Attualità in Senologia

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Cover story Giovanni Paganelli Nipple Sparing Mastectomy Linee Guida F.O.N.Ca.M. Terapia medica del carcinoma mammario anno XIX numero 59 quadrimestrale febbraio - maggio 2010 attualità in senologia Lipofilling e cellule staminali adipose POSTE ITALIANE S.P.A. SPED. ABB. POST. 70% - DCB/NOVARA/077/2005

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Quadrimestrale d'informazione scientifica

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Cover storyGiovanni Paganelli

Nipple Sparing Mastectomy Linee Guida F.O.N.Ca.M. Terapia medica del carcinoma mammario

anno XIX numero 59 quadrimestrale febbraio - maggio 2010

attualità in senologia

Lipofi lling e cellule staminali adipose

POSTE ITALIANE S.P.A. SPED. ABB. POST. 70% - DCB/NOVARA/077/2005

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attualità in senologia

S O M M A R I OS O M M A R I O

Daniela TerribileCorrado Tinterri

Segreteria di RedazioneElena BiffoliAnna CoffanoTel. 0322905665 (8,30-13)

Consiglio Scientifi coUmberto Veronesipresidente

Alberto Costavicepresidente

Dino AmadoriFranco BerrinoLuigi CataliottiGianpiero Ausili CefaroMaria Grazia DaidoneAndrea DecensiGiuseppe D’AiutoMario De LenaCosimo Di MaggioAlfonso FrigerioMarco GrecoMaria Antonietta NosenzoNereo SegnanPiero Sismondi

Fotografi eFoto di copertina Riccardo FaggianaAltre foto © Fotolia e iStock

Coordinamento grafi coe impaginazioneEleonora Fiumara

EditoreFaggiana Riccardo28805 Vogogna (VB)[email protected]

StampaPRESS GRAFICA s.r.l.28883 Gravellona T. (VB)

Registrazione pressoil tribunale di Verbania.Rivista “Attualità in Senologia” iscritta al n°2come da decretodel 04/02/2005

Attualità in SenologiaRivista della Scuola Italiana di Senologia: direttore Claudio Andreoli

Anno XIX - n. 59Febbraio - Maggio 2010

Organo uffi ciale diForza Operativa Nazionalesu Carcinoma Mammario (FONCaM)

Gruppo Italiano per lo Screening Mammografi co (GISMa)

Società Italiana di Senologia

In collaborazione conSocietà Italiana di Radiologia MedicaSezione di Senologia (SIRM)Europa Donna

DirettoriMarco Rosselli Del Turco (Responsabile)Claudio Andreoli

Redazione Rassegna della LetteraturaEPIDEMIOLOGIA E PREVENZIONE: Eugenio PaciGENETICA: Maria Luisa BrandiIMMUNOLOGIA: Andrea BalsariLABORATORIO: Massimo GionANATOMIA PATOLOGICA: Anna SapinoECOGRAFIA SENOLOGICA: Angela Maria GuerrieriMAMMOGRAFIA: Gian Marco GiuseppettiPATOLOGIA BENIGNA:Alfonso PluchinottaCHIRURGIA: Roberta SimonciniCHIRURGIA PLASTICA:Vittorio ZaniniBIOLOGIA CLINICA E TERAPIA MEDICA: Paolo PronzatoRADIOTERAPIA: Laura LozzaQUALITÀ DI VITA DISAGI E RELAZIONI: Gemma MartinoLA PAROLA ALLE DONNE:Nadia Crotti

Redazione Scientifi caElsa CossuViviana GalimbertiMassimiliano GennaroMaria Piera ManoLorenza Marotti

Copyright: le condizioni di utilizzo dei materiali contenuti in questa rivista sono concordate con i detentori. Se ciò non fosse stato possibile, l’editore si dichiara disposto a riconoscere tali diritti.

EDITORIALEEDITORIALE

COVER STORYGiovanni Paganelli

FORUMLa <Nipple Sparing Mastectomy> (NSM)

FORUM il parere diGiovanni Tacchetti, Silvia BaldassarreArianna Garrone

F.O.N.Ca.MTerapia Medica del carcinoma mammario

OBIETTIVO SULipofi lling e cellule staminali adipose

RASSEGNA DELLA LETTERATURA

NUOVI STUDIPrevenzione del tumore al seno con fenretinidein donne giovani a rischio genetico e familiare.Studio Randomizzato di fase III

SPIEGHIAMO LA MEDICINAL’espressione genica nel cancro della mammella:le potenzialità applicative presenti e future

QUI CURANO COSÌOspedale Evangelico Valdese di Torino

ATTUALITÀ NEWS

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in copertina Giovanni Paganelli

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Abbado Claudio

Abbado Daniele

Accardo Salvatore

Archinto Rosellina

Aspesi Natalia

Bonaiuto Anna

Cantarella Eva

Carofiglio Gianrico

Chailly Riccardo

Chéreau Patrice

Fazio Fabio

Fo Dario

Forni Giorgio

Freni Mirella

Gregotti Vittorio

Lerner Gad

Lissner Stéphane

Maltese Curzio

Maraini Dacia

Meroni Nadia

Micheli Francesco

Olmi Ermanno

Ovadia Moni

Oz Amos

Piano Renzo

Pollini Maurizio

Pomodoro Arnaldo

Profumo Alessandro

Ravasi Bellocchio Lella

Ravera Lidia

Rimini Cesare

Rossi Guido

Senin Forni Marina

Serra Michele

Servillo Toni

Sgarbi Elisabetta

Vacchi Fabio

Zucconi Giovanna

Dal mondo dell’arte, della cultura e dell’imprenditoria sostengono la Scuola condividendone fi nalità e obiettivi

SCUOLA ITALIANA DI SENOLOGIADa oltre 25 anni scienza, cultura e formazione al servizio della salute delle donne

www.senologia.it - [email protected]

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Tra gli eventi più rilevanti di questo primo scorcio d’anno vi è la presentazione, da parte del Ministero della Salute, del Piano Oncologico Nazionale per il triennio 2010-2012

che si prefi gge due obiettivi prioritari: off rire standard diagnostici e terapeutici sempre più elevati a tutti i cittadini italiani, riducendo il divario esistente fra le diverse aree del Paese, e contenere la spesa sanitaria, grazie a una sempre maggiore razionalizzazione delle risorse. Obiettivi più che condivisibili ma che richiedono fermezza e risolutezza nel perseguirli e l’adozione di provvedimenti di politica sanitaria ed economica complessi e diffi cili per non restare semplici enunciazioni e, come ci auguriamo, trovare invece pratica attuazione. Molte delle azioni programmatiche previste nel piano riguardano i tumori della mammella. Nel settore della prevenzione secondaria, viene ribadita, sia la volontà di incrementare, su tut-to il territorio nazionale, la partecipazione alle campagne di diagnosi precoce, sia l’impegno a sperimentare, in accordo con le Regioni, programmi innovativi di screening, che tengano maggiormente conto della valutazione del rischio individuale e che, diversifi candone gli in-terventi a seconda delle necessità, operino su fasce d’età più estese. Altro punto signifi cativo è quello del rinnovo tecnologico, con incentivi per la rottamazione dei mammografi analogici e il passaggio al digitale.Sul versante del trattamento, il piano punta alla riorganizzazione dell’attività chirurgica in unità integrate di cura, che da un lato si propongano la gestione dell’intero percorso clinico della paziente e dall’altro siano in continuo, stretto contatto con l’attività di ricerca. Riorga-nizzazione che non potrà prescindere da una revisione dei criteri di tariff azione delle presta-zioni off erte in funzione della qualità erogata. Una parte del documento che, come Scuola Italiana di Senologia, ci interessa particolarmente è quella dedicata alla formazione. Con l’introduzione del concetto di livello essenziale di for-mazione in oncologia (LEFO) si auspica la realizzazione di un modello educativo integrato, interdisciplinare e trasversale che implichi in modo strutturato e coerente tutte le aree e le fasi di intervento: dalla prevenzione alla diagnosi, dalla terapia alla riabilitazione, dalla terapia del dolore agli aspetti psicologici, di relazione e comunicazione.Il riconoscimento della validità di quest’approccio formativo, a cui ci siamo da sempre ispi-rati, non può che spingerci a continuare in questa direzione soprattutto in un momento di ulteriore espansione della Scuola, sempre più impegnata, non solo nella didattica, ma anche nella divulgazione scientifi ca, nell’educazione sanitaria e nella conduzione di studi clinici per contribuire a far sì che le donne italiane con problemi senologici possano trovare risposte pronte, adeguate e in linea con i continui progressi della ricerca. Obiettivo questo recente-mente apprezzato e condiviso anche da numerose illustri personalità del mondo dell’arte, della cultura e dell’imprenditoria che hanno voluto assicurarci il loro appoggio aderendo al nostro Comitato di Sostegno.

EDITORIALE

* Direttori AIS

Marco Rosselli Del Turco *

Claudio Andreoli *

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C O V E R S T O R YC O V E R S T O R Y

Giovanni Paganelli

A. COFFANO

Lo studio del Dottor Giovanni Paganelli, Diretto-re, dal 1994, della Divisione di Medicina Nucleare

dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, è vivo e parla del suo ospite. Targhe, quadri, un pannello colmo di fotografi e, l’immagine della famiglia che fa capolino dallo schermo del computer, libri e riviste riposte sugli scaff ali, tutto sembra prendere vita sotto lo sguardo vi-vace del mio interlocutore. Alle sue spalle il dipinto di una marina: Cesenatico, con il suo mare, la sua spiaggia, luogo dove giocava bambino e dove è cresciuto con la famiglia. Padre romagnolo, madre pugliese e, visto che allora, nel 1955, si usava dare alla luce i propri fi gli in casa, nasce a Corato dove la mamma si trasferisce per l’occorrenza. A pochi mesi il ritorno a Cesenatico per ricongiungersi al padre, insegnante, ed ai due fratelli maggiori, oggi entrambe professori. Un’infanzia ricca di ricordi bellissimi “Sono cresciuto selvaggio, libero. Cir-condato da spazi ampi, dalle spiagge e dal mare, prima che si costruisse tanto negli anni ‘60”. Racconta con pia-cevole nostalgia. Le estati sull’ Adriatico lo vedono bagnino o impegnato nella costruzione di barche a vela in un cantiere nautico. Gioca a pallavolo, a livello agonistico, nel Cesenatico; non si dedica al calcio anche se lo segue con interesse ed oggi, come tutti gli interisti, è orgoglioso e felice per i successi della squadra. Con i compagni di scuola si diletta come musicista: suo-na la chitarra e si avvicina al saxofono ma, negli anni, abbandona questa strada perché troppi sono gli impe-gni. Come tutti i giovani romagnoli anche Paganelli è un centauro, protetto, a suo dire, da un vigile Angelo Custode, vista l’inclinazione alla velocità. Studia al Liceo Classico di Cesena; nell’ ’80 si laurea all’Università degli Studi di Bologna con il Professor Giovanni Gasbarrini e successivamente si specializza in Geriatria - Gerontolo-gia ed in seguito in Medicina Nucleare, a Firenze. “Sin da bambino mi piaceva giocare con il microscopio” - mi

dice - “mi piaceva guardare come erano fatti dentro il pollo od il coniglio che mia madre doveva cucinare; fare quelle cose, un po’ crudeli, che con innocenza fanno i bambini: sezionare lucertole, lombrichi e rane. Ho de-siderato da sempre divenire medico”. La passione per l’oncologia nasce proprio dalla volontà, dal desiderio grande di combattere contro un nemico apparentemen-te più forte. “Si va in reparto, si incontrano pazienti che soff rono e dentro cambia qualcosa. Nasce il proposito di riuscire a sconfi ggere la malattia, di alleviare il dolore in-giusto che ha colpito altri, consapevoli che potrà capitare anche a noi”. Da queste aff ermazioni traspare un’immensa umanità e una grande forza, dettate, senza dubbio, dal grande amo-re per un mestiere che non è, o almeno non dovrebbe essere solo tale. E tutta la vita, di quest’uomo che vive i suoi successi con semplicità, è guidato da una passione vera e profonda per la medicina ed i malati. Tra il 1987 ed il 1988 lavora presso l’Oncology Group dell’ Hammersmith Hospital, Royal Postgraduate Medi-cal School di Londra. E’ un periodo che ricorda con pia-cere per numerosi motivi. E’ qui che nasce l’interesse per la Medicina Nucleare e qui mette a punto un nuovo me-todo di imaging e terapia tumorale mediante anticorpi monoclonali, basato sul sistema Avidina - Biotina. “Ho vissuto un periodo bellissimo, con persone favolose” - ri-corda - “su tutte il Professor Epenetos, uno degli uomini più intelligenti che abbia incontrato nella mia vita. Lui mi ha stimolato tantissimo nella ricerca con gli anticorpi monoclonali”. Un’esperienza positiva, quella di Londra, che gli ha insegnato l’approccio metodico alla scienza, un approccio pragmatico, proprio degli inglesi. “La cosa che mi impressionava era la possibilità che ci veniva data di esprimere il nostro parere liberamente, purché lo si giustifi casse razionalmente” - e prosegue - “In Italia, all’Università, non era sempre così. Quanto aff ermavano i Docenti era dogma. Il classico “Ipse dixit”, insomma.

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Nel Regno Unito noi giovani leve ci potevamo tranquil-lamente misurare anche con persone in odore di Nobel e questo favoriva una grande crescita”. A Londra, Paganel-li, si crea una cerchia di amici, pakistani, greci, indiani, irlandesi. Colleghi con i quali ancora oggi è in contatto, molti dei quali, come lui, hanno fatto carriera, hanno realizzato i loro sogni. E certamente anche il suo sogno si è attuato. “Ho sempre desiderato fare qualche cosa di utile, e senza falsa modestia, credo di esserci riuscito”. Su questa sua aff ermazione, il dottore, si soff erma e na-sce un discorso che, a mio avviso, ne delinea tratti del carattere. Come già accennavo, l’umiltà e la semplicità di quest’uomo colpisce. “Mi dona piacere l’essere riuscito a compiere studi che hanno portato a miglioramenti nel mio campo, ma non suscita in me orgoglio. Non ap-prezzo la competizione immotivata, la posso capire, ma non la provo più di tanto: questo mi permette di vivere

serenamente. Nella mia professione l’ambizione deve es-serci ma non deve mai sfociare in presunzione: sono due elementi diversi, la prima è utile per far bene, la seconda può solo danneggiarci mettendoci gli uni contro gli altri, per primeggiare. Per Paganelli le scoperte sono mete alle quali si giunge con molto studio, impegno e lavoro. Quando ci si arriva bisogna essere pronti a metterle a disposizione di tutti. “La porta del mio reparto è sempre aperta, è una mia precisa volontà. Cerco di insegnare ai miei collaboratori che è importante raggiungere dei successi ma lo è altret-tanto l’essere pronti a condividerli”. Si dice fortunato perché dopo aver svolto la sua attività come Aiuto ri-cercatore presso il Dipartimento di Medicina Nucleare dell’Istituto Scientifi co del San Raff aele con il professor Ferruccio Fazio al quale deve molto, nel1994, è approda-to all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano.

