IL POLIEDRICO MONDO...

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MONDO DIGITALE •n.2 - giugno 2006 1. INTRODUZIONE Linformazione sta alla base di ogni atti- vità umana. Anzi tutta l’evoluzione, pri- ma biologica e poi sociale e culturale, è stata contrassegnata da scambi d’informazione sempre più intensi e diffusi. Tuttavia solo ver- so la metà del Novecento si è cominciato a in- dagare questi fenomeni con strumenti non soltanto filosofici e qualitativi ma anche ma- tematici. Questa impostazione, dovuta so- prattutto a Shannon, è molto utile sotto il profilo ingegneristico, ma la sua utilità deriva da una notevole semplificazione: il significa- to dei messaggi e il loro valore pragmatico sono del tutto ignorati, perché l’unico scopo è quello di riprodurre presso l’utente ogni messaggio generato dalla sorgente in modo che sia distinguibile dagli altri possibili mes- saggi. La teoria matematica dell’informazio- ne s’inquadra in una teoria assai più vasta, in cui sono importanti anche gli aspetti seman- tici e pragmatici dell’informazione, i suoi rap- porti con i dialoganti e con il contesto comu- nicativo. Di questa teoria più ampia si vuol fornire qui una rassegna, per quanto somma- ria. Si parte con l’illustrazione di alcune delle ca- ratteristiche ba- silari dell’informazione, cominciando (para- grafo 2) dalle differenze più importanti tra il mondo della materia e il mondo della comu- nicazione. Rilievo è dato al passaggio dalla realtà (il territorio) alla sua rappresentazione (la mappa), che comporta una riduzione di informazione (paragrafo 3). Si sottolinea poi il rapporto essenziale tra l’informazione e il suo supporto (paragrafo 4). Questi concetti sono ripresi ed esemplificati nel paragrafo 5, dedicato alla simulazione, che può illumina- re i rapporti e le differenze tra il mondo dei simboli e il mondo della materia, differenze riprese e approfondite nel paragrafo 6, che ri- guarda le nozioni di contesto e di comples- sità. Una delle caratteristiche più importanti del mondo dell’informazione è la ridondan- za, e il paragrafo 7 ne illustra il rapporto con il significato e con il caso. Un breve cenno alla teoria matematica dell’informazione (para- grafo 8) fornisce un esempio molto particola- L’odierna “società dell’informazione” è solcata da una quantità crescente di dati elaborati e scambiati. Alla base di questa espansione vi è una tecno- logia sempre più efficiente ed economica. Accanto agli aspetti tecnici, so- no importantissimi gli aspetti concettuali del fenomeno, che comprendo- no la natura dell’informazione, il suo carattere contestuale e relazionale, i suoi aspetti semantici e pragmatici. Si delinea l’esistenza di un vero e pro- prio universo informazionale, che comprende la teoria di Shannon, ma che si estende ben al di là della formalizzazione matematica. Giuseppe O. Longo IL POLIEDRICO MONDO DELL’INFORMAZIONE 3 2 La mappa non è il territorio Alfred Korzybski

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1. INTRODUZIONE

L’ informazione sta alla base di ogni atti-vità umana. Anzi tutta l’evoluzione, pri-

ma biologica e poi sociale e culturale, è statacontrassegnata da scambi d’informazionesempre più intensi e diffusi. Tuttavia solo ver-so la metà del Novecento si è cominciato a in-dagare questi fenomeni con strumenti nonsoltanto filosofici e qualitativi ma anche ma-tematici. Questa impostazione, dovuta so-prattutto a Shannon, è molto utile sotto ilprofilo ingegneristico, ma la sua utilità derivada una notevole semplificazione: il significa-to dei messaggi e il loro valore pragmaticosono del tutto ignorati, perché l’unico scopoè quello di riprodurre presso l’utente ognimessaggio generato dalla sorgente in modoche sia distinguibile dagli altri possibili mes-saggi. La teoria matematica dell’informazio-ne s’inquadra in una teoria assai più vasta, incui sono importanti anche gli aspetti seman-tici e pragmatici dell’informazione, i suoi rap-porti con i dialoganti e con il contesto comu-nicativo. Di questa teoria più ampia si vuolfornire qui una rassegna, per quanto somma-

ria. Si parte conl’illustrazione dialcune delle ca-ratteristiche ba-silari dell’informazione, cominciando (para-grafo 2) dalle differenze più importanti tra ilmondo della materia e il mondo della comu-nicazione. Rilievo è dato al passaggio dallarealtà (il territorio) alla sua rappresentazione(la mappa), che comporta una riduzione diinformazione (paragrafo 3). Si sottolinea poiil rapporto essenziale tra l’informazione e ilsuo supporto (paragrafo 4). Questi concettisono ripresi ed esemplificati nel paragrafo 5,dedicato alla simulazione, che può illumina-re i rapporti e le differenze tra il mondo deisimboli e il mondo della materia, differenzeriprese e approfondite nel paragrafo 6, che ri-guarda le nozioni di contesto e di comples-sità. Una delle caratteristiche più importantidel mondo dell’informazione è la ridondan-za, e il paragrafo 7 ne illustra il rapporto con ilsignificato e con il caso. Un breve cenno allateoria matematica dell’informazione (para-grafo 8) fornisce un esempio molto particola-

L’odierna “società dell’informazione” è solcata da una quantità crescente

di dati elaborati e scambiati. Alla base di questa espansione vi è una tecno-

logia sempre più efficiente ed economica. Accanto agli aspetti tecnici, so-

no importantissimi gli aspetti concettuali del fenomeno, che comprendo-

no la natura dell’informazione, il suo carattere contestuale e relazionale, i

suoi aspetti semantici e pragmatici. Si delinea l’esistenza di un vero e pro-

prio universo informazionale, che comprende la teoria di Shannon, ma che

si estende ben al di là della formalizzazione matematica.

Giuseppe O. Longo

IL POLIEDRICO MONDODELL’INFORMAZIONE

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La mappa non è il territorioAlfred Korzybski

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re, ma importantissimo per le applicazioni, dimodello comunicazionale, mentre la pro-spettiva si allarga nel paragrafo 9, dove i con-cetti precedenti sono immersi nel contestosocioculturale, di cui costituiscono potentifattori di trasformazione.

2. CREATURA E PLEROMA

Il Novecento è stato caratterizzato da un’at-tenzione esplicita per i fenomeni della co-municazione, che fino a quel momento era-no rimasti un po’ ai margini: l’evoluzionetecnica e le esigenze belliche diedero gran-de impulso allo studio quantitativo del-l’informazione. Nel 1948, quando ClaudeShannon [10] formulò la teoria matematicadella comunicazione e Norbert Wiener (Fi-gura 1) fondò la cibernetica [11], le disciplineattinenti all’informazione, al significato, allacomunicazione, alla struttura, alla relazionee all’ordine avevano uno statuto piuttostovago rispetto alla solidità delle teorie fisi-che e chimiche. Ma il tempo perduto fu ricu-perato in fretta e tutto il settore ricevetteuna sistemazione formale.Nonostante le limitazioni dovute al caratterequantitativo della teoria, l’incontro tra la ma-tematica, l’ingegneria, la nascente informati-ca e il mondo della comunicazione fu quantomai fecondo di risultati. In pochi anni nac-quero e si svilupparono discipline come lateoria dell'informazione, la teoria dei control-li e dei servomeccanismi e la cibernetica, cui

