Per ricontestualizzare l’esperienza che ha portato il paziente a questa

conclusione potresti interrogarlo sul secondo termine di paragone mancante

chiedendogli per esempio “Molto più doloroso rispetto a cosa?”, “Troppo lungo e

faticoso rispetto a cosa?”, “Rispetto a cosa è troppo costosa?”.

LE DISTORSIONI

Le persone operano continuamente delle distorsioni sia quando rappresentano la

realtà nella propria mente, sia quando la raccontano agli altri. Distorciamo la realtà per

rappresentarla sotto una nuova forma, ma allo stesso tempo ne limitiamo anche la

ricchezza. Anche i tuoi pazienti possono fornire dei dati distorti che riducono l’efficaca

della vostra interazione.

Sono differenti tipi di distorsione le nominalizzazioni, la lettura del pensiero, la

causa-effetto e le presupposizioni.

Le NOMINALIZZAZIONI sono distorsioni che il paziente attua quando attribuisce dei

nomi ad azioni o eventi. Per esempio quando un paziente dice “Non sopporto

l’insensibilità delle assistenti” puoi mettere in discussione le nominalizzazioni

La realtà viene distorta nella nostra mente per essere rappresentata sotto una

nuova forma.

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sciogliendo i sostantivi (nel caso specifico l’insensibilità) in parole che ne esprimano

l’elemento di dinamismo e la possibilità di trasformazione. Potresti quindi chiedere

“Cosa fanno, o non fanno, per farle pensare che siano insensibili?”. De-nominalizzare ti

dà il potere di riconnetterti alle azioni e ai processi originari dell’interlocutore e di

riproporre gli stessi concetti appena espressi in formazione dinamica.

La LETTURA DEL PENSIERO si riferisce alle affermazioni di un paziente che

presume di conoscere il pensiero, le emozioni, i valori, le intenzioni di un'altra persona.

Rientra in questa categoria la frase “So che lei dottore, pensa che il dente non si possa

curare”. Anche se l’odontoiatra non ha fatto nessuna affermazione in merito, il malato,

magari scoraggiato e impaurito, gli attribuisce i propri pensieri. Anche in questo caso

puoi evitare fraintendimenti e difficoltà relazionali sfruttando domande mirate come “Che

cosa l’ha portata a questa conclusione?”, “In che modo è arrivato a farsi questa idea?”,

“Dipende da qualcosa che ho detto o fatto?”.

La CAUSA-EFFETTO è un tipo di distorsione che si verifica quando si mettono in

relazione due esperienze, comunicando che una delle due determina l’altra. Il punto è

che i due eventi potrebbero essere in relazione tra loro per altre ragioni oppure non

esserlo affatto. Ad esempio un paziente potrebbe sostenere “Dopo che mi ha fatto la

terapia canalare ho avuto mal di testa tutto il giorno”. Anche in questo caso puoi

evidenziare una concomitanza di più fattori in modo da allargare la prospettiva del

malato chiedendo “Cosa le fa pensare che la terapia possa aver provocato il mal di

testa”, oppure “Prima della terapia non le è mai capitato di provare mal di testa?”, ”In

che modo la terapia canalare dovrebbe essere la causa del mal di testa?”.

Le PRESUPPOSIZIONI sono delle condizioni che devono sussistere affinchè un

enunciato sia vero. Molte volte i pazienti traggono delle conclusioni da queste

affermazioni arbitrarie che ritengono vere e indiscutibili. Ad esempio se un paziente

dice: “Temo che dopo l’estrazione la parte si gonfierà e mi farà male, come è accaduto

anche a mia madre e mia sorella”, pressuppone implicitamente l’idea che i

consanguinei rispondano allo stesso modo a un problema di salute. Indaga con

domande mirate sul motivo che porta il paziente ad avere queste convinzioni perché

alle volte il malato stesso non sa che sono frutto di concetti presi per veri a priori e

provenienti dalla famiglia, dal retaggio culturale e dalla società.

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LA PSICOLINGUISTICA

La psicolinguistica è una branca della psicologia che studia le modalità di

interazione tra le capacità verbali e altre facoltà cognitive. Nei paragrafi precedenti hai

visto come puoi usare il linguaggio per costruire un ponte di comunicazione con gli altri.