Per il Professor Umberto Ve-ronesi, che lo ha voluto tra i suoi collaboratori sin dall’ini-zio dell’IEO Paganelli nutre grande stima e sente di avere grande affi nità, “Qui ho tro-vato esattamente quello che desideravo e quanto cercavo. Mi sono stati off erti i mezzi e la possibilità per svolgere al meglio il mio lavoro. Credo” - e continua con schiettezza - “non ci sia posto in Italia dove si possa lavorare bene come in questo Istituto. Sono consape-vole che, nel mondo, ci siano posti altrettanto validi e che anche noi potremmo miglio-rarci ma, all’IEO, grazie alla guida di un uomo pieno di

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idee e di iniziativa come il Professor Veronesi, la scienza è vissuta nel modo più corretto; è quell’elemento che ci rende liberi, ci rende felici, consapevoli della nostra pic-colezza e della nostra precarietà davanti alla soff erenza”. Per Paganelli ricercare la scienza, il sapere, apre la mente e rende liberi, liberi dagli stereotipi, dai meccanismi con-torti della società. “Mi sento distante dai luoghi comu-ni, non per snobismo, semplicemente perché credo sia giusto seguire la propria strada”. E seguendo la propria strada, dopo un lavoro intenso, durato venticinque anni, oggi il traguardo è vicino. Dopo aver perfezionato la tecnica di linfoscintigrafi a nel linfonodo sentinella nel carcinoma mammario e dopo aver ideato un nuovo sistema di localizzazione delle le-sioni non palpabili, denominato ROLL, oggi è molto vicino alla realizzazione di un farmaco capace di raggiun-gere il tumore in maniera selettiva e specifi ca. “Molti mi chiedono perché i miei studi di radioterapia recettoriale non prendono piede su larga scala e la risposta è sem-plice: servono tempo e denaro per eseguire studi clinici registrativi per nuovi farmaci. Il linfonodo sentinella, da un punto di vista economico, non è costato nulla. Io ho solo ottimizzato un radiofarmaco che già esisteva. Die-tro c’è stato un grande studio di farmacocinetica, bio-distribuzione, delle molecole marcate con radiotecnezio ma non è stato troppo complicato. Il progetto al quale ci stiamo dedicando ora lo è, ma credo” - continua con fervore - “si possa arrivare, grazie alla metodica IART, a ridurre notevolmente i tempi della radioterapia post quadrantectomia e che questo apra la strada ad ulteriori applicazioni in altri tipi di tumori: sarebbe veramente una grande gioia.”Una gioia che deriva dalla speranza di riuscire a realizzare qualcosa di nuovo e di veramente utile per i malati. In questo narrare emerge tutta la testardaggine insita nel carattere romagnolo: perseguire un obiettivo con tutto l’impegno possibile, credendoci e lottando per raggiun-

gerlo. La coscienza di svolgere una professione dura e faticosa, senza orari, dove per sopravvivere è importante trovare il giusto equilibrio.Ancora dieci anni di lavoro e poi, senza rimpianti, la volontà di lasciare ad altri il compito di continuare su di una strada tracciata, consapevole di aver donato ai giovani collaboratori che lo affi ancano, un bagaglio di insegnamenti che consentirà loro di procedere. Poi ar-riveranno giorni in cui godersi appieno l’hobby (molto più che un hobby! ndr) che da sempre lo accompagna: la pesca, per l’esattezza, la pesca a mosca. “Avevo un bi-glietto di visita, tempo addietro, che mi presentava come pescatore per professione e medico per hobby”. Come accennavo più che un hobby, la pesca, è per il dottor Paganelli una componente di vita. Anche parlando del proprio lavoro molti sono i paragoni ed i riferimenti a questo sport. E’ la valvola di sfogo, un modo per rica-ricare le batterie, lo spazio nel quale proiettarsi per go-dere della pace interiore grazie alla quale lasciare liberi i pensieri e, perché no, tornare bambini. E poi il contatto con la natura, che, nei racconti del mio interlocutore, ha un’importanza notevole, tanto che confessa di non ama-re per nulla la vita in città e di accettarla solo per motivi professionali. I racconti legati alla pesca e i viaggi ad essa dedicati, sono coinvolgenti perché trasudano di sentimento. Dalla Pe-nisola del Kola, in alta Scandinavia, per la pesca al sal-mone, un posto incontaminato e paradisiaco, alla Pata-gonia, soprattutto quella cilena. O la Finlandia ed ancora la Slovenia e la Croazia più facili da raggiungere, anche solo per il fi ne settimana. Ma la pesca è anche un modo per trovarsi con gli amici, quelli a cui si vuole bene, con i quali condividere gli intensi momenti di silenzio. Il novantanove percento delle volte il pesce che abbocca viene lasciato libero perché questo è il bello della pesca a mosca - mi spiega Paganelli - avere l’astuzia, la furbizia di far sì che la preda abbocchi ma poi, con una carezza,

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ridarle la sua libertà. In questo racconto di vita avrei forse dovuto iniziare da-gli aff etti, dalla famiglia numerosa e, come si usa dire oggi, allargata, del dottor Paganelli, perché immenso è il ruolo che riveste nella sua vita. Ma il scriverne ora non credo ne sminuisca l’importanza. Una famiglia tutta al femminile “Amo le donne ed il destino ha voluto che ne fossi circondato, a casa, come sul lavoro”. Da un primo matrimonio, contratto in giovane età, nascono due fi -glie: Giulia, ventinove anni, biologa, sposata e mamma di una bim-ba di quasi due anni (femmina anche la ni-potina! ndr) e Barbara, ventidue anni, studen-tessa universitaria di Farmacia. Quindici anni fa il secondo ma-trimonio con Stefania e poi il gioioso arrivo di altre due bambi-ne: Sofi a, sette anni e Beatrice tre. “Con le bimbe piccole e tut-te queste donne mi mantengo giovane. Mi ritengo un uomo for-tunato e felice. Penso che le donne abbiano una marcia in più rispetto a noi uomini che perdiamo il nostro tempo sfi dandoci a chi hai i muscoli più grossi” - commenta allegramente il dottore e sorridendo aggiunge - “mi rincresce solo non sapere a chi lasciare in eredità il mio arsenale di canne da pesca, gioielli che valgono un patrimonio!”E’ certo che mentre parla delle sue donne gli occhi bril-lano di un amore grande “Sono orgoglioso del mio ma-

trimonio perché, con la maturità, siamo riusciti a trovare il giusto equilibrio, a creare una grande armonia”. Armo-nia, una parola chiave nella vita di ogni uomo, secondo il pensiero di Paganelli “Nella vita di tutti i giorni, come nella scienza e nella ricerca bisogna trovare un equilibrio positivo. E questo nasce anche da momenti di intensa fatica, soff erenza, rifl essione e meditazione”. E qui sco-pro un altro lato singolare, in quanto piuttosto raro da incontrarsi, oggi. Scopro che il mio anfi trione spesso si

dedica alla lettura del-la Bibbia, un testo che porta con sé perché vi trova, soprattutto nei Libri della Sapienza, insegnamenti profon-di, da applicare nella quotidianità. Un romagnolo, e come tale per antonomasia “mangia preti”, che si dichiara assolutamente cristiano: questo, sen-za ombra di dubbio, conferma, il carattere libero e, come scritto in precedenza, lonta-no dai luoghi comuni ai quali siamo ormai assuefatti. “Una delle

frasi che mi ripeto spesso è tratta dall’ Antico Testamen-to - mi dice - proprio dal Libro della Sapienza e recita più o meno così: Figlio, nell’assemblea cerca di stare zit-to perché anche lo stupido sembra intelligente quando tace. Una frase detta da un padre al fi glio 4000 anni or sono... Credo che questa regola valga per tutti ed andrebbe ap-plicata nella vita di tutti i giorni”. Dimenticavo di dire

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che se non si fosse dedicato allo studio della Medicina, gli sarebbe piaciuto molto seguire la via della Filosofi a. La sua carriera dimostra che la strada intrapresa era quel-la giusta ma è, a mio modesto parere, assai bello che una persona che vive in mezzo alla soff erenza trovi gli spazi giusti per meditare ed approfondire pensieri lontani ma tanto vicini. “Negli ultimi cinque anni due episodi mi hanno molto segnato: la perdita del mio miglior amico e la paralisi che ha reso tetraplegico l’altro compagno più caro. Mi hanno cambiato molto portandomi, se pur non mollando di un centimetro l’impegno, a vedere il lavoro con occhi diversi, come qualche cosa che non mi appar-tiene anche se ho coscienza del fatto che devo ancora fare molto. E’ un po’ come con i fi gli - prosegue con una vena di serena malinconia - che devono, ad un certo punto, essere lasciati liberi di condurre la loro vita e, per cita-re ancora l’Antico Testamento, sono come le frecce che custodiamo nella nostra faretra ma che dob-biamo essere pronti a lanciare nel mondo”. Un altro pensiero profondo che affi ora in questa chiacchierata è dedicato ai giovani medici “Il nostro è un mestiere diffi cilissimo che va aff rontato con il cuore oltre che con il cervello. Se non si è consapevoli di questo è meglio dedicarsi ad altro perché si rischia di divenire medici mediocri e non c’è nulla di peggio di un medico mediocre. Non possiamo essere solo fi gure con un camice e crederci per questo i protagonisti indiscussi: l’importanza della nostra fi gura è insita nel malato, cioè nella persona che sof-fre. Questo comporta grandi sacrifi ci, nostri e di chi ci sta accanto. Mia moglie sa aspet-tare, non mi rimprovera mai per i ritardi, ca-pisce ed accetta i tempi della mia professio-ne” - e prosegue determinato - “Ai giovani consiglio sempre, quando sono nel dubbio,

innanzi ad un paziente, di domandarsi cosa farebbero se al posto di un estraneo ci fosse una persona cara. E’ un esercizio che comporta coinvolgimento ed uno sforzo maggiore che spesso ti svuota, ma è necessario”. Ed ecco perché, per il dottor Paganelli, è importante prendersi degli spazi per potersi ricaricare. E così la passione per la pesca, la lettura, i mille interessi a compensazione di un lavoro che è la sua vita, al quale dedica il suo tempo ed il suo amore. Ma il suo amore più grande, quello che, come detto, gli illumina lo sguardo e verso il quale prova profonda riconoscenza è per le sue donne.Desidero concludere questo racconto stilizzato, di una vita ricca ed intensa, con le stesse parole con le quali ha voluto farlo il dottor Giovanni Paganelli, perché credo che, se ci si pensa bene, siano parole di speranza per tutto l’universo femminile “Ho sposato una donna ecceziona-le... e qui chiudiamo.”

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F O R U MF O R U M

La «Nipple Sparing Mastectomy» ( NSM )

INTRODUZIONESebbene la chirurgia conservativa rappresenti da circa tre decenni lo “standard of care” per le donne con cancro dellamammella, ad oggi la mastectomia rimane come indicazio-ne oncologica nel 20-25 % dei casi.La skin-sparing mastectomy (SSM) con ricostruzione im-mediata, che tradizionalmente include l’asportazione delcomplesso areola-capezzolo (nipple-areola complex NAC), è stata la tecnica chirurgica che fi no ad ora ha permesso diottenere il risultato cosmetico migliore nel trattamento del carcinoma che non consente una chirurgia conservativa. Tuttavia, la perdita del NAC rappresenta ancora un’im-portante mutilazione corporea per le donne che eff ettuano questo tipo di intervento, pertanto negli ultimi anni si è cercato di studiare la possibilità di una sua conservazione per migliorare sensibilmente il risultato estetico.Sebbene studi retrospettivi su interventi di SSM abbiano evidenziato un’ampia variabilità di interessamento tumo-rale occulto del NAC, le casistiche più importanti riporta-no una percentuale di tale interessamento patologico non superiore al 20%. Inoltre questo dato si riduce in modo signifi cativo (al 2-6%) quando la lesione è localizzata ad oltre 2 cm dal NAC.Per tale motivo, è stata proposta la “nipple-sparing mastec-tomy” ( NSM ), cioè la mastectomia totale con conserva-zione del NAC e ricostruzione immediata. Questo tipo di mastectomia può essere proposta a scopo profi lattico alle portatrici di mutazioni di BRCA 1/2.Studi recenti hanno mostrato che la soddisfazione delle pazienti per i risultati estetici dopo la mastectomia è mol-to elevata dopo una NSM e migliore rispetto a quando il NAC è stato ricostruito dopo SSM. La NSM sembra aiu-tare le donne in particolare ad aff rontare la nudità, per se stesse e in relazione ad un partner.L’obiettivo di questa Consensus è quello di individuare la tipologia delle pazienti candidabili alla NSM, defi nire la tecnica chirurgica e le modalità di valutazione patologica.

COMITATO DI COORDINAMENTO:Luigi Cataliotti (Firenze), Viviana Galimberti (Milano), Maria Piera Mano (Torino), Lorenza Marotti (Firenze)

GRUPPO DI LAVORO:Simonetta Bianchi (Firenze), Paolo Bruzzi (Genova), Claudio Calabrese (Firenze), Francesco Caruso (Ca-tania), Florence Didier (Milano), Franco Di Filippo (Roma), Lucio Fortunato (Roma), Alfonso Frigerio (To-rino), Mattia Intra (Milano), Alberto Luini (Milano), Stefano Martella (Milano), Gemma Martino (Milano), Maurizio Nava (Milano), Roberto Orecchia (Milano), Pietro Panizza (Milano), Jean Yves Petit (Milano), Fran-cesca Pietribiasi (Torino), Ombretta Puricelli (Genova), Pierluigi Santi (Genova), Angelica Sonzogni (Milano), Daniela Terribile (Roma), Vittorio Zanini (Pavia), Chiara Zuiani (Udine)

COMITATO CONSULTIVO: Cynthia Aristei (Perugia), Beniamino Brancato (Firen-ze), Riccardo Bussone (Torino), Giuseppe Canavese (Genova), Donato Casella (Firenze), Maria Cristina Cossu (Pisa), Alberto Costa (Milano), Giacomo Datta (Torino), Leonardo Fei (Firenze), Privato Fenaroli (Ber-gamo), Secondo Folli (Forlì), Marina Guenzi (Genova), Maria Grazia Lazzaretti (Modena), Valiano Mungai (Fi-renze), Roberto Murgo (San Giovanni Rotondo), Egle Muti (Torino), Luigia Nardone (Roma), Jacopo Nori (Firenze), Lorenzo Orzalesi (Firenze), Antonio Ponti (Torino), Alfonso Pluchinotta (Padova), Paolo Rovea (Torino), Virgilio Sacchini (New York), Marzia Sal-garello (Roma), Francesco Sardanelli (Milano), Elena Scaffi di (Milano), Roberta Simoncini (Firenze), Mario Taff urelli (Bologna), Paolo Veronesi (Milano), Giuseppe Viale (Milano).

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F O R U MF O R U M

Le raccomandazioni nascono da una attenta rivalutazione, da parte di un panel di esperti, dei dati della letteratura e dei risultati ottenuti dai centri che utilizzano questa tecnica (vedi note metodologiche).La NSM non deve essere considerata un’alternativa ad una chirurgia conservativa con buon risultato cosmetico. La validità oncologica della NSM è ormai consistente, ma il suo ruolo va meglio delineato per evitare un abuso di mastectomie a scapito delle tecniche conservative che pos-sono trovare ulteriori indicazioni con l’utilizzo di tecniche di oncoplastica. E’ inoltre necessario che questi interven-ti, che richiedono esperienza e una stretta collaborazione multidisciplinare, vengano eseguiti in centri dedicati dove la numerosità della casistica consente di ottenere i migliori risultati.

Note metodologicheL’introduzione nella routine clinica di una tecnica chirurgi-ca sulla base dei risultati di studi clinici randomizzati non èfrequente, anche in senologia (es. chirurgia conservativa), per vari tipi di problemi, particolarmente evidenti nel caso della NSM: innanzitutto, le pazienti candidate all’intervento sono una minoranza, per cui qualsiasi studio, per assemblare adeguate casistiche, avrebbe dovuto essere multicentrico. A questo però si frappongono l’eterogeneità delle indicazioni all’intervento utilizzate dai vari centri (che tra l’altro è tra le motivazioni della presente Consensus Conference) e l’ex-pertise multidisciplinare necessaria per la sua esecuzione. È infi ne importante considerare che si tratta di una tecnica incontinua evoluzione, con un approccio diffi cilmente stan-dardizzabile se non nei suoi elementi portanti, perchè molto condizionata dal singolo paziente nella sua applicazione.Di conseguenza, le evidenze disponibili derivano esclusiva-mente da casistiche non controllate monocentriche, spesso di piccole dimensioni. Il razionale e gli obiettivi di molti studi si concentrano sulla frequenza e sui predittori del coinvolgimento tumorale del capezzolo, che possono essere

valutati senza bisogno di un gruppo di controllo. Su 4058 frammenti di mastectomia studiati l’interessamento del ca-pezzolo, varia da 0 a 58%, probabilmente per le diverse me-todiche di esame impiegate.In altri studi si valutano gli esiti cosmetici e il grado di sod-disfazione delle pazienti. Non tutti gli studi, infi ne, ripor-tano i tassi di recidive locali, di diffi cile interpretazione in assenza di un gruppo di controllo, e spesso il follow-up è in-suffi ciente. In una recente revisione della letteratura su 1826 NSM, sono state osservate solo 3 recidive locali, 0,16% .Nel complesso, l’insieme delle evidenze disponibili è debole sul piano formale, ma con un forte grado di plausibilità de-rivante dalle conoscenze, cliniche, patologiche e biologiche, accumulate in decenni di studi di chirurgia conservativa inambito senologico. Di conseguenza, le raccomandazioni ela-borate da questa Consensus Conference potrebbero essere equiparate a quelle classifi cate dal National Comprehensive Cancer Network (NCCN) come 2-a e 2-b, che vengono de-fi nite come: ‘Th e recommendation is based on lower level evidence and….2 - a: ….there is uniform NCCN Consensus2 - b:… there is nonuniform NCCN Consensus (but no major disagreement)(In appendice il dettaglio delle evidenze su cui si basano il Livelli NCCN, da cui si può vedere come il livello 2 si adattiperfettamente alle raccomandazioni per la NSM ).