si aggiunse più tardi, verso la fine degli annicinquanta, l’intelligenza artificiale. Inoltre,dispiegandosi in tutta la sua ricchezza, ilmondo della comunicazione cominciò ad agi-re da centro di aggregazione anche per disci-pline molto lontane dal nucleo tecnico-for-male, come la psicologia, la sociologia, la fi-losofia e la linguistica.Da una parte il processo comunicativo rice-vette una formulazione matematica, dal-l’altra si venne delineando una sorta di“teoria generale dell’informazione”: fu cioèriconosciuto che accanto al dominio dellafisica - il mondo delle forze, delle masse edelle quantità di moto - esiste il dominiodella forma, delle relazioni, delle differen-ze, dell’organizzazione e del significato. Leleggi che vigono in questo dominio sonospesso diverse da quelle della fisica e talo-ra sorprendenti.Seguendo Gregory Bateson, cui dobbiamol’analisi più penetrante del concetto diinformazione, chiameremo Pleroma il mon-do della materia e delle forze e Creatura ilmondo dell’informazione e della struttura.Nel Pleroma regna l’opacità pesante e indif-ferenziata della materia, mentre nella Crea-tura l’attività organizzatrice dell’uomo iden-tifica e separa le cose, assegna i nomi e in-troduce leggi e distinzioni. Mentre nel Plero-ma ogni cosa rappresenta soltanto sé stes-sa, nella Creatura ogni cosa può, in seguitoa un accordo, rappresentare ogni altra cosae divenire pertanto un simbolo. I codici sim-bolici, aprendo le prospettive amplissimedel significato, consentono ogni sorta digioco linguistico. In genere il significato diuna cosa non le è intrinseco, ma le è conferi-to dall’attività comunicativa dell'uomo. Inquesto senso si giustifica il termine Creatu-ra, perché è l’attività conoscitiva e linguisti-ca che crea questo mondo [1, 9].Nella Creatura non vi sono leggi di conserva-zione per l'informazione: poiché gli osserva-tori (viventi) posseggono fonti energetiche esupporti materiali propri, essi sono in gradodi replicare presso di sé l’informazione rice-vuta da una fonte esterna, come fa chi a le-zione prende appunti su un taccuino: quindil’informazione si moltiplica per il numero de-gli osservatori o utenti (e non si divide comela materia o l’energia) (Figura 2). L’assenza di

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FIGURA 1Norbert Wiener

informazione può essere informazione: unarisposta non data può scatenare una reazio-ne anche vivace. Per esempio la risposta nondata a un’ingiunzione dell’ufficio delle impo-ste può provocare l’arrivo di una multa. L’uffi-cio confronta l’alternativa “non risposta” conl’alternativa “risposta” e agisce sulla basedella differenza tra le due. Dunque ciò checonta nella Creatura sono le differenze.L’informazione sta nelle differenze e l’unitàd’informazione può essere definita come lapiù piccola differenza capace di generare unadifferenza. I canali di comunicazione sono isupporti che trasferiscono le differenze, op-portunamente trasformate e codificate. Unadifferenza è sempre tra un A e un B, tra unprima e un dopo, tra un qui e un altrove, manon si può ubicare, perché non ha le caratte-ristiche spazio-temporali degli oggetti mate-riali. E il mondo della differenza e della comu-nicazione, la Creatura, è in sostanza il mondodegli esseri viventi, in particolare dell'uomo.Grazie al loro metabolismo, gli organismi ac-cumulano energia e possono rilasciare que-sta energia in risposta a uno stimolo ancheminimo (o alla perdurante assenza di uno sti-molo). Basta una parola per scatenare unarissa, basta un lungo silenzio per provocareun’aggressione.Un esempio, forse un po’ crudele, che Batesonporta per illustrare quanto le leggi della Crea-tura siano diverse da quelle del Pleroma ri-guarda il diverso comportamento del sasso edel cane in seguito a un calcio: il sasso (che ap-partiene solo al Pleroma) compie una parabo-la, atterra e lì sta. Se la pedata è abbastanza vi-gorosa, anche il cane (che appartiene al Plero-ma e alla Creatura) può compiere una parabo-la secondo le leggi della fisica, ma di solitoquesto aspetto del suo comportamento non èinteressante. Interessante è ciò che il cane fadopo essere atterrato: per esempio può deci-dere di rivoltarsi contro chi l’ha maltrattato etentare di azzannarlo. Ma l’energia che il canemette in giuoco in questo attacco non è quelladella pedata, bensì quella “collaterale” del suometabolismo, e quest’energia viene attivatanon dal calcio in sé bensì dal dolore provato edal trauma “relazionale” subito dal cane. Tan-to è vero che, invece di attaccare l’uomo, il ca-ne può anche decidere di fuggire, mentre ilsasso non ha scelta: il determinismo della rela-

zione causa-effetto vale solo per il sasso, il cuicomportamento è invariabile e, almeno in li-nea di principio, prevedibile, mentre il compor-tamento del cane dipende da fattori di naturasistemica e contestuale difficili da valutare (lasua storia precedente, il suo rapporto con l’uo-mo che gli dà il calcio, il numero di calci che hapreso in vita sua e così via) [1] (Figura 3).

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FIGURA 3Cave canem

FIGURA 2La lezione di anatomia del dottor Tulp di Rembrandt

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Insomma nella Creatura valgono principi difunzionamento diversi da quelli del Pleroma.Nel Pleroma non c’è informazione (Pleromasignifica “pieno”, dunque “privo di differen-ze”), ma esso è la matrice di tutte le differen-ze e la sorgente di tutte le informazioni. Lastruttura del Pleroma, in sé, non riesce aspiegare (in modo adeguato) molti deglieventi che interessano l’uomo in quanto es-sere informazionale, sociale, culturale. Peresempio una conferenza può essere descrit-ta in molti modi e a molti livelli diversi. È pos-sibile (in linea di principio) darne una descri-zione in termini di meccanica quantistica op-pure in termini di chimica molecolare, maqueste descrizioni hanno un interesse limita-to e non colgono l’essenza dell’evento “con-ferenza”. Ciò vale in quasi tutte le situazionirilevanti per gli esseri umani, le quali posso-no essere descritte, spiegate e compreseadeguatamente solo in termini di informazio-ne, relazione, significato e comunicazione. Ladescrizione ordinaria di una conferenza, nellinguaggio comune, è adeguata e facile dacomprendere grazie alla lunga esperienzache l’osservatore ha delle conferenze. UnAlieno che non avesse esperienza di confe-

renze ne darebbe una descrizione stravagan-te, che non ne coglierebbe (quella che pernoi è) l’essenza (vedi riquadro).Quando si parla di “essenza di un evento” odi “descrizione adeguata” si fa sempre riferi-mento implicito a un osservatore o destina-tario: dunque l’informazione è relativa a unosservatore. La stessa energia sonora modu-lata associata a una data parola può causareuna risposta amichevole, uno sguardo stupi-to o uno scatto d’ira a seconda della storiaprecedente dell’ascoltatore, della sua rela-zione col parlante, del suo stato d’animo,dell'interesse che ha per il contenuto dellafrase, della lingua cui appartiene la frase edel contesto in cui essa è pronunciata.L’informazione sta nell’orecchio dell’ascolta-tore più che nella bocca del parlante.

3. MAPPA E TERRITORIO

Torniamo all’aforisma di Korzybski (Figura4) citato in esergo: “la mappa non è il terri-torio”. La mappa appartiene al mondo dellaCreatura: dal Pleroma, cioè dal territorio,ogni osservatore può ricavare la sua mappaparticolare, che dipende dai suoi interessied è diversa da ogni altra mappa. Per esem-pio, se il territorio è una regione geograficachi è interessato agli aspetti agricoli ne co-struirà una mappa diversa da chi è interes-sato agli aspetti minerari, o politici, o idrolo-gici. Tutte queste mappe si riferiscono allostesso territorio, sono tra loro compatibilima diverse, e nessuna fornisce una descri-zione esauriente della regione. La regione insé è muta, siamo noi che la facciamo “parla-re”: la costruzione delle varie mappe, cioèla costruzione della Creatura, rende esplici-te le informazioni che nel territorio (Plero-ma) sono implicite. Anche un libro è mutofinché non c’è un lettore che lo fa vivere. Inquesto senso l’attività dell’osservatore ècostruttiva, poiché la Creatura nasce dall'in-terazione conoscitiva tra osservatore e Ple-roma. Il Pleroma è la matrice e la Creatura èil deposito di tutte le conoscenze (Figura 5).Noi di continuo trasformiamo il vasto territo-rio del mondo pleromatico nella complicatamappa creaturale dei segni. I segni hannouna loro struttura, una loro ecologia, nellaquale siamo immersi a tal punto da dimenti-

