IL Nazionalismo Italiano 1300032659

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  • Franco Gaeta

    IL NAZIONALISMO

    ITALIANO

    Editori Laterza 1981

  • Finito di stampare nell'aprile 1981

    nello stabilimento d'arti grafiche Gius. Laterza " Figli, Bari

    CL 20-1861-6

  • Avvertenza

    La prima edizione di questo libro usc a Napoli nel 1965

    e incontr un benevolo favore sia presso il pubblico dei lettori

    comuni, sia presso il pubblico costituito dagli amici contem-

    poraneisti . Favore davvero non previsto, che giunto fino

    alla benevola sollecitazione di una ristampa. Dopo qualche per-plessit,mi sono deciso ad accettare un cortese e concreto

    invito laterziano: non tanto perch io creda che queste pagine

    abbiano particolare rilievo nel panorama italiano degli studi

    di storia contemporanea, quanto perch il volume, gi da tempo

    esaurito, continuava a raccogliere consenso e quindi pareva

    conservare, a quindici anni di distanza, una qualche validit.

    E invero, rimettendoci le mani dopo tanto tempo, mi sono

    accorto che il quadro d'insieme del nazionalismo in esso deli-neato,

    non ha subito sostanziali ritocchi dagli studi che sono

    seguiti, e che a questo quadro molti si sono esplicitamente

    o implicitamente riferiti.

    Lo ristampo dunque, arricchendolo di un breve capitolo ',

    e di qualche precisazione e di qualche nota che mi sono parsenecessarie, ed aggiornandolo l dove pi evidente era il bisogno

    d'aggiornamento. Sono lontano dal pensare che le pagine che

    seguono siano, come usa dire, esaustive: il loro andamento

    saggistico non ne fa certo un bell'esempio di completezza; ma

    (qui scatta la velleit da parte di un non addetto ai lavori)

    restano

    credo una specie di punto di partenza e quindi

    un invito per chi voglia esaurire l'argomento : spero non

    moltiplicandone il numero inutilmente e spropositatamente.

    F. G.

    Roma, dicembre 1980

  • IL NAZIONALISMO

    ITALIANO

  • Capitolo primo

    DALLA NAZIONALIT AL NAZIONALISMO

    1.

    Premessa

    Non si va molto lontano dal vero quando si afferma che il

    retaggio pii diffuso e pi duraturo della grande rivoluzione

    del 1789 fu quello dell'idea e del sentimento politico di nazio-nalit.

    Libert, eguaglianza, fraternit ebbero certo una grande

    storia; ma questi tre princpi agirono nell'Europa dell'800 e

    del '900, insieme o separatamente, entro un quadro di riferi-menti

    nazionali. Gli stessi movimenti e le stesse dottrine che

    permolto tempo contestarono i valori consegnati alla conce-zione

    nazionalitaria, da un certo momento in poi li accettarono

    parzialmente e poi sono andati e vanno auspicando e disegnando

    vie nazionali per il superamento e la trasformazione di quelle

    strutture che sono appunto state edificate nell'et in cui ovun-que

    si affermarono gli Stati nazionali. Mentre gli ideali di li-bert,

    eguaglianza e fraternit hanno potuto essere, in blocco

    o singolarmente, contestati o respinti durante il secolo scorso,la nazionalit

    e la nazione hanno egualmente fornito supportosia alla causa e alle forze del progresso che alla causa e alle

    forze della conservazione. Lo stesso internazionalismo operaio

    non fu a ben vedere la negazione della nazionalit, ma

    il corrispettivo di una internazionale del capitale , alla cui

    pretesa compattezza era opportuno e necessario contrapporre

    una pari unit dei lavoratori di tutto il mondo.

    Sin dall'inizio i termini di nazione e di nazionalit non eb-

  • bero un'interpretazioneunivoca, e in questa ambiguitdi fondo sostanzialmente rintracciabile la ragione fondamentale degliesiti diversi che il principiodi nazionalit e l'idea di nazione

    ebbero nell'Ottocento. Il nazionalismo fu uno di questi esiti:

    non fu n una esagerazionen un travisamento della naziona-lit,

    ma un suo particolaresviluppoin un periodonel quale idati reali dai qualiilprincipiodi nazionalit aveva tratto il suo

    vigore erano mutati. Dati reali vuol dire strutture politiche,

    rapportidi produzione,relazioni interstatuali: se vero che

    una storia dell'idea di nazione non tanto la storia del sorgere

    e dell'afiEermarsidello Stato nazionale,ma piuttostola storia

    del sorgere e dell'affermarsidel pensiero,del desiderio e della

    volont che determinarono l'essere dello Stato nazionale, peraltrettanto vero che pensiero,desiderio e volont non nascononel vuoto. Concepimento e realizzazione dello Stato nazionale

    nascono come critica di una realt data. Cos avviene nella

    storia moderna e contemporanea dell'Europa:il 1789 unadata spartiacque.Le nazioni antiche si erano formate, per cos

    dire, inconsciamente; nella loro realt politicaesse erano unrisultato;le nazioni che si unificarono nel XIX secolo giunseroalla loro affermazione politicanel fervore di un grandedibat-tito

    di princpinel quale la nazione non si poneva pi comerisultato,ma come presupposto. Come ha notato uno storico

    inglese,le antiche nazioni erano come il molieriano monsieur

    Jourdan che parlavain prosa senza saperlo;ad un dato mo-mento,il problema di definire esattamente quellaprosa di-venne

    preminente perch tutti vollero parlarecome monsieur

    Jourdan. Il fatto che esistessero realmente delle nazioni nonfu del tutto pacifico.L'americano Thomas Cooper, presidentedel Columbia College,era del parere che la nazione fosse

    un'invenzione grammaticale fatta solo per evitare la peri-frasi,una cosa inesistente che esiste solo nella testa degliuo-mini

    politici. Ma, senza arrivare a questi eccessi,nel 1940Huxley e Haddon hanno espresso la garbataopinione che,dopo tutto, una nazione nient'altro che una societ unitada un comune errore quanto alle sue originie da una comuneavversione per i propri vicini \

    In posizionidi questo tipo non assente una parte di ve-rit;ma il problema storico cos viene eluso,giacchnon si

  • tratta di definire cosa siano nazione, nazionalit,nazionalismo,

    e di scegliereuna definizione piuttostoche un'altra,ma di

    mettere in chiaro la funzione che queste idee e queste conce-zioni

    hanno avuto nello svolgimentodella storia durante il

    secolo scorso e durante il nostro. Le invenzioni grammaticali

    e gli errori comuni hanno purtroppo sempre contato: ha

    un qualcheinteresse rendersi conto di come nascano le inven-zioni

    e di come si producano glierrori. Da questo punto di

    vista, indispensabile1. tener conto della doppia concezione della nazione e

    della nazionalit che si deline tra la fine del 700 e primi 40

    anni dell'800;2. aver presente un'osservazione a suo tempo formulata da

    Vossler, e cio che lo sviluppodell'ideale nazionalitario e la

    sua affermazione non ebbero effettilimitati alle rivoluzioni

    esterne (spostamenti di confini,distruzione e creazione di

    Stati),ma anche importantieffetti all'interno degliStati e, inultima analisi,anche per quanto riguardala concezione stessadell'uomo nel mondo politicoed economico.

    Subito dopo bene rendersi conto che il nazionalismo post-Rivoluzione francese fu in buona parte diverso da quellopreesi-stente

    e che la sua pievidente particolaritfu quelladi essereun movimento creato da intellettuali,ma con prospettivedi

    massa. Un'altra particolaritdi notevole interesse fu che ilmoderno nazionalismo,proprio per il suo carattere e per la suafunzione di presupposto, dovette elaborare una metodologiadella nazione in modo da fornire una qualchebase ai costituendiStati nazionali. In questa opera di fondazione intellettuale delle

    nazioni,presuppostidegliStati nazionali,furono costruiti miti

    fisici,metafisici e culturali. nel complesso di questimiti che dato ritrovare la base dell'evoluzione dell'idea nazionale in

    nazionalismo. Le nuove nazionalit che vollero farsi Stato fu-rono

    in un certo senso obbligatea coniare una metafisica dellanazione, non avendo appunto una storia nazionale,una storiache le facesse essere nazioni; ma se, in un primo momento,

    questa metafisica pot essere in qualchemisura temperata daglielementi volontaristici della Grande Rivoluzione, man manoche l'affermazione del principiodi nazionalit ebbe successo, lefondazioni metafisiche si imposero fino al punto di coinci-

  • dere con i miti fisicie di dar luogo a quellache, nelle sueestreme manifestazioni,potrebbe definirsi una metafisica della

    fisica,cio alla concezione del razzismo biologico.In presenza della realt costituita dai grandiStati occiden-talinei qualila nazione politicae la nazione culturale avevano

    finitoper coincidere al termine di un processo secolare,i gruppiche intendevano affermarsi come nazioni destinate a dar vita

    a breve scadenza a nuovi Stati nazionali dovettero procurarsiuna legittimazioneche per forza doveva essere, in buona mi-sura,

    esterna (se non estranea)alla loro storia politica,e dovet-tero

    quindiricorrere alla lingua alla stirpe,alla religione(aseconda dei casi) e arrivare anche a scomodare Iddio e la sua

    eterna e misteriosa provvidenza. chiaro che lingua,stirpe,religioneavevano ed hanno una loro storicit,ma, in quantopresuppostidella nazione, esse finivano per perderlae porsicome entit dotate di particolarissimecaratteristiche.Questo

    processo di mitizzazione di elementi storici non avvenne, co-munque,

    con la medesima intensit,ma, nel complesso,possiamodire che esso fu particolarmenteincisivo nell'Europaorientale

    e centro-orientale. Nell'Europaoccidentale fu pii rilevanteun'altra linea di sviluppo,piiintimamente collegatacon leidealitrivoluzionarie deU'89; ma, anche qui,metafisica e prov-videnzialismo

    non furono afiEattoassenti.

    2. Le originidell'idea di Nazione

    Nazione aveva assunto rilievo politicoed ideale come ter-mineche designavauna contrapposizioneal vecchio Stato patri-moniale

    dei monarchi assoluti.A volte questo Stato si definiva

    anche come nazione, ma si trattava di una nazione dei privile-giatie comunque degli ordini . Secondo un vecchio princi-pio,il popolo aveva i suoi naturali rappresentantinei signori:

    le Adelsnationen trovavano in questo principiola loro legitti-mit.La concezione patrimonialedello Stato trovava il suo

    sbocco naturale nella identificazionedello Stato col sovrano e

    questa comportava tutta una concezione non solo dei rapportitra gliuomini all'interno dello Stato,ma anche delle relazionitra Stati. Se lo Stato si identificavaantropomorficamentecol

    sovrano, le relazioni interstatuali erano relazioni tra prncipi,

  • le guerre erano guerre tra prncipi,le alleanze si stipulavanotra prncipi.Le conseguenze pratichenon erano irrilevanti:nonsolo la politicaestera si conduceva a colpidi combinazioni

    matrimoniali,ma i conflitti armati avevano un ambito limi-tato,

    non coinvolgevanotutti i sudditi se non per le ripercus-sioniche avevano sulla loro vita le azioni deglieserciti pro-fessionali

    guerreggianti.La stessa economia delle monarchie

    assolute non mirava afiatto,con la scelta mercantilistica,a pro-curareilbenessere dei sudditi,ma a rinvigorirela potenza dello

    Stato, cio della corona. Naturalmente anche nel mondo del-

    Vancien regime esistevano alcuni elementi che superavano il

    dato statal-patrimoniale,come, per esempio, la coscienza pio meno marcata di unit linguisticao di unit di stirpe;ma

    questielementi erano sempre riferitiagliordini privilegiatie

    comunque non assumevano rilevanza politica.Quando, peresempio, Enrico IV affermava Io sono completamente d'ac-cordo

    che la linguaspagnolaappartieneaglispagnolie che la

    linguatedesca appartieneai tedeschi,ma tutte le regioninelle

    qualisi parlafrancese devono essere mie , questo non signi-ficavaaffatto che francesi,spagnolie tedeschi fossero delle

    nazioni in senso moderno, ma, pi semplicemente,che l'uso di

    una data linguadoveva essere valutato come un marchio di

    proprietdel monarca. Per lunghisecoli,la Francia fu non laFrancia di Giovanna d'Arco,ma la Francia dei re cristianissimi

    consacrati a Saint Denis o a Reims, unti col crisma.