INDICAZIONINelle pazienti candidate a mastectomia con ricostruzione immediata la NSM può essere proposta nelle seguenti con-dizioni cliniche:- neoplasia infi ltrante o in situ che in base alle indagini cli-nico-radiologiche preoperatorie non coinvolga il NAC (vediimaging)- mammelle di dimensioni medio-piccole e con grado di ptosi minimo/moderato.

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CONTROINDICAZIONIControindicazioni assolute:- evidenza clinica e strumentale di coinvolgimento patolo-gico del NAC- presenza di secrezione patologica ( C4-C5 )- morbo di Paget del capezzolo- carcinomi infi ammatoriControindicazioni relative o situazioni controverse da valu-tare caso per caso:- pregressa RT o previsione di RT- pregressa chirurgia peri-retroareolare- fumo, diabete, malattie immunitarie

Non sono controindicazioni:- età della paziente- stretta vicinanza del tumore alla cute extra NAC sovrastan-te la lesione purchè la si asporti- pregresso trattamento neoadiuvante- dimensioni del tumore*- multifocalità e multicentricità,- tipo istologico del tumore- stato linfonodale**tali fattori aumentano il rischio di coinvolgimento del capezzolo, ma perdono signifi cato se la distanza di sicurezza all’imaging tra lesione e capezzolo è mantenuta.

IMAGINGPur in assenza, attualmente, di dati derivanti da casistiche suffi cientemente numerose e studi prospettici randomizzati è ragionevole che tutte le informazioni prodotte dagli esami di “imaging”, integrate dai reperti forniti dai prelievi percu-tanei guidati, debbano essere utilizzate in fase di selezione dell’approccio terapeutico, in particolare al fi ne di stimare l’estensione dell’eventuale coinvolgimento patologico del capezzolo e la distanza tra il tumore ed i piani cutanei e la fascia superfi ciale.In letteratura è riportato come il rischio di infi ltrazione del

capezzolo sia funzione di:- dimensioni del tumore- distanza del tumore dal capezzolo- presenza di linfonodi ascellari patologici- estesa componente intraduttale- invasione linfaticaNon ci sono, invece, studi rivolti specifi camente all’interes-samento dei piani superfi ciali.Ad oggi, il parametro più frequentemente citato e per il qua-le ci sono più dati analizzati in base ai reperti di diagnostica per immagini è la distanza tra neoplasia e capezzolo.Un valore predittivo negativo del 97% per l’interessamento del capezzolo, tale quindi da consentire con ampio margine di sicurezza un’indicazione alla NSM, è ottenibile sia con la dimostrazione mammografi ca di una distanza lesione-capez-zolo non inferiore ai 4 cm, sia con la dimostrazione RM di una distanza di almeno 2 cm. In caso di lesione focale conmicrocalcifi cazioni extra-nodali da estesa componente intra-duttale, tale distanza va calcolata rispetto alle microcalcifi ca-zioni e non rispetto alla lesione focale.I dati pubblicati sull’ecografi a sono invece più scarsi, ma si ricorda che, pur in assenza di studi di confronto tra le variemetodiche di imaging, l’ecografi a può fornire dati preziosi sui rapporti della lesione con i piani cutanei e fasciali super-fi ciali.Si ribadisce comunque l’opportunità di integrare i dati di-sponibili dalle varie metodiche ed in particolare quelli della RM, ma si consiglia di lavorare su una maggiore standardiz-zazione della metodologia di esecuzione e di misurazione, utilizzando macchine RM altamente performanti (bobine 8 canali).A seconda dell’esperienza e del caso specifi co, tutte e tre le tecniche di imaging possono essere ritenute valide ai fi ni di una corretta selezione dei casi per la NSM. Tuttavia la RM essendo metodica il cui valore, nel preciso bilancio di esten-sione delle neoplasie mammarie, è ben consolidato - andreb-be privilegiata, specialmente per i sottogruppi più proble-

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matici dal punto di vista della valutazione mammografi ca, quali:- pazienti ad alto rischio genetico- casi con diagnosi istologica preoperatoria di carcinoma lo-bulare infi ltrante- casi di carcinoma in situ di alto grado- casi con mammelle dense alla mammografi a- casi con calcifi cazioni mammografi che a stampo.Il follow-up strumentale delle pazienti sottoposte a NSM dovrebbe prevedere la mammografi a annuale per la mam-mella controlaterale e la valutazione ecografi ca per la mam-mella operata.

TECNICA CHIRURGICA E RICOSTRUTTIVATipo e sede di incisionePer decidere il tipo di incisione e la rimozione della cute, è importante conoscere la distanza del tumore dalla cute o, ancor meglio, la distanza del tumore dalla fascia superfi ciale sovrastante, dato questo ottenibile con l’imaging. La rimo-zione della cute viene suggerita se tale distanza è inferiore a 5mm.Un’altra indicazione per la rimozione della cute sovrastan-te il tumore può essere la pregressa biopsia escissionale del tumore.Il tipo di incisione proponibile può essere radiale/laterale corta (4-5cm), a S italica, partendo da 1 cm dal margine areolare fi no al margine esterno della ghiandola, o al solco sotto-mammario.La scelta si basa, oltre che su indicazioni oncologiche (per esempio l’accesso all’ascella per l’esplorazione chirurgica) oricostruttive, su motivi estetici e funzionali (perdita di sensi-bilità del capezzolo) e va valutata caso per caso in base ancheall’esperienza del chirurgo. Assolutamente da evitare le inci-sioni periareolari per l’alta percentuale di necrosi.

Tecnica di asportazione della ghiandola mammariaDal punto di vista tecnico, quando possibile, l’asportazione

della ghiandola mammaria, lo spessore del lembo cutaneo e la possibile conservazione della fascia muscolare non dif-feriscono dalla tecnica delle mastectomie. In particolare la dissezione del lembo deve essere eseguita a livello della fascia superfi ciale ed estesa anche al di sotto del capezzolo. Partico-lare attenzione va posta all’asportazione del prolungamento ascellare che può risultare più indaginosa.A livello della regione retroareolare è opportuno asportare tutto il tessuto ghiandolare fi n sotto l’areola usando preferi-bilmente una lama fredda.Quando non si asporti la cute sovrastante il tumore, è sem-pre necessario il posizionamento di un repere sulla proie-zione superfi ciale del tumore. E’ necessario inoltre orientare correttamente la mammella asportata.Si deve inviare separatamente un frammento discoidale con diametro corrispondente al diametro dell’areola dello spes-sore di circa 1 cm e opportunamente orientato.In caso di positività intra o post operatoria (in situ o infi l-trante) di questo tessuto retro areolare sembra al momentoprudenziale l’asportazione del complesso areola-capezzolo, in quanto, in tali casi, l’interessamento occulto del capezzoloappare frequente. Il panel non è riuscito a trovare un sostan-ziale accordo sul margine minimo negativo tra l’opzione 2 o 5 o 10mm e considera quindi tale aspetto attualmente con-troverso. La radioterapia sul NAC potrebbe avere un ruolo alternativo alla rimozione del NAC, quando all’esame isto-logico defi nitivo, i margini risultino indenni, ma con una distanza inferiore a quella di sicurezza suggerita.La tecnica e le indicazioni di biopsia del linfonodo e/o della dissezione ascellare non diff eriscono da quelle abituali e non sono modifi cate dalla NSM.La biopsia del linfonodo sentinella, come pure la dissezione ascellare,quando indicata, possono essere eseguite dalla stes-sa incisione della NSM prima o dopo la mastectomia o da una incisione separata da quella utilizzata per l’asportazione della ghiandola mammaria.

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Tecnica di ricostruzioneAnche in caso di NSM la scelta della ricostruzione avviene in base al volume e alla forma mammaria e utilizza la tecnica più appropriata tra le varie disponibili: con protesi defi niti-va, con espansore, con lembi autologhi, etc. Tra i parametri da prendere in considerazione, nella scelta del tipo di rico-struzione devono essere inclusi i parametri biomeccanici e percettivo motori, già da anni in uso in oncoplastica, per ottimizzare la scelta ricostruttiva e dare indicazione per una preparazione e una assistenza post-operatoria specifi ca.Quando si sottopongono a NSM pazienti con mammelle piccole la tecnica ricostruttiva più appropriata prevede l’im-piego di un espansore mammario di volume maggiore se nel secondo tempo ricostruttivo si andrà ad aumentare, me-diante l’inserimento di una protesi, anche il volume della mammella controlaterale.Anche quando si può prevedere o una mastopessi o una ri-duzione sulla mammella controlaterale è indicato l’impiego di un espansore, che permette una migliore scelta del volu-me e della forma della protesi defi nitiva nel secondo tempo oltre ad una miglior defi nizione della tasca protesica.Vi sono comunque casi di mammelle di medio volume non particolarmente ptosiche, o di mammelle piccole, nelle qua-li si può pensare ad una ricostruzione immediata con protesi defi nitiva, più semplice nelle ricostruzioni bilaterali, meno facile in quelle monolaterali, in cui occorre saper prevedere anche gli esiti della chirurgia controlaterale, solitamente una mastopessi con protesi.L’approccio chirurgico e ricostruttivo di una NSM in mam-melle ptosiche o voluminose richiede l ’ i mpiego di tecnicheparticolari che ne sconsigliano l’esecuzione a chi non ha una consolidata esperienza in questo ambito.

ESAME ISTOPATOLOGICOEsame del parenchima retroareolarePer l’esame istologico del parenchima retroareolare (intra-operatorio e/o defi nitivo), è necessario che il chirurgo invii

separatamente il frammento discoidale prelevato diretta-mente dal pezzo operatorio, con diametro corrispondente al diametro dell’areola, in considerazione del fatto che i dotti si aprono anche in corrispondenza dell’areola la cui estensione è valutabile solo dal chirurgo in sala operatoria.Il chirurgo deve inviare il frammento discoidale (di spessore 0,5 - 1 cm) marcandolo sul versante verso il capezzolo (veromargine) con fi lo-repere o con clip metallica.L’esame del parenchima retroareolare può essere eseguito durante l ’intervento chirurgico come esame intraoperatorio(esame estemporaneo al congelatore) oppure successivamen-te all ’ intervento chirurgico come esame defi nitivo.

Modalità di valutazione del frammento di parenchima re-troareolareIl frammento discoidale, in genere unico, viene misurato (diametro massimo e spessore) e il vero margine deve esserechinato. La valutazione può essere eseguita mediante:- l’esame di sezioni coronali (perpendicolari all’asse del ca-pezzolo) ottenute sezionando il versante verso la mammella del frammento discoidale “a piatto” (con recupero del vero margine mediante ulteriori sezioni sino quasi ad esaurimen-to del frammento ).- l’esame di sezioni sagittali ottenute dopo aver sezionato sagittalmente (dal versante verso il capezzolo a quello mam-mario, parallelamente all’asse del capezzolo) l’intero fram-mento discoidale in fette di 3-5 mm di spessore, interamen-te incluse.Si possono prevedere 3 sezioni al congelatore a livelli di 200-300 micron e una ulteriore sezione al defi nitivo del frammento/i precedentemente valutato/i oppure 4 sezioni ogni 200-300 micron per l’esame defi nitivo.La risposta dell ’ esame al congelatore/ defi nitivo dovrebbe essere:a ) negativo per neoplasiab ) presenza di neoplasia in situc ) presenza di neoplasia infi ltrante

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e dovrebbe quantifi care l’estensione della componente neo-plastica in mm) e la distanza dal margine verso il capezzolo(vero margine ).

ESAME DELLA MAMMELLAa ) La mammella (senza il frammento retroareolare se già inviato per l’esame intraoperatorio o inviato a parte qualoranon sia stato eff ettuato l’esame intraoperatorio), viene in-viata al laboratorio di anatomia patologica, con fi li di repere per permetterne l’orientamento: 1 fi lo nella sede da dove è stato asportato il tassello retroareolare, 2 fi li verso l’ascella eun repere in corrispondenza delle sede della lesione, nella sua proiezione sulla superfi cie della ghiandola per valutare irapporti della lesione con il tessuto sottocutaneo ad essa so-vrastante, con il piano profondo, e con il restante parenchi-ma retroareolare dopo asportazione del tassello retroareolare che è comunque da considerarsi come unico e vero margine.E’ importante che la richiesta di esame istologico riporti esattamente la sede (quadrante) della lesione o le sedi in caso di lesioni multiple (eventualmente allegando uno schema-disegno).b ) Il pezzo operatorio di mastectomia viene misurato in tre 3 dimensioni, chinato sulla superfi cie verso la cute e sul piano profondo e campionato per l’esame istologico, con prelievi a fresco o previa fi ssazione, dopo sezioni sagittali dalversante profondo verso quello cutaneo, mantenendo l’orientamento del pezzo.Nel referto istopatologico va riportata la distanza minima della lesione in situ e/o invasiva dalla superfi cie verso la cute, dal piano profondo e dai margini circonferenziali del-la mammella, precisando se la neoplasia coinvolge (tumore colorato dall’inchiostro di china) il margine retroareolare, il piano superfi ciale e/o profondo, oppure se si estende in prossimità (distanza inferiore ad 1 mm), oppure indicando la distanza microscopica qualora questa sia inferiore ad 1 cm. Quando la distanza è superiore al cm si può indica-re nella macroscopica che la neoplasia dista oltre 1 cm dai

margini circonferenziali e dai piani superfi ciale e profondo.

RADIOTERAPIACome già detto, la radioterapia potrebbe avere un ruolo al-ternativo alla rimozione del NAC, quando all’esame istolo-gico defi nitivo, i margini risultino indenni, ma con una di-stanza inferiore a quella di sicurezza suggerita. Il trattamento con elettroni può essere diff erito nelle 48-72 ore successive all’intervento. In questo caso si utilizzano fasci esterni, di energia opportuna, eventualmente con fi ltri omogeneizza-tori per evitare il sovradosaggio sul capezzolo, e dose totale di 16 Gy in frazione singola.Se il trattamento è diff erito di qualche settimana si sugge-risce una dose di 6Gy al giorno per tre giorni consecutivi.E’ in corso di valutazione l’utilizzo della radioterapia intrao-peratoria con elettroni (ELIOT) con intento adiuvante, che consiste nella somministrazione, durante l’intervento stesso, di una unica ed elevata dose di radiazioni sul complesso are-olacapezzolo.Vengono utilizzati elettroni di energia variabile tra i 4 ed i 6 MeV, alla dose totale di 16 Gy (equivalenti a circa 45 Gy con il frazionamento convenzionale). Il razionale è basato sulla possibile riduzione del rischio di recidiva nel tessuto che il chirurgo in questo caso lascia al di sotto dell’areo-la e del capezzolo dopo l’esecuzione della mastectomia per ridurre il rischio di necrosi. In ogni caso, tale approccio ri-mane sperimentale ed il suo impiego è attualmente oggetto di studio.Un aspetto particolare della radioterapia con impatto sulla indicazione alla NSM è quello determinato da un preceden-te trattamento, sia per causa specifi ca che per altre neoplasie (tipico esempio, l’ i rradiazione a mantellina per un pregresso linfoma). Pur non ritenendosi questa una controindicazione assoluta, è comunque necessaria una attenta e preliminarevalutazione delle dosi già somministrate e dei volumi tratta-ti, oltreché dello stato della cute e del sottocutaneo, soprat-tutto per quanto riguarda il trofi smo e la vascolarizzazione.