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Un alieno assiste a una conferenza

Entrai in una vasta sala illuminata fiocamente, do-ve molti Terrastranieri stavano seduti in comodepoltrone, tutte rivolte nella stessa direzione. Guar-dando meglio, mi resi conto che il pavimento dellasala era lievemente inclinato e convergeva, per co-sì dire, verso un punto centrale sfarzosamente illu-minato, dove stava in piedi un Terrastraniero alto eimponente. Immaginai che potesse essere il Sin-daco della Città, o addirittura il Re, visto quantoera distinto e soverchiante fra tutti. Quando laconfusione che mi aveva colto all'entrare in sala sidileguò e potei distinguere meglio i particolari, eb-bi l'amara sorpresa di vedere e udire che il mae-stoso Terrastraniero che ritenevo fosse il Re emet-teva dal suo apparato masticatorio strani suonigutturali, gridi e squittii e brontolii, come se sof-frisse di un molesto dolore fisico. Ma, con miogrande stupore, nessuno moveva un dito per aiu-tarlo o assisterlo: anzi, al contrario, mirando le fac-ce dei Terrastranieri presenti, vidi che alcuni ghi-gnavano, altri con ogni evidenza si divertivano, al-tri ancora sorridevano beatamente come se ilgrande dolore del loro Monarca fosse per loro cau-sa di diletto. Questo fu per me il segno di una per-fida crudeltà ed ebbi conferma dei tanti raccontiche avevo udito sulla malvagità della popolazionedi Terrastrana.

care talora la realtà che li ha originati grazieal nostro assiduo lavoro, e ci domandiamo ilsenso di tutti quei segni. Per fortuna il mon-do è sempre là e possiamo intraprendernenuove interpretazioni, ricavandone nuovemappe e nuovi segni (vedi riquadro).Schematizzando molto, per ogni osservatorel’informazione può assumere tre aspetti:1. aspetto sintattico (rilevamento delle diffe-renze tra le parti del messaggio o tra messag-gi successivi);2. aspetto semantico (confronto delle diffe-renze rilevate con altre, registrate in prece-denza, per ricavarne il significato);3. aspetto pragmatico (impiego delle diffe-renze rilevate e interpretate per il consegui-mento dei fini).Ciascuno di questi tre aspetti presuppone ilprecedente: l’informazione può essere impie-gata per agire solo quando la si sia interpreta-ta; e può essere interpretata solo quando la sisia rilevata. Ma in molte circostanze pratichesono tantissime, potenzialmente infinite, ledifferenze che si possono cogliere in un og-getto o in un fenomeno, cioè in un territorio.Quali fra tutte queste differenze rileverà effet-tivamente il nostro osservatore, trasforman-dole da potenziali in attuali? Come illustra l’e-sempio delle carte geografiche, la scelta di-pende dal suo interesse, quindi dai fini che ha

in quel momento: ecco allora che il cerchio sichiude, perché il rilevamento delle differenze(aspetto sintattico) è guidato dai fini dell’os-servatore (aspetto pragmatico) (Figura 6).L’attività conoscitiva dell’uomo, cioè la co-struzione delle mappe, è sempre guidata daibisogni, dagli interessi e dai fini dell’indivi-duo, è limitata dai suoi mezzi e vincolata allesue capacità. Le mappe vengono poi usateper conseguire gli scopi nell’ambiente reale (oper simularne il conseguimento in un ambien-

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FIGURA 4Alfred Korzybski

FIGURA 5America sive novi orbis (A. Ortelius)

I segni per CalvinoSituato nella zona esterna della Via Lattea, il Sole impiega circa 200 milionidi anni a compiere una rivoluzione completa della Galassia.Esatto, quel tempo là ci si impiega, mica meno - disse Qfwfq, - io una voltapassando feci un segno in un punto dello spazio, apposta per poterlo ritro-vare duecento milioni d’anni dopo, quando saremmo ripassati di lì al prossi-mo giro. Un segno come? È difficile da dire perché se vi si dice segno voi pen-sate subito a un qualcosa che si distingua da un qualcosa, e lì non c’era nien-te che si distinguesse da niente; voi pensate subito a un segno marcato conqualche arnese oppure con le mani, che poi l’arnese o le mani si tolgono e ilsegno invece resta, ma a quel tempo arnesi non ce n’erano ancora, e nem-meno mani, o denti, o nasi, tutte cose che si ebbero poi in seguito, ma moltotempo dopo. La forma da dare al segno, voi dite non è un problema perché,qualsiasi forma abbia, un segno basta serva da segno, cioè sia diverso op-pure uguale ad altri segni: anche qui voi fate presto a parlare, ma io a quel-l’epoca non avevo esempi a cui rifarmi per dire lo faccio uguale o lo faccio di-verso, cose da copiare non ce n’erano, e neppure una linea, retta o curva chefosse, si sapeva cos’era, o un punto, o una sporgenza o rientranza. Avevol’intenzione di fare un segno, questo sì, ossia avevo l’intenzione di conside-rare segno una qualsiasi cosa che mi venisse fatto di fare, quindi avendo io,in quel punto dello spazio e non in un altro, fatto qualcosa intendendo di fa-re un segno, risultò che ci avevo fatto un segno davvero.(Italo Calvino, Un segno nello spazio, Le Cosmicomiche, Einaudi, Torino, 1965).

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te mentale). Azione e conoscenza sono dun-que inseparabili: ogni azione è fonte di cono-scenza e ogni conoscenza richiede un’azione[2]. Le conoscenze acquisite mediante un’a-zione costituiscono la base per ulteriori azioniche apportano nuove conoscenze [7].

4. INFORMAZIONE E SUPPORTO

Non esiste informazione senza supporto: ledifferenze debbono “incarnarsi” in materia oin energia. Ma a tutta prima sembra che il sup-porto, benché indispensabile, non sia essen-ziale e che si possa trasferire l’informazioneda un supporto all’altro senza perdite. Sel’informazione consiste nelle differenze o mo-dulazioni del supporto, basta introdurre nelsecondo supporto differenze o modulazioniisomorfe alle differenze o modulazioni pre-

senti nel primo: questa è l’operazione di codi-fica. A prima vista ciò sembra possibile senzadifficoltà, specie quando si abbia a che farecon i codici discreti o digitali. Ma se si analizzameglio il procedimento di codifica, si scopreche esiste sempre un livello di osservazione fi-ne al quale il trasferimento non è più fedele.Insomma non si può separare l’informazionedal supporto originale se non a patto di impo-verirla e distorcerla: un concerto per violinonon può essere eseguito col trombone se noncon gravi distorsioni. Sarà comunque l’osser-vatore a dichiararsi soddisfatto o insoddisfat-to del grado di fedeltà della codifica (nel casodigitale l’osservatore si accontenta di una co-difica anche grossolana, purché conservi la di-stinguibilità tra i messaggi).L’impossibilità di una codifica del tutto fedelederiva dal fatto che come non esiste informa-zione senza supporto, così non esiste suppor-to senza informazione: ogni supporto possie-de un’informazione intrinseca, originaria, co-stituita dalle differenze che contiene prima diogni processo di codifica e che non sono fruttodi intenzionalità. Quando poi si introducononel supporto le informazioni intenzionali, chetendono a modularlo, esse interagiscono conle informazioni preesistenti e ne vengono più omeno distorte: la pesantezza e la riottositàdella materia si oppongono all’operazione dicodifica. Ciò conferma l’intimo legame trainformazione e supporto. Facciamo un esem-pio: scrivere un messaggio su un supporto si-gnifica introdurvi delle modulazioni o differen-ze, ma il risultato dell’operazione dipende dal-la natura del supporto: la pietra (Figura 7) pre-senta una resistenza maggiore della carta,scrivere su un foglio già scritto può esserecomplicato, la tastiera del computer è più “leg-gera” della stilografica. Ogni supporto quindicondiziona l’esito della scrittura e incideprofondamente non solo sul modo ma anchesu ciò che si scrive, tanto da giustificare il dettodi McLuhan “il mezzo è il messaggio”. I paleo-grafi sono abituati a interpretare le abbrevia-zioni cui si ricorreva per la difficoltà di scolpireil marmo, ma anche nei messaggi sui cellularisi riscontra un continuo ricorso alle abbrevia-zioni. Chi ha praticato la scrittura letteraria amano e poi è passato alla videoscrittura hapercepito un cambiamento che si riflette perfi-no sullo stile della narrazione [9].

