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1657 PARTE VENTISETTESIMA Il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione Francesco Delfino TITOLO I I principi generali dell’ordinamento e la gestione delle aziende di erogazione Cap. I L’ordinamento finanziario e contabile L’art. 151 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, recan- te “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”, in seguito TUEL, come modificato e integrato dal D.Lgs. n. 118/2011 a sua volta in- tegrato e modificato dal D.Lgs. n. 126/2014 (ar- monizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio di Regioni, Comuni, Province e loro organismi), determina i principi generali in ma- teria di contabilità stabilendo che i risultati della gestione finanziaria, economico e patrimoniale sono dimostrati nel rendiconto comprendente il conto del bilancio, il conto economico e lo stato patrimoniale. L’avvenuta approvazione del D.Lgs. n. 126/2014 che modifica e integra il D.Lgs. n. 118/2011 recante le norme in materia di armonizzazione della contabi- lità e degli schemi di bilancio di Regioni, Comuni, Province e loro organismi, comporta la modifica di tutti principi, generali e applicati, del TUEL, degli schemi di bilancio e di rendiconto e dei relativi al- legati, ma soprattutto richiede una completa e tota- le rivisitazione e riprogettazione delle modalità di reperimento e di impiego delle risorse pubbliche e di come ciò è rappresentato ed evidenziato dal- la contabilità pubblica degli enti territoriali e loro organismi. È pertanto prima di tutto un cambiamento di men- talità e di approcci alla gestione delle risorse pubbli- che: in ciò si ricomprende come parte fondamentale la gestione del patrimonio pubblico. Come tutte le “vere riforme” richiede un supera- mento di sicurezze e logiche del passato: per questo trova in questa fase iniziale resistenze all’applicazio- ne a regime. Vediamo ora i riflessi, in sintesi e principali, sulla programmazione e gestione patrimoniale. La dimostrazione dei risultati di gestione avviene mediante il rendiconto della gestione, il quale com- prende il conto del bilancio, il conto economico e lo stato patrimoniale (art. 227, TUEL). L’analisi contabile è tridimensionale nell’esame de- gli aspetti finanziari, economici e patrimoniali della gestione e avviene in modo integrato e concomi- tante in base ai principi contabili approvati con il D.Lgs. n. 118/2011 integrato e modificato dal D.Lgs. n. 126/2014, già citato. Al rendiconto è allegata una relazione della Giunta sulla gestione che esprime le valutazioni di efficacia dell’azione condotta sulla base dei risultati conse- guiti, e gli altri documenti previsti dall’art. 11, com- ma 4, del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118. Entro il 31 luglio l’ente approva il bilancio con- solidato con i bilanci dei propri organismi e enti strumentali e delle società controllate e partecipate, secondo il principio applicato n. 4/4 di cui al D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118 (art. 151, TUEL). La relazione sulla gestione è un documento illu- strativo della gestione dell’ente, nonché dei fatti di rilievo verificatisi dopo la chiusura dell’esercizio, contiene ogni eventuale informazione utile ad una migliore comprensione dei dati contabili, ed è pre- disposto secondo le modalità previste dall’art. 11, comma 6, del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e suc- cessive modificazioni. Tale articolo prevede che “la relazione sulla gestione allegata al rendiconto è un documento illustrativo della gestione dell’ente, nonché dei fatti di rilievo verificatisi dopo la chiusura dell’esercizio e di ogni eventuale informazione utile ad una migliore com- prensione dei dati contabili. In particolare la relazione illustra (tra l’altro): ... omissis... a) i criteri di valutazione utilizzati; ... omissis... g) l’elencazione dei diritti reali di godimento e la loro illustrazione;

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Parte Ventisettesima

Il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione

Francesco Delfino

TITOLO I

I principi generali dell’ordinamento e la gestione delle aziende di erogazione

Cap. IL’ordinamento finanziario e contabile

L’art. 151 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, recan-te “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”, in seguito TUEL, come modificato e integrato dal D.Lgs. n. 118/2011 a sua volta in-tegrato e modificato dal D.Lgs. n. 126/2014 (ar-monizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio di Regioni, Comuni, Province e loro organismi), determina i principi generali in ma-teria di contabilità stabilendo che i risultati della gestione finanziaria, economico e patrimoniale sono dimostrati nel rendiconto comprendente il conto del bilancio, il conto economico e lo stato patrimoniale.L’avvenuta approvazione del D.Lgs. n. 126/2014 che modifica e integra il D.Lgs. n. 118/2011 recante le norme in materia di armonizzazione della contabi-lità e degli schemi di bilancio di Regioni, Comuni, Province e loro organismi, comporta la modifica di tutti principi, generali e applicati, del TUEL, degli schemi di bilancio e di rendiconto e dei relativi al-legati, ma soprattutto richiede una completa e tota-le rivisitazione e riprogettazione delle modalità di reperimento e di impiego delle risorse pubbliche e di come ciò è rappresentato ed evidenziato dal-la contabilità pubblica degli enti territoriali e loro organismi.È pertanto prima di tutto un cambiamento di men-talità e di approcci alla gestione delle risorse pubbli-che: in ciò si ricomprende come parte fondamentale la gestione del patrimonio pubblico.Come tutte le “vere riforme” richiede un supera-mento di sicurezze e logiche del passato: per questo trova in questa fase iniziale resistenze all’applicazio-ne a regime.

Vediamo ora i riflessi, in sintesi e principali, sulla programmazione e gestione patrimoniale.La dimostrazione dei risultati di gestione avviene mediante il rendiconto della gestione, il quale com-prende il conto del bilancio, il conto economico e lo stato patrimoniale (art. 227, TUEL).L’analisi contabile è tridimensionale nell’esame de-gli aspetti finanziari, economici e patrimoniali della gestione e avviene in modo integrato e concomi-tante in base ai principi contabili approvati con il D.Lgs. n. 118/2011 integrato e modificato dal D.Lgs. n. 126/2014, già citato.Al rendiconto è allegata una relazione della Giunta sulla gestione che esprime le valutazioni di efficacia dell’azione condotta sulla base dei risultati conse-guiti, e gli altri documenti previsti dall’art. 11, com-ma 4, del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118. Entro il 31 luglio l’ente approva il bilancio con-solidato con i bilanci dei propri organismi e enti strumentali e delle società controllate e partecipate, secondo il principio applicato n. 4/4 di cui al D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118 (art. 151, TUEL).La relazione sulla gestione è un documento illu-strativo della gestione dell’ente, nonché dei fatti di rilievo verificatisi dopo la chiusura dell’esercizio, contiene ogni eventuale informazione utile ad una migliore comprensione dei dati contabili, ed è pre-disposto secondo le modalità previste dall’art. 11, comma 6, del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e suc-cessive modificazioni.Tale articolo prevede che “la relazione sulla gestione allegata al rendiconto è un documento illustrativo della gestione dell’ente, nonché dei fatti di rilievo verificatisi dopo la chiusura dell’esercizio e di ogni eventuale informazione utile ad una migliore com-prensione dei dati contabili.In particolare la relazione illustra (tra l’altro):... omissis...

a) i criteri di valutazione utilizzati;

... omissis...

g) l’elencazione dei diritti reali di godimento e la loro illustrazione;

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... omissis...

j) gli esiti della verifica dei crediti e debiti reciproci con i propri enti strumentali e le società controlla-te e partecipate. La predetta informativa, asseverata dai rispettivi organi di revisione, evidenzia analiti-camente eventuali discordanze e ne fornisce la mo-tivazione; in tal caso l’ente assume senza indugio, e comunque non oltre il termine dell’esercizio finan-ziario in corso, i provvedimenti necessari ai fini del-la riconciliazione delle partite debitorie e creditorie;

... omissis...

l) l’elenco delle garanzie principali o sussidiarie prestate dall’ente a favore di enti e di altri soggetti ai sensi delle leggi vigenti, con l’indicazione del-le eventuali richieste di escussione nei confronti dell’ente e del rischio di applicazione dell’art. 3, comma 17 della legge 24 dicembre 2003, n. 350;

m) l’elenco descrittivo dei beni appartenenti al pa-trimonio immobiliare dell’ente alla data di chiusura dell’esercizio cui il conto si riferisce, con l’indica-zione delle rispettive destinazioni e degli eventuali proventi da essi prodotti;

n) gli elementi richiesti dall’art. 2427 e dagli altri ar-ticoli del codice civile, nonché da altre norme di leg-ge e dai documenti sui principi contabili applicabili.

L’aspetto patrimoniale della gestione diventa per-tanto ad ogni effetto elemento non soltanto “di con-suntivo” ma componente dell’attività sia di governo, sia direzionale dell’ente locale tale che la giunta è chiamata a relazionare al consiglio sui risultati con-seguiti nella gestione delle attività e passività patri-moniali, richiamando pertanto tutti i responsabili dei servizi ad assumere la direzione anche della ge-stione patrimoniale.In base al comma 5 dell’art. 227, novellato a seguito delle modifiche già citate, al rendiconto della ge-stione sono allegati i documenti previsti dall’art. 11, comma 4, del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e suc-cessive modificazioni, ed i documenti indicati dallo stesso comma 5.I documenti di cui al comma 4, dell’art. 11, del D.Lgs. n. 118/2011 (oltre a quelli previsti dai relativi ordinamenti contabili) sono:

a) il prospetto dimostrativo del risultato di ammi-nistrazione;

b) il prospetto concernente la composizione, per missioni e programmi, del fondo pluriennale vin-colato;

c) il prospetto concernente la composizione del fondo crediti di dubbia esigibilità;

d) il prospetto degli accertamenti per titoli, tipolo-gie e categorie;

e) il prospetto degli impegni per missioni, pro-grammi e macroaggregati;

f) la tabella dimostrativa degli accertamenti assunti nell’esercizio in corso e negli esercizi precedenti im-putati agli esercizi successivi;

g) la tabella dimostrativa degli impegni assunti nell’esercizio in corso e negli esercizi precedenti im-putati agli esercizi successivi;

h) il prospetto rappresentativo dei costi sostenuti per missione;

i) per le sole regioni, il prospetto dimostrativo della ripartizione per missioni e programmi della politi-ca regionale unitaria e cooperazione territoriale, a partire dal periodo di programmazione 2014-2020;

j) per i soli enti locali, il prospetto delle spese soste-nute per l’utilizzo di contributi e trasferimenti da parte di organismi comunitari e internazionali;

k) per i soli enti locali, il prospetto delle spese so-stenute per lo svolgimento delle funzioni delegate dalle regioni;

l) il prospetto dei dati SIOPE;

m) l’elenco dei residui attivi e passivi provenienti dagli esercizi anteriori a quello di competenza, di-stintamente per esercizio di provenienza e per ca-pitolo;

n) l’elenco dei crediti inesigibili, stralciati dal con-to del bilancio, sino al compimento dei termini di prescrizione;

o) la relazione sulla gestione dell’organo esecutivo redatta secondo le modalità previste dal comma 6;

p) la relazione del collegio dei revisori dei conti.

Sempre l’art. 227 del TUEL prevede che “Conte-stualmente al rendiconto, l’ente approva il rendi-conto consolidato, comprensivo dei risultati degli eventuali organismi strumentali secondo le mo-dalità previste dall’art. 11, commi 8 e 9, del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni. Nelle more dell’adozione della contabilità economi-co-patrimoniale, gli enti locali con popolazione in-feriore a 5.000 abitanti che si avvalgono della facol-tà, prevista dall’art. 232 (differimento al 2017 della tenuta della contabilità economico-patrimoniale), non predispongono il conto economico, lo stato patrimoniale e il bilancio consolidato… omissis... I modelli relativi alla resa del conto da parte degli agenti contabili sono quelli previsti dal decreto del

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Presidente della Repubblica 31 gennaio 1996, n. 194. Tali modelli sono aggiornati con le procedure pre-viste per l’aggiornamento degli allegati al D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni…”.L’art. 230 è rubricato “Lo stato patrimoniale e conti patrimoniali speciali” e rappresenta la norma fon-damentale, di principio e altresì precettiva, in mate-ria di stato del patrimonio degli enti locali.In base a tale norma lo stato patrimoniale rappre-senta i risultati della gestione patrimoniale e la con-sistenza del patrimonio al termine dell’esercizio ed è predisposto nel rispetto del principio contabile generale n. 17 e dei principi applicati della contabi-lità economico-patrimoniale di cui all’allegato n. 1 e n. 4/3 al D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni. Il patrimonio degli enti locali è costituito dal com-plesso dei beni e dei rapporti giuridici, attivi e passivi, di pertinenza di ciascun ente. Attraverso la rappresentazione contabile del patrimonio è de-terminata la consistenza netta della dotazione pa-trimoniale. Gli enti locali includono nello stato patrimoniale i beni del demanio, con specifica distinzione, ferme restando le caratteristiche proprie, in relazione alle disposizioni del codice civile. Gli enti locali valutano i beni del demanio e del patrimonio, comprensivi delle relative manuten-zioni straordinarie secondo le modalità previste dal principio applicato della contabilità economico-patrimoniale di cui all’allegato n. 4/3 del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni. Lo stato patrimoniale comprende anche i crediti inesigibili, stralciati dal conto del bilancio, sino al compimento dei termini di prescrizione. Al ren-diconto della gestione è allegato l’elenco di tali crediti distintamente rispetto a quello dei residui attivi. Il regolamento di contabilità può prevedere la com-pilazione di conti patrimoniali di inizio e fine man-dato degli amministratori. Gli enti locali provvedono annualmente all’aggior-namento degli inventari.Il regolamento di contabilità definisce le categorie di beni mobili non inventariabili in ragione della natura di beni di facile consumo o del modico va-lore. Lo stato patrimoniale è redatto secondo lo schema di cui all’allegato n. 4/3 al D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118 e successive modificazioni e integrazioni. Nell’apposita sezione dedicata ai bilanci del sito internet degli enti locali è pubblicato il rendicon-

to della gestione, il conto del bilancio articolato per capitoli, e il rendiconto semplificato per il cittadino di cui all’art. 11 del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118 e successive modificazioni e integrazioni.L’art. 232 del TUEL, modificato e integrato, prevede che “gli enti locali garantiscono la rilevazione dei fatti gestionali sotto il profilo economico-patrimo-niale nel rispetto del principio contabile generale n. 17 della competenza economica e dei principi appli-cati della contabilità economico-patrimoniale di cui agli allegati n. 1 e n. 4/3 del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni. Gli enti locali con popolazione inferiore a 5.000 abitanti possono non tenere la contabilità economico-patrimoniale fino all’esercizio 2017”.L’art. 233-bis introduce il bilancio consolidato nel panorama degli strumenti di programmazione, ge-stione e rendicontazione degli enti locali: “Il bilan-cio consolidato di gruppo è predisposto secondo le modalità previste dal D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni. Il bilancio consolidato è redatto secondo lo schema previsto dall’allegato n. 11 del decreto legislativo 23 giugno 2011. n. 118, e successive modificazioni. Gli enti locali con po-polazione inferiore a 5.000 abitanti possono non predisporre il bilancio consolidato fino all’esercizio 2017”. L’art. 149 del TUEL nello stabilire i principi generali in materia di finanza propria e derivata, fa espres-so riferimento alle altre entrate proprie degli enti, “anche di natura patrimoniale”, con ciò richiaman-do espressamente come elemento costitutivo della finanza degli enti territoriali le risorse che derivano dalla gestione del patrimonio: tali risorse saranno assegnate alla responsabile gestione dei soggetti di vertice nei servizi dell’ente.Di particolare rilevanza è la modifica introdotta dal D.Lgs. n. 118/2011 e s.m.i. all’art. 153 del TUEL che disciplina il servizio economico-finanziario: si inserisce il periodo in base al quale il responsabile del servizio economico-finanziario e preposto “alla regolare tenuta della contabilità economico-patri-moniale”. Ciò rappresenta un contenuto di parti-colare innovatività nel contesto dell’organizzazione degli enti locali che richiede una completa e strut-turata tenuta della contabilità economico-patrimo-niale non più derivata dalla contabilità finanziaria ma “integrata” con la contabilità finanziaria. Si auspica che tale rivoluzione sia percepita nel suo valore reale e nelle finalità pubblicistiche volute dal-la legge e dai principi, sia dai dirigenti locali, sia dai revisori.

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Nel disciplinare le funzioni dell’organo di revisione, all’art. 239 del TUEL si prevede espressamente la vigilanza sull’amministrazione dei beni, mentre la relazione sulla proposta di deliberazione consiliare di approvazione del rendiconto della gestione e sul-lo schema di rendiconto dedica un’apposita sezione all’eventuale rendiconto consolidato di cui all’art. 11, commi 8 e 9, e contiene l’attestazione sulla corrispondenza del rendiconto alle risultanze della gestione nonché rilievi, considerazioni e propos-te tendenti a conseguire efficienza, produttività ed economicità della gestione.Del tutto nuova è invece la relazione sulla proposta di deliberazione consiliare di approvazione del bi-lancio consolidato di cui all’art. 233-bis e sullo sche-ma di bilancio consolidato, redatta entro il termine previsto dal regolamento di contabilità e comunque non inferiore a 20 giorni, decorrente dalla trasmis-sione della stessa proposta approvata dall’organo esecutivo.L’art. 93 del Testo unico recante disposizioni in ma-teria di responsabilità prevede che l’agente contabile che abbia maneggio di pubblico denaro o sia incari-cato della gestione dei beni dell’ente e coloro che si ingeriscono negli incarichi attribuiti a detti agenti, devono rendere conto della loro gestione: si tratta quindi anche di gestione di beni e quindi di natu-ra patrimoniale le cui modalità di rendicontazione sono definite dall’art. 227 del TUEL.Sempre in materia di patrimonio, l’ordinamento introduce alcune regole di principio per le quali oc-corre fare riferimento all’art. 152, quarto comma del TUEL, per stabilire quali siano da considerare come principi generali con valore di limite inderogabile: introduce in primo luogo il concetto di conoscenza consolidata dei risultati globali della gestione riferiti ad enti ed organismi costituiti per l’esercizio di fun-zioni e servizi. È pertanto evidente la componente patrimoniale nel processo di consolidamento (art. 152, secondo comma del TUEL).Il principio della programmazione (all. 4/1 al D.Lgs. n. 118/2011 e smi) richiama le linee di indirizzo, gestione e rendicontazione in materia di patrimo-nio in diverse componenti fondamentali degli stru-menti di programmazione degli enti locali: Docu-mento Unico di programmazione (DUP) (art. 170, TUEL) e Piano Esecutivo di gestione (PEG) (art. 169, TUEL). Riportiamo alcuni stralci significativi del principio sulla programmazione relativi alla ge-stione del patrimonio:“Il DUP costituisce, nel rispetto del principio del coordinamento e coerenza dei documenti di bilan-

cio, il presupposto necessario di tutti gli altri docu-menti di programmazione.Il DUP si compone di due sezioni: la Sezione Strate-gica (SeS) e la Sezione Operativa (SeO). La prima ha un orizzonte temporale di riferimento pari a quello del mandato amministrativo, la seconda pari a quel-lo del bilancio di previsione”.... omissis...Con riferimento alle condizioni interne, l’analisi strategica richiede, almeno, l’approfondimento dei seguenti profili e la definizione dei seguenti prin-cipali contenuti della programmazione strategica e dei relativi indirizzi generali con riferimento al pe-riodo di mandato:... omissis...Indirizzi generali di natura strategica relativi alle ri-sorse e agli impieghi e sostenibilità economico finan-ziaria attuale e prospettica. A tal fine, devono essere oggetto di specifico approfondimento almeno i se-guenti aspetti, relativamente ai quali saranno de-finiti appositi indirizzi generali con riferimento al periodo di mandato:

1. gli investimenti e la realizzazione delle opere pubbliche con indicazione del fabbisogno in termi-ni di spesa di investimento e dei riflessi per quanto riguarda la spesa corrente per ciascuno degli anni dell’arco temporale di riferimento della SeS;

2. i programmi ed i progetti di investimento in cor-so di esecuzione e non ancora conclusi;

3. i tributi e le tariffe dei servizi pubblici;

4. la spesa corrente con specifico riferimento alla gestione delle funzioni fondamentali anche con ri-ferimento alla qualità dei servizi resi e agli obiettivi di servizio;

5. l’analisi delle necessità finanziarie e strutturali per l’espletamento dei programmi ricompresi nelle varie missioni;

6. la gestione del patrimonio;

7. il reperimento e l’impiego di risorse straordinarie e in conto capitale;

8. l’indebitamento con analisi della relativa sosteni-bilità e andamento tendenziale nel periodo di man-dato;

9. gli equilibri della situazione corrente e generali del bilancio ed i relativi equilibri in termini di cassa.

... omissis...Negli enti locali con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, l’analisi strategica, per la parte esterna, può essere limitata ai soli punti 2 e 3.

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... omissis...

Il contenuto minimo della SeO è costituito:

a) dall’indicazione degli indirizzi e degli obiettivi degli organismi facenti parte del gruppo ammini-strazione pubblica;

b) dalla dimostrazione della coerenza delle pre-visioni di bilancio con gli strumenti urbanistici vigenti;

c) per la parte entrata, da una valutazione generale sui mezzi finanziari, individuando le fonti di finan-ziamento ed evidenziando l’andamento storico de-gli stessi ed i relativi vincoli;

d) dagli indirizzi in materia di tributi e tariffe dei servizi;

e) dagli indirizzi sul ricorso all’indebitamento per il finanziamento degli investimenti;

f) per la parte spesa, da una redazione per program-mi all’interno delle missioni, con indicazione delle finalità che si intendono conseguire, della motiva-zione delle scelte di indirizzo effettuate e delle risor-se umane e strumentali ad esse destinate;

g) dall’analisi e valutazione degli impegni plurien-nali di spesa già assunti;

h) dalla valutazione sulla situazione economico-finanziaria degli organismi gestionali esterni;

i) dalla programmazione dei lavori pubblici svolta in conformità ad un programma triennale e ai suoi aggiornamenti annuali;

j) dalla programmazione del fabbisogno di perso-nale a livello triennale e annuale;

k) dal piano delle alienazioni e valorizzazioni dei beni patrimoniali.

La SeO si struttura in due parti fondamentali:

- Parte 1, nella quale sono descritte le motivazioni delle scelte programmatiche effettuate, sia con ri-ferimento all’ente sia al gruppo amministrazione pubblica, e definiti, per tutto il periodo di riferi-mento del DUP, i singoli programmi da realizzare ed i relativi obiettivi annuali;

- Parte 2, contenente la programmazione dettaglia-ta, relativamente all’arco temporale di riferimento del DUP, delle opere pubbliche, del fabbisogno di personale e delle alienazioni e valorizzazioni del pa-trimonio.

Cap. IILa gestione economica e la gestione finanziaria

La gestione delle aziende di erogazione è caratte-rizzata dall’acquisto di beni e servizi economici (secondo la definizione della scienza economica, cioè scarsamente disponibili) destinati direttamen-te o indirettamente all’erogazione attuata mediante l’utilizzazione di questi stessi beni e servizi. I mezzi finanziari che «misurano» il valore dei beni e servizi acquistati e quindi erogati determinano le entrate e le uscite.Con riferimento alle entrate e alle uscite si possono avere, per le entrate - rendite e/o proventi - quando si tratta di entrate che influiscono direttamente ed effettivamente sul capitale netto dell’azienda, deter-minando in tal modo un aumento delle disponibi-lità finanziarie da erogare o consumare per soddi-sfare i fabbisogni espressi dalla collettività a cui si riferisce l’attività dell’azienda.Nello stesso modo quando si tratta di uscite - spese - si parla di somme utilizzate per il soddisfacimento dei bisogni espressi e che influiscono direttamente sul capitale netto aziendale in termini di diminu-zione delle disponibilità finanziarie da erogare o da consumare.Il concetto più ampio di entrate e uscite aventi na-tura meramente finanziaria (ad esempio entrate per acquisizione di finanziamenti a medio e lungo termine e uscite per impiego di entrate da finanzia-menti) determina i valori di queste rendite e spese «misurato» da entrate e uscite di denaro o mone-tarie (movimenti di cassa - valori numerari certi) o da crediti e debiti sorgenti che temporaneamente sostituiscono entrate e uscite di cassa (valori nume-rari assimilati).Si formano così i due contenuti della gestione: “ge-stione economica” e “gestione finanziaria”.La “gestione economica” è costituita dall’insieme delle rendite e spese che si manifestano per effetto dell’attività ordinaria e principale dell’azienda di erogazione, mentre la “gestione finanziaria” è co-stituita invece dall’intero insieme, indistinto, delle entrate e delle uscite.Anche nelle aziende di erogazione, come nelle im-prese, la gestione si svolge con continuità ma, per fini conoscitivi, di controllo, giuridici, sociali e fi-scali si suddivide la vita dell’azienda in periodi am-ministrativi alla fine dei quali viene presentato il «rendiconto di gestione» del periodo. Ecco sorgere in questo modo il concetto di «flusso» e di «fondo»

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per i valori utilizzati e a disposizione dell’azienda: pertanto le rendite/spese della contabilità econo-mica nonché le entrate/uscite finanziarie, rappre-sentano componenti di un flusso perché relative a movimentazioni di entrata e di uscita il cui ciclo gestionale è di durata annuale o infrannuale.Quando invece operiamo il riferimento all’insie-me di beni economici a disposizione dell’azien-da, per il soddisfacimento di bisogni individuali o collettivi, introduciamo le componenti di un “fondo” inserite in cicli gestionali che perdurano oltre l’anno di riferimento. Infatti la composizione qualitativa e quantitativa del patrimonio aziendale rappresentata nella situazione patrimoniale (stato patrimoniale) può essere ricondotta a due princi-pali espressioni:

- il complesso dei beni e diritti che costituiscono le risorse di cui l’azienda dispone per lo svolgimento della propria attività, in un determinato istante in conseguenza della combinazione dei fattori utilizzati;

- i modi attraverso i quali le suddette risorse sono state finanziate, mediante la fondamentale riparti-zione tra mezzi propri da autofinanziamento e mez-zi ottenuti con il ricorso all’indebitamento.

Questa situazione ha carattere «statico» e non ci informa sulle forze (attività gestionale in corso di esercizio) che sono all’origine della sua composi-zione: i valori delle risorse impiegate indicano gli investimenti in essere in un determinato momen-to, mentre i valori dei finanziamenti (in un’azienda privata: valore dei debiti e ammontare del capitale di proprietà derivante da conferimenti e da autofi-nanziamento) chiariscono come i suddetti investi-menti sono stati acquisiti.I valori sopra descritti esprimono grandezze che hanno la natura di «fondi», mentre le variazioni di tali grandezze (fondi), sia in aumento sia in dimi-nuzione, indicative della loro dinamica, costitui-scono le grandezze “flusso o flussi” che, rappresen-tando l’aspetto dinamico (movimento destinato ad esplicitare le grandezze) indicano ed esprimono le variazioni subite dalle grandezze che costituiscono lo stato del patrimonio osservate in diversi momen-ti di riferimento (1).L’analisi dell’aspetto economico della gestione ri-ferito agli investimenti e disinvestimenti (costi e ricavi), ai consumi e ai reintegri della ricchezza con-sumata, nonché della considerazione dell’aspetto

(1) Vedi Giuseppe Farneti, I flussi monetari nell’indagine patrimo-niale-finanziaria, G. Giappichelli, Torino, 1993.

finanziario della medesima gestione (aspetto finan-ziario come misuratore di quello economico) relati-vo ai movimenti del denaro, dei crediti e dei debiti, devono completarsi e fondersi in un terzo aspetto della gestione: quello patrimoniale.

1. Il patrimonio ed il capitale

Il concetto “patrimonio”, è da tenere distinto da quello di “capitale” in quanto il primo è costituito da un insieme di beni che l’azienda di erogazione utilizza per il soddisfacimento diretto o indiretto di bisogni, ma che tende a conservare (principio di conservazione del patrimonio) e comprende le attività intese “come impieghi di risorse” nonché le passività quali “fonti di finanziamento degli im-pieghi”.Il capitale, invece, è composto da un insieme di beni destinato a trasformarsi per effetto della gestione allo scopo di accrescerne il valore (remunerazione del capitale investito): esso rappresenta pertanto il mezzo e il fine della gestione.

2. L’attività di gestione

L’attività di gestione dell’ente è analizzata ai fini del-la conoscenza degli aspetti finanziari, economici e patrimoniali sottostanti a correlate operazioni am-ministrative di esercizio:

- l’aspetto finanziario riguarda i movimenti globali di entrata e di uscita (concetto di flusso);

- l’aspetto economico riguarda le combinazioni dei fattori a disposizione dell’ente per essere impiegati nei processi acquisitivi, di erogazione e produzione di beni e servizi (concetto di flusso);

- l’aspetto patrimoniale riguarda le attività e le pas-sività intese come impieghi di risorse e fonti di fi-nanziamento degli stessi, inseriti in cicli gestionali ultra - annuali (concetto di fondo).

Cap. IIILa competenza finanziaria, la competenza economica e il conto del patrimonio

Nella prassi contabile pubblica locale è sostanziale la differenziazione temporale, dal lato delle entra-te, tra il momento del conseguimento delle rendite, proventi o ricavi e quello dell’accertamento, mentre per le uscite, fra il momento del sostenimento del costo e quello dell’impegno.