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Le indicazioni alla radioterapia adiuvante dopo NSM non si discostano da quanto già contenuto nelle linee guida cor-renti per le pazienti sottoposte ad altri tipi di mastectomia e tengono ovviamente in conto le componenti di rischio le-gate alle dimensioni del tumore ed al numero di linfonodi interessati dalla malattia. Anche le problematiche relative alla irradiazione dopo qualsiasi tipo di ricostruzione mam-maria sono note, anche se raccomandazioni specifi che non sono state ancora defi nite stante l’assenza di studi rando-mizzati sull’argomento. Quindi particolare attenzione deve essere posta su ogni singola paziente sin dalla fase di piani-fi cazione dell’intervento chirurgico, concordando secondo un’ottica multidisciplinare le modalità dell’intera procedura prima che questa abbia inizio, al fi ne di minimizzare i possi-bili impatti negativi sulla cosmesi che possono determinarsi ed incrementarsi anche a lungo termine. In linea generale il frazionamento convenzionale rimane quello più racco-mandabile, con dose totale compresa tra i 45 ed i 50 Gy. L’ eventuale uso del “boost” dovrà essere valutato in rapporto a specifi ci fattori di rischio, con particolare riguardo all’am-piezza dei margini di resezione chirurgica ed al trofi smo del complesso areola capezzolo.

RISULTATIL’analisi della letteratura e dell’esperienze del panel in termi-ni di risultati off re attualmente un panorama piuttosto ete-rogeneo in relazione ai criteri di inclusione nelle casistiche, all’inserimento di interventi eseguiti a scopo profi lattico, oltre che al numero totale di casi e alla lunghezza di follow up molto variabili.Per questo motivo appare auspicabile una valutazione degli esiti, possibilmente prospettica, che consideri innanzituttoseparatamente i due aspetti principali legati a questo inter-vento ovvero gli aspetti oncologici e quelli estetico-funzio-nali con particolare riguardo alle molteplici variabili che in-fl uiscono a tali riguardi. Nella valutazione dei risultati della NSM si devono quindi prendere in esame:

Risultati oncologici1 ) percentuale di recidive locali,2 ) sede delle recidive (retroareolari, periferiche)Nonostante non si disponga di follow-up mediani molto lunghi (solo lo studio di Beneditktsson KP, Perbeck L, EJSO 2008, 34:143-148, supera nettamente i 5 anni attestandosi sui 13 anni ) le % di vere recidive locali intendendo quelle centrali o nel NAC sono estremamente basse attestandosi tra lo 0 ed il 2% dei principali studi.3 ) Percentuale di comparsa di malattia a livello del NAC in caso di mastectomie a scopo profi lattico. Anche in questo caso, anche se le casistiche sono limitate, la percentuale ri-portata varia dal 0.2 al 2%Per poter defi nire, ai fi ni dei risultati sia oncologici sia este-tico funzionali, la miglior tecnica ed il miglior approccio organizzativo i risultati dovranno essere posti in correlazione con le principali variabili:- indicazioni (particolare riguardo alla distanza lesione - NAC e alla multifocalità/ multicentricità valutate alletecniche di imaging e di istopatologia)- età- tipo di incisione- valutazione istologica status retroareolare (es. istol. est/es. istol. defi nitivo)- modalità ricostruzione: protesi / lembo- RT intraoperatoria / diff erita sul NAC- RT su mammella- operatore (chirurgia sen / chirurgia plastica/doppia equipe)

Risultati morfo-funzionali1 ) percentuale di capezzoli conservati: deve essere registrato il numero di necrosi parziali o totali del capezzolo, il nume-ro di exeresi del complesso areola-capezzolo per necrosi ed il numero di necrosectomie senza asportazione del complesso areola-capezzolo;I dati relativi alla necrosi in senso globale sono estremamen-te variabili essendo compresi in un range che va dal 2 al 20%

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ma in media la perdita completa del NAC dovuta a necrosi varia dallo 0 all’8%con una media attorno al 3-4 %2 ) aspetto estetico del NAC (colore, discromie cutanee, proiezione, simmetria, risultato globale capezzolo/seno).Alterazioni del capezzolo sono globalmente riportate dal 20% al 43%. La valutazione deve essere oggettiva e sogget-tiva ed eseguita sia dallo staff medico sia dalla paziente con l’ausilio di un questionario specifi co3 ) sensibilità del NAC: deve essere eff ettuata ad un mese, a sei mesi e successivamente insieme alla valutazionedell’aspetto estetico. Si deve considerare se la sensibilità è scomparsa, parzialmente presente, normale, o se esiste una ipersensibilità.4 ) organizzazione dinamica e sfera gestuale - nella loro portata simbolica in rapporto all ’ ambiente - della personache usufruirà della NSM. La qualità del gesto e la sua even-tuale modifi cazione, valutati con semeiotica biomeccani-ca e percettivo motoria nel pre e post-intervento, nonché nel follow-up, non sono defi nibili come defi cit nervoso, muscolare, articolare o come attentato alla immagine cor-porea. Essi valutano e supportano la qualità del ritorno esterocettivo della NSM, capace o meno di generare la buona relazione della donna con il suo ambiente aff ettivo e oggettuale.5 ) disagio psicologico / qualità di vita / vissuti-immagine del corpo: da valutare (con uno o più questionari validati, quando viene eseguita la valutazione dell’aspetto estetico e della sensibilità del NAC)La valutazione del grado di soddisfazione delle pazienti per i risultati della chirurgia plastica ricostruttiva e la conser-vazione del capezzolo deve essere eff ettuata annualmente nei primi due anni e ripetuta al quinto anno di follow up.Rimane aperta la questione relativa alla misurazione degli esiti (documentazione fotografi ca auspicabile pre/ post perfacilitare l’obiettività e la valutazione multisede o a distan-za; impiego di format di questionari condivisi)

QUALITÀ DI VITA E IMPLICAZIONI PSICOLOGICHEIl processo decisionale: la relazione medico-pazienteUna buona comunicazione fra chirurgo e paziente riveste un ruolo fondamentale per aiutare la paziente a prendere, insieme al chirurgo (senologo e/o plastico), la miglior de-cisione possibile, quella cioè che rispetta la persona e non prescinde dall’interazione medico-paziente.Ricordiamo che il momento della decisione clinica è da considerare in una prospettiva che contempli:- L’aspetto razionale-cognitivo: s’inserisce cioè in un pro-cesso logico/strategico oltre che in un contesto diagnosti-coterapeutico.- L’aspetto organizzativo: ogni decisione s’inserisce in un contesto organizzativo e deve essere essa stessa “organiz-zata”.- L’aspetto giuridico ed etico-clinico, che comprende il problema dell’informazione, importantissima ai fi ni di una consapevole decisione clinica.- L’aspetto psico-dinamico e relazionale: la logica e la de-cisione clinica devono essere calate nella relazione medico-paziente, che non rispetta regole generalizzabili, ma è ogni volta peculiare di quella data relazione.Nella situazione in cui si decida di proporre la NSM, fon-damentale per la comunicazione è il ruolo della fi ducia che si instaura fra il medico e la sua paziente, in maniera da off rire un contesto adeguato (un tempo e un luogo ade-guati) per favorire il processo decisionale che deve avvenire idealmente in maniera condivisa. La decisione clinica, in-fatti, vede due protagonisti, medico e paziente, entrambi pienamente attivi nel processo.Una buona comunicazione non prevede soltanto una parte informativa, nel senso del tempo dedicato alle informazio-ni, ma anche un momento in cui il chirurgo verifi ca se la paziente ha compreso in maniera suffi ciente ed adeguata le informazioni fornite. Verifi ca la “comprensione” delle informazioni relative al periodo post-operatorio, compli-

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canze a medio e lungo termine (esempio: le informazioni fornite alla paziente sulle possibili complicanze relative alla protesi, al capezzolo, inclusa la perdita di sensibilità del NAC ).Il medico non può trascurare la propria infl uenza sul pro-cesso decisionale della paziente. Quando egli esprime il proprio e personale parere, oltre a quello più prettamente professionale, infl uenza in modo determinante la paziente, anche se non lo esplicita verbalmente. Basti pensare che solo una piccola parte della comunicazione che avviene fra due persone è verbale.Il risultato ottimale che vorremmo ottenere nell’incontro medico-paziente è raggiungere una decisione condivisa, razionale, ma che inglobi la realtà clinica della paziente, le conoscenze disponibili e, ultimo ma non ultimo, il punto di vista della paziente.

Il processo decisionale e la qualità della vitaE’ importante considerare la desiderabilità degli esiti nel processo decisionale relativo all’indicazione della NSM versus la mastectomia tradizionale: la desiderabilità degli esiti ha a che vedere con la qualità della vita. Quest’ultima è una questione soggettiva, perciò è fondamentale che sia la paziente stessa ad esprimersi nel momento della decisio-ne clinica. Occorre considerare le preferenze “profonde” della singola paziente rispetto alle aspettative sulla qualità di vita, considerazione che non può prescindere dal pa-rere della paziente rispetto alla tipologia degli interventi proposti (mastectomia tradizionale versus NSM). In pri-mo piano sono perciò le motivazioni per le quali la donna preferisce scegliere un intervento piuttosto che un altro, ovviamente nel rispetto delle indicazioni cliniche.La paziente nella fase successiva alla diagnosi, evento ine-vitabilmente destabilizzante, di rottura, sviluppa una com-prensibile vulnerabilità emotiva e una forma di dipenden-za dal medico, “dipendenza funzionale”. La dipendenza è

psicologicamente utile perché l’aiuta ad aff rontare la nuova situazione e a sentirsi meno sola: il cancro e le decisioni vitali con cui deve confrontarsi rappresentano ovviamente per lei un momento critico e colmo di incertezza.La conservazione del capezzolo ha lo scopo di migliorare il vissuto relativo all’immagine corporea della donna che deve subire una mutilazione, quale la mastectomia di fatto rappresenta. La NSM vuole evitare alla donna una doppia mutilazione e contribuire a migliorare la qualità della vita, ma va sotto-lineato, al fi ne di non essere fraintesi, che la qualità di vita rischia di essere intesa e confusa con un concetto di bellez-za dominante nella nostra società, che esaspera il concetto di bellezza estetica e tende fortemente ad allontanare l’idea della morte e dell’imperfezione estetica.La qualità della vita rappresenta un fatto soggettivo, per il raggiungimento del quale dunque è importante che la paziente sia incoraggiata dal medico ad esprimersi e che sia “ascoltata” nel momento della decisione clinica. L’ espe-rienza clinica della psicoterapia con le donne che si am-malano di tumore mostra spesso, che una malattia grave come il cancro può divenire un evento catalizzatore per raggiungere, se opportunamente rielaborato, uno stato di benessere interno mai ottenuto prima. L’elaborazione psicologica può aiutare la paziente a supe-rare la perdita di una parte di sé, il lutto, la costruzione di una nuova immagine corporea e talvolta una capacità nuova di vivere la vita e aff rontare le diffi coltà, che si pen-sava impossibile prima della malattia.Il panel ha deciso di istituire un archivio nazionale delle pazienti sottoposte ad intervento di NSM con l’obiettivo di valutare i risultati oncologici, morfo-funzionali e le im-plicazioni psicologiche alla luce delle indicazioni adottate, delle caratteristiche del tumore e delle tecniche utilizzate.

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La «Nipple Sparing Mastectomy» ( NSM )Il parere di

Dr. Giovanni TacchettiRegione Veneto - ULSS 5 “Ovest Vicentino”U.O.C. SENOLOGIA - Centro Donna

1. Nella sua esperienza, a quale proporzione delle donne can-didate alla mastectomia si può off rire una NSM?

1) Teoricamente, tutte le donne con indicazione all’inter-vento di mastectomia totale potrebbero essere candidate all’intervento di NSM a condizione che ci sia una distanza tra la neoplasia, infi ltrante e/o in situ ed il complesso areola capezzolo tale da garantire la negatività dei margini di exere-si all’esame istologico defi nitivo. Nella pratica clinica però le cose stanno in maniera diff erente e l’età della paziente gioca un ruolo non trascurabile. Nella mia esperienza, le donne al di sopra dei 65 anni can-didate per motivi clinici alla mastectomia, raramente accet-tano il programma ricostruttivo che viene proposto, conser-vando una buona qualità di vita successiva alla elaborazione del lutto della perdita subita. Il percorso della ricostruzione mammaria nelle donne della fascia di età inferiore è più frequentemente condiviso perché, lo stato di benessere e la qualità di vita transitano attraverso la costruzione di una nuova immagine corporea che non infl uenzi la socialità e la vita di relazione.Con queste premesse, negli ultimi 6 anni della mia attività, su 915 interventi per neoplasia mammaria, 757 (82%) sono stati interventi conservativi, mentre i restanti 158 interven-ti (18 %) sono stati interventi di mastectomia totale. Di queste ultime 158 donne, 118 (75 %) hanno accettato il percorso ricostruttivo e in 25 di queste è stato proposto e accettato l’intervento di NSM con la percentuale quindi del 21 %. Delle 25 indicazioni alla NSM due di esse sono state convertite durante l’intervento in mastectomia skin sparing per la dimostrazione intraoperatoria della vicinanza/conti-guità della neoplasia (peraltro sempre di tipo intraduttale)

della regione del complesso areola-capezzolo. Otto donne del gruppo della NSM hanno potuto usufruire della ricostruzione immediata in unico tempo con prote-si anatomica defi nitiva per il volume favorevole del tessuto ghiandolare asportato oscillante tra i 120 e i 250 grammi, mentre in tutte le altre è stato impiantato un espansore sot-tomuscolare per la ricostruzione mammaria in due tempi.Fino ad oggi solo una paziente trattata nel 2003 con NSM e ricostruzione immediata con protesi in unico tempo, ha sviluppato a distanza di tre anni una neoplasia in situ di tipo papillare della regione retroareolare per cui si è provve-duto alla radicalizzazione con l’asportazione del complesso areola-capezzolo che nell’anno successivo è stato ricostruito e completato con la pigmentazione mediante tatuaggio: a 48 mesi dall’ultimo intervento la signora è in buona salute e non presenta segni di ripresa di malattia.In sintesi credo che allo stato attuale, rispettando le indica-zioni che emergono dalla letteratura, nel 25 % +/- 5% delle pazienti candidate all’intervento di mastectomia totale con programma ricostruttivo possa essere off erta la NSM. 2. Ritiene che ultimamente si eccedesse in interventi conservati-vi e che la isponibilità di questa tecnica possa far ridurre il nu-mero di trattamenti conservativi a rischio di ripresa locale, sen-za alterare signifi cativamente la qualità di vita della paziente?

2) Non credo che negli ultimi tempi si sia ecceduto in in-terventi conservativi tuttora il gold standard del trattamento secondo le conoscenze ormai consolidate dell’ultimo tren-tennio. E’ pur vero però che c’è un incremento degli inter-venti demolitivi e ritengo che ciò sia dovuto al perfeziona-mento della stadiazione preoperatoria che si avvale anche dell’uso della RMN.La programmazione operatoria di ogni singolo caso, quindi anche la NSM, deve comunque emergere dalla discussione multidisciplinare del team di specialisti dedicati.

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Nella mia esperienza, la qualità di vita delle pazienti sotto-poste a mastectomia totale con ricostruzione è sicuramente migliore quando è possibile conservare il complesso areola-capezzolo e in defi nitiva penso che la NMS non debba so-stituire la chirurgia conservativa in quanto considerata alter-nativa ad essa.Comunque ogni decisione va prima ponderata e discussa in ambito multidisciplinare e quindi proposta alla donna che deve essere suffi cientemente motivata per accettare il programma operatorio più appropriato ed individualizzato compreso anche l’intervento di NSM.

Dr.ssa Silvia BaldassarreAzienda Ospedaliera Universitaria, Ospedali Riuniti, Ancona

1. Ritiene che la RM preoperatoria debba essere sempre eff et-tuata in una paziente candidata alla NSM, o che ci si possa li-mitare ai casi indicati nel documento (alto rischio, seno denso, lobulare infi ltrante, DCIS alto grado e microcalcifi cazioni)?