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Aspetto sintattico

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FIGURA 7Stele di Rosetta

FIGURA 6I diversi aspetti

dell’informazione

5. LA SIMULAZIONE

Riprendiamo ora i concetti precedenti, in par-ticolare il rapporto tra informazione e sup-porto, sotto un’angolatura diversa, fornitadalla simulazione. La simulazione appartie-ne al mondo dell’informazione e non dellamateria e costituisce un esempio importantee diffuso di passaggio dal territorio alla map-pa, cioè da un fenomeno a un suo modello.Questo passaggio comporta come sempreuna perdita d’informazione, ma in molti casila simulazione è non solo utile ma addiritturaindispensabile.Per gli esseri umani la simulazione costitui-sce uno strumento di notevole valore econo-mico e di sopravvivenza, perché ci evita i ri-schi e gli sprechi legati all’attuazione pratica.Prima di intraprendere un’azione concreta, disolito la simuliamo servendoci della nostramente, o di altri strumenti che della mentecostituiscono un potenziamento o un prolun-gamento. Possiamo così analizzare i possibi-li effetti dell’azione e decidere se compierla,correggerla o rinunciarvi.Il mondo dell’informazione è caratterizzatodalla possibilità di stipulare codici arbitrari:come abbiamo detto, una cosa può, perconvenzione, significare qualsiasi altra co-sa; ma la simulazione va al di là di questacodifica arbitraria e convenzionale, poichési fonda su una somiglianza, almeno parzia-le, e istituisce tra le due “cose”, quella si-mulata, diciamo il fenomeno, e quella simu-lante, diciamo il modello, una corrisponden-za molto stretta almeno a qualche livello didescrizione. Se la corrispondenza si verificaa tutti i livelli (nei limiti della precisioneadottata), non si parla più di simulazione,bensì di “riproduzione”. Per esempio nel ca-so di un cervello umano e di un calcolatoreelettronico che effettuino un’operazionearitmetica, la corrispondenza si ha a livellodei passaggi aritmetici, ma non a livellostrutturale né a livello funzionale fine, poi-ché a questi livelli non c’è somiglianza tra ineuroni e le loro attività da una parte e i cir-cuiti e le loro attività dall'altra.Per giudicare l’adeguatezza di una simula-zione non ci si basa su una corrispondenzatotale, bensì su una corrispondenza parzia-le di esiti e di effetti osservabili, adottando

una prospettiva che è tipica del comporta-mentismo. Con riferimento all’intelligenzaartificiale, il famoso criterio proposto daTuring (Figura 8) nel 1950 per dichiarare in-telligente una macchina si basa appunto suuna simulazione di natura comportamenti-stica. Mediante telescrivente, un esamina-tore pone domande a una persona e a unamacchina e, ancora mediante telescrivente,ne riceve le risposte. Entrambi gli esamina-ti si sforzano di persuadere l’esaminatoredi essere umani e, sulla sola base delle ri-sposte ricevute, l’esaminatore deve stabili-re quale dei due è davvero l’uomo. Se lamacchina riesce a ingannare l’esaminatoreper un tempo stabilito, è dichiarata intelli-gente. La macchina deve compiere in que-sto caso una simulazione più complessa edifficile di quella relativa all’esecuzione diun’operazione aritmetica, ma non si richie-de certo che somigli all’uomo in tutto e pertutto: basta che manifesti un comporta-mento verbale umano [5].A proposito del problema fondamentaledell’intelligenza artificiale, cioè se la mentesia simulabile e trasferibile in un altro sup-porto, possiamo arrischiare questa propo-sta: se la mente sta tutta nel mondo infor-mazionale, come afferma il funzionalismo,una sua simulazione almeno a qualche livel-lo significativo è possibile; se sta anche nelmondo fisico, come molti ritengono, la cosaè più ardua, poiché anche la materia di cui èfatto il supporto della mente è rilevante. Si

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FIGURA 8Alan Turinog

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osservi che nessun fisico confonde mai unagalassia col suo modello matematico, men-tre in intelligenza artificiale mente e pro-gramma vengono confusi: tanto forte è latendenza a considerare la mente un’entitàsolo informazionale (vedi riquadro).

Si rifletta sui casi seguenti:❑ Un intervento chirurgico; un documenta-rio filmato sull’intervento; un intervento fit-tizio in un film; o in un'esercitazione didatti-ca in cui si usi un paziente vero, un cadave-re, un robot per anestesisti; il resocontoscientifico scritto di un intervento; la parola“intervento”.❑ La dimostrazione di un teorema eseguitaalla lavagna da un matematico; la stessa di-mostrazione eseguita a teatro (oppure mima-ta) da un attore; una successione di segnisenza senso tracciati a teatro su una lavagnada un attore che finge di eseguire la dimo-strazione; la stessa dimostrazione svolta daun calcolatore, da un sordomuto, da un pro-fano che abbia imparato a memoria i passag-gi ma non capisca ciò che scrive (Figura 9).

6. L’EPISTEMOLOGIAINFORMAZIONALE

L’epistemologia o gnoseologia è, grosso mo-do, l'insieme dei procedimenti che seguiamoper acquisire le conoscenze, cioè per costrui-re la Creatura. Sul concetto di informazioneintesa come differenza che genera una diffe-renza si basa un’epistemologia piuttosto di-versa da quella tradizionale delle scienze del-la natura, in particolare della fisica. Semplifi-cando molto, mentre la fisica raggiunge i pro-pri risultati grazie a una semplificazione checonsiste nel sopprimere il contesto e nel con-siderare solo sistemi e fenomeni isolati, nel-l’epistemologia informazionale il contesto èfondamentale: non vi sono fenomeni, eventi,comunicazioni, accadimenti, trasformazioniche non siano essenzialmente inseriti in uncontesto, nel senso che solo dal contesto es-si ricevono il loro significato e solo in base adesso possono essere descritti e spiegati.In altre parole: mentre la fisica ha ottenuto ein buona parte ancora ottiene i suoi cospicuirisultati attraverso la pratica del riduzioni-smo, cioè grazie all’eliminazione di tutti i le-gami che a priori connettono il fenomeno o ilsistema considerato al contesto più ampio, ein particolare i legami tra il fenomeno e l’os-servatore, nel campo dell’informazione e del-la comunicazione questi nessi non possonoessere recisi perché costituiscono le relazioniche definiscono il fenomeno per quello che è.