Ora evidenzieremo gli effetti che le parole producono sulle mente e sulle emozioni

umane e come puoi maniporarle per i tuoi fini.

Una delle differenze principali tra comunicatori mediocri e comunicatori di grande

successo è quanto parlano e il numero di DOMANDE che pongono. Si è scoperto che i

grandi comunicatori pongono al loro pubblico, quasi il triplo delle domande e, sebbene

possa sembrare sorprendente, parlano molto meno rispetto ai loro colleghi. I grandi

comunicatori fanno dunque molte domande e poi lasciano che sia il loro pubblico a

parlare. E’ la persona che fa le domande che ha il controllo, non chi parla tutto il tempo.

Attraverso di esse è possibile controllare e guidare la discussione, facendo però molta

attenzione al modo in cui si pongono.

Innanzitutto, in base a come sono formulate, le domande possono essere chiuse o

aperte. Le domande chiuse sono elaborate in modo tale che l’interlocutore è indotto a

rispondere in modo breve e conciso, probabilmente con un si o un no. Alla domanda “Ti

piace questa macchina?” per esempio la persona che risponderà si focalizzerà solo

sulla risposta specifica e non fornirà altre informazioni per inziare un approccio

parsuasivo. Per ottenere una risposta più ampia e dettagliata è meglio usare le

domande aperte iniziando al frase con : “Quando hai iniziato. . . ?Dove hai trovato. . . ?

Che cosa ne pensi. . . ?Hai mai pensato. . . ?Come ti senti. . . ?”. Chiedendo ad

esempio al paziente “Che ne pensi di questa macchina?” incoraggi la persona a parlare,

a prendere in considerazione vari aspetti dell’argomento palesando motivazioni e

desideri, spesso nascosti, che potrai usare nel processo di persuasione.

Un ulteriore accorgimento è quello di evitare di iniziare le domande con il classico

“Perché?”. Questa parola implica che l’interlocutore fornisca una spiegazione razionale

al proprio comportamento, quando in realtà, spesso, non sa bene per quale ragione si

comporta in un determinato modo. La domanda introdotta da “perché” suscita una

reazione di chiusura in quanto induce l’altro a giustificarsi anziché cercare possibili

alternative per il futuro. Nota come, formulata in questo modo, la frase perde di intensità

emotiva e passi dall’aggredire il carattere di una persona a trovare con lui una

soluzione. Fare domande con “cosa, quando, come, come, chi, dove” consente di

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aggirare questo ostacolo e rende più semplice entrare nella mente dell’interlocutore, in

quanto ti permette di analizzare parti specifiche dell’argomento.

Gli studi sulla psicolinguistica dimostrano che le osservazioni troppo dirette (con

l’uso del pronome “tu”, “voi”, “lei” sottinteso o esplicito) possono produrre conseguenze

negative ai fini della comunicazione. Frasi come: ”Devi sempre avere l’ ultima parola,

vero?”, “Prendi sempre un appuntamento e poi non ti presenti”, “Devi lavarti i denti”

risvegliano sentimenti negativi nell’interlocutore che quindi può chiudersi sulle sue

posizioni. Se riformulate con uno stile più aperto danno maggiore autorevolezza al

parlante e invogliano l’altro ad ascoltare. Inoltre l’enfasi dell’affermazione si trasferisce

sulla prima persona singolare “io” e risulta meno aggressiva. Ecco che le domande

precedenti risultano meno ostili se presentate come segue: “Sembra proprio che le

ultime parole debbano sempre venire da te”, “Ti aspetto sempre per l’appuntamento,

Fai sempre domande aperte per ricevere maggiori informazioni ed evita

la locuzione “perché’”.

RIASSUNTO

TECNICA DELLE DOMANDE

Info generali

Info specifiche

Fatti, necessità

Conferma necessità

DOMANDE APERTE

DOMANDE CHIARIFICATRICI

DOMANDE DI CONTROLLO

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ma non vieni mai”, “Secondo me/a mio parere/ mi sembra che tu debba porre maggior

attenzione all’igiene orale”.