    Cos la Germania quattro-cinquecentescaconobbe la risco-pertadi Tacito e l'esaltazione delle prischevirt germaniche

    impersonate da Arminio, ma tutto ci non concernette e noncoinvolse certo i contadini tedeschi: e Lutero,infatti,prospet-tando

    la riforma e l'emendazione dello Stato,si rivolse agliArmin del suo tempo, alla nobilt cristiana di nazione tede-sca,

    e non prospettmai un'unit politicadella Germania rifor-mata.Altrettanto vale per l'Italia,dove alla fine del '400 co-minciarono

    a brillare barlumi di una nazione culturale,chetuttavia non ebbero alcuna conseguenza politica,nonostante ilsuccessivo grande sforzo di razionalizzazione e unificazione lin-guistica

    compiuto da Bembo.Tutti ormai sono d'accordo nell'individuare in Rousseau

    il creatore del moderno concetto di nazione. infatti Rous-seau

    che ha distrutto il vecchio concetto di Stato patrimoniale,

  • che ha rifondato la sovranit,che ha attivizzato radicalmente

    il corpo civile,attaccando a fondo i modelli statuali contem-poranei

    e ponendo il problema della convivenza politicaintermini completamentediversi da quellinei qualiesso era stato

    posto e risolto sia dalla dottrina giusnaturalistico-contrattuali-stica afiermatasi in Inghilterra,sia dalla concezione patrimo-niale-assolutisticacontinentale. Il salto qualitativodi Rousseauconsistette nella negazionedel razionalismo dei suoi predeces-sori;

    in concreto, ci volle dire negazionedello Stato comeistituzione e macchina utilitariae come mezzo per garantire,attraverso un potere esercitato razionalmente,la pace, l'ordine

    e la propriet.Tutto ci era terribilmente arido,ma aveva il

    vantaggiodi porre anche nello Stato cosiddetto assoluto dei limiti,pi o meno chiaramente e ampliamentefissati,al

    potere. Che la ragioneilluministicafosse astratta era pacifico,che il dirittodi natura fosse un'astrazione poteva essere vero;

    ma questistrumenti concettuali avevano ilpregiodi mantenereuna bipolaritche salvaguardavauna sfera di autonomia peri singoli.Lo Stato-custode era uno Stato di privilegiati,maera appunto un custode,non risolveva e non annullava i sin-goli

    nella sua realt proprioperch era una macchina senzaanima. In Rousseau, in virt del patto o contratto sociale,la

    acquist: ciascuno di noi mette in comune la sua personae tutto il suo potere sotto la direzione suprema della volont

    generalee noi riceviamo in corpo ogni membro come parteindivisibiledel tutto. Subito al posto della persona privatad'ognisingolocontraente, questo atto di associazione produceun corpo morale e collettivocomposto di tanti membri, quantivoti ha l'assemblea,ilqualecorpo riceve da questo stesso attola sua unit,il suo io comune, la sua vita e la sua volont.

    Questa persona pubblicache cos si forma per l'unione di tutti,prendevaun tempo il nome di citt e ora prendeil nome direpubblicao corpo politicoed chiamato dai suoi membriStato quando passivo,sovrano quando attivo,potenza nel

    rapporto con istitutisimili.Quanto agliassociati essi prendonocollettivamente il nome di popoloe in particolaresi chiamanocittadini in quanto partecipidella sovrana autorit e sudditiin quanto soggettialle leggidello Stato '. In questa paginaRousseau scrisse l'attodi nascita della nazione moderna, carat-terizzata

    da due elementi: la storicite la forte carica di volon-

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  • tarismo che ne stavano alla base. Ci che poneva in essere il

    corpo politicoera un atto di libera alienazione totale di cia-scuno...

    con tutti i suoi dirittia vantaggio di tutta la comu-nit

    "*

    e la libert si configuravacome obbedienza alla leggeche ci si impone ^ Era poi importanteil concetto che questoatto di libera associazione non si esauriva all'origine,cio al

    momento della fondazione per contratto del corpo sociale,ma si

    moltiplicavae continuava nelle successive manifestazioni dellavolont generale.E importanza non minore aveva l'insistenza

    con la qualeRousseau sottolineava la individualit dei popoli: ogni popolo racchiude in s delle cause per cui deve ordi-narsi

    in una particolaremaniera e per cui la sua legislazione adatta solamente ad esso ^. In sostanza, era tutto il corposociale che si costituiva in corpo politicosovrano, dando luogoa un'associazione la quale aveva la finalitdi difendere e pro-teggere,

    con tutta la forza comune, la persona e i beni di ogniassociato e per via della qualeciascuno,nell'unirsi a tutti,nonobbediva pertanto che a se stesso e restava libero come prima.Nazionalit e democraticit erano dunque saldati,e, nello stesso

    tempo, nazionalit e Stato nazionale erano un tutt'uno. La

    nazione culturale non significavanulla se non si trasformavanella nazionalit politica;questa sola aveva valore. Rousseau

    non definiva la nazione, ma aveva un punto di riferimento

    nell'esempioginevrino:egliera perfettamenteconsapevoledella

    problematicache nasceva nei grandicorpi sociali proprio per-ch,al di l del contratto originario,la volont che aveva

    costituito il corpo sociale doveva continuare a manifestarsi nella

    vita concreta e storica del corpo stesso: non bastava cio che

    il popolo avesse fissato una volta tanto la costituzione delloStato, ma occorreva che esso si radunasse in assemblee perio-diche.

    Queste assemblee non potevano essere formate da rap-presentantidel popolo perch la sovranit,consistendo nella

    volont generale,non pativarappresentanza: non appena unpopolo eleggedei rappresentantiquesto popolo non pilibero,anzi non esiste pi '. Tuttavia,nonostante la sua am-mirazione

    per i contadini svizzeri che regolavanogliaffari diStato all'ombra di una quercia,Rousseau sapeva benissimo chei corpi socialipi complessidelle piccolecitt esigevanoaltremodalit di governo e di legiferazione,e risolveva il problemaprecisandoche chi sedeva nelle assemblee non era rappreseti-

  • tante ma commesso del popolo;ed era altresesplicitonel rile-vareche solo il patto sociale esigeval'unanimit e che, al di

    fuori di questo contratto primitivo,il voto della maggioranzaobbligavatutti glialtri.

    Nel sistema del contratto sociale c'erano molti punti che

    si prestavano ad un'interpretazioneautoritaria,esistevano alcuni

    concetti che potevano condurre persinoad un esito di carat-tere totalitario; ma il significatostorico che ebbe il Con-trattosociale fu quellodi legarenazione (popolo)e democrazia,

    nazione e sovranit popolare.Almeno questa bisognacon-venire

    fu la recezione del pensierodi Rousseau durante

    gran parte dell'800 ed oltre:tanto vero che eglirest l'incubo

    e ilbersagliodi tutti i pensatorie di tutti i movimenti auto-ritari.C' per da osservare che Rousseau aveva davanti agli

    occhi delle nazioni costituite: eglinon si poneva il problemastorico della nazione,per il semplicefatto che le nazioni sto-riche

    dell'Europaoccidentale erano la risultantedi un pro-cessoche aveva fatto sostanzialmente coincidere nazione cul-turale

    e nazione territoriale.Storicamente la nascita di questenazioni era stata il frutto della lungaopera delle forme stataliassolutisticheo aristocratico-parlamentari:la forza dirompentedi Rousseau consistette nel negare la necessit di questa lenta

    opera fecondatricedella storia e della tradizione.La concezionedella nazione come volont di essere nazione, della nazione

    come corpo politicodi cittadini,della nazione come individua-litpoliticafu una granderivoluzione culturale.

    Neglistessianni in cui Rousseau elabor queste idee (1762)Herder pubblic(1771) il suo saggiosull'On'gzwedel linguag-gio

    e ilfamoso Ancora una filosofiadella storia per V educazionedell'umanit. In queste due opere vennero teorizzate una conce-zione

    del popolo come unit organicae una concezione del

    linguaggiocome espressionedell'anima del popolo.Da un

    punto di vista etico e politico,Herder respinsel'individua-lismoilluministico e la concezione dello Stato come associa-zione

    costituita per procurare il bene (felicit)degliindividui.I singolivivevano in quanto partecipidella vita del popolo equesto popolo-unitorganicaviveva e si sviluppavasecondoleggia lui proprie;ogni popolo aveva un suo compito nelgrandepiano della provvidenzache reggeva la storia e la pilo-tava

    verso la realizzazionedi una integraleUmanit che aveva

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  • una sua prima realizzazione nella civilt europea, la qualescaturiva dall'operosit,dalle scienze e dalle arti e si collocava

    come modello da perfezionare.Ne usciva una filosofianatura-listica,secondo la qualela individualitdei popoliera fissata

    una volta per sempre e si sviluppavacon una leggecostante:si trattava, se mai, di recuperare e restaurare questa individua-lit;

    ma essa non poteva essere mutata, e, come non muta-vano

    l'individualite il compito dei popoli,altrettanto avve-niva

    per gliindividui: Come l'aiuto e la sicurezza reciprocasono lo scopo supremo di ogni societ umana, cos anche perlo Stato non vi pu essere altro ordine miglioredi quellonatu-rale,

    cio che anche nello Stato ciascuno sia ci a cui la natura

    lo ha destinato ad essere . A questo punto le cose comincia-vano

    a complicarsi,perchquesto essere e questo posto noncoincidevano,per Herder, con gliordinamenti della tradizione,sicch non risultavachiaro,o, per essere piiprecisi,era asso-lutamente

    generico,l'appelloallaragionnaturale. L'importanzadi Herder per stava proprioqui: nel negare il valore dellatradizione statalevecchia di secoli,per richiamarsi allafunzionedei popolie allaloro individualite nel separare Stato e Uma-nit,

    anzi nel farne due entit molto diverse,che potevanoidentificarsirispettivamentenell'esseree nel dover essere degliuomini, nella costrizione e nella libert. Il meccanismo che

    per Herder aveva messo in moto non era destinato a fermarsi

    qui, perchl'idea di una missione dei popoliera foriera disviluppiassai ampi e l'idea del linguaggiocome espressionedell'anima del popolo era in grado di essere mutata in qual-cosa

    di molto diverso una volta che la individualitdei popolifosse stata fondata su basi materialistiche.