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Le fasi di accertamento e impegno precedono le fasi di determinazione rispettivamente del credito e del-la somma da pagare e quindi non possono costituire la misura di componenti economici di esercizio. Ne consegue che la contabilità finanziaria assume l’im-portante funzione di rilevare i momenti gestionali che si susseguono, dall’autorizzazione a procedere ex ante sino alle fasi di riscossione e di pagamento, svolgendo altresì una funzione informativa esterna a consuntivo.La differenza temporale deve essere correttamente interpretata in quanto le grandezze considerate sot-to l’aspetto finanziario sono comunque destinate a trasformarsi in grandezze economiche, svolgendo la funzione di rilevazione delle operazioni di gestio-ne esterna, finalizzata alla conoscenza del risultato economico e del capitale: i risultati che si ottengono dalla stessa, basati sul principio dei diritti «consta-tati», sono in genere molto diversi da quelli rilevati dalla contabilità finanziaria.Quest’ultima, reggendosi sul principio della com-petenza (accertamenti di entrata, impegni di usci-ta) ha prevalente funzione autorizzatoria e quindi considera preminente l’autorizzazione al vincolo di determinate risorse per uno specifico impiego (ac-quisizione di un fattore produttivo) piuttosto che considerare il momento acquisitivo del fattore me-desimo in corrispondenza con il sostenimento del «costo» o consumo di risorse o di ricchezza. I dati della contabilità finanziaria esprimono in questo modo i valori di acquisizioni e di impiego che ricer-cano il loro equilibrio in un momento antecedente rispetto a quello tipico ed effettivo delle operazioni gestionali e che appartiene al processo «decisionale» (decisioni di voler acquisire risorse o di impiegare risorse o spendere).Si può concludere che la «competenza finanziaria», differisce dalla «competenza economica» in quanto la prima è basata su tempi di rilevazione dei fatti am-ministrativi che precedono quelli della competenza economica, al fine di controllare l’azione di reperi-mento delle risorse e di spesa del settore pubblico. Fenomeni di distorsione tra le fasi di diritto della contabilità finanziaria e le reali posizioni creditorie e debitorie causati da procedure non rispettose delle norme e dei principi di contabilità pubblica, posso-no non rappresentare la reale situazione dell’ente in termini di crediti e debiti di esercizio.L’analisi che precede è utile anche per comprendere al meglio come si è resa necessaria e non più rin-viabile la riforma della contabilità e degli schemi di bilancio degli enti territoriali e loro organismi. Il

divario tra la rappresentazione della gestione degli enti operata con la contabilità finanziaria e quello corrispondente alla reale situazione di crediti e de-biti relativi a obbligazioni giuridiche perfezionate e scadute, è divenuto talmente ampio che la rendi-contazione finanziaria non riesce a rappresentare la veritiera situazione economico-finanziaria e pa-trimoniale dell’ente ed esercitare quindi in modo completo la propria funzione conoscitiva. Ciò deri-va da una programmazione indipendente dalla va-riabile temporale (i cronoprogrammi e le scadenze dei crediti e dei debiti), dalla gestione riferita a ac-certamenti che si riferiscono anche ad entrate future e non riguardano solo obbligazioni giuridiche attive perfezionate, scadute ed esigibili, ad impegni che si riferiscono ad accantonamenti, a debiti futuri o ad obbligazioni inesistenti, ad impegni cosidetti tecnici (ex art. 183, c. 5, TUEL prima delle modifiche inter-venute con il D.Lgs. n. 118/2011 - D.Lgs. 126/2014). Infine ad una rendicontazione che non riesce per-tanto a esercitare la sua vera funzione conoscitiva e attesta equilibri tra obbligazioni attive a medio, lungo termine e obbligazioni passive ad esigibilità immediata. Questo è un solo accenno alle maggiori criticità del precedente ordinamento contabile, per ragione di materia e di spazio.Con il D.Lgs. n. 118/2011 in materia di armonizza-zione dei sistemi contabili e degli schemi di bilan-cio delle regioni, degli enti locali e dei loro enti ed organismi, attuativo della delega di cui alla legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di federalismo fisca-le e in particolare di cui all’art. 2, comma 1 e com-ma 2, lett. h) si approvano, in particolare, i principi contabili generali o postulati ai quali le regioni, le province autonome, gli enti locali di cui all’art. 2 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 conformano la propria gestione. Tali enti adottano la contabilità finanziaria cui affiancano, ai fini conoscitivi, un si-stema di contabilità economico-patrimoniale, ga-rantendo la rilevazione unitaria dei fatti gestionali sia sotto il profilo finanziario che sotto il profilo economico-patrimoniale. In particolare viene rivi-sitato il principio della competenza finanziaria in modo da stabilire la rilevazione dell’accertamento e dell’impegno nell’esercizio in cui l’obbligazione giuridica, rispettivamente attiva e passiva, viene a scadenza. Ciò determina un avvicinamento della contabilità finanziaria alla effettività della cassa (non si tratta di una contabilità di pura cassa) e anche per determinate fattispecie alla rilevazione economica. In particolare si supera l’anomalia dei residui impropri e di stanziamento. Si riduce

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il tempo della rilevazione “anticipata”, come sopra descritta, quale caratteristica tipica della contabili-tà finanziaria rispetto alla contabilità economico-patrimoniale.Con l’approvazione del D.Lgs. 126/2014 correttivo e integrativo del D.Lgs. n. 118/2011 si declinano tutti i principi contabili generali e applicati tra cui il principio della competenza finanziaria, cosidetta “potenziata o rafforzata”, e il principio della compe-tenza economica.

TITOLO II

Gli elementi patrimoniali attivi e passivi nel principio contabile della contabilità economico-patrimoniale

Si indicano di seguito i fondamenti del principio contabile della contabilità economico-patrimoniale (All. 4/3 al D.Lgs. 118/2011 e s.m.i.) riguardanti gli elementi attivi e passivo del patrimonio dell’ente.

Cap. IAttivo

In economia aziendale, si intende per immobiliz-zazione il bene che, all’interno dell’impresa, non esaurisce la sua utilità in un solo esercizio ma ma-nifesta benefici economici in un arco temporale di più esercizi (sono anche indicati come “fattori pro-duttivi a fecondità ripetuta”).

1. Immobilizzazioni

Gli elementi patrimoniali destinati a essere utilizzati durevolmente dall’ente sono iscritti tra le immobi-lizzazioni. Condizione per l’iscrizione di nuovi beni patrimoniali materiali ed immateriali tra le immo-bilizzazioni (stato patrimoniale) è il verificarsi, alla data del 31 dicembre, dell’effettivo passaggio del ti-tolo di proprietà dei beni stessi.Il principio disciplina anche le attività oggetto di cartolarizzazione e i beni relativi alle operazioni di leasing finanziario.

2. Immobilizzazioni immateriali

Costi d’impianto e di ampliamento, costi di ricerca, sviluppo e pubblicità, immobilizzazioni in corso e acconti, altre immobilizzazioni immateriali, mi-gliorie e spese incrementative su beni di terzi, usu-

frutto su azioni e quote acquisite a titolo oneroso, oneri accessori su finanziamenti, costi di software applicativo prodotto per uso interno non tutelato si iscrivono nell’attivo applicando i criteri di iscrizio-ne e valutazione previsti dal documento OIC n. 24, “Le immobilizzazioni immateriali”, nonché i criteri previsti nel principio contabile per l’ammortamen-to e la svalutazione per perdite durevoli di valore. La durata massima dell’ammortamento dei costi capitalizzati (salvo le migliorie e spese incrementa-tive su beni di terzi) è quella quinquennale prevista dall’art. 2426, n. 5, c.c.Il principio disciplina anche gli investimenti effet-tuati apportando miglioramento su immobili di terzi.I diritti di brevetto industriale (anche se acquisiti in forza di contratto di licenza), i diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno (compreso il software ap-plicativo giuridicamente tutelato), le concessioni, le licenze, i marchi ed i diritti simili (compreso il know-how giuridicamente tutelato) devono essere iscritti e valutati (al costo) in base ai criteri indicati nel documento OIC n. 24 sopra menzionato; l’am-mortamento e l’eventuale svalutazione straordina-ria per perdite durevoli di valore si effettuano in conformità ai criteri precisati nel principio conta-bile. Il principio disciplina anche la valutazione dei diritti acquisiti a titolo gratuito.L’avviamento va iscritto separatamente solo se rela-tivo all’acquisizione, a titolo oneroso, di un’azienda o complesso aziendale. Per i criteri di valutazione, ammortamento e svalutazione straordinaria si fa riferimento al menzionato documento OIC n. 24.

3. Diritti reali di godimento e rendite, perpetue o temporanee

Nell’ipotesi in cui i diritti reali di godimento e ren-dite, perpetue o temporanee, sono acquisiti al patri-monio dell’ente a titolo oneroso, col sostenimento di un costo, il valore da iscrivere è pari al costo di acquisizione, aumentato dei costi accessori. I crite-ri per l’ammortamento e le eventuali svalutazioni straordinarie sono analoghi a quelli valevoli per gli immobili acquisiti a titolo di piena proprietà. Se, in-vece, i diritti menzionati sono acquisiti a titolo gra-tuito (ad es. per donazione), il valore da iscrivere è il valore normale determinato da un esperto esterno secondo le modalità indicate per i diritti di brevetto industriale.Il principio contabile precisa le modalità di deter-minazione del valore da iscrivere in bilancio relativo

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alle rendite ed ai diritti reali acquisiti a titolo gratu-ito di seguito indicati:

- rendite;

- usufrutto e nuda proprietà;

- uso ed abitazione;

- superficie;

- enfiteusi.

4. Immobilizzazioni in corso

Le immobilizzazioni in corso costituiscono par-te del patrimonio dell’ente costituito da cespiti di proprietà e piena disponibilità dell’ente non ancora utilizzabili perché in fase di realizzazione o, sebbene realizzati, non ancora utilizzabili da parte dell’ente. Il principio indica i criteri di valutazione delle im-mobilizzazioni in corso.

5. Immobilizzazioni materiali

Le immobilizzazioni materiali sono distinte in beni demaniali e beni patrimoniali disponibili e indispo-nibili.Alla fine dell’esercizio, le immobilizzazioni materia-li devono essere fisicamente esistenti presso l’am-ministrazione pubblica o essere assegnate ad altri soggetti sulla base di formali provvedimenti assunti dall’ente.Le immobilizzazioni sono iscritte nello stato pa-trimoniale al costo di acquisizione dei beni o di produzione, se realizzato in economia (inclusivo di eventuali oneri accessori d’acquisto, quali le spese notarili, le tasse di registrazione dell’atto, gli onora-ri per la progettazione, ecc.), al netto delle quote di ammortamento.Qualora, alla data di chiusura dell’esercizio, il valo-re sia durevolmente inferiore al costo iscritto, tale costo è rettificato, nell’ambito delle scritture di asse-stamento, mediante apposita svalutazione.Le rivalutazioni sono ammesse solo in presenza di specifiche normative che le prevedano e con le mo-dalità ed i limiti in esse indicati. Per quanto non previsto nei principi contabili, i cri-teri relativi all’iscrizione nello stato patrimoniale, alla valutazione, all’ammortamento ed al calcolo di eventuali svalutazioni per perdite durevoli di valore si fa riferimento al documento OIC n. 16 “Le im-mobilizzazioni materiali”.Il principio contabile disciplina anche le seguenti fattispecie:

• beni mobili ricevuti a titolo gratuito;

• beni culturali;

• immobili acquisiti dall’ente a titolo gratuito;

• i beni librari, acquisiti per donazione e considerati come bene strumentale all’attività istituzionale op-pure come bene non strumentale;

• le immobilizzazioni in corso.

6. Immobilizzazioni finanziarie

Le immobilizzazioni finanziarie (partecipazioni, ti-toli, crediti concessi, ecc) sono iscritte sulla base del criterio del costo di acquisto, rettificato dalle perdite di valore che, alla data di chiusura dell’esercizio, si ritengano durevoli.Il principio contabile disciplina la valutazione delle seguenti tipologie di immobilizzazioni finanziarie.

6.1. Azioni

Per le partecipazioni azionarie immobilizzate, il cri-terio di valutazione è quello del costo, ridotto delle perdite durevoli di valore (art. 2426 n. 1 e n. 3 codi-ce civile). Le partecipazioni in imprese controllate e partecipate sono valutate in base al “metodo del pa-trimonio netto” di cui all’art. 2426 n. 4 codice civi-le. Gli eventuali utili derivanti dall’applicazione del metodo del patrimonio netto devono determinare l’iscrizione di una specifica riserva del patrimonio netto vincolata all’utilizzo del metodo del patrimo-nio. Le eventuali perdite sono portate a conto eco-nomico.Il principio analizza quindi il processo di valutazio-ne affrontando casi specifici.

6.2. Partecipazioni non azionarie

I criteri di iscrizione e valutazione sono analoghi a quelli valevoli per le azioni.

6.3. Titoli

A seconda che si tratti di titoli immobilizzati o de-stinati allo scambio, si applicano i criteri previsti dall’art. 2426 codice civile. Per i titoli quotati non è necessario far ricorso ad un esperto esterno.

6.4. I crediti concessi dall’ente

Il valore è determinato dallo stock di crediti con-cessi, risultante alla fine dell’esercizio precedente, più gli accertamenti per riscossione crediti imputati all’esercizio in corso e agli esercizi successivi a fron-te di impegni assunti nell’esercizio per concessioni

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di credito, al netto degli incassi realizzati per riscos-sioni di crediti. Non costituiscono immobilizzazio-ni finanziarie le concessioni di credito per far fronte a temporanee esigenze di liquidità. Nello stato pa-trimoniale tali crediti sono rappresentati al netto del fondo svalutazione crediti riguardante i crediti di finanziamento.

6.5. Derivati di ammortamento

Il principio analizza sia i derivati bullet/amortizing, sia i derivati riguardanti flussi di solo interesse.

7. Attivo circolante

In economia aziendale l’attivo circolante è costitu-ito da beni destinati alla vendita, al consumo o alla produzione che esauriscono la loro utilità in tempi brevi o da disponibilità finanziarie in attesa di im-piego.L’attivo circolante è composto:

- dalle rimanenze, costituite da scorte di beni de-stinati a essere utilizzati entro breve tempo nella produzione, venduti o consumati e da costi sospesi inerenti a servizi pagati in via anticipata;

- dai crediti, costituiti da importi d riscuotere con scadenza entro un anno, di natura commerciale o finanziaria;

- dalle attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni e che comprendono gli strumenti finanziari che l’impresa detiene in portafoglio per periodi di tempo non lunghi;

- dalle disponibilità liquide, costituite dai valori in cassa e dai fondi depositati nei conti correnti postali e bancari in attesa di essere utilizzati.

8. Rimanenze di magazzino

Le eventuali giacenze di magazzino (materie prime, secondarie e di consumo; semilavorati; prodotti in corso di lavorazione; prodotti finiti; lavori in corso su ordinazione) vanno valutate al minore fra costo e valore di presumibile realizzazione desunto dall’an-damento del mercato (art. 2426, n. 9, codice civile).

9. I Crediti

9.1. Crediti di funzionamento

I crediti di funzionamento sono iscritti nell’attivo dello Stato patrimoniale solo se corrispondenti ad obbligazioni giuridiche perfezionate esigibili, per le

quali il servizio è stato reso o è avvenuto lo scambio dei beni.La corretta applicazione del principio della compe-tenza finanziaria garantisce la corrispondenza tra i residui attivi diversi da quelli di finanziamento e l’ammontare dei crediti di funzionamento. I crediti sono iscritti al valore nominale, ricondotto al presumibile valore di realizzo, attraverso apposito fondo svalutazione crediti portato a diretta diminu-zione degli stessi. Il Fondo svalutazione crediti corrisponde alla som-matoria, al netto degli eventuali utilizzi, degli ac-cantonamenti annuali per la svalutazione dei crediti sia di funzionamento che di finanziamento. L’am-montare del fondo svalutazione crediti dovrebbe essere, data la metodologia di calcolo dell’accanto-namento al fondo stesso di cui ai punti n. 4.20 e n. 4.27, di pari importo almeno pari a quello inseri-to nel conto del bilancio. Però, il valore dei fondi previsti in contabilità finanziaria ed in contabilità economico-patrimoniale potrebbe essere diverso e il principio contabile analizza e descrive i motivi di tale diversità.Nello Stato patrimoniale, il Fondo svalutazione cre-diti non è iscritto tra le poste del passivo, in quanto è portato in detrazione delle voci di credito a cui si riferisce. Il principio indica quindi come si struttura il fondo e cosa deve indicare in dettaglio.

9.2. Crediti da finanziamenti contratti dall’ente

Corrispondono ai residui attivi per accensioni di prestiti derivanti dagli esercizi precedenti più i resi-dui attivi per accensioni di prestiti sorti nell’eserci-zio, meno le riscossioni in conto residui dell’eserci-zio relative alle accensioni di prestiti.

9.3. Crediti finanziari concessi dall’ente

Costituiscono crediti finanziari concessi dall’ente i crediti per fronteggiare esigenze di liquidità dei pro-pri enti e delle società controllate e partecipate.

10. Attività finanziarie che non costituiscono immo-bilizzazioni

Le azioni e i titoli detenuti per la vendita nei casi consentiti dalla legge sono valutati al minore fra il costo di acquisizione e il presumibile valore di rea-lizzo desumibile dall’andamento del mercato.

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11. Le disponibilità liquide

Nel piano dei conti patrimoniale le disponibilità li-quide sono articolate nelle seguenti voci:

- conto di tesoreria, che comprende il conto “Isti-tuto tesoriere/cassiere”, nel quale, nel rispetto delle regole della Tesoreria Unica, sono registrati i movi-menti del conto corrente di tesoreria gestito dal te-soriere, unitariamente alla contabilità speciale di te-soreria unica presso la Banca d’Italia. In altre parole, per l’ente, le disponibilità liquide versate nel conto corrente bancario di tesoreria e nella contabilità speciale di tesoreria unica costituiscono un unico fondo, al quale si versa e si preleva. E’ il tesoriere che gestisce i versamenti e i prelievi tra i due conti (non oggetto di rilevazione contabile da parte dell’ente);

- altri depositi bancari e postali;

- assegni;

- denaro e valori in cassa.

Il principio contabile disciplina in dettaglio la sana gestione delle disponibilità giacenti presso i conti correnti e di deposito postali o riguardanti i fondi economali, intestati all’ente, l’attività di regolarizza-zione dei sospesi formatisi nell’esercizio precedente, la cassa libera e la cassa vincolata e il caso della pre-senza dell’anticipazione di tesoreria.

12. Ratei e risconti

I ratei e risconti sono iscritti e valutati in confor-mità a quanto precisato dall’art. 2424-bis, comma 6, codice civile.I ratei attivi sono rappresentati, rispettivamen-te, dalle quote di ricavi/proventi che avranno manifestazione finanziaria futura (accertamento dell’entrata), ma che devono, per competenza, essere attribuiti all’esercizio in chiusura (ad es. fitti attivi).Le quote di competenza dei singoli esercizi si deter-minano in ragione del tempo di utilizzazione delle risorse economiche (beni e servizi) il cui ricavo/provento deve essere imputato.Non costituiscono ratei attivi quei trasferimenti con vincolo di destinazione che, dovendo dare applica-zione al principio dell’inerenza, si imputano all’e-sercizio in cui si effettua il relativo impiego.I risconti attivi sono rappresentati rispettivamente dalle quote di costi che hanno avuto manifestazione finanziaria nell’esercizio (liquidazione della spesa/pagamento), ma che vanno rinviati in quanto di competenza di futuri esercizi.

La determinazione dei risconti attivi avviene con-siderando il periodo di validità della prestazione, indipendentemente dal momento della manifesta-zione finanziaria. In sede di chiusura del bilancio consuntivo, i ricavi ed i costi rilevati nel corso dell’esercizio sono ret-tificati rispettivamente con l’iscrizione di risconti commisurati alla quota da rinviare alla competenza dell’esercizio successivo.

Cap. IIPassivo

1. Fondi per rischi e oneri

Alla data di chiusura del rendiconto della gestione occorre valutare i necessari accantonamenti a fon-di rischi e oneri destinati a coprire perdite o debiti aventi le seguenti caratteristiche:

• natura determinata;

• esistenza certa o probabile;

• ammontare o data di sopravvenienza indetermi-nati alla chiusura dell’esercizio.

Fattispecie tipiche delle amministrazioni pubbliche sono rappresentate da eventuali controversie con il personale o con i terzi, per le quali occorre stanziare a chiusura dell’esercizio un accantonamento com-misurato all’esborso che si stima di dover sostenere al momento della definizione della controversia; la stima dei suddetti accantonamenti deve essere at-tendibile e, pertanto, è necessario avvalersi delle op-portune fonti informative, quali le stime effettuate dai legali.Il principio contabile analizza e disciplina le passivi-tà che danno luogo ad accantonamenti a fondi per rischi e oneri:

- accantonamenti per passività certe, il cui ammon-tare o la cui data di estinzione sono indeterminati;

- accantonamenti per passività la cui esistenza è solo probabile, si tratta delle cosiddette “passività poten-ziali” o fondi rischi.

I fondi del passivo non possono essere utilizzati per attuare “politiche di bilancio” tramite la costituzio-ne di generici fondi rischi privi di giustificazione economica.In riferimento ai “Fondi per oneri”, il principio con-tabile richiama i principi generali del bilancio, in particolare i postulati della competenza e della pru-denza.

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2. Fondi di quiescenza e obblighi simili

La voce accoglie i fondi diversi dal trattamento di fine rapporto ex art. 2120 Codice Civile, quali ad esempio:

- i fondi di pensione, costituiti in aggiunta al tratta-mento previdenziale di legge (ad es. INPS ecc.), per il personale dipendente;

- i fondi di pensione integrativa derivanti da accordi aziendali, interaziendali o collettivi per il personale dipendente;

- i fondi di indennità per cessazione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.

3. Fondo manutenzione ciclica

È il fondo per la manutenzione ciclica e periodica iscritto nello stato patrimoniale a fronte delle spese di manutenzione ordinaria, svolte periodicamen-te dopo un certo numero di anni o ore di servizio maturate in più esercizi su certi grandi impianti o su immobilizzazioni sulla base di norme di legge o regolamenti dell’ente.Tale fondo non intende coprire costi per apportare migliorie, modifiche, ristrutturazioni o rinnova-menti, che si concretizzino in un incremento signi-ficativo e tangibile di capacità o di produttività o di sicurezza (manutenzioni di tipo straordinario), per i quali si rimanda alla disciplina delle immobilizza-zioni materiali.Gli stanziamenti a tale fondo hanno l’obiettivo di ripartire, secondo il principio della competenza fra i vari esercizi, il costo di manutenzione che, benché effettuata dopo un certo numero di anni, si riferisce ad un’usura del bene verificatasi anche negli eserci-zi precedenti a quello in cui la manutenzione viene eseguita.Il principio contabile analizza le condizioni che devono ricorrere per effettuare l’accantonamento, i criteri per la determinazione del fondo e la con-gruità dello stesso.

4. Fondo per copertura perdite di società partecipate

Qualora l’ente abbia partecipazioni immobilizzate in società che registrano perdite che non hanno na-tura durevole (in caso di durevolezza della perdita, infatti, occorre svalutare direttamente le partecipa-zioni) e abbia l’obbligo o l’intenzione di coprire tali perdite per la quota di pertinenza, accantona a un fondo del passivo dello stato patrimoniale un am-montare pari all’onere assunto.

In relazione alla tipologia dell’impegno, se il relati-vo onere ha già la natura di debito, sarà classificato come tale.Relativamente al “Fondo vincolato per perdite reite-rate negli organismi partecipati”, da accantonare ai sensi dell’art. 1, comma 550 e seguenti, della legge 147/2013 (legge di stabilità 2014), occorre richia-mare la delibera della Sezione Autonomie della Corte dei conti n. 4/2015, recante “Linee di indi-rizzo per il passaggio alla nuova contabilità delle Regioni e degli enti locali (D.Lgs. n. 118/2011 mo-dificato e integrato dal D.Lgs. n. 126/2014)”, che al paragrafo otto definisce l’orientamento da seguire da parte degli enti in applicazione dei principi di prudenza, attendibilità, veridicità ed equilibrio del bilancio finanziario autorizzatorio.

5. Passività potenziali

Con l’espressione “passività potenziali” ci si riferisce a passività connesse a “potenzialità”, cioè a situazio-ni già esistenti ma con esito pendente in quanto si risolveranno in futuro.In particolare, per “potenzialità” si intende una situa-zione, una condizione od una fattispecie esistente alla data del rendiconto della gestione, caratterizzata da uno stato d’incertezza, la quale, al verificarsi o meno di uno o più eventi futuri, potrà concretizzarsi per l’ente in una perdita, confermando il sorgere di una passività o la perdita parziale o totale di un’attività (ad esempio, una causa passiva, l’inosservanza di una clausola contrattuale o di una norma di legge, un pi-gnoramento, rischi non assicurati, ecc.).La valutazione delle potenzialità deve essere sorretta dalle conoscenze delle specifiche situazioni, dall’e-sperienza del passato e da ogni altro elemento utile, e devono essere effettuati nel rispetto dei postulati del bilancio d’esercizio ed, in particolare, di quelli dell’imparzialità e della verificabilità.Il principio contabile analizza in dettaglio quanto di seguito.

La valutazione delle potenzialità

Al fine di misurare il grado di realizzazione e di av-veramento dell’evento futuro, tali eventi possono classificarsi in: probabili, possibili o remoti.Se una perdita connessa a una potenzialità è stata iscritta in bilancio, la situazione d’incertezza e l’am-montare dell’importo iscritto in bilancio sono in-dicati in nota integrativa se tali informazioni sono necessarie per una corretta comprensibilità del bi-lancio.

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Tali stanziamenti sono rilevati nei fondi per rischi e oneri.Se è probabile che l’evento futuro si verifichi ma la stima non può essere effettuata, in quanto l’am-montare che ne risulterebbe sarebbe particolar-mente aleatorio ed arbitrario, salvo il caso in cui sia possibile stimare e stanziare in bilancio un importo minimo, sono fornite in nota integrativa le stesse informazioni da indicare nel caso che l’evento sia possibile; inoltre, si indicherà che è probabile che la perdita verrà sostenuta.Nel caso in cui l’evento e quindi la perdita sia pos-sibile, ma non probabile, sono indicate in nota inte-grativa le seguenti informazioni:

- la situazione d’incertezza che potrebbe procurare la perdita;

- l’ammontare stimato della possibile perdita o l’in-dicazione che la stessa non può essere effettuata;

- altri possibili effetti se non evidenti;

- preferibilmente, l’indicazione del parere di consu-lenti legali ed altri esperti.

Quando gli importi richiesti in una causa o in una controversia sono marcatamente esagerati rispetto alla reale situazione, non è necessario, anzi può es-sere fuorviante, mettere in evidenza l’ammontare dei danni richiesti.L’esistenza e l’ammontare di garanzie prestate diret-tamente o indirettamente (fidejussioni, avalli, altre garanzie personali e reali) sono posti in evidenza nei conti d’ordine ed in nota integrativa anche se la perdita che l’ente potrà subire è improbabile. Qua-lora invece la perdita sia probabile, si stanzia un ap-posito fondo rischi.Gli stanziamenti a fronte delle perdite connesse a potenzialità includono anche la stima delle spese legali e degli altri costi che saranno sostenuti per quella fattispecie.

6. Trattamento di Fine Rapporto

È incluso tra le passività patrimoniali.

7. Debiti

7.1. Debiti da finanziamento

I debiti da finanziamento dell’ente sono determina-ti dalla somma algebrica del debito all’inizio dell’e-sercizio più gli accertamenti sulle accensioni di pre-stiti effettuati nell’esercizio meno i pagamenti per rimborso di prestiti.

7.2. Debiti verso fornitori

I debiti di funzionamento verso fornitori sono iscritti nello stato patrimoniale solo se corrispon-denti a obbligazioni giuridiche perfezionate esigibili per le quali il servizio è stato reso o è avvenuto lo scambio dei beni.La corretta applicazione del principio della compe-tenza finanziaria garantisce la corrispondenza tra i residui passivi diversi da quelli di finanziamento e l’ammontare dei debiti di funzionamento. I debiti sono esposti al loro valore nominale.

7.3. Debiti per trasferimenti e contributi

Si tratta di posizioni debitorie relative a contributi e trasferimenti in favore di terzi di carattere cor-rente, senza controprestazione o in conto esercizio per l’attività svolta in favore della popolazione e del territorio.

7.4. Altri debiti

È una voce residuale nella quale vanno rilevati i de-biti non classificabili nelle voci precedenti.

8. Ratei, risconti e contributi agli investimenti

I ratei e risconti sono iscritti e valutati in confor-mità a quanto precisato dall’art. 2424-bis, comma 6, codice civile.I ratei passivi sono rappresentati, rispettivamente, dalle quote di costi/oneri che avranno manifesta-zione finanziaria futura (liquidazione della spesa), ma che devono, per competenza, essere attribuiti all’esercizio in chiusura (ad es., quote di fitti passivi o premi di assicurazione con liquidazione postici-pata).Le quote di competenza dei singoli esercizi si deter-minano in ragione del tempo di utilizzazione delle risorse economiche (beni e servizi) il cui costo/one-re deve essere imputato.I risconti passivi sono rappresentati dalle quote di ricavi che hanno avuto manifestazione finanziaria nell’esercizio (accertamento dell’entrata/incasso), ma che vanno rinviati in quanto di competenza di futuri esercizi.La determinazione dei risconti passivi avviene con-siderando il periodo di validità della prestazione, indipendentemente dal momento della manifesta-zione finanziaria. In sede di chiusura del bilancio consuntivo, i rica-vi rilevati nel corso dell’esercizio sono rettificati

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rispettivamente con l’iscrizione di risconti passivi commisurati alla quota da rinviare alla competenza dell’esercizio successivo.Le concessioni pluriennali ed i contributi agli inve-stimenti comprendono la quota non di competenza dell’esercizio rilevata tra i ricavi nel corso dell’e-sercizio in cui il relativo credito è stato accertato, e sospesa alla fine dell’esercizio. Annualmente i pro-venti sospesi sono ridotti attraverso la rilevazione di un provento (quota annuale di contributo agli investimenti) di importo proporzionale alla quota di ammortamento del bene finanziato dal contribu-to all’investimento.

9. Criteri di classificazione e valutazione degli ele-menti attivi e passivi del patrimonio

Il principio contabile precisa che per quanto non specificatamente previsto nel principio 6, si fa rinvio a quanto previsto dal decreto del ministero dell’e-conomia e delle finanze del 18 aprile 2002, concer-nente “Nuova classificazione degli elementi attivi e passivi del patrimonio dello Stato e loro criteri di valutazione”, e successive modifiche e integrazioni.

10. Conti d’ordine

Il principio contabile fornisce la definizione di con-ti d’ordine precisando che anche negli enti pubblici devono essere iscritti, in calce allo stato patrimonia-le, i conti d’ordine, suddivisi nella consueta triplice classificazione: rischi, impegni, beni di terzi, che registrano gli accadimenti che potrebbero produrre effetti sul patrimonio dell’ente in tempi successivi a quelli della loro manifestazione.Si tratta, quindi, di fatti che non hanno ancora in-teressato il patrimonio dell’ente, cioè che non han-no comportato una variazione quali-quantitativa del patrimonio, e che, di conseguenza, non sono stati registrati in contabilità generale economico-patrimoniale, ovvero nel sistema di scritture fi-nalizzato alla determinazione periodica della si-tuazione patrimoniale, finanziaria ed economica dell’ente.Le “voci” poste nei conti d’ordine non individuano elementi attivi e passivi del patrimonio poiché sono registrate tramite un sistema di scritture secondario o minore (improprio per alcuni Autori) che, perché tale, è distinto ed indipendente dalla contabilità ge-nerale economico-patrimoniale.Il principio contabile precisa quindi le modalità da seguire per memorizzare, nei conti d’ordine, gli

accadimenti sopra richiamati, dovendosi utilizzare il metodo di registrazione partiduplistico, per con-sentire la duplice rappresentazione in coerenza con la contabilità generale e, quindi, con lo schema di stato patrimoniale.Si affronta quindi l’argomento della relazione tra conti d’ordine e partite di giro. Non vi è e non vi può essere alcuna relazione biu-nivoca fra conti d’ordine e partite di giro iscritte nel bilancio di previsione finanziario degli enti pubblici.Le “somiglianze” sono solo apparenti ed inganne-voli.È vero che anche l’utilizzo delle partite di giro non deve influenzare il “risultato finanziario” dell’ente pubblico, ma ciò non deve portare in alcun modo a stabilire una sovrapposizione identitaria con i conti d’ordine.I conti d’ordine non contribuiscono a definire il ri-sultato perché sono fuori dal sistema delle scritture che serve a determinarlo, le partite di giro, al con-trario, sono registrazioni che fanno parte integrante del sistema di scritture finanziario e non influenza-no il risultato perché l’ente, nelle circostanze in cui si ricorra a tali conti, si trova contemporaneamente a debito e a credito, per il medesimo importo, nei confronti di terzi soggetti.