Un metodo di sicura efficacia per attirare l’attenzione dell’interlocutore è quello di

ENTRARE IN CONFIDENZA con lui rendendolo partecipe di un’esperienza o di un

aneddoto personale inerente al tema della conversazione, che verrà percepito come un

“segreto” confidato. Attraverso questo semplice espediente il tuo interlocutore sente che

ti stai aprendo a lui, percepisce l’uomo dietro il professionista e ottieni facilmente il suo

ascolto. Lo rendi così attento e più che lieto di seguirti nel discorso.

Un altro modo sicuro per catturare l’attenzione di qualcuno è quello di CHIAMARLO

PER NOME. Il nostro cervello è impostato per rispondere automaticamente al suono del

nostro nome anche se impegnato in altri compiti. Chiama quindi per nome il tuo

paziente: oltre a farlo sentire “importante”, lo renderai partecipe in prima persona e

riuscirai anche a tenerlo vigile e attento sul discorso che stai affrontando. Inoltre cerca

di ricordare (o di annotare) più dettagli possibili della sua vita e delle conversazioni che

avete intrapreso e trova i momenti giusti per “sfoggiare” questa tua capacità.

Il nostro cervello è alla continua ricerca di completezza e tende inconsciamente a

riempire i vuoti di informazioni rimpiazzandoli con concetti affini. Possiamo sfruttare

questo escamotage finendo le nostre frasi con la parola “OPPURE”. Se poniamo alla

fine di una frase la parola oppure, alzando il tono della nostra voce, l’interlocutore la

percepirà come fosse una domanda e tenderà a concludere da sé la frase. Per esempio

alle domande “Vuole annullare l’appuntamento, oppure.....?”, ”Preferisce andare al

cinema, oppure…..?” il cervello dell’interlocutore tenderà a concludere automaticamente

con “… Oppure no” ,poiché incosciamente ha già valutato l’alternativa alla frase che ha

appena sentito. Se poi vuoi aumentare ancora le possibilità di successo, basta

associare al linguaggio verbale anche un messaggio analogico: cambia il tono di voce

oppure annuisci o scrolla leggermente la testa se la logica dell’affermazione vorrebbe

concludere la frase rispettivamente con l’accettazione o la negazione della tua richiesta .

Può risutare molto utile argomentare un’affermazione con perche’, cioè fornire

sempre una spiegazione per un comportamento, anziché lasciare che sia l’interlocutore

a trovarla. Nel momento in cui fornisci una spiegazione, privi l’altra persona della

Evita le osservazioni troppo dirette e riformulale in uno stile aperto spostando

l’enfasi sulla prima persona singolare.

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possibilità di speculare in maniera erronea sui motivi specifici delle tue azioni. Dato che

le aspettative individuali determinano l’idea che uno si fa di una determinata situazione,

argomenta tutto quello che fai e dici spiegandone il perché: eviterai così che l’altro

rimurgini con supposizioni infondate e otterrai più facilmenteil suo consenso.

Per aumentare la possibilità di successo nel dare delle istruzioni può essere efficace

anche fornire INDICAZIONI COMPLESSE, cioè unire due comandi da una

congiunzione “e”. Per esempio invece di dire “si sieda” e poi “ firmiamo il contratto”

unisci il comando in un'unica affermazione come “per favore, si sieda e firmiamo il

contratto” in modo che il paziente riceva più informazioni da elaborare. Infatti è più

facile dire di no a una richiesta alla volta piuttosto che rifiutarne due insieme.

Nella comunicazione risulta vantaggioso inserire anche le IPNO-WORD, cioè delle

parole che creano uno stato emozionale piacevole e predispongono al consenso. Sono

degli ancoraggi auditivi che, una volta attivati, provocano uno stato d’animo positivo.

Ogni persona ha decine cliente afferma ”la mia macchina deve essere elegante e

potente ” potresti ripetere in maniera sottile nei colloqui col lui le due ipno-word

elegante e potente per catturarne la simpatia e la fiducia. Inoltre per aumentarne

l’effetto, metti in risalto ogni parola con un tono di voce più alto, con un cenno del capo

o degli occhi, oppure piegandoti leggermente in avanti. Sono tutte “sottolineature” che

vengono percepite inconsciamente dal cervello bypassando la parte razionale e

arrivando direttamente a quella emozionale.

