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1 The Teller RIMINI LA NOTTE ROSA: il Capodanno dell’estate VIAGGI LA MEZZALUNA DELLA CIVILTÀ SARDA DOSSIER COLOMBIA: DENTRO AL FUOCO SACRO ECONOMIA LA BATTAGLIA PER IL REDDITO MINIMO N.1 - ANNO I - febbraio 2016 Trimestrale di attualità e approfondimento - www.theteller.it IL MONDO SOFFOCA Il disastro ambientale cinese censurato dal regime di Pechino. La voce di una madre e giornalista coraggiosa arrivata fino a noi

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RIMINILA NOTTE ROSA:il Capodanno

dell’estate

VIAGGILA MEZZALUNA

DELLACIVILTÀ SARDA

DOSSIERCOLOMBIA: DENTRO AL

FUOCO SACRO

ECONOMIALA BATTAGLIA

PER IL REDDITO MINIMO

N.1 - ANNO I - febbraio 2016Trimestrale di attualità e approfondimento - www.theteller.it

IL MONDO SOFFOCA

Il disastro ambientale cinese censurato dal regime di Pechino. La voce di una madre e

giornalista coraggiosa arrivata fino a noi

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Rimini Tourism Innovation Square è la piazza dell’innovazione turistica di Rimini che nasce con l’intento di intraprendere con determinazione un percorso di innovazione nel mercato mondiale del turismo.

Due le anime che caratterizzano Rimini Tourism Innovation Square, due spazi direttamente connessi tra loro ma dotati di reciproca autonomia.

La prima anima è la piazza dell’innovazione, Innovation Square, uno spazio aperto rivolto in particolare ai giovani ma non solo, che si pone come un luogo per attività culturali e un catalizzatore di idee, esperienze e opportunità progettuali e imprenditoriali che abbiano al centro il turismo.

La seconda anima è l’acceleratore d’impresa, guidato dal team di M31 – Padova, un pool di professionisti impegnato nel lancio e accelerazione delle più convincenti e valide startup innovative.

Nel suo insieme, Rimini Tourism Innovation Square è un luogo deputato alla cultura d’impresa e in particolare all’innovazione turistica, dove giovani ed innovatori potranno trovare la consulenza e i servizi necessari per la creazione di una nuova impresa, grazie a un sostegno fatto di competenze e relazioni che l’incubatore metterà a disposizione.

Progetto di Co-finanziato da Partner industriale

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IL NOSTRO STAFF PUÒ CONTARE SU • 3 medici fisiatri e ortopedici• 14 fisioterapisti qualificati• 4 piscine con acqua termale e con temperature variabili da 29°C a 34°C, di cui 2 riabilitative e 1 percorso vascolare• 1 palestra cardiofitness con macchina all’avanguardia Technogyme soprattutto…• 1 unico polo d’eccellenza nella riabilitazione: RiminiTermePer informazioni e prenotazioni dei nostri percorsi riabilitativi: tel. 0541.424011www.riminiterme.com

PREVENZIONE E RIABILITAZIONEPrevenzione e riabilitazione sono importanti aspetti terapeutici trattati nel reparto di Fisioterapia e Rieducazione Funzionale di RiminiTerme

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LA NOTTE ROSA

pag. 8

CINA: SVILUPPO A TUTTI I COSTI

pag. 12

DOSSIERCOLOMBIA

pag. 14

FADO E BACCALÀIL VERO

PORTOGALLOpag. 16

IL MONITO DIJONATHAN FRANZENpag. 19

ALFRED: L’APPLICAZIONE ITALIANA PROMOSSAA LONDRA pag. 20

LA MEZZALUNA DELLACIVILTÀ SARDA pag. 22

LA BATTAGLIA PER IL REDDITO MINIMOpag. 26

SALUTE e CUCINAMANGIARE INTEGRALE È

DAVVERO COSÌ IMPORTANTE ?pag. 11

ARREDAMENTOLAB DESIGN,

LA CASA SECONDOMARCO MACCAGNAN

pag. 25

MOTORIAUTO:

LA SCELTALOW-COST

pag. 28

INDICE

RUBRICHE

LA VIGNETTA DI EDO

L’OROSCOPO DI primavera

COPERTINA

pag. 30

pag. 30

IL NOSTRO STAFF PUÒ CONTARE SU • 3 medici fisiatri e ortopedici• 14 fisioterapisti qualificati• 4 piscine con acqua termale e con temperature variabili da 29°C a 34°C, di cui 2 riabilitative e 1 percorso vascolare• 1 palestra cardiofitness con macchina all’avanguardia Technogyme soprattutto…• 1 unico polo d’eccellenza nella riabilitazione: RiminiTermePer informazioni e prenotazioni dei nostri percorsi riabilitativi: tel. 0541.424011www.riminiterme.com

PREVENZIONE E RIABILITAZIONEPrevenzione e riabilitazione sono importanti aspetti terapeutici trattati nel reparto di Fisioterapia e Rieducazione Funzionale di RiminiTerme

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Nascere e crescere su internet per poi diventare anche un magazine cartaceo. Potrebbe sembrare assurdo in un

periodo in cui tanti giornali storici abbandonano la carta ed adottano il “.it” per sopravvivere alla crisi economica. Noi abbiamo intrapreso con un pizzico di coraggio, e forse un po’ di incoscienza, la strada opposta. La decisione di stampare il nostro periodico è nata dall’esigenza di raggiungere un

numero sempre più ampio di lettori. Questo senza snaturare la nostra vocazione innovativa di creare un magazine

giovane, scritto da giovani, ma fruibile da tutti e rivolto principalmente a un pubblico attento al mondo in continua evoluzione. Avremo un occhio di riguardo per le tematiche romagnole senza rinunciare ad esplorare nuovi orizzonti, per un’esperienza giornalistica decisamente glocal: vero

punto di forza del nostro prodotto editoriale che ha regalato all’Italia scorci inediti di Romagna e alla nostra terra il suo primo magazine online. Da maggio ad oggi siamo stati gli occhi di più di mezzo milione di lettori, prima in piazza Syntagma per raccontarvi la settimana più

lunga di Atene, poi a Roma con i musulmani moderati che ripudiano il terrorismo, abbiamo raccolto la rabbia dei

risparmiatori truffati dal Salvabanche e abbiamo visto Bologna spaccarsi in due per il Salvini Day, nelle stesse

strade in cui abbiamo sfilato a fianco del Gay Pride. Abbiamo trascorso con voi i giorni della maturità e quelli

dei test d’ingresso all’università, abbiamo vissuto in diretta la notte buia di Parigi, ma soprattutto abbiamo raccontato le vostre storie. Fotogrammi della nuova Italia che cambia e sa ripartire: che siate laureati che si reinventano potatori o abbiate passato mesi tra gli indigeni in Amazzonia per girare un documentario, poco cambia, state scrivendo una

storia e noi vogliamo raccontarla. Troverete la nostra rivista nel bar sotto casa come in biblioteca, sarà gratis perché

l’informazione dev’essere alla portata di tutti, senza però lesinare sulla qualità di un prodotto editoriale che mira a consolidare la propria autorevolezza. Ci vedremo ogni

tre mesi, sperando di diventare in breve tempo una vostra piacevole consuetudine. Vi salutiamo con le parole che ci

accompagnano, da sempre il nostro manifesto di libertà e indipendenza,

free speech. free world.

Angelo Russo

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“N on è da tutti inventarsi un Capo-danno che non c’era, il Capodanno dell’estate”. Ma la Notte Rosa non poteva che nascere a Rimini, la

capitale del turismo italiano. E l’inventore non poteva che essere un riminese doc. Andrea Gnassi, sindaco della città romagnola dal 2011, spiega con i suoi modi decisi ma pacati, i segreti della festa più grande dell’estate italiana. Anche quest’anno, dall’1 al 3 luglio, la Riviera (da Comacchio a Senigallia) si colorerà di rosa per l’evento che tutti aspettano.

“Come nasce la Notte Rosa? In Romagna c’è la cultura dell’accoglienza - spiega Gnassi - la voglia di aprirsi agli altri. Nel 2006 (ndr quando è nata) era solo una scommessa. Per qualcuno un azzardo. Alla fine si può dire che è una scom-messa vinta: 110 chilometri di festa, due milioni di persone coinvolte in tutto il week end, un giro d’affari di oltre 200 milioni di euro”. “La Notte Rosa non è un evento qualsiasi - prosegue il sindaco - perché nasce dal coinvolgimento attivo di tutti gli attori del turismo. Il formidabile colpo d’occhio che caratterizza quella notte con alberghi, monumenti, spiagge, locali, strade, piazze e gente in rosa, è il frutto della partecipazione attiva di tutti”.

Nel 2015 la Notte Rosa ha festeggiato i suoi dieci anni. E nel 2016 si preannunciano grandi sorprese. “Per la prossima edizione - spiega il primo cittadino - il tema che verrà individuato

comunicherà, in Italia e all’estero, quella capacità tipicamente romagnola, di pensare positivo, mettendo anima, cuore e passione nelle cose che facciamo”. Molti si chiedono qual è il segreto di un evento così longevo. Per Gnassi la ‘ricetta’ vincente: “E’ dentro di noi, dentro la nostra città, la nostra terra. Molti hanno fatto la Notte bianca, la più famosa in Europa è quella di Parigi. Noi non siamo Parigi o Roma. Ma la nostra torre Eiffel, il nostro Colosseo è dentro ogni persona”. La scelta del rosa non è certo casuale. “Il rosa interpreta le qualità vere della nostra terra: è gentile, dolce, di-vertente, esprime complicità, voglia di incontrarsi”.

Il sindaco svela un ricordo personale curioso lega-to alla Notte Rosa. “Eravamo alla prima edizione, con tutta l’ansia e la paura che la scommessa si rivelasse un flop. A poche ore dalla festa, ho pre-so la bicicletta e ho cominciato a girare da solo in città. Ho incontrato una signora sui 70 anni. Aveva un chiosco di piadina, e aveva i capelli raccolti da un ‘ciappo’, un elastico rosa in onore della festa. Lì ho capito che ce la stavamo facendo...”.

Un evento che non finisce mai di stupire. Ogni anno i numeri sono impressionanti, ma si può davvero parlare della festa più grande d’Italia? Sul punto Gnassi ha le idee chiare: “Non lo so e poco mi interessa. Di una cosa però sono certo: in un Paese che negli ultimi cinque anni ha visto let-teralmente sparire eventi storici, la Notte Rosa è ancora in crescita. Lo dimostra l’allargamento del-lo scorso anno alla provincia di Pesaro – Urbino, e l’intesa con Venezia e la Puglia per trasformare in futuro la Notte Rosa nella più grande festa dell’area mediterranea”

Gnassi e la Notte Rosa

gerardo muollo

il Capodanno dell’estate

“Nel 2006 era un azzardo,oggi è la mia

scommessa vinta.