    La possibiledegenerazioneimplicitain Herder si ebbe neiDiscorsi alla nazione tedesca di Fichte,un vero e proprio per chiamare le cose col loro nome libelloprivodi fon-damento

    storico,di dignitscientificae coscientemente falsario,nel qualeci che in Herder conservava un equivoco caratteredi naturalit spiritualizzatasi trasform in un elemento asso-lutamente

    materiale. Se per Herder il linguaggioera espres-sionedell'anima del popolo,per Fichte l'anima pi pura del

    popolo pi puro era espressa nella linguatedesca. Il puropopolotedesco,proprioper questa purezza, era il popolode-stinato

    a guidarel'umanit sostituendo la Francia che, nella

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  • sua pretesa egemonica,conculcava i dirittidelle nazioni e ces-savacon ci di essere la forza traente verso l'umanit supe-riore.La Germania sarebbe stata guidatain questo suo com-pito

    da uno Stato che l'avrebbe energicamenteeducata alla

    ragionee alla libert.

    3. Missione ed economia

    All'iniziodell'Ottocento esistevano dunque due concezionidella nazione,entrambe potevano definirsisovversive e rivolu-zionarie

    rispettoall'ordinemorale e politicodoVancien regime,ma ciascuna di esse era profondamentediversa dall'altra,diversa

    non solo per le sue basi,ma anche perchrappresentava unapossibilitdiversa di sviluppoquando avesse informato di sle nazioni non piicostituende ma costituite.

    Neglianni tra il Congressodi Vienna e il 1870, l'ordine

    europeo fissato nel 1815 venne sconvolto dalla vittoria del

    principiodi nazionalit,che si impose alquantolargamentediventando la nuova base di legittimitdegliStati.Si dovettenaturalmente cercare di chiarire in che cosa consistesse la

    nazionalit,cio l'elemento o l'assieme deglielementi che da-vanovita ad una nazione. La rispostache si diede a questo

    interrogativofu generalmentebasata sull'elemento linguistico:alla linguacorrispondevail popolo-nazioneperchsi dava perscontato che la linguafosse costruzione ed espressionedel po-polo,

    ne individuasse la personalite, in sostanza, ne facesseun individuo nella comunit che ormai si definiva,sintomati-camente,

    internazionale . La lingua,pividi ogni altro reale oimmaginario elemento, era un dato caratterizzante di tuttaevidenza,di percezioneimmediata;ma esistevano,per cos dire,grandilinguee linguedi minore prestigio,ed allora si proce-dette

    ad un complessolavoro di restauro e di recupero che fu

    opera di filologi,di linguisti,di poetie di narratori. Per tuttala prima met dell'800 si pu dire che questa sia stata la base

    principaledelle nazionalit e si pu anche dire che ilprincipiodi nazionalit (in entrambe le accezioni che si sono indicate)trovasse il suo complemento nell'aspirazionead una armoniatra le nazioni,in nome dell'elevazionemateriale e morale degliuomini. Le nazioni dovevano esistere nella loro libert e nella

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  • come intermedio tra l'individuo e l'umanit. Libert,naziona-lit

    e umanit erano un indissolubiletrinomio che non pativafratture: come nella nazione non si annullava,ma si consa-crava

    la libert,cos nell'umanit non si annullavano le nazioni.Mazzini per,proprio per dare maggior vigore a questa suavasta concezione etica e politica,volle ancorarla a una speciedi filosofiadella storia: questa fu la parte pi discutibiledel

    suo pensiero,anche se occorre precisareche certo non fu la

    parte pi originalee pi significativadel suo insegnamento.L'idea metafisico-religiosadelle missioni dei popoli,la con-nessa

    concezione della iniziativa e del suo passaggioda

    mano francese a mano italiana,il conseguente mito della TerzaRoma erano, in sostanza, miti politici,e bisognariconoscereche, per un certo tempo, ebbero efficaciapiuttostolimitata,anche se espressiin una prosa fervida e in immagini lirichedi un certo rilievo.In tutta questa costruzione non vi era nulla

    n di reale e nemmeno di probabile:l'unico pensierograndee veramente originaledi Mazzini fu quellodi indicare ai popolieuropeila necessit di una loro iniziativa autonoma per l'acqui-sizione

    della libert e dell'indipendenzache superasse i terminie i metodi della diplomaziae degliaccordi interstatuali.Come noto, questo metodo rivoluzionario non ebbe successo e la

    carta politicad'Europa fu cambiata seguendo in gran partestrade diverse: ma l'insegnamentomazziniano sulla nazioneebbe il potere di mobilitare l'opinionepubblica,di inculcareideali di attivit e di sacrificio,di diffondere l'idea che peressere nazione non bastavano una lingua,una tradizione,un'area

    geograficacomune, ma occorreva una volont comune, che nonera la rousseauiana convenzione iniziale n un portato della

    natura, ma un'operositcontinua e incessante per corrispondereai destini che Dio aveva assegnato ai popoli.

    Nella prima met dell'BOO,in qualunqueforma si manife-stasse,il principiodi nazionalit era correlato,fosse pure in

    guisefallaci,a un ideale complessivodi armonia umana. Alfondo della concezione nazionalitaria c'era questa esigenza;costituite le nazioni,qualealtro motivo di lotta avrebbe potutoesserci tra loro,dal momento che ciascuna di esse avrebbe ope-rato

    per adempiereal suo compito?La base di questa illusione stava in un doppio ordine di

    idee profondamenteradicate.La prima di queste idee era una

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  • diretta conseguenza del peso acquisitodai ceti borghesiporta-toridegliideali nazionali: esisteva in Europa una coin bor-ghese

    costituita da alcuni dati fondamentali: rispettoper ildiritto di propriet,rappresentanza della nazione basata sul

    possesso di questo requisito,fiducia nel sistema del liberoscambio che veniva considerato come il regime naturale del-l'economia.

    Noi oggisappiamo bene che la visione e l'ideologialibero-scambistafurono un prodottobritannico,perfettamente(o quasi)funzionale agliinteressi e allo sviluppodella bor-ghesia

    inglese,ma questa non era la convinzione diffusa nel

    primo Ottocento o, per megliodire,nei primi decenni del-l'Ottocento,

    quando i paesieuropei non avevano ancora ini-ziatoil loro processo di industrializzazionee non si ponevano

    grossiproblemidi concorrenza. La marginalitnella qualelo

    stesso umanitario Mazzini confinava Asia e Africa rispondevanon tanto a uno spiritogrettamente europeocentricoe proto-imperialistico,

    quanto alla convinzione che il sistema di rap-portieconomici vigentefosse opera della natura e della prov-videnza

    che in essa operava e si manifestava. La borghesia

    europea, perci,poteva essere, in questo senso, nazionalitaria

    e umanitaria e, al limite,l'idealedi una federazione degliStatiuniti d'Europa,poteva anche esercitare un certo fascino neisuoi confronti.Il commercio internazionale,secondo Cobden,era una garanziadi pace: ma ci poteva essere vero soltantofinch il reale protagonistadi questo commercio fosse statouno solo,e unico ne fosse stato il centro di direzione effettivo:l'iniziativae l'intraprendenzaindividuale,la libera circolazionedelle merci e degliuomini erano l'obbiettivofondamentale dellafiducia in un progressivoespandersidella cooperazionetra gliuomini una volta che si fossero soddisfatte le esigenzepoli-tiche

    dei gruppinazionali. facileoggi rilevare che il sistemalibero-scambista non era affattoun sistema naturale , ma un

    prodottodella supremazia economica britannica,che avevacreato nel proprio interesse un mercato aperto: era molto

    meno facilerendersene conto nel primo quarantenniodel XIXsecolo. In pii,era ben radicata la convinzione che le guerre ei conflittifossero stati il prodottodell'egoismodei prncipiedei tiranni;non si pensava generalmente che anchel'individualismo delle nazioni avrebbe potuto avere i mede-simi

    effetti.L'idea (o l'ideologia)di una borghesialaboriosa,

    15

  • dedita allaproduzionee al commercio, desiderosa di una pacepronubadellaprosperitdegliaffari,si andava progressivamenteaffermando: e questa borghesia,bene o male, era, o imperso-nava,

    la nazione, perch la granderivoluzione aveva avuto

    appunto questo esito generale:di identificarecapacitpolitica(cioattivit nazionale)e propriet.

    Le cose cominciarono a cambiare quando le nazioni occi-dentali

    raggiunserola meta dello Stato nazionale e l'assetto

    mitteleuropeofabbricato nel 1815 fu definitivamente mutato,e quando lo sviluppodelle nazioni-Stato,assieme ai grandipro-gressi

    della tecnica,fece nascere quellache fu chiamata la Welt-

    politik.Se vero che questa svolta pu datarsi simbolicamenteal 1870, per altrettantovero che gi pi di un trentennio

    prima essa era stata preconizzatae auspicatada un economista,e precisamenteda Federico List che aveva pubblicatonel 1841Il sistema nazionale di economia politica.Questo libro,tra il1843 e il1891, fu tradotto in ungherese,in francese,in inglese,in giapponese,in svedese e in russo, ed esercit un influssonontrascurabile.La sua importanzafu quelladi porre il problemadello sviluppoo, per essere piiprecisi,deglistadi di sviluppo;problemache si impose alla considerazione di List in seguitoall'osservazionedella realt economico-sociale degliStati Unitiche neglianni '20 dell'Ottocento si trovavano nella condizionedi paese emergente. Non interessa qui l'attivitdi List comefautore dello Zollverein e dello sviluppodella rete ferroviarianella Confederazione germanica;piuttosto interessante rile-vare

    che egli,sul terreno economico, fin per assumere unaposizionenon molto diversa da quelladi Mazzini sul terrenoetico-politico.La critica che List rivolgevaalla scuola , cioalla dottrina cosmopoliticadi Smith e di Say, era quelladiaver considerato gliindividui e l'umanit,ignorandoil terminemedio che era la nazione. Per non essere fraintesiconverr

    subito dire che per List le nazioni erano una realt ben piiicorposa di quelladelineata dagliideologispecialistiaddettispecificamenteai lavori.La scuola , cio il sistema dell'eco-nomia

    classica,aveva come primo difettoquellodi un assurdocosmopolitismoche non accetta la natura della nazionalit ein fondo non descriveva altro che l'industriaprivatacome si

    svilupperebbein regime di libero scambio con la societ,valea dire con tutta l'umanit,se non fossedivisa in diverse societ

    16

  • nazionali. Fra l'individuo e l'umanit si collocava per la na-zione, con la sua linguae con la sua letteratura,con un'origine

    e una storia propria,con i suoi particolariusi e costumi,leggied

    istituzioni,con il diritto di esistenza,di indipendenza,di per-fezionamento,di continuit e con il suo particolareterritorio;

    una associazione che, formatasi attraverso migliaiadi collega-mentiintellettuali,economici e materiali,costitui[va]un'unit

    esistente per se stessa, che nel suo ambito ammett[eva] l'auto-rit

    della legge,ma che si contrappon[eva]come unit naturale

    e libera ad altre similisociet e che quindi,nelle attualicondi-zioni

    mondiali,[poteva]conservare la propriaindipendenzasoloconfidando sulle proprieforze e sulle propriecapacit.Cos

    come l'individuoacquista[va] cultura,forza produttiva,sicurez-zae prosperitgraziesoprattutto alla nazione e nell'ambito di

    questa, cos anche la civiltdel genere umano [era] raggiungi-bilesolo con la progressivacivilizzazionee lo sviluppodelle

    singolenazioni ^ List,in sostanza, scopriva,per cos dire,ladimensione economica della nazione e con ci poneva in ter-mini

    nuovi ilproblemadel rapporto tra le nazioni e l'umanit.In lui non c'era niente dell'autarchismo autoritario dello Stato

    commerciale chiuso di Fichte n del sistema mercantile...