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Due esempi di simulazioneConsideriamo due esempi: le simulazioni al calcolatore di un matemati-co e di una mucca. Mentre la mucca simulata non può essere munta e illatte simulato che essa produce non può essere bevuto (se non da uncontadino simulato, che simulerebbe di berlo), nel caso del matematicosimulato le dimostrazioni simulate che egli produce sono in tutto e pertutto equivalenti alle dimostrazioni eseguite da un matematico vero.Che differenza c’è tra latte e dimostrazioni? Le dimostrazioni appartengo-no (quasi) per intero alla Creatura, mentre il latte appartiene (quasi) perintero al Pleroma e non è possibile simulare con l’informazione gli oggettifisici. Questa impossibilità risulta più evidente se si adotta un criterio didistinzione basato sugli effetti che le cose e le loro simulazioni hanno sulmondo reale (il nostro mondo): nel caso del latte gli effetti sono molto di-versi, mentre nel caso della dimostrazione gli effetti sono identici. Tenen-do presente la distinzione tra informazione e supporto, possiamo anchedire che per il latte il supporto (cioè gli atomi e le molecole che lo com-pongono) è essenziale: non si può modificare l’identità degli atomi e del-le molecole, poiché la configurazione, le relazioni reciproche e i legamichimici, che ne costituiscono la parte strutturale o informazionale, nonsono sufficienti a darci il latte. Se gli atomi di carbonio vengono sostituitida atomi di silicio, pur supponendo di conservare tutte le relazioni tra gliatomi, non si ottiene più il latte ma un sasso (forse liquido). Per quanto ri-guarda la dimostrazione, invece, il supporto, benché indispensabile, èinessenziale: quello che conta sono le relazioni e le differenze, cioè leinformazioni, che possono essere riprodotte anche nel calcolatore.

FIGURA 9Estrazione della

pietra della follia diHyeronimus Bosch

Che nell’ambito della comunicazione il con-testo sia importante, anzi ineliminabile, è no-to a tutti dall’esperienza della lettura: ognilettera è inserita in una sillaba, ogni sillaba inuna parola, ogni parola in una frase, e cosìvia; e ciascun elemento riceve il proprio si-gnificato da tutti i contesti più ampi, cioè da-gli elementi di livello superiore di cui è parte.Come si vede, in genere esistono più conte-sti, di ampiezza diversa, contenuti l’uno nel-l’altro. D’altra parte se la parola riceve il suosignificato dalla frase, la frase a sua volta loriceve dalle parole che la compongono: la no-zione di significato contestuale non è lineareo unidirezionale, bensì circolare.La scoperta di questa circolarità è di enormeimportanza, perché storicamente la primaimpressione che l’uomo ha avuto nei con-fronti del mondo è che esso funzioni in basea catene causali lineari, che hanno origine inun certo punto (spesso arbitrario, o meglioscelto in base a finalità pratiche) e finisconochissà dove nella vastità dei fenomeni. Percontro, la descrizione o spiegazione conte-stuale, imperniata sul concetto d’informazio-ne, si basa su circoli o anelli di retroazione (ofeedback) [1, 11].Come ho detto, il Pleroma è l’oscura matricepotenziale di tutte le differenze, ma non con-tiene differenze: è il mondo di base, è larealtà in sé, che non potremo mai conosceredirettamente perché i nostri sensi e il nostrointelletto la sottopongono immediatamentea una radicale rielaborazione. Il Pleroma è ilfondo primordiale di una realtà inarrivabileperché ogni volta che tentiamo di coglierla insé la filtriamo con le nostre operazioni men-tali e con i nostri sensi, e il risultato di questaelaborazione (che è in gran parte inconsape-vole) è il mondo così come noi lo percepia-mo. In questo senso, l’epistemologia basatasull’informazione non è né idealista (cioènon afferma che il mondo è una nostra crea-zione mentale) né realista (cioè non affermache esiste un mondo esterno che viene ri-specchiato passivamente dalla nostra men-te): è invece costruttivista. La realtà percepi-ta è il risultato di una continua interazionecostruttiva tra noi e il mondo in sé [1].Nell’ambito dell’epistemologia informazionalenon esiste un’unica descrizione di un fenome-no: per spiegarlo, o anche solo per descriverlo,

sono utili, anzi necessarie, più descrizioni, chenon sempre sono riconducibili l’una all’altra eche a volte possono anche essere tra loro con-trastanti. Svanisce dunque il pregiudizio (o lasperanza) che vi sia una descrizione vera delmondo, che la fisica dovrebbe via via svelare.Ma anche la fisica ha un po’ attenuato la suapretesa di offrire, prima o poi, l’unica descrizio-ne vera del mondo e contempla descrizionimultiple dello stesso fenomeno. C’è quindiuna sorta di convergenza tra l’epistemologiatradizionale e quella informazionale, e il ponteè costituito dalla meccanica quantistica, per laquale il mondo (o il fenomeno o il sistema chestiamo indagando) risponde in maniera diver-sa a seconda del punto di vista che adottiamo.A seconda delle domande che gli poniamo, lo“stesso” fenomeno si presenta sotto formaondulatoria o corpuscolare. La meccanicaquantistica ci obbliga ormai ad accettare lastretta dipendenza del fenomeno osservatodall’osservatore e dalle sue domande. Anchenel dominio della fisica si va dunque rivelandouna profonda struttura comunicativa che la fi-sica tradizionale non aveva scorto o aveva cer-cato di escludere [6].Un’altra caratteristica importante dell’episte-mologia dell’informazione è che mentre nelPleroma basta il rilevamento di una differenzaper innescare un’azione (il rilevamento di unatemperatura diversa da quella di riferimento fascattare il termostato e la caldaia si accende osi spegne), nella Creatura alla base dell’azio-ne, oltre al rilevamento, c’è quasi sempre an-che l’interpretazione delle differenze. La Crea-tura è infatti il mondo simbolico e segnico, ilmondo dei codici, e i codici vanno interpretati.

7. LA RIDONDANZA

La ridondanza, è una delle caratteristiche piùimportanti dei fenomeni comunicazionali, co-me testimonia qualunque testo, parlato oscritto, in qualunque lingua naturale, ma piùin generale come dimostra il nostro rapportocol mondo. Della ridondanza si può dare unadefinizione molto generale. Presentiamo a unosservatore una configurazione (una figura,uno scritto, una successione numerica...) inparte nascosta, in modo che l’osservatorepossa osservarne solo una porzione. Se ba-sandosi sulla parte visibile l’osservatore può

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fare inferenze sulla parte nascosta, cioè sepuò risalire alla configurazione totale con esi-to migliore di quello puramente aleatorio, al-lora la parte visibile contiene informazioni suquella nascosta e si dice che nel suo comples-so la configurazione è ridondante. Quandopoi la parte nascosta viene mostrata, l'osser-vatore ne ricava una quantità d’informazione(o di “sorpresa”) minore di quanto ne avrebbericavato se prima non avesse avuto accessoalla parte scoperta. Al limite, se la parte sco-perta consente di risalire in modo univoco ecompleto a quella nascosta, questa, una voltasvelata, non fornisce alcuna informazione chel’osservatore già non possegga (non gli pro-voca nessuna sorpresa, non gli elimina nessu-na incertezza). La presenza di ridondanza e lasua quantità dipendono ancora una volta dal-l’osservatore, dalle sue capacità di rilevazionee di associazione, dalla sua storia, dal suo ad-destramento e così via.Dal punto di vista comunicativo in genere, e inparticolare dal punto di vista tecnico, le impli-cazioni della ridondanza sono enormi. Peresempio la ridondanza conferisce robustezzaa un testo scritto o a un’enunciazione orale,cioè consente di ricostruirli anche quando nevenga distrutta o distorta una parte, perché laparte superstite può supplire a quella perduta.Per esempio un testo italiano scritto contieneridondanza: infatti eliminandone alcune lette-re (non troppe!), in particolare le vocali, l’uni-vocità dell’interpretazione non ne risente. Ciòsignifica che le consonanti da sole bastano al-la ricostruzione (alla comprensione) del testo.