11. Il deposito cauzionale

Il deposito cauzionale individua somme di denaro che un ente ha versato a terzi a titolo di garanzia e delle quali l’ente medesimo si priva fino a quando non si realizza la “condizione sospensiva”.Assunto che le somme in questione sono “uscite” dall’economia di un ente ed entrate nell’economia di un altro “soggetto”, sebbene non sia esclusa l’ipo-tesi che possano rientrarvi, è indubbio che si tratta di un fatto amministrativo compiuto da registrate in contabilità generale economico-patrimoniale, che dà origine ad una permutazione dei valori pa-trimoniali ovvero che non modifica il patrimonio netto ed il risultato economico.Il fatto amministrativo, in ogni caso, va registrato in contabilità economico-patrimoniale e non nei conti d’ordine e il principio analizza le modalità di registrazione.L’uso dei conti d’ordine è ammesso nel caso si ricevano titoli come deposito cauzionale. In tale evenienza, non potendone disporre, si utilizzano i conti d’ordine. Si tratta di “beni di terzi presso l’ente”.

il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27

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12. Coordinamento con i principi contabili delle imprese del settore privato

Per quanto non specificatamente previsto nel prin-cipio contabile applicato della contabilità economi-co-patrimoniale si fa rinvio agli articoli dal n. 2423 al n. 2435 bis (disciplina del bilancio di esercizio) del codice civile e ai principi contabili emanati dall’OIC.

Cap. IIIIl primo stato patrimoniale: criteri di valuta-zione

Il principio contabile indica i criteri ai quali gli enti si devono attenere al fine della predisposizione del primo Stato Patrimoniale.

1. Attivo

Patrimonio immobiliare e terreni di proprietà: è iscritto al costo di acquisto, comprendente anche i costi accessori, ovvero, se non disponibile, al valore catastale. Successivamente occorre determinare il fondo ammortamento cumulato nel tempo, tenen-do conto del momento iniziale in cui il cespite ha iniziato ad essere utilizzato dall’ente e della vita utile media per la specifica tipologia di bene. Gli enti che, all’entrata in vigore della contabilità economico patrimoniale armonizzata, applicavano altri coef-ficienti di ammortamento, adottano i coefficienti armonizzati a decorrere da tale data.Il principio precisa quindi la procedura di ammor-tamento e le altre modalità per la valutazione anche in applicazione del principio contabile applicato della contabilità economico patrimoniale come so-pra illustrato. Immobili e terreni di terzi a disposizione: sono iscritti al costo di acquisto, comprendente anche i costi accessori, ovvero, se non disponibile, al valo-re catastale. Il relativo valore va imputato nei conti d’ordine, salvo i casi in cui l’ente non abbia diritti reali perpetui su tali beni; in quest’ultimo caso an-che il costo sostenuto per l’acquisizione del diritto reale su tali immobili va imputato tra le immobi-lizzazioni.Beni mobili e patrimonio librario: è necessario procedere ad una ricognizione inventariale. Con riferimento ai beni mobili ammortizzabili occorre determinare il fondo ammortamento cumulato nel tempo, tenendo conto del momento iniziale in cui

il cespite ha iniziato ad essere utilizzato nell’ente e della vita utile media per la specifica tipologia di bene. Se il bene non risulta interamente ammortiz-zato, e per il suo acquisto sono stati ricevuti contri-buti da terzi, va iscritta la residua quota di contri-buti nella voce “Ratei e risconti passivi e contributi agli investimenti”, al fine di coprire nel tempo gli ammortamenti residui. In sede di determinazione del primo Stato Patrimo-niale non devono essere ricompresi nella ricogni-zione i beni già interamente ammortizzati. Contributi in conto capitale: eventuali contributi in conto capitale ricevuti per il finanziamento delle immobilizzazioni vanno inseriti nella voce “Ratei e risconti passivi e contributi agli investimenti” di stato patrimoniale (solo per la parte a copertura del residuo valore da ammortizzare del cespite).Immobilizzazioni finanziarie: sono indicate nel principio le modalità di iscrizione.Disponibilità liquide: importi giacenti sui conti bancari, di tesoreria statale e postali dell’ente, non-ché assegni, denaro e valori bollati.Crediti: preliminare è la verifica della loro effettiva sussistenza a seguito del riaccertamento straordi-nario dei residui previsto dall’art. 3, comma 7, del decreto. I crediti sono valutati al netto del fondo svalutazione crediti e corrispondono all’importo dei residui attivi e a quello degli eventuali crediti stralciati dalle scritture finanziarie e registrati solo nelle scritture patrimoniali.

2. Passivo

Debiti di funzionamento: preliminare è la verifica della loro effettiva sussistenza a seguito del riaccer-tamento straordinario dei residui previsto dall’art. 3, comma 7, del decreto. I debiti corrispondono all’importo dei residui passivi, compresi quelli perenti (l’istituto della perenzione riguarda solo le regioni e, con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 118/2011, riguarda solo i residui perenti alla data dal del 31 dicembre 2014). La riassegnazione dei residui perenti nella contabilità finanziaria non è oggetto di rilevazione nella contabilità economico-patrimoniale.Debiti finanziari: derivano da finanziamenti contrat-ti e incassati non rimborsati. A regime sono rilevati sulla base degli impegni assunti per rimborso pre-stiti, compresi quelli imputati agli esercizi successi-vi o degli impegni automatici disposti a seguito di operazioni di finanziamento dell’ente (tale importo deve corrispondere alla differenza tra le entrate ac-

area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile

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certate per operazioni di finanziamento e l’importo non ancora rimborsato). All’avvio della contabilità economico patrimoniale è necessario effettuare una ricognizione dei debiti non ancora rimborsati. I de-biti finanziari sono distinti in debiti a breve termine o a medio-lungo termine, secondo le modalità indicate nel glossario del piano dei conti integrato I debiti finanziari, alla voce “Debiti verso banche e tesorie-re” comprendono anche le anticipazioni di tesoreria in essere al 1° gennaio dell’anno successivo, rinviate contabilmente all’esercizio successivo.Fondo per il trattamento di quiescenza: riguarda l’ammontare del trattamento di fine rapporto ma-turato nei confronti del personale per il quale l’ente è tenuto a provvedere direttamente al pagamento del trattamento di fine rapporto, alla data di rife-rimento dello stato patrimoniale di apertura. Nel caso in cui non sia possibile ricostruire tale importo alla data di avvio della contabilità economico-pa-trimoniale, l’onere riguardante il TFR erogato nel corso dell’esercizio è interamente considerato di competenza economica dell’esercizio.Altri debiti, costituiti dai debiti tributari che deri-vano dai debiti tributari degli esercizi precedenti, comprensivi di quelli emersi dalle dichiarazioni fi-scali dell’ente dell’esercizio precedente a quello di introduzione della contabilità economico patrimo-niale, dai debiti di natura previdenziale e dai debiti rilevati sulla base degli impegni assunti per i titoli 3, e 7 delle spese compresi quelli Imputati agli esercizi successivi.

3. Patrimonio netto

Fondo di dotazione dell’ente: costituita dalla diffe-renza, se positiva, tra attivo e passivo, al netto della voce “Netto da beni demaniali”, al netto del valore attribuito alle riserve.Alle riserve è attributo un valore pari a quello risul-tante ai corrispondenti valori dello stato patrimo-niale dell’esercizio precedente, a meno di differenze derivanti dall’applicazione dei nuovi principi.Nello stato patrimoniale iniziale, la voce AIII “Ri-sultato economico dell’esercizio” non è valorizzata.

Cap. IVLo stato patrimoniale e conti patrimoniali speciali (art. 230, TUEL)

Gli enti locali valutano i beni del demanio e del patrimonio, comprensivi delle relative manuten-

zioni straordinarie, secondo le modalità previste dal principio applicato della contabilità econo-mico-patrimoniale di cui all’allegato n. 4/3 del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e successive mo-dificazioni.Lo stato patrimoniale comprende anche i crediti inesigibili, stralciati dal conto del bilancio, sino al compimento dei termini di prescrizione. Al rendi-conto della gestione è allegato l’elenco di tali crediti distintamente rispetto a quello dei residui attivi.Il regolamento di contabilità può prevedere la com-pilazione di conti patrimoniali di inizio e fine man-dato degli amministratori.Gli enti locali provvedono annualmente all’aggior-namento degli inventari. Il regolamento di contabilità definisce le categorie di beni mobili non inventariabili in ragione della natura di beni di facile consumo o del modico va-lore. Lo stato patrimoniale è redatto secondo lo schema di cui all’allegato n. 4/3 al D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118 e successive modificazioni e integrazioni.Dal punto di vista della storia della contabilità lo-cale un’attenta disamina delle deliberazioni della Sezione Enti Locali della Corte dei conti n. 32/1986 sul conto consuntivo e conto generale del patrimonio e n. 650/1988 sugli inventari e rendiconto patrimo-niale permette di richiamare e approfondire molti dei concetti formulati: la prima esprime in termini generali e con riferimenti normativi il concetto che sino dall’origine dell’ordinamento contabile locale il legislatore ha preteso la «connessione» tra il conto finanziario del bilancio e il conto generale del patri-monio. Lo scopo è quello di dotare l’Ente locale di un complesso unitario e sistematico di scritture idonee a dimostrare i risultati finali della gestione finanziaria, dell’amministrazione dei beni, nonché le intercon-nessioni che si determinano tra le due attività, con re-ciproche influenze sui dati delle rispettive contabilità.Con la deliberazione successiva la Corte dei con-ti, si rivolge alla funzione generale dell’inventario consistente nell’individuazione, descrizione, clas-sificazione, e valutazione di tutti gli elementi attivi e passivi del patrimonio dell’ente come desunti dalle scritture patrimoniali e finanziarie, quali ri-sultano sia all’inizio, sia al termine dell’esercizio, per evidenziare le variazioni intervenute nell’anno per effetto della gestione del bilancio e per altre cause.Indica che tale analisi deve consentire sia agli organi elettivi interni sia agli organi esterni chiamati all’e-same dei conti consuntivi di formulare valutazioni

il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27

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sull’andamento complessivo della gestione al termi-ne dell’esercizio, nei tre aspetti, finanziario, econo-mico e patrimoniale.

La deliberazione n. 650/1988 ha affrontato più di-rettamente alcuni problemi relativi alla tenuta di una corretta contabilità patrimoniale:

Classificazioni Problematiche e soluzioni propositive

Nella classifica-zione dei beni del patrimonio

L’introduzione di apposite distinzioni ed analisi deve permettere la valutazione della natura giu-ridica dei singoli beni e della loro destinazione funzionale

Nella contabilità patrimoniale dell’ente

La precisazione dei cosiddetti «debiti fuori bilancio» dopo che di essi il consiglio comunale ne abbia riconosciuto la natura e l’ammontare, riferendo alla gestione dell’ente le relative obbli-gazioni contratte nei confronti dei terzi (artt. 193, 194 del TUEL), permettono di raffigurare gli stessi nel conto generale del patrimonio sino all’esercizio in cui sarà perfezionata la copertura finanziaria degli stessi

Le scritture inventariali

Impostate per categorie e sottocategorie, prendono a base l’unità elementare di rilevazione che può essere costituita dai singoli beni immobili o da gruppi omogenei di beni mobili. Saranno individuati anche gli obblighi di consegna e di custodia dei beni stessi.Ogni unità elementare di rilevazione sarà rappresentata e descritta nei seguenti principali ele-menti:- la descrizione fisica o giuridica dell’elemento patrimoniale;- l’indicazione del valore e della redditività;- la determinazione degli oneri rettificativi dei predetti valori, compresa la determinazione delle quote di ammortamento disposte;- l’indicazione dello stanziamento per l’imputazione della spesa e di quello a cui saranno riferite le entrate relative;- il riferimento al servizio (centro di responsabilità) al cui funzionamento il bene è destinato; - la variazione di natura finanziaria (gestione del Bilancio) o di altra natura che ha determinato mutamento del valore del bene;

Nelle scritture inventariali

- saranno rappresentati separatamente gli effetti prodotti sugli elementi del patrimonio dalla ge-stione del bilancio;- sarà assicurato il collegamento tra le variazioni patrimoniali registrate dalla contabilità generale e gli inventari;- saranno introdotte tecniche di rappresentazione delle variazioni patrimoniali che tengano conto della sfasatura temporale tra la variazione in aumento sulle passività che rappresentano la fonte di finanziamento di corrispondenti attività patrimoniali (beni immobili, ad esempio) e l’iscrizione di queste ultime che si può attuare solo dopo l’ultimazione della costruzione;

Nelle scritture inventariali

- si procederà ad una valutazione monetaria ai beni demaniali, in relazione ai costi sostenuti per acquistarli e realizzarli e alle conseguenti passività attivate per finanziarie e i costi stessi;- la necessità di stabilire modalità per attuare il processo di ammortamento delle immobilizzazio-ni, sia per una più esatta contabilizzazione dei costi dei servizi, sia per il conseguente accanto-namento dei fondi necessari al rinnovo dei cespiti ammortizzabili;- l’esigenza di una revisione degli inventari con modifica dei modelli e introduzione di nuove norme per la compilazione e la tenuta nel tempo.

TITOLO III

Gli inventari

Cap. IClassificazione e contenuti

«L’inventario è inteso come la ricognizione e la de-scrizione di una raccolta definita di cose, presa que-sta voce nel significato più ampio - e non esclude - gli inventari di documenti, di carte e di cose quali si vogliano, anche se non hanno per se stesse valore

economico» - Fabio Besta (La Ragioneria, Vallardi, Milano 1920).«Si chiama inventario la determinazione riferita ad un dato istante, di tutti gli elementi di un dato pa-trimonio, o di una sola parte di esso o di un insieme qualunque di beni o di cose al fine di raggiungere uno scopo prestabilito» - Gino Zappa (Ragioneria Generale, Giuffrè, Milano, 1949).Le definizioni di inventario come sopra riportate rappresentano le due classiche scuole di pensiero in materia di ragioneria delle imprese private che si ritiene possano essere prese a base anche per le imprese di erogazione. L’inventariazione è pertan-

area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile

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to intesa come complesso di operazioni di ricerca, interpretazione, rilevazione, classificazione, descri-zione e valutazione degli elementi costituenti il pa-trimonio dell’ente.Tra le diverse finalità perseguite dagli enti loca-li con l’inventariazione dei beni rientrano quella giuridica che riguarda elementi relativi ai diritti e agli obblighi dell’ente nascenti dai beni rilevati e descritti, quella conservativa e di controllo che ri-guarda l’attribuzione della responsabilità ad am-ministratori e dipendenti in ordine alla conser-vazione e al controllo dei cespiti appartenenti al patrimonio ed infine quella economico-finanziaria che riguarda l’analisi delle componenti attive e passive del patrimonio oltreché le dinamiche degli investimenti.Il principio contabile n. 3 dell’Osservatorio sulla finanza e contabilità degli enti locali del Ministero dell’Interno, all’espressione n. 141 prevede:«Le scritture inventariali costituiscono la fonte de-scrittiva e contabile valutativa per la compilazione del conto del patrimonio. Ciascun valore incluso nel conto del patrimonio dovrà essere dimostrato ai fini informativi, di conciliazione e controllo da analitiche scritture descrittive ed estimative. L’in-ventario deve essere costantemente aggiornato e chiuso al termine dell’esercizio conciliando, per le immobilizzazioni materiali il dato fisico con quello contabile.I crediti inesigibili e quelli di dubbia esigibilità, stralciati del conto del bilancio, devono essere elen-cati nell’inventario al valore originario. Per tali cre-diti devono continuare le azioni per il recupero fino alla loro prescrizione.Sono crediti di dubbia esigibilità quelli per i qua-li vi siano elementi che facciano presupporre un difficile realizzo degli stessi. Per tale categoria, in base agli elementi in possesso, l’ente deve o stralciarli dal conto del bilancio, trattandoli alla stregua dei crediti inesigibili; o tenerli nel conto del bilancio, presentando però il relativo fondo svalutazione crediti a detrazione. Sono crediti di dubbia esigibilità i crediti per i quali conte-stualmente si verificano le seguenti circostanze: incapacità di riscuotere e mancata scadenza dei termini di prescrizione.Si deve dare applicazione dal 1° gennaio 2015 ai nuovi principi contabili di cui al D.Lgs. n. 118/2011 e s.m.i.Per il patrimonio finanziario (crediti, disponibilità liquide, debiti, opere da realizzare, costi esercizi fu-

turi), il conto del bilancio e suoi allegati, costitui-scono, di fatto, il relativo inventario.Per i beni mobili non inventariabili, (e quindi non capitalizzabili) come definiti dal regolamento di contabilità, l’ente deve porre in essere le rilevazioni disposte dal regolamento stesso».

1. La fase dell’individuazione

L’individuazione o la ricognizione consiste in un’indagine volta ad accertare attraverso la rile-vazione materiale (inventari cosiddetti diretti o fisici o di fatto) o l’esame di scritture e documenti (inventari diretti o contabili), l’esistenza dei vari elementi patrimoniali del diritto di proprietà e del diritto reale dell’ente per cui la ricerca deve procedere in base a scritture e documenti degli atti pubblici e privati connessi con il patrimonio attivo e passivo.Trascurando i beni mobili, non basta individuare l’ubicazione, l’estensione e il reddito e reperire i dati catastali, ma occorre stabilire - come prescrive l’art. 11 del Regolamento di amministrazione e contabi-lità dello Stato per i beni immobili, - se vi sono ser-vitù, pesi ed oneri gravanti sul fondo, se lo stesso sia fruttifero od infruttifero e ancora l’uso o il servizio al quale è destinato, la durata della destinazione e il titolo di provenienza.I beni appartenenti a determinate categorie sono posti in evidenza in appositi elenchi ed a questo ri-guardo la dottrina insiste sul fatto che l’iscrizione negli elenchi (detta anche classificazione) ha effetto dichiarativo e non costitutivo. L’interpretazione e la rilevazione riguardano procedimenti di determina-zione dei titoli giuridici relativi ai beni patrimoniali e agli altri elementi attivi e passivi (titoli di proprietà, di uso, titoli di terzi sui beni, dubbia esigibilità di cre-diti) mentre la classificazione riguarda le operazioni di organizzazione degli elementi patrimoniali rilevati in categorie e sub categorie secondo determinati pre-supposti individuati di volta in volta per certe finalità (natura dei beni, destinazione, utilizzo, ecc.).

2. La fase della classificazione

La classificazione è la fase in cui avviene l’inclusione o l’incasellamento dei componenti in una ripartizione sistematica preordinata dalla normativa: il raggruppa-mento dei beni avviene in classi, categorie e sotto cate-gorie. Una classificazione potrebbe essere la seguente:

a) beni immobili in uso pubblico per natura cioè beni soggetti a regime del demanio, strade, piazze, demanio idrico, immobili riconosciuti di interesse,

il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27

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storico, archeologico, artistico, cimiteri, per limitare l’indagine ai beni immobili;

b) beni immobili di uso pubblico per destinazione cioè beni del patrimonio indisponibile, sedi di uffici e servizi comunali, edifici scolastici, mercati;

c) beni mobili patrimoniali cioè beni del patrimonio disponibile, immobili non destinati in modo diretto a servizi di pubblica utilità.

La suddivisione per categorie per i beni immobili do-vrebbe riguardare i terreni ed i fabbricati. Nell’am-bito delle categorie si introduce la suddivisione per sotto categorie per i beni immobili ad uso pubblico per destinazione distinti da quelli del patrimonio di-sponibile per i quali occorre apposita disamina per verificare la tipologia dei dovrebbe riguardare dei beni dei quali si ha la piena proprietà, si ha il domi-nio utile: enfiteusi, si ha l’usufrutto o se ne ha l’uso.La descrizione riguarda l’analisi e l’indicazione degli elementi che caratterizzano i singoli componenti del patrimonio, sia in termini qualitativi, sia quan-

titativi, mentre la valutazione riguarda l’espressione monetaria del valore attribuito agli elementi patri-moniali.

3. La fase della valutazione

Per operare l’inquadramento economico-urbani-stico del cespite occorre innanzitutto superare lo schematismo delle schede mediante la creazione di allegati che abbiano a meglio spiegare ciò che si in-troduce nel poco spazio riservato alle varie voci nel-le schede stesse. È implicito pertanto che la scheda non si intende definita materialmente dallo stampa-to, ma deve praticamente diventare un faldone en-tro il quale si devono inserire tutti i dati e le notizie che si ritengono utili per l’inventariazione.Il bene va individuato attraverso adeguati sopral-luoghi da parte di tecnici esperti ai fini del riporto nella scheda informatica della situazione relativa all’ubicazione e di tutte le notizie generali sulla lo-calità.

Per le zone residenziali:- ubicazione e distanza dal capoluogo;- presenza in zona di infrastrutture e servizi specialmente

infrastrutture primarie, secondarie;- allacciamenti autostradali, allacciamenti viari;- presenza di mezzi di comunicazioni, frequenza di questi

mezzi;- caratteristiche prevalenti della edificazione (se esiste in

zona);- caratteristiche podologiche della zona;- presenza/assenza di possibilità di allacciamento ai pub-

blici servizi;- vicinanza di negozi di prima necessità, di centri di gran-

de distribuzione, di scuole, chiese, ospedali, commissa-riati di pubblica sicurezza, stazione dei carabinieri, aree verdi, parchi e giardini pubblici;

- ovvero vicinanza di fossi, fiumi, corsi d’acqua a cielo aperto maleodoranti o inquinati.

Prossimità di discariche di rifiuti solidi urbani, di industrie con emissione di fumi, rumori, scuotimenti, di piccole attività pro-duttive che possono provocare disturbo, adiacenze di linee ferroviarie etc.

Se si tratta di terreni agricoli:- conformazione;- giacitura, altimetria;- servitù, caratteristiche podologiche del terreno;- presenza/assenza di fabbricati rurali e loro consistenza;- presenza/assenza di servizi urbanistici nelle adiacenze;- destinazione urbanistica nel P.R.G., possibilità di edifi-

cazione;- inclusione o meno in strumenti attuativi del P.R.G.;- aspettative di localizzazione edificatoria;- consistenza delle alberature classificate per tipo, es-

senza.

3.1. Descrizione dell’immobile

Il tutto va considerato in relazione allo sviluppo edilizio circostante in una visione dinamica e mute-vole nel tempo. A questo riguardo occorre valutare il contenuto e le indicazioni dei piani urbanistici e di eventuali piani di zona (se esiste). In una zona caratterizzata da insediamenti produttivi, è certa-mente più importante la presenza di un’ampia rete viaria con parcheggi sufficienti e una buona acces-sibilità nei confronti della rete viaria autostradale

piuttosto che la presenza di una chiesa o di un asilo.Viceversa in una zona residenziale la mancanza di scuole, negozi, chiese, uffici pubblici, locali di ri-trovo è sicuramente di importanza preminente ri-spetto all’ampiezza della rete viaria che consente il passaggio dei grossi automezzi.

3.2. Fabbricati

Diversa e più complessa è la descrizione di un fab-bricato. Occorre indicare il tipo di struttura portan-

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te, il tipo di copertura, la struttura dei solai, delle facciate, dei serramenti, delle scale, dei luoghi co-muni, i più importanti impianti, qualità e tipo di pavimenti, serramenti, apparecchi sanitari, intona-ci, rivestimenti, non restando sul generico, ma co-munque evitando dettagli irrilevanti ai fini estimali.Occorre rilevare la necessità di manutenzioni e ri-parazioni, la qualità delle manutenzioni effettuate, l’eventuale esistenza di beni non strumentali che vengono valutati separatamente.

3.3. Dati catastali - Coerenze

L’individuazione catastale è essenziale per quanto riguarda la inventariazione e la valutazione.Infatti solo con l’esatta indicazione di tali dati è possibile individuare il bene che si vuole valutare: anche in funzione di eventuali future contestazioni è l’individuazione catastale che indica quale sia l’og-getto del bene da inventariare e da stimare.Le indicazioni dei dati catastali in una stima, ha la stessa rilevanza dell’indicazione dei dati stessi in un rogito notarile di trasferimento.La verifica condotta potrà evidenziare la mancanza di accatastamento degli immobili dell’ente con la neces-sità di provvedere in tempi rapidi ad assolvere a tutte le procedure per la regolarizzazione delle posizioni.

3.4. Indicazioni delle coerenze

Secondo la normativa civilistica, l’indicazione di tre coerenze permette all’ente di individuare un bene: in genere l’indicazione delle coerenze inizia da set-tentrione e avviene in senso orario, seguendo il pe-rimetro del cespite, si passa poi all’individuazione del Mappale del cespite che costituisce coerenza e, se possibile, corredata anche delle generalità del proprietario.

3.5. Indagine sulla conformità edilizia e regolarità edilizia

Con l’introduzione dell’art. 40 della legge n. 47/1985 ha assunto particolare rilevanza l’accer-tamento della conformità edilizia, per cui occorre esperire indagini sulle pratiche di condono edilizio se esistenti.

3.6. La situazione urbanistica

Nell’ambito descrittivo del cespite è sempre di pre-minente rilevanza la situazione urbanistica, cioè l’inquadramento del cespite nel P.R.G. che assume

importanza determinante per le aree edificatorie e per i terreni in genere. L’inquadramento di un ter-reno in una zona di Piano Regolatore che consen-ta l’edificazione comporta l’automatica inclusione dell’area fra quelle fabbricabili, dal punto di vista civilistico e del diritto tributario.Relativamente alla sua valutazione, l’inclusione di un’area in una zona edificatoria non comporta l’au-tomatica attribuzione dei valori delle aree edificabi-li in quanto occorre stabilire se il Piano Regolatore preveda o meno strumenti attuativi per consentire l’edificabilità dell’area: sussiste quindi il problema delle aree immediatamente fabbricabili e delle aree potenzialmente fabbricabili.

4. Inventari - Classificazione

Esistono in dottrina varie classificazioni degli in-ventari: secondo le finalità: ordinari, straordinari, di consegna, di riconsegna; secondo le informazioni fornite: a valore, descrittivi, quantitativi; secondo la forma: descrittiva, bilanciante; secondo la fonte di provenienza: contabili, di fatto.La disciplina generale sulla tenuta degli inventari era contenuta nell’art. 289 del TU. n. 383/1934 che, ancorché abrogato, risulta utile citare negli elementi che rappresentano ancora corretti principi contabili e opportune tecniche di redazione degli stessi:

- le amministrazioni comunali e provinciali devono tenere «al corrente» un esatto inventario di tutti i beni demaniali e patrimoniali, mobili ed immobili;

- ciascun inventario deve essere corredato di un elenco diviso per categorie, secondo la diversa na-tura dei beni, di tutti i titoli, atti, carte e scritture relative al patrimonio e alla sua amministrazione;

- gli inventari come insieme di operazioni di carat-tere tecnico e giuridico-amministrative sono attri-buiti alle responsabilità primarie del Segretario e del Ragioniere;

- il riepilogo degli inventari deve essere allegato al bilancio di previsione e al conto consuntivo, rea-lizzando un collegamento con la contabilità finan-ziaria di bilancio che occorre peraltro precisare e chiarire.

È particolarmente importante distinguere tra in-ventari e conto patrimoniale. A questo riguardo la normativa di contabilità pubblica ha previsto di-sposizioni sulla formazione e tenuta degli inventari che non sono risultate coordinate con la disciplina dello stato del patrimonio quale componente del rendiconto finale di esercizio ed in base al nuovo

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ordinamento contabile e con adeguate norme rego-lamentari dell’ente occorre ora disciplinare le con-nessioni tra inventario e conto del patrimonio.È da premettere che la corretta tenuta degli inventari ha lo scopo principale di controllare la consistenza dei beni, di accertarne la fisica esistenza al fine di in-dividuare la configurazione giuridica degli elementi del patrimonio sia attivi, sia passivi, consentendo in tal modo, in via prioritaria il rispetto del principio di conservazione del patrimonio pubblico.L’individuazione della consistenza dei beni per i quali sia stato individuato un consegnatario al quale si annette la responsabilità della custodia e corretta conservazione del bene medesimo si inserisce nel lambito delle procedure del sistema di bilancio con particolare riguardo agli strumenti di programma-zione strategica ed operativa (PEG).In ultimo è da considerare che gli inventari posso-no avere carattere meramente descrittivo, oppure accogliere valori che risultano fondamentalmente nominali perché non hanno alcun riferimento alle condizioni economico-aziendali dei beni, alla loro coordinazione, ai canali finanziari ed economici in cui sono inseriti e così di seguito.Dovendo rappresentare il rendiconto finale d’eserci-zio, la fotografia della situazione finanziaria, economi-ca e patrimoniale dell’ente, lo stesso deve rispondere a due principali caratteristiche che non si conciliano perfettamente con quelle sopra viste per gli inventa-ri: rappresentare il risultato delle attuate strategie e «politiche» dell’ente nonché determinare il punto di partenza delle future strategie e «politiche» dell’ente.La situazione patrimoniale dell’ente deve cioè rap-presentare la descrizione e l’analisi quantitativa e qualitativa di una situazione gestionale in continuo divenire e caratterizzata da un intrinseco «dinami-smo». Perciò tra le varie poste attive e passive dello stato patrimoniale si stabiliscono relazioni e inter-connessioni che costituiscono oggetto di studio e di analisi per trarne elementi di conoscenza sulla situazione dell’ente nei suoi vari aspetti gestionali, per cui la logica è completamente diversa rispetto a quella che costituisce fondamento della inventa-riazione.Anche in questo importante settore dell’analisi pa-trimoniale è necessario realizzare alcuni obiettivi nell’individuazione di parametri descrittivi della si-tuazione rilevata a consuntivo: si introduce in que-sto modo l’argomento delle analisi di bilancio che possono utilizzare le principali tecniche riguardanti gli “indici di bilancio e di rendiconto” ed “i flussi fi-nanziari: i primi sono rapporti tra valori di bilancio

o di rendiconto al fine di interpretare la gestione economica, finanziaria e patrimoniale e si riferisco-no ad un determinato momento della vita azienda-le. Esempi di indici sono rappresentati dagli indici di liquidità, di solidità patrimoniale, di redditività di determinati servizi e così via.Di contro i flussi finanziari si ottengono ex post, dal confronto tra due consuntivi successivi, ed ex ante, dal confronto tra l’ultimo rendiconto e il bilancio preventivo dell’esercizio successivo. Esempi di in-dagine sui flussi finanziari sono rappresentati dalle analisi delle fonti e degli impieghi e dell’andamento della liquidità.Occorre al riguardo richiamare l’art. 165 del TUEL, come modificato dal D.Lgs. n. 118/2011 e s.m.i., che prevede che le previsioni di spesa del bilancio di previsione sono classificate secondo le modalità indicate all’art. 14 dello stesso D.Lgs. n. 118 in:

a) missioni, che rappresentano le funzioni principali e gli obiettivi strategici perseguiti dagli enti locali, utilizzando risorse finanziarie, umane e strumentali ad esse destinate;

b) programmi, che rappresentano gli aggregati omogenei di attività volti a perseguire gli obiettivi definiti nell’ambito delle missioni. I programmi sono ripartiti in titoli e sono raccordati alla relativa codificazione COFOG di secondo livello (Gruppi), secondo le corrispondenze individuate nel glossa-rio, di cui al comma 3-ter dell’art. 14, che costituisce parte integrante dell’allegato n. 14.

Ai fini della gestione, nel Piano esecutivo di gestio-ne, i programmi sono ripartiti in titoli, macroaggre-gati, capitoli ed eventualmente in articoli. I macro-aggregati di spesa degli enti locali sono individuati nell’elenco di cui all’allegato n. 14 del D.Lgs. 23 giu-gno 2011, n. 118, e s.m.i. La Giunta, contestualmen-te alla proposta di bilancio trasmette, a fini conosci-tivi, la proposta di articolazione dei programmi in macroaggregati.Su tali principi e classificazioni di bilancio e conte-nuto degli strumenti di programmazione si dovrà costruire la nuova responsabilizzazione sull’uso e l’impiego dei beni patrimoniali.