    esclusivamente politicoe nazionalistico ';c'era invece la per-cezionedi quelche avrebbe comportato la politicadelle nazio-nalit.La svolta del 1870 non fu importantesoltanto per le

    grandie giustamentememorabili polemichesull'ideae la con-cezionedella nazione che furono provocate dall'esito della

    guerra franco-prussiana,ma perchH compimento dell'unittedesca e il coronamento dell'unit italianaaprironoa tutti ilivelliun nuovo corso della storia europea. Ora, abbastanza

    comune interpretarela storia d'Europae di riflesso delmondo, a partireda questo momento, come la storia dellalotta

    contro la ragionee dello scatenamento prima lento,poi apartiredall'ultimo decennio del secolo enormemente acce-lerato,

    d'un irrazionalismo che celebr i suoi saturnali alla

    vigiliadella prima guerra mondiale. Questa interpretazione morale della crisi europea ha per presupposto un dispie-gamento

    della ragionenell'etprecedente.In realt una impo-stazionedi questo genere ha le sue radici in un atteggiamento

    profondamenteconservatore e in uno scarso approfondimentodella realt delle strutture nazionali e internazionali della vita

    17

  • europea. Non il caso di negare che dopo il 1870, e special-mentedopo il 1890, glieuropei(e non solo loro)abbiano

    assunto abiti mentali e praticiche esasperarono ilprincipiodi

    nazionalit;ma invece il caso di rendersi conto che il nazio-nalitarismo si trov allora ad operare in un contesto profonda-mente

    mutato e che questo mutamento fu dovuto al fattodel-l'emergenza

    economica delle nazioni continentali. Fu questo

    processo economico-sociale a mettere in moto un processo spi-ritualee politicomolto complessoche modific profondamente

    la concezione della nazione ed a generare ilfenomeno del nazio-nalismo,

    che, come si visto,non pu assolutamente essereguardatosoltanto come una nuova concezione teorica e praticadei rapportiinternazionali,ma deve essere considerato comeun'organicavisione di tutta la vita politica.

    Nel 1870 le aspirazionidelle nazioni a definirsiin Statinazionali si erano realizzate per l'Italiae per la Germania.

    Con ci,naturalmente,il problemadelle nazionalit era tut-t'altroche chiuso,ma bisognariconoscere che un avvenimentodel genere, che aveva in gran parte disfattol'ordine di Vienna,

    aveva un peso notevolissimo perchl'interessepreminentedeidue nuovi Stati nazionali era quellodi avere un periododi

    respiro,il che voleva dire mettere un freno,almeno momen-taneo,al movimento delle nazionalit,il quale,ridimensionata

    la potenza francese che nel periodoprecedentegliaveva for-nito

    un supporto, si trov a dover agiresolamente con le pro-prieforze. Nell'Europacentro-occidentale,l'unit italiana e

    tedesca pose il problemadel che fare per gliStati nazio-nalivecchi e nuovi, e, nel contesto di questo problema,nac-quero

    nuovi orientamenti ed emersero elementi che, pur pre-sentinel periodoprecedente,assunsero ora un pieno rilievo.

    La base concreta di questa problematicafu data da un fattoche,in termini semplificati,si pu enunciare in questitermini:avendo ormai preso corpo le nazioni in Stati nazionali,qualicompiti si ponevano a questiStati? Come avrebbero assolto

    gliStati nazionali questicompiti?Poich tutte le costruzioniprofetico-metafisicheerano assolutamente astratte, esse pote-vano

    servire come elementi mitici di mobilitazione,ma nonavevano in realt consistenza: la loro funzione di promozionepoliticaera servita certamente per la costruzione dell'unitnazionale;risolto questo problema,esse furono impiegateper

    18

  • aiutare la soluzione del nuovo problemache si presentava alle

    nazioni;che era precisamentequellodi potenziaregliStatinazionali ai qualiesse avevano dato vita. Ora, era chiaro che

    questo potenziamentosignificavasviluppoeconomico, raggiun-gimentodi una sicurezza militare,conseguimentodi una certa

    autonomia e sufficienzaeconomica, dopo aver conseguitounit

    e indipendenzapolitica.Le nazioni si erano fatte Stati e gliStati avevano come sempre il compito, o per megliodire la necessit intrinseca,di durare . Le borghesiecheavevano realizzato gliStati nazionali avevano dunque l'inte-resse

    a mantenere la guidadi taliStati e la direzione del pro-cessodel loro consolidamento. In questa loro azione esse ave-vano

    una comune base di solidarietinternazionale in quanto

    tutte indistintamente dovevano fronteggiarela nuova classe

    proletaria,che nasceva dallo sviluppoindustriale,nel qualesiidentificavail processo di consolidamento e di crescita,e che,

    tuttavia,era esclusa dalla direzione dello Stato;ma nello stesso

    tempo avevano, ciascuna per s, l'interessead avviare e aconcretare lo svilupponel piibreve tempo possibile.

    L'emergeredella problematicadello sviluppoebbe molte

    conseguenze: qui baster ricordare le due che pi direttamente

    hanno attinenza col problema nazionalit-nazionalismo. Laconnessione tra potere politicoe potere economico (sempreesistita)divenne palesee l'intervento del potere politiconella

    vita economica degliStati nazionali divenne pi accentuato.

    Questa trasformazione della problematicadella societ europeacomport, a livelloreale e a livelloideologico,quellache si

    pu definireuna socializzazionedella nazione. Il problemaemi-nentemente

    politicodel passaggiodelle nazioni a Stati nazio-nalicedette ilposto al problemadi un confronto tra le nazioni

    e di un confronto tra le classiall'internodi ogni nazione.Furono la necessit e la logicadello sviluppoindustriale

    che distrussero non solo le illusionidel libero-scambismo, ma

    anche le idealitdi armonica convivenza tra le nazioni: prote-zionismoed equilibriodi potenze mediante pi o meno inge-gnosi

    sistemi di alleanze furono i primi risultatidel nuovo

    quadroche dava luogoa nuovi rapportitra le classie gliStati. Terminate le grandilotte politiche,le nuove generazionieglistessi vecchi patriotie combattenti,si davano agliaffari;e la concorrenza e la lotta dei mercati,dal canto loro,confe-

    19

  • rivano a suggerireil primato dell'energia,della forza,della

    capacitpraticasui motivi etici e razionali *".Energia,forza,

    capacitpraticache non erano pi quelledei popolie degliindividuiuniti in un comune sentire e in una volont di armo-nia,

    ma erano l'energia,la forza,la capacitdegliStati e delleclassidi esistere,di resistere e di accrescere la propriapotenzae di ampliareil propriodominio. E, in verit, difficilepen-sare

    che cos potesse non accadere dal momento che glistessitermini concreti nei qualiil processo di formazione dei nuoviStati nazionali si era attuato apparivanoquale smentita adalcune alte e generose illusioni.Il popolo non aveva affatto

    giocatoilruolo di protagonista:certo non in Germania, moltolimitatamente in Italia;l dove esso aveva voluto assumereun'iniziativa spontanea ed autonoma era stato battuto e schiac-ciato:

    non pareva davvero che Dio si fosse messo alla sua

    testa dandoglila sua folgore.Le folgoritedesche erano statefolgoriprussiane,maneggiateda Bismarck e da Moltke; quelleitaliane erano state sapientementelimate da Cavour; l'appellodi Gambetta nella Francia invasa non aveva certo prodottounanuova Valmy. Dopo le rivoluzioni di intellettualidel 1848,altrie ben diversi erano stati i protagonistidell'ultimo turbi-noso

    lustro di storia europea ed altri ancora si apprestavanoad essere quellidella storia successiva. I popolidiventavanol'astrattodavanti alla concretezza degliStati e delle classi;classidominanti rese sempre piiforti dal successo conseguitoche sembrava legittimarela loro direzione. La nazione, davolont di esistenza,si trasformava in volont di potenza;tutto quanto sembrava opporsia questa volont,o insidiarlanella sua efficaciaideale e pratica,era destinato ad essere clas-sificato

    antinazionale .

    Fu in questo quadro che il nazionalitarismosi trasformin nazionalismo e ilprincipiodi nazionalit in aspirazioneege-monica;

    e si ruppe il nesso originariotra nazione e democrazia.La nazione,da unit spirituale,si incammin a trasformarsi inunit organica,fondata sulla storia mitizzata,e finalizzataal

    successo economico-politicomediante il conseguimentodi unaforza adeguata.

    20

  • http://www.forgottenbooks.com/in.php?btn=6&pibn=1300032659&from=pdf

  • con i letteratie i professori,con VUrsprache,il Volksgeist:l'annessione dell'Alsazia non era stata giustificatacon argo-mentazioni

    di questo tipo,ma richiamando il ruolo che essaaveva svolto nella storia tedesca. Ma quando,dopo la Real-politik,

    venne all'ordinedel giornola Weltpolitik,cio la pro-spettivadel plurimperialismodelle maggioripotenze, allora la

    mitologiadella superioritX'Uhrvolk si dispiegin tuttala sua efficacia.

    Si spesso insistitoe si continua ad insistere sulla funzione

    che il concetto di missione ebbe nella formazione e nello svi-luppo

    del nazionalismo europeo, ma pu darsi che esso abbiaavuto un'efficaciamolto minore di quanto comunemente si

    pensi.Non si vuol negare che questa efficaciasi sia verificatain particolarimomenti e in particolariambienti,ma si devericonoscere che si tratt di un fenomeno piuttostolimitato,il

    qualenon va confuso con quelloche si pu chiamare ilmito del

    passato remoto delle nazioni,che fu creato ed alimentato,in

    gran parte, dalla cultura accademica,ma ebbe vasta risonanzaanche a livellopopolare.Accanto a questo mito si deve porreun pi concreto elemento,che fu l'idea secondo la qualelenazioni,in quanto individui collettivi,avessero diritto ad otte-nere

    ricchezza e potenza in ragionedella propriacapacit,ciodella loro forza non solo presente, ma anche prevedibilmentefutura.

    Ora bisognarendersi conto che non occorreva arrivare ainostri tempi per riscontrare la esistenza di una volont di du-rare

    e di ampliaredegliStati;classificareTheodor Roosevelt

    e Barrs come nazionalistiin base alla sempliceconsiderazione

    che, per entrambi,ogni problemaandava esaminato e risoltoin funzione dell'interessenazionale ridicolo;ma soprattuttofuorviante. Se il nazionalismo dovesse ridursi alla dottrina e

    alla praticadella potenza nazionalstatuale chiaro che essodiventerebbe una categoriadello spirito;per megliodire,un'ap-prossimazione.