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Numeri da capogiro

“Impossible. Solo qui tutto è possibile”. E’ il motto della Notte Rosa, la notte più lunga

dell’estate italiana. La prima edizione è del 2006, da lì un crescendo di numeri sempre più impressionanti. Nel 2015 l’evento, andato in scena da venerdì 3 a domenica 5 luglio, è stato capace di portare in Romagna due milioni e mezzo di persone durante tutto il fine settimana, con un giro d’affari, (compre-so l’indotto), di oltre 200 milioni di euro. Lo scorso anno la Notte Rosa ha festeggiato i 10 anni mettendo in mostra un cartellone di 400 eventi, 43 tra concerti e spettacoli musicali con la presenza di 140 artisti. Su tutti Francesco De Gregori e Cristiano De André. Nell’ultima edizione il Capodanno dell’estate ha allargato i suoi confini tradizionali per abbracciare pure la Riviera marchigiana e coinvolgere sette Co-muni del Pesarese. Centosettanta chilometri di puro divertimento. Due regioni, Emilia Roma-gna e Marche, unite per arte, storia, cultura e divertimento. Numeri da record e un’atmosfera unica al mondo. Rigorosamente total pink. Dal ponte di Tiberio di Rimini, alla Rocca di Gradara, da viale Ceccarini di Riccione al Castello di Tavullia. Ogni angolo della Romagna diventa lo scenario per uno spettacolo, un concerto, un happening. Una kermesse spalmata su tre giorni che ha trovato i commenti entusiastici anche di stampa e tour operator esteri (Ger-mania, Russia, Gran Bretagna, Belgio, Austria, Olanda, Polonia e Francia i paesi coinvolti). L’edizione 2015 ha registrato il tutto esaurito in alberghi, ristoranti, chioschi, negozi, per non parlare del merchandising. Magliette, bandane, cappelli da cow boy, parrucche, pantaloni, borsette: tutto è rigorosamente rosa, per essere parte integrante della festa più lunga dell’estate. Ora non resta che aspettare (e vivere) la Notte Rosa 2016.

In alto: la ruota panoramica di Rimini. Pa-gina accanto: in alto, lo spettacolo piro-tecnico in riviera; in basso, il sindaco di Rimini, Andrea Gnassi.

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Il professor Franco Berrino, medico ricercatore ed epidemiologo dell’ Istituto Europeo di Oncologia (IEO) definisce la farina tipo 00 come “il più grande veleno sulle nostre tavole”. Di fronte ad una affer-

mazione del genere, da parte di uno tra i più accredi-tati esperti di nutrizione attualmente in circolazione, è quantomeno doveroso non trascurare le sue parole. Ma facciamo chiarezza. Che cos’è la farina? La farina è il prodotto ricavato dalla macinazione di cereali o di altri prodotti. Nell’uso comune, il termine farina serve ad indicare quella di grano ed in particolar modo quella di grano tenero, mentre si usa la parola semola per la farina di grano duro. Grano tenero e grano duro sono a tutti gli effetti due piante diverse, appartenenti alla stessa famiglia (Graminacee) ed allo stesso genere (Triticum) ma con caratteristiche diverse ed utilizzate quindi per la produzione di prodotti alimentari diversi. Per capire bene vediamo da cosa è composto il chicco di un cereale, grano ad esempio. Esso è composto da una zona esterna di rivestimento chiamata crusca, ricca di nutrienti, una zona chiamata germe che rappresenta l’area vitale del seme, ricca di grassi buoni e da una zona ricca di amido e glutine chiamata endosperma. Anticamente il seme veniva raccolto, spogliato superfi-cialmente delle lamelle più esterne, macinato e setac-ciato per rimuovere i pezzi di crusca più grossolani. Il prodotto che ne derivava era estremamente aro-matico, buono e nutriente perché ricco in vitamine, sali, acidi grassi essenziali e proteine ma era scuro e ricco di “impurità” alla vista. Per rendere tale prodotto visivamente più bello, più facile da lavorare ed aumen-tarne la conservazione, l’industria ha virato verso una raffinazione della farina e cioè l’eliminazione di germe e crusca, penalizzando quindi gusto e salubrità. Il

prodotto finale in questo caso è un concentrato di amido e glutine. La farina di grano tenero viene classificata sulla base della sua raffinazione in:- Farina tipo 00: è la farina più raffinata, totalmente priva di crusca e germe. Ha la pessima capacità di far aumentare rapidamente la glicemia. - Farina tipo 0: un po’ meno raffinata, ma sempre troppo.- Farina tipo 1: è meno raffinata delle precedenti. Si iniziano ad intravedere delle “impurità”, altro non è che crusca. - Farina tipo 2: è poco raffinata e mantiene abbastan-za sia le caratteristiche della farina integrale in termini di proprietà nutritive sia delle farine più raffinate in termini di panificazione e conservazione. E’ un buon compromesso a mio avviso. - Farina integrale: è la farina migliore, ma se si è abi-tuati alla 00 non verrà apprezzata da subito. Consiglio quindi un approccio graduale, passando prima dalle tipologie intermedie. Allo stesso modo la farina di grano duro cioè la semo-la, con la quale si fa la pasta, la si trova presente sotto vari gradi di raffinazione. Importante è accertarsi che anch’essa sia integrale o comunque meno raffinata possibile. Nota Bene. Non sono solo le farine a venir raffinate, ma anche il chicco di cereale intero. Ad esempio il riso è un cereale meraviglioso, ma dopo il processo di brillatura diventa un alimento morto per-ché privato di tutte le sue componenti vitali e salutari. Nel riso integrale invece è riscontrabile una significati-va presenza di proteine, fibra grezza, vitamine, sali mi-nerali, oligo-elementi, acidi grassi essenziali, enzimi, tutti fattori essenziali per il mantenimento della salute. Perché è così importante mangiare integrale? Mangiare cereali integrali porta con sé una serie di vantaggi significativi e cioè:- Si assumono più vitamina E e quelle del gruppo B, sali minerali e fibra che con la raffinazione verrebbero rimosse; si assicura così un’alimentazione più ricca e

completa. - Si riesce a mantenere una glicemia più bassa e più duratura nel tempo; questo aspetto è di fondamentale importanza perché attraverso un equilibrio glicemico si ottiene un equilibrio ormonale essenziale per il mantenimento del peso e della salute. - L’aumentato apporto di fibre favorisce il transito intestinale rendendo breve la sosta delle sostanze tossiche nel nostro intestino; ciò si traduce anche in un minor rischio di sviluppare alcuni tipi di cancro. - Viene ridotto l’assorbimento di grassi e colesterolo. - Si avverte più sazietà e per più lungo tempo; ciò è garantito in primis dalla glicemia che non subisce sbalzi repentini, in secondo luogo dalla dilatazione delle pareti dello stomaco a seguito dell’assorbimento di acqua da parte delle fibre ed infine da un più lento svuotamento gastrico.Considerazione importante è la seguente. Il consumo di alimenti integrali deve orientarsi inevitabilmente sul biologico. Vi spiego perché. Mangiare integrale vuol dire mangiarsi anche la buccia del cereale e se su quella buccia sono presenti pesticidi si finisce per mangiare anche quelli. Scegliere integrale di origine biologico significa essere più tutelati in quanto i pesticidi utilizzati (se utilizzati) risultano sicuri. Ma attenzione biologico non significa integrale!! Quanto pane integrale posso mangiare?Come il pane bianco, ha circa le stesse calorie. A parità di peso il pane integrale, così come la pasta fa aumentare meno la glicemia rispetto agli omologhi raffinati, ma se aumento le quantità questo vantaggio sfuma. Altro aspetto da non sottovalutare è imparare a riconoscere un vero integrale da un finto integrale. Purtroppo la legislazione non tutela il consumatore in questo caso dando spesso luogo a fraintendimenti. Cioè le aziende possono scrivere integrale, sulle confezioni di fette biscottate, crackers, pane, etc., anche se la farina integrale è presente in minima parte o addirittura assente. Buona integralità a tutti!

Matteo GentiliniBiologo, nutrizionista e blogger

www.nutrizione-consapevole.com

Mangiare integrale è davvero così

importante?

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Hai mai visto le stelle? No. E il cielo azzurro? No. Sono queste le domande che la giornalista cinese Chai Jing ha rivolto ad una bambina di circa tre anni

che vive nella regione dello Shijiazhuang, l’area più inquinata della Cina, e probabilmente una delle più inquinate al mondo. Non c’è da stupirsi che la bambina abbia risposto no ad entrambe le domande, nel 2014 infatti l’area ha fatto registra-re 365 sforamenti su 365 e ben 264 giorni in cui la presenza di una fitta nebbia di smog invadeva i centri abitati in una sorta di abbraccio mortale.La Cina sta vivendo da almeno venti anni la sua

Angelo Russo

Una giornalista coraggiosa denuncia i numeri di un disastro

ambientale in un documentario

censurato dal regime di Pechino

la media americana è di 37,5 e quella europea di 50. Il particolato finisce nei nostri polmoni con tutte le sostanze, anche cancerogene, che lo compongono, basta leggere questi numeri per capire le dimensioni del dramma, un abitante del-la capitale cinese ha probabilità di contrarre un tumore alle vie respiratorie sei volte superiore ad un europeo e quasi dieci volte superiore rispetto ad un americano medio.A supporto di questa semplice deduzione arriva-no i numeri che ci parlano di una vera e propria tragedia. Gli studi citati nel documentario infatti mettono in luce come il tasso di mortalità prema-tura cresca di pari passo con quello dei valori di Pm 10 (particolato) presenti nell’aria.Ogni anno in Cina muoiono 500mila persone per effetto dell’inquinamento, di questi una buona parte sono bambini. Negli ospedali sono sempre più frequenti i casi di neonati affetti da pneu-monia, pur non essendo mai usciti di casa. Un dramma senza fine se si considerano tutti quelli che pur riuscendo a sopravvivere, come la figlia di Chai Jing, sono costretti a rimanere barricati in casa anche settimane durante i periodi di maggiore inquinamento perché l’esposizione allo smog potrebbe risultare fatale portando la ricomparsa della malattia. Le particelle di particolato che fluttuano nell’aria non sempre sono visibili, la sua presenza non per forza è accompagnata da quella della nuvola di smog. Per dimostrarlo Chai ha portato con sé una macchinetta per la misurazione dell’in-quinamento in una normale giornata di lavoro a

rivoluzione industriale, ma ancora oggi nel paese della Grande Muraglia non si è sviluppata una vera e propria sensibilità ambientalista, anche se i dati sulla salute dell’ambiente sono allar-manti e le conseguenze evidenti, ci è voluto un documentario shock di una madre coraggiosa per smuovere le coscienze di governo e società civile. La storia del documentario è semplice e agghiacciante al tempo stesso. La giornalista Chai Jing, in dolce attesa, scopre che la bambina che porta in grembo ha un tumore benigno, con ogni probabilità causato dal particolato (particelle inquinanti presenti nell’atmosfera) che lei aveva respirato durante i primi mesi della gravidanza. Questo la porta a riflettere sulle condizioni in cui versa il suo paese, e così, sentendosi colpita in prima persona dagli effetti dell’industrializzazione scriteriata, decide di autoprodurre un documen-tario in grado di suonare la sveglia in una società civile ormai rassegnata a passeggiare per le vie di Pechino in una nuvola di smog, metalli pesanti e benzopireni.Il lavoro intitolato Under the Dome, letteralmente sotto la cupola, prende spunto dall’omonima serie di successo americana in cui una cittadina è costretta a vivere isolata sotto una spessa cam-pana di vetro, che, per la giornalista cinese, è un po’ quello che succede alle città della Repubblica Popolare per effetto delle emissioni eccessive. I dati sono spaventosi. Un pechinese vive immerso in media in 305 µg di particolato per metro cubo, solo per rendere l’idea lo standard dell’Oms (Or-ganizzazione mondiale della sanità ndr) è di 25,

CINA: SVILUPPO

A TUTTI I COSTI

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“HAI MAI VISTO LE STELLE? NO. E IL CIELO AZZURRO? NO.