Cap. IILe varie tipologie di inventari

Al riguardo occorre riferirsi ancora ad apposita circo-lare del Ministero dell’Interno del 20 luglio 1904, n. 15200/2 che definisce le seguenti classi di inventario:

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Tipologie Descrizione

Inventario dei beni immobili di uso pubblico per natura

Si tratta dello stato descrittivo senza valutazione dei beni facenti parte del demanio dell’en-te. Ora con il nuovo ordinamento contiene anche la valutazione economica.Comprende le strade e le piazze, le chiese, gli edifici monumentali, i giardini pubblici, gli acquedotti, le fontane, i laghi artificiali, i cimiteri, i mercati, i diritti demaniali su beni altrui e ciò che risulta assoggettato al regime pubblicistico tipico dei beni demaniali.

Inventario dei beni immobili di uso pubblico per destinazione

Si tratta di beni utilizzati con vincolo di destinazione per il soddisfacimento dell’interesse pubblico e quindi nell’esercizio di una pubblica attività.L’inventario comprende tutti i beni immobili facenti parte del patrimonio indisponibile, quali gli edifici destinati a sede di uffici, quelli utilizzati nella gestione di servizi pubblici, gli edifici scolastici, i teatri, i musei e tutti gli altri con analoghe caratteristiche e finalizzazione.Sarà curata la descrizione e rappresentazione di ogni bene con indicazione della natura, denominazione, ubicazione, descrizione e titolo oltre al regime giuridico (piena proprietà, usufrutto, uso, altro diritto reale di godimento), alle eventuali concessioni in uso speciale, alle rendite, agli oneri, al valore originario del bene, alle successive variazioni e al valore attuale.

Inventario dei beni immobili patrimoniali disponibili

È lo stato descrittivo e valutativo di tutti i beni immobili non soggetti al regime del demanio e non ricompresi negli elementi del patrimonio indisponibile. Si tratta di terreni e fondi rustici, di immobili urbani, di altri beni immobili non destinati a servizi di pubblica utilità in modo diretto.Anche per questi beni si indicherà il regime giuridico, le rendite, le spese di gestione e di manutenzione ordinaria, il valore originario e il valore attuale.

Inventario dei beni mobili di uso pubblico

Assume la principale caratteristica di beni mobili oggetto di inventario di consegna nei confronti del soggetto individuato quale «consegnatario responsabile».I beni soggetti ad inventariazione sono indisponibili e appartengono a queste catego-rie: mobilio, armamento, libri, statue, busti, quadri, macchine speciali e altre individuate dall’ente nella sua autonoma capacità di auto-organizzazione.Per ciascun bene è indicato il prezzo di acquisto e il valore attuale che tiene conto dell’usura e dello stato generale di conservazione del bene. Sarà indicato anche il verbale di consegna che individua il soggetto responsabile della conservazione e corretta gestione del bene.

Inventario dei beni mobili patrimoniali

Si riferisce a tutti i beni mobili del patrimonio disponibile, compresi i valori mobiliari quali azioni e obbligazioni.

Inventario dei crediti Si riferisce ai crediti, mutui attivi, prestiti, censi, canoni attivi e altre prestazioni attive Oc-corre chiarire che si tratta di valori attivi del patrimonio permanente e quindi l’inventario non si riferisce ai residui attivi provenienti dalla gestione del conto del bilancio (elementi del patrimonio finanziario).Le poste iscritte nell’inventario dei crediti movimentano il bilancio finanziario «annuale» con singole e separate variazioni che determinano accertamenti di competenza e in caso di mancata riscossione, l’iscrizione nei residui attivi del patrimonio finanziario: in questo modo si ha il transito dal patrimonio permanente al patrimonio finanziario, ma in relazione ad una specifica variazione annuale di competenza proveniente da credito iscritto nel fon-do patrimoniale (permanente).L’inventario specifica il soggetto debitore, la natura e il titolo del credito, l’ammontare origina-rio, le garanzie e l’interesse, la scadenza finale o le singole scadenze periodiche o annuali.

Inventario dei debiti e di altre passività

Comprende i mutui passivi, prestiti, canoni, censi e altre prestazioni passive. Individua il creditore, la natura del debito, le garanzie prestate, l’ammontare originario, il residuo debito, la scadenza finale di ciascuna rata periodica o annuale.Valgono per i debiti le stesse osservazioni fatte per i crediti e pertanto l’inventario non si riferisce ai residui passivi provenienti dalla gestione di bilancio (patrimonio finanziario).

Inventario di tutti i titoli e atti che si riferiscono al patrimonio e alla sua amministrazione

Si riferisce ai titoli, agli atti pubblici e privati che si riferiscono allo stato patrimoniale sia attivo, sia passivo. Comporta una corretta gestione dei fascicoli relativi agli elementi pa-trimoniali.

Riepilogo generale degli interventi

Riporta in forma sintetica e riassuntiva le rilevazioni dei singoli inventari parziali ed analitici.

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Anche se tale riepilogo dovrebbe condurre alla de-terminazione del patrimonio netto, si devono richia-mare tutte le osservazioni svolte in precedenza sulla differenziazione tra inventari e stato patrimoniale finale di esercizio. È perciò essenziale che si conduca un’analisi dei raccordi tra inventari e stato del pa-trimonio per porre in evidenza le corrispondenze e le diversità nelle impostazioni quantitative (valuta-zioni) e nelle rettifiche di valore che tengono conto delle diverse finalizzazioni delle due operazioni: ri-spettivamente di inventariazione e di formulazione della struttura dello stato del patrimonio, il cui sco-po principale è quello di pervenire alla determina-zione del «Netto Patrimoniale».In ultimo occorre ricordare l’inventario dei beni e valori di terzi ottenuti in deposito e dei valori, atti e titoli appartenenti ai cosiddetti conti d’ordine dello stato del patrimonio (polizze fidejussorie, delegazio-ni di pagamento ecc.).

TITOLO IV

Conservazione e gestione del patrimonio: aspetti riguardanti le responsabilità

Cap. IL’attività di conservazione e gestione

L’amministrazione dei beni si sostanzia nelle at-tività di conservazione, comune ai beni demaniali e ai beni patrimoniali, e nella migliore utilizzazio-ne economica dei beni non utilizzati direttamente dall’ente per i propri fini istituzionali. L’attività di conservazione consiste nel mantenimento del grado di funzionalità dell’immobile in relazione alla sua destinazione (cioè nella manutenzione ordinaria e straordinaria del bene) e nella difesa del titolo di proprietà del bene da pretese di terzi.Per i beni non utilizzati direttamente si pone il pro-blema della redditività del bene dato in uso a terzi con lo strumento della concessione e della locazione per cui, una completa ed esaustiva inventariazione dei beni, può consentire una reale politica di va-lorizzazione degli immobili dell’ente. Si realizza, tramite l’individuazione dei beni, l’aggancio del pa-trimonio alla gestione con l’intento di contrastare la diffusa deresponsabilizzazione nell’uso e nell’im-piego delle risorse patrimoniali.La natura pubblica dell’ente proprietario dei beni determina la correlata natura pubblica dei medesi-

mi beni per i quali pertanto si attivano i controlli e le garanzie sulla destinazione secondo le finalità istituzionali e di utilità generale delle attività svol-te dall’ente. Tali controlli e garanzie, anche se l’ente o la struttura pubblica opera secondo le regole del modello privatistico, rimangono immutate: tale as-sunto assume un’importanza notevole soprattutto in epoca recente allorché l’ente locale si è espropria-to della gestione diretta di pubblici servizi per la loro assegnazione ad aziende o società aventi natura imprenditoriale di pubblici servizi.La gestione è intesa non come pura amministra-zione e conservazione dell’esistente ma come trasformazione attiva del patrimonio in tutte le componenti e come ricerca di nuove soluzioni più redditizie e funzionali. I riferimenti al nuovo or-dinamento finanziario e contabile degli enti locali nella specifica materia sono puntuali e stringenti:

- l’assegnazione della responsabilità nella direzio-ne e gestione dei beni, e degli altri componenti del patrimonio è individuata nei servizi dell’ente come definiti all’art. 165, commi 8 e 9 del TUEL: in tal modo la cornice completa il quadro di responsa-bilizzazione unitamente all’affidamento dei mezzi finanziari da impiegare e delle risorse di entrata da acquisire;

- la valutazione e l’aggiornamento costante degli inventari quale realizzazione concreta della rela-zione patrimonio-gestione di cui all’art. 230 del TUEL nonché le politiche di ammortamento dei beni di cui di cui al principio applicato della con-tabilità economica allegato al D.Lgs. n. 118/2011 e s.m.i.

L’attività di conservazione e gestione del patrimo-nio è retta in primo luogo dal generale obbligo di diligenza nella formulazione delle scelte e nell’am-ministrazione dello stesso per cui risulta essenziale che i beni e gli elementi che compongono il patri-monio pubblico siano sempre e unicamente esami-nati e gestiti in funzione di un interesse pubblico (finalizzazione pubblica).Prescindendo dalla classificazione dei beni degli Enti pubblici il carattere che risulta comune ad ogni tipo di bene è quello della limitatezza rispetto ai fini da perseguire e ai bisogni da soddisfare: in base a tale assunto assume importanza il governo e la ra-zionalità delle scelte da operare nel settore della ge-stione del patrimonio: tali scelte devono essere ope-rate ai sensi e per gli effetti dell’art. 151 del TUEL nonché dell’art. 42 sempre del TUEL riguardante le

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competenze dei consigli: si tratta di una serie di atti fondamentali che devono costituire «momento» di una diversa attenzione dell’ente nei confronti della gestione del patrimonio.Le responsabilità riguardanti la conservazione e ge-stione del patrimonio si fondano sull’accertamento di un fatto dannoso. Esso può ricollegarsi sia alla inosservanza di leggi o regolamenti, sia delle regole di buona amministrazione che si fondano su obbli-ghi di diligenza.Le principali materie a cui si fa riferimento trattan-do delle responsabilità sono le seguenti:

- la tenuta dell’inventario e dei titoli e documenti relativi: l’obbligo è previsto dall’art. 230 del TUEL a cui sono chiamati a rispondere personalmente il Sindaco o Presidente della Giunta Provinciale, il Segretario e il Ragioniere. Si configurano respon-sabilità qualora ne derivino danni all’Ente locale: ad esempio la mancata tenuta dell’inventario può determinare o concorrere a creare un danno per eventi lesivi quali l’omessa utilizzazione dei beni o l’abusiva utilizzazione da parte di terzi;

- la diligenza nella conservazione del patrimonio: riguarda il rigoroso rispetto del principio di con-servazione dei beni e dei componenti il patrimonio dell’ente, conservazione volta principalmente ad evitare le perdite di valore o di fruibilità pubblica dei beni stessi;

- l’obbligo di assicurare la redditività dei beni: il con-cetto di redditività deve essere visto sia come atti-tudine del bene ad assicurare un’entrata all’ente lo-cale, sia come possibilità e necessità di destinazione dei beni al soddisfacimento di bisogni della comu-nità locale (Corte dei conti sez. II, 9 maggio 1985, n. 92; sez. I, 20 giugno 1964, n. 32; sez. II, 23 settembre 1976, n. 59; sez. I, 7 giugno 1951, n. 12);

- la disciplina dell’investimento nel patrimonio di cespiti acquisiti al bilancio: le somme provenienti dall’alienazione di beni, da lasciti, da donazioni, ri-scossioni di crediti o comunque da investirsi nel pa-trimonio sono «vincolate» ad investimenti in conto capitale. Si devono considerare al riguardo i nuovi principi contabili allegati al D.Lgs. n. 118/2011 e s.m.i.;

- beni mobili e consegnatari: il riferimento è agli artt. 93 e 233 del TUEL che stabiliscono l’obbligo della resa del conto da parte degli agenti contabili incari-cati della gestione dei beni degli enti locali e la giu-risdizione della Corte dei conti sugli stessi;

- la cassa, gli obblighi di vigilanza, i crediti, i debiti e i residui: riguardano gli obblighi connessi con la corretta gestione del bilancio e quindi riguardanti la cura delle entrate, la vigilanza sulla giacenza di cassa e così di seguito. I compiti dell’organo di revisione rivestono un’importanza notevole, sia nell’esercizio delle funzioni di collaborazione con il Consiglio, sia nell’espletamento dei compiti di vigilanza.

Tra gli elementi patrimoniali attivi occorre conside-rare l’importanza della liquidità di cassa. A questo riguardo occorre richiamare l’obbligo del bilancio di cassa introdotto dal D.Lgs. n. 118/2011 più volte citato e riferito al primo anno del periodo, almeno triennale, di riferimento del bilancio finan-ziario dell’ente.Importante la disposizione dell’art. 209, terzo com-ma, del TUEL in base alla quale ogni deposito, co-munque costituito, è intestato all’ente locale e viene gestito dal tesoriere. In base all’art. 31, comma 34, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 la disposizione si interpreta nel senso che anche le somme rinve-nienti dai mutui assunti con gli istituti di credito, per i quali operi il regime di eccezione dal versa-mento in tesoreria unica (art. 14-bis, legge 12 lu-glio 1991, n. 202), devono essere depositate presso l’ente gestore della tesoreria dell’ente mutuatario. La norma si applica per i mutui stipulati dalla data di entrata in vigore della legge n. 448/1998 e cioè dal 1° gennaio 1999.È necessario anche ricordare la disposizione di cui all’art. 159 del TUEL riguardante le norme sulle esecuzioni nei confronti degli enti locali. Non sono soggette ad esecuzione forzata le som-me di competenza degli enti locali destinate al pagamento delle retribuzioni al personale e dei conseguenti oneri previdenziali, al pagamento delle rate di mutui e prestiti obbligazionari sca-denti nel semestre in corso, al finanziamento dei servizi locali indispensabili. Per l’operatività dei limiti all’esecuzione forzata occorre che l’organo esecutivo, con deliberazione da adottarsi per ogni semestre e notificata al tesoriere, quantifichi pre-ventivamente gli importi delle somme destinate alle suddette finalità. Ultimamente è invalsa da parte dei soggetti creditori di aggirare la norma provvedendo ad attivare le procedure per il recu-pero coattivo delle somme nei confronti del con-cessionario della riscossione a valere sulle somme dovute al comune per la gestione dei ruoli dati in carico allo stesso.

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L’ottica con la quale il legislatore affronta il proble-ma del patrimonio è mutata e continua ad evolversi in termini assolutamente innovativi stante il sempre maggiore rilievo del rapporto patrimonio-gestione rispetto a quanto accertato nel passato.Il D.M. 19 gennaio 1996 (Ministero del Tesoro) emanato in attuazione dell’art. 6 del D.L. 23 settem-bre 1994, n. 547, convertito dalla legge 22 novembre 1994, n. 644, collega l’assunzione di finanziamen-ti sul mercato da parte dell’ente locale alla previa esecutività della delibera di alienazione di beni, nella quale devono essere indicati i valori di stima, i tempi della procedura di alienazione, le motiva-zioni delle relative previsioni, mentre gli articoli 3 della legge 28 dicembre 1996, n. 549 e 14 del D.L. 24 luglio 1996, n. 390, consentono la cessione di aree concesse in diritto di superficie come si dirà di se-guito.L’art. 21 del D.Lgs. n. 50/2016 recante il nuovo co-dice dei contratti disciplina il programma delle acquisizioni delle stazioni appaltanti e rinvia alle disposizioni transitorie di cui all’art. 216 in attesa dell’entrata in vigore del Decreto Ministeriale di cui all’art. 21, comma otto, che deve definire, tra l’altro, le modalità di aggiornamento della programmazio-ne e degli elenchi annuali e l’ordine di priorità nella definizione dei programmi.Gli effetti si manifestano anche nella necessità di adottare nuovi sistemi organizzativi: occorre quindi che le nuove strutture organizzative degli enti pre-vedano un’apposita unità operativa destinata all’e-sercizio delle funzioni collegate con la gestione dei beni demaniali e patrimoniali, tenendo conto che i singoli servizi operativi e finali dovranno assume-re le relative responsabilità direzionali in ordine ai beni del patrimonio e del demanio a loro affidati.A tale riguardo un argomento che merita di essere chiarito è quello del ruolo del servizio di Economa-to che tradizionalmente in molti enti locali assume altresì la responsabilità della direzione e gestione del patrimonio. Le competenze del servizio di econo-mato sono ora determinate con rigorosità dall’art. 153, comma 7, del TUEL e non possono prevede-re funzioni da espletare in ordine al patrimonio dell’ente in quanto tale unità operativa centrale si pone in funzione di «staff» rispetto all’intera strut-tura dell’ente.Aspetti interessanti assume anche la problematica dell’affidamento a terzi di attività relative alla ge-stione del patrimonio: in questo ambito, ove l’ente affidi compiti istituzionali non conferibili a terzi o

ricorra a strutture esterne pur disponendo delle ri-sorse umane in grado di svolgere le attività richieste, si possono determinare, per orientamento consoli-dato della giurisprudenza, ipotesi di responsabilità amministrativa.In tema di gestione del patrimonio immobiliare si possono determinare profili di responsabilità in molte situazioni operative, oltre a quelle come so-pra già ricordate:

• la continuità dell’attività relativa alla ricognizione e regolarizzazione amministrativa del patrimonio;

• l’ottimizzazione dell’impiego dei beni per le esi-genze dell’ente con limitazione del ricorso a loca-zioni passive onerose;

• la programmazione della corretta manutenzione dei beni per evitare il degrado;

• la rigorosa determinazione dei canoni;

• la tutela dell’ente nei confronti delle occupazioni precarie e provvisorie o temporanee da regolariz-zare;

• le operazioni per evitare occupazioni abusive;

• la vigilanza sui terzi per l’applicazione del princi-pio di accessione e l’accertamento dell’incremento patrimoniale per l’ente;

• il corretto svolgimento, soprattutto in termini temporali, dei procedimenti espropriativi;

• la stipulazione di adeguati contratti di assicurazio-ne per la garanzia dei beni di proprietà;

• in tema di gestione del patrimonio mobiliare, la perdita e sottrazione di beni e valori;

• la programmazione degli acquisti con esuberi ri-spetto alle esigenze dell’ente con inutilizzazione dei beni che subiscono in certi casi una rapida obso-lescenza e quindi con configurazione di ipotesi di danno;

• nel patrimonio mobiliare, i crediti di diversa ori-gine e specie, sia per le operazioni di conservazione (atti interruttivi della prescrizione) sia per la frut-tuosità;

• per le partecipazioni azionarie, in ordine al con-trollo della società partecipata e all’adozione di de-cisioni di ricapitalizzazione riferite a perdite o alla concessione di contributi finanziari a ripiano di perdite.

Tra le fattispecie di responsabilità esaminate dalla Corte dei conti si segnalano:

- applicazione dell’equo canone ad immobile ap-

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partenente al patrimonio storico-artistico (Sez. Giur. I, 14 febbraio 1994, n. 37);

- utilizzazione a fini abitativi di locali destinati ad uffici giudiziari (Sez. Giur. Puglia, 2 marzo 1994, n. 22);

- danno conseguente ad omessa manutenzione di strade (Sez. Giur. I, 28 marzo 1994 n. 71);

- costo delle utenze di locali demaniali illegittima-mente usati a fini abitativi (Sez. Giur. Puglia, 14 aprile 1994, n. 33);

- furto di reperti archeologici stabilmente infissi in immobile di interesse storico-artistico (Sez. Giur. I, 1 luglio 1994, n. 118);

- trasferimento a titolo gratuito di immobile ad Ente privato che lo ceda a titolo oneroso ad altra Pubblica Amministrazione (Sez. Giur. Calabria, 21 luglio 1994, n. 34);

- vendita di immobili di proprietà di struttura pub-blica a prezzo inferiore a quello di mercato (Sez. Giur. II, 3 gennaio 1995, n. 1/ord.);

- tolleranza dell’uso gratuito di pascoli comunali (Sez. Giur. I, 20 marzo 1995, n. 41);

- inutilizzazione di immobile preso in locazione (Sez. Giur. II, 6 aprile 1995, n. 10/A);

- trascuratezza nella custodia di locali adibiti a mu-seo civico ed ai beni in esso contenuti (Sez. Giur. II, 28 giugno 1995, n. 68);

- acquisto di immobile fatiscente rimasto inutiliz-zato per inadeguatezza alle finalità cui l’acquisto stesso era preordinato (Sez. Giur. II, 5 ottobre 1995, n. 28/A);

- maggiori oneri contrattuali per l’Ente in caso di cessione di area comunale a fronte dell’obbligo del privato di realizzare un’opera pubblica complessa (Sez. Giur. Lombardia, 15 novembre 1995, n. 1141);

- omessa adozione di mezzi di tutela per edifici sco-lastici (Sez. Giur. Sardegna, 23 novembre 1995, n. 581);

- il rispetto della disciplina contabilistica nelle pro-cedure contrattuali per lavori e forniture e la tenuta puntuale delle scritture inventariali del patrimonio immobiliare costituiscono i presupposti di buon an-damento amministrativo di un ente pubblico (Se-zione Centrale Controllo, 24 settembre 1991, n. 48);

- secondo criteri di corretta gestione del patrimo-nio immobiliare, l’alienazione da parte di un ente pubblico parastatale (nella specie, il CAI) dei cespiti

non più rispondenti alle esigenze istituzionali deve essere preceduta da un realistico programma di pron-to reinvestimento del ricavato, al fine di evitare, da un lato, un possibile depauperamento del patrimo-nio stesso, anche per effetto dell’erosione inflattiva e, dall’altro, l’invio in economia delle somme resesi disponibili, giusta la mancata previsione dei residui di stanziamento nella specifica disciplina contabile (Sez. Centrale Controllo, 31 marzo 1992, n. 14);

- il valore del patrimonio immobiliare di un ente pubblico previdenziale deve rispondere alla realtà economica. Sia per il rispetto dei principi di chia-rezza e veridicità del bilancio, sia per consentire una precisa cognizione e quindi una esatta stima dell’e-quilibrio della gestione previdenziale, sia per perve-nire ad una obiettiva valutazione della redditività e, di conseguenza ad una scelta oculata delle più pro-ficue forme di investimento, è, pertanto, opportuno che, in sede di vigilanza, si ponga allo studio una disciplina generale sulla rivalutazione dei beni im-mobili degli enti previdenziali e vengano comunque adottate adeguate direttive nella “subiecta materia” (Sez. Centrale Controllo, 23 giugno 1987, n. 1924).

Cap. IIGli agenti contabili consegnatari

Rivestono la qualifica di agenti contabili tutti coloro che a qualsiasi titolo, o in qualità di agenti o funzio-nari dell’amministrazione, sono incaricati dell’ero-gazione di pagamenti e della riscossione di somme di pertinenza dell’erario, ovvero coloro che nella qualità di privati concessionari di servizi di tesore-ria, hanno maneggio di pubblico denaro. Sono al-tresì agenti contabili i consegnatari e i magazzinieri di beni o valori appartenenti all’amministrazione.In relazione al contenuto dell’attività svolta e della loro posizione giuridica gli agenti contabili vanno distinti in agenti della riscossione, agenti pagatori e agenti consegnatari di beni pubblici.Presupposto del rapporto contabile connesso con l’attività dell’agente è la sussistenza di una prevista attività gestoria che si concreta in una serie di com-portamenti tendenti ad amministrare una parte de-terminata ed individuata di pubblici beni, valori o denaro.Il consegnatario ha l’obbligo della conoscenza e vi-gilanza su tutti i beni dell’ente. Esso risponde della custodia dei beni presi in carico e non ancora asse-

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gnati ai responsabili dei servizi per l’uso (presenti in magazzino) e della vigilanza generale sui beni dell’ente. A tale scopo può impiegare collaboratori che, qualora svolgano soltanto attività di vigilanza, assumono la qualifica di “sub-consegnatari”.Con il termine “sub-consegnatario” si intende l’a-gente contabile sottoposto a quello principale, con il quale collabora per svolgere le stesse funzioni gestionali in strutture separate, decentrate o co-munque distinte da quelle di competenza del con-segnatario. Non tutti i collaboratori di quest’ultimo assumono la qualifica di sub-consegnatario ma solo coloro che realizzano con autonomia disciplinata la gestione dei beni tenuti in specifici magazzini o ri-guardanti particolari attività.Secondo la disciplina contenuta nel regolamento di contabilità dello Stato (art. 29, R.D. 23 maggio 1924, n. 827) i consegnatari sono personalmente responsabili dei beni ricevuti in custodia; non ri-spondono invece degli oggetti regolarmente dati in uso a impiegati, se non in quanto abbiano omesso di porre in essere la vigilanza che loro incombe in ordine alle attribuzioni del proprio ufficio. Tale di-sciplina dettata per i consegnatari dello Stato non è direttamente applicabile a quelli degli enti locali, in quanto per questi ultimi si manifesta l’autono-mia regolamentare secondo le necessità della loro organizzazione.Al di là delle considerazioni come sopra esposte, i principi da rispettare nella regolamentazione sono tratti da quelli della contabilità pubblica:

- ogni ente deve nominare uno o più consegnatari per tutte le gestioni dei beni, preposti alla custodia di beni non ancora dati in uso;

- ogni consegnatario può avere la collaborazione di altri dipendenti (esercizio della funzione di vigilan-za sui beni assegnati agli uffici in uso); per cui se la collaborazione riguarda anche la custodia dei beni da assegnare in uso si crea la figura del sub conse-gnatario. Il consegnatario tiene una propria con-tabilità dei beni avuti in custodia da collegare con le scritture inventariali dell’ente e al conto annuale del medesimo, riguardante la personale gestione dei beni avuti in custodia, deve essere allegato l’inven-tario generale dei beni dell’ente per le categorie cui il conto si riferisce.

In base a tali principi si possono trarre le seguenti principali valutazioni conclusive: le funzioni del consegnatario consistono nella custodia dei beni mobili avuti in carico fino all’assegnazione per l’uso o la destinazione data dall’amministrazione

nonché nella vigilanza sui beni mobili assegnati in uso ai vari uffici con individuazione della respon-sabilità in capo al contabile insieme a coloro che usano il bene. L’obbligo di rendere il conto è fina-lizzato pertanto a consuntivare la gestione dei beni mantenuti in custodia e la compilazione e la resa del conto giudiziale costituiscono l’adempimento più importante che l’agente di diritto e di fatto è tenuto ad assolvere.Il conto giudiziale può essere definito come il do-cumento che in forma descrittiva e numerica pro-spetta analiticamente e sinteticamente atti e fatti di gestione, distinti per il carico (entrate) e per il disca-rico (uscite), e indica alla chiusura le registrazioni delle rimanenze da riprendersi nel carico successivo, attuando così un collegamento fra la contabilità e i diversi gestori succedutisi nel tempo.Il conto è strutturato in due parti sulla base della modulistica approvata con D.P.R. n. 194/1996. La prima parte, quella del carico, va annotata la consi-stenza dei beni o l’ammontare dei valori esistenti a inizio di gestione ed eventuali variazioni in aumen-to intervenute successivamente mentre nella secon-da parte, quella dello scarico, tutte le variazioni in diminuzione nonché le perdite o deterioramenti verificatisi durante il periodo considerato. Il risul-tato delle operazioni di cui sopra è riportato nel ca-rico del documento dell’anno successivo al fine di garantire il principio della continuità della gestione.Le operazioni relative ai fatti gestionali riguardanti sia il carico sia lo scarico vanno giustificate median-te idonea documentazione che deve consistere in atti, attestazioni, verbali e quanto altro possa pro-venire dal concorso di più persone che conferisco-no attendibilità alla documentazione medesima. Il conto giudiziale, sottoscritto dal contabile, unita-mente ai documenti giustificativi, è presentato alla Corte dei conti.Anche i contabili, consegnatari, magazzinieri ed al-tri funzionari che maneggiano o hanno in consegna materie, beni, bollettari e altre cose della pubblica amministrazione, presentano il conto giudiziale della propria gestione all’Amministrazione da cui dipendono. Sono esentati dall’obbligo della resa del conto i consegnatari di beni per solo debito di vigi-lanza e non responsabili delle operazioni di gestione riguardanti i beni medesimi.Il conto giudiziale dei contabili di materie deve di-mostrare il debito per le materie e gli oggetti esistenti al principio dell’esercizio o della gestione, gli oggetti e le materie ricevuti in consegna nel corso dell’eserci-zio o della gestione, il credito per gli oggetti e le ma-

area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile

1684

terie distribuite, somministrate o altrimenti esitate ed infine le materie e gli oggetti che sono rimasti al termine dell’esercizio e della gestione.La struttura del conto è perciò finalizzata ad eviden-ziare soltanto la movimentazione dei beni custoditi dal contabile nel magazzino. Tutte le operazioni di entrata, di uscita, di trasformazione e di consuma-zione di materie o di oggetti, devono essere giustifi-cate nei conti dai documenti che, in conformità dei regolamenti vigenti, comprovino la regolarità delle operazioni. Per gli altri beni sui quali si svolge la funzione di vigilanza generale non si ha presenta-zione di conto giudiziale.Gli agenti contabili sono richiamati dall’art. 93 del TUEL che prevede la responsabilità contabile nei confronti del tesoriere e di ogni altro agente con-tabile che abbia maneggio di pubblico denaro o sia incaricato della gestione dei beni pubblici degli enti locali.Occorre fare riferimento anche al soggetto che eserci-ta i diritti dell’azionista di parte pubblica nella gestio-ne delle società di capitali a partecipazione pubblica. Dalla natura delle funzioni e dei doveri incombenti su tale rappresentante si profila il ruolo di agente contabile per lo stesso. Per l’accertamento delle re-sponsabilità occorre che avendo violato uno specifico dovere di servizio, con dolo o colpa grave, sia derivato all’ente un danno economico-patrimoniale.Di particolare interesse in materia di resa del conto giudiziale in caso di società partecipate è il parere 24 marzo 2010 - Sezione regionale di controllo per la Toscana (Delibera n. 17/2010) su richiesta formula-ta dal Sindaco del Comune di Firenze in merito alla corretta interpretazione del concetto di agente con-tabile esterno. In particolare, la richiesta è suddivisa in due quesiti:

a) se, ed eventualmente in capo a chi, sorga l’ob-bligo di resa del conto giudiziale in caso di società partecipate che non emettono i certificati rappre-sentativi delle azioni o nel caso di società quotate in borsa i cui titoli azionari sono dematerializzati, stante l’assenza del materiale possesso, custodia o deposito dei titoli azionari;

b) chi debba essere individuato quale agente conta-bile obbligato alla resa del conto giudiziale di titoli azionari di proprietà dell’ente depositati presso le so-cietà partecipate (rappresentante legale della società o materiale depositario dei titoli) e se colui che è stato nominato possa delegare altri alla sua funzione.