    La Realpolitiknon fu un'invenzione e una pra-ticadi Bismarck e di Cavour: che politicamai condussero

    Napoleone III, JulesFerry,Palmerston,Disraeli e TheodorRoosevelt? dunque evidente che l'individuazione del nazio-nalismo

    va condotta avendo riguardoanche (direi:soprattutto)ad altrielementi. Finch lo Stato era stato concepitocome unamacchina senza anima, esso non aveva potuto esigereun'ade-

    22

  • sione totale: in assenza di un'anima statale,le anime degliuomini che facevano parte dello Stato,in fin dei conti,con-servavano

    una largaautonomia: la connessione e la successivaidentificazionedi Stato e nazione,da questo punto di vista,ebbe la conseguenza di ampliarel'areadi potere e di interventodello Stato in misura notevolissima. Proprioperch esisteva

    una sovranit popolare,proprioperchla nazione stava ora abase dello Stato e gliconferiva un'anima, c'era la possibilitche questa anima dello Stato finisse per inglobarele animedei cittadini,specialmentedal momento in cui lo Stato fuindotto ad assumersi una sempre pi premurosa cura dei corpi.Se lo Stato non era pi una semplicemacchina amministrativa,se la nazione era una personalitcollettivae quindicapace di

    volere,cio di esercitare il potere, se il potere della nazionesi realizzava come volont,la via al misticismo della nazione

    era aperta.

    Il pericoloche le nazioni imboccassero questa strada si pudire che fosse inversamente proporzionaleair et degliStati-nazione. I grandiStati nazionali di antica data erano meno

    espostiad assolutizzarela nazione nel senso che si detto: la

    tradizione,anzi le tradizioni nazionalstatualiagivano general-menteda freno,salvo circostanze particolarilegatea qualche

    specialecontingenzapolitica.La realt delle nazioni europee era per,nonostante tutto,

    prepotentemente calata in Stati nazionali che,come si detto,

    avevano una direzione borghese:paradossalmente,il popolopoliticamenteattivo non era affatto il popoloindistinto delle

    mitologienazionali.Le classiinferioriper ricchezza e per red-dito

    erano nello stesso tempo nazione e fuori della nazione.

    Erano nazione quando erano chiamate a contribuire alla vita

    e alla grandezzadello Stato nazionale sulla base dell'imposi-zionefiscalee della prestazionedel servizio militare,non erano

    nazione quando si trattava di determinare l'entite la distri-buzione

    dell'imposizione,la direzione generaledella politicadello Stato,la formazione della rappresentanza nazionale. Esi-steva,

    obiettivamente,uno iato tra classe e nazione. Questa

    spaccatura poteva essere saldata accettando una prospettivademocratica: e prospettivademocratica significavaampliamentodella capacitpoliticadi quelleche ormai si chiamavano lemasse ed acquistavanoprogressivamentecoscienza della pro-

    23

  • pria forza man mano che le economie nazionali decollavano.Il problema,per le classidirigenti,era quellodi non perdereilcontrollo dello Stato. Per questo, si poteva seguireuna dop-pia

    strada o, per essere piiesatti,formulare una doppiaipo-tesi:provvederein qualchemodo al soddisfacimento delle esi-genzeelementari delle classiinferiori,spegnendopi o meno

    completamenteil fuoco che poteva spingerlealla contestazionedelle istituzioni,senza per altro cedere il potere politico;ov-vero

    negare le basi obiettive della dialetticadi classe e proporrela nazione come sintesi di interessi che,contrastanti all'internodello Stato nazionale di classe,potevano comporsi in vistadella lotta tra le nazioni-individui.

    Entrambe le ipotesiconducevano all'integrazionenazionaledelle masse: la prima non rifiutavalo scontro sociale,ma inten-deva

    controllarne lo svolgimentonella prospettivache il pro-letariatosi facesse esso stesso borghesia;la seconda intendeva

    soffocare lo scontro sociale nell'ambito nazionale e trasferirlo

    forzatamente nell'ambito internazionale mediante l'agitazionedel mito della nazione proletaria:in questitermini,lo Statonazionale poteva anche diventare nazional-popolare,ma la na-zione,

    comunque, diventava il solo valido criterio di giudizioe il valore prioritarioche subordinava a s tutti glialtri.Leattivit degliuomini perdevanoi loro valori specificied assu-mevano

    significatoin uno stretto riferimento all'utilitprestataallanazione,cio su un pianodi stretto esclusivismo. Che tuttoci comportasse una nuova mitologiaera scontato: questa mi-tologia

    doveva,naturalmente,essere tanto piienergicaquantopivinumerosi e pi stretti erano i legamiche collegavanogliindividui e i gruppi allo Stato nazionale. Il problemaprinci-pale

    non era pi quellodell'unit della nazione, ma quellodell'unit e della potenza delle nazioni che si confrontavano:

    ilproblemadella coesione della nazione per affrontare la lottatra le nazioni. Poich le nazioni erano individui,allalogicadeiloro rapportisi poteva dunque applicare mediante una mi-stificante

    analogia quanto si andava pensandoin materia dilotta per la vita,di selezione naturale,di sopravvivenzadeipi forti che acquisivanoenergiaproprionella praticadellalotta. Le nazioni-individui erano tanto pi forti,quanto pipure, quanto meno fossero state spiritualmentecontaminatedalla volont e dalla volutt del benessere egoisticamenteindi-

    24

  • viduale,quanto pifossero numerose e feconde,perchpropriol'incremento demograficostava a comprovare una non-corrut-tela.

    La guerra diventava la suprema manifestazione dello spi-ritoe della potenza della nazione;scuola di disciplina,di abne-gazione,

    di virilit;momento nel qualela nazione celebravala sua unit ideale,politicaed economica. L'immagine pialtadella nazione non era perciilparlamento,ma l'esercito,per-ch

    ilparlamentoera i partiti, cio la divisionedella nazione.La coesione nazionale finalizzataalla potenza e all'espan-sioneimplicavain primo luogola soppressionedella lotta di

    classe. Il movimento operaiosi andava, in verit,nazionaliz-zando,

    ma questo non bastava;anzi,si pu dire che proprio

    questo suo nazionalizzarsie riformistizzarsilo rendeva piipe-ricoloso,perchlo faceva pi attento ai problemidello Stato,

    man mano che lo allontanava dalla tematica della rivoluzione-

    miracolo. Il socialismo riformista diventava il nemico numero

    uno; doppiamenteavversario di classe: per la sua natura pro-letariae per il suo pacifismo;per l'azione quotidianae tenace

    che obbiettivamente riduceva i marginidel profittocapitali-sticoe per la sua penetrazionesistematica a livellodei poteri

    locali;per la sua opposizionealle spese militari e per la suaedonistica preoccupazionedi elevare il livellodella condizione

    operaia.La nazione diventava cos la nuova formula politicadel potere borghese.Diventava o lo era stata da sempre? La

    rispostaa questa domanda molto complessae va articolatacon discrezione dei tempi e dei luoghi.

    Qui non si pu far altro che suggerirequalcheelemento diriflessioneper quanto riguardail nazionalismo italiano. undato di fatto che facendo astrazione dalla ingannevoletema-tica

    dei precorrimentie dei precursori il movimento nazio-nalistaitalianonacque nei primi anni del '900, che si rafforz

    a partiredal 1908, che contrariamente alle previsionidiGiolitti si gonfidopo la guerra di Libia,che esploseintutta la sua virulenza al momento del primo conflittomondiale.Esso certamente agitdei miti e si approprideglieroi: furonoi miti di Roma imperialee dell'espansionedelle repubblichemarinare,ma anche i miti moderni dell'energiae della vitalit,dello Stato come potenza e moralit nella sua compattezza subase autoritaria in cui tutto doveva risolversie trovare disci-

    25

  • plinae direzione da parte delle classiche lo avevano edificato

    e ne detenevano,tra mille insidieda eliminare,il governo.Nel nazionalismo era certo presente una nevrosi delle

    parole, ma bisognacontrollare se essa fu della stessa naturadi quelladecadentistica,al di l di momentanee coincidenzed'indole sostanzialmente biografica.Per il decadentismo,ladecadenza era un ideale,non uno stadio da superare; la societ

    contemporanea era soprattutto antiestetica perchera essenzial-mente

    antindividualistica,ed era la controparte dell'individuoeccezionale che,per affermarsi,doveva soggiogarla.Il naziona-lismo

    non rifiutavaquesta societ di massa; intendeva perpe-tuarein essa l'ordineborgheseprospettandouna societ indu-strialesenza la dialetticadelle classi.Il decadente,per reaUz-

    zare il suo sogno estetico,poteva perfinovagheggiarese stessoa capo deglioppressie, comunque, prospettare uno sconvolgi-mento

    dell'ordine esistente a cominciare dall'ordine della sin-tassi.

    Il nazionalista era ben fermo nella sua idea di restaura-zione

    borghesee di ripristinod'un ordine classico: se illiberalismo era stato lo strumento con il qualela borghesiaaveva affermato il suo potere, esso diventava arma di suicidio

    quando la borghesiastessa ne faceva la base del propriopro-grammadi governo. Scriveva Corradini nel 1904: se in luogo

    dell'astratto,utopisticoe nefasto concetto della libert se nevolesse ora acquistaree mettere in praticauno realisticoebenefico,per restaurare tutto bisognerebbesentire il bisognodi un rigidissimoregime di repressionee di soppressione.

    Nel 1903 cominci a pubblicarsi Il Regno . Nella pre-sentazione,Corradini guardpanoramicamentel'Italia:la gran

    maggioranza del vero popolo si andava facendo ogni giornopi industre,questo popoloprolificoe pazienteaveva gi get-tato

    le basi della prosperitsulle qualisarebbero stati edifi-catii monumenti della grandezzae iltrionfo nazionale. Eppure

    l'ora presente era un'ora di vilt,di una vilt caratterizzatadall'ascesadell'ignobilesocialismo,portatore (controogniordinedi idee generose)dei piibassi istinti della cupidigiae delladistruzione: la mercede dei braccianti divent principioetermine dell'umana societ , le furie del numero si erano sca-tenate,

    un pugno di omiciattolistava ingannandole moltitudini,instaurando la tirannide della strada contro gliordinamenti

    26

  • civili( dalla reggiaalla religione,dalla milizia al tribunale ),

    provocandouno spettacolodisgustosoa tutte le partipolitiche,in esse compreso ilsocialismo non ignobile(cioilsindacalismo

    rivoluzionario).Ma uno spettacoloaltrettanto miserevole pre-sentavala borghesiaitaliana che reggeva e governava: La

    lotta di classeha bisognodi avere le mani libere dentro e rom-perfuori quellegrandiarmonie etniche e storiche che si chia-mano

    nazioni? E la borghesiaitalianasi ostina ogni giornodi

    pi per le dottrine della libert e dell'internazionalismo.Essa

    diventata la sentina del socialismo sentimentale con il suo

    rispettoper la vita caduca,con la smodata pietdell'umileedel debole,con ildileggiodell'eroico.I nazionalistierano con-tro

    il socialismo riformista e contro l'ala democratica della

    borghesia:contro Turati e contro Giolitti.Non era solo let-teratura:baster ricordare le corrispondenzetra le immagini

    di Corradini e i fattirealidell'Italia1903: l'iniziodella ripresaeconomica dopo Adua, il decollo industriale,gliscioperi(spe-cialmente

    contadini)esplosidopo la svolta Zanardelli-Giolitti,l'azioneper una legislazionesul lavoro,l'avanzata democratico-

    operaianelle amministrazioni locali e nel parlamento.Corra-dini

    era un letterato,ma aveva anche la chiarezza mentale del

    reazionario conseguente: qualcheanno dopo,accanto a lui c'era

    gi un gruppo di uomini dalle idee non meno chiare,con in

    piliuna preparazionetecnica in vari campi tutt'altroche

    spregevole.Tutto ci scoppiall'improvviso?Certamente alla svolta

    politicagiolittianafece riscontro una reazione di nuovo tiporispettoal radicalismo conservatore-riformistadi Sonnino; ma

    bisognerricostruire seriamente nel dettagliola storia dellacultura e delle istituzioniculturaliitalianetra il 1880 e il 1914

    per avere una rispostaadeguata,vedere in concreto qualefuilbagaglioculturale della classe dirigente,in gran parte costi-tuita

    di avvocati e di professori,che erano anche,per lo pi,proprietariagricoli.Dico il bagagliotecnico,in materia didiritto costituzionale,di diritto penale,di diritto amministra-tivo,

    di economia politica,di disciplinepi o meno sociolo-giche", Non si pu continuare a ricostruire il quadro della

    cultura italianapost-unitariain termini soltanto di storia let-teraria

    e di storia della filosofia, anche se bisognaconve-

    27

  • nire cheun

    simile quadro tutt'altro che privo di validit.