Quindi la ridondanza si oppone validamente aidisturbi e alle interferenze nella comunicazio-ne, e infatti i codici che si usano per correggeregli errori di trasmissione nei canali per le tele-comunicazioni sono basati sull’introduzione diridondanza nei messaggi trasmessi [3, 7, 10].La ridondanza è strettamente connessa con ilsignificato, anzi si può arrivare a dire con Ba-teson (Figura 10) che ridondanza e significatosono sinonimi: una figura contiene ridondan-za quando da una sua parte possiamo risalirecon buona probabilità al tutto, cioè quandoosservandone quella parte possiamo dire “hocapito che cosa rappresenta la figura, ne hocolto il significato!”. Se una figura è priva di ri-dondanza, ogni sua parte ci fornisce unaquantità d’informazione che non dipende dal-le parti già osservate: non la si può “capire”, èuna figura aleatoria, come la successione bi-naria di teste e croci che si ricava lanciandouna moneta non truccata. Osservando la par-te iniziale della successione non siamo in gra-do di fare sulla parte successiva previsioni mi-gliori di quelle che potremmo fare senza os-servare il tratto iniziale: ad ogni lancio testa ecroce sono equiprobabili e questo è l’unicodato che possediamo per quanto lunga sia lasuccessione che abbiamo potuto osservare fi-no a quel momento. Non c’è modo di “capire”una successione binaria aleatoria, priva di ri-dondanza e di significato, mentre si può capi-re una successione strutturata, cioè ridondan-te. Una volta capita la successione, si può an-che comprimerla, cioè riassumerla in una for-mula (vedi riquadro) [1, 4, 8].

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L’informazione algoritmicaConsideriamo una successione binaria. Si definisce contenuto d’informazione algoritmica della successione la lunghezza del più brevedi tutti i programmi di calcolo capaci di fornire la successione e di arrestarsi. Questa definizione, pur essendo precisa e coerente, non ciconsente di stabilire il contenuto d’informazione algoritmica di una successione, perché qualunque programma noi troviamo capace diriprodurre la successione e di arrestarsi, nessuno ci assicura che non ne esista un altro più breve che abbia le stesse proprietà. Anzi, puòdarsi che l’algoritmo generatore più breve non sarà mai scoperto. Questa stranezza non c’impedisce di fare delle considerazioni di ca-rattere generale. Date due successioni: S = 01010... 01, che è una ripetizione (lunghissima) della coppia 01, e T, che invece riproduce unaserie altrettanto lunga di lanci di una moneta perfetta, è evidente che esiste un programma brevissimo che genera la prima (per esem-pio “scrivi ‘01’ n volte”) mentre la seconda è incomprimibile, cioè non presenta regolarità che si possano sfruttare per scrivere un pro-gramma più breve di T stessa. Non sempre le regolarità di una successione sono evidenti: per esempio il numero π (il cui programma ge-neratore è semplicissimo: “rapporto tra una circonferenza e il suo diametro”) scritto in binario “somiglia molto” a una successione alea-toria. Quindi è possibile valutare il livello di casualità di una successione binaria (o anche decimale). Una successione infinita può be-nissimo essere compressa: la successione 1, 3, 5, 7... può essere riassunta dalla formula 2n + 1 (dove n assume tutti i valori interi nonnegativi); la successione 1, 2, 5, 10, 17... è riassunta da n2 + 1; la serie di Fibonacci 0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13... è generata dalla formula ricorsi-va a(n) = a(n – 1) + a(n - 2), e così via. Altre successioni hanno formule generative più complicate ma sempre finite, altre non ne hannoaffatto (e allora sono casuali). Ciò dimostra che una successione infinita può fornire una quantità finita d’informazione perché contienedelle “regolarità”, cioè ridondanza. Si noti che i tre puntini posti alla fine delle porzioni esplicite delle successioni stanno a indicare chela successione continua in modo “regolare”, altrimenti la formula generatrice può essere molto complicata o non esistere affatto.

8. LA TEORIA MATEMATICADELL’INFORMAZIONE

La teoria matematica dell’informazione for-mulata da Shannon nel 1948 [10] presenta uninteressante paradosso: da una parte essa èfiglia del suo tempo e segue i principi formalie riduzionistici delle discipline quantitative,riconducendo lo sfaccettato concetto di infor-mazione nell’alveo della formalizzazione ri-duzionistica. Dall’altra questo concetto è persua natura contestuale e relazionale e si op-pone a qualunque forma di riduzionismo. Ildesiderio di fornire dell’informazione, dellacomunicazione, del significato e così via, unarappresentazione quantitativa, atomistica eacontestuale s’inquadra nella grande opera-zione “imperialistica” della fisica matemati-ca, che ha tentato e in parte ancora tenta di ri-condurre ai propri metodi e protocolli tutto loscibile umano. Che l’informazione sia per suanatura refrattaria a questa colonizzazione èdimostrato dal fallimento di ogni tentativo dicostruire una teoria matematica dell’informa-zione semantica.La teoria di Shannon (Figura 11) riguarda solol’informazione sintattica, basata sulla sceltatra più alternative distinte, ciascuna a priorinon certa e non impossibile, e quindi non co-glie tutta l’essenza dell’informazione, che staanche nel significato e nel valore pragmaticoche essa ha per gli interlocutori, nelle modifi-che che introduce nella loro relazione, negliaspetti metacomunicativi che sempre ac-compagnano gli atti linguistici umani (verbalie non verbali): di questi aspetti fanno parte i

metamessaggi, cioè quei “messaggi sui mes-saggi” che determinano la “natura” dei mes-saggi scambiati. Un esempio di metames-saggio è il seguente: “il messaggio che ti stoinviando è un gioco (oppure un comando, unresoconto di un fatto accaduto o un’anticipa-zione di un fatto che accadrà, una finzione,una narrazione)”. I metamessaggi non sononecessariamente verbali, possono essereveicolati dal tono di voce, dall’atteggiamen-to, dall’espressione del viso, dal contesto.Per esempio la frase: “adesso ti uccido” pro-nunciata sul palcoscenico durante una recitaè qualificato di “finzione” dal contesto tea-trale; pronunciata da un delinquente nel cor-so di una rapina, lo stesso messaggio “ades-so ti uccido” ha valore letterale o costituisceuna minaccia. Siccome possono essere qua-lificati in svariati modi, i messaggi non hannodunque valore assoluto [1].La comunicazione mediata dalla tecnologia èin genere molto più elementare di quella chesi svolge tra umani e spesso sono carenti le di-mensioni semantica e pragmatica, così comemancano i metamessaggi e in genere gliaspetti metacomunicativi, che nella comuni-cazione umana sono importantissimi e vengo-no convogliati da canali paralleli a quello prin-cipale (espressione, tono di voce e così via).Questa semplificazione si riflette nell’uso dilinguaggi artificiali, molto più semplici dellelingue naturali, meno flessibili e meno espres-sivi, ma nello stesso tempo meno ambigui.Questi linguaggi sono acontestuali, cioè nonsono qualificati da metamessaggi, e il loro

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FIGURA 10Gregory Bateson

FIGURA 11Claude ElwoodShannon

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aspetto semantico e pragmatico è univoca-mente ricondotto al livello sintattico. Questaloro povertà presenta tuttavia il grande van-taggio di renderli “comprensibili” al compu-ter. Questi linguaggi artificiali si prestano dun-que all’elaborazione automatica [5].La teoria sintattica di Shannon coglie solo l'a-spetto differenziale, ma lo coglie in manieracomunque più ricca di quanto non faccia di so-lito la teoria fisica. Quando due interlocutoriusano per comunicare un alfabeto costituitoda un numero finito di simboli, diciamo(0,1,2,...,n), è importante che essi non solo siaccordino sul significato dei simboli (0 signifi-ca “c’è il sole”, 1 significa “piove”, 2 “tira ven-to”, ..., n “il cielo è nuvoloso”), ma sappianoanche quanti sono i simboli che stanno usan-do e sappiano distinguerli tutti l’uno dall’altro.Se queste condizioni non sono soddisfatte,quando uno dei due interlocutori dice “0”, l’al-tro non sa se il messaggio era “0 e non 1” op-pure “0 e non 1 e non 2”... oppure “0 e non 1 enon 2 ... e non n”: queste situazioni sono tuttetra loro diverse e la quantità d’informazioneche lo “stesso” messaggio “0” fornisce è diver-sa da caso a caso (cresce al crescere di n).Questa è una differenza essenziale tra la spie-gazione fisico-matematica e la spiegazione infor-mazionale. Infatti la prima è di tipo positivo: seosservo un fenomeno F non lo metto (e in ge-nere non riesco a metterlo) in contrapposizio-ne con tutti gli altri fenomeni F´, F´´... che avreipotuto osservare. Per contro la spiegazioneinformazionale è di tipo negativo (o meglio in-sieme positivo e negativo), perché quando ri-cevo 0 lo metto in contrapposizione con tutti glialtri messaggi 1,2... n che avrei potuto riceveree che non ho ricevuto. Esistono poi anche infor-mazioni di livello superiore: se mi aspetto di po-ter ricevere solo due messaggi, 0 e 1, e invecericevo il messaggio 2, non solo ricevo l’infor-mazione “2 e non 0 e non 1”, ma ricevo anchel’informazione “meta” (cioè di ordine superio-re) che non ho a che fare con un codice o alfa-beto binario, bensì almeno ternario.