Oltre al consegnatario e al rappresentante dell’ente, nelle assemblee delle società a partecipazione pub-

blica, possono assumere la natura di agente contabi-le a materia gli amministratori e i funzionari prepo-sti alla gestione di apposite strutture che l’ente abbia costituito per l’amministrazione di beni mobili ed immobili. L’art. 93 introduce infatti l’agente con-tabile per chi sia incaricato della gestione dei beni degli enti locali.A tali agenti di diritto sono assimilati coloro che si ingeriscono negli incarichi attribuiti agli stessi (agenti di fatto). La norma richiama la necessità della resa del conto ed indica nella Corte dei con-ti l’organo giurisdizionale competente ad accertare eventuali responsabilità e ad effettuare il giudizio sui conti secondo le vigenti disposizioni.Nell’ordinamento contabile e finanziario di cui alla parte II del Testo unico, l’art. 233 è dedicato espres-samente ai conti degli agenti contabili interni. Entro il termine di trenta giorni dalla chiusura dell’eserci-zio finanziario, l’economo, il consegnatario di beni e gli altri soggetti di cui all’art. 93, comma 2, del Testo unico rendono il conto della propria gestione all’ente locale.Compito dell’ente è quello di depositarlo presso la segreteria della competente Sezione Giurisdiziona-le della Corte dei conti entro un mese da quando è divenuta esecutiva la deliberazione di approvazio-ne del rendiconto della gestione di cui all’art. 227 del TUEL. Gli stessi allegati possono anche essere trasmessi tramite strumenti informatici, previa de-finizione delle modalità con appositi protocolli di comunicazione.Gli agenti contabili, a denaro e a materia, allegano al conto i seguenti principali documenti riguar-danti in sintesi il provvedimento di legittimazione del contabile, la lista per tipologie di beni, la copia degli inventari tenuti dagli agenti contabili, la docu-mentazione giustificativa della gestione, i verbali di passaggio di gestione, le verifiche e i discarichi am-ministrativi e per annullamento, variazioni e simili ed eventuali altri documenti richiesti dalla Corte dei conti.Nell’ambito degli altri documenti oggetto di esame da parte dell’organo giurisdizionale figurano il con-to della gestione dell’agente contabile e il quadro riassuntivo delle riscossioni da parte dei sub-agenti contabili, fatta eccezione dei soggetti che non hanno posto in essere una reale attività gestoria in ordine al denaro, come già visto in precedenza (semplice obbligo di vigilanza e custodia), il conto della ge-stione dell’agente contabile consegnatario di azioni, designato a curare i diritti dell’ente come azionista nell’assemblea della società, il conto della gestione

il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27

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dell’economo e il conto della gestione del conse-gnatario dei beni. Quest’ultimo conto comprende la descrizione del bene, gli estremi di inventario dello stesso (categoria, numero, unità di misura), la consistenza al primo gennaio, il carico, lo scarico, la consistenza al 31/12 (sempre per quantità e valore).

TITOLO V

I beni demaniali e i beni patrimoniali: elementi di amministrazione

Cap. IBeni demaniali e patrimoniali

La differenza concettuale tra le due categorie dei beni demaniali e dei beni patrimoniali è sufficien-temente definita: il demanio è composto dai beni destinati all’uso pubblico generale e diretto mentre il patrimonio è costituito dai beni che offrono una utilità pubblica indiretta. In concreto la distinzione non risulta sempre agevole anche perché la dottrina non è riuscita a delineare con sicurezza i caratteri distintivi dell’una e dell’altra categoria.La questione è stata risolta dal diritto positivo all’art. 822 del Codice civile che fornisce l’elencazio-ne dei beni demaniali, mentre l’art. 826 considera come patrimoniali i beni che non siano della specie di quelli indicati negli articoli precedenti.Occorre ora chiedersi a quale titolo lo Stato e gli al-tri enti pubblici detengono i propri beni: cioè quale rapporto intercorra tra l’ente e i beni.Nei confronti dei beni demaniali gli enti esercita-no un diritto di natura particolare che può essere definito di «demanialità», delineato con rigorosità dal diritto positivo. La causa dell’esistenza di un complesso di beni demaniali risiede nella necessità di disporre di beni che non siano di proprietà indi-viduale (beni collettivi) per assicurare il raggiungi-mento di finalità pubblicistiche.Le caratteristiche dei beni demaniali possono essere così definite:

- sono immobili, ad eccezione delle universalità di mobili e dei diritti reali costituiti per l’utilità di beni demaniali. Sono anche demaniali le per-tinenze;

- sono «incommerciabili» e risulta compresa in que-sta caratteristica quella della inalienabilità;

- non possono essere venduti né formare oggetto di

diritti a favore di terzi. La non commerciabilità dei beni non esclude peraltro la possibilità della costitu-zione di diritti a favore di terzi su di essi.

Nella caratteristica di incommerciabilità dei beni demaniali rientrano, oltre alla inalienabilità, l’im-prescrittibilità, la non espropriabilità del bene e la non imponibilità tributaria.

In ordine ai beni demaniali si può avere un uso ge-nerale, particolare, speciale ed eccezionale:

- generale è l’uso connesso con la destinazione del bene a favore di tutti i soggetti in modo diretto e generalizzato;

- particolare è l’uso consentito solo ad alcuni singoli previa ammissione eventualmente accompagnata dal versamento di una somma di denaro (musei, autostrade, ecc.);

- speciale è l’uso caratterizzato dal godimento del bene a titolo particolare da parte di un singolo me-diante provvedimento autorizzatorio. La destina-zione del bene a utilità generale è così parzialmente limitata;

- eccezionale è l’uso che esclude la fruizione generale del bene e si realizza mediante il provvedimento di concessione.

La maggior parte degli autori distingue le conces-sioni costitutive, destinate a creare nel privato situa-zioni soggettive nuove, da quelle traslative, destinate a trasferire al privato poteri propri dell’ente conce-dente. Quest’ultime sono considerate dalla dottrina più rispondenti alla natura e ai caratteri delle con-cessioni di beni.Le concessioni sono caratterizzate dall’attribuzio-ne patrimoniale e possono essere distinte anche in concessioni di produzione, destinate a conferire un bene (all’impresa) e ad attribuire un diritto di godimento di beni altrui (all’imprenditore), con-cessioni di beni, quando l’oggetto è la cosa, il bene e concessioni di beni attrezzati, quando l’oggetto è un bene, non preso in sé, ma in quanto idoneo ad essere impiegato nell’esercizio di un pubblico servizio.Il rapporto di concessione pur essendo nella mag-gior parte dei casi disciplinato da un atto ammi-nistrativo è anche regolato da un disciplinare con-trattuale. L’atto di concessione è indispensabile e si pone come presupposto dell’atto negoziale privato e in conseguenza sono presenti due atti: uno unila-terale della pubblica amministrazione (atto di con-cessione), e la disciplina contrattuale tra il privato e la pubblica amministrazione destinata a regolare il

area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile

1686

rapporto che si instaura in dipendenza della conces-sione perfezionata.La demanialità avrà inizio con l’esistenza del bene per il demanio naturale e con la destinazione all’u-so proprio dei beni demaniali per il demanio ar-tificiale.Gli elenchi dei beni demaniali hanno natura di atti dichiarativi o ricognitivi della demanialità.Il regime dei beni demaniali è caratterizzato altresì, dalla cosiddetta “autotutela” intesa come la facoltà dell’amministrazione cui il bene appartiene di fare ricorso, in caso di turbative, molestie o spoglio, a strumenti di diritto pubblico oltre a quelli ordinari previsti dal Codice Civile. I provvedimenti di auto-tutela consisteranno prevalentemente in atti di dif-fida diretti alla riduzione in pristino, allo sgombero di locali, all’eliminazione di azioni e attività svolte in conflitto con la funzione di utilità generale del bene demaniale.Per la cessazione della demanialità dei beni appar-tenenti al demanio artificiale è indispensabile un atto amministrativo che riconosca la cosiddetta «sdemanializzazione» (anche chiamata sclassifica-zione o semplicemente trasferimento del bene dal demanio al patrimonio dell’ente proprietario). Il bene sdemanializzato non diviene una cosa comu-ne ma resta proprietà dell’ente nella qualità di bene patrimoniale.Si è già detto che la definizione di beni patrimoniali è data dal diritto positivo in via negativa.In prima approssimazione si può sostenere che i beni patrimoniali sono quelli che appartengono all’ente a titolo di proprietà privata anche se la di-sciplina dei beni patrimoniali si diversifica da quella dei beni di diritto comune in particolare per quelli del cosiddetto patrimonio indisponibile. Occor-re tenere presente che i beni patrimoniali, anche quando offrono delle utilità indirette, concorrono con il demanio per il raggiungimento delle finalità pubbliche proprie dell’ente proprietario. Tali utilità indirette possono essere rappresentate dal reddito o dalle economie che consentono in relazione all’u-tilizzo.I modi di acquisto dei beni patrimoniali, oltre a quelli tipici del diritto privato sono individuabili in modi tipici di diritto pubblico tra i quali i seguenti:

- sclassificazione, cioè passaggio di un bene dal de-manio al patrimonio;

- appropriazione dei beni immobili vacanti (art. 827, Codice Civile);

- espropriazione per causa di pubblica utilità;

- devoluzione di beni per debito d’imposta;

- requisizione in proprietà di beni mobili;

- confisca prevista da leggi penali e amministra-tive;

- successione legittima (art. 586, Codice Civile);

- riversibilità di beni costruiti ed esercitati in regime di concessione allo scadere delle concessioni conte-nenti apposita clausola al riguardo.

Anche l’estinzione della patrimonialità può ave-re luogo nei modi di diritto privato o nei seguenti principali di diritto pubblico: l’espropriazione a favore di enti diversi, il riconoscimento della dema-nialità, la retrocessione di beni già espropriati che non siano serviti allo scopo che aveva motivato l’e-spropriazione ed infine l’espropriazione per esecu-zione forzata per i beni disponibili.Il passaggio di un bene dal patrimonio indisponibi-le a quello disponibile avviene mediante un verbale di «dismissione» che assume il valore di atto dichia-rativo della cessazione della destinazione del bene ad un servizio pubblico. La principale distinzione tra i beni patrimoniali è quella che li differenzia tra beni del patrimonio disponibile o indisponibile in dipendenza della destinazione e delle finalità. La de-stinazione di un certo bene ad un pubblico servizio è il presupposto per il riconoscimento dell’indispo-nibilità del bene medesimo.La giurisprudenza è orientata ad estendere anche ai beni del patrimonio indisponibile i mezzi di auto-tutela che il Codice Civile (art. 823) prevede per i beni demaniali.In contabilità di Stato ogni bene è dato in consegna ad un «agente» che ne diviene responsabile. Nel caso di beni immobili la responsabilità dell’am-ministrazione finanziaria (consegnataria dei beni non destinati ad uso specifico) cessa nel momento in cui si effettua la consegna e sorge, nello stesso momento, quella dell’amministrazione alla quale spetta l’utilizzazione del bene (annotazione e ri-levazione nell’inventario dell’amministrazione di destinazione).Relativamente agli enti locali la responsabilità in ordine all’utilizzo dei beni immobili deve essere individuata facendo riferimento ai «servizi» su cui si fonda la struttura organizzativa dell’ente e indi-cando le persone che risultano titolari delle relative responsabilità nella gestione.

il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27

1687

Cap. III beni confiscati nella lotta alla mafia

L’art. 1, ai commi 201 e 202 della legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296), prevede un ampliamento della possibilità di utilizzo dei beni confiscati di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575 - disposizioni contro la mafia. In particolare il comma 202 prevede la possibilità di utilizzo per gli enti territoriali: i beni immobili sono trasferiti per finalità istituzionali o sociali in via priorita-ria al patrimonio del Comune ove l’immobile è sito, ovvero al patrimonio della Provincia o della regione.Gli enti territoriali possono amministrare diretta-mente il bene o assegnarlo in concessione a titolo gratuito a comunità, enti e associazioni maggior-mente rappresentative degli enti locali; le organiz-zazioni di volontariato (legge 11 agosto 1992, n. 266), le cooperative sociali (legge 8 novembre 1991, n. 381), le comunità terapeutiche e centri di recu-pero e cura di tossicodipendenti (D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309) e le associazioni ambientalistiche (art. 13, legge 8 luglio 1986, n. 349).Se entro un anno dal trasferimento l’ente territo-riale non ha provveduto alla destinazione del bene, il prefetto nomina un commissario con poteri so-stitutivi.Il comma 210 disciplina l’accertamento di confor-mità delle destinazioni d’uso degli immobili statali. L’Agenzia del demanio individua i beni di proprie-tà dello Stato per il quale si rende necessario l’ac-certamento di conformità delle destinazioni d’uso esistente per funzioni di interesse statale. L’elenco è inviato al Ministero delle Infrastrutture che, a sua volta, lo trasmette alla regione competente che procede alla verifica di conformità e di compatibi-lità urbanistica con i Comuni interessati. Il comma 212 prevede anche gli adempimenti e le procedure in caso di mancato parere positivo da parte delle regione.I commi 214-216 disciplinano l’uso degli immobili statali da parte di enti terzi. In particolare il com-ma 214 delimita il concetto di strumentalità di un immobile statale. È attribuita all’Agenzia del dema-nio la verifica della sussistenza dei requisiti previsti dalla legge all’atto dell’assegnazione o attribuzione e successivamente l’accertamento periodico della permanenza di tali condizioni o della suscettibilità del bene a rientrare in tutto o in parte nella dispo-nibilità dello Stato.Per i beni immobili statali assegnati in uso gratuito

alle amministrazioni pubbliche è vietata la dismis-sione temporanea.Il comma 218 aggiunge un comma all’art. 214-bis del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 recante “Nuovo co-dice della strada”. Tutte le trascrizioni ed annotazio-ni nei pubblici registri relativi ad atti posti in essere in attuazione delle operazioni di confisca o seque-stro di veicoli, sono esenti, per le amministrazioni dello Stato, da qualsiasi tributo ed emolumento.I commi da 250 a 258 riguardano le concessioni demaniali marittime, la determinazione dei cano-ni annui di concessione con finalità turistico - ri-creativo, la determinazione dei Comuni delle aree dedicate alla nautica da diporto e la durata delle concessioni.In relazione alla valorizzazione del patrimonio im-mobiliare pubblico il comma 259 inserisce un nuo-vo articolo nella legge 23 novembre 2001, n. 410, recante disposizioni urgenti in materia di priva-tizzazione e valorizzazione del patrimonio immo-biliare, pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare. La nuova disposizione riguarda la valorizzazione ed utilizzazione a fini economici dei beni immobili tramite concessione o locazione. Si tratta di beni immobili di proprietà dello Stato.Agli enti territoriali interessati al procedimento di valorizzazione degli immobili è riconosciuta una somma non inferiore al 50 per cento e non supe-riore al 100 per cento del contributo di costruzione.Il comma 262 inserisce ulteriori norme alla legge 410/2001 conversione del D.L. 351/2001 in parti-colare finalizzato alla valorizzazione dei beni statali d’intesa con gli enti territoriali.L’Agenzia del demanio può individuare d’intesa con gli enti territoriali, una pluralità di beni immobili per i quali è attivato un processo di valorizzazione, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale. Elemento prioritario di individuazione nell’ambito dei programmi di valorizzazione, è la suscettibili-tà d’impiego dei beni immobili pubblici mediante concessione d’uso o locazione, nonché l’allocazione di funzioni di interesse sociale, culturale, sportivo, ricreativo, per l’istruzione, la presenza di attività o di solidarietà per il sostegno delle politiche giovanili e delle pari opportunità.Il comma 694 abroga i commi della legge Finanzia-ria 2006 (commi 23, 24, 25, 26 dell’art. 1 della legge 23.12.2005, n. 266) che stabilivano limiti all’acqui-sto di beni immobili. In particolare, d’interesse degli enti locali è l’abrogazione del comma 24 che stabili-

area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile

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va limiti all’acquisizione degli immobili da parte di province e comuni.

Cap. IIIVerifica dell’interesse culturale del patrimonio immobiliare pubblico

Nell’ambito delle disposizioni urgenti in materia di conti pubblici, con l’art. 27 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, recante disposizioni urgenti per favo-rire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici, convertito in legge 24 novembre 2003, n. 326, sono state previste norme per la veri-fica dell’interesse culturale del patrimonio immo-biliare pubblico, compreso quello degli enti locali, verifica per la quale il “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, emanato con il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, ha stabilito con l’art. 12 la nuova disci-plina, fermo restando quanto previsto dall’art. 27, commi 8, 10, 12, 13 e 13-bis della legge n. 326/2003, sopracitata.Le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, alle province, alle città metropolitane, ai comuni e ad ogni altro ente od istituto pubblico, soggette alla disciplina del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, sono sottoposte alla tutela disposta da tale di-sciplina fino a quando la sussistenza dell’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico sia verificata dalle soprintendenze, d’ufficio o su ri-chiesta dei soggetti proprietari, sulla base di indi-rizzi generali stabiliti dal Ministero per i beni e le attività culturali.Qualora dalla verifica risulti che per le cose finora soggette a tutela non sussiste l’interesse sopra ri-chiamato, le stesse sono escluse dall’applicazione della disciplina di tutela di cui al D.Lgs. n. 42/2004. Le Soprintendenze comunicano l’esito negativo della verifica all’ente proprietario che ne dispone la sdemanializzazione, qualora non ostino altri motivi di pubblico interesse. Avvenuta la sdemanializza-zione le cose immobili e mobili in precedenza indi-cate sono liberamente alienabili.I beni dei quali sia riscontrato, in conformità agli indirizzi ministeriali, l’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico restano definiti-vamente sottoposti alle disposizioni di tutela.La soprintendenza regionale, sulla base delle istrut-torie e dei pareri delle soprintendenze di settore competenti, formulati entro il termine perentorio di trenta giorni dalla richiesta, conclude il proce-

dimento di verifica dell’interesse culturale del bene con provvedimento motivato del quale dà comuni-cazione entro sessanta giorni dal ricevimento della scheda descrittiva del bene, che per gli enti pubblici territoriali è allegata alla richiesta di verifica dagli stessi presentata.Le procedure di valorizzazione e dismissione previ-ste dai commi 15 e 17 dell’art. 3 del D.L. n. 351/2001, convertito con legge n. 410/2001, dai commi da 3 a 5 dell’art. 84 della legge n. 289/2002 si applicano ai beni che risultano alienabili dopo la verifica dell’in-sussistenza di interessi culturali.

TITOLO VI

Alienazione e valorizzazione del patrimo-nio disponibile degli enti locali

Cap. ILa disciplina legislativa ordinaria

L’art. 3 della legge n. 403/1990, come modificato dall’art. 7 della legge n. 68/1993 e dall’art. 6 della legge n. 644/1994, reca norme in materia di aliena-zione del patrimonio disponibile degli enti locali e stabilisce che le province, i comuni, le comunità montane e i loro consorzi sono autorizzati ad alie-nare il patrimonio disponibile per la realizzazione di opere pubbliche, il finanziamento delle perdite di gestione delle aziende pubbliche di trasporto nonché per i fini indicati, allora, dall’art. 242 della legge 24 aprile 1989, n. 144 (riconoscimento e co-pertura debiti fuori bilancio).I comuni e le province possono altresì procedere all’alienazione del patrimonio di edilizia residen-ziale di loro proprietà anche se hanno beneficiato di contributi in conto capitale o in conto interessi dello Stato o delle regioni.Nell’acquisto hanno priorità assoluta coloro che ne fanno uso legittimo mediante contratto di af-fitto, concessione o comodato, sono concedibili mutui ipotecari ai cessionari fino al 90 per cento del valore di cessione, gli enti che alienano i beni possono prestare garanzia parziale agli istituti mu-tuanti in misura non superiore al 40 per cento del prezzo di cessione, i proventi dell’alienazione sono utilizzabili per le finalità già indicate ed infine nel caso di alienazioni di valore non inferiore a 500 milioni di lire - euro 258.228,45, almeno il 50 per

il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27

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cento del ricavato deve essere destinato a interven-ti di edilizia economica e popolare, pena l’esclu-sione dai programmi regionali e nazionali per i successivi nove anni.Gli enti locali che hanno deliberato le alienazioni possono ricorrere a finanziamenti presso istituti di credito nonché utilizzare in termini di cassa, salvo reintegro, le somme a specifica destinazione, fat-ta eccezione per i trasferimenti di enti del Settore Pubblico allargato e per i ricavati di mutui.Gli enti locali sono autorizzati a negoziare con gli istituti di credito, individuati come si dirà di se-guito, aperture di credito a fronte di deliberazioni di alienazione di beni di proprietà, con le seguenti modalità:

- le deliberazioni devono riportare i valori di stima dei beni da alienare;

- gli utilizzi delle aperture di credito, per gli enti soggetti alle disposizioni sulla Tesoreria Unica, sono versati nella contabilità fruttifera aperta pres-so la Tesoreria Provinciale dello Stato e sono uti-lizzabili per le finalità già sopra viste, nonché per spese di manutenzione straordinaria o per altre spese in conto capitale incrementative del patri-monio dell’ente;

- ai rimborsi degli utilizzi, compresi gli oneri, si provvede con il ricavato delle alienazioni;

- i debiti per utilizzi delle aperture di credito sono assistiti anche da garanzia costituita da delegazioni di pagamento, mentre non godono di alcuna ga-ranzia da parte dello Stato. La garanzia opera al-lorché entro 24 mesi dalla data del primo utilizzo le alienazioni non siano state realizzate.

L’art. 193 del TUEL, al terzo comma prevede che ai fini del comma 2 (salvaguardia degli equili-bri), fermo restando quanto stabilito dall’art. 194, comma 2, possono essere utilizzate per l’anno in corso e per i due successivi le possibili economie di spesa e tutte le entrate, ad eccezione di quelle provenienti dall’assunzione di prestiti e di quelle con specifico vincolo di destinazione, nonché i proventi derivanti da alienazione di beni patrimo-niali disponibili e da altre entrate in c/capitale con riferimento a squilibri di parte capitale.

Cap. IIPolitica delle dismissioni immobiliari in funzione del perseguimento dell’equilibrio economico

1. Economicità, razionalità economica, aziendaliz-zazione

Appare utile riportare alcuni contenuti della deli-berazione della Sezione Regionale di controllo per la Toscana della Corte dei conti n. 5/2003, relativi alle dismissioni immobiliari per il perseguimento dell’equilibrio economico.I rinnovati canoni di gestione degli enti tradotti nella normativa contabile del nuovo ordinamento pongono un marcato accento sui profili di econo-micità, imponendo una completa gamma di stru-menti e procedure idonei a favorire la programma-zione delle risorse (e la coerente implementazione degli interventi di spesa) in un assetto coordinato di “sistema”; aspetti, questi ultimi, chiaramente mira-ti ad assicurare, a regime, piena efficacia nei servizi ed efficienza e razionalità economica nell’impiego delle risorse.Sotto quest’ultimo aspetto, un’importante novità si ritrae, per la prima volta, dall’esplicito richiamo che il nuovo ordinamento contabile fa ai principi di economicità e razionalità economica (costi/benefi-ci), non più relegati a mera e “suggestiva” espressio-ne di principio come nella superata legislazione, ma tradotti in prassi operative, mediante l’adozione di strumenti tecnico-contabili e procedurali mutuati dalle scienze ragionieristiche.Ne scaturisce una rinnovata configurazione anche del modello organizzativo interno dell’ente locale, tenuto conto degli inevitabili riflessi che il nuovo assetto contabile viene a proporre sul sistema co-ordinato dei soggetti operanti all’interno dell’ente nel ciclo della programmazione, della gestione e del controllo delle risorse (es. organi dirigenziali, col-legio dei revisori, nuclei di valutazione, sistema dei controlli interni).È da considerare, quindi, come la spiccata caratte-rizzazione “aziendale” che emerge dal nuovo mo-dello ordinativo d’autonomia, non muti né violi in alcun modo la peculiarità istituzionale propria degli enti locali, ma impone loro il solo adeguamento ad una nuova filosofia, ispirata ai principi propri della razionalità economica: fermo restando, per taluni dei loro servizi, i puntuali connotati di disciplina regolati dalla stessa legislazione.In tale prospettiva, un ruolo di assoluta centra-

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lità è da ascrivere alla verifica della cura e della gestione attiva del patrimonio in dotazione, pur nella considerazione che la riforma dell’assetto gestionale e contabile trova nel sistema di scrit-ture economico-patrimoniale e nella rinnovata attenzione per le rilevazioni inventariali, anche il complemento indispensabile a realizzare una maggiore efficacia, dal momento che la contabilità economico-patrimoniale assolve anche al compito di fornire ai soggetti titolari delle scelte gestionali (in termini analoghi a qualunque organizzazione, pubblica come privata), quella gamma di notizie e dati essenziali a produrre valutazioni e scelte il più possibile “ponderate”, nonché rispondenti anche ai canoni dell’efficienza e dell’economicità, in una accezione aziendalistica.Più in particolare la dichiarata centralità posta dal nuovo ordinamento contabile al valore del patri-monio immobiliare impiegato nei singoli processi della gestione, ed il suo peso cruciale quale compo-nente di costo da rapportare all’equilibrio economi-co dell’ente, pongono al centro dello studio il tema dell’ammortamento patrimoniale.Senza qui soffermarsi anticipatamente su questio-ni di elevata complessità concettuale e di incerta configurazione teorica, rimane il dato obiettivo e verificato per cui, da una accorta contabilizzazione della voce di costo per ammortamenti e dalla stessa corretta stima del valore dei cespiti in dotazione, di-pende, in buona misura, la corretta valutazione - sia pure approssimativa e di stima - del risultato econo-mico dell’esercizio.

2. Le limitazioni alla spesa per manutenzione ordi-naria e straordinaria

L’art. 8 del D.L. 78/2010 convertito dalla legge 122/2010 recante “Razionalizzazione e risparmi di spesa delle amministrazioni pubbliche” prevede che il limite previsto dall’art. 2, comma 618, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 per le spese annue di ma-nutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili utilizzati dalle amministrazioni centrali e periferi-che dello Stato a decorrere dal 2011 è determina-to nella misura del 2 per cento del valore dell’im-mobile utilizzato. Resta fermo quanto previsto dai commi da 619 a 623 del citato art. 2 e i limiti e gli obblighi informativi stabiliti, dall’art. 2, comma 222, periodo decimo ed undicesimo, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.Le deroghe ai predetti limiti di spesa sono concesse dall’Amministrazione centrale vigilante o compe-

tente per materia, sentito il Dipartimento della Ra-gioneria generale dello Stato. Le limitazioni non si applicano nei confronti degli interventi obbligatori ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 recante il “Codice dei beni culturali e del paesaggio” e del D.Lgs. concernente la sicurezza sui luoghi di lavoro.Per le Amministrazioni diverse dallo Stato, è compito dell’organo interno di controllo verifi-care la correttezza della qualificazione degli in-terventi di manutenzione ai sensi delle richiama-te disposizioni.Ai fini della tutela dell’unità economica della Re-pubblica e nel rispetto dei principi di coordinamen-to della finanza pubblica, previsti agli artt. 119 e 120 della Costituzione, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, gli enti locali, nonché gli enti da questi vigilati, le aziende sanitarie ed ospedalie-re, nonché gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, sono tenuti ad adeguarsi ai principi de-finiti dal comma 15 dello stesso art. 8, stabilendo misure analoghe per il contenimento della spesa per locazioni passive, manutenzioni ed altri costi legati all’utilizzo degli immobili.

3. Le limitazioni alla locazione ed all’acquisto di immobili

L’art. 1, comma 138 e seguenti, della legge di sta-bilità 2013 interviene sulla disciplina in materia di patrimonio pubblico. Sono apportate modifi-che all’art. 12 del D.L. n. 98/2011, conv. in legge n. 111/2011, inserendo nuovi commi dopo il primo: a decorrere dal 1° gennaio 2014 nel caso di operazioni di acquisto di immobili, ferma restando la verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica, l’emanazione del decreto previsto dal primo com-ma è effettuata anche sulla base della documentata indispensabilità e indilazionabilità attestata dal re-sponsabile del procedimento.La congruità del prezzo è attestata dall’Agenzia del demanio, previo rimborso delle spese fatto salvo quanto previsto dal contratto di servizi stipulato ai sensi dell’art. 59 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, e s.m.Sempre a decorrere dal 1° gennaio 2014 al fine di pervenire a risparmi di spesa ulteriori rispetto a quelli previsti dal patto di stabilità interno, gli enti territoriali e gli enti del Servizio sanitario nazionale effettuano operazioni di acquisto di immobili solo ove ne siano comprovate documentalmente l’in-dispensabilità e l’indilazionabilità attestate dal re-sponsabile del procedimento.

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Delle predette operazioni è data preventiva notizia, con l’indicazione del soggetto alienante e del prezzo pattuito, nel sito internet istituzionale dell’ente.Per l’anno 2013 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato del-la pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché le autorità in-dipendenti, ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), non possono acquistare immobili a titolo oneroso né stipulare contratti di locazione passiva salvo che si tratti di rinnovi di contratti, ovvero la locazione sia stipu-lata per acquisire, a condizioni più vantaggiose, la disponibilità di locali in sostituzione di immobili dismessi ovvero per continuare ad avere la dispo-nibilità di immobili venduti.Sono fatte salve dalle disposizioni precedenti, ferme restando la verifica del rispetto dei saldi struttura-li di finanza pubblica e le finalità di contenimento della spesa pubblica, le operazioni di acquisto desti-nate a soddisfare le esigenze allocative in materia di edilizia residenziale pubblica.Sono fatte salve dalle disposizioni citate le ope-razioni di acquisto previste in attuazione di pro-grammi e piani concernenti interventi speciali realizzati al fine di promuovere lo sviluppo econo-mico e la coesione sociale e territoriale, di rimuo-vere gli squilibri economici, sociali, istituzionali e amministrativi del Paese e di favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona in conformità al quinto comma dell’art. 119 della Costituzione e fi-nanziati con risorse aggiuntive ai sensi del D.Lgs. 31 maggio 2011, n. 88.Si apportano altresì alcune modifiche all’art. 33 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Ferme restando le misure di contenimento della spesa già previste dalle vigenti disposizioni, negli anni 2013 e 2014 le amministrazioni pubbliche in-serite nel conto economico consolidato della pub-blica amministrazione, come individuate dall’Isti-tuto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e s.m., nonché le autorità indipendenti e la Commis-sione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) non possono effettuare spese di ammontare supe-riore al 20 per cento della spesa sostenuta in media negli anni 2010 e 2011 per l’acquisto di mobili e arredi, se non destinati all’uso scolastico e dei ser-vizi all’infanzia, salvo che l’acquisto sia funzionale alla riduzione delle spese connesse alla conduzione

degli immobili. In tal caso il collegio dei reviso-ri dei conti o l’ufficio centrale di bilancio verifica preventivamente i risparmi realizzabili, che devono essere superiori alla minore spesa derivante dall’at-tuazione del comma 141 della legge n. 228/2012. La violazione della disposizione è valutabile ai fini della responsabilità amministrativa e disciplinare dei dirigenti.L’art. 56-bis del decreto n. 69/2013 prevede nor-me relative alla semplificazione delle procedure in materia di trasferimenti di immobili agli enti territoriali. Il primo comma prevede che il trasfe-rimento in proprietà, a titolo non oneroso, a co-muni, province, città metropolitane e regioni dei beni immobili di cui all’art. 5, comma 1, lettera e), e comma 4, del D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85, siti nel rispettivo territorio, è disciplinato dall’art. 56-bis in argomento.Sono esclusi dal trasferimento i beni in uso per fi-nalità dello Stato o per quelle di cui all’art. 2, com-ma 222, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e s.m., i beni per i quali siano in corso procedure volte a consentirne l’uso per le medesime finalità, nonché quelli per i quali siano in corso operazioni di valo-rizzazione o dismissione di beni immobili ai sensi dell’art. 33 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Il secondo comma prevede che a decorrere dal 1° settembre 2013, i comuni, le province, le città me-tropolitane e le regioni che intendono acquisire la proprietà dei beni presentano all’Agenzia del de-manio, con le modalità tecniche da definire a cura dell’Agenzia medesima, una richiesta di attribuzio-ne sottoscritta dal rappresentante legale dell’en-te, che identifica il bene, ne specifica le finalità di utilizzo e indica le eventuali risorse finanziarie pre-ordinate a tale utilizzo. Viene quindi disciplinata la relativa procedura di acquisizione.Qualora per il medesimo immobile pervengano richieste di attribuzione da parte di più livelli di governo territoriale, il bene è attribuito, in forza dei principi di sussidiarietà e di radicamento sul territorio, in via prioritaria ai comuni e alle città metropolitane e subordinatamente alle province e alle regioni. In caso di beni già utilizzati, essi sono prioritariamente trasferiti agli enti utilizzatori.Trascorsi tre anni dal trasferimento, qualora all’e-sito di apposito monitoraggio effettuato dall’A-genzia del demanio l’ente territoriale non risulti utilizzare i beni trasferiti, gli stessi rientrano nella proprietà dello Stato, che ne assicura la migliore utilizzazione.