Chai jing, la voce di una madre coraggiosa Volto di punta di CCTV, televisione nazio-nale cinese, dal 2001 al 2013, Chai Jing ha avuto il coraggio di denuciare il disastro ambientale cinese in un documentario realizzato a inizio 2015. La scoperta del tumore benigno che aveva colpito la figlia che portava ancora in grembo l’ha spinta a combattere la sua personale battaglia con-tro l’inquinamento delle metropoli cinesi.

La più grande miniera di carbone dell’Au-stralia, il sito carbonifero di Carmichael, appena approvato dal governo australia-

no, inquinerà (in termini di emissioni) molto di più di metropoli come Tokyo e New York, e anche di più di interi Stati come l’Austria o la Malesia. A dirlo è uno studio del think tank The Australia Institute, secondo cui le emissioni della miniera annulleranno gli impegni sottoscritti dal Paese per il clima. L’enorme miniera che sorgerà nello stato del Queensland, ad opera dell’in-diana Adani che investirà oltre 16 miliardi di dollari australiani, per gli esperti pro-durrà 79 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, più dei 75 milio-ni di tonnellate della Malesia e dei 76 milioni dell’Austria. Le emissioni saranno tre volte quelle di Nuo-va Delhi, due volte quelle di Tokyo e supe-riori del 20% a quelle di New York. Un tale quantitativo di CO2 – sottolinea il think tank – annullerà interamente gli obiettivi dell’Au-stralia sulla riduzione delle emissioni. La miniera, in cui solo la cava misurerà 40 km di lunghezza per 10 km di larghezza, con-sentirà di estrarre un massimo di 60 milioni di tonnellate di carbone termico all’anno.

Nel corso del suo ciclo di vita, il carbone estratto dovrebbe ammontare a 2,3 miliar-di di tonnellate, mentre le emissioni di CO2 correlate sarebbero di 4,7 miliardi di tonnel-late. Contro il progetto si sono schierati gli ambientalisti, che hanno lanciato l’allarme anche per le conseguenze negative sulla barriera corallina al largo del Queensland. La Great Barrier Reef è la barriera di corallo più grande del mondo, composta da oltre 2900 barriere coralline singole e da 900

isole. Le spe-cie native della Gran-de Barriera C o r a l l i n a aus t ra l iana sono a mag-giore rischio di estinzione a causa del cambiamen-to climatico rispetto alla fauna e flora native di altre

aree, perché incapaci di adattarsi a nuovi habitat. Lo indica una ricerca dell’Universi-ty of Queensland, la più ampia finora con-dotta sull’impatto del riscaldamento globa-le sulla biodiversità marina. Molte specie possono sopravvivere emigrando in nuove acque, ma quelle tropicali hanno margi-ni più ristretti e rischiano più di soccom-bere in un clima di rapido riscaldamento.

IN AUSTRALIA LA MINIERA DI CARBONE PIU’ INQuInanTE DEL MONDO

Pechino. Dopo sole dodici ore i filtri, che la mattina erano bianchi, sono diventati completamente neri, e l’a-nalisi delle sostanze intrappolate nel tessuto non lascia dubbi, quell’aria può uccidere. Nel campio-ne sono presenti quindici sostanze ritenute can-cerogene dall’Oms, e tra le altre, la più nociva di tutte, il benzo[a]pirene registra un valore 14 volte superiore a quello consentito. Questo corpuscolo ha la particolarità di legarsi al Dna umano inter-ferendo con il normale processo di replicazione della molecola portando a mutazioni genetiche in grado di favorire la comparsa di carcinomi, per questo è stato classificato nella Categoria 1 tra gli elementi più pericolosi per l’uomo. Mentre il colore nero del filtro è dovuto alla presenza di nero di carbonio, una particella pic-colissima (la sua dimensione non raggiunge i 2 micron) con una struttura a catena leggerissima, per intenderci due grammi di questa sostanza sarebbero sufficienti per ricoprire la superficie di un campo da calcio. Secondo l’Agenzia inter-nazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) il “nero di carbonio” è potenzialmente cancerogeno, mentre per i ricercatori della Peking University di Pechino: “un anno di esposizione alle quantità di nero di carbonio registrate nella capitale cinese può portare a infiammazioni del tratto respiratorio ed aumenta in maniera esponenziale l’incidenza delle malattie cardiovascolari”.Questa situazione è figlia di scelte industriali ed energetiche ben precise. Nel 2013 la Cina da sola ha consumato più carbone del resto del mondo unito, parliamo di 3,6 miliardi di tonnellate di carbone bruciato nelle centrali energetiche che disperdono ogni anno quantità inimmaginabili di fuliggine e particelle cancerogene nell’atmosfera. Per ritrovare un tale consumo di carbone in un’u-nica area geografica bisogna tornare indietro nel tempo di almeno 150 anni, quando l’Inghilterra del 1860 lanciava la sua sfida alla modernità. Il documentario di Chai Jing è stato un primo importante passo verso un cambio di rotta, ma purtroppo il vecchio regime non perde il vizio, nonostante un iniziale avvallo da parte delle autorità: il reportage, che stava ottenendo un successo senza precedenti con oltre 150 milioni di visualizzazioni in una settimana, è stato rimos-so dai principali siti video, e bloccato per gli utenti cinesi su YouTube. Fortunatamente la censura del governo non arrviva in occidente dove il documentario ha fatto molto scalpore

Foto grande, piazza Tienanmen. In alto, la giornalista cinese Chai Jing. In basso a de-stra, la miniera australiana di Carmichael.

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Dossier Colombia:DENTRO AL FUOCO SACRO

EMILIANO TROVATIHa trascorso un anno in Amazzonia vivendo in una comunità indigena per realizzare un magnifico reportage

Bolognese di trent’anni, biologo, amante della natura, podista amatoriale e esperto di Yoga. Lui è Radan Jovanovic, un gio-

vane con un’affascinante storia da raccontare. Noi lo abbiamo conosciuto per caso lo scorso anno nel pieno del suo viaggio in Colombia, ci abbiamo parlato e la sua vicenda ci è sembra-ta interessante. Per questo abbiamo avviato una collaborazione per realizzare un reportage sulla sua esperienza che oggi è pubblicato sul nostro sito (www.theteller.it), intitolato Dentro al fuoco sacro. La storia di Radan è un esempio di quei giovani che abbandonano la via ortodossa, studio-lavoro-matrimonio-famiglia, per quella individualista, ma più affascinante, del prende-re e partire alla ricerca di qualcosa di diverso.

Idee chiare, buona conoscenza delle lingue e attitudine al viaggio. Un giorno Radan, stanco della routine della sua vita, scandita dai ritmi frenetici del lavoro, decide di cambiare percorso: prende una borsa, si trova un’associazione di volontariato attiva in America Latina in ambito sociale ed educativo, saluta tutti e parte.Il viaggio di Radan è un condensato di espe-rienze che vanno dalla cultura latinoamericana all’agricoltura Amazzonica, dal cibo Colombiano alla medicina tradizionale della foresta pluviale. Il suo racconto riassume tutto: musica, tradizio-ne, artigianato e pratiche mistiche dell’America Latina. E ve lo vogliamo riproporre, partendo dalla prima intervista che gli abbiamo fatto.

Radan raccontaci un po’ di te, della tua vita prima di partire?Prima di lasciare tutto indossavo una masche-ra senza nemmeno rendermene conto. Mi occupavo di diverse cose: gestivo una piccola rete commerciale online nel campo delle

Foto della selva amazzonica colombiana. Pagina accanto: immagine in alto un bam-bino indios; in basso Radan Jovanovic.

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arrivai qui nel dicembre del 2014, nella regione meridionale del Putumayo, per un’esperienza mistica e musicoterapica con gli sciamani delle comunità indigene andino-amazzoniche. Con una di queste in particolare provai profonda sintonia e decisi così di stabilirmi e avviare da qui il mio documentario.Cos’hai trovato?Un popolo tanto semplice quanto profondo. Grazie a loro mi rendo conto dell’amnesia culturale e ancestrale dell’occidente. Qui ho capito di aver perso la connessione con me stesso più che con la natura. Una volta ritrova-ta, ho ripreso a vivere in equilibrio con la Terra. Grazie a questo popolo ho capito che noi non siamo il nostro ego.Com’è stato integrarsi?Non è stato per nulla difficile. Dove vivo è presente una connessione tra l’uomo e la natura, quest’atmosfera pacifica rende tutto più semplice, per restare non ho dovuto fare altro che chiederlo con un sorriso. Fu incredibile!

dentro al fuoco sacroUn reportage che narra la vita all’interno della

comunità ‘Dulce azul’, un ecovillaggio ai mar-gini della foresta amazzonica colombiana, dove Radan Jovanovic, l’autore, ha vissuto un anno per girare il suo documentario. Il docufilm (visibile su www.theteller.it) è un affresco della cultura latinoamericana. Un ritratto appena abbozzato della musica, della tradizione culinaria, dell’arti-gianato e delle credenze spirituali dei popoli che abitano questa porzione di foresta amazzonica. Ad accompagnare Radan, in questo lungo viaggio educativo, i tanti amici conosciuti durante la sua permanenza. Ogni incontro è una lezione sugli usi del luogo. Ogni persona un pezzo di Amazzonia. Da Manuel, curatore del villaggio, impariamo il rito del Temazcal e dell’ayahuasca. Da donna Elba, fondatrice dell’associazione ‘Cucina amazzonica’, apprendiamo il valore delle piante selvatiche e la cucina tradizionale colombiana. Grazie a Juan, un adolescente argentino, scopriamo il mondo dell’arti-gianato latinoamericano.

telecomunicazioni ed energie rinnovabili e al tempo stesso raccoglievo fondi per diverse organizzazioni a scopo benefico. La mia idea era quella di crearmi col tempo delle entrate passive, con le quali poi un giorno vivere i miei sogni: viaggiare e vedere il mondo. Credevo che le passioni fossero qualcosa da gustare come dessert nella vita: qualcosa che si ottie-ne solo dopo aver mangiato tutto il resto.Cosa ti ha spinto a partire e, soprattutto, perché la Colombia?La spinta decisiva fu un incontro fortuito con un maestro indiano che feci con mio padre. Fu grazie ai suoi insegnamenti che aprii gli occhi e per la prima volta mi vidi dentro. Mi resi conto di non vivere a pieno e che mi stavo spegnendo. L’idea della sicurezza economica non bastava a completarmi. Lasciai così la mia attività con l’idea di girare per comunità ed eco villaggi in Europa e fare un documentario delle mie esperienze. La Colombia fu un caso. Dopo lungo girare