La teoria matematica dell’informazione forni-sce una descrizione formale di concetti e no-zioni che nel linguaggio comune sono usati inmodo vago e non sistematico. Partendo dauna misura della quantità d’informazione, lateoria costruisce modelli matematici per lesorgenti d’informazione e per i canali di tra-smissione. Nel linguaggio comune informa-zione è sinonimo di “notizia” o di “messag-gio”. In senso più tecnico, l’informazione èfornita in risposta a una domanda, esplicita oimplicita, posta da un soggetto sull’esito diun’esperienza aleatoria di suo interesse at-tuale o potenziale. Grazie all’informazione ri-cevuta, il destinatario riduce, al limite annulla,l’incertezza sul risultato dell’esperienza. Poi-ché l’incertezza scaturisce dalla natura proba-bilistica dell’esperienza e dei suoi possibili ri-sultati, il formalismo della teoria dell’informa-zione si basa sul calcolo delle probabilità.L’informazione generata dalla sorgente S devegiungere al destinatario U e a questo scopo siusa un mezzo trasmissivo o canale C che li col-lega. C dovrebbe replicare presso U i dati gene-rati da S, ma spesso sul canale agiscono deisegnali spuri (rumore), che alterano l’informa-zione in modo più o meno rilevante, sicché U ri-ceve una versione distorta dell’uscita di S. Permigliorare le prestazioni del sistema di tra-smissione, cioè per ridurre la frequenza deglierrori di interpretazione da parte di U, si pos-sono adottare due tattiche: la prima, tipica del-le telecomunicazioni tradizionali, è un’impo-stazione “di forza” e consiste nel migliorare laqualità dei componenti, in particolare del ca-nale C. Si tratta di un metodo costoso (il canaleè di solito il componente più importante del si-stema) e non sempre applicabile (per esempionelle trasmissioni da satellite a terra il canale èlo spazio libero e non si può modificare). L’al-ternativa adottata da Shannon è un’imposta-zione “di finezza” e consiste nell’elaborare ilflusso dei dati, inserendo tra S e C un codifica-tore Cod e tra C e U un decodificatore Dec (Fi-gura 12). Si tratta di due elaboratori specializ-

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Sorgente Codificatore Decodificatore DestinatarioCanale

Rumore

FIGURA 12Schema a blocchi

di un sistema dicomunicazione

zati, progettati per adattare nel modo migliorel’uno all’altro i tre blocchi S, M e U del sistema.Insomma, invece di intervenire sui blocchi S, C,U modificandoli, si interviene sui dati conun’opportuna elaborazione [3, 7, 10].L’idea di Shannon si è dimostrata geniale. L’e-laborazione da lui suggerita consiste essen-zialmente nell’aggiungere alla sequenza deisimboli d’informazione che rappresentano ilmessaggio da trasmettere altri simboli, dettidi controllo. La sequenza ridondante così co-struita dal Cod sopporta meglio gli effetti delrumore e il Dec può ricavarne i simboli d'infor-mazione con una fedeltà, in media, superiore.Il prezzo da pagare per questo miglioramentodelle prestazioni del sistema è duplice:1. una maggior complessità del sistema, chesi manifesta con la presenza dei dispositiviCod e Dec,2. un rallentamento della trasmissione del-l'informazione dovuto alla presenza dei sim-boli ridondanti di controllo.Ma in certe condizioni abbastanza generali sidimostra che le prestazioni del sistema sipossono migliorare in misura sostanzialesenza che il rallentamento sia eccessivo. Tut-to dipende dal rapporto tra la quantità mediad’informazione generata dalla sorgente nel-l’unità di tempo (entropia) e la quantità me-dia d’informazione che il canale può trasmet-tere senza ambiguità nell’unità di tempo (ca-pacità). Se la capacità è maggiore dell’entro-pia, si possono costruire Cod e Dec in mododa conseguire un miglioramento sostanzialedella fedeltà senza rallentare troppo il flussodell’informazione.C’è da osservare che i dati inviati sul canalenon sono quasi mai quelli direttamente ge-nerati dalla sorgente, ma sono il risultato diuna pre-elaborazione, detta codifica di sor-gente, che consiste in una compressione:dalla successione dei messaggi generati dal-la sorgente si elimina per quanto possibile laridondanza ed è a questa successione com-pressa o purificata che si aggiunge poi la ri-dondanza utile per la protezione dagli erroridi trasmissione. Queste due operazioni sem-brano annullarsi a vicenda: perché non affi-dare la protezione dei messaggi alla ridon-danza in essi già presente quando esconodalla sorgente? Il fatto è che di solito la ridon-danza originaria non è adatta, poiché è tipica

delle lingue naturali (o delle immagini o deisuoni), mentre sui canali è utile avere una ri-dondanza strutturata, capace di adattarsi ailinguaggi artificiali che vi si impiegano. Ilblocco codificatore ha dunque più funzioni:esegue la compressione (codifica di sorgen-te), traduce la successione compressa in unlinguaggio artificiale, per esempio in una se-quenza binaria, e in questa inietta la ridon-danza protettiva (codifica di canale).Non entriamo in ulteriori particolari della teo-ria di Shannon, che ci porterebbero troppolontano. Diciamo solo che molti dei risultatipiù importanti della teoria dell’informazionesono di carattere esistenziale e non costrutti-vo; questa limitazione importante ha spintomolti ricercatori a occuparsi della costruzio-ne effettiva di algoritmi di codifica e decodifi-ca, dando corpo alla teoria (e alla pratica) deicodici (di sorgente e di canale), che costitui-sce oggi un florido capitolo della teoria del-l’informazione, ormai autonomo rispetto alnucleo originario della teoria di Shannon.

9. ASPETTI SOCIOCULTURALIDELL’INFORMAZIONE

Il rapidissimo sviluppo della tecnologia infor-mazionale, la sua facilità d’uso, la diminuzio-ne dei costi, la potenza crescente e la diffu-sione capillare dei dispositivi stanno provo-cando una serie di importanti conseguenzequantitative e qualitative. Intanto si assiste auna vera e propria esplosione dei dati elabo-rati e scambiati. Inoltre la virtualità e la simu-lazione prendono il posto di realtà più con-crete, la visione dei rapporti umani si modifi-ca e la cultura stessa subisce profonde tra-sformazioni. La società assume forme aperte,flessibili e molteplici, in cui agiscono aggre-gazioni e disaggregazioni aleatorie e fugge-voli che prendono il posto delle robuste e du-revoli strutturazioni tipiche del passato. I va-lori vengono sottoposti a una revisione rapi-da e continua. La cultura si frammenta in unacomplessa e multiforme ecologia che tendead appiattire i concetti e a spezzettare le ideein un mosaico dove quasi tutte le tessere so-no interessanti ma nessuna è fondamentale.La moltiplicazione delle scelte e la facilità direperimento e di riproduzione allargano a di-smisura le possibilità ma invitano anche alla