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I beni trasferiti, con tutte le pertinenze, accessori, oneri e pesi, entrano a far parte del patrimonio di-sponibile delle regioni e degli enti locali.Con decreto del Ministro dell’economia e delle fi-nanze le risorse a qualsiasi titolo spettanti alle re-gioni e agli enti locali che acquisiscono in proprietà beni immobili utilizzati a titolo oneroso sono ridot-te in misura pari alla riduzione delle entrate erariali conseguente al trasferimento.Al fine di soddisfare le esigenze allocative delle am-ministrazioni statali, gli enti territoriali continuano ad assicurare allo Stato l’uso gratuito di immobili di loro proprietà fino al permanere delle esigenze medesime. Alle risorse nette derivanti a ciascun ente territoriale dall’eventuale alienazione degli immobili trasferiti ovvero dall’eventuale cessione di quote di fondi im-mobiliari cui i medesimi immobili siano conferiti si applicano le disposizioni dell’art. 9, comma 5, del D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85 che disciplinano l’utiliz-zo prioritario delle risorse per la riduzione del debito.In considerazione dell’eccezionalità della situazio-ne economica e tenuto conto delle esigenze prio-ritarie di riduzione del debito pubblico, al fine di contribuire alla stabilizzazione finanziaria e pro-muovere iniziative volte allo sviluppo economico e alla coesione sociale, è altresì destinato al Fon-do per l’ammortamento dei titoli di Stato, con le modalità di cui al comma 5 dell’art. 9 del D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85, il 10 per cento delle risor-se nette derivanti dall’alienazione dell’originario patrimonio immobiliare disponibile degli enti ter-ritoriali, salvo che una percentuale uguale o mag-giore non sia destinata per legge alla riduzione del debito del medesimo ente. Per la parte non destinata al Fondo per l’ammor-tamento dei titoli di Stato, resta fermo quanto disposto dal comma 443 dell’art. 1 della leg-ge 24 dicembre 2012, n. 228 che prevede che in applicazione del secondo periodo del comma 6 dell’art. 162 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, i proventi da alienazioni di beni patrimoniali di-sponibili possono essere destinati esclusivamente alla copertura di spese di investimento ovvero, in assenza di queste o per la parte eccedente, per la riduzione del debito. Le disposizioni di cui al D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85, si applicano solo in quanto compatibili con quanto previsto dall’art. 56-bis in argomento.Lo stesso articolo modifica anche l’art. 33, comma 8-ter, del D.L. n. 98/2011, conv. in legge 111/2011, sopra analizzato.

4. Alienazione di beni come fonte di finanziamento degli investimenti

In base all’art. 199 del TUEL per l’attivazione degli investimenti gli enti locali possono utilizzare:

a) entrate correnti destinate per legge agli investi-menti;

b) avanzo di parte corrente del bilancio, costituito da eccedenze di entrate correnti rispetto alle spese correnti aumentate delle quote capitali di ammor-tamento dei prestiti;

c) entrate derivanti dall’alienazione di beni e diritti patrimoniali, riscossioni di crediti, proventi da con-cessioni edilizie e relative sanzioni;

d) entrate derivanti da trasferimenti in conto ca-pitale dello Stato, delle regioni, da altri interventi pubblici e privati finalizzati agli investimenti, da in-terventi finalizzati da parte di organismi comunitari e internazionali;

e) avanzo di amministrazione, nelle forme discipli-nate dall’art. 187;

f) mutui passivi;

g) altre forme di ricorso al mercato finanziario con-sentite dalla legge.

Le entrate di cui al comma 1, lettere a), c), d) ed f) sono destinate esclusivamente al finanziamento di spese di investimento e non possono essere impie-gate per la spesa corrente.È evidente quindi che la fonte di finanziamento co-stituita dall’alienazione di beni patrimoniali si pone, nel sistema di bilancio, insieme ad altre, in alterna-tiva al ricorso dell’indebitamento da parte dell’ente locale. Costituisce pertanto una scelta di politica di bilancio che, qualora possibile, deve essere valutata positivamente perché consente di realizzare investi-menti produttivi ed acquisire beni a fecondità ripe-tuta senza ricorrere all’indebitamento.

Cap. IIII fondi immobiliari

L’art. 58, comma 8, della legge n. 133/2008 preve-de la possibilità per gli enti locali di costituire fondi immobiliari.I comuni hanno la facoltà di promuovere la costi-tuzione di fondi comuni secondo le disposizioni di cui all’art. 4 del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, con-vertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410. Il particolare regime agevolato previsto

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da tale disposizione si applica anche agli enti locali.La nozione di fondo comune di investimento si ritrova nell’art. 1, comma 1, lettera j, del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico della Finanza).È il patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti, gestito in monte; il patrimonio del fondo, sia aperto che chiuso, può essere raccolto mediante una o più emissioni di quote. Intendiamo per fondo aperto il fondo comune di investimento i cui partecipanti hanno diritto di chiedere, in qualsiasi tempo, il rim-borso delle quote secondo le modalità previste dalle regole di funzionamento del fondo.Il fondo chiuso è, invece, il fondo comune di in-vestimento in cui il diritto al rimborso delle quote viene riconosciuto ai partecipanti solo a scadenze predeterminate.La legge 25 gennaio 1994, n. 86 reca l’istituzione e la disciplina dei fondi di investimento immobiliari chiusi e contiene le norme sulla società di gestio-ne di fondi comuni (Capo I), la disciplina dell’isti-tuzione del fondo, della partecipazione allo stesso e della sua gestione (Capo II). In particolare l’art. 14 bis, aggiunto dall’art. 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, disciplina i fondi costituiti con appor-to di beni immobili. Le quote del fondo possono es-sere sottoscritte, entro un anno dalla sua costituzio-ne, con apporto di beni immobili o di diritti reali su immobili, qualora l’apporto sia costituito per oltre il 51 per cento da beni e diritti apportati esclusiva-mente dallo Stato, da enti previdenziali pubblici, da regioni, da enti locali e loro consorzi, nonché da so-cietà interamente possedute, anche indirettamente, dagli stessi soggetti.All’istituzione del fondo con apporto in natura si applicano l’art. 12, commi 1, 2, lettere a), d), e), l), m), o), p), r), s-bis), e 6, e l’art. 14, commi 7 e 8 della legge. La società di gestione non deve essere con-trollata, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, neanche indirettamente, da alcuno dei soggetti che procedono all’apporto. Tuttavia nell’individuazione del soggetto controllante non si tiene conto delle partecipazioni detenute dal Ministero del tesoro. La misura dell’investimento minimo obbligatorio nel fondo è determinata dal Ministro del tesoro nel limite massimo dell’uno per cento dell’ammontare del fondo.Gli enti locali territoriali sono autorizzati, fino a concorrenza del valore dei beni conferiti, ad emet-tere prestiti obbligazionari convertibili in quote dei fondi istituiti, secondo le modalità di cui all’art. 35 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 recante “emis-

sione di titoli obbligazionari da parte degli enti lo-cali”.In alternativa alla procedura di offerta al pubblico, per le quote di propria pertinenza, gli enti locali ter-ritoriali possono emettere titoli speciali che preve-dano diritti di conversione in quote di fondi istituiti o da istituirsi, secondo le modalità di cui all’art. 35 della predetta legge n. 724/1994.Le somme derivanti dal collocamento dei tito-li emessi o dalla cessione delle quote nonché dai proventi distribuiti dai fondi sono destinate al fi-nanziamento degli investimenti secondo le norme previste dal TUEL, nonché alla riduzione del debito complessivo. Qualora per l’utilizzazione o la valo-rizzazione dei beni e dei diritti da conferire ai sensi del comma 1 da parte degli enti locali territoriali sia prevista dal regolamento del fondo l’esecuzione di lavori su beni immobili di pertinenza del fondo stesso, gli enti locali territoriali conferenti dovranno effettuare anche i conferimenti in denaro necessari nel rispetto dei limiti previsti.A tal fine gli enti conferenti sono autorizzati ad emettere prestiti obbligazionari convertibili in quo-te del fondo fino a concorrenza dell’ammontare sottoscritto in denaro. Le quote del fondo spettanti agli enti locali territoriali a seguito dei conferimenti in denaro saranno tenute in deposito presso la ban-ca depositaria fino alla conversione.L’art. 4 della legge n. 410/2001 prevede che il Mi-nistro dell’economia e delle finanze è autorizzato a promuovere la costituzione di uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, conferendo beni immobili a uso diverso da quello residenzia-le dello Stato, dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e degli enti pubblici non territo-riali, individuati con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale. I decreti disciplinano altresì le procedure per l’individuazione o l’eventuale costi-tuzione della società di gestione, per il suo funzio-namento e per il collocamento delle quote del fondo e i criteri di attribuzione dei proventi derivanti dalla vendita delle quote. L’art. 33 del D.L. n. 98/2011 reca disposizioni in ma-teria di valorizzazione del patrimonio immobiliare. Con decreto del Ministro dell’economia e finanze è costituita una società di gestione del risparmio avente capitale sociale pari a 2 milioni di euro per l’anno 2012, per l’istituzione di uno o più fondi d’investimento al fine di partecipare in fondi d’in-vestimento immobiliari chiusi promossi da regio-ni, province, comuni anche in forma consorziata ai

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sensi dell’art. 31 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ed altri enti pubblici ovvero da società interamente partecipate dai predetti enti, al fine di valorizzare o dismettere il proprio patrimonio immobiliare di-sponibile. Ai fondi comuni di investimento immobiliare pro-mossi da regioni, province, comuni anche in forma consorziata ai sensi dell’art. 31 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, e da altri enti pubblici ovvero da socie-tà interamente partecipate dai predetti enti, posso-no essere apportati a fronte dell’emissione di quote del fondo medesimo, beni immobili e diritti con le procedure dell’art. 58 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nonché quelli trasferiti ai sensi del D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85. Tali apporti devono avvenire sulla base di progetti di utilizzo o di valorizzazione approvati con deli-bera dell’organo di governo dell’ente, previo espe-rimento di procedure di selezione della Società di gestione del risparmio tramite procedure di eviden-za pubblica. Possono presentare proposte di valoriz-zazione di cui al presente comma i soggetti, anche privati. Nel caso dei beni individuati sulla base di quanto previsto dall’art. 3, comma 3, del D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85, la domanda prevista dal comma 4, dell’art. 3 del citato decreto legislativo può essere motivata dal trasferimento dei predetti beni ai fon-di di cui al comma in esame. È abrogato l’art. 6 del D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85 che recava “valoriz-zazione dei beni attraverso fondi comuni di inve-stimento immobiliare”. I soggetti indicati all’art. 4, comma 1 del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, con-vertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, possono apportare beni ai suddetti fondi. Si tratta dello Stato, dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato e degli Enti pub-blici non territoriali.La destinazione funzionale dei beni oggetto di con-ferimento ai fondi può essere conseguita mediante il procedimento di cui all’art. 34 del D.Lgs. 18 ago-sto 2000, n. 267 recante “Accordi di programma”, e delle corrispondenti disposizioni previste dalla legislazione regionale. Il procedimento si conclude entro il termine perentorio di 180 giorni dalla data della delibera con cui viene promossa la costituzio-ne dei fondi. Con la medesima procedura si procede alla regolarizzazione edilizia ed urbanistica degli immobili conferiti. L’apporto ai fondi è sospensi-vamente condizionato all’espletamento delle proce-dure di valorizzazione e di regolarizzazione. Fino a quando la valorizzazione dei beni trasferiti al fondo

non sia completata, i soggetti apportanti non pos-sono alienare la maggioranza delle quote del fondo. Per gli immobili sottoposti alle norme di tutela di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, recante Codice dei beni culturali e del paesaggio, si applicano gli artt. 12 e 112 del citato decreto legislativo, nonché l’art. 5, comma 5, del D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85. All’art. 58 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, conver-tito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dopo il comma 9 è stato aggiunto il seguente: «9-bis. In caso di conferimento a fondi di investimen-to immobiliare dei beni inseriti negli elenchi di cui al comma 1, la destinazione funzionale prevista dal piano delle alienazioni e delle valorizzazioni, se in va-riante rispetto alle previsioni urbanistiche ed edilizie vigenti ed in itinere, può essere conseguita mediante il procedimento di cui all’articolo 34 del decreto legi-slativo 18 agosto 2000, n. 267, e delle corrispondenti disposizioni previste dalla legislazione regionale. Il procedimento si conclude entro il termine perento-rio di 180 giorni dall’apporto o dalla cessione sotto pena di retrocessione del bene all’ente locale. Con la medesima procedura si procede alla regolarizzazione edilizia ed urbanistica degli immobili conferiti. Agli apporti ai fondi effettuati ai sensi del presente arti-colo si applicano le agevolazioni di cui ai commi 10 e 11 dell’articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, e gli articoli 1, 3 e 4 del decreto-legge 25 settem-bre 2001 n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto la società Patrimonio dello Stato s.p.a. è sciolta ed è posta in liquidazione con le modalità previste dal codice civile».

Cap. IVCartolarizzazione: strutture e rischi

1. Aspetti generali

Il termine securitization (2) sta ad indicare, in via generale, uno spostamento da un tipo tradizionale di attività di intermediazione, basata sulle istituzio-

(2) Si deve precisare che:- il termine “Securitization” viene usato nella prassi bancaria ame-ricana;- mentre, in Inghilterra, si parla di “Securitisation”;- in Spagna si usa il termine equivalente “Tritisaciòn”;- in Francia, quello di “Tritisation”;- in Italia si può indistintamente usare il termine di “Cartolarizza-zione” o “Titolarizzazione”.

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ni, ad una attività di intermediazione più orienta-ta al mercato. La tecnica della securitization verrà intesa secondo l’accezione di emissione di titoli a fronte di prestiti.Essa consiste nella trasformazione di attivi non negoziabili sui mercati: in termini molto sempli-ci, l’operazione viene effettuata attraverso la cre-azione di un pool di determinati assets, per lo più crediti, che vengono scorporati dal bilancio di un intermediario finanziario o di una società com-merciale (c.d. Originator) tramite la vendita degli stessi ad una società esterna definita Special Purpo-se Vehicle (SPV). Tale società procede all’emissio-ne di titoli di debito che, collocati sul mercato dei capitali, forniscono risorse finanziarie necessarie al pagamento di crediti ceduti dall’originator. Suc-cessivamente, i flussi finanziari inerenti gli attivi ceduti vengono utilizzati per il pagamento degli interessi da corrispondere ai detentori dei titoli e per il loro rimborso.In definitiva, il processo di cartolarizzazione con-siste nella costituzione di un pool di prestiti e nella successiva emissione, a fronte di tale pool, di ti-toli che saranno poi venduti agli investitori finali per mezzo dello SPV (in tal caso lo special purpose vehicle è soggetto emittente e soggetto collocatore, con la possibilità, comunque, che la funzione di collocamento può essere svolta anche da un altro soggetto).La struttura di una operazione di cartolarizzazione può essere esaminata da un punto di vista giuri-dico e da un punto di vista finanziario: sotto l’a-spetto giuridico, tali operazioni prevedono, nella forma più semplice, che il portafoglio degli atti-vi cartolarizzati venga ceduto a uno SPV, il quale emette titoli per finanziare la cessione, mentre da un punto di vista finanziario, i flussi provenienti dal portafoglio cartolarizzato sono diretti al paga-mento degli interessi periodici e al rimborso dei titoli.

2. I soggetti

L’originator. È colui che individua, seleziona e cede i crediti che costituiranno il pool di attivi ogget-to delle operazioni di cartolarizzazione. Anche se qualsiasi soggetto, imprenditore e non, può cedere crediti, nella maggioranza dei casi, l’originator è una banca o un intermediario finanziario. Questi operatori, infatti,data la tipicità dei loro attivi, sono avvantaggiati nell’implementazione di una opera-zione di cartolarizzazione.

Lo SPV (Issuer). Acquista gli attivi dall’originator e, generalmente, emette titoli garantiti dagli attivi sottostanti. Il fattore critico di successo, caratte-rizzante l’attività d’impresa di tale soggetto, con-siste nel prevedere in che misura e con quali ritmi si presenteranno i flussi generati dal complesso di crediti acquisiti. Per il buon esito dell’operazione, è necessario fare in modo che lo SPV sia isolato da possibili rischi derivanti da un eventuale fallimento dell’originator e non intraprenda nessuna attività che possa pregiudicare la sua situazione finanziaria ed economica.Il servicer. È responsabile della gestione degli attivi e dei cash flows provenienti da tali attivi. Assolve il compito di riscuotere i pagamenti di interessi e del-le quote capitali. Redige, periodicamente, una rela-zione informativa riguardo lo stato del portafoglio degli attivi venduti. La sua remunerazione è rappre-sentata da una commissione. L’attività di servicing, di solito, viene esercitata dallo stesso originator.L’investment Bank. Può sottoscrivere i titoli deri-vanti da un’operazione di cartolarizzazione, per poi collocarli tramite un’offerta pubblica; se, inol-tre, assume anche il ruolo di consulente esterno, l’investment bank si suole definire lead manager e collocare i titoli privatamente. In questo caso, funge semplicemente da agente, tra gli acquirenti e il ven-ditore, in qualità di advisor dell’operazione.L’agenzia di rating. Ha il compito di assegnare un rating ai titoli emessi a fronte di una operazione di cartolarizzazione. Le sue analisi sono orientate alla stima della capacità degli attivi a generare il cash flow necessario al pagamento degli investitori finali e del valore delle garanzie offerte a sussidio dell’ope-razione medesima. Nel dettaglio, l’agenzia focalizza le sue valutazioni su quattro elementi principali che vanno dalla qualità del portafoglio crediti, alla struttura finanziaria dell’emissione, alla struttura legale ed in ultimo ai rischi connessi ai partecipanti.In buona sostanza, le funzioni di una agenzia di rating consiste nel rendere noto agli investitori la probabilità che le quote capitali e gli interessi loro spettanti vengano corrisposti puntualmente e nel rispetto dei termini contrattuali.La controparte garante. Ha il compito, attraverso l’offerta di determinate garanzie, di ridurre il livello complessivo di rischio creditizio implicito nei tito-li emessi. Questo ruolo può essere svolto sia dallo stesso originator che da una terza controparte. L’o-biettivo ultimo è quello di ottenere un miglior giu-dizio di rating e, conseguentemente, di aumentare prezzo e grado di liquidità dei titoli emessi.

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Gli investitori. Sono gli acquirenti dei titoli. Il ri-schio che essi affrontano dipende, in prima istan-za, dalla capacità del portafoglio di attivi ceduti di generare flussi nella misura e nei tempi neces-sari al rimborso del capitale e degli interessi di tali titoli.L’arranger (o Lead Manager). È un consulente dell’originator, al quale sono affidate la proget-tazione e la realizzazione dell’operazione di secu-ritization. Spesso accade che, quando nell’ambito dell’organizzazione dell’originator non sono pre-senti risorse dotate della competenza necessaria per la progettazione e l’implementazione di una opera-zione di cartolarizzazione, queste funzioni venga-no affidate a società di consulenza esterna che, pur essendo i reali artefici del processo, non assumono nessuna responsabilità diretta nei confronti degli investitori che acquistano i titoli.Nel dettaglio, l’arranger è titolare delle seguenti funzioni di analisi dei crediti cartolarizzati dete-nuti dall’originator; della scelta della struttura da adottare per l’implementazione dell’operazione, unitamente alle garanzie a supporto della stessa e dei collaboratori, della predisposizione del cor-pus contrattualistico necessario affinché la ces-sione sia regolare, della costituzione del sindacato di banche incaricate del collocamento dei titoli nonché del mantenimento delle relazioni con le autorità che controllano il mercato creditizio e borsistico.

3. Il quadro normativo sulla cartolarizzazione dei crediti

3.1. La legge 27.12.2002, n. 289 e legge 30.4.1999, n. 130

In base all’art. 84 della legge 27.12.2002, n. 289 (legge finanziaria 2003) le regioni, le province, i comuni e gli altri enti locali sono autorizzati a costituire o a promuovere la costituzione, anche attraverso soggetti terzi, di più società a responsa-bilità limitata con capitale iniziale di 10.000 euro, aventi ad oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione dei rispettivi patrimoni immobiliari.I beni immobili individuati possono essere tra-sferiti a titolo oneroso alle società costituite per le finalità dell’operazione di cartolarizzazione con atto pubblico o scrittura privata autenticata,

previa delibera dell’organo competente degli enti proprietari secondo il rispettivo ordinamento. La predetta delibera ha il contenuto previsto al comma 1 dell’articolo 3 del D.L. n. 351 del 2001 convertito dalla legge 410/2001. Gli onorari notarili relativi al trasferimento sono ridotti a un terzo. I contenuti della delibera riguardano:

a) il prezzo iniziale che le società corrispondono a titolo definitivo a fronte del trasferimento dei beni immobili e le modalità di pagamento dell’eventua-le residuo, che può anche essere rappresentato da titoli;

b) le caratteristiche dell’operazione di cartolariz-zazione che le società realizzano per finanziare il pagamento del prezzo. All’atto di ogni operazione di cartolarizzazione è nominato un rappresentante comune dei portatori dei titoli, il quale, oltre ai po-teri stabiliti in sede di nomina a tutela dell’interesse dei portatori dei titoli, approva le modificazioni delle condizioni dell’operazione;

c) l’immissione delle società nel possesso dei beni immobili trasferiti;

d) la gestione dei beni immobili trasferiti e dei con-tratti accessori, da regolarsi in via convenzionale con criteri di remuneratività;

e) le modalità per la valorizzazione e la rivendita dei beni immobili trasferiti.

L’inclusione dei beni nella delibera non modifica il regime giuridico, previsto dagli artt. 823 e 829, primo comma, del codice civile, dei beni demaniali trasferiti.Le disposizioni viste si applicano anche ai beni im-mobili degli enti pubblici strumentali di regioni, province, comuni ed altri enti locali che ne faccia-no richiesta all’Ente territoriale di riferimento, e ai beni immobili delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere. I predetti beni immobili sono trasferiti a titolo oneroso dagli enti proprietari ai rispettivi enti territoriali di riferimento mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. Gli onorari notarili relativi al trasferimento sono ri-dotti a un terzo.Gli enti territoriali di riferimento ai quali sono tra-sferiti i beni immobili procedono alla realizzazione delle operazioni di cartolarizzazione in conformità alle disposizioni sopra esaminate. Il prezzo per il trasferimento dei beni immobili è corrisposto agli enti i cui beni costituiscono oggetto delle operazio-ni di trasferimento.

il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27

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L’art. 84 della legge 289/2002 prevede che si appli-cano le disposizioni del D.L. 351/2001 convertito dalla legge 410/2001, espressamente richiamate, in quanto compatibili.La legge 30 aprile 1999, n. 130 recante “Disposizio-ni sulla cartolarizzazione dei crediti” si applica alle operazioni di cartolarizzazione realizzate mediante cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari, sia esistenti sia futuri, quando esistono due fonda-mentali requisiti: il cessionario sia la società per la cartolarizzazione dei crediti disciplinata dall’art. 3 della legge e le somme corrisposte dai debitori ce-duti devono essere destinate, in via esclusiva, dalla società cessionaria, al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi per finanziare l’acqui-sto di tali crediti nonché al pagamento dei costi dell’operazione.I titoli emessi sono strumenti finanziari e agli stessi si applicano le disposizioni del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, recante il Testo unico delle di-sposizioni in materia di intermediazione finanziaria.La società cessionaria o la società emittente i titoli, diversa dalla società cessionaria, redige il prospet-to informativo che contiene le indicazioni previste dall’art. 2, terzo comma, della legge n. 130/1999, nel caso di investitori professionali.Nel caso in cui i titoli oggetto delle operazioni di cartolarizzazione siano offerti ad investitori non professionali, l’operazione deve essere sottoposta alla valutazione del merito di credito da parte di operatori terzi. La società cessionaria, o la società emittente i titoli se diversa dalla società cessionaria hanno per oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei crediti.I crediti relativi a ciascuna operazione costituisco-no patrimonio separato a tutti gli effetti da quello della società e da quello relativo alle altre operazio-ni. La legge prevede altresì che su ciascun patrimo-nio non siano ammesse azioni da parte di creditori diversi da portatori dei titoli emessi per finanziare l’acquisto dei crediti.L’art. 4 della legge disciplina le modalità e l’efficacia della cessione. In particolare dalla data della pub-blicazione della notizia dell’avvenuta cessione nella Gazzetta Ufficiale, su crediti acquistati e sulle som-me corrisposte dai debitori ceduti sono ammesse azioni soltanto a tutela dei diritti incorporati sui titoli emessi per finanziare l’acquisto di tali crediti, nonché per il pagamento dei costi dell’operazione. Lo stesso art. 4 indica anche quali sono i soggetti ai quali la cessione dei crediti è opponibile.

Le disposizioni della legge n. 130/1999 si applicano in quanto compatibili alle operazioni di cartolariz-zazione dei crediti realizzate mediante l’erogazione di un finanziamento al soggetto cedente da parte della società di cartolarizzazione ed alla cessione a fondi comuni di investimento, avente per ogget-to crediti, costituiti ai sensi del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58.Per gli enti locali costituiscono indebitamento, agli effetti dell’art. 119, sesto comma, della Costituzio-ne, l’assunzione di mutui, l’emissione di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni di flussi futuri di entrata e le cartolarizzazioni con corrispetti-vo iniziale inferiore all’85 per cento del prezzo di mercato dell’attività oggetto di cartolarizzazione valutato da un’unità indipendente e specializzata. Costituiscono, inoltre, indebitamento le operazio-ni di cartolarizzazione accompagnate da garanzie fornite da amministrazioni pubbliche e le cartola-rizzazioni e le cessioni di crediti vantati verso altre amministrazioni pubbliche nonché, sulla base dei criteri definiti in sede europea dall’Ufficio statistico delle Comunità europee (EUROSTAT), l’eventuale premio incassato al momento del perfezionamento delle operazioni derivate.

3.2. Il D.L. 25 settembre 2001, n. 351, conversione . in legge 23 novembre 2001, n. 410

L’assetto portante è costituito dal fatto che il siste-ma della cartolarizzazione (previsto nella legge 30 aprile 1999, n. 130) è utilizzato per la dismissione dei beni immobiliari. Questo consente all’Erario una entrata immediata per il versamento da parte delle società-veicolo del “prezzo iniziale”.Il processo di vendita è qualificato come una pri-vatizzazione degli immobili (dalla Relazione al de-creto legge 351, v. titolo art. 2). Questo comporta che i soggetti pubblici non partecipino all’acquisto degli immobili dismessi, con la sola eccezione per gli enti pubblici territoriali (acquisto di immobili ad uso non residenziale per destinarli a finalità isti-tuzionali, art. 3.17).La legge prevede una serie di macro-fasi del proces-so che possono essere così individuate nella ricogni-zione del patrimonio immobiliare pubblico (art. 1), nella privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico (art. 2) e nella valutazione, valorizzazione e cessione dello stesso (art. 3).Il Ministero dell’economia e delle finanze costitu-isce o promuove la costituzione della società vei-

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colo che ha per oggetto l’operazione di cartolariz-zazione, capitale iniziale di 10.000 euro e forma di società a responsabilità limitata. La società emette obbligazioni o assume finanziamenti per versare il prezzo iniziale. Gli immobili individuati costitui-scono patrimonio separato da quello della società e da quello relativo alle altre operazioni.In base all’art. 3 della legge il Ministro dell’eco-nomia e delle finanze (di concerto con il Ministro vigilante se gli immobili sono soggetti a vigilanza di altro Ministero; di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali per i beni dello Stato di particolare valore artistico e storico) mediante l’emanazione di uno o più decreti di natura re-golamentare provvede al trasferimento a titolo oneroso dei beni immobili individuati dall’Agen-zia del demanio. L’inclusione dei beni nei decreti produce il passaggio dei beni al patrimonio dispo-nibile e la pubblicazione produce gli effetti previ-sti dall’art. 2644 codice civile cioè gli effetti della trascrizione.Il contenuto dei decreti ministeriali di trasferi-mento comprende il prezzo iniziale che le socie-tà corrispondono a titolo definitivo a fronte del trasferimento dei beni immobili e le modalità di pagamento dell’eventuale residuo, che può anche essere rappresentato da titoli, le caratteristiche dell’operazione di cartolarizzazione che le società realizzano per finanziare il pagamento del prez-zo, l’immissione delle società nel possesso dei beni immobili trasferiti, la gestione dei beni immobili trasferiti e dei contratti accessori, da regolarsi in via convenzionale con criteri di rimuneratività e le modalità per la valorizzazione e la rivendita dei beni immobili trasferiti.Il prezzo che le società corrispondono a fronte del trasferimento dei beni immobili si può distinguere tra prezzo iniziale che è determinato con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze ed è co-stituito dalle società a titolo definitivo a fronte del trasferimento di beni immobili e prezzo differito, determinato dall’importo residuo - flussi derivan-ti dalla gestione e dalla vendita (attività), detratti rimborso del debito per capitale e interessi, oneri accessori, commissione dei soggetti terzi, altri costi dell’operazione (passività) - e può essere corrispo-sto mediante titoli, se così dispone il decreto mi-nisteriale.La determinazione del prezzo avviene a cura dell’A-genzia del territorio o di una società terza, indivi-duata con procedura competitiva, avente partico-

lare esperienza nel settore immobiliare. Lo stesso è detenuto sulla base delle valutazioni correnti di mercato, prendendo a riferimento i prezzi effettivi di compravendite di immobili e unità immobiliari aventi caratteristiche analoghe.La gestione dei beni immobili trasferiti e dei con-tratti accessori, disciplina la fase ricompresa tra il trasferimento dei beni e la loro alienazione. Il cri-terio da applicare nel periodo di gestione è quello della remuneratività e i responsabili della gestione, individuati nel decreto ministeriale di trasferimen-to, sono responsabili a tutti gli effetti ed a proprie spese per gli interventi necessari di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché per l’adegua-mento dei beni alla normativa vigente.Ai fini della valorizzazione dei beni il quindicesimo comma dell’art. 3 della legge prevede che il Mini-stero dell’economia e delle finanze convoca una o più conferenze di servizi o promuove accordi di programma finalizzati ad approvare iniziative di valorizzazione.Il ruolo degli enti territoriali può essere determi-nante per garantire la redditività all’intervento operando ad esempio sulla destinazione urbani-stica dell’area sulla quale sono situati gli immobili o sulla modifica della loro destinazione d’uso. In considerazione di questo ruolo, è loro riconosciuta una quota (dal 5% al 15%) del ricavato dalla vendi-ta degli immobili valorizzati.I decreti del Ministero indicano anche le modalità di esercizio del diritto di opzione e del diritto di prelazione per gli immobili ad uso residenziale.Per gli immobili ad uso residenziale la legge preve-de alcune particolarità:

- Sono nulli gli atti di disposizione degli immobi-li acquistati per effetto dell’esercizio del diritto di opzione e del diritto di prelazione prima che siano trascorsi cinque anni dalla data dell’acquisto.