Parlaci ancora del tuo percorso.Un giorno presi parte a una cerimonia sacra accompagnata dall’assunzione di piante me-dicinali autoctone, l’ayahuasca o yage. Fui se-guito tutto il tempo da uno sciamano (chiamato “taita”) che dedica la sua vita alla salute del corpo, della mente e dello spirito. Già in Eu-ropa conoscevo le cerimonie di ayahuasca, il primo contatto con questo ‘medicinale’ l’avevo avuto in Italia, in un centro di sanazione olisti-ca in Sardegna. Decisi di ripetere, ma stavolta nel luogo dove la pianta ha origine, nell’Amaz-zonia colombiana. Una volta in Colombia mi misi alla ricerca di uno sciamano finché non incontrai il taita Manuel e sua moglie Elisabet. Qui mi innamorai del loro progetto: creare una comunità autonoma ed eco sostenibile, un eco villaggio e al tempo stesso scuola di musica, di lingue, di arte, di sanazione, di agricoltura, di cucina esotica, meditazione, di costruzione e sport

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Un famoso detto portoghese afferma che esistono più tipi di merluzzo che giorni in un anno. Girando per le strade di Lisbona è proprio quello

che si respira, si può dire che il baccalà sia il simbolo della cucina portoghese, e come si mangia qui non si mangia da nessun’altra parte nel mondo. Sulla via del 28, lo storico tram della capitale lusitana, si trova un posticino dove vale la pena di fermarsi, tra le via dell’Alfama in un’atmosfera sospesa nel tempo c’è Ti Natercia. Un ristorantino con meno di dieci tavoli, dove mangerete uno dei migliori baccalà del mondo. Natercia la padrona di casa, cucina e serve ai tavoli, lo fa come lo farebbe a casa sua, è famosa a Lisbona per la sua torta salata al merluzzo. Mentre ne assaggi una fetta non puoi non pensare che il vero segreto del fascino di questa capitale, ancora incontaminata dalla globalizzazione selvaggia, risieda proprio nella sua tradizionale semplicità. Lisbona conserva ancora intatto tutto il suo fascino secolare, nelle viuzze strette che si snodano tra quartieri densi di contraddizione, dove il nuovo e il vecchio si incontrano in una fusione che ha dell’affascinan-te e del miracoloso. Nei ristoranti e nelle piazze riecheggiano ancora le dolci melodie della musica fado, i turisti si perdono nella tradizione

Porto, i muri di Ribeira e un ponte che sem-bra la Torre EiffelDa quando i voli Ryanair riempiono l’aeroporto di Porto di viaggiatori low cost, la città porto-ghese si è data una bella lucidata e un po’ di ordine. Chi ha visitato Porto prima di questa riorganizzazione, ha qualcosa da ridire e giura che preferiva il vecchio fascino di città vicina al mare, trascurata e decadente. In realtà, abban-donati i percorsi turistici più battuti, c’è sempre

mangiando il pesce fresco che viene cucinato oggi esattamente come un tempo secondo ricette tradizionali gustose e saporite. Questo è con grande probabilità il segreto di una città che ha saputo rinnovarsi pur mantenendosi fedele al suo aspetto originale, divenendo una piccola metropoli che al contempo mantiene lontana da sé e dalla sua immagine il caos ed il frastuono che sono stati la rovina di altre sue simili. Carat-tere che si riflette nelle notti di Lisbona. La vita comincia al tramonto e va avanti fino all’alba. Sono gli abitanti stessi di Lisbona ad animarla. I portoghesi di media amano uscire, e la città ha numerosi centri di aggregazione che ruotano intorno a ristoranti, bar e localini a dimensione d’uomo, dove quello che conta di più di tutto è il contatto umano in un’esperienza di nightlife dove al posto dei lustrini ci sono le parole e i sorrisi delle persone. I teatri, le discoteche e i locali di tendenza aggiungono un sapore spe-ziato alla vita di questa città dopo il tramonto. Di notte i quartieri si animano con il suono delle chitarre e del canto del fado, vera espressione musicale dell’anima lusitana. Le case del Fado sono i luoghi dell’anima portoghese, dove si può gustare l’ottima cucina locale e ascoltare la mu-sica emozionale di Lisbona e sono unici nel loro genere. La notte lisbonese dura fino all’alba, i bar tirano tardi fino almeno alle due e le discote-che non chiudono prima delle sei, ora in cui gli ultimi reduci della movida si concentrano lungo le sponde del Tago. Giù per la collina i caffè all’aperto sono i principali fornitori di colazioni per nottambuli della città.

TIZIANO DE NICHILO

La ricetta del Portogallo autentico

Fado e baccalà

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la vecchia Porto, popolare e mercantile, coi muri scrostati e un po’ di sporcizia sotto al tappeto.

Sintesi di questa doppia anima cittadina è la Ri-beira. Il quartiere che si stende lungo il corso del fiume Douro. Non devono averci pensato molto gli ispettori dell’UNESCO quando hanno deciso di inserire la Ribeira nell’elenco dei siti Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Un dedalo di stradine acciottolate in ripida salita, case basse dalle facciate colorate, piazzette alberate, balconcini fioriti, panni stesi ad asciugare, vecchi fuori dalle porte, bar, ristoranti e botteghe artigianali contri-buiscono a creare un paesaggio urbano unico. Dalla parte bassa della Ribeira parte il ponte in ferro Dom Luis I, che la collega con la cittadina gemella di Vila Nova de Gaia. Il ponte progettato da Téophile Seyrig, allievo di Gustave Eiffel, non tradisce l’ispirazione alla famosa torre parigina, l’effetto scenico del ponte, soprattutto al tramonto o di notte è spettacolare. Una passeggiata lungo gli oltre 170 metri di lunghezza a picco sul Douro è una delle cose da fare assolutamente a Porto.

Se volete scoprire come vivono, cosa mangia-no e come si comportano gli abitanti di Porto, il Mercado do Bolhão è il posto ideale. Fiori, verdure, frutta, pesce, carne, salumi, formaggi: non manca nulla per chi vuole approfittare per organizzarsi uno spuntino al volo in una delle trattorie nella parte centrale del mercato. Gli abitanti di Porto sono anche chiamati Tripeiros (trippai) quindi questo dovrebbe già indicarvi qual è il piatto principale della cittadina portoghese. Il nome ha origini storiche ben precise, c’è chi lo lega al periodo delle invasioni dei mori, mentre la tesi più accreditata è che quando i marinai e le armate portoghesi partivano per guerre e conqui-ste, i cittadini di Porto si tenevano solo la trippa,

lasciando a loro le parti più nobili e sostanziose degli animali. Alla trippa, che resta uno dei piatti principali di Porto, si affianca il tradizionale baccalà cucinato in 100 modi diversi e la franchesina, un toast inventato negli anni ’60 è oggi il piatto veloce per eccellenza di Porto. Più famoso della città è si-curamente l’omonimo vino prodotto principalmente nella cittadina di Vila Nova de Gaia, dove tra inviti continui a degustazioni gratuite e un’atmosfera da asta del pesce, potrete sostituire il solito souvenir con una bottiglia del miglior Porto in commercio

La Notte di Lisbona

Ci sono quattro grandi zone che è necessario considerare quando

uscirete la sera a Lisbona: Avenida 24 de Julho (Alcantara, soprattutto bar e discoteche), Bairro Alto (ristoranti, bar e discoteche), le Docas (Doca de Alcântara ex zona di magazzini portuali diventata zona ricca di ristoranti, bar e discoteche) e Parque das Nações (principalmente ristoranti e bar). Avenida 24 de Julho è un lungo viale con molti bar e discoteche, di solito molto frequentati di notte e non molto lontano dalle Docas. Bairro Alto è sempre stato uno dei luoghi favoriti fra gli amanti della vita notturna, e ha coltivato il suo stile unico nel corso degli anni, che la

distingue da altre zone della vita notturna soprattutto perché si trova nella parte più antica di Lisbona. Qui potrete trovare ristoranti che rimangono aperti fino a tar-di, con una vasta selezione di piatti tipici della cucina portoghese e internazionale. Le Docas, sono una delle zone più vivaci della vita notturna di Lisbona. Lo scenario sul fiume è bello e troverete numerosi ristoranti, bar, caffetterie e discoteche per una serata veramente speciale. Infine, il Parque das Nações, dove è stata orga-nizzata l’esposizione universale del 1998 (Expo 98), è la parte più moderna della città, con edifici futuristici e una splendida vista sul fiume. Qui si possono trovare molti ristoranti e bar alla moda, con piatti portoghesi e internazionali.

Cacela Velha, la perla dell’Algarve

Il Portogallo è noto per le sue bellissime spiagge, l’ottima cucina e la calorosa

ospitalità del popolo lusitano. Negli ultimi anni il paese si è fatto conoscere ed ap-prezzare dai turisti anche per le splendide località marittime, ma le sue scogliere a picco sul mare continuano a regalarci del-le vere e proprie perle nascoste. Una di queste è Cacela Velha, nella regione me-ridionale dell’Algarve a Vila Real de Santo Antonio, un posto piccolo, ma accogliente ai confini con la Spagna. Nel villaggio, dalla tipica architettura mediterranea, sono stati fatti alcuni scavi che hanno portato alla luce tracce dell’occupazione romana, mentre dalla fortezza medievale si può godere lo splendido paesaggio di Ria Formosa, la suggestiva spiaggia ai piedi del borgo. Lungo la caletta si trova un vecchio cantiere navale abbandonato, da qui partono le piccole barche da pesca che possono portare i visitatori fino alle pescose isolette della baia. Chiudere la visita ammirando il tramonto sul mare, gustando le tipiche conquilhas con un bicchiere di Sagres, sarà un’esperienza che dimenticherete difficilmente.