    Ma pur vero

    che bisogner poi anche spiegare come que-sta

    cultura uscisse dall'accademia, scendesse dalle cattedre delle

    universit, passasse dalle penne dei dotti alle pennedei pub-blicisti,

    diventasse anch'essa cultura dimassa,

    cultura reazio-naria

    dimassa, e

    fossecapace

    di mettere in moto la contro-rivoluzione

    preventiva, agitando il mito della nazione. E la

    risposta non potr essere trovata che sul terreno della storia

    politica e sociale dell'Italia post-unitaria, quasi certamente nella

    congiuntura della prima primavera calda del movimento ope-raio

    '^

  • http://www.forgottenbooks.com/in.php?btn=6&pibn=1300032659&from=pdf

  • damente tarate da dover lasciare scorgere i segnidell'immi-nente

    esplosioned'un male di lungaincubazione.Le obbiezioni che furono mosse allainterpretazioneche del

    fascismo diede Croce restano in tutta la loro importanza;mala situazione politicae le necessit stesse della lotta politicadopo il 1943 condussero ad una inversione di prospettivache non meno di quellaavanzata da Croce aveva il difettod'una estrema e semplicisticaschematizzazione. Vero che il fa-scismo

    non fu malattia improvvisamentemanifestatasi in un

    corpo sano, ma altrettanto vero che, come esistono organismistrutturalmente tarati,cos esistono organismisolo predispostial contagio,i qualituttavia non si ammalano '.Il fascismo,senon fu lo sbocco obbligatodel sistema e del processo risorgi-mentale,

    realizzatoin regime di monopoliopolitico-economico-ideologicodallaborghesiaitaliana,certo nelle strutture politico-economico-culturali della societ italiana trov le condizioni

    propizieper nascere; e indubbiamente ebbe il terreno prepa-ratoe dissodato dal diffondersi dell'ideologianazionalista.

    Detto questo, per, occorre rendersi conto della natura estre-mamente

    composita del fascismo e non liquidarloin bloccocon la sbrigativaformula della reazione borghesedi classe.Sein effettitale fu il fascismo dopo il 1926, andrebbe irrimedia-bilmente

    perdutaognipossibilitdi scriverne una storia obiet-tivae concreta qualora,dall'esitocui esso pervenne, si proiet-tasse

    su tutto il suo sviluppoun giudizioche, trascurandol'esame dei fattie degliuomini, vedesse il fascismo solo comeindiscriminato blocco reazionario sin dalle origini,al serviziodel grandecapitaleagrarioe industriale.Per quanto concernespecificamenteil movimento nazionalista,per tanti versi con-nesso

    al fascismo,occorre risolversiad elaborarne una storia

    autonoma, la qualerenda conto del suo processo di sviluppoe, pur non perdendodi vista il fatto essenziale della fusioneorganicanazionalfascistadel 1923, non per questo si concretiin una ricerca delle coincidenze fascio-nazionalistiche,n siriduca ad una delucidazionedella funzione prefascista delmovimento. Per oppostim.otivi,la pubblicisticae la storio-grafia

    democratica e la pubblicisticae la storiografianazional-fascistahanno appunto operato in questa prospettiva.Il pro-blema

    era, per la prima,quellodi porre a nudo le profondeinsufficienzee squilibricon i qualis'era attuato il processo

    30

  • d'unificazionenazionale e di mostrare che da tali insufficienze

    e squilibriera stata generata dapprimal'usura,poi la deca-denza

    e infinela liquidazionedegliistitutirappresentatividella

    pseudodemocraziaborghese;per la seconda,quellodi presen-tarenazionalismo e fascismo (e pi il secondo che il primo,

    in verit)come glieredi della tradizione risorgimentale,dopoilgrigioree la prosaicitpostunitariae specialmentegiolittiana.In tal modo, con segno di valore invertito,dall'una parte edall'altrail nazionalismo venne presentato come l'erede del

    Risorgimento.Restarono accampate su diversa posizionela

    pubblicisticae la storiografialiberalid'ognigradazione,per le

    qualiil nazionalismo era stato un'apertarottura con tuttala tradizione risorgimentale,anzi ne era stato la avventurosae irresponsabilenegazione.

    Tesi, come si vede, che tutte prestano il fianco a qualcherilievo;e delle quali,almeno le prime due rientrano in unavisione politico-ideologicascopertamente polemica,mentre la

    terza, dislocandosisul piano pi propriamentemorale,mostrada un lato la propriainsufficienzae dall'altrola propriaderi-vazione

    da un intento di apologiadella classe dirigentepost-unitaria,che parzialmentegiustificato ha tuttavia il di-fetto

    d'una determinazione cronologicasospetta, qual quellache sostanzialmente si arresta alle sogliedel primo conflittomondiale.

    Sul piano d'una ricostruzione critica del nazionalismo ita-liano,

    occorre pertanto compiere due operazionipreliminari:sganciarnela visione dal concetto di nazionalfascismo e nel

    contempo approfondirel'indaginesul nesso che indubbiamenteintercorre tra nazionalismo e atteggiamentiteorico-politicidelladestra nazional-liberalenegliultimi decenni dell'800. In tal

    modo, sar possibiledeterminarne e la variet non trascura-biledelle manifestazioni e le tappe di una evoluzione che,par-tendo

    da premesse estremamente generichee da atteggiamentirealmente letterari, condusse il nazionalismo ad elaborare

    una dottrina dello Stato e una teorica politicache finirono peressere la dottrina del fascismo,in funzione riempitivadi una

    pressochassoluta carenza ideologicadi Mussolini e dei suoiamici. In altreparole,non bisognaridurre il nazionalismo alla

    pura rappresentanza politico-ideologicadei gruppicapitalisticipi retrivi o della piccolaborghesiaumanistica,ma tenendo

    31

  • specialmenteconto di molte significativepresenze determi-narnela filiazione(non necessaria , se pur tuttavia reale)

    da quell'aladella classedirigenteitalianache non seppe e nonvolle affrontareadeguatamenteilproblemanuovo che si ponevanei primianni del secolo allasociet italiana:ilproblemadella

    democrazia,

    Qual sino ad oggi il bilancio della storiografiaitaliana

    attorno al nazionalismo?

    Una prima fase storiografica rappresentata dal periodoche va sino al primo conflittomondiale.

    Da parte nazionalista si tent allora di redigereun certo

    bilancio,mentre la voce pi autorevole che tentasse di carat-terizzarecriticamente il movimento fu quelladi Croce.

    Gi nel 1907 Croce, scrivendo su Di un carattere della pirecente letteratura italiana parlava,prima ancora che di fatti

    letterari,di una condizione di spirito mutata. La vita spi-ritualeitalianagliapparivaspartitain due periodi1865-1885

    (o 1870-1890) e dal 1885-90 in poi; e del secondo periododenunciava il vento d'insincerit. A parte la precisapit-tura

    del mondo letterario,interessa qui notare alcuni dei giu-dizipoliticiche Croce espresse in questo saggio,perchessi

    sarebbero rimasti ben saldi anche nella successiva opera sto-riografica

    di Croce, e avrebbero alimentato,pi o meno chia-ramente,

    parecchicriticidel nazionalismo,contribuendo,d'altra

    parte, a vulgarnela interpretazionein chiave prevalentementeestetico-letteraria.

    ...

    il paganesimo eroico del Carducci,il

    verismo,il positivismo,l'eruditismo,erano le forme principalidella vita spiritualeitalianadi quel tempo [cio del periodo1865-1890]: forme ormai invecchiate,di cui non ritroviamoai nostri giornise non stanchi rappresentanti scrivevaCroce Ora... appaiononell'arte,nella filosofia,neglistudistorici tipipsicologiciaffatto diversi.Abbiamo non pi il pa-triota,

    il verista,il positivista,ma l'imperialista,il mistico,l'esteta,o com'altro si chiamino... Tutti costoro sotto varinomi e maschere varie,lasciano tralucere una comune fisio-nomia,

    Sono tutti operaidella medesima industria: la grandeindustria del vuoto... Che cosa vogliono?Chi lo sa?... L'impe-rialista

    vuol trarre l'Italiaa grandidestini;vuole schiacciarela bestia democratica;vuole conquistare,guerreggiare,canno-neggiare,

    spargere fiumi di sangue: ma se glisi domanda con-

    32

  • tro chi e perche con qualimezzi e a qualifinivuol muoveretanto fracasso,eccolo sulle furie,eccolo che rivolgecontrol'importunodomandatore i suoi cannoni di parole;eglisenteche i suoi programmi di dominazione e devastazione perde-rebbero

    la loro grandiosite presto si dissiperebbero,se sivolesse determinarli storicamente . L'insincerit radicale era

    per Croce tutta nella poca chiarezza interiore , cio nello

    stato psicologicoin cui l'uomo non mente pi aglialtri,per-chha gimentito a se stesso... pervenuto a una sorta d'in-colpevolezza

    e d'ingenuitche ha per fondamento una grandecolpae un grandeartificio. La colpafondamentale di tuttoci non era affatto da attribuirsi secondo Croce alla

    grandefilosofiaidealistica,ma propriamenteai negatorie con-traffattoridel principioidealistico( Chi d dirittoagliaffina-

    tori della sensualit,agH esaltatoridella forza per la forza...di reputarsiaristocraticie idealisti,e collocarsiaccanto a coloroche per la concretezza hegeliananon dimenticano la rigidezzakantiana,n per la dottrina di Kant quelladi Cristo? ), aldilagaredella cultura positivisticae al corrispettivogenerarsidel nuovo misticismo. Vana pretesa era quelladi distruggereil movimento operaionato dal seno stesso della borghesia;edessa equivalevaalla negazionestessa della civilt: Negazioneimpossibile;negazioneche la parolarifiutadi pronunciare,eche perciha dato origineagH ineffabiliideali della forza perla forza,dell'imperialismo,dell'aristocraticismo:tanto bruttiche ai loro medesimi assertori non regge l'animo di proporliin tutta la loro rigidezza,e ora li temperano col mescolarvielementi eterogenei,ora li presentano con cert'aria di bizzarriafantasticae di paradossoletterarioche dovrebbe servire a ren-derli

    accettabili.Ovvero ha fatto sorgere, per contraccolpo,gliideali,peggioche brutti,melensi,della pace, del quietismoedella non resistenza al male. Dal doppio peccato, intellettualee morale,si genera quell'Io,quellaEgoarchia,quell'Egocentri-cit,

    quellaMegalomania,che tanta parte della vita contem-poranea.