- Per le unità immobiliari occupate da conduttori ultrasessantacinquenni è consentita l’alienazione della sola nuda proprietà, quando essi abbiano esercitato il diritto di opzione e prelazione con rife-rimento al solo diritto di usufrutto.

- I diritti di opzione e di prelazione spettano anche ai familiari conviventi, nonché agli eredi del con-duttore con lui conviventi ed ai portieri degli stabili oggetto della vendita, in caso di eliminazione del servizio di portineria.

Il diritto di prelazione eventualmente spettante ai sensi della legge ai conduttori delle singole unità

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immobiliari ad uso diverso da quello residenziale può essere esercitato unicamente nel caso di vendi-ta frazionata degli immobili. Il diritto di prelazione sussiste anche se la vendita frazionata è successiva ad un acquisto in blocco. Le modalità di esercizio della prelazione sono determinate con i decreti del Ministro.La vendita si considera frazionata esclusivamente nel caso in cui ciascuna unità immobiliare sia of-ferta in vendita singolarmente a condizioni speci-ficatamente riferite a tale unità (comma aggiunto dal D.L. n. 63/2002).Relativamente all’operazione di rivendita il diritto di prelazione spettante ai terzi può essere esercitato al momento della vendita da parte delle società-veicolo, non all’atto del trasferimento.Al fine di snellire e velocizzare la vendita, il trasferi-mento dei beni e la rivendita non sono soggetti alle autorizzazioni previste dal T.U. sui beni culturali e ambientali, al diritto di opzione degli enti locali territoriali ed alla proposizione di progetti di valo-rizzazione e gestione degli immobili statali.In particolare la società-veicolo è esonerata dalla garanzia per vizi e per evizione (è a carico dello Sta-to o dell’ente pubblico proprietario del bene prima del trasferimento) e dalla consegna dei documenti relativi alla proprietà dei beni e alla regolarità ur-banistico - edilizia e fiscale (anche per lo Stato e gli enti pubblici proprietari).Il Ministro può disporre in favore delle società-vei-colo beneficiarie la garanzia di un introito minimo dei beni e dei canoni di locazione.Il punto 3.24 del nuovo principio applicato del-la contabilità finanziaria disciplina in dettaglio la contabilizzazione delle operazioni di cartolarizza-zione.Inoltre occorre fare riferimento all’art. 75 del D.Lgs. n. 118/2011 (aggiunto dal D.Lgs. n. 126/2014) “Ade-guamento della definizione di indebitamento”: alla legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono apportate le seguenti modificazioni:

«a) il comma 17 dell’art. 3 è sostituito dal seguente:

“17. Per gli enti di cui al comma 16, costituisco-no indebitamento, agli effetti dell’art. 119, sesto comma, della Costituzione, l’assunzione di mutui, l’emissione di prestiti obbligazionari, le cartolariz-zazioni relative a flussi futuri di entrata, a crediti e a attività finanziarie e non finanziarie, l’eventuale somma incassata al momento del perfezionamen-to delle operazioni derivate di swap (cosiddetto

upfront), le operazioni di leasing finanziario stipu-late dal 1° gennaio 2015, il residuo debito garantito dall’ente a seguito della definitiva escussione della garanzia. Inoltre, costituisce indebitamento il resi-duo debito garantito a seguito dell’escussione della garanzia per tre annualità consecutive, fermo re-stando il diritto di rivalsa nei confronti del debitore originario.Dal 2015, gli enti di cui al comma 16 rilasciano ga-ranzie solo a favore dei soggetti che possono essere destinatari di contributi agli investimenti finanziati da debito e per le finalità definite dal comma 18. Non costituiscono indebitamento, agli effetti del citato art. 119, le operazioni che non comportano risorse aggiuntive, ma consentono di superare, en-tro il limite massimo stabilito dalla normativa sta-tale vigente, una momentanea carenza di liquidità e di effettuare spese per le quali è già prevista idonea copertura di bilancio”;...omissis...».

Cap. VIl Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali

1. Il piano di valorizzazione

La legge finanziaria 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, commi 313-320, ha stabilito che il Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, tramite l’Agenzia del demanio, individui ambiti d’interesse nazionale in cui non sono presenti beni immobili di proprietà dello Stato e di altri soggetti pubblici, per promuovere, in ciascun ambito, un “programma unitario di valorizzazione”. Il riferimento è all’art. 3, comma 15-bis, del D.L. n. 351/2001, convertito dalla legge n. 410/2001 recante disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare.L’individuazione degli ambiti deve avvenire nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle re-gioni, d’intesa con gli enti locali interessati e nel rispetto dei piani urbanistici comunali.Il complesso dei programmi di valorizzazione co-stituisce il “Piano di valorizzazione dei beni pub-blici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali”, finalizzato ad attivare processi di sviluppo locale significativi mediante il recupero e il riuso

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dei beni, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale e con gli obiettivi di sostenibilità e qua-lità territoriale ed urbana.Il piano, approvato d’intesa con la Conferenza uni-ficata di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 281/1997 anche in applicazione del Codice dei beni culturali di cui al D.Lgs. n. 42/2004, comprende l’individuazione degli ambiti di intervento, gli obiettivi di azione, le categorie tematiche, sociali, economiche e territo-riali, i criteri, i tempi e le modalità di attuazione dei programmi d’intervento ed altri elementi significa-tivi per la formazione dei programmi.Per la predisposizione degli studi di fattibilità, dei progetti e dei supporti necessari alla predisposizio-ne del piano si provvede a valere su apposito capi-tolo dell’Agenzia del demanio, fino ad un importo massimo di 10 milioni di euro per l’anno 2008.

2. Programmi unitari di valorizzazione

Sulla base delle indicazioni contenute nel piano di valorizzazione dei beni pubblici, la regione e gli enti territoriali e locali interessati, d’intesa con il Miste-ro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministero dei beni culturali, promuovono la for-mazione dei programmi unitari di valorizzazione contenenti gli interventi e le modalità di attuazio-ne, le categorie di destinazione d’uso compatibili, l’entità e la modalità di attribuzione agli enti ter-ritoriali di quota parte del plusvalore da realizzare.Le amministrazioni centrali e territoriali interessa-te, nonché tutti i soggetti competenti, concorrono alla definizione dei contenuti e alla realizzazione dei programmi unitari.Si utilizza come strumento per il perfezionamento delle fasi decisionali la conferenza di servizi di cui agli artt. 14 e seguenti della legge 241/1990. Sarà sempre garantito il pieno rispetto del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.Il programma unitario di valorizzazione è appro-vato con decreto del presidente della regione o della provincia interessata, d’intesa con il Ministro dell’Economia e delle Finanze e con il Ministro per i beni culturali. I consigli comunali devono ratifi-care il programma, a pena di decadenza, entro no-vanta giorni dall’emanazione del decreto. Devono essere osservate le forme di pubblicità e di parteci-pazione. Si producono gli effetti di cui all’art. 34 del TUEL, riguardante gli accordi di programma, e di cui alle leggi regionali, nonché la relativa dichiara-

zione di pubblica utilità per le opere pubbliche o di interesse generale in esso comprese.Ciascun programma unitario può assumere il va-lore e gli effetti dei piani, programmi e strumenti attuativi di iniziativa pubblica e privata. Si applica anche, ove necessario, l’art. 27, comma 5, della leg-ge n. 166/2002 recante “disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti” e relativo ai programmi di riabilitazione urbana e al concorso dei proprie-tari rappresentanti la maggioranza assoluta del va-lore degli immobili ricompresi nel piano attuativo, organizzati in Consorzio.Il comma 320, dell’art. 1, della legge finanziaria 2008, modifica l’art. 27 della legge n. 326/2003, di conversione del D.L. n. 269/2003 recante “Disposi-zioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la corre-zione dell’andamento dei conti pubblici”.La disposizione riguarda la verifica dell’interesse culturale del patrimonio immobiliare pubblico e si riferisce in particolare al Ministero della Difesa che, sentita l’Agenzia del demanio, adotta un program-ma di razionalizzazione, accorpamento, riduzione e ammodernamento del patrimonio infrastruttu-rale in uso.Il comma 13-bis dell’art. 27 prevede che, relativa-mente ai programmi che interessano gli enti locali, si procede mediante accordi di programma (art. 34 del TUEL). Nell’ambito di tali accordi può essere previsto il riconoscimento in favore degli enti locali di una quota del maggiore valore degli immobili, determinato per effetto dei processi di valorizza-zione assentiti.

Cap. VIIl Piano delle alienazioni e valorizzazioni im-mobiliari ex art. 58, D.L. n. 122/2008

1. Il piano delle alienazioni e valorizzazioni immo-biliari

La normativa introdotta con l’art. 58 della legge 6 agosto 2008, n. 133, realizza per il patrimonio pub-blico locale una serie di finalità:

- disciplina l’attività di ricognizione del patrimo-nio;

- introduce nuovi strumenti di valorizzazione sen-za prevedere l’alienazione dei beni;

- estende la disciplina di favore prevista per lo Stato in relazione alla costituzione di fondi immobiliari;

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- prevede l’applicazione della disciplina prevista per lo Stato in relazione all’alienazione dei beni.

La norma prevede che con la finalità di procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimo-nio immobiliare di regioni, province, comuni ed altri enti locali, ciascun ente con apposita delibera dell’organo di governo individua, redigendo appo-sito elenco, i singoli immobili:

- ricadenti nel territorio di competenza;

- non strumentali all’esercizio delle proprie funzio-ni istituzionali;

- suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissio-ne.

La ricognizione è operata sulla base, e nei limiti, della documentazione esistente presso i propri ar-chivi e uffici.I contenuti di cui sopra consentono di realizzare il “Piano delle alienazioni e valorizzazioni immo-biliari” allegato al Bilancio di Previsione che, ap-provato dal Consiglio dell’ente, assume a tutti gli effetti valenza di strumento di indirizzo e program-mazione, inserendosi nel complessivo “sistema di bilancio”.Il principio contabile sulla programmazione alle-gato al D.Lgs. n. 118/2011, già citato, prevede: “La Parte 2 della SeO (Sezione operativa del Documen-to Unico di Programmazione - DUP) comprende la programmazione in materia di lavori pubblici, personale e patrimonio.... omissis...Al fine di procedere al riordino, gestione e valo-rizzazione del proprio patrimonio immobiliare l’ente, con apposita delibera dell’organo di gover-no individua, redigendo apposito elenco, i singoli immobili di proprietà dell’ente. Tra questi devono essere individuati quelli non strumentali all’eser-cizio delle proprie funzioni istituzionali e quelli suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissio-ne. Sulla base delle informazioni contenute nell’e-lenco deve essere predisposto il Piano delle alie-nazioni e valorizzazioni patrimoniali quale parte integrante del DUP. La ricognizione degli immobili è operata sulla base, e nei limiti, della documentazione esistente presso i propri archivi e uffici.L’iscrizione degli immobili nel piano determina una serie di effetti di natura giuridico-amministra-tiva previsti e disciplinati dalla legge”.L’iscrizione degli immobili nel piano determina

una serie di effetti di natura giuridico-amministra-tiva:

- la classificazione come patrimonio disponibile, stabilendo la destinazione urbanistica;

- la deliberazione consiliare di approvazione del piano costituisce variante allo strumento urbani-stico generale;

- la variante, essendo relativa a singoli immobili, non necessita in termini generali di verifiche di conformità con gli atti delle province e delle regio-ni. La legge prevede che la verifica di conformità è comunque richiesta e deve essere effettuata entro un termine perentorio di trenta giorni dalla data di ri-cevimento della richiesta, nei casi di varianti relative a terreni classificati come agricoli dallo strumento urbanistico generale vigente, ovvero nei casi che com-portano variazioni volumetriche superiori al 10 per cento dei volumi previsti dal medesimo strumento urbanistico vigente;

- gli elenchi contenuti nel piano, da pubblicare nelle forme previste, hanno effetto dichiarativo della proprietà, in assenza di precedenti trascrizio-ni nonché gli effetti di cui all’art. 2644 del codice civile recante “Effetti della trascrizione”, ed effetti sostitutivi dell’iscrizione del bene in catasto.

Contro l’iscrizione del bene negli elenchi che for-mano il piano è ammesso ricorso amministrativo, fermi gli altri rimedi di legge.La Corte Costituzionale con sentenza n. 340/2009 aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 58, comma 2, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo econo-mico, la semplificazione, la competitività, la stabi-lizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, esclusa la proposizione iniziale: «L’inserimento degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile e ne dispone espressamen-te la destinazione urbanistica». È pertanto posta nel nulla la parte dell’articolo che prevedeva quan-to segue: «la deliberazione del consiglio comuna-le di approvazione del piano delle alienazioni e valorizzazioni costituisce variante allo strumento urbanistico generale. Tale variante, in quanto rela-tiva a singoli immobili, non necessita di verifiche di conformità agli eventuali atti di pianificazione sovraordinata di competenza delle province e delle regioni. La verifica di conformità è comunque ri-

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chiesta e deve essere effettuata entro il termine pe-rentorio di trenta giorni dalla data di ricevimento della richiesta, nei casi di varianti relative a terreni classificati come agricoli dallo strumento urbani-stico generale vigente, ovvero nei casi che compor-tano variazioni volumetriche superiori al 10 per cento dei volumi previsti dal medesimo strumento urbanistico vigente».L’art. 33-bis del D.L. n. 98/2011 prevede che i com-mi 1 e 2 dell’art. 58 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono così sostituiti:

«1. Per procedere al riordino, gestione e valorizza-zione del patrimonio immobiliare di regioni, pro-vince, comuni e altri enti locali, nonché di società o enti a totale partecipazione dei predetti enti, cia-scuno di essi, con delibera dell’organo di Governo individua, redigendo apposito elenco, sulla base e nei limiti della documentazione esistente presso i propri archivi e uffici, i singoli beni immobili rica-denti nel territorio di competenza, non strumen-tali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissio-ne. Viene così redatto il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari allegato al bilancio di previsione nel quale, previa intesa, sono inseriti immobili di proprietà dello Stato individuati dal Ministero dell’economia e delle finanze-Agenzia del demanio tra quelli che insistono nel relativo territorio.

2. L’inserimento degli immobili nel piano ne deter-mina la conseguente classificazione come patrimo-nio disponibile, fatto salvo il rispetto delle tutele di natura storico-artistica, archeologica, architettoni-ca e paesaggistico-ambientale. Il piano è trasmes-so agli enti competenti, i quali si esprimono entro trenta giorni, decorsi i quali, in caso di mancata espressione da parte dei medesimi enti, la predet-ta classificazione è resa definitiva. La deliberazione del consiglio comunale di approvazione, ovvero di ratifica dell’atto di deliberazione se trattasi di so-cietà o ente a totale partecipazione pubblica, del piano delle alienazioni e valorizzazioni determina le destinazioni d’uso urbanistiche degli immobili. Le regioni, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, disciplinano l’e-ventuale equivalenza della deliberazione del consi-glio comunale di approvazione quale variante allo strumento urbanistico generale, ai sensi dell’art. 25 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, anche disci-

plinando le procedure semplificate per la relativa approvazione. Le regioni, nell’ambito della predet-ta normativa approvano procedure di copianifi-cazione per l’eventuale verifica di conformità agli strumenti di pianificazione sovraordinata, al fine di concludere il procedimento entro il termine pe-rentorio di 90 giorni dalla deliberazione comunale. Trascorsi i predetti 60 giorni, si applica il comma 2 dell’art. 25 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Le varianti urbanistiche di cui al presente comma, qualora rientrino nelle previsioni di cui al parag. 3 dell’art. 3 della direttiva 2001/42/CE e al comma 4 dell’art. 7 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. non sono soggette a valutazione am-bientale strategica».

Il D.L. n. 95/2012, all’art. 23-ter “Valorizzazione e dismissione di immobili pubblici”, modifica l’art. 33 del D.L. n. 98/2011, conv. in legge n. 111/2011 aggiungendo le seguenti disposizioni: «Allo scopo di conseguire la riduzione del debito pubblico il Ministro dell’economia e delle finanze, attraverso la società di gestione del risparmio di cui al comma 1, promuove, con le modalità di cui all’art. 4 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, la costituzione di uno o più fondi comu-ni d’investimento immobiliare, a cui trasferire o conferire immobili di proprietà dello Stato non utilizzati per finalità istituzionali, nonché diritti re-ali immobiliari. Le società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato possono deliberare il trasferimento o il conferimento a tali fondi di im-mobili di proprietà. Possono altresì essere trasferiti o conferiti ai medesimi fondi i beni valorizzabili, suscettibili di trasferimento ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 28 mag-gio 2010, n. 85 (federalismo demaniale), individua-ti dall’Agenzia del demanio e a seguito di apposita manifestazione, da parte dei competenti organi degli Enti interessati, della volontà di valorizza-zione secondo le procedure del presente comma. I decreti del Ministro dell’economia e delle finanze di cui all’art. 4 del citato decreto-legge 25 settem-bre 2001, n. 351, disciplinano, altresì, le modalità di concertazione con le competenti strutture tec-niche dei diversi livelli di governo territoriale in-teressati, nonché l’attribuzione agli enti territoriali delle quote dei fondi, nel rispetto della ripartizione e per le finalità previste dall’articolo 9 del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, limitatamente ai

il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27

1703

beni di cui all’articolo 5, comma 1 lettera e), sopra richiamato, derivanti dal conferimento ai predetti fondi immobiliari. Ai fondi di cui al presente com-ma possono conferire beni anche i soggetti di cui al comma 2 (regioni, provincie, comuni anche in for-ma consorziata o associata ai sensi del decreto legi-slativo 18 agosto 2000, n. 267, ed altri enti pubblici ovvero società interamente partecipate dai predetti enti) con le modalità ivi previste, ovvero con appo-sita deliberazione adottata secondo le procedure di cui all’articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, anche in deroga all’obbligo di allegare il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari al bilancio. Tale delibera deve indica-re espressamente le destinazioni urbanistiche non compatibili con le strategie di trasformazione urba-na. La totalità delle risorse rivenienti dalla valoriz-zazione ed alienazione degli immobili di proprietà delle regioni e degli enti locali trasferiti ai fondi di cui al presente comma, è destinata alla riduzione del debito dell’ente e, solo in assenza del debito, o comunque per la parte eventualmente eccedente, a spese di investimento. Per le medesime finalità di cui al comma precedente, il Ministro dell’economia e delle finanze, attraverso la società di gestione del risparmio di cui al comma 1, promuove, altresì, con le modalità di cui all’articolo 4 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modifica-zioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, uno o più fondi comuni di investimento immobiliare a cui sono trasferiti o conferiti, ai sensi del comma 4, gli immobili di proprietà dello Stato non più utiliz-zati dal Ministero della difesa per finalità istituzio-nali e suscettibili di valorizzazione, nonché diritti reali immobiliari».La norma richiamata interviene anche sull’art. 31, comma 46, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, che riguarda norme particolari per gli enti locali e in particolare nella fattispecie le convenzioni per la concessione del diritto di superficie o la cessione in proprietà (legge n. 865/1971).

2. L’intervento del decreto Monti n. 201/2011

I commi 1 e 2 dell’art. 58 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 convertito, con modificazioni, dalla leg-ge 6 agosto 2008, n. 133, sono stati così sostituiti dall’art.6 del D.L. 6 dicembre 2011 n.201, come convertito in legge n. 214/2011:

«1. Per procedere al riordino, gestione e valorizzazio-

ne del patrimonio immobiliare di regioni, province, comuni e altri enti locali, nonché di società o enti a totale partecipazione dei predetti enti, ciascuno di essi, con delibera dell’organo di Governo individua, redigendo apposito elenco, sulla base e nei limiti del-la documentazione esistente presso i propri archivi e uffici, i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valoriz-zazione ovvero di dismissione. Viene così redatto il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobilia-ri allegato al bilancio di previsione nel quale, pre-via intesa, sono inseriti immobili di proprietà dello Stato individuati dal Ministero dell’economia e delle finanze-Agenzia del demanio tra quelli che insistono nel relativo territorio.

2. L’inserimento degli immobili nel piano ne deter-mina la conseguente classificazione come patrimo-nio disponibile, fatto salvo il rispetto delle tutele di natura storico-artistica, archeologica, architettonica e paesaggistico-ambientale. Il piano è trasmesso agli Enti competenti, i quali si esprimono entro trenta giorni, decorsi i quali, in caso di mancata espressio-ne da parte dei medesimi Enti, la predetta classifica-zione è resa definitiva. La deliberazione del consiglio comunale di approvazione, ovvero di ratifica dell’atto di deliberazione se trattasi di società o Ente a totale partecipazione pubblica, del piano delle alienazioni e valorizzazioni determina le destinazioni d’uso ur-banistiche degli immobili. Le regioni, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente dispo-sizione, disciplinano l’eventuale equivalenza della deliberazione del consiglio comunale di approvazione quale variante allo strumento urbanistico generale, ai sensi dell’articolo 25 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, anche disciplinando le procedure semplificate per la relativa approvazione. Le regioni, nell’ambi-to della predetta normativa approvano procedure di copianificazione per l’eventuale verifica di conformi-tà agli strumenti di pianificazione sovraordinata, al fine di concludere il procedimento entro il termine perentorio di 90 giorni dalla deliberazione comunale. Trascorsi i predetti 60 giorni, si applica il comma 2 dell’articolo 25 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Le varianti urbanistiche di cui al presente comma, qua-lora rientrino nelle previsioni di cui al paragrafo 3 dell’articolo 3 della direttiva 2001/42/CE e al comma 4 dell’articolo 7 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. non sono soggette a valutazione am-bientale strategica».

area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile

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3. Il D.L. 6 luglio 2012, n. 95 - Spending Review 2

L’art. 3 del D.L. n. 95/2012 e relativa legge di con-versione (7 agosto 2012, n. 135), cosiddetta spen-ding review 2, è rubricato “Razionalizzazione del patrimonio pubblico e riduzione dei costi per le locazioni passive”.Il primo comma prevede che in considerazione dell’eccezionalità della situazione economica e te-nuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungi-mento degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, per gli anni 2012, 2013 e 2014, l’aggior-namento relativo alla variazione degli indici ISTAT, previsto dalla normativa vigente non si applica al canone dovuto dalle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica am-ministrazione, come individuate dall’Istituto na-zionale di statistica ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché dalle Autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) per l’u-tilizzo in locazione passiva di immobili per finalità istituzionali. Il secondo comma apporta modificazioni al D.P.R. 13 settembre 2005, n. 296 recante “Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione dei beni immobili appartenen-ti allo Stato”. In particolare all’art 10 riguardante i soggetti beneficiari a titolo gratuito è soppressa la lett. d) che si riferisce a province e comuni e all’art. 11 relativo ai soggetti beneficiari a canone agevo-lato è soppressa la lett. a) che riguarda le regioni e gli enti locali.All’art. 1, comma 439, della legge n. 311/2004, legge finanziaria 2005, è apportata una modifica di rile-vanza prevedendo che le regioni e gli enti locali di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, possono con-cedere alle Amministrazioni dello Stato, per le fina-lità istituzionali di queste ultime, l’uso gratuito di immobili di loro proprietà.I commi dal quattro al sei fanno riferimento, ai fini del contenimento della spesa pubblica, ai contratti di locazione passiva aventi ad oggetto immobili ad uso istituzionale stipulati dalle Amministrazioni centrali.Il nono comma prevede che all’art. 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, dopo il comma 222, sono aggiunti due commi. Il primo prevede che l’otti-mizzazione degli spazi ad uso ufficio è perseguita dalle Amministrazioni di cui al precedente comma

222 rapportando gli stessi alle effettive esigenze funzionali degli uffici e alle risorse umane impiega-te avuto riguardo ad un parametro di riferimento compreso tra 20 e 25 metri quadrati per addetto. Le Amministrazioni interessate pongono in esse-re entro 90 giorni dalla data di pubblicazione del decreto piani di razionalizzazione degli spazi nel rispetto dei parametri sopraindicati senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Detti piani devono essere comunicati all’Agenzia del demanio. Le medesime Amministrazioni co-municano al Dipartimento della Ragioneria Gene-rale dello Stato, il rapporto mq/addetto scaturente dagli indicati piani di razionalizzazione dalle stesse predisposti. In caso di nuova costruzione o di ri-strutturazione integrale, il rapporto mq/addetto è determinato dall’Agenzia del demanio. Nella predi-sposizione dei piani di ottimizzazione e razionaliz-zazione degli spazi dovranno in ogni caso essere te-nute in considerazione le vigenti disposizioni sulla riduzione degli assetti organizzativi, ivi comprese quelle recate dal decreto. Le disposizioni costituiscono principio a cui le regioni e gli enti locali, negli ambiti di rispettiva competenza, adeguano i propri ordinamenti.Il comma successivo riguarda gli spazi destinati all’archivio utilizzati dalle Amministrazioni cen-trali.Il comma quattordici modifica l’art. 3-bis, del D.L. n. 351/2001 convertito nella legge n. 410/2001 e rubricato “valorizzazione e utilizzazione a fini eco-nomici dei beni immobili tramite concessione o lo-cazione” che contiene quindi la seguente disciplina: I beni immobili di proprietà dello Stato individuati ai sensi dell’art. 1 possono essere concessi o loca-ti a privati, a titolo oneroso, per un periodo non superiore a cinquanta anni, ai fini della riqualifi-cazione e riconversione dei medesimi beni tramite interventi di recupero, restauro, ristrutturazione anche con l’introduzione di nuove destinazioni d’uso finalizzate allo svolgimento di attività econo-miche o di servizio per i cittadini, ferme restando le disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni. Agli enti territoriali interessati dal procedimento di cui al comma 2 è ri-conosciuta una somma non inferiore al 50 per cen-to e non superiore al 100 per cento del contributo di costruzione dovuto ai sensi dell’art. 16 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al D.P.R. 6 giugno 2001,

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n. 380, e successive modificazioni, per l’esecuzione delle opere necessarie alla riqualificazione e ricon-versione. Tale importo è corrisposto dal concessio-nario all’atto del rilascio o dell’efficacia del titolo abilitativo edilizio.

Cap. VIIIl leasing finanziario

Per analizzare la normativa e i contenuti delle ope-razioni di leasing finanziario si ripercorre la deli-berazione n. 87/2008 della Sezione Regionale di controllo della Corte dei Conti della regione Lom-bardia.Ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge n. 183/1976, per operazioni di locazione finanziaria s’intendono “le operazioni di locazione di beni mobili ed immobili, acquistati o fatti costruire dal locatore su scelta e indicazione del conduttore, che ne assume tutti i rischi, e con facoltà di quest’ulti-mo di diventare proprietario dei beni locati al ter-mine del contratto, previo versamento di un prez-zo prestabilito”.Il leasing è uno schema negoziale sinallagmatico e commutativo, con causa mista, che consente ad un soggetto, previo pagamento di un canone pe-riodico, di utilizzare un bene, mobile o immobi-le, strumentale all’esercizio della propria attività o al perseguimento dei propri fini istituzionali, con possibilità di riscattarlo ad un prezzo inferiore al valore di mercato al termine del periodo di dispo-nibilità stabilito nel contratto.Il leasing sintetizza in sé i caratteri tipici della loca-zione e della vendita a rate con riserva di proprietà, ma anche la funzione di finanziamento.Con il leasing finanziario l’utilizzatore usufruisce per il raggiungimento degli scopi istituzionali sia del bene che del capitale iniziale necessario per re-alizzarlo e usarlo.Il pagamento del canone non rappresenta solo il corrispettivo per la locazione del bene, quanto piuttosto una modalità di restituzione del finan-ziamento per una somma corrispondente al valore complessivo dell’operazione economica program-mata, la quale comprende altresì il costo del bene, l’ammortamento del capitale e dell’interesse sulle somme investite per la realizzazione dell’opera, l’u-tile e le spese del concedente.Il leasing finanziario si configura generalmente in uno schema trilaterale: l’utilizzatore del bene, il

concedente il leasing (o società di leasing) che ac-quista il bene e ne conserva la piena proprietà sino al momento del riscatto, il fornitore del bene.Il leasing operativo è, invece, una struttura nego-ziale che, alternativamente, si accosta alla vendita con patto di riscatto, qualora si preveda in capo al lesee il diritto di riscatto del bene al termine del periodo di utilizzazione, ovvero alla locazione e alla somministrazione qualora lo stesso produtto-re concede in godimento il bene prodotto per un canone che comprende la locazione ed i servizi di assistenza e manutenzione del bene stesso, in rela-zione alla durata del suo ciclo economico.La distinzione fra leasing finanziario ed operativo è stata questione più volte affrontata dalla giurispru-denza di legittimità, oramai consolidata (Cass. civ. sent. n. 5573 e n. 5574 del 13 dicembre 1989; Cass. civ. sez. I, sentenza n. 1731/1994).La Sezione regionale di controllo della Lombardia della Corte dei conti con il parere n. 15/2006 si è espressa sulla natura e ammissibilità del contratto di “sale and lease back”, ovvero del contratto in base al quale un soggetto vende un bene alla società di leasing, che a sua volta concede lo stesso bene in leasing al soggetto venditore.La Sezione ha considerato ammissibile il leasing quale figura di contratto atipico, avuto riguardo alla capacità giuridica generale delle pubbliche am-ministrazioni.Peraltro gli elementi che devono sussistere quali presupposti del contratto sono:

- l’applicazione dei principi dell’evidenza pubblica secondo le tipologie dei beni e l’importo del con-tratto;

- una congrua valutazione degli aspetti relativi alla convenienza economica dell’operazione e degli ef-fetti sui bilanci annuali e pluriennali e sul patrimo-nio pubblico dell’ente;

- l’impiego del contratto come una forma di finan-ziamento e di indebitamento ricompreso nell’alveo dell’art.119 Cost., ammissibile solo al fine di proce-dere a nuovi investimenti.