Immagine del paesino di Cacela Velha. Pagina accanto: veduta della città di Lisbona. In basso, la movida notturna per le strade di Lisbona

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C’è un uccellino americano che è diventato una vera e propria icona ambientalista grazie ad uno dei romanzi di maggior successo del nuovo millennio, Libertà di

Jonathan Franzen. È la dendroica cerulea, una sorta di passerotto azzurro tipico della regione dei Grandi Laghi, posto da Franzen come simbolo della libertà ai giorni nostri.Nel romanzo (che ha più di un fondo di verità) la so-pravvivenza del piccolo uccello migratore è in pericolo a causa di tutto ciò che rende la vita di noi umani ricca e comoda. Certo, sono tante le specie minacciate nel nostro pianeta, ma la dendroica ne può essere un buon rappresentante, proprio per le sue abitudini mi-gratorie. Il piccolo uccello infatti è fortemente legato al suo habitat, a tal punto da affrontare viaggi estenuanti pur di trovare le condizioni ideali per riprodursi: se al termine della migrazione gli uccelli non dovessero ritrovare il proprio habitat ideale per nidificare, quel viaggio risulterebbe fatale.Proprio sulla salvaguardia dell’ambiente e sugli effetti che le emissioni di monossido di carbonio hanno sul clima, e quindi sulle condizioni di vita della biodiver-sità, si è concentrata l’ultima ricerca della National Audubon Society, l’organizzazione americana che si occupa della salute della fauna ornitologica nel Nuo-vo Continente. Secondo lo studio entro il 2080 circa la metà delle specie di volatili che vivono in Nord America rischia di perdere il proprio habitat naturale. In una serie di infografiche e cartine tematiche la ricerca mette in luce gli effetti del surriscaldamento

globale sulle grandi distese nordamericane mettendo a rischio gli habitat anche degli animali più tenaci come le grandi aquile calve, recentemente escluse dalla lista degli animali in via d’estinzione, ma in cui, stando alle previsioni dell’Audubon, potrebbe fare presto la loro ricomparsa.Nello studio si trovano anche consigli utili per ridurre le nostre emissioni nella vita di tutti i giorni, come passare dalle vecchie lampadine ad incandescenza ai più performanti led, oppure limitare l’uso di veicoli a motore. Tutti consigli di buon senso che hanno però mandato su tutte le furie proprio Jonathan Franzen che dalle colonne del New Yorker, si è lanciato in un lungo commento non proprio allineato alle tesi dell’organizzazione ambientalista. Secondo lo scrit-tore newyorkese è giusto curarsi dei cambiamenti climatici, la cui soluzione però non può arrivare dai nostri comportamenti, ma deve nascere da scelte politiche precise, mentre oggi i governi di mezzo mondo, a partire da quello statunitense, usano la difficoltà di frenare il surriscaldamento come un alibi in materia ambientale.La teoria dell’alibi è facilmente dimostrata dalla tesi dello scrittore: “Lo scorso settembre, come ogni amante degli uccelli, stavo seguendo la vicenda della costruzione del nuovo stadio da football, che le Città Gemelle (Minneapolis ndr) stanno costruendo per i Vikings. Le pareti di vetro del futuro stadio potrebbero causare la morte per collisione di migliaia di uccelli ogni anno, per questo gli ambientalisti del luogo hanno chiesto agli sponsor di sostituire il vetro tradi-zionale con una speciale resina in grado di ridurre gli schianti degli uccelli; l’uso del nuovo vetro avrebbe alzato il costo di costruzione di un decimo, ma gli sponsor hanno esitato. Contestualmente la National Audubon Society ha diffuso il suo comunicato stampa da lì il passo verso l’alibi è stato corto. L’annuncio è

stato ripreso dai media nazionali e locali, compreso il Minneapolis Star Tribune, il cui blogger in materie naturalistiche, Jim Williams, ha tratto l’inevitabile conclusione: perché litigare sul vetro dello stadio, quando la vera minaccia per gli uccelli sono i cam-biamenti climatici? In confronto – sostiene Williams – poche migliaia di uccelli morti non sono niente”. L’alibi è servito.“Se proprio vogliamo fare qualcosa per salvare la biodiversità – attacca Franzen – iniziamo a mettere in campo ogni sforzo per salvare la vita degli uccelli oggi, evitando di minacciarne la sopravvivenza con politiche miopi e scelte sconsiderate”. Un passo per volta, del resto, Rome wasn’t built in a day

il monitodi jonathan franzen

“IL CLIMA È UNA SFIDA NON UN ALIBI”

ANGELO RUSSO

il libro di jonathan franzenlibertà

Lo scrittore appassionato di birdwatching Jonathan Fran-zen. In basso: la copertina del suo romanzo Libertà .

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L’Italia non è un paese per giovani, ormai è risaputo. Solo nel 2014 (secondo il Sole 24 Ore) più di 100.000 italiani sono andati a cer-care fortuna all’estero. La Germania e la Gran

Bretagna sono mete più gettonate dalla diaspora dei cervelli. Nel Belpaese investire sui giovani è praticamen-te impossibile, i dati Istat sulla disoccupazione giovanile parlano chiaro: il tasso di disoccupazione degli under 24 è del 44% e nell’ultimo anno si sono registrati 40.000 occupati in meno. I giovani dunque emigrano, ma sono pochi quelli che trovano un lavoro stabile e redditizio. la maggior parte resiste strenuamente, cimentandosi in lavori umili e faticosi. Alzi la mano chi non ha mai fatto il lavapiatti a Londra.

C’è invece chi in Italia voleva restare, e provare a costru-ire qualcosa, ma è stato costretto a partire. Come Nicola Russo, giovanissimo ingegnere informatico originario di Foggia, classe ’90 che assieme al collega Michele Galli ha inventato Alfred: un maggiordomo virtuale. Un’app capace di gestire tutti gli elettrodomestici della casa, impostare i termostati delle caldaie, annaffiare le piante, rendicontare e risparmiare più energia possibile. Anche in Italia abbiamo dei potenziali Steve Jobs, ma il problema è riconoscerli. I giovani ingegneri dell’Univer-sità di Roma Tre, infatti, hanno cercato qualcuno che investisse nel loro talento, ma hanno ottenuto solo rifiuti: “Ci siamo rivolti ad un acceleratore di start up romano, ci hanno detto che non eravamo pronti e che sparavamo a casaccio”, ci racconta divertito Nicola.Il team italiano ha deciso allora di allargarsi, accogliendo al suo interno altri ingegneri, e di trasferirsi a Londra dove a febbraio è nata la BrainDrain Solutions Ltd (letteralmente Fuga di Cervelli). Nella city il loro talento dei viene immediatamente apprezzato, tanto che Nicola

Alfred: l’app bocciata in Italia promossa

a Londra

Valerio Lo Muzio

La storia degli i ta l ian i che rivoluzioneranno le nostre case

e soci ottengono un grosso finanziamento dalla John Lewis plc: storica azienda inglese con un fatturato lordo annuo di oltre 10 miliardi di sterline e negozi in tutto il Regno Unito. Oggi Nicola Russo è il Ceo della Brain-Drain Solutions Ltd e dal suo ufficio nella centralissima Victoria Station, ci racconta la sua avventura.

Cos’è Alfred Smart Home e come funziona?Alfred è il maggiordomo che tutti vorremmo. Si tratta di un’applicazione mobile per la gestione di case ed edifici commerciali. Alfred integra i dispositivi per la smart home (termostati, lampadine, prese elettriche, videocamere ecc.) multimarca attualmente disponibili permettendo di controllarli da un singolo device. Tuttavia, ciò che fa di Alfred Smart Home un prodotto unico è la gestione automatica della casa e l’analisi dei consumi. Il nostro cervello in cloud è in grado di gestire gli ambienti se-guendo comportamenti “cost-driven” e “comfort-driven”, ovvero cercando di spendere meno energia possibile. Alfred, memorizza gli stati e i consumi dei device per

Il team di Alfred app posa davanti al palacongressi dell’EUR a Roma. Pagina accanto: il giovane ingegnere fondato-re dell’applicazione, Nicola Russo

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poi mostrarli attraverso grafici e indici, permettendo così all’utente di fare un’analisi dei costi puntuale e compren-dere come spende i soldi della bolletta.Come è nato Alfred?Alfred nasce tra i banchi dell’università di Roma Tre, dove io e Michele Galli ragionando sui nuovi trend di mercato ci siamo resi conto che la “Smart Home & Building” era il più promettente. Inizialmente abbiamo pensato di produrre hardware (una linea di smart home device) per poi fare pivot (competere con grandi case quali Google o Philips era praticamente un suicidio) e solo dopo realizzare un grande problema della SH: im-maginate di avere 4 o 5 dispositivi diversi in casa. Oltre a non comunicare tra loro (ogni brand ha il suo protocollo) per poterli controllare dovete aprire l’app di Philips, poi quella di Nest, poi quella di Sonos e così via, ma questa non è smart home! E’ nata così l’idea di un’app per controllarli tutti. Ovviamente ci siamo subito resi conto che non potevamo fare tutto da soli. Abbiamo coinvolto così Silvia Di Nardo e Giuseppe Matrella (due colleghi con cui abbiamo condiviso l’università), Fabrizio Pera (senior iOS developer), Adam Lamkharbech e Lorenzo Perniciaro (visual designer), Marco Matera (laureando in Economia e Business Management in Londra) e Ryan Battles (esperto in marketing e brand, titolare della GrayJam LTD). Abbiamo cercato un investimento in Italia ma siamo stati scartati da un acceleratore romano come “non pronti”. Non scoraggiati, abbiamo continuato in “bootstrapping” ad investire in prima persona sul pro-getto. Pensa che ho lasciato il mio lavoro e accantonato i miei studi per la laurea magistrale per potermi dedicare al cento per cento al progetto. Dopo alcuni mesi la decisione: l’estero. L’occasione si chiamava bando per l’acceleratore JLab by John Lewis a Londra. Ci abbiamo creduto e provato così siamo stati selezionati e premiati come “best pitch”. Il 17 Febbraio 2015 è nata la Brain-Drain Solutions LTD (letteralmente ‘fuga di cervelli’).Quanto si riuscirà a risparmiare sui consumi grazie alla vostra app?Dipende dalla costituzione della casa, ma in generale possiamo affermare che gestendo correttamente la tem-peratura (riscaldamento e raffreddamento) e utilizzando correttamente e nelle giuste fasce orarie gli elettrodome-stici, possiamo tagliare di un terzo le bollette. Alfred farà tutto ciò in automatico e l’utente non dovrà preoccuparsi di nulla.Quanto costerà una volta sul mercato?Attualmente il pricing è in fase di studio e stiamo anche

valutando la possibilità di fornire gratuitamente il servizio per il mercato B2C (Business To Consumer, ovvero le applicazioni eBusiness dedicate ai privati), spostando le revenue sul B2B (Business to Business, ovvero le transazioni commerciali elettroniche tra imprese) princi-palmente attraverso “white label” con terze parti.Come sarà la casa del futuro?La mia visione di casa del futuro è di un ambiente che interagisce vocalmente con chi ci abita, auto-regolandosi in base alle abitudini degli stessi senza sprecare un briciolo di energia. L’auto-sostenibilità sarà sicuramente un punto focale e i pannelli solari giocheranno un ruolo fondamentale. La sicurezza non sarà più un problema e probabilmente non sentiremo più parlare di incidenti dovuti a fughe di gas o incendi.Perché il vostro progetto è stato finanziato a Londra e non in Italia?Questa è una bella domanda.. (ride divertito. n.d.r) come ho già detto abbiamo concorso per un acceleratore romano dopo aver vinto il premio di Miglior Business presso l’incubatore iLab LUISS, ma siamo stati scartati perché non ritenuti “pronti” dall’acceleratore ad esso associato. Mi è stato persino detto che “sparavamo a caso” in relazione al nostro modello di business dagli analisti dell’acceleratore. Inoltre, probabilmente a causa della concezione (arretrata) della smart home, concepita come “troppo futuristica” ci consigliarono di “riprovarci in futuro”. Qui negli UK il mercato è decisamente più pronto (e grande in termini di dimensione), e inoltre si sa, il made in Italy fa fortuna fuori dal “Belpaese”. Abbiamo trovato professionisti che fin da subito hanno creduto in noi, investendo cash per poter entrare come sharehol-

ders nella nostra company.Come ti mantieni in una città costosa come Londra?Principalmente grazie a due persone splendide: i miei genitori, che mi sostengono in questa avventura. Nono-stante il finanziamento, il team ha deciso all’unanimità di non percepire stipendio, tranne un piccolo rimborso spese per sostenere i costi dei trasporti qui a Londra, per poter investire tutto nella crescita del prodotto.Cosa ti manca dell’Italia?Sicuramente il cibo e il clima, ma in fondo qui a Londra si vive davvero bene.Qual è la tua giornata tipo nella capitale inglese?Sveglia presto e in ufficio dal lunedì al sabato a lavorare alla crescita della nostra azienda. Non c’è niente di più stimolante che vedere la “propria creatura” cambiare in meglio e crescere giorno dopo giorno. Ovviamente non può mancare una pinta di birra nel pub di turno dopo le 19!Sei soddisfatto di te stesso?Molto. Mi sento un artista, che giorno dopo giorno grazie all’aiuto dei miei soci, costruisce qualcosa che potrà davvero rendere la vita più semplice e fare del bene all’ambiente.Qual è il tuo sogno nel cassetto e dove credi di poter arrivare?Il mio sogno è lavorare alla Smart city. Realizzare città nelle quali sia semplice e rapido accedere ai servizi, città auto-sostenibili e con un impatto ambientale quasi nullo, dove i rifiuti come plastica, vetro e alluminio vengono monetizzati dai cittadini e dove non vi sono sprechi di energia elettrica o di acqua. La città del futuro insomma, un futuro a mio modo di vedere non troppo lontano