Così come esistono parole consigliate per condizionare positivamente il paziente ne

esistono anche altre da evitare perché possono influenzarlo negativamente.

Le frasi con la parola VERAMENTE hanno sempre un retrogusto negativo in quanto

l’interlocutore riconosce in esse una “via di fuga”, intuisce che qualcosa non è come la

si descrive e nel peggiore dei casi può diventare diffidente.

La parola MAGARI è un altra via di fuga che esprime soltanto incertezza e manifesta

la reale non volontà di chi la pronuncia.

Chiama il paziente col proprio nome, usa in maniera appropiata la particella

“oppure”, argomenta qualsiasi affermazione con “perché” e usa

consapevolmente le ipno-word: sono accorgementi che migliorano la tua

comunicazione.

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Anche le particelle MA/PERO’/TUTTAVIA generano resistenza nella comunicazione

poiché unendo due affermazioni tendono ad escludere la prima e ad enfatizzare la

seconda, che di solito esprime il concetto opposto. Per esempio a seguito

dell’affermazione di un paziente “Il mio medico è bravo, ma ……” puoi manipolare il

dialogo distogliendo l’attenzione dell’interlocutore dall’espressione dopo il ma e

approfondendo i motivi della sua bravura. Inoltre per non esprimere un giudizio è

sempre meglio usare la congiunzione E poiché connette le due affermazioni senza

lasciare intendere alcuna preferenza.

Evita anche la formula “A ESSERE SINCERO DEVO DIRE” poichè viene percepita

negativamente, in quanto presuppone che altre volte non lo sei stato e quindi non sei

sempre degno di fiducia.

Infine quando usi la particella pronominale “SI” nessuno si sente interpellato

personalmente poiché il “si” è neutro e di per sè debole e quindi qualsiasi

considerazione, di critica o di plauso, cade nel vuoto.

In conclusione quando le persone parlano utilizzano delle parole che non sono affatto

scelte a caso ma anzi sono significative ad un livello personale. Infatti è vero che le

espressioni hanno un significato condiviso dalla maggior parte delle persone, ma è

altrettanto vero che ciascuno di noi ha una sua personale percezione di esse e

soprattutto ad esse è collegata una diversa esperienza soggettiva.

PER RIASSUMERE…

Le parole sono la rappresentazione linguistica delle nostre esperienze sensoriali.

Le parole impoveriscono e semplificano la realtà, di per sé troppo ricca di

particolari per poter essere rappresentata linguisticamente, attraverso i processi

di generalizzazione, cancellazione e distorsione.

Usa il metamodello per aiutare il paziente a risalire all’esperienza sensoriale

originaria di cui ha creato un proprio modello linguistico.

Il significato di una comunicazione è dato dalla risposta che ottiene.

Evita le particelle “ma/però/tuttavia”,“si”, le parole “magari” e “veramente” e

la formula “a essere sincero” : impoveriscono la tua comunicazione.

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Le generalizzazioni consistono nel prendere parte di un’esperienza e utilizzarla

per rappresentare un’intera categoria.

Le cancellazioni sono dei processi con cui il paziente seleziona gli elementi a cui

prestare attenzione, tralasciandone altri.

La realtà viene distorta nella nostra mente per essere rappresentata sotto una

nuova forma.

Fai sempre domande aperte per ricevere maggiori informazioni ed evita la

locuzione “perché’”.

Evita le osservazioni troppo dirette e riformulale in uno stile aperto spostando

l’enfasi sulla prima persona singolare.

Chiama il paziente col proprio nome, usa in maniera appropiata la particella

“oppure”, argomenta qualsiasi affermazione con “perché” e usa

consapevolmente le ipno-word: sono accorgementi che migliorano la tua

comunicazione.

Evita le particelle “ma/però/tuttavia”,“si”, le parole “magari” e “veramente” e la

formula “a essere sincero”: impoveriscono la tua comunicazione.

Il significato di una comunicazione è dato dalla risposta che ottiene.