2. Nel follow-up della mammella operata con NSM, è suffi ciente eff ettuare il controllo ecografi co?

1) La corretta pianifi cazione dell’intervento chirurgico può essere ottenuta solo integrando, secondo logica clinica, le varie tecniche diagnostiche di imaging seno-logico (mammografi a, ecografi ae risonanza magnetica). Il carcinoma mammario può essere multifocale, multicentrico e bilaterale e le tecni-che tradizionali di imaging (mammografi a ed ecografi a) non sono sempre in grado di identifi care lesioni presenti oltre a quella principale. La MRM è la tecnica più sen-sibile per la detenzione del carcinoma mammario, con

valori di sensibilità di 95-98%. La frequenza di lesioni multifocali o bilaterali e la capacità della MRM di iden-tifi care lesioni non altrimenti riconoscibili ripropongo-no l’utilità di tale esame nella stadiazione locoregionale e preoperatoria; infatti, una delle indicazioni più inte-ressanti approvata dalle principali società scientifi che italiane (SIRM e FONCAM) ed americane (American Cancer Society), seppur spesso fa discutere, è proprio la valutazione prechirurgica in donne con diagnosi di carcinoma mammario confermato da prelievo citologi-co e/o istologico percutaneo. La MRM, caratterizzando morfo-funzionalmente le le-sioni, possiede maggiore accuratezza, nella valutazione dimensionale della neoplasia, sia in lesioni “mass like” che non “mass like”, permette di defi nire i rapporti con i tessuti circostanti e grazie alla sua elevata sensibilità il numero di lesioni presenti, parametri importanti in fase preoperatoria per una corretta pianifi cazione dell’in-tervento. In particolare tali parametri sono importanti in una paziente candidata alla “nipple sparing mastec-tomy” (NSM).La MRM, metodica con valore ben consolidato, nel preciso bilancio di estensione delle neoplasie mammarie (valutazione di dimensioni ed estensione, con eventuale interessamento del muscolo pettorale o infi ltrazione del capezzolo, identifi cazione o esclusione di multifocalità, multicentricità e bilateralità) dovrebbe, là dove possibi-le, essere sempre eff ettuata in una paziente candidata alla NSM, salvo in quei casi in cui è possibile esprimere con certezza un giudizio, sulla base degli esami di imaging tra-dizionale su dimensioni e numero di lesioni, su integrità (intesa come non infi ltrazione) e distanza dal capezzolo.

2) Nel follow-up della mammella operata con tecnica “nipple sparing mastectomy” (NSM), l’imaging seno-logico (mammografi a, ecografi a e risonanza magnetica)

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ha il compito, così come in tutti gli altri casi di inter-vento con posizionamento di protesi, di studiare l’im-pianto protesico e di diagnosticare le complicanze tardi-ve. La mammografi a, in particolare con tecnica digitale, grazie agli algoritmi di contrasto e al post processing, permette di studiare meglio l’eccessiva densità protesica, valutarne la regolare morfologia, i segni di rottura extra-capsulare e l’eventuale presenza di calcifi cazioni, segno importante di possibile recidiva locale, in particolare nei casi di NSM, ove il residuo ghiandolare è limitato al di-stretto areola - capezzolo. E’ inoltre necessario eseguire annualmente un esame mammografi co alla mammella controlaterale per il maggior rischio di ammalarsi nuo-vamente di cancro al seno, di tali pazienti.L’esame ecografi co, eseguito a completamento dell’in-dagine mammografi ca, valuta la regione areolare residua e l’impianto protesico. Nei casi dubbi la RM rappresenta la metodica più effi -cace per una corretta diagnosi e dovrà essere eseguita an-nualmente nei casi indicati nel documento (alto rischio, seno denso, lobulare infi ltrante, DCIS alto grado), in particolare dopo una NSM.nuova immagine corporea che non infl uenzi la socialità e la vita di relazione.Con queste premesse, negli ultimi 6 anni della mia at-tività, su 915 interventi per neoplasia mammaria, 757 (82%) sono stati interventi conservativi, mentre i re-stanti 158 interventi (18 %) sono stati interventi di mastectomia totale. Di queste ultime 158 donne, 118 (75 %) hanno accettato il percorso ricostruttivo e in 25 di queste è stato proposto e accettato l’intervento di NSM con la percentuale quindi del 21 %. Delle 25 indicazioni alla NSM due di esse sono state convertite durante l’intervento in mastectomia skin sparing per la dimostrazione intraoperatoria della vicinanza/contigui-tà della neoplasia (peraltro sempre di tipo intraduttale) della regione del complesso areola-capezzolo.

Arianna Garrone Counselor relazionale, oncologico e Responsabile Re-gionale dell’Associazione Salute Donna Torino.

1. La conservazione dell’areola e del capezzolo consente una qualità di vita paragonabile a un intervento conservativo?

Ho avuto un tumore al seno più di 3 anni fa e mi hanno fatto una mastectomia bilaterale. Era anche necessaria l’asportazione del capezzolo sx. Per me era stato quasi più traumatico immaginare di rimanere senza capezzolo. La mia idea era che la protesi avrebbe riempito il seno e, passato il tempo necessario, nulla si sarebbe più notato. Invece l’idea dell’asporta-zione del capezzolo mi mandava in ansia. Sarebbe rima-sto un segno evidente anche davanti alle altre persone. Avevo inoltre l’impressione di perdere parte della mia femminilità.In più ad appesantire la situazione c’era anche la com-ponente che poco prima di ammalarmi mi ero separata, ma avevo l’idea di avere un nuovo compagno di vita…e come mi sarei presentata a lui al nostro primo incontro intimo? Con un reggiseno di sicuro!Con il chirurgo è stato deciso di asportare entrambi i capezzoli; questa idea mi rincuorava almeno in parte in quanto sarebbe poi stati entrambi ricostruiti in egual modo!Dal momento dell’asportazione dei capezzoli al mo-mento della ricostruzione son passati alcuni mesi.Ho fatto molto fatica a guardarmi allo specchio. Mi sembrava un seno cieco! Il vedermi senza capezzoli mi ricordava anche ciò che avevo passato!Sono sempre stata con un reggiseno o un copriseno, anche nei momenti d’intimità.C’era la possibilità di ricostruire il capezzolo prelevando la pelle dall’inguine o facendo un intervento che utilizza

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due lembi, del seno, speculari e contrapposti che ven-gono arrotolati e si abbracciano; in seguito il tatuaggio della areola.Ho scelto la seconda soluzione perché non ne potevo più di operazioni chirurgiche impegnative e dolorose. Essendo la presidente dell’associazione Salute Donna Torino ed anche un counselor (professione di aiuto in ambito psicologico) lavoro spesso con donne che hanno un tumore al seno e si trovan davanti alla necessità di amputazione del capezzolo.Mi sono resa conto che la diffi coltà di farsi guardare o di guardarsi allo specchio e’ una costante.Più donne defi niscono la tetta “cieca” quando e’ senza capezzolo.Ci sono molte donne che per riempire lo spazio vuo-to nel reggiseno, lasciato dalla mancanza del capezzolo, mettono del cotone perché molto sovente non vengono informate della vendita di capezzoli posticci nei negozi di articoli sanitari.Quindi a mio parere subire la mutilazione del capezzolo aumenta il carico di ansia e comporta una “ferita” più profonda ed evidente.

2. Forse le donne al momento di dover eseguire l’intervento dopo una diagnosi di tumore della mammella non si preoc-cupano degli esiti estetici,ma sarebbe opportuno informarle fi n dall’inizio delle possibilità di avere un migliore risul-tato estetico?

Alla comunicazione della diagnosi del tumore al seno, passata la fase dello choc, subentra la prima preoccupa-zione che è di salvare la pelle, ma la seconda è:cosa suc-cederà al mio seno, come risulterà dopo l’operazione? Si noterà la diff erenza?Io, appena mi sono svegliata dall’anestesia, ricordo di aver chiesto come fosse andata l’operazione e poi ho sol-

levato la camicia da notte per osservare il mio seno….pensavo di vedermi piatta….invece è stato di grande conforto vedere che avevo già un seno della prima mi-sura, poiché avevano inserito gli espansori e li avevano leggermente riempiti.Ciò mi ha sostenuto moltissimo nel mio percorso di guarigione, in quanto avevo conservato una mia identi-tà femminile.In più situazioni ho potuto riscontrare che se l’eff etto estetico è presente ciò permette alla donna di elaborare più velocemente il lutto della malattia; ci si sente meno malate e/o meno menomate.Sicuramente l’elaborazione del lutto sostiene nel percor-so di guarigione.Ho incontrato donne alle quali non avevano messo la protesi oppure erano segnate da cicatrici terribili; sem-brava fossero state operate da un macellaio invece che da un chirurgo come si deve! La loro elaborazione è stata più travagliata, più lunga perché guardarsi allo specchio e vedersi una brutta cica-trice ricordava loro la malattia. Questo continuo ricor-do le teneva attaccate alla rabbia dell’accaduto e quindi legate al passato e non utilizzavano la loro energia per ricercare un nuovo equilibrio interiore.

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FORZA OPERATIVA NAZIONALESUL CARCINOMA MAMMARIO

Linee Guida - Aggiornamento 2010Terapia medica del carcinoma mammario

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Terapia medica del carcinoma mammario

1) INTRODUZIONE

La terapia medica del carcinoma della mammella si avvale di tre fondamentali presidi terapeutici, la chemiotera-

pia, la terapia endocrina, la terapia biologica. Tali trattamenti hanno specifi che indicazioni in funzio-ne delle caratteristiche cliniche e biologiche della malattia e possono essere utilizzati in tempi diversi nelle varie fasi della evoluzione clinica di questa neoplasia. Per la chiarezza di esposizione e per la complessità dei problemi clinici che comportano una corrispondente variabilità di trattamenti, l'argomento sulla terapia medica del carcinoma della mam-mella verrà distinto in quattro parti: 1) I presidi terapeutici: chemioterapici, trattamenti endocrini, farmaci biologici. 2) La terapia medica del carcinoma metastatico o non operabile.

Tabella 1) Monochemioterapia nel ca. mammario metastatico: farmaci mag-giormente attivi

Farmaco% di risposte obietti-

ve (RC + RP)Taxolo 32 Ev

Taxotere 25 Ev

Capecitabina 30 OsNab-Paclitaxel* 33 EvCiclofosfamide 35 os oppure evAlcaloidi della vinca 21 evAdriamicina 38 evEpirubicina 38 evAntraciclina liposomiale 30 evVinorelbina 30 os oppure ev

3) La terapia preoperatoria o neoadiuvante.4) La terapia adiuvante o precauzionale.

2) I PRESIDI TERAPEUTICI 2.1 I chemioterapiciUn ampio spettro di farmaci citostatici, caratterizzati da diversi meccanismi d'azione, sono stati studiati nel carci-noma della mammella, sia singolarmente che in regimi di combinazione. I farmaci chemioterapici più attivi in mono-chemioterapia nella neoplasia mammaria metastatica sono riportati nella Tabella 1. (*non ancora disponibile in Italia)

L’effi cacia terapeutica delle combinazioni polichemioterapi-che riportate nella tabella 2 può considerarsi equivalente; infatti le percentuali di risposte obiettive variano dal 50% all’80% con durata mediana della risposte attorno ai 12 mesi. Tuttavia, le remissioni complete (RC) non superano il 20-25% anche utilizzando la combinazione di antracicline più taxani che attualmente costituisce uno schema tra i piu’ effi caci in termini di risposta clinica. Recentemente è stato valutato anche una modalità “nuova” di somministrare “vec-chi chemioterapici”La terapia metronomica cioè la somministrazione di che-mioterapici (preferibilmente per via orale) a bassi dosaggi e in modo continuativo ha mostrato effi cacia in pazienti con neoplasia mammaria in fase metastatica con un ottimo pro-fi lo di tollerabilità (Tabella 2).

Continua la revisione periodica delle linee guida F.O.N.Ca.M. e siamo lieti di presentare in questo

numero della rivista l’aggiornamento del capitolo “Terapia medica del carcinoma mammario”.A nome del coordinare nazionale prof. Umberto Veronesi e nostro personale desideriamo quindi ringraziare i colleghi Marco Colleoni, che ha curato la stesura del testo, Armando Santoro, Salvatore Palazzo e Sergio Crispino per il lavoro di revisione e tutti i membri della Forza Operativa che, con suggerimenti e proposte, hanno permesso la stesura del documento. Ricordiamo inoltre che sono state defi nite le date delle due riunioni plenarie 2010. La prima si terrà a il 16 giugno a Milano prima dell’apertura della X Milan Breast Cancer Conference. La seconda il 28 ottobre all’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (MI) convegno “Il carcinoma mammario in età avanzata” Alberto Luini e Claudio Andreoli

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F. O . N . C a . M .F . O . N . C a . M .

Tabella 2 Schemi di polichemioterapia

Schema FarmaciDosi (mg/mq) e vie di sommini-

strazioneGiorni di terapia Frequenza

FAC5-Fluorouracile

AdriamicinaCiclofosfamide

500 ev50ev500ev

1° e 8°

1° e 8°

Ogni 21-28 giorni

FEC5-Fluorouracile

EpirubicinaCiclofosfamide

500 ev60ev500ev

1° e 8°

1° e 8°

Ogni 21-28 giorni

EC/ACAdriamicinaEpirubicina

Ciclofosfamide

50-60ev75ev600ev

Ogni 21 giorni

ADM/TAXAdriblastina

Taxolo50-60ev200 ev

1°Ogni 21 giorni

EPI/TAXFarmorubicina

Taxolo75-90ev200ev

1°Ogni 21 giorni

ATAdriblastina

Taxotere50ev75ev

1°Ogni 21 giorni

ETFarmorubicina

Taxotere75ev75ev

1°Ogni 21 giorni

Cap/TCapecitabina

Taxotere2500 os75 ev

1°->14°

1°Ogni 21 giorni

AVAdriblastinaVinorelbina

50ev25ev

1° e 8°Ogni 21 giorni

EVFarmarubicina

Vinorelbina60ev25ev

1° e 8Ogni 21 giorni

Cap+VinCapecitabinaVinorelbina

2000 os55 os25 ev

1°->14°

1°e 8°

1°e 8° (o 3°)

Ogni 21 giorni

CMF (classico)

CiclofosfamideMethotrexate5-Fluoruracile

100 p. o.40 ev600ev

Dal 1° al 14°1° e 8°1° e 8°

Ogni 28 giorni

CMF-1-21CiclofosfamideMethotrexate

5-Fluorouracile

600 ev40ev600ev

Ogni 21 giorni

CMF 1-8CiclofosfamideMethotrexate

5-Fluorouracile

600 ev40ev600ev

1° e 8°

1° e 8°

1° e 8°

Ogni 28 giorni

vato per il platino e la ciclofosfamide; alto per le antracicline e moderato per la maggior parte degli altri citostatici). Attualmente, con l’impiego degli antagonisti serotoninergici, specifi ci per i recettori encefalici del centro del vomito, tale disturbo viene controllato o prevenuto in oltre 1’80% dei pazienti anche quando causato dai citostatici a più elevato potere emetogeno. Tra i nuovi farmaci an-tiemetici oggi disponibili vi è l’aprepitant, antagonista del recettore Sostanza P/Neuro-chinina 1 (NK1).Il Taxolo può determinare fenomeni di iper-sensibilità allergica fi no a simulare lo shock anafi lattico. Per tali ragioni si raccomanda una premedicazione con steroidi, antistami-nici e ranitidina. L’alopecia è comune (in grado maggiore di intensità per le antracicline) a tutte le com-binazioni chemioterapiche. Essa è sempre reversibile né può essere evitata con l’uso di cold cap se non in casi del tutto eccezionali. Eff etti collaterali ritardati. Si manifestano in genere dopo alcuni giorni dalla somministra-zione del farmaco. La mielodepressione (principalmente carat-terizzata da leucopenia e piastrinopenia, e talora anche da anemia) alle dosi citate nella tabella 2 tende a manifestarsi tra 1’8° ed i1 12° giorno e si risolve tra il 20° e il 28°; per alcuni farmaci, quali la mitomicina, essa è più tardiva (4- 7 settimane) e può essere par-ticolarmente accentuata sulla frazione trom-bocitica. Per quanto riguarda la leucopenia, la somministrazione dei fattori di crescita (G - CSF o GM -CSF) trova indicazione in casi selezionati se la conta dei neutrofi li scende sotto di 800-1000/mm3 e la temperatura è >38. L’impiego precauzionale puo’ essere considerato quando il precedente ciclo di chemioterapia ha dato neutropenia di grado III e IV e può essere limitato a 2-3 giorni di terapia da eff ettuarsi generalmente tra l’8 ° e l’11° giorno dalla somministrazione della chemioterapia. Eff etti collaterali cronici. Si manifestano a distanza di mesi od anni ed acquistano no-tevole importanza a causa dell’attuale impie-go della chemioterapia non solo nella fase avanzata della malattia, ma anche in fase pre-cauzionale. I1 rischio di miocardiopatia da Adriamicina, Epirubicina e Mitoxantrone, somministrati singolarmente, è praticamente

Principali effetti collaterali dei chemioterapiciOccorre precisare che gli eff etti collaterali sotto indicati sono generalmente transitori e quindi reversibili (con l’eccezione della miocardiopatia da antra-cicline), e di tale caratteristica occorre dare precisa informazione alle pazienti.Eff etti collaterali acuti. Si manifestano al momento della somministrazione del farmaco o entro poche ore. Sono in genere transitori e controllabili con terapie adeguate. Per alcuni farmaci (antracicline, alcaloidi della Vinca) ad una non corretta iniezione endovenosa (stravaso venoso) può seguire necrosi tissutale a lenta risoluzione. Per quanto riguarda la nausea ed il vomito (eff etti collaterali acuti più fre-quenti) essi sono in rapporto con il potenziale emetogeno del farmaco (ele-

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nullo se, in assenza di fenomeni ischemici di base, non si su-pera il dosaggio totale, rispettivamente, di 450 mg/mq, 750 mg/mq e 150 mg/mq. Nelle pazienti sottoposte a radiote-rapia complementare o terapeutica sulla regione mammaria sinistra, è raccomandabile non superare, 350 e 600-700 mg/mq, rispettivamente, di Adriamicina e Epirubicina. In caso di impiego singolo od in combinazione di tali an-tracicline e utile il monitoraggio con Eco-cardiogramma bidimensionale con valutazione della funzione di eiezione ventricolare sinistra. L’effi cacia dell’antraciclina pegilata li-posomiale, molecola incapsulata in liposomi, sulla cui su-perfi cie è legato il polietilen-glicole, è pari alla Doxorubi-cina con una minore cardiotossicià. Tossicità correlabile al farmaco è invece l’eritrodisestesia palmo-plantare, tossicità tipica anche della capecitabina Tossicità neurologica (carat-terizzata da neuropatie periferiche, astenia, dolori addomi-nali ed ileo paralitico) può osservarsi con l’uso prolungato di Vinorelbina, Taxani e Platino. Ai trattamenti prolungati con farmaci alchilanti (es. ciclofo-sfamide) è imputabile un potenziale rischio carcinogenetico.