1. Il leasing finanziario immobiliare: contenuti, e natura

Introdotto con la legge finanziaria per l’anno 2007 (legge n. 296/2006, artt. 1 commi 907-908; 912-914), il leasing finanziario immobiliare è attual-mente disciplinato all’art. 187 del D.Lgs. 18 aprile

area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile

1706

2016, n. 50, recante il nuovo Codice dei contratti pubblici, quale ulteriore modalità di realizzazione di opere pubbliche nella forma del “partenariato pubblico-privato”.Per la realizzazione, l’acquisizione ed il comple-tamento di opere pubbliche o di pubblica utilità i committenti tenuti all’applicazione del presente codice possono avvalersi anche del contratto di locazione finanziaria, che costituisce appalto pub-blico di lavori, salvo che questi ultimi abbiano un carattere meramente accessorio rispetto all’oggetto principale del contratto medesimo.Il legislatore ha riconosciuto piena legittimità al contratto di leasing finanziario quale modalità di realizzazione di opere pubbliche, estendendone l’ambito di operatività a tutti i committenti tenuti all’applicazione del Codice dei contratti pubblici e disciplinando con particolare cura il leasing in con-struendo in relazione alle regole per la procedura di gara e di affidamento, le cui norme sono state suc-cessivamente introdotte ed ampliate dai già citati decreti correttivi al Codice dei contratti.Nel leasing immobiliare in construendo la funzio-ne economica del contratto è volta non alla mera acquisizione della disponibilità di un bene per un periodo determinato di tempo, bensì alla realiz-zazione di un’opera pubblica a carico della stessa società finanziaria da destinare stabilmente al ser-vizio della collettività amministrata.La pubblica amministrazione realizza in tal modo un duplice interesse: dotarsi di un’opera pubblica che presenta determinate caratteristiche di utilizzo, in vista del futuro incremento qualitativo e quan-titativo del patrimonio dell’ente; evitare l’esborso del capitale in un’unica soluzione.Sotto tali profili, il leasing immobiliare pubblico in construendo può costituire uno strumento alter-nativo alla concessione di costruzione e di gestione o al project financing, tendente alla realizzazione di opere direttamente utilizzate dalla pubblica ammi-nistrazione, con l’ausilio di capitali privati.Il leasing immobiliare in construendo, è uno sche-ma negoziale avente una propria causa autonoma rispetto alle tradizionali forme di leasing. In par-ticolare, la funzione economico-sociale che si re-alizza attiene al vantaggio per la pubblica ammi-nistrazione di ottenere la disponibilità immediata di un’opera pubblica funzionale al raggiungimento degli scopi istituzionali, senza doverne pagare per intero ed in un’unica soluzione il prezzo di acqui-sto, con possibilità di traslare parte dei rischi finan-

ziari e di costruzione sulla controparte contrattua-le, adeguatamente remunerata, e di generare flussi di cassa positivi derivanti dalla resa di un servizio pubblico efficiente.Il ricorso allo strumento del leasing finanziario pubblico non può essere lo strumento con il qua-le eludere le regole imposte dalla disciplina degli appalti pubblici e gli obiettivi del patto di stabi-lità.Si conferma l’applicazione delle norme sull’eviden-za pubblica perché siamo in presenza di processi destinati a realizzare l’obiettivo di acquisire al pa-trimonio pubblico opere pubbliche e beni a fecon-dità ripetuta.La disciplina del leasing finanziario deve essere compatibile con la disciplina in materia di appalti comunitari ed in questa prospettiva teorica deve essere inquadrato, a seconda della tipologia in con-creto delineata, in una delle forme negoziali pre-viste dalla disciplina comunitaria e nazionale (art. 187, D.Lgs. n. 50/2016), al fine di determinare le regole applicabili alla sottostante procedura di evi-denza pubblica e al fine di enucleare i criteri inter-pretativi delle pattuizioni negoziali nei casi dubbi e controversi.La possibilità di affidarsi ad una società di leasing cui delegare la gestione operativa della procedure, accosta la figura del leasing finanziario a quella del project financing e dunque esige il rispetto dei principi fissati dal codice degli appalti pubblici e dei canoni di derivazione comunitaria in tema di concorrenza.Nella determinazione del contenuto del contratto occorrerà tener conto che per sua stessa natura, l’u-nica forma di leasing certamente ammissibile per la pubblica amministrazione è quella del leasing “traslativo”, ovvero di un contratto di finanzia-mento che consenta di ottenere alla fine del perio-do di ammortamento dei canoni periodici, l’opera pubblica già utilizzata dall’ente locale, mediante la previsione in favore dell’ente del diritto di riscatto del bene medesimo, per una somma in precedenza concordata e comunque sempre inferiore al valore di mercato dell’opera.In tali termini, il leasing finanziario “traslativo” (sul punto Cass. n. 10482/92), consolidando l’acquisto della proprietà del bene in capo all’ente pubblico, realizza l’obiettivo di incrementare stabilmente il patrimonio indisponibile dell’amministrazione, con conseguenti effetti positivi sulla sana e corretta gestione patrimoniale della res publica.

il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27

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Il contratto di leasing di “mero godimento” deve avere ad oggetto un bene durevole destinato a ra-pida obsolescenza e che diminuisca costantemen-te il proprio valore di mercato durante il ciclo di utilizzazione. Soltanto in questo modo si potrebbe configurare un’utilità per la pubblica amministra-zione, ma si tratterebbe comunque di una figura assimilabile alla disciplina prevista per i contratti di fornitura di beni e servizi, ovvero per i contrat-ti ad esecuzione continuata e periodica ed, in ogni caso, di uno schema negoziale non compatibile con la realizzazione di un bene immobile da destinare definitivamente alla soddisfazione dei bisogni so-ciali degli amministrati.La Sezione Lombardia della Corte dei conti nella deliberazione 87/2008 qualifica l’operazione di leasing finanziario immobiliare come forma d’in-debitamento dell’ente pubblico ulteriore rispetto a quelle indicate dall’art. 3, comma 17, della leg-ge 350/2003, che deve essere conseguentemente orientata ai fini di cui all’art. 119, sesto comma, della Costituzione, ovvero tesa a finanziare ope-razioni d’investimento quali quelle ricomprese nell’art. 3, comma 18, lett. a), b), c), e), i) della leg-ge 350/2003.La normativa non si è ancora adeguata a tale orien-tamento “sostanziale” che è assolutamente con-divisibile dal punto di vista tecnico-finanziario e giuridico-amministrativo.Definita la natura dell’operazione deve essere scongiurato l’utilizzo del leasing, quale forma d’indebitamento per gli investimenti vietata agli enti locali, regioni e province autonome inadem-pienti alle regole del patto di stabilità interno relativo agli anni 2008-2011, ai sensi degli artt. 77, 77-bis comma 20, lett. b), 77-ter lett. b) della legge finanziaria n. 133/2008, le quali potrebbero essere agevolmente eluse qualora l’ente che non abbia rispettato il patto di stabilità interno (ora vincolo di finanza pubblica di cui alla legge n. 243/2012), nell’anno successivo all’inadempienza stipulasse un contratto di leasing finanziario per la realizzazione di opere pubbliche, in sostituzio-ne delle forme di finanziamento espressamente proibite, quali il mutuo o l’emissione di prestito obbligazionario.Le altre deliberazioni della Sezione di Controllo della Corte della Lombardia sul leasing sono: 12 ottobre 2006, n. 15; 13 novembre 2008, n. 87, 5 marzo 2009, n. 52, 22 settembre 2009, n. 1139.

2. Riflessi del leasing sul bilancio dell’ente locale

Il canone periodico del leasing operativo, avente ad oggetto l’utilizzazione di un bene servente al nor-male funzionamento della Pubblica amministra-zione, rientra fra le spese correnti. Tale soluzione considera il canone un corrispettivo per il godi-mento del bene, pur in presenza in esso di elementi non riconducibili alla mera disponibilità della cosa. Il bene rientra nel conto del patrimonio dell’ente solo dopo l’avvenuto esercizio del diritto di ri-scatto. Il prezzo del riscatto può essere imputato a spese correnti o a quelle d’investimento a seconda della natura e della destinazione del bene acquisito, alla stregua degli usuali criteri classificatori delle spese pubbliche.Per quanto concerne il leasing finanziario, la classi-ficazione contabile può seguire due diversi criteri, il metodo patrimoniale (formale) o il metodo fi-nanziario (sostanziale).Con il metodo patrimoniale, le pubbliche ammini-strazioni si limitano a rilevare l’esborso finanziario, senza iscrivere alcun bene nel proprio bilancio. Il canone di leasing è considerato un onere per l’uso del bene. L’opera utilizzata dall’ente è considerato un asset appartenente a terzi.I canoni periodici, comprensivi della sorte capitale e della quota d’interessi saranno imputati nel conto economico. Le uscite relative ai canoni sono consi-derate come spese correnti per utilizzo di beni di terzi. Nel conto economico si contabilizza un costo di gestione.Il metodo finanziario è invece disciplinato dal prin-cipio contabile internazionale denominato “IAS 17”. Il bene utilizzato è rilevato tra le immobilizza-zioni nel bilancio dell’ente pubblico utilizzatore al momento della consegna del medesimo, a seguito di regolare collaudo, ed iscritto al valore del costo di costruzione (art. 230, comma 4, lett. c, TUEL). Si prevede l’ammortamento in funzione del ciclo eco-nomico utile del bene o della durata del contratto. Le quote di ammortamento si rilevano nel conto economico (art. 239 TUEL). Il finanziamento del leasing equivale formalmente e sostanzialmente ad un’operazione di debito. Il valore del bene è con-tabilizzato dall’ente pubblico utilizzatore nel Tito-lo V, fra le “entrate da assunzione di prestiti”. In contropartita, l’ente pubblico rileva un’operazione d’indebitamento che rappresenta lo stock di debito residuo da pagare periodicamente con i canoni di leasing comprensivi della quota di capitale e inte-

area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile

1708

ressi. La spesa impegnata per il pagamento dei ca-noni è essenzialmente una spesa per investimento da iscrivere al Titolo III, rubricato “spese per rim-borso prestiti”, relativamente alla quota di capitale rimborsato, e da iscrivere al Titolo I quale onere fi-nanziario per spese correnti, in relazione alla quota d’interessi (art. 165 TUEL). In base ai criteri di rile-vazione portati dal metodo finanziario, il leasing, al pari di un mutuo, incide sia sui limiti di spesa che sui limiti d’indebitamento dell’ente.La metodologia di contabilizzazione “finanziaria” corrisponde al principio sostanziale applicato al contratto di leasing immobiliare ed è da privilegia-re.Dal 1° gennaio 2015 trova applicazione il punto 3.25 del principio applicato della contabilità finan-ziaria di cui al D.Lgs. n. 118/2011 e s.m.i.Anche per il leasing finanziario occorre fare rife-rimento all’art. 75 del D.Lgs. n. 126/2014 recante “Adeguamento della definizione di indebitamen-to”, già citato in precedenza nella parte riguardante le cartolarizzazioni.

Cap. VIIIGli oneri per il permesso per costruire

1. La destinazione dei proventi

L’art. 12 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, disci-plinava la destinazione dei proventi relativi alle concessioni edilizie. Il testo di detto articolo rive-duto e corretto dalle successive norme (art. 11-bis della legge 488/1996) stabiliva la destinazione dei proventi alla realizzazione delle opere di urbaniz-zazione primaria e secondaria, al risanamento dei complessi edilizi compresi nei centri storici, all’ac-quisizione di aree da espropriare per la realizzazio-ne dei programmi pluriennali nonché nel limite del 30% a spese di manutenzione ordinaria del patri-monio comunale.Lo stesso articolo disponeva in termini di cassa che tali fondi fossero versati in conto corrente vincola-to presso la tesoreria del comune. Successivamente l’art. 49, comma 7 della legge 27 dicembre 1997, n.

449 stabiliva che i proventi delle concessioni edili-zie e delle sanzioni possono essere destinati anche al finanziamento di spese di manutenzione del pa-trimonio comunale.Orbene l’art. 12 della legge n. 10/1977 che discipli-nava la destinazione dei proventi delle concessioni è stato abrogato dall’art. 136 del D.Lgs. n. 378/2001 e dall’art. 136 del D.P.R. n. 380/2001 mentre l’art. 43 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia” aggiornato ai sensi del D.Lgs. n. 301/2002 stabilisce che i contributi, le sanzioni e le spese di cui al Titoli II e IV della parte prima del Testo unico sono accertati e riscossi secondo le nor-me vigenti in materia di riscossione coattiva delle entrate dell’ente procedente.Salvo quanto disposto dall’art. 17, comma 3, il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione non-ché al costo di costruzione. La quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione va corrispo-sta al comune all’atto del rilascio del permesso di costruire e, su richiesta dell’interessato può essere rateizzata. Mentre la quota di contributo relativa al costo di costruzione è corrisposta in corso d’o-pera, non oltre 60 giorni dalla ultimazione della costruzione.Al riguardo l’art. 16 del Testo unico, al comma 7, esplicita le tipologie degli oneri di urbanizzazione primaria: strade residenziali, spazi di sosta o di par-cheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, pubblica illumina-zione spazi a verde attrezzato.Sempre lo stesso art. 16, comma 8, prevede invece gli interventi riguardanti gli oneri di urbanizzazio-ne secondaria: asili nido e scuole materne, scuole dell’obbligo, strutture e complessi per l’istruzione superiore all’obbligo, mercati di quartiere, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali, attrezzature culturali, ecc.Facendo una disamina delle norme che sono state abrogate dalle leggi recenti si può dedurre sull’uti-lizzo dei fondi in termini di competenza la sintesi che segue:

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nizzazione primaria e secondaria, al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici e nelle periferie degradate, a interventi di riuso e di rigene-razione, a interventi di demolizione di costruzioni abusive, all’acquisizione e alla realizzazione di aree verdi destinate a uso pubblico, a interventi di tute-la e riqualificazione dell’ambiente e del paesaggio, anche ai fini della prevenzione e della mitigazione del rischio idrogeologico e sismico e della tutela e riqualificazione del patrimonio rurale pubblico, nonché a inter-venti volti a favorire l’insediamento di attività di agricoltura nell’ambito urbano.Per la contabilizzazione dei proventi da permessi da costruire trova applicazione dal 1° gennaio 2015 il principio contabile applicato della contabilità fi-nanziaria, punto 3.11.

2. Opere eseguite a scomputo

Con determinazione n. 7 del 16 luglio 2009 l’Auto-rità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha affrontato l’argomento dello scomputo degli oneri di urbanizzazione.La necessaria urbanizzazione delle aree in funzio-ne delle costruzioni edilizie costituisce un prin-cipio fondamentale che la normativa urbanistica italiana ha progressivamente consolidato (legge 1150/1942; legge 765/1967; legge 10/1977, D.P.R. 380/2001); nello stesso senso hanno disposto le leggi regionali.

Quindi è implicito che i proventi debbano essere destinati alla spesa in conto capitale a finanziamen-to degli interventi di urbanizzazione primaria e se-condaria come sopra esplicitato. È possibile altresì l’utilizzo in parte corrente essendo venuto meno il vincolo di specifica destinazione che ne caratte-rizzava la gestione precedente in base alla legge 28 gennaio 77, n. 10.I proventi sono destinati alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria; al risanamento di complessi edilizi compresi nei cen-tri storici, all’acquisizione delle aree da espropriare per la realizzazione dei programmi pluriennali di cui all’art. 13 nonché alle spese di manutenzione ordinaria del patrimonio comunale.La legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabi-lità 2016), ha stabilito che per gli anni 2016 e 2017 i proventi da concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal T.U. n.380/2001, fatta eccezione per le sanzioni di cui all’art. 31, c. 4-bis, possono essere utilizzati per una quota pari al 100% per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale, nonché per spese di proget-tazione delle opere pubbliche.Ai sensi del comma 460 della legge n. 232/2016 a decorrere dal 1º gennaio 2018, i proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni previste dal D.P.R. n. 380/2001, sono destinati esclusivamente e senza vincoli temporali alla realizzazione e alla manuten-zione ordinaria e straordinaria delle opere di urba-

Norma di riferimento

Riferimento al bilancio

Urbanizzazione primariaUrbanizzazione

secondariaManutenzione

ordinaria

Commi 7 e 8 del D.Lgs. 378/2001

Titolo II - Spesa in conto capitale

Strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione, energia elettrica e gas, pubblica il-luminazione, spazi a verde attrezzato

Asili nido e scuole materne, scuole dell’obbligo, mercati di quartiere, chiese ed altri edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie

Legge 27 dicembre 1997, n. 449, art. 49, comma 7

Titolo I - Spesa corrente

Per la manuten-zione ordinaria del patrimonio

Art. 2, comma 48, legge 662/1996

Titolo IV di entrata - costi di istruttoria delle domande di concessione in sanatoria;- anticipazione dei costi di demolizione delle opere di cui agli artt. 32 e 33 della legge 47/1985

area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile

1710

L’obbligo di pagare gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria è sorto con la legge 6 agosto 1967, n. 765 (art. 8), al quale si è aggiunto quello inerente il contributo commisurato al costo di co-struzione con l’art. 6 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (la cosiddetta legge Bucalossi). Le disposizioni sono state tutte trasfuse nell’art. 16 del Testo unico sull’edilizia che, ai commi 7, 7-bis e 8 del D.P.R. n. 380/2001, stabilisce la suddivisione in oneri di ur-banizzazione primaria e secondaria. Il rilascio del permesso di costruire da parte di una amministra-zione comporta, pertanto, per il privato “la corre-sponsione di un contributo commisurato all’in-cidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione” (art. 16, comma l, del D.P.R. n. 380/2001). Come sostenuto dalla giurisprudenza, gli oneri di urbanizzazione sono dovuti “in ragione dell’obbligo del privato di partecipare ai costi delle opere di trasformazione del territorio” (Cons. Stato, sez. V, 23 gennaio 2006, n. 159).L’art. 16, comma 2 del Testo Unico dell’edilizia, ha previsto la possibilità di scomputare la quota del con-tributo relativa agli oneri di urbanizzazione, nel caso in cui il titolare del permesso di costruire o attuatore del piano si obblighi a realizzarle direttamente. Tra l’operatore privato e l’amministrazione viene stipu-lata una convenzione che contiene e disciplina tutti i termini del rapporto. Lo stesso art. 16 stabilisce, poi, che le opere così realizzate sono acquisite al patrimo-nio indisponibile del Comune. Sulla materia è inter-venuta la Corte di Giustizia con la sentenza l2 luglio 2001C399/1998, “Scala 2001” che così conclude: “la realizzazione diretta di un’opera di urbanizzazione secondo le condizioni e le modalità previste dalla normativa italiana in materia urbanistica costituisce un “appalto pubblico di lavori” ai sensi della diretti-va» (punto 97). In sostanza, la Corte ha sostenuto che le opere di urbanizzazione sono da ritenere pubbli-che sin dalla loro origine (quindi anche se eseguite su proprietà privata e se formalmente di proprietà pri-vata prima del passaggio al patrimonio pubblico); la realizzazione delle opere in luogo del loro pagamento conferma la natura patrimoniale del contratto, con riflessi sui pubblici interessi”.

L’art. 1 del D.Lgs. 50/2016, comma due, lett. e), recante il riordino della disciplina della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a la-vori, servizi e forniture prevede quanto segue: “lavori pubblici da realizzarsi da parte di sogget-ti privati, titolari di permesso di costruire o di un altro titolo abilitativo, che assumono in via diretta

l’esecuzione delle opere di urbanizzazione a scom-puto totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso, ai sensi dell’art. 16, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giu-gno 2001, n. 380, e dell’art. 28, comma 5, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, ovvero eseguono le relative opere in regime di convenzione. L’amministrazio-ne che rilascia il permesso di costruire o altro titolo abilitativo, può prevedere che, in relazione alla re-alizzazione delle opere di urbanizzazione, l’avente diritto a richiedere il titolo presenti all’amministra-zione stessa, in sede di richiesta del suddetto tito-lo, un progetto di fattibilità tecnica ed economica delle opere da eseguire, con l’indicazione del tem-po massimo in cui devono essere completate, alle-gando lo schema del relativo contratto di appalto. L’amministrazione, sulla base del progetto di fatti-bilità tecnica ed economica, indice una gara con le modalità previste dall’art. 60 o 61. Oggetto del con-tratto, previa acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta, sono la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori. L’offerta relativa al prezzo indica distintamente il corrispettivo richiesto per la progettazione esecutiva, per l’esecuzione dei lavori e per i costi della sicurezza”.In applicazione del nuovo principio applicato della contabilità finanziaria gli scomputi di oneri devono essere previsti nel bilancio autorizzatorio ed esse-re gestiti contabilmente come prevede il principio stesso: “Le transazioni possono essere monetarie, nel caso di scambio di mezzi di pagamenti o altre attività o passività finanziarie, o non monetarie (trasferimenti o conferimenti di beni, permute, ecc.). Non sono considerate transazioni le calamità naturali, il furto, ecc.La rilevazione delle transazioni da cui non derivano flussi di cassa è effettuata al fine di attuare piena-mente il contenuto autorizzatorio degli stanzia-menti di previsione.La registrazione delle transazioni che non presen-tano flussi di cassa è effettuata attraverso le rego-larizzazioni contabili, costituite da impegni cui corrispondono accertamenti di pari importo e da mandati versati in quietanza di entrata nel bilancio dell’amministrazione stessa.Le regolazioni contabili sono effettuate solo con riferimento a transazioni che riguardano crediti e debiti o che producono effetti di natura economico-patrimoniale. Sono escluse le regolazioni contabili che registrano movimenti interni di risorse tra le articolazioni organizzative di un ente prive di auto-nomia contabile e di bilancio”.

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Cap. IXGli obblighi di comunicazione al Ministero dell’Economia e delle Finanze

L’art. 2 comma 222 della legge finanziaria 2010 pre-vede che a decorrere dal 1° gennaio 2010, le ammi-nistrazioni dello Stato di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modifica-zioni, incluse la Presidenza del Consiglio dei mini-stri e le agenzie, anche fiscali, comunicano annual-mente all’Agenzia del demanio, entro il 31 gennaio, la previsione triennale:

a) del loro fabbisogno di spazio allocativo;

b) delle superfici da esse occupate non più neces-sarie.

L’Agenzia del demanio, verificata la corrispondenza dei fabbisogni comunicati con gli obiettivi di conte-nimento della spesa pubblica di cui agli artt. 1, com-mi 204 e seguenti, della legge 27dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, nonché 74 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modifica-zioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni:

a) accerta l’esistenza di immobili da assegnare in uso fra quelli di proprietà dello Stato ovvero trasfe-riti ai fondi comuni d’investimento immobiliare di cui all’art. 4 del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, con-vertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni;

b) verifica la congruità del canone degli immobili di proprietà di terzi, ai sensi dell’art. 1, comma 479, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, individuati dalle predette amministrazioni tramite indagini di mercato;

c) stipula i contratti di locazione ovvero rinnova, qualora ne persista il bisogno, quelli in scadenza sottoscritti dalle predette amministrazioni e, salvo quanto previsto alla lett. d), adempie i predetti con-tratti;

d) consegna gli immobili locati alle amministra-zioni interessate che, per il loro uso e custodia, ne assumono ogni responsabilità e onere.

A decorrere dal 1 gennaio 2011, è nullo ogni con-tratto di locazione di immobili non stipulato dall’A-genzia del demanio, fatta eccezione per quelli sti-pulati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dichiarati indispensabili per la protezione degli interessi della sicurezza dello Stato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito un fondo unico destinato alle spese per canoni di locazione di immobili assegnati alle predette amministrazioni dello Stato.Per la quantificazione delle risorse finanziarie da assegnare al fondo, le predette amministrazioni comunicano annualmente al Ministero dell’econo-mia e delle finanze l’importo dei canoni locativi. Le risorse del fondo sono impiegate dall’Agenzia del demanio per il pagamento dei canoni di locazione.A decorrere dal 1° gennaio 2010, fermo restando quanto previsto dall’art. 2, commi 618 e 619, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, le amministrazioni interessate comunicano semestralmente all’Agenzia del demanio gli interventi manutentivi effettuati sia sugli immobili di proprietà dello Stato, alle medesi-me in uso governativo, sia su quelli di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo, nonché l’ammonta-re dei relativi oneri. Gli stanziamenti delle singole amministrazioni per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, a decorrere dall’esercizio finanziario 2011, non potranno eccedere gli importi spesi e comunicati all’Agenzia del demanio, fermi restando i limiti stabiliti dall’art. 2, comma 618, del-la legge 24 dicembre 2007, n. 244.Tutte le amministrazioni pubbliche di cui al citato art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, e suc-cessive modificazioni, che utilizzano o detengono, a qualunque titolo, immobili di proprietà dello Stato o di proprietà dei medesimi soggetti pubbli-ci, (dovevano entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge) devono trasmettere al Ministero dell’e-conomia e delle finanze - Dipartimento del tesoro l’elenco identificativo dei predetti beni ai fini della redazione del rendiconto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato previsto dall’art. 6, comma 8, lett. e), del regolamento di cui al D.P.R. 30 gennaio 2008, n. 43, e del conto generale del patrimonio dello Sta-to di cui all’art. 14 del D.Lgs. 7 agosto 1997, n. 279.L’obbligo è peraltro mantenuto per ciascun eserci-zio, in quanto entro il 31 gennaio di ciascun anno le stesse amministrazioni sono tenute a comunicare le eventuali variazioni intervenute. Qualora emerga l’esistenza di immobili di proprietà dello Stato non in gestione dell’Agenzia del demanio, gli stessi rien-trano nella gestione dell’Agenzia. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze l’obbligo di comunicazione può essere esteso ad altre forme di attivo ai fini della redazione dei predetti conti patri-moniali. In caso di inadempimento dei predetti ob-blighi di comunicazione e di trasmissione, l’Agenzia

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del demanio ne effettua la segnalazione alla Corte dei conti. La ricognizione è effettuata con le moda-lità previste con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia del demanio sono stabi-lite le modalità delle comunicazioni e delle trasmis-sioni previste dal presente comma.Qualora nell’attuazione dei piani di razionaliz-zazione di cui al comma 222, periodo nono, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, l’amministrazione utilizzatrice, per motivi ad essa imputabili, non provvede al rilascio degli immobili utilizzati entro il termine stabilito, su comunicazione dall’Agenzia del demanio il Ministero dell’economia e finanze - Dipartimento della ragioneria generale dello Stato effettua una riduzione lineare degli stanziamenti di spesa dell’amministrazione stessa pari all’8 per cen-to del valore di mercato dell’immobile rapportato al periodo di maggior permanenza.Gli obblighi di comunicazione previsti dall’art. 2, comma 222, periodo dodicesimo, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, sono estesi alle ammini-strazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell’art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196.La violazione degli obblighi di comunicazione sta-biliti dall’art. 2, comma 222, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e successive modificazioni, e dai decreti di cui al medesimo comma, quindicesimo periodo, è causa di responsabilità amministrativa. Le ammi-nistrazioni soggette ai suddetti obblighi individua-no, secondo le rispettive strutture organizzative e i relativi profili di competenza, i responsabili della comunicazione stessa, trasmettendoli al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro, tramite registrazione sul portale. Per la co-municazione delle unità immobiliari e dei terreni, delle concessioni e delle partecipazioni, prevista dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 30 luglio 2010, il termine per l’adempimento è il 31 gennaio 2012. All’art. 2, comma 222, dodicesi-mo periodo, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, le parole: “rendiconto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato previsto dall’articolo 6, comma 8, lettera e), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 30 gennaio 2008, n. 43 e del conto generale del patrimonio dello Stato di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279” sono sostituite dalle seguenti: “rendi-

conto patrimoniale delle Amministrazioni pubbliche a valori di mercato”. All’art. 2, comma 222, sedice-simo periodo, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, le parole: “l’Agenzia del demanio ne effettua la se-gnalazione alla Corte dei conti” sono sostituite dalle seguenti: “l’Agenzia del demanio e il Ministero dell’e-conomia e delle finanze - Dipartimento del tesoro ne effettuano la segnalazione alla Corte dei conti per gli atti di rispettiva competenza”.

Cap. XLa legge di stabilità 2014 - Legge 27 dicembre 2013, n. 147

La legge di stabilità 2014 ricomprende alcune norme di interesse concernenti la gestione patrimoniale.Il comma 388 prevede che anche ai fini della rea-lizzazione degli obiettivi di contenimento della spesa, i contratti di locazione di immobili stipulati dalle amministrazioni individuate ai sensi dell’art. 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e s.m., non possono essere rinnovati, qualora l’Agen-zia del demanio, nell’ambito delle proprie compe-tenze, non abbia espresso nulla osta sessanta giorni prima della data entro la quale l’amministrazione locataria può avvalersi della facoltà di comunicare il recesso dal contratto. Nell’ambito della propria competenza di monitoraggio, l’Agenzia del dema-nio autorizza il rinnovo dei contratti di locazio-ne, nel rispetto dell’applicazione di prezzi medi di mercato, soltanto a condizione che non sussistano immobili demaniali disponibili. I contratti stipu-lati in violazione delle disposizioni del presente comma sono nulli. Il successivo comma prevede che le disposizioni del comma 388 non si applicano per i contratti di locazione di immobili di proprietà dei fondi comuni di investimento immobiliare già costituiti ai sensi dell’art. 4 del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e s.m., nonché de-gli immobili di proprietà dei terzi aventi causa da detti fondi, per il limite di durata del finanziamento degli stessi fondi. Il comma 391 prevede che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, il Gover-no definisce, sentite la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, le compe-tenti Commissioni parlamentari e la società di cui all’art. 33 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, un programma straordinario di cessioni di immo-

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bili pubblici, compresi quelli detenuti dal Ministero della difesa e non utilizzati per finalità istituzionali, tale da consentire introiti per il periodo 2014-2016 non inferiori a 500 milioni di euro annui.Il comma 392 interviene sull’art. 31, comma 48, del-la legge 23 dicembre 1998, n. 448.I comuni possono cedere in proprietà le aree comprese nei piani approvati a norma della legge 18 aprile 1962, n. 167, ovvero delimitate ai sensi dell’art. 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, già concesse in diritto di superficie ai sensi dell’art. 35, quarto comma, della medesima legge n. 865/1971. Le domande di acquisto pervenute dai proprietari di alloggi ubicati nelle aree non escluse, prima della approvazione della delibera comunale, conservano efficacia. Le convenzioni stipulate ai sensi dell’art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e s.m., e pre-cedentemente alla data di entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992, n. 179, per la cessione del diritto di proprietà, possono essere sostituite con la convenzione di cui all’art. 8, commi primo, quarto e quinto, della legge 28 gennaio 1977, n. 10, alle se-guenti condizioni:

a) per una durata di 20 anni diminuita del tempo trascorso fra la data di stipulazione della convenzio-ne che ha accompagnato la concessione del diritto di superficie o la cessione in proprietà delle aree e quella di stipulazione della nuova convenzione;

b) in cambio di un corrispettivo, per ogni alloggio edificato, calcolato ai sensi del comma 48.

La trasformazione del diritto di superficie in diritto di piena proprietà sulle aree può avvenire a seguito di proposta da parte del comune e di accettazione da parte dei singoli proprietari degli alloggi, e loro pertinenze, per la quota millesimale corrisponden-te, dietro pagamento di un corrispettivo determina-to ai sensi del comma 48. In particolare il comma 48 prevede che il corrispet-tivo delle aree cedute in proprietà è determinato dal comune, su parere del proprio ufficio tecnico, in misura pari al 60 per cento di quello determinato attraverso il valore venale del bene, con la facoltà per il comune di abbattere tale valore fino al 50 per cento, al netto degli oneri di concessione del diritto di superficie, rivalutati sulla base della variazione, accertata dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consu-mo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi tra il mese in cui sono stati versatii suddetti oneri e quello di stipula dell’atto di ces-sione delle aree. Comunque il costo dell’area così determinato non può essere maggiore di quello sta-bilito dal comune per le aree cedute direttamente in diritto di proprietà al momento della trasformazio-ne di cui al comma 47.