“Abbiamo cercato un in-vestimento in Italia ma siamo stati scartati da un acceleratore romano come ‘non pronti’

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Sembra esserci qualcosa di magico in questo pezzo di Sardegna. Sarà un caso o il frutto di un preciso disegno, ma la Storia pare aver voluto regala-

re a quest’angolo dell’antica Ichnusa (così la chiamavano i greci) un’importanza straordinaria. Impossibile raccontare l’Isola, senza descrivere quella che si può definire una delle “culle” della sua civiltà. Siamo nella costa centro-occidenta-le, in una mezzaluna che si estende da Arborea a sud e si chiude più nord, nella penisola del Sinis, nel territorio di Cabras. Un’area che com-prende quasi tutto il golfo di Oristano e che ha un’incredibile concentrazione di siti archeologici.

Tharros e la penisola di Sinis

Quando si cammina nel sentiero che divide in due San Giovanni, l’estrema propaggine meri-dionale della penisola del Sinis, non si può non farsi coinvolgere dalle suggestioni che questo piccolo e meraviglioso lembo di terra evoca. Un luogo che ha coservato intatta la sua bellezza e che non deve essere molto diverso da quello che era quando i primi uomini iniziarono a stabilirsi. Salta subito all’occhio la grande ricchezza ar-cheologica che quest’area presenta, nonostante la ridotta estensione: nella parte più a nord c’è il villaggio nuragico di Muru Mannu, mentre a sud

LORENZO MATTANA

La mezzaluna

dellaciviltà sarda

troviamo le rovine di altri due nuraghi. A renderla una delle più importanti aree archeologiche della Sardegna e dell’intero bacino del Mediterraneo è la presenza delle rovine dell’antica città di Thar-ros. La nascita di questo insediamento non è ancora chiara e appassiona visitatori e studiosi. La sua origine è considerata fenicio-punica, anche se di recente altre teorie ricon-ducono la sua genesi ad un periodo antecedente. Alcuni studiosi, infatti, ipotizzano la presenza nel sito di un insediamento nuragico esistente già nell’età del bronzo. Camminare sulle strade che si snodano tra le sue ro-vine, significa fare un vero e proprio salto indietro nel tempo. Le testimo-nianze del periodo fe-nicio-punico r iguardano s o p r a t t u t -to l’aspetto funerario e votivo: due necropoli e un tophet, il tipico santuario della cultura cartagine-se. Ma la maggior parte dei resti che la città ha conservato e ha portato fino ai nostri giorni, appar-tengono alla dominazione romana. Ecco dunque le terme, il castellum aquae (un serbatoio di distribuzione

In alto: una veduta del mare dalle ro-vine di Tharros. In basso: la mezzaluna della civiltà sarda. Pagina accanto: in alto a sinistra uno dei giganti di Monti Prama; in basso a destra, un cavaliere della Sartiglia.

Lungo la costa centro occidentale si trova una delle aree chiave per capire la cultura isolana

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dell’acquedotto della città) ed il cardo maximus, la maggiore arteria cittadina. La città fu abitata fino alla metà dell’XI sec d.C., ma poi venne ab-bandonata perché troppo esposta alle scorriban-de dei sareceni. Il suo declino fece la fortuna di Aristiane, l’attuale Oristano.

I giganti di Monti Prama

Ma il Sinis non è solo Tharros. In quest’area c’è stato un altro straordinario ritrovamento che conferma la sua l’importanza e che lo ha defini-tivamente consacrato come territorio chiave per capire e ricomporre il mosaico della storia della civiltà sarda. Non lontano dall’antica città fenicia, nell’entroterra di Cabras, in un sito chiamato da-gli abitanti del luogo “Monti Prama” (“monte delle palme” in sardo) nel 1974 sono stati ritrovati al-cuni frammenti di statue in arenaria che si capì subito essere molto grandi. Nelle campagne di scavo successive vennero rinvenuti oltre 5000 frammenti tra cui 15 teste, 27 busti e 176 fram-menti di braccia. Una scoperta straordinaria, non solo per la sua portata “numerica”, ma anche per i suoi significati storici. Queste statue, ribattez-zate “Giganti di Monti Prama” per via delle loro dimensioni e la struttura possente, rappresen-tano la prima testimonianza di cultura statuaria della civiltà nuragica. Le sculture riprendono le figure già rappresentate nei bronzetti realizza-ti dagli antichi sardi: gli arcieri, che oltre l’arco hanno un braccio protetto da una guaina e da un guanto; i guerrieri che impugnano uno scudo circolare finemente decorato e, infine, i pugila-tori, con un guanto armato e uno scudo protet-tivo sopra la testa. Tutte le statue hanno naso e sopracciglia marcati e dei grandi occhi composti da due cerchi concentrici, quasi a voler esprime-re, forse, potenza e magia. La loro scoperta è molto importante anche per quanto riguarda la datazione: gli storici le collocano nel IX secolo a.C. o addirittura nell’ XI secolo a.C., ipotesi che potrebbe farne fra le più antiche statue a tutto tondo del bacino Mediterraneo, in quanto ante-

cedenti ai kouroi della Grecia antica. Attualmen-te i 38 giganti ricomposti sono esposti nel museo Archeologico nazionale di Cagliari e nel museo Civico di Cabras.

Oristano, un’antica capitale

Se il Sinis rappresenta un luogo imprescindibile per capire e ricostruire la storia antica della Sar-degna, Oristano è fondamentale per scoprire cosa sia stata l’Isola nel Medioevo. Il massimo splendore di questa città è riconducibile al pe-riodo giudicale sardo, quando la Sardegna era divisa in quattro regni indipendenti: il giudicato di Torres, il giudicato di Cagliari, il giudicato di Gallura e il giudicato d’Arborea, di cui Oristano era l’antica capitale. E non è un caso che alcu-ne tra le attrazioni più caratteristiche della città siano legate proprio a questa fase della storia isolana. Una di queste è la Torre di Mariano, costruita nel 1291 e alta 19 metri, edifica-ta da Mariano IV, “giudice” (così venivano chiamati i sovrani dei regni sardi) dell’epo-ca. Una delle piazze più belle della città è dedicata, invece, ad Eleonora d’Arborea, regina del giudicato dal 1383 al 1404. Nella piazza è presente anche una sta-tua della “giudicessa” eretta nel 1881. Una sovrana entrata nella storia soprattutto per aver aggiornato in senso più moderno la Carta de Logu, una raccolta di leggi scrit-te in sardo volgare, consi-derata uno dei codici più all’avanguardia dell’epo-ca. E’ ricordata anche per essere quasi riuscita a re-alizzare il progetto di suo padre Mariano IV di uni-ficare la Sardegna in un unico regno sotto il giudi-cato d’Arborea. E proprio a questo periodo splen-dente dell’antica Aristanis è legata l’origine di una delle feste più suggestive della tradizione sarda, “Sa Sartiglia”. Una giostra le cui testimonianze scritte risalgono al ‘500, ma che con ogni probabilità veni-va praticata da molto tem-po prima. Si corre l’ultima domenica e il martedì di Carnevale e consiste nel-la discesa a cavallo per le vie del centro storico della città di abili cavalieri, con l’obiettivo di centrare una stella appesa ad un filo. Le corse sono organizzate da due “gremi”, le antiche corporazioni: quella della domenica vie-

ne preparata dal gremio dei Contadini (sotto la protezione di San Giovanni), mentre quella del martedì grasso viene organizzata dal gremio dei Falegnami, protetti da San Giuseppe. La figura centrale della Saritiglia è quella de “Su Com-ponidori”, il capo corsa. Uno dei momenti più emozionanti del cerimoniale legato alla festa è proprio la sua vestizione: la persona prescelta indossa gli abiti tradizionali e gli viene messa sul volto una maschera bianca. Da quel momento Su Componidori diventa una sorta di semidio e dovrà rimanere sempre in sella al suo cavallo, senza toccare terra. E’ lui, con le sue discese verso la stella a chiudere ed a aprire la corsa. Nel perpetuarsi di quello che si può definire un vero e proprio rito, si mescolano tradizione, cul-tura agro-pastorale, cristianesimo e usanze di

chiara origine pagana. La stella è sim-

bolo di buona sorte e fecon-dità: centrarne tante significa propiziare un buon raccolto in primavera

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Mi hanno profondamente colpita e incuriosita le parole che utilizza per descrivere la sua persona e il suo studio di progettazione lab Design. Marco Maccagnan si definisce

un sognatore che osserva curioso il mondo che lo circonda al fine di catturare dimensioni e colori per poi trasformarle in materia. Fondamentale per lui il desi-derio di guardare il futuro con occhi sognanti e reinter-pretarlo grazie all’utilizzo della fantasia accompagnata da amore profondo per tutto ciò che è bellezza e originalità, requisiti fondamentali per progettare casa.Il suo mestiere è trasformare ciò che noi sogniamo in realtà… E devo dire che gli riesce davvero bene.Un interior designer a tutti gli effetti, specializzato nel settore dell’arredamento, in particolare nello studio degli spazi abitativi. Elabora un progetto a 360 gradi: ne concepisce le forme e le dimensioni ridisegnando gli spazi di interni per completarli poi con mobili ed oggetti progettati su misura per rendere unico quel contesto abitativo.In poche parole se decidete di progettare casa vostra avvalendovi della sua professionalità, lab Design si occuperà del tutto, dalla disposizione delle stanze, alla definizione degli stili, alla realizzazione di mobili su misura adatti alla vostra abitazione.Per rappresentarvi meglio la sua persona voglio pre-sentarvi un suo progetto che a mio parere lo descrive perfettamente: Natura Umana.Marco Maccagnan dice che “…nel pensare a questi oggetti ho provato ad immaginarmi dei volumi dove la percezione dello spazio quasi scomparisse, mante-nendo intatti forma e funzione e creando un perfetto connubio tra la pulizia del bianco e la nota, quasi no-stalgica, di un materiale naturale come il legno, grazie ad un attento recupero da vecchi solai di fienile …”.