2.2 Trattamenti endocriniTali trattamenti sono indicati in presenza di una neoplasia ormonoresponsiva, caratterizzata dall’espressione del recet-tore per l’estrogeno (ER) e/o progesterone (PgR). Il tipo di terapia ormonale va stabilito in accordo allo stato menopau-sale della pazienteL’effi cacia terapeutica dei diversi farmaci ormonali è diversa a seconda delle caratteristiche biologiche dei casi trattati e delle sedi metastatiche, risultando nulla nelle metastasi cere-brali e modesta in quelle epatiche

LH-RH analoghi->donne in premenoapausaSono farmaci analoghi dell’ormone rilasciante l’ormone luteinizzante (LH-RH). La somministrazione ciclica pro-lungata determina una progressiva riduzione della secrezio-ne delle gonadotropine ipofi sarie con secondaria inibizione della produzione estrogenica da parte delle ovaie. La meno-pausa indotta da tali farmaci è paragonabile a quella ottenu-ta con la castrazione chirurgica (ovariectomia) o radiotera-pica ma ha il vantaggio di essere un trattamento reversibile nella maggior parte dei casi. La tossicità di tali farmaci è caratterizzata dai disturbi locali nella sede di iniezione, eru-zioni cutanee, ipercolesterolemia, vampate di calore al volto, cefalea, spotting vaginale etc.

Tamoxifen->donne in premenoapausa e in postmenopausaTra gli antiestrogeni, il più comunemente utilizzato è il ta-moxifene (TAM) che in pazienti con recettori ormonali po-sitivi o sconosciuti può indurre risposte cliniche in più del 40% dei casi. Tra gli eff etti collaterali causati dal tamoxifene, solo occasionalmente (1-4% dei casi) sono stati evidenzia-ti casi di trombofl ebite, di piastrinopenia (< 100.000 PP/

mmc) e alterazioni della funzionalità epatica riguardanti so-prattutto l’innalzamento di valori delle transaminasi. Altri eff etti collaterali sono le vampate di calore ed il prurito vul-vare. Inoltre, nelle prime due tre settimane di trattamento con TAM può verifi carsi, nel 5-10% dei casi il fenomeno del tumor fl are caratterizzato da un’esacerbazione dei dolori ossei, da ipercalcemia e da un incremento delle lesioni cu-tanee dovuta alla debole attività estrogenica posseduta dal farmaco. Tuttavia questo fenomeno è passeggero. E’ raccomandabile in caso di trattamento prolungato un controllo periodico (almeno ogni 6 mesi) ematochimico completo comprendente la funzionalità epatica. In caso di somministrazione molto prolungata, è stata segnalata l’insorgenza di adenocarcinoma invasivo dell’endometrio per cui utile deve essere considerato il controllo ecografi co transvaginale in caso di eventuale osservazione di stillicidio ematico dal canale cervicale.

Fulvestrant->donne in postmenopausaIl Fulvestrant (Faslodex) è stato utilizzato come terapia di II linea in donne in progessione in corso di Tamoxifene, mo-strando un’attività paragonabile agli inibitori dell’aromatasi. In un recente studio randomizzato di fase III il farmaco è stato confrontato con exemestane in donne in progressione ad inibitore dell’aromatasi di tipo non steroideo mostrando una simile effi cacia.

Inibitori delle armatasi-> donne in postmenopausaÈ ormai noto che la sintesi degli estrogeni nelle donne in postmenopausa ha luogo nei tessuti periferici, quali le ghiandole surrenaliche ed il tessuto adiposo. In questi tessu-ti, l’androstenedione viene convertito in estrone e, in segui-to, in estradiolo per mezzo dell’aromatasi, un complesso en-zimatico composto da un citocromo P450 (CYP 450arom) ed una fl avoproteina. Il primo inibitore dell’aromatasi introdotto nella pratica cli-nica è stato l’aminoglutetimide, che per quanto clinicamen-te effi cace, causava notevoli eff etti collaterali quali disturbi gastroenterici, vampate di calore, rash cutanei, letargia, ipo-tensione, astenia ed altri. Inoltre poiché l’aminoglutetimide era un inibitore aspecifi co delle aromatasi, necessitava di una terapia sostitutiva con il cortone acetato. Per questi motivi, oggi questo farmaco non viene più utiliz-zato nella pratica clinica corrente anche perché sostituito da farmaci più attivi e meno tossici.I farmaci più comunemente usati nella pratica clinica sono tra i non steroidei: l’anastrozolo (arimidex) e il letrozolo (femara), inibitore reversibile dell’enzima e l’exemestane (aromasin) inibitore steroideo, irreversibile. Questi farmaci riescono ad ottenere in seconda linea dopo tamoxifene circa il 25% di risposte e causano eff etti collaterali di scarsa enti-tà, in circa il 30% dei casi, quali nausea, vomito e diarrea, e meno frequentemente, vampate di calore, edema e trom-

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bofl ebite. Studi randomizzati di fase III in prima linea hanno dimo-strato una maggior effi cacia di questi farmaci verso il tamo-xifene nel trattamento del tumore mammario metastatico ormonoresponsivo in donne in post menopaua. Gli eff etti collaterali dovuti agli inibitori dell’aromatasi comprendono: artralgie, mialgie, dolori osteoarticolari, di-minuzione della densità ossea.

ProgestiniciI composti progestinici più comunemente utilizzati nel trat-tamento del carcinoma della mammella sono il medrossi-progesterone acetato (MAP) ed il megestrolo acetato (MA), entrambi derivati dal 17-ß-OH- progesterone. I progestinici esplicano attività antineoplastica attraverso un duplice mec-canismo: uno diretto a livello della cellula tumorale ed uno indiretto di soppressione estrogenica. Nel carcinoma mam-mario avanzato i progestinici inducono risposte obiettive nel 30% delle pazienti già pretrattate e nel 40% di quelle non pretrattate e con recettori estrogenici positivi. Oggi vengono utilizzati come terapia di terza linea dopo gli antiestrogeni e gli inibitori dell’aromatasi. Gli eff etti collate-rali più frequenti a tali farmaci sono rappresentati da ascessi glutei (in caso di somministrazione i.m.), gastralgie (in caso di somministrazione sia p.o che i.m.), trombofl ebite, au-mento di peso corporeo, aumento della pressione arteriosa, iperglicemia, irsutismo, talora tremori ed ipercalcemia.

2.3 La Terapia BiologicaA questo gruppo appartengono i farmaci più recentemente introdotti nella pratica clinica. Lo sviluppo di tali farmaci è nato dalle migliori conoscenze dei meccanismi biologici e molecolari coinvolti nello sviluppo delle neoplasia mam-maria. A diff erenza dei chemioterapici che agiscono ad ampio spet-to, i farmaci biologici sono target, cioè in grado di agire verso un bersaglio preciso. In assenza del target il farmaco biologico non ha indicazione (es trastuzumab per tumori HER2 neg) e vi è quindi una maggiore selezione dei pazienti in grado potenzialmente di rispondere al trattamento. Nel-la maggior parte dei casi tali farmaci vengono utilizzati in combinazione con la chemioterapia.Il Trastuzumab è un anticorpo monoclonale diretto contro la proteina HER2 che è iperespressa in circa il 25% delle neoplasie mammarie. La combinazione con la chemiotera-pia (es. il taxolo o il taxotere) aumenta le percentuali di ri-sposte, il tempo alla progressione e la sopravvivenza rispetto alla monochemioterapia nel trattamento di prima linea della donne con neoplasia mammaria metastatica HER2 positiva. Seppur effi cace il trastuzumab non viene somministrato in combinazione con regimi comprendenti antracicline per un rischio aumentato di cardiotossicità. Uno studio di fase III ha valutato il ruolo della combinazione del trastuzumab con

Tabella 3 Farmaci ormonali più comunemente impiegati

FARMACO DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE

Antiestrogeni:TAMOXIFENFULVESTRANT

20 mg/die per os250 mg i.m ogni 28 giorni

Inibitori aromatasi:LETROZOLOANASTORZOLOEXEMESTANE

2.5mg/die os1mg/die per os25mg/die os

LH-RH analoghi:GOSERELINTRIPTORELINLEUPRORELIN

3.6 mg ogni 28 giorni s.c.3.75 mg ogni 28 giorni i.m.3.75 mg ogni 28 giorni i.m.

Progestinici:MEDROSSIPROGESTERONE ACETATO

MEGESTROLO ACETATO

500mg/die i.m. oppure1000-15000mg/die os/ i.m. per 20 giorni consecutivi160mg/die per os

ormonale inibitori dell’aromatasi nel trattamento di prima linea nella malattia metastatica mostrando la superiorità della combinazione rispetto alla sola terapia ormonale. Il trastuzumab è inoltre indicato nella terapia adiuvante e ne-oadiuvante della neoplasia HER2 positiva.Il Lapatinib è una piccola molecola in grado di inibire l’at-tività chinasica del recettore EGFR e HER2. Il farmaco ha dimostrato di essere attivo in pazienti in progressione al trastuzumab e viene utilizzato in combinazione con la ca-pecitabina in pazienti, con neoplasia mammaria metastati-ca pretrattate con antracicline e taxani e in progressione a trastuzuamb.Il Bevacizumab è un anticorpo monoclonale contro il VEGF, fattore che induce la formazione dei vasi ed è coin-volto nei meccanismi di crescita tumorale. Il Bevacizumab combinato con chemioterapia in prima linea ha dimostrato di aumentare la probabilità di risposta e il tempo alla pro-gressione. Bevacizumab è pertanto indicato nel trattamento di prima linea metastatica in combinazione con il paclitaxel e sembra avere attività promettente quando utilizzato nella terapia primaria dei tumori infi ammatori. Eff etti collaterali sono: ipertensione, trombosi, sanguinamenti.

3) LA TERAPIA MEDICA DEL CARCINOMA MAM-MARIO METASTATICOIn presenza di una malattia metastatica è consigliabile, qua-lora fattibile e con manovre poco invasive, la ricaratteriz-zazione biologica della malattia per ottenere una nuova valutazione dello stato dei recettori ormonali e dell’ HER2. La scelta del trattamento dovrebbe basarsi sia sulle caratte-ristiche biologiche che sulla tipologia del Paziente (sintomi correlati, patologie concomitanti,pregressi trattamenti, pre-ferenza).In caso di malattia HER2 positiva il trattamento deve in-cludere un farmaco anti HER2, in combinazione alla che-

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mioterapia e in casi selezionati all’ormonoterapia. In caso di malattia HER2 neg e ER neg il trattamento medico dovreb-be includere la chemioterapia. In caso di malattia HER2 negativa e ER positiva, la scelta tra il trattamento ormonale e la chemioterapia deve essere basata su considerazioni che valutano caratteristiche della malattia (vedi Tabella) e della paziente (età, pregressi trattamenti etc).

Criteri di scelta per l’ormonoterapia nel carcinoma della mammella metastatizzato.La terapia ormonale dovrà essere scelta in accordo allo stato menopausale della paziente e in accordo ai trattamenti pre-cedenti (es. terapia adiuvante).Esempio. PremenopausaTamoxifene+ LHRH analogo in adiuvante, alla progressio-ne-> inibitore dell’aromatasi+LHRH analogo

Esempio. PostmenopausaInibitore dell’aromatasi steroideo in adiuvante, alla progres-sione -> Inibitore dell’aromatasi non steroideo oppure Ful-vestant, alla progressione- >progestinici

Criteri di scelta dei regimi di chemioterapia nel car-cinoma della mammella metastatizzato. Il carcinoma della mammella metastatizzato è di solito una malattia non guaribile. La strategia terapeutica, pertanto, deve essere orientata verso obiettivi di palliazione nel ri-spetto della qualità della vita della paziente. Tale strategia si articola in trattamenti di prima linea, di seconda linea, di salvataggio e di supporto. Attualmente non esiste la combinazione “standard nel trat-tamento chemioterapico di prima linea del carcinoma della mammella avanzato e/o metastatico La combinazione di ta-xani (paclitaxel o docetaxel) con antracicline (adriamicina o epirubicina) è frequentemente usata in particolare in caso di malattia estesa e/o sintomatica Gli eff etti collaterali maggiormente riscontrati sono la cardiotossicità (cardiopa-

tia ischemica, scompenso cardiaco, ecc.), la neurotossicità periferica (ipoestesie o parestesie agli arti), la mielotossicità nonchè i classici disturbi gastrointestinali (nausea e vomito) e l’alopecia. Frequentemente usate sono anche la combina-zione CMF “classico” o similare, e la combinazione vino-relbina e capecitabina. Dopo il fallimento dei trattamenti di seconda linea è di-mostrato che i tassi di risposta obiettiva si riducono note-volmente qualunque sia il trattamento chemioterapico pre-scelto, e pertanto in questa situazione la terapia deve tenere conto soprattutto della qualità della vita delle pazienti. In questi casi deve essere tenuto presente il trattamento en-docrino essendo possibili con la terapia ormonale risposte comprese tra il 20% e 35% in pazienti inizialmente, o suc-cessivamente divenute non responsive alla chemioterapia.

4) LA TERAPIA PREOPERATORIA O NEOADIUVANTEPer terapia neoadiuvante s’intende la somministrazione di farmaci che precede la terapia locoregionale (chirurgia, ra-dioterapia) nei pazienti con neoplasie localmente avanzate inoperabili o per le quali non sia fattibile, in prima istanza, un intervento conservativo.

Obiettivi della terapia primaria• Rendere radicalmente operabile una neoplasia localmente avanzata.• Consentire l’esecuzione di un intervento chirurgico con-servativo, se le dimensioni della neoplasia impongono un intervento demolitivo.• Ridurre l’incidenza delle recidive locali.• Eradicare le micrometastasi responsabili della ripresa della malattia. • Valutare in vivo la responsività della neoplasia ai tratta-mentiPer pazienti candidate al trattamento preoperatorio è in-dispensabile disporre della caratterizzazione biologica della neoplasia mammaria (valutazione di ER, PgR HER2) ot-tenuta mediante microistologia. In termini di impatto sulla sopravvivenza libera da malattia e sulla sopravvivenza globa-le il trattamento preoperatorio è equivalente al trattamento adiuvante. La pCR cioè la risposta completa patologica (as-senza all’intervento chirurgico fi nale, di neoplasia infi ltrante sia a livello mammario che linfonodale) nella maggior parte degli studi è risultata un fattore associato ad una migliore sopravvivenza.