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dispersione, alla superficialità, al consumo.Spesso il curioso sostituisce l’importante e,di fronte all’ampliarsi delle opzioni, la sceltaè affidata al caso e all’invadenza dei persua-sori occulti. L’impossibilità di dilatare il tem-po (unica risorsa veramente limitata) porta acomportamenti nevrotici, ossessivi, frettolo-si ed effimeri.La flessibilità della tecnologia informazionalela rende diversa dalle altre, nel senso che, po-tendo essere impiegata indifferentemente iningegneria meccanica, in fisica, in letteratura ein medicina, essa si presenta come una meta-tecnologia, guscio strutturato ma vuoto, su-scettibile di ricevere un contenuto di volta involta diverso. Tecnologia metodologica e cata-lizzante, da applicare alle altre per accelerarnele fasi progettuali e di sviluppo o per migliorar-ne gli aspetti di conduzione e di controllo. Que-sto carattere “meta” della tecnologia del-l’informazione le consente di applicarsi anchea sé stessa, in un circuito retroattivo che esaltala rapidità dello sviluppo, la complessità deidispositivi e la potenza dei linguaggi, in unaspirale di cui non è facile prevedere gli esiti. Ilcalcolatore serve non solo a progettare mac-chine idrauliche e a gestire le banche di dati,ma anche a disegnare i microcircuiti e a scrive-re i programmi che faranno funzionare altri cal-colatori più potenti e veloci.Inoltre le tecnologie informatiche, telemati-che e di intelligenza artificiale interagisconocon una massa umana pensante e alfabetiz-

zata in forte espansione: si tratta di una re-troazione positiva (cioè accrescitiva), i cui ef-fetti a lungo termine non è facile prevedere. Aprescindere dal tipo e dalla qualità della mas-sa pensante che si sta sviluppando in questogioco interattivo, prima o poi dovranno mani-festarsi fenomeni di saturazione, se non di re-gressione, quantitativa e forse qualitativa.Oppure si presenterà un salto qualitativo ver-so livelli superiori di creatività e cognizionenon solo nei settori scientifici, ma anche inquelli artistici, architettonici, musicali, figura-tivi, sui quali lo strumento informatico eserci-ta un'influenza ancora difficile da valutare.L’adozione delle tecnologie dell’informazio-ne provoca crisi ricorrenti nel delicato equili-brio tra libertà personali e sicurezza. L’infor-matica sembra promettere a tutti l’accesso atutte le informazioni, ma questa trasparenzaillimitata è un’utopia, e non soltanto perchéla divulgazione di certi dati riservati può le-dere gli interessi economici o la privatezza diuna persona o di un gruppo, ma anche per-ché una circolazione completa e senza bar-riere dell’informazione può portare a patolo-gie comunicative spontanee o indotte (trami-te i virus) e rende comunque troppo facili leinterferenze informatiche. La casistica diqueste interferenze contempla furti, azionidimostrative o burlesche, atti vandalici cheportano alla distruzione di archivi e banchedi dati, nonché pratiche invasive intrapreseper pura e semplice curiosità (Figura 13).Esistono agenzie specializzate nella raccoltadi numeri telefonici, indirizzi, date di nascitae così via. Questi dati frammentari vengonointegrati per ricavarne il profilo di clienti o ac-quirenti potenziali e venduti poi a catene dinegozi, che se ne servono per incrementarele vendite con campagne pubblicitarie miratee personalizzate. È evidente che questeinformazioni potrebbero essere usate ancheper scopi meno innocui, preludendo a in-quietanti forme di controllo e di condiziona-mento sociale o addirittura a estremi di tota-litarismo poliziesco.Oggi chi fornisce i propri dati personali, peresempio al medico curante, corre un rischioreale: grazie all’interconnessione, i dati po-trebbero cadere preda di pirati informatici,produttori di farmaci e venditori di servizi,polizia, investigatori privati e datori di lavoro.

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FIGURA 13Il Prestigiatoredi Hyeronimus

Bosch

O semplicemente di ladri. Tutti pronti a sfrut-tare le informazioni per controllare, ricattare,imporsi, pedinare, vendere, rubare, cioè persfruttare la caratteristica più evidente e deli-cata dei dati personali, quella di essere mer-ce di grande valore. Viviamo nella societàdell’informazione, e questo significa in primoluogo che le informazioni non sono più unbene d’uso, ma un bene di scambio: mai co-me oggi è stato vero che “sapere è potere”.Intorno all’informazione ruotano capitali co-spicui e si aggrega un progressivo orienta-mento della società verso la richiesta di beniimmateriali. Di conseguenza l'informazione,al pari dei beni più tradizionali, diviene og-getto di una diffusa attività criminosa allaquale la legislazione vigente nei vari Paesi sioppone a fatica.Bastano questi pochi cenni per capire quan-to il mondo dell'informazione, che l’informa-tica onnipresente sta attuando, sia lontanodal mondo della materia nel quale si sonoformati in gran parte le nostre tradizioni filo-sofiche, scientifiche, giuridiche e sociali. Lanatura impalpabile dell’informazione sembrarendere superati molti concetti che nel mon-do della materia hanno una provata solidità,ma poiché l’informazione interagisce con lamateria, non vi è motivo per non accordare lastessa solidità a quei concetti anche sotto ilprofilo dell'informazione, con gli adattamentinecessari.In un mondo sempre più virtuale e semprepiù invaso da riproduzioni e da simulazioni,se è ancora difficile attribuire alle simulazionitutto lo spessore e tutta l’efficacia che essehanno, è altrettanto difficile distinguere larealtà dalla sua imitazione. Come è facile ca-dere nella tentazione di negare concretezza

all’informazione, per esempio considerandoil furto dei dati meno grave del furto dei benimateriali, così è facile identificare la simula-zione con la realtà: il concetto stesso direaltà, insomma, va sottoposto a un’attentaanalisi critica [9].

Bibliografia

[1] Bateson Gregory: Verso un’ecologia della men-te. Adelphi, Milano, 1977, II edizione accresciu-ta, Adelphi, Milano, 2000.

[2] Brillouin Léon: Science and Information Theory.Academic Press, New York, 1956.

[3] Cover Thomas, Joy A. Thomas: Elements ofInformation Theory. Wiley & Sons, Ltd., Ho-boken, 2006.

[4] Dapor M.: L’intelligenza della vita. Springer, Mi-lano, 2002.

[5] Filippazzi, Franco: Il computer tra fantasia erealtà: La sfida dell’intelligenza. Tessere,CUEN, 1996.

[6] Ghirardi GianCarlo, Francesco de Stefano: Ilmondo quantistico: una realtà ambigua. In Am-biguità, a cura di Longo G. O., Magris C., Moret-ti e Vitali, Bergamo, 1966.

[7] Longo Giuseppe O.: Teoria dell’Informazione.Boringhieri, Torino, 1980.

[8] Longo Giuseppe O.: Introduzione. In Ambiguità,a cura di Longo G. O., Magris C., Moretti e Vitali,Bergamo, 1996.

[9] Longo Giuseppe O.: Il nuovo golem: come ilcomputer modifica la nostra cultura. Laterza,Roma-Bari, 1998.

[10] Shannon Claude E.: A Mathematical Theory ofCommunication, Bell System Tech. J., n. 27, 1948.

[11] Wiener Norbert: Cybernetics, or Control andCommunication in the Animal and the Machine.Hermann et C.ie, Paris, The MIT Press, Cambrid-ge, Mass., Wiley and Sons, New York, 1948.

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GIUSEPPE O. LONGO è ordinario di Teoria dell’informazione nella Facoltà d’Ingegneria dell’Università di Trie-ste. Si occupa di codifica di sorgente e di codici algebrici. Ha diretto il settore “Linguaggi” del Laboratoriodella “International School for Advanced Studies” (Sissa) di Trieste e il Dipartimento di Informazione del“Centre Internationale des Sciences Mécaniques” (Cism) di Udine. Socio di vari Istituti e Accademie, s’inte-ressa di epistemologia, di intelligenza artificiale e del rapporto uomo-tecnologia. È traduttore, collaboracon il Corriere della Sera, con Avvenire e con numerose riviste. È autore di romanzi, racconti e opere teatra-li tradotti in molte [email protected]