Progettare casa con Marco Maccagnan : il progetto Natura Umana. E’ proprio così che ha realizzato il tavolo, la libreria e la lampada che vedete in foto, piegando lamine in acciaio e unendo tra loro vecchi solai per ricreare gli oggetti in legno. Li trovo perfettamente adatti ad un contesto in stile industriale dove l’utilizzo di questi materiali la fa da padrone.Nello specifico la struttura del tavolo e della libreria è stata realizzata in tubolare di acciaio verniciato bianco, mentre il piano in legno di abete prima patina.Qualche giorno fa ho avuto il piacere di incontrare Marco Maccagnan di persona e vista l’occasione non potevo non fargli qualche domanda.

1) Cosa vede nel futuro prossimo? Ha progetti originali di cui parlarci?“Pochi giorni fa mi è stato commissionato un nuovo lavoro al quale tengo davvero tanto. E’ un intervento inusuale e decisamente stimolante. Si tratta di mettere mano ad una abitazione nel centro storico di Feltre nel quale il mio cliente vive in affitto. Data la situazione non ha desiderio di rifare gli spazi, ne tantomeno di sostituire i pezzi già presenti con arredi nuovi.Da qui il mio intervento che consisterà nel dare una nuova veste al tutto, grazie all’utilizzo di materiali naturali, esaltando luce e colori proprio come sono solito fare in tutti i miei lavori. Per tutti coloro che desi-dereranno seguirmi in questa ristrutturazione potranno seguire lo stato avanzamento lavori in tempo reale sulla mia pagina Instagram labdesign_interior.”

2) Quindi, oltre alla realizzazione di nuovi prodotti, dà nuova vita ai vecchi?” Esatto. La mia particolarità è proprio questa. Oltre a disegnare nuovi prodotti adoro dare una nuova veste ai vecchi. Amo lo stile industriale, che, come può vedere nel mio sito internet, caratterizza molte delle mie ristrutturazioni, come la dispensa realizzata con vecchie urne elettorali, tavoli in tronchi di legno, lampade e sedie. ”

Non so voi, ma io sono curiosissima di vedere realiz-zato questo suo nuovissimo progetto. Non ci resta che seguire labdesign_interior su Instagram e seguire il tutto in tempo reale! Non vedo l’ora!

Margherita succiBlogger di arredamento

www.fillyourhomewithlove.com

lab design, la casa secondo

marco maccagnan

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Grillo e il Movimento 5 Stelle ne hanno fatto uno dei loro cavalli di battaglia. Ma i pentastellati non sono stati gli unici a pensare ad una qualche forma di red-

dito minino a favore dei disoccupati e delle fasce di popolazione più povere. Diverse sono state, ad esempio, le proposte formulate dal partito Demo-cratico. Ma quante sono fino a questo momento le iniziative di questo tipo finite più o meno nel dimenticatoio in Parlamento? Ecco quali sono le principali e cosa prevedono.

Il M5S e il “reddito di cittadinanza”Nella proposta di legge dei grillini, presentata in una prima formulazione in Senato già nel 2013, il “reddito di cittadinanza” è destinato soprattutto a chi non ha lavoro e prevede un contributo di 780 euro al mese per un singolo, ma può arrivare a 1000 euro per le famiglie (in base al numero dei componenti). Secondo la proposta del M5S, nel

caso di persone che non raggiungono un reddito pari alla soglia di povertà, lo Stato è tenuto a riconoscere un’integrazione fino al raggiungimento dei 780 euro. Ma ci sono anche degli obblighi: chi beneficia di questo assegno deve seguire percorsi di formazione professionale. Questo contributo viene tolto nel caso in cui il beneficiario rifiuti più di tre offerte di lavoro, considerate attinenti al proprio profilo professionale.

Le proposte del PdIl Partito democratico fino ad ora ha messo in campo diverse proposte. Una di queste è quella presentata dalla senatrice ed ex viceministro Ma-ria Cecilia Guerra, e riguarda il “reddito minimo universale”. E’ rivolto a tutte le famiglie e alle per-sone che si trovano in una condizione di “povertà assoluta”: per un individuo il sussidio può arrivare a 500-550 euro, mentre per le famiglie è modula-bile in base al numero dei componenti. Una misu-ra del genere a regime dovrebbe arrivare a costa-re circa 8-9 miliardi di euro, anche se inizialmente è possibile un’applicazione parziale. Anche l’altra soluzione pensata dai democratici ha come pri-mario obiettivo il contrasto della povertà assoluta: «Abbiamo elaborato la proposta di un “reddito di

la battaglia per il REDDITO MINIMO

in-clusione sociale”– spiega Francesco Laforgia, deputato – è una misura che va ad integrare il reddito delle persone e delle famiglie che si trovano al di sotto della soglia di povertà». Questo sussidio varia a seconda della situazione familiare e della collocazione geografica. Una coppia di sessan-tacinquenni di una città del Nord, ad esempio, può arrivare a percepire 900-950 euro al mese, mentre nel Sud può ricevere circa 600-650 euro. Uno strumento, che a regime, può costare circa 7,1 miliardi di euro alle casse dello Stato.

Il reddito minimo garantito di SelAltra soluzione arriva dai parlamentari di Sinistra ecologia e libertà, che già dal 2013 avevano avuto l’idea di presentare un progetto di legge sul reddito minimo garantito. Prevede il riconosci-mento di un assegno di 600 euro ai disoccupati, agli inoccupati e ai lavoratori precari che hanno un reddito annuale inferiore agli 8000 euro. Per una famiglia il sussidio aumenta in maniera progressiva e può arrivare anche a 1900 euro

LORENZO MATTANA

Tutte le proposte in campo nel dibattito che divide la sinistra

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al mese. «La misura che abbiamo presentato è di carattere individuale – spiega Marco Furfaro,

membro del coordinamento nazionale di Sel - ma oltre al sussidio, c’è anche l’obbli-

go da parte del beneficiario di dover accettare una proposta di lavoro

congrua al suo curriculum». Secondo Furfaro, una delle

menti dell’iniziativa, in Italia i costi per attuare questo

provvedimento sono un problema

secondario: «E’ una questio-ne di volon-tà politica.

Da questo punto di vista

il Pd deve prendere posizione, non può dire che non ci sono abbastanza soldi».

Il caso tedescoSe ci si affaccia oltre con-fine e si dà uno sguardo alle soluzioni realizzate all’estero, sono diversi i Paesi che prevedono un qualche tipo di salvagente sociale destinato alle fasce più deboli. In Germania, ad esempio, questa misura

esiste da tempo: si chiama “Arbeitslosengeld 2”, “Sussidio

per disoccupati”. Ne hanno diritto i

giovani dai 15 ai 25 anni. Finite le scuole dell’ob-bligo ci si deve iscrivere obbligatoriamente ai job center e fino a quando non si trova un impiego si può acquisire questo sussidio, che ammonta a circa 400 euro, più la copertura di spese come l’alloggio, il riscaldamento e la corrente. Ogni 6 mesi occorre aggiornare il proprio status per poter continuare a percepire il sostegno, che cessa nel momento in cui si trova un’occupazio-ne. Ma anche chi perde il lavoro in età adulta ha diritto all’ “Arbeitslosenged 2”: in questo caso può percepirlo solo se dopo 12 mesi non trova un altro lavoro. E nel frattempo, ovviamente, incassa una disoccupazione, pari a circa il 65% dell’ul-timo stipendio (detta “Arbeitslosengeld 1″). Ma uno straniero che arriva in Germania ha diritto a qualche tipo di aiuto economico?

La storia di MarcoMarco ha 33 anni ed è fidanzato con Kristen, una ragazza tedesca. Ora vive a Kempten, in Bavie-ra, dopo essere stato per lungo tempo in Spagna e aver studiato “Scienze della comunicazione” a Bologna. Adesso lavora come cameriere in un ri-storante al centro della cittadina bavarese. «Sono arrivato nell’ottobre del 2013 e dopo appena due settimane ho trovato lavoro in un ristorante di italiani – racconta – Poi ho deciso di andare via da lì e ho iniziato a lavorare da un’altra parte, sempre come cameriere. Qui ho ottenuto un con-tratto di lavoro part-time (in Germania vengono chiamati mini-job) e un contratto d’affitto. Da quel momento lo Stato mi è venuto incontro. Dimo-strando di avere un lavoro ed una casa, infatti, ho avuto diritto ad una serie di sussidi: mi veniva pagata una parte dell’affitto, l’assicurazione

Quale è nel mondo la “geografia” del reddito minimo? Sono diversi i paesi a livello mondiale che prevedono una qualche forma di

sostegno per le fasce più deboli della popolazione. In Regno Unito, ad esempio, non esiste un vero e proprio reddito minimo, ma c’è un sistema di sussidi di diversa natura come l’Income Based Jobseeker’s Allowan-ce che è una rendita individuale illimitata nel tempo, che varia dai 300 ai 500 € e viene riconosciuta a partire dai 18 anni di età, per tutti coloro che hanno risparmi al di sotto dei 12775 €. Inoltre, viene garantita la coper-tura dell’affitto e vengono rilasciati assegni familiari per il mantenimento dei figli. In Danimarca gli adulti che a causa di circostanze particolari non sono temporaneamente au-tosufficienti beneficiano di misure di reintegrazione, come la Kontanthjælp, e assegni per l’inizio di una vita autono-ma, chiamata Starthjælp. Le prestazioni vengono stabili-te in base alla situazione familiare, dall’età e dal numero di figli a carico. Gli importi per un singolo raggiungono i 1.345 euro al mese, mentre per le coppie sposate ar-rivano a 2.690 euro. I beneficiari di questi strumenti sono obbligati ad accettare offerte relative a percorsi

di reintegrazione nel mercato del lavoro, come corsi di inserimento professionale o tirocini. Un caso unico è rappresentato dall’Alaska che è il solo stato al mondo che riconosce un sussidio destinato a tutti, al di

là del proprio status economico e lavorativo. Il governo locale riesce a sostenere questa misura grazie ai proventi derivanti dall’estrazione del petrolio

e del gas. Nel 2011 gli abitanti dello stato ame-ricano hanno ricevuto circa 1170 euro ciascuno.