    Nella sua analisidel 1907 che sarebbe rimasta immutata

    nelle sue linee fondamentali sino allepaginedella Storia d'Ita-lia^

    e fin nella Storia del Regno di Napoli^ Croce centravadue puntifondamentali che devono essere tenuti ben fermi: ilfondamento irrazionalee la derivazione positivisticadel naziona-

    33

  • lismo all'iniziodel secolo.Non da trascurare quelloche aveval'ariadi essere un implicitosuggerimentoa una direzione di

    ricerca: l'accenno all'Egoarchia,come dire a Mario Morasso,che, appunto nel 1898, aveva pubblicatoa Torino Uomini eidee del domani. L'Egoarchiae che nel 1903 aveva dato alle

    stampe L'Imperialismoartistico: un libro che preziosoperintendere la portata e la genesidi parecchieposizionied ideedei nazionalisti,Corradini in testa ^

    Ma quelladi Croce restava un'analisi,pur nella sua acutezza,limitata al piano della cultura e della vita spiritualein genere;anche se, a rileggerlaattentamente e ad integrarlaspecialmentecon le paginedella Storia d'Italia,si pu scorgerne l'agganciopolitico,appunto negliaccenni al socialismo,che fu il nemicoprincipalee perpetuo del nazionalismo. N vale,a questo pro-posito,

    obiettare che il socialismo difeso e positivamentevalu-tatoda Croce fosse il socialismo revisionista e riformistizzato:

    appunto questo socialismo costituiva il bersaglionazionalista;mentre uomini di provenienzasindacalistae social-rivoluzionaria

    erano destinatiad entrare a vele spiegatenelle filenazionaliste,ad occuparvipostidi rilievo,a dirigernele evoluzioni politicheed ideologiche,a costituirne l'aspettopiscopertamente sov-versivo

    e sovvertitore. Croce, d'altra parte, avvertiva che ladistinzione tra i due periodidella vita spiritualedell'Italia

    postunitariada lui delineati,non poteva indicare una contrap-posizionerigida,significareuna rottura precisa:appunto per

    questo egliinvitava a indagarele colpedelle generazionicheci hanno prossimamentepreceduti e con ci stesso fornivauna suggestionepreziosaproprio per la distinzione ch'egliponeva tra la retorica e l'enfasipatriottica,politica,filosofica,sentimentale pre-1870 che sorgevano sopra un fondo reale e quelledi fine '800 - primi del '900 anche formalmente con-trastanti

    con le forme verbali della rettorica,p. es. quaran-tottesca.

    Sul piano di un primo bilancio dello sviluppodel movi-mentonazionalista si pose, alla vigiliadella guerra mondiale,

    Gualtiero Castellini.L'interesse del suo volumetto su Fasi edottrine del nazionalismo italiano^ era dato dal fatto che esso,scritto dopo i primi tre congressinazionalisti(1910, 1912 e1914), cercava di delineare la linea di evoluzione politicadelmovimento, senza perdersia indagarnele originiculturali e

    34

  • ideologiche,e consentiva di coglierel'incertezzaallora ancoraperdurantein alcuni degliuomini di punta del nazionalismo,i quali,legatisentimentalmente a una particolarevisione (reto-rica)

    dell'esperienzapoliticarisorgimentale,cercavano di porrein rilievo una (presunta)filiazionenazionalista dall'irredenti-smo.

    Per Castelliniil nazionalismo italiano era nato nel 1908

    come reazione all'annessionedellaBosnia-Erzegovinaall'Austria,

    dopo che, nell'ultimo decennio dell'Ottocento,alcuni clamo-rosi

    episodi(scandalibancari,statid'assedio,sconfitteafricane,

    regicidio)avevano denunciato le incrinature interne e le abdi-cazioniesterne d'una politicadi meschinit e di rinuncia. I

    primi anni del secolo,speciedopo il 1904, erano stati anni sucui dare un giudiziocomplessivamentefavorevole e la reazionenazionalistache si era concretata nel Regno era stata quasiunicamente intellettuale, limitata all'ambito toscano. Per Ca-stellini,

    l'azione del Regno era stata solo,o quasisolo,teorica ed aveva avuto bisognodi incontrarsi con un fattoreche potesse trasformare la teoria in azione politica:cio conl'irredentismo di ScipioSighele.Una ricostruzione del genere si

    spiegavaagevolmentenon solo con la biografiadi Castellini,col suo esser nipote d'un garibaldinoche aveva combattuto

    per la libertpolaccaed era morto nella guerra del 1866, ma

    soprattutto col particolaremomento in cui egliscriveva. Uscitonel gennaio 1915, quando dalle inizialiposizionifilotriplicisteil nazionalismo italiano era passato a sostenere la guerra al-l'Austria,

    il libretto risentiva chiaramente delle necessit poli-tichedel momento, anche se propriamentela propagandana-zionalista

    per la guerra mai aveva avuto carattere irredentistico,sibbene dichiaratamente imperialista.Cos Castellininon esitavaa scrivere che al Congressofiorentinodel 1910 la politicaesteranazionalista era risultatairredentista:ma la realt dei fattilo

    obbligavaad ammettere che si era trattato di un irredentismo

    a lungascadenza piuttostoche di un irredentismo imme-diato e a riconoscere che,nella visione generaledei problemi,

    a Firenze era stata prospettata la possibilitdi concedere altriplicismouna tregua nell'opposizionenazionale finch la tre-gua

    avesse giovatoallasoluzione di problemimediterranei^.Egli,con onesto equilibrio contrastante con quanto solitamentei pi esagitatisuoi amici andavano scrivendo e gridandoriconosceva l'indipendenzadell'azionegiolittianain Libia dalla

    35

  • pressionenazionalista:i nazionalistiavevano compiuto la pre-parazionespiritualee V informazione tecnica dell'opinionepub-blica

    ; naturalmente sul secondo punto Castellininon era molto

    precisoe i motivi del suo riserbo non erano certo misteriosi achi avesse avuto sia pur vagamente idea della polemicadi Sal-vemini

    e degli unitari attorno all'impresalibica.La integrazionedella patria con la guerra all'Austria

    e il richiamo alla splendidatradizione irredentista del na-zionalismononch ai nomi di Piero Foscari e di Domenico Oliva

    si accompagnavano, naturalmente,in Castellini alla presa di

    posizionecontro ilsocialismo pacifista,malthusiano,distruttoredel capitale,egoista,utopisticosul pianopoliticoed economico,e all'esaltazionedella guerra come sacrificiomassimo e gene-ratore

    dell'avvenire: cio a tutto ilbagagliocorradiniano. Iltono generaledelle sue pagineera per,in sostanza, rivelatoredi una non completapresa di coscienza della evoluzione verifi-catasi

    nelle filenazionaliste tra il 1910 e il 1914: cio del si-gnificato

    della scissione dell'ala democratica di ScipioSi-ghele,di Paolo Arcari,di Picardi ecc.; della massiccia campagnaantimassonica;del prevalereormai deciso dell'alacorradiniana;della portata dell'influenzadi tutto un gruppo che,dal comunemaestro e patriarcaCorradini,andava a LuigiFederzoni,aMaurizio Maraviglia,a Francesco Coppola e ad Alfredo Rocco,che, entrato nella direzione dell'AssociazioneNazionalista nel

    1914, dopo ilCongressodi Milano,era stato da allora indub-biamenteil cervello pi lucido e consequenziariodi tutto il

    movimento. In complesso,Castellini apparivacome un ritar-datariocui la passioneirredentisticafinivaper fare da schermo

    alla comprensione della effettivarealt e delle implicazionilo-gichedel movimento di cui eglistesso faceva parte.

    Del resto, questa incomprensionenei primi anni del secolo

    pare elemento comune a una largaparte degliosservatori poli-tici:ma occorre tener presente, a questo proposito,che molti

    di essi scrissero prima del 1910-14 e che in queglianni le cosein seno al nazionalismo italiano non erano punto chiare. Il

    Muret, nel 1904 ^ poteva ancora pensare che col tempo moltiardori si sarebbero smorzati e che gliuomini del Regno com-prenant qu'on ne remont pas un flotpareli celui qui entraineaujourd'huil'humanit vers la democratie,

    ...se borneront

    seconder les effortsdes philosopheset des politiquesqui cher-

    36

  • http://www.forgottenbooks.com/in.php?btn=6&pibn=1300032659&from=pdf

  • ricordo fragorosodi Roma imperiale,fracasso e rullio di frasi

    sull'Italia;concezioni vaghe di forza della"

    stirpe", di" de-stino

    " di " latinit", di" barbari da respingere", di

    " leggidi vita nazione "; imprecisionedi cognizionisui finie sui frutti

    della vita spiritualee materiale italiana;estetismo di periodoe di gesto e immaginazionefrondosa;era proprio,spontaneo,naturale prodottodel gruppo che faceva capo ad Enrico Cor-radini e ne aveva le abitudini e l'educazione tutta letteraria.

    La Voce , nata dopo il distacco di Papini e Prezzolini dal

    Regno , aveva costretto i nazionalistia definirsi,a precisarsie a cercare di non dire sciocchezze: nonostante ilprofondodis-sidio

    ormai apertosi,la Voce e il Regno , per Prezzolini,restavano a rappresentare i due aspettidel nazionalismo,o,com'eglisi esprimeva,i due nazionalismi: un nazionalismo chedava importanzaallequestioniesterne senza pensare al rinno-vamento

    interiore italiano e un altro nazionalismo ( se cos

    si vuol chiamare ) che chiedeva,prima di pensare all'esterno,che l'Italiasi rinnovasse chiaramente all'interno.Una posizione,

    questa di Prezzolini,che pot conseguireuna convergenza sotto

    l'ampiocomune denominatore antigiolittianoanche con gruppischiettamente democratici come quellifacenti capo a Salvemini

    e pot a volte generare degliequivoci chiaritidel resto pron-tamente come, per esempio,quelloche diede luogo,nel

    1913, a una serie di precisazionisalveminiane,in amichevole

    polemicacon Rodolfo Savelli,ilquale,proponendodi definireil gruppo deir Unit , aveva copiatola formula di nostronazionalismo . Salvemini,nonch differenziarsiradicalmente come era ovvio dai nazionalistiper cos dire ufficiali,non ammetteva neppure lontanamente di aver qualcosada spar-tire

    con i nazionalistidissidenti:la polemicasull'impresalibicaaveva chiarito molte cose e Salvemini dava del nazionalismo

    un'analisiassai concreta: ne notava il carattere profondamenteantidemocratico,conservatore, antiproletario,e anche nei dis-sidenti

    vedeva una visione megalomane delle capacitat-tualidell'Italia,un eretismo sciovinista che li aveva spinti...

    ad aderire senza controllo all'infatuazionetripolina *^,e nonsi perdevacerto in circonlocuzioninel denunciare l'ingannochesi annidava nella contrapposizionearbitrariadi interessi na-zionali

    e interessi di classe '^

    Ma vai la pena di rilevare(tanto per spiegaresintomatica-

    38

  • mente la brevit dell'idillio La Voce - Salvemini)che perPrezzolini l'apportopositivoe sempre valido del gruppo leo-nardiano al nazionalismo era stato ilriconoscimento del valore

    morale della guerra, l'eccitamento all'energiae alla difesa diclasse ^'^,in ci,evidentemente,stava per Prezzolini ilsignifi-cato

    del nazionalismo e la sua originalit.In parte Prezzolini

    aveva ragione;ma forse glisfuggivala portata e l'efficaciapoli-ticadi quellaretorica evocante fantasmi classici,latinit,bar-barieda arginaree finanche crociate contro la mezzaluna otto-manain che s'era tentato di paludarela guerra libica,e sban-dierante

    il deteriore positivismodelle leggiche regolavanolavita delle nazioni. Erano proprioquestiglielementi di mag-gior

    penetrazionedel nazionalismo: quellache Salvemini cata-logava,giustamente,come incoltura,era in realt la cultura

    della piccolae media borghesiaumanistica e non umanisticaitalianae a ben vedere non erano propriamenteritrovati

    e invenzioni al tutto nuove, perchl'involontarioprogenitoredell'oratoriaimmaginificae alessandrina delle dannunziane Can-zoni

    della gesta d'oltremare poteva in fin dei conti rintracciarsi

    nel pi popolare elmo di Scipio del qualel'Italiaera parsacingersila testa nel 1847.