Carcinoma mammario localmente avanzatoIl 10-15% delle neoplasie della mammella, all’atto della diagnosi, presenta un diametro superiore a 5 cm (T3) e/o linfonodi ascellari omolaterali fi ssi tra loro o ad altre struttu-re, e vengono defi niti localmente avanzati. La peculiarità di tale neoplasia (T3-T4) è quella di essere esente da metastasi clinicamente evidenti a distanza, anche se la storia naturale

Tabella 4) Criteri generali per la scelta fra endocrinoterapia e chemioterapia per neoplasie con recettori ormonali positivi

Endocrinoterapia Chemioterapia

Malattia a lenta crescitaMalattia a rapida evoluzione con sintomi correlati

Localizzazioni soprattutto nei tessuti molli e nello scheletro

Localizzazioni epatiche massive, pol-monari e/o cutanee di tipo linfangitico, metastasi al SNC (unitamente ad antie-demigeni e RT)

Lungo intervallo libero Breve intervallo libero

Risposta favorevole al primo trattamento endocrino

Risposta negativa al primo trattamento endocrino

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della neoplasia, in tale stadio, fa ampiamente presupporre la presenza delle stesse seppure a livello microscopico e, quin-di, non evidenziabili con gli attuali mezzi diagnostici. Infat-ti, nella maggior parte delle pazienti, le riprese loco-regionali ed a distanza si manifestano piuttosto precocemente con un tasso di sopravvivenza a 5 anni non superiore al 30-45%.Considerato l’elevato rischio di ricaduta di malattia viene consigliato un trattamento chemioterapico primario per ridurre il volume del tumore primitivo con susseguente approccio chirurgico, conservativo o meno, seguito da un trattamento radiante con lo scopo di ridurre il rischio di re-cidive locali. Inoltre un ulteriore trattamento adiuvante con farmaci “non cross-resistenti” o terapie targeted, può essere proposto.I regimi chemioterapici maggiormente utilizzati compren-dono le antraciclicne e/o i taxani con regimi di combinazio-nie o sequenziali.. Se la malattia risulta HER2 positiva un trattamento chemioterapico in associazione a trastuzumab dovrebbe esser considerato data l’aumentata incidenza di ri-sposte complete patologiche.In caso di malattia altamente endocrinoresponsiva e HER2 negativa un trattamento endocrino in pazienti postmeno-pausali rappresenta una valida alternativa. Il tasso di risposte obiettive ottenuti con i regimi poliche-mioterapici varia da 50% al 85% Nella maggior parte dei casi la terapia chirurgica seguente è la mastectomia radicale, ma se il trattamento chemiote-rapico ha consentito la riduzione del volume del tumore, si può optare per un trattamento chirurgico conservativo (quadrantectomia) seguito da un trattamento radiante (tera-pia loco-regionale). Come detto in precedenza, terminato il trattamento loco-regionale è opportuno che le pazienti ven-gano valutate per un trattamento medico adiuvante (che-mioterapia +/- ormonoterapia) con l’intento di prolungare la sopravvivenza libera da malattia.

Carcinoma infi ammatorio della mammellaIl carcinoma infi ammatorio o mastite carcinomatosa (T4d nella stadiazione TNM) può essere considerato una variante delle forme localmente avanzate ed è caratterizzato istolo-gicamente da una permeazione linfatica del derma e clini-camente caratterizzato da un aspetto mastitico con pelle a buccia d’arancia ed eritema esteso a più di un terzo della mammella. Non è di frequente riscontro clinico e rappre-senta circa l’1-4% dei tumori maligni della mammella. In considerazione della sua storia naturale, caratterizzata da una frequente e precoce disseminazione metastatica, tratta-menti integrati chemio+radioterapia +/- chirurgia possono migliorare il controllo locale e a distanza della neoplasia, con un benefi cio clinico di oltre il 50% ed un tasso di sopravvi-venza a cinque anni pari al 40%.L’approccio terapeutico combinato comprende una poliche-mioterapia primaria (es a base di taxani e/o antracicline) x

6-8 cicli (4-6 mesi) seguita da un trattamento loco-regionale comprendente chirurgia e radioterapia. Per la gestione cor-retta delle pazienti con neoplasia mammaria infi ammatoria è fondamentale un approccio multidisciplinare con diverse fi gure coinvolte: oncologo, chirurgo, radioterapista

Trattamento integrato delle recidive loco-regionaliNel follow-up post-operatorio di una paziente operata per carcinoma della mammella, sia che abbia fatto una qua-drantectomia che una mastectomia radicale, è possibile la comparsa di recidive locali o regionali, cioè di lesioni neo-plastiche uniche o multiple a livello cutaneo o sottocutaneo pericicatriziale, o nel residuo della mammella in caso di pre-gressa quadrantectomia. Ovviamente in queste pazienti è opportuno avviare un’ade-guata stadiazione della neoplasia, per escludere la presenza di metastasi a distanza. Un nuovo trattamento chirurgico, di exeresi della recidiva cutanea in caso di mastectomia radica-le, è opportuno ma deve essere i seguito da un trattamento integrato di radioterapia e terapia sistemica in accordo a ca-ratteristiche biologiche della malattia

5.LA TERAPIA ADIUVANTEIl razionale e le opzioni terapeuticheNonostante la esecuzione di una terapia locale radicale ade-guata, un signifi cativo sottogruppo di pazienti va incon-tro nel tempo ad una diff usione metastatica della malattia, probabilità che non è infl uenzata dalla eventuale esecuzione di terapie locali (chirurgia e/o radioterapia) anche partico-larmente aggressive. La probabilità che la malattia si ripre-senti a livello loco-regionale e/o a distanza dopo trattamento locale radicale risulta invece associata in maniera importante con la presenza di alcune caratteristiche clinico-patologiche della neoplasia.L’unico presidio terapeutico dimostratosi in grado di mo-difi care la probabilità di diff usione a distanza della malattia dopo terapia locoregionale è risultata la esecuzione di tera-pie precauzionali defi nite “adiuvanti” che hanno l’intento di eradicare eventuali foci microscopici di cellule tumorali residui.

Indicatori prognostici/predittiviE’ oggi univocamente accettato che la scelta di un tratta-mento adiuvante debba essere basato sulla conoscenza di alcune caratteristiche cliniche, patologiche e biologiche del tumore di importante valore prognostico (fattori correlati con l’andamento della malattia ed indipendenti dal ruolo svolto da eventuali terapie) e/o predittivo (fattori correlati con la probabilità di risposta a specifi ci tipi di terapia adiu-vante). L’indicatore prognostico più importante per la determina-zione del rischio di ripresa è costituito dallo stato linfonoda-le (presenza o meno e numero di linfonodi ascellari metasta-

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tizzati al momento della chirurgia) valutato con le comuni procedure patologiche (almeno 6-8 linfonodi esaminati). Per pazienti con linfonodi negativi, il rischio di ripresa di malattia è di circa 25-30% a 5 anni di follow-up, signifi -cativamente inferiore a quello delle pazienti con linfonodi positivi. Le pazienti con linfonodi positivi possono ulterior-mente essere suddivise in sottogruppi con 1-3, 4-10 e >10 linfonodi positivi che risultano caratterizzate da prognosi progressivamente peggiore. L’eventuale ruolo prognostico della presenza di micrometastasi linfonodali evidenziata con metodiche di tipo immunoistochimico o molecolare non è completamente chiarito anche se la maggior parte degli studi pubblicati ha riportato un modesto incremento del rischio di ripresa di malattia se presenza di micrometastasi Un altro fattore prognostico è costituito dalle dimensioni del tumore primitivo. In assenza di altri indicatori progno-sticamente favorevoli, il rischio di ripresa di malattia in don-ne con diametro del tumore primitivo <1cm è considerato inferiore al 10% a 5 anni. Il grado di diff erenziazione citoistologica, grading citoisto-logico, permette la individuazione di pazienti con neoplasie poco diff erenziate (Grade G3). Questo indicatore viene de-terminato secondo vari metodi. Quello comunemente uti-lizzato a fi ni prognostici per il ca. mammario è costituito dal Grade di Ellis ed Elston che tiene conto contemporanea-mente del grado di diff erenziazione istologica, della presenza di atipie nucleari e dell’indice mitotico della neoplasia. I metodi di valutazione del grading cito-istologico non sono esenti da importanti problemi di riproducibilità inter ed in-tra-osservatore per cui si consiglia fortemente ai Laboratori che forniscono detta informazione, l’adesione a programmi di Controllo di Qualità L’indice di proliferazione cellulare tumorale (in particolare la valutazione del Ki67) costituisce un importante fattore prognostico;da recenti lavori l’espressione del ki67 potreb-be essere utilizzato come fattore nella selezione delle donne da candidare alla chemioterapia. Inoltre nel setting preope-ratorio è stata dimostrata in studi retrospettivi una correla-zione tra elevati valori di ki 67 e maggiore probabilità di risposta alla chemioterapiaLo stato dei recettori ormonali (recettori per estrogeno, RE; recettori per progesterone, RPg) rappresenta il principale ed insostituibile indicatore predittivo di risposta alla terapia con farmaci di tipo ormonale.La probabilità di benefi ciare di un trattamento endocrino aumenta con l’aumentare del-la percentuale di cellule positive. E’ sempre raccomandabile una valutazione quantitativa dell’espressione recettoriale (% di cellule positive)Lo stato recettoriale dovrebbe essere determinato con meto-dica immunoistochimica; si consiglia l’adesione dei Labora-tori a specifi ci programmi di Controllo di Qualità. L’espressione della proteina HER-2 è un fattore prognosti-co in quanto le neoplasie HER2 positive hanno un decosro

più severo rispetto alle neoplasie HER2 negativo. L’HER2 inoltre è un fattore predittivo di risposta al trattamento con terapia anti HER2 e sembra essere predittivo di risposta ad alcuni trattamenti (chemioterapia comprendente antraci cli-ne, inibitore aromatasi). La determinazione della positività HER2 puo’ essere eff ettuata con metodica immunoistochi-mica (sovra espressione) o con metodica FISH (amplifi ca-zione).L’invasione vascolare, in particolare il riscontro di una este-sa invasione vascolare, rappresenta un valore prognostico di più recente identifi cazione.

La scelta del trattamento adiuvanteLa strategia di utilizzo delle diverse terapie adiuvanti (ormo-nale, chemioterapica, biologica) è dipendente dalle caratte-ristiche biologiche della neoplasia mammaria radicalmente asportata. Nella selezione della terapia precauzionale perso-nalizzata alcuni quesiti devono essere tenuti in considera-zione:1) Vi è indicazione ad un trattamento ormonale?2) Vi è indicazione ad un trattamento anti HER2? 3) Vi è indicazione ad un trattamento chemioterapico?Per poter rispondere a queste domande è fondamentale che sia stata eseguita una caratterizzazione in immunoistochi-mica della neoplasia con la valutazione di tutti i parametri precendetemente esposti: stato recettoriale, HER2, gra-do di diff erenziazione, indice di proliferazione, invasione vascolare,diametro tumorale e dello stato linfonodale. L’in-dicazione alle diverse modalità di terapia adiuvante è ripor-tata nella Tabella 5.

Terapia ormonale adiuvanteLa terapia ormonale deve essere inclusa nel programma di terapia adiuvante in presenza di recettori ormonali positivi.(dato che anche una minima espressione recettoriale sup-porta l’utilizzo di un trattamento endocrino tale valutazione deve essere eff ettuata preferibilmente con una valutazione

Tabella 5) Indicazioni alla terapia adiuvante

TRATTAMENTO INDICAZIONE

Terapia endocrina ER positivo

Terapia anti HER2 HER2 positivo

Chemioterapia

In caso di neoplasia HER2 positivo (Tra-stuzumab indicato in combinazione o in sequenza alla chemioterapia)Neoplasia triple negative (maggior parte dei casi)Neoplasia ER positiva e HER2 negativa (in accordo al rischio)

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quantitativa della percentuale di cellule positive). In casi in cui venga riportata la positività per il solo recettore per il progesterone è consigliata la ripetizione dell’esame per pro-babile presenza di artefatti.

Terapia ormonale adiuvante nelle donne in preme-nopausa Il trattamento con tamoxifene o la combinazione di tamoxi-fene con la soppressione ovarica (LHRH analoghi), entram-bi per 5 anni viene considerato un trattamento adeguato per le donne in premenopausa con neoplasia mammaria endo-crinoresponsiva. In considerazione dei limitati e preliminari dati sul vantaggio di una durata prolungata di trattamento con tamoxifene e al di fuori di trial clinici la durata standard è di 5 anni. La somministrazione del solo LHRH analo-go è indicata in casi selezionati. Gli inibitori dell’aromatasi nelle donne giovani sono indicati in presenza di controin-dicazioni al tamoxifene (es eventi trombo embolici) e devo-no essere assunti in combinazione con LHRH analogo. Il concomitante utilizzo di farmaci che agiscono sul citocromo CYP2D6 (es inibitore del reuptake della serotonina)in gra-do potenzialmente di inibire o indurre il metabolismo del tamoxifene, non rappresenta ad oggi una controindicazione assoluta all’assunzione di tamoxifene. La valutazione periodica dei livelli sierici dell’estradio-lo è consigliata in donne giovani che assumono inibitori dell’aromatasi. Terapia ormonale adiuvante nelle donne in postme-nopausaIl trattamento con inibitore dell’aromatasi dovrebbe essere incluso nella strategia terapeutica adiuvante per donne in post menopausa con neoplasia mammaria ormonorespon-siva. L’inibitore dell’aromatasi può essere somministrato in sequenza dopo 2-3 anni di tamoxifene e in up front.La strategia di up front viene in genere preferita per le pa-zienti ad elevato rischio di recidiva precoce. In casi a basso rischio o in presenza di controindicazioni all’uso degli inibi-tori dell’aromatasi (grave osteoporosi non controllata dalle terapie specifi che) può essere proposto un trattamento or-monale con tamoxifene. Il trattamento prolungato oltre i 5 anni con inibitori dell’aro-matasi non steroideo deve essere discusso con la paziente in caso di rischio di recidiva elevato (pN+).

Terapia adiuvante anti HER2Il trattamento anti HER2 è indicato in pazienti con neopla-sia mammaria HER2 positiva, in accordo alla defi nizione dell’American Society of Clinical Oncology e del College of American Pathologsts (ASCO/CAP). Secondo tali defi -nizioni vi è indicazione al trattamento anti HER 2 per neo-plasie mammarie con: • Positività per HER2 intensa e completa >30% delle cellule

valutata con immunoistochimicaoppure• Presenza di amplifi cazione per HER2 valutata mediante FISH test (ibridizzazione in situ) con ratio>2.2oppure• HER2 positivo valutato mediante CISH test (ibridizzazio-ne cromogenica in situ) Il trattamento adiuvante standard anti HER2 prevede il Tra-stuzumab per 18 sommnistrazioni (1 ogni 21 giorni). Tale trattamento viene di solito eseguito al termine o in combi-nazione con la chemioterapia adiuvante e al termine della radioterapia (se indicata). Non sono ancora disponibili i dati relativi all’effi cacia di un trattamento più prolungato (2 anni) ed è in corso il confronto tra il trattamento standard (1 anno) vs un trattamento più breve (9 settimane). Per tumori molto piccoli (pT<1cm pN0) non vi sono chiare indicazioni sulla necessità di eff ettuare il trattamento bio-logico, in particolare in presenza di malattia endocrinore-sponsiva. Durante il trattamento con trastuzumab, per il potenziale rischio di cardiotossicità, è raccomandato un monitoraggio cardiologico regolare con ecocardiogram-ma. Altri eff etti collaterali possono essere legati a reazioni infusionale,in genere di lieve entità come febbre, brividi.