ecco come funziona all’estero

sanitaria ed ho usufruito anche di un’integrazione al reddito, fino ad arrivare a 750 euro mensili». Ma non è tutto: lo Stato offre agli stranieri la possibilità di seguire un corso di lingua tedesca, con l’obbligo di frequenza. «Una volta che il tuo profilo viene accettato da un job center, puoi an-che non lavorare e avere comunque diritto a tutti questi sostegni. L’unico obbligo è la frequenza del corso di lingua. Nel frattempo il job center fa delle proposte di lavoro e dopo la terza devi accettare, altrimenti non hai più diritto agli aiuti». Un sistema che funziona e non a caso fa gola anche a qualche furbetto che tenta di entrare in Germania in cerca di un facile “El Dorado”. «Ora stanno diventando sempre più restrittivi, ci sono molti emigrati che vengono qui cercando di sfruttare la situazione. Il welfare tedesco ti viene incontro, ma devi dimostrare serietà e volontà di progredire». Ora Marco ha migliorato la sua si-tuazione economica e non percepisce più nessun sussidio. «Da settembre ho finito di usufruire del-la sovvenzione, perché vivo con la mia ragazza e lei ha un reddito abbastanza alto. In questi casi, ti bloccano subito i sostegni». Nel frattempo ha continuato con profitto gli studi di tedesco. E visti i suoi progressi, lo Stato è intervenuto ancora una volta per dargli una mano. «Questo era un corso che avevo deciso di frequentare di mia iniziative e l’ho pagato quasi mille euro. Adesso mi verrà rimborsato della metà». Ma nonostante un paese che “coccola” in questo modo i propri cittadini, c’è ancora l’idea di tornare a casa? «Qui sto bene e rientrerei in Italia solo nel caso in cui riuscissi a vivere dignitosamente. Ma per ora non vedo questa possibilità»

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E’ possibile trovare un’auto nuova a prezzi contenuti, senza rischiare di mettersi al volante delle motorizzazioni 2.0 di una Fiat Duna o di un’Alfa Romeo Arna? La sfida non è facile da vincere, ma sono tanti i fattori che in questo momento ci vengono incontro. La crisi economica ha costretto le case costruttrici ad adeguarsi al mercato e già da anni in tante hanno puntato sulla produzione di modelli più economici e dai consumi contenuti. E i risultati si vedono: nell’ultimo anno si è registrata una vera e propria impennata delle vendite. L’offerta, insomma, ha saputo rispondere bene alle esigenze della domanda. Ma vediamo alcune proposte low-cost di auto che non rinunciano ad essere cool. Chiaramente la selezione riguarda solo auto acquistate nuove dal concessionario.

Altra auto sicuramente da inserire in questa selezione è la Peugeot 208. Rispetto alla Twingo stiamo salendo di un gradino: parliamo, infatti, di una vettura compatta, agile e dalla grande praticità. I suoi punti forti sono

la manegevolezza e la precisione della guida. Il passo allungato, gli schienali dei sedili anteriori più compatti e l’ottimizzazione generale degli spazi, garantiscono posti posteriori più ampi e un bagagliaio dal volume notevole. Quest’ultimo può essere esteso ripiegando lo schienale dei sedili posteriori. La 208 dispone anche di un equipaggiamento multimediale innovativo: gps con touch screen, schermo a colori 7″, kit viva voce bluetooth e porta usb. E ancora, è possibile la

lettura di contenuti audio o video in streaming. Dal punto di vista del design si distingue per un look decisamente sportivo: linee disegnate con precisione, silhouette moderna, si allunga in avanti

con un frontale dallo sguardo felino. Slanciata ma compatta, sorprende con una personalità inedita, elegante e atletica allo stesso tempo. Per portarsi a casa una versione ben accessoriata, possono bastare circa 15 mila euro.

Per chi invece ha in mente di mettersi al volante di un suv senza voler spendere un patrimonio, c’è la Dacia Duster 4wd. Con il nuovo modello la casa romena fa un ulteriore passo in avanti in termini di dotazioni e tecnologia, senza però perdere sul fronte della convenienza. La sua vera caratteristica è quella di non temere nessun ostacolo. Questo suv, infatti, si può definire un vero e proprio “mini fuoristrada”, conce-pito per affrontare diversi tipi di fondo stradale. Tuttavia, riesce a mantenere prestazioni apprezzabili sulle strade che presentano buone condizioni di aderenza. Gli spazi interni sono ampi e nonostante la loro essenzialità, riescono ad offrire un comfort dignitoso. Gli esterni colpiscono per il loro carattere robusto e dinamico, con pochi fronzoli. Averla nel proprio garage ha costi tutt’altro che proibitivi, più o meno 14 mila euro chiavi in mano.

Chi ha bisogno di spazio, ma non vuole rinunciare ad un’auto dall’immagine giovane, può optare per la nuova Fiat 500 L. L’ultima nata dell’azienda torinese si può infatti definire a “prova di famiglia”, vista la

lunghezza e gli ampi interni. L’abitacolo si distingue per la vetratura panoramica e per i montanti dei parabrezza vetrati che assicurano una maggiore visibilità. I sedili hanno una linea moderna e sono regolabili in maniera multipla, come il sedile del passeggero anteriore abbattibile o i sedili posteriori frazionabili. Anche la 500 L possiede un supporto multimediale innovativo: il dispositivo “Uconnect” è dotato di touch-screen a colori da 5’’. Attraverso questo strumento si può accedere alla radio e a tutti i

supporti multimediali collegabili attraverso la porta usb. Ovviamente è possibile anche gestire le chia-mate e gli sms con il bluetooth e riprodurre in streaming la musica attraverso il proprio smartphone. Gli

esterni sono innovativi e si caratterizzano, come detto, per le linee allungate. Il design della 500 L coniuga lo stile di una monovolume con quello di un veicolo dai connotati più sportivi. Acquistarla può costare circa 14

mila euro.

Una delle soluzioni potrebbe essere quella di puntare sulla nuova Renault Twingo. Una macchina concepita per la città, per cui le sue caratteristiche principali non potevano che essere la grande agilità, la praticità nella guida e la versatilità. Nonostante la compattezza, l’abitacolo è ampio e luminoso, con sedili avvolgenti. Altro punto a suo favore sono le 5 porte, nonostante le dimensioni “mini”. Che sia stata pensata per un target giovane si capisce dalla presenza del supporto multimediale: con l’applicazione R&Go è possibile ascoltare la radio via web, navigare, telefonare e interagire con il computer di bordo (ecoguida, contagiri, ecc.). Il design segna una netta rottura con il passato e si carat-terizza per le linee “allegre” e sportive, nonostante le misure ridotte. Il prezzo parte da circa 10 mila euro per una versione dignitosamente accessoriata.

auto:la scelta low-cost

Fiat 500 L

Peugeot 208

Dacia Duster 4wd

Renault Twingo

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DIRETTORE RESPONSABILE: Angelo Russo

REDAZIONE: Valerio Lo Muzio, Lorenzo Mattana, Gerardo Muollo, Emiliano Trovati

COLLABORATORI: Tiziano de Nichilo, Matteo Gentilini, Margherita Succi

GRAFICA E PHOTOEDITING: Emiliano Trovati, Tiziano de Nichilo

VIGNETTISTA: Edo Paussa

REDAZIONE CENTRALE: Via Coletti, 106 - 47921 RiminiTel 0541 708066 - Fax 0541 708065Mail: [email protected] internet: www.theteller.it

Registrazione Tribunale di Rimini n.2 del 5 febbraio 2016

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SEGRETERIA DI REDAZIONE: Roberto Bellini - [email protected]

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TIRATURA COPIE: 10.000

PREZZO: Periodico Free Press

ABBONAMENTI: 0541 708066 (lun-ven 9.00-19.30)

La vignetta di EDO

L’oroscopo di primaveraCancro22 giugno-22 luglio

Alcune situazioni di lavoro non vi hanno premiato, perchè c’è stato qualcuno che vi ha remato contro. A Marzo ci saranno rivincite importanti sul piano professionale. Ma non sono esclusi neanche incontri interessanti sul versante affettivo. Vi aspetta una Primavera da vivere a 360 gradi.

Scorpione23 ottobre-21 novembre

Dovete prepararvi ad essere al centro delle polemiche, la situazione astrale non è catastrofica, ma ci sono delle persone pronte a schierarsi contro di voi. Se sono dell’Acquario o del Leone, fate dop-pia attenzione. Non pensate troppo al passato, le situazioni più difficli sono ormai alle spalle.

Pesci 20 febbraio-20 marzo

Fate molta attenzione a circondarvi sul posto di lavoro solo di persone davvero fidate. In campo amoroso il partner vi chiede di realizzare quei progetti che avete preventivato da tempo. Per i single ci saranno le condizioni ideali per piacevoli sorprese.

Ariete21 marzo-20 aprile

Sarà una Primavera tonica per l’Ariete. Sul versante amoroso e su quello lavorativo possono risolversi diverse cose rimaste in sospeso. Certe tensioni accumulate negli ultimi mesi an-dranno attenuandosi, anche perchè vi mostrerete accondiscendenti. Se una storia non funziona, meglio troncarla definitavamente.

Leone23 luglio-23 agosto

Dovete tagliare i rapporti instaurati negli ultimi due anni, e che si dimostrano sempre più difficili da gestire. E’ arrivato il momento di prendere di petto alcune situazioni complicate, anche se questo com-porterà delle dispute con persone che non ti piacciono.

Sagittario22 novembre-21 dicembre

Nell’ultimo periodo avete vissuto troppi rapporti occasionali, è il momento di portare avanti un progetto importante. Sul piano lavorativo c’è qualche soldo da recuperare per fatture non pagate. Per i più giovani ci potrebbe essere l’occasione per un bel viaggio che non sarà solo di piacere.

Toro21 aprile-20 maggio

I nati sotto il segno del Toro vivranno alcuni mesi un po’ burrascosi. Non perdete mai la voglia di fare, ma in questo periodo ci saranno dei rallentamenti. In cam-po sentimentale non rovinate un rapporto d’amore riversando alcune emozioni negative che provengono dall’esterno.

Vergine 24 agosto-22 settembre

Sarà una Primavera un po’ altalenante per i nati sotto il segno della Vergine. Si potrebbero creare delle situazioni di tensione, che comunque sarete in grado di tenere sotto controllo. Per molti di voi potrebbero prospettarsi dei piccoli ma fastidiosi malanni stagionali. Per questo sul lavoro non vi spingete troppo oltre.

Capricorno22 dicembre-20 gennaio

Se dovete fare qualcosa di importante, se avete una carta vincente, in amore o sul lavoro, è il momento giusto per giocarvi le vostre carte. Gli astri sono favorevo-li, con la buona volontà e la giusta dose di prudenza potrete riuscire a realizzare alcuni progetti importanti.

Gemelli21 maggio-21 giugno

Le tensioni accumulate negli ultimi mesi non si risolvono in pochi giorni, ma nei rapporti amorosi si inizia a intravedere un po’ di feeling. Per le coppie un po’ nervose le prossime settimane saranno importanti per recuperare serenità e tornare a vivere qualche soddisfazione.

Bilancia23 settembre-22 ottobre

In questi mesi farete sentire la vostra voce e avrete la possibilità di dimostrare ciò che valete. Prima dell’estate arriveranno delle occasioni importanti soprattut-to per chi di voi gestisce un’attività autonoma. I cuori solitari devono darsi da fare perchè gli astri favori-scono incontri piacevoli.

Acquario21 gennaio-19 febbraio

I nati sotto il segno dell’Ac-quario devono ritrovare un po’ di stabilità. E’ arrivato il momento della resa dei conti, farete scelte impor-tanti sul lavoro. Sul piano affettivo potresti cercare amori perduti o di recuperare rapporti con familiari che si sono deteriorati.

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