    Come dire,che col nazionalismo veniva impetuosamente a

    gallae prendevainusitato vigoretutto un filone della culturanazionale dell'Ottocento,classicheggiantee accademica,per il

    qualeilpatriottismopi che un dato di fatto era una specia-litoratoria...una qualificaprofessionale,per cos dire '^:ed

    era propriamentequesta la caratteristica d'un Federzoni e in

    largaparte (pidi quanto Gramsci non credesse)dello stessoCorradini. Se il nazionalismo aveva celebrato il suo primo sa-turnale

    al tempo dell'impresalibica,era stato in buona parteproprioper questo, e la sua presa su pi o meno larghistratid'opinionenon poteva essere dissociata da questo elemento

    retorico,che poi,nel ventennio fascista(ma i segnisi rilevanoanche prima),si sarebbe dilatato a dismisura penetrandoneUascuola,nelle arti figurative,nello stesso gergo paramilitare.

    Un legamedunque con una certa tradizione letterariasussisteva,e sussisteva altresquache collegamentocon un fi-lone

    politico-culturale,che possiamo sommariamente definiredella destra liberale,che s'era venuto precisandonell'ultimoventennio dell'Ottocentoe al qualeespressamente i nazionalisti

    39

  • amavano richiamarsi quando mettevano avanti il nome di Gae-tanoMosca ^^

    Di questa opinionenon era De Ruggiero nel 1916: Il

    nazionalismo egliscriveva " ultimo venuto nella lizzadei

    partiti,si improvvisatouna tradizione che non aveva, e che

    sola poteva dare un po' di prestigioalla sua azione,carpendo

    qua e l al suo confratellod'oltralpeglielementi sparsidel suo

    pensieropolitico.Al nazionalismo francese ha improntatoalcuneidee antidemocratiche e un po' di simpatieclericali;al nazio-nalismo

    tedesco,e di seconda mano, la tendenza all'imperia-lismoe al realismo politicoche ne costituisce il mezzo neces-sario.Ma, come aveva trapiantatonella vita storica italiana

    questielementi discordanti tra loro senza alcun lavoro preli-minared'adattamento,ne sono risultatideglistrani miscugli

    e delle sovrapposizionidi idee e di atteggiamentiancora pistrane ; e finiva per affermare: Quello che il nazionalismo

    non ha saputo n voluto fare sin dal principio,quando puregliera stato proposto, era di innestare la propriavita nel vec-chio

    tronco della destra italiana,ilsolo partitoche potesse van-tareuna tradizione schiettamente nazionale,ringiovanendola

    con una coscienza pi nuova e vivace e correggendoneil dot-trinarismoastratto con moderate esigenzerealistiche. Senon-

    ch questo precisamentestava facendo e intendeva fare il na-zionalismo,dal momento che De Ruggierostesso riassumeva i

    grandiprincpidirettividella destra nel mantenimento gelosodelle prerogativedello Stato,in una sintesi della costituzionee delle istituzioni,della liberte dell'ordine,in una legislazioneecclesiasticamolto rigida,in una costante preoccupazioneperuna politicainterna energicaqualeconviene a uno Stato in viadi formazione in mezzo a pericolie a diiScoltinnumerevoli .Di pi:De Ruggierostesso, quando passava ad indicare i limitie le insufficienzedella politicaeconomico-sociale del partitoliberale,che,a suo dire,traeva appunto la sua forza dai prin-cpi

    della vecchia destra , caratterizzava tale politicacome abbandonata,con concessioni sempre tardive,alla pericolosainiziativa delle masse popolariche se ne sono fatte un mono-polio

    ; e, quanto alla politicaestera, non trovava di meglioche classificarla debole e frammentaria come era fatale peruno Stato senza frontiere e costretto in pi a dibattersi tradifficoltinterne in un'epocain cui glialtriStati,che gi ave-

    40

  • vano realizzatoil loro equilibriointerno,iniziavano una vigo-rosapoliticamondiale . Era pur vero che la libert e l'ordine

    nei nazionalistierano venuti progressivamenteassumendo unafisionomia diversa da quellache avevano avuta un quarto disecolo prima, ma pareva altrettanto vero che sempre perseguirei pensieridi De Ruggiero il liberalismo non avesse

    piliormai alcuna efficaciaformativa,ricoprissesia il sano che

    ilmarcio,mentre la disciplina(chedoveva rinsaldare le fibre

    rammollite da un flaccidoliberalismo e democraticismo )^^

    era

    eminentemente selettiva.Dunque, l'idea di selezione che biso-gnava

    ad ognicosto riacquistare;e i nazionalistiquesto appunto,a lor modo, stavano facendo: selezione nella nazione e selezione

    tra le nazioni;i precedentinon mancavano, e accanto a Mosca

    e Pareto c'erano pure Rocco De' Zerbi e PasqualeTuriello,e

    poile piaggiornateleve dei Salandra,dei Sonnino, dei Pagano

    e le piligiovanie spregiudicatamenterigoroseforze dei Rocco.La nuova mentalit reazionaria aveva appunto come spie-gava

    sempre De Ruggiero al massimo gradola virtidel-l'iniziativa...donde quel suo atteggiamentocombattivo e pro-vocatore,

    che alla gente pigrasembrava eccessivo e alla genteingenua sembrava addirittura un capovolgimentodell'ordinedelle cose e che, assorbito in s il liberalismo,conosciutine

    limitie valori,lo dominava e lo giudicava.La posizionecriticadi De Ruggiero verso il nazionalismo,nel 1916, veniva dopoun breve accostamento al gruppo deir Idea Nazionale e non

    impedla successiva collaborazione a Politica: troncata an-ch'essadopo breve volgerdi tempo, ma non giustificatada

    possibilitd'illusioni,dato il chiaro suono del manifesto pro-grammaticodella rivista.In realt,la posizionedi De Ruggiero

    mostra, forse pi chiaramente di tante altre,la radicaleinsuffi-cienzadi un'analisi puramente formale del nazionalismo e la

    necessit di collegarlostrettamente agliinteressi praticie allatradizione ideologicadella destra conservatrice liberale,rinsan-guata

    recentemente dall'apportodei gruppi pi dinamici del-l'industrialismo

    lombardo-piemonteseo ad esso variamente col-legati.

    Pi acutamente di De Ruggiero,Gentile,nel 1917-18, ana-lizzava

    l'ideologianazionalista. Tutti i nazionalisti egliscri-veva hanno della nazione quellaconcezione grettamente na-turalistica

    che al dire d'un arguto e brillantescrittore,fa del-

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  • l'uomo una bestia bizzarra legataa una catena, una speciedicanis nationalis: ilqualese esistesse veramente, significherebbe(come stato ben detto)la fined'ognicultura e d'ognivita del

    pensiero:che non pu avere valore spirituale,se non univer-sale.Canis nationalis,asinus univer salisi. Gentile respingeva

    la nazione dei nazionalisti un fatto naturale,antropolo-gicoe etnografico, formazione storica,ma formazione gi

    esistente in virt d'un processo che venga egualmentepresup-posto e notava: Orbene una nazione determinata da certi

    caratteri della struttura cranica,o dalla linguao dalla religioneo dal complessodella tradizione storica propriad'un popoloqualchecosa... priva affatto d'ognivalore...la storia non si

    presuppone; e non si pu presupporre, come qualcosadi belloe fatto,quasipatrimonioereditato dai padrie da noi ricevutocome sostanza della nostra nazione. La nazione non c',se nonin quanto si fa;ed quellache la facciamo noi col nostro seriolavoro,coi nostri sforzie non credendo mai che essa ci sia gi,anzi pensandoche essa non c' mai, ed sempre da creare ^^.Cos sul pianoideologico.Ma sul piano pi propriamentepoli-tico?

    La posizionedi Gentile era chiara: ilnazionalismo potevaessere n pi n meno che un moderno e ritonificatoliberali-smo.

    Recensendo^ nel 1918 II regime della borghesiaprodut-tivadi Corradini,Gentile non vedeva perchmai l'autore do-vesse

    esser tanto avverso al liberalismo che,sebbene alleoriginifosse stato individualistico,tale non era rimasto con la rivolu-zione

    francese,con la filosofiaclassicatedesca post-kantianae,in Italiaparticolarmente,con lo Spaventa,con la politicadelladestra,con Crispi.Cos'era mai la borghesiaproduttiva? Eraforse la borghesiaindustriale? Si identificavacoi gruppidi pro-duttori

    pi cospicui?Corradini pareva non escludere da questoconcetto le classilavoratrici;allora questa era propriola con-clusione

    dei liberali:che borghesiae proletariatoerano tutt'uno.Ancora: Corradini assegnava all'intelligenzail grado pi altodella produzioneeconomica; dunque, regime dell'intelligenzapi che dellaborghesiaproduttiva,a meno di non comprenderein questo concetto tutte le forze socialmente attive e produttive,in quanto illuminate dalla coscienza della perenne e organicacollettivitche l'inteUigenza,lo spiritonazionale,reale sog-getto

    dello Stato: anche in tal caso nessuna diversitsostanziale

    dalla comune concezione liberale,ma solo una critica contro

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  • glierrori di uomini e di sistemi. Su questo collegamentoconla destra storica Gentile sarebbe ritornato anni dopo nel suoOrginie dottrina del Fascismo,dove, segnalatele ascendenzefrancesi del nazionalismo italiano,ne spiegavale caratteristiche

    pilimarcatamente politiche che letterarie (rispettoaquelledel maggior fratello)con la vicinanza a una correntepoliticache in Italia aveva avuto una importanzagrandissima,e la tradizionenon era spenta: al partitoappunto della vecchiadestra. Al quale.,,si ricollegava,accentuando bens l'idea diNazione e di Patria in forma... nuova e non in tutto accettabile

    dal punto di vista di quelvecchio partito,ma per questa nuovavia tornante anch'esso al concetto che la Destra aveva tenuto

    fermo: dello Stato presupposto del valore e del diritto dei

    cittadini ^\ Gentile era stato l'inventore della linea Machia-velli-Vico-Cuoco-Mazzini-Gioberti

    e l'interprete machiavellico di Cavour: ora eglipoteva anche parlaredel fascismo comedeUa pi perfettaforma del liberalismo e della democr