Chemioterapia adiuvanteLa defi nizione delle donne candidate a chemioterapia adiu-vante risulta più complessa. Indicazione alla chemioterapia:1) In caso di neoplasia HER2 positiva, candidata a tratta-mento con trastuzumab2) In caso di neoplasia triplo negativa (caratterizzata cioè dal’assenza di ER, PgR, HER2).Per la neoplasia endocrinoresponsiva HER2 negativa, l’in-clusione della chemioterapia nel programma di terapia adiu-vante, può essere una scelta complessa. Tale scelta è basata sulla valutazione del rischio di recidiva in accordo alle carat-teristiche della neoplasia con scenari molto variegati parten-do da situazioni di basso rischio di recidiva, per i quali viene considerato adeguata la terapia endocrina da sola a casi ad alto rischio nei quali viene consigliata anche la chemiotera-pia (vedi Tabella 6). In caso di malattia altamente endocrinoresponsiva (es. ER e PgR>50% HER2 neg) viene in genere considerato adeguato il solo trattamento endocrino. Ad oggi non esiste un tratta-mento chemioterapico standard, valido per le diverse tipolo-gie di pazienti. Nella maggior parte dei casi vengono utiliz-zati schemi polichemioterapici comprendenti antraciclina, fl uorouracile, ciclofosfamide (es. CAF, CEF, FAC, FEC), adeguati sono anche considerati alcuni regimi sequenziali comprendenti antracilina e taxano, (es antracicline e ciclo-fosfamide –AC- per 4 cicli seguito da paclitaxel o docetaxel per 4 cicli)I regimi dose-dense possono essere considerati nel tratta-mento precauzionale mentre regimi ad alte dosi con sup-

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porto di cellule staminali non devono essere utilizzati al di fuori di trial clinici. Schemi di chemioterapia che possono essere considerati nei pazienti con neoplasia endocrinore-sponsiva comprendono regimi meno intensivi, come AC per 4 cicli. Nella malattia triplo-negativa dovrebbero essere considerati 6 cicli di trattamento e in casi selezionati puo’ essere utilizza-to lo schema CMF classico per 6 cicli. Tuttavia va sottolinea-to che nel gruppo di neoplasie triple negative sono compresi istotipi rari (es. midollare, apocrino, adenoido cistico) per i quali, l’indicazione alla chemioterapia è controversa.Per le pazienti anziane va discussa una durata inferiore della chemioterapia (es. antraciclina settimanale per 12-16 set-timane), anche se l’età da sola non rappresenta un fattore discriminante per la scelta del trattamento. L’avvio precoce della chemioterapia adiuvante sembra essere importante per le pazienti con malattia non endocrinoresponsiva.L’utilizzo dei fattori di crescita ematopoietici va in genere ri-servato a casi selezionati e non ne è consigliabile un utilizzo routinario. Analisi di studi non randomizzati riporterebbero un maggior numero di casi di mielodisplasia e di leucemia acuta in donne anziane che hanno ricevuto la chemioterapia adiuvante e il supporto ematopoietico. Tale osservazioni non sono state però confermate da studi prospettici randomizzati.

6. QUALITA’ DI VITA IN PAZIENTI TRATTATI CON TE-RAPIA ADIUVANTE E RAPPORTO MEDICO PAZIENTE La terapia medica adiuvante è caratterizzata da benefi ci te-

rapeutici in genere statisticamente rilevanti ma dalla grandezza assoluta limitata e per lo più accompagnati da eff etti tossici imme-diati e tardivi che rendono spesso delicata la valutazione di un suo bilancio in termini di rapporto costi-benefi cio. Diversi studi hanno dimostrato che le pazienti sono in genere di-sponibili ad accettare anche trattamenti che garantiscono un guadagno in probabilità di sopravvivenza solo di un 1-2% ma rimarcano anche quanto importante sia, per esse, l’esi-genza di essere ampiamente informati sia sul rischio personale sia sugli eff etti della terapia adiuvante. E’ quindi assolutamente necessa-rio che tutte le informazioni relative al rischio ed agli eff etti collaterali vengano fornite dal medico in modo dettagliato ed esauriente. Inoltre, tra gli eff etti collaterali occorre tenere anche in considerazione lo stress psicologico che generalmente accompagna la paziente li-mitatamente ai primi tre anni dall’intervento e dal successivo trattamento chemioterapico.Si sottolinea la necessità di disporre di mate-riale informativo da sottoporre alla attenzio-ne della paziente e che la aiuti a focalizzare l’attenzione sui più importanti aspetti della

terapia adiuvante. I maggior doveri informativi del medico rispetto ad una pa-ziente candidata ad iniziare un trattamento adiuvante posso-no essere così riassunti: Informare la paziente su:• Valutazione del rischio di ripresa della malattia• Scopi della terapia medica adiuvante• Valutazione della probabilità di effi cacia dei trattamenti medici• Illustrazione delle terapie farmacologiche possibili e criteri di scelta• Possibili complicanze ed esiti• Tempi approssimativi di attesa e di completamento della terapia • Informazioni sulla qualità di vita (vita di relazione e lavorativa)Indicatori di qualità del trattamento medico adiuvante1. Tempi di inizio della terapia adiuvante dopo la chirurgia radicale: 4-6 settimane2. Disponibilità di Indicatori prognostici e predittiviIn tutti i casi è necessario disporre della caraterizzazione bio-logica della neoplasia3. Apertura di normale cartella clinica (anche ambulatoriale o di Day-hospital) con indicazione del programma terapeutico e della terapia già eseguita completa di dosaggi ed eff etti tossici4. Disponibilità da parte della paziente di un cartellino di terapia adiuvante programmata e già svolta in dotazione al paziente.

Tabella 6) Scelta del trattamento in pazienti con neoplasia mammaria ER positivi e HER 2 negtiivo

IndicazioneChemioterapia

+ endocrinoterapia

Fattori non dirimenti

per la decisione

Indicazione endocrino terapia

da sola

ER e PgR Bassa espressioneAlta espressione

recettoriale

Grado istologico (G) G3 G2 G1

Proliferazione (Ki67) Alta (>30%) Intermedia(16-30%) Bassa (<15%)

Linfonodi (pN) pN+ (>4 linfonodi) pN+(1-3 linfonodi) pN0

Invasione vascolare (PVI) PVI estesa PVI assente

Diametro tumorale (pT) >5 cm 2.1-5 cm ≤2cm

Preferenze paziente Tutti i trattamenti disponibili Evitare effetti collaterali

Gene signature Score alto Score intermedio Score basso

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O B I E T T I V O S UO B I E T T I V O S U

Lipofi lling e cellule staminali adipose

Università degli Studi di Milano, Cattedra di Chirurgia Pla-stica - Unità Operativa di Chirurgia Plastica 2, IRCCS Istituto Clinico Humanitas - Rozzano (Milano), Italy.

MARCO KLINGER, DAVIDE FORCELLINI, VALERIA BANDI, BARBARA BANZATTI, VALERIANO VINCI, FABIO CAVIGGIOLI

INTRODUZIONELa medicina rigenerativa e l’ingegneria tessutale si sono svi-luppate in parallelo con i recenti progressi delle biotecnolo-gie che, combinando biomateriali, fattori di crescita e cellule staminali, si propongono di riparare i danni tessutali.Le cellule staminali possiedono la capacità di autorinnova-mento, una vitalità a lungo termine e una potenzialità di originare e diff erenziare in più popolazioni cellulari. Fonti ben conosciute di cellule staminali sono quelle embrionali e quelle adulte del midollo osseo. L’impiego delle prime presenta limitazioni etiche e legisla-tive mentre quello delle seconde problemi di morbilità, di elevato dolore post-chirurgico e di limitato numero di cel-lule ottenibili (1). Il tessuto adiposo, di derivazione mesen-chimale come il midollo osseo, è stato di recente individuato come una fonte ideale di cellule staminali adulte. Infatti, recenti studi, mostrano come il tessuto adiposo contenga una alta percentuale di tali cellule (2) (Figura 1). Si stima, inoltre, che si possano isolare circa 350.000 pre-adipociti da 1 grammo di grasso (3). Storicamente l’utilizzo del grasso a scopo ricostruttivo, nel-la cura delle deformità congenite, delle ferite traumatiche complesse con perdita dei tessuti molli, dopo chirurgia on-cologica demolitiva fu inizialmente proposto nel 1893 da Neuber (3), da Hollander nel 1912 (4), da Neuhof nel 1923 (4) e da Josef nel 1931 (5). Sia nei primi lavori pionieristici che in quelli successivi (6) lo svantaggio dell’innesto di gras-so autologo era l’imprevedibile riassorbimento del volume di tessuto innestato che poteva raggiungere il 70% a causa dell’insuffi ciente vascolarizzazione (7). Nel 1992 Coleman

descrisse una tecnica per aumentare la sopravvivenza del grasso prelevato mediante liposuzione e trapianto tramite iniezione (8). Tale metodica, detta lipostruttura, è una tec-nica chirurgica semplice, oramai standardizzata, ampiamen-te diff usa, di tipo mini-invasivo, con una ridotta morbilità ed utilizzata in diversi contesti clinici per il rimodellamento corporeo a scopo ricostruttivo e/o estetico (9).L’evidenza clinica del miglioramento delle caratteristiche trofi che dei tegumenti dopo tali trattamenti è sempre stato sottovalutato fi no all’esperienza di Verona che lo evidenziò negli esiti di quadrantectomie e radioterapia e in altri casi di radionecrosi (10). Prendendo spunto da questo, abbiamo applicato la stessa tecnica chirurgica nel campo degli esiti cicatriziali. Nella fattispecie, abbiamo inizialmente trattato mediante lipo-struttura le cicatrici da ustione considerando la possibilità di eff ettuare delle biopsie cutanee prima e a distanza di tempo dal trattamento.Più di recente signifi cativi risultati clinici sono stati anche ottenuti mediante l’impiego di cellule staminali adulte de-rivate dal tessuto adiposo nel trattamento dell’insuffi cienza glottica (11), dei difetti ossei della calvaria (12) e delle ulce-razioni croniche (13).

TECNICA CHIRURGICA Il paziente candidato a lipofi lling viene usualmente sot-toposto agli esami pre-operatori di routine. La procedura viene eseguita in anestesia locale assistita con tecnica ste-rile. Le sedi donatrici prescelte sono l’addome e/o i fi anchi per la facile accessibilità al paziente in posizione supina, per l’abbondante riserva di tessuto adiposo e per la assenza di esiti postoperatori della sede di prelievo. Dopo la prelimi-nare incisione della cute con un bisturi a lama 11, utiliz-zando una cannula a punta smussa si eff ettua l’infi ltrazio-ne dell’area donatrice con 100 ml di soluzione fi siologica fredda addizionata con una fi ala (10ml) di levobupivacaina cloridrato (7.5mg/ml), due fi ale (20ml) di mepivacaina clo-

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ridrato (10mg/ml) e mezza fi ala (0,5ml) di adrenalina (1mg/ml) qualora non sussistano comorbidità cardiocircolatorie che ne impediscano l’utilizzo. L’infi ltrazione garantisce una buona emostasi e una adeguata azione analgesica operatoria e perioperatoria. Si preleva il grasso attraverso la stessa inci-sione praticata per l’infi ltrazione della miscela anestetica con cannule di 2-3 mm di diametro della lunghezza variabile tra 15-23 cm a punta smussa. La cannula utilizzata per il prelievo è collegata con una si-ringa Luer-Lock da 10 cc. Estraendo il pistone della siringa e bloccandolo a fi ne corsa con una pinza tipo “Backhaus” si crea, all’interno della stessa, una lieve pressione negativa mentre la cannula viene avanzata e retratta con movimento a raggiera nel sito donatore. Quando la siringa è piena la si chiude utilizzando un tappo Luer-Lock per prevenire la di-spersione del contenuto e si rimuove il pistone della siringa. La siringa è a questo punto posizionata in una centrifuga con contenitori risterilizzabili e centrifugata a 3000 giri per 3 minuti. La quantità di tessuto che si preleva è molto variabile e di-pende sostanzialmente dalla estensione della sede da tratta-re, dal tipo di patologia e dalla quantità di tessuto adiposo presente a livello del sito donatore. Dopo tale procedura il lipoaspirato si separa in tre ben distinti strati. Lo strato al livello superiore, il meno denso, è composto da olio deriva-to dalla rottura delle cellule adipose, la porzione intermedia è costituita prevalentemente dal tessuto vascolo-stromale e adipociti ed il livello inferiore, quello più denso, è costituito da cellule ematiche danneggiate, acqua e miscela anestetica. Lo strato oleoso viene assorbito da strisce di tessuto prima di rimuovere il tappo dalla siringa che, una volta rimosso, permette il drenaggio per gravità della porzione acquosa. Il grasso purifi cato contenente le cellule staminali adulte mantenute nel loro “scaff old” tridimensionale naturale, così da favorire la ricostruzione di un letto microvascolare (14), è trasferito quindi da una siringa da 10 cc in una siringa da 1 cc Luer-Lock che permette un preciso controllo della quan-

tità di grasso iniettato e una migliore maneggevolezza. La frazione di lipoaspirato purifi cato è quindi iniettata tramite aghi da spinale da 18G o, tramite una piccola incisione della cute, con cannule della lunghezza di 7 o 9 centimetri di 0.1- 0.2 mm (Figura 2). La frazione di lipoaspirato viene depositata a livello della giunzione dermo-ipodermica nel caso di un esito cicatriziale da ustione o da pregressa chirurgia, di un esito di radiote-rapia, o a livello dei margini di un ulcera o di un tramite fi -stoloso da trattare. Attraverso la stessa incisione si eff ettuano molti passaggi con disposizione a raggiera così da disporre il grasso in più direzioni secondo un ideale disegno a forma di ragnatela a supporto delle aree lesionate.La quantità di grasso iniettata ad ogni passaggio è minima così da evitare irregolarità ed ammassi che sono eventual-mente risolti con la manipolazione digitale. L’iniezione è eff ettuata con tecnica retrograda lasciando un piccolissimo spazio tra una fi liera di tessuto iniettato e l’altra. L’area trattata, sottoposta a lipostruttura, è delimitata con cerotti di carta per 1 settimana e si raccomanda al paziente di evitare pressioni e sfregamenti per limitare la dislocazio-ne del grasso infi ltrato. Le incisioni di accesso nella sede di prelievo sono suturate con nylon 5/0. L’addome e i fi anchi vengono medicati con cuscinetti di schiuma autoadesiva tipo “Reston” e una benda adesiva elastica in tensione per circa 3 giorni.

INNESTO DI TESSUTO ADIPOSO AUTOLOGO ED ESITI CICATRIZIALILa terapia degli esiti cicatriziali è particolarmente diffi cile per la presenza della fi brosi tessutale e delle retrazioni, delle aree ipertrofi che e cheloidi con sovvertimento della normale trama e colorazione cutanea. Al volto le contratture cicatri-ziali possono provocare microstomia (soprattutto quando si tratta di esiti cicatriziali da ustione), eversione del labbro e ectropion cicatriziale. Al collo, alle mani, ai piedi ed alle ascelle si può assistere ad una riduzione del range di movi-

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mento passivo ed attivo con atteggiamenti posturali obbli-gati. Le terapie proposte variano da quelle chirurgiche con l’impiego delle tradizionali plastiche a Z, V-Y e il ricorso ai lembi (15), a terapie conservative e mediche come l’appli-cazione di indumenti elasto-compressivi (16) e di lamine o gel di silicone (17), la fi sioterapia, l’utilizzo di splint (18), le iniezioni intracicatriziali di corticosteroidi, la laserterapia, la crioterapia e la radioterapia (19). Si tratta di terapie che possono dare buoni risultati ma un’elevata tendenza alle re-cidive. Inoltre, alla guarigione delle aree ustionate, spesso re-siduano prurito persistente nel 15% e occasionale nel 44% dei casi (20), parestesie nell’82% dei pazienti (21), dolori, disturbi della sudorazione con turbe della termoregolazione (22). Le cellule staminali adulte mesenchimali sono una nuova e promettente terapia proposta per la riparazione dei dan-ni tessutali. Infatti le cellule staminali adulte ottenute dal midollo osseo o dal grasso possono diff erenziarsi in diver-si fenotipi cellulari quali l’osso, il grasso, la cartilagine, il muscolo, la pelle e il tessuto nervoso. Recenti studi hanno dimostrato che il grasso lipoaspirato e purifi cato secondo la tecnica proposta da Coleman contiene un pool di cellule staminali mesenchimali con potenziale di diff erenziazione in più linee cellulari. L’iniezione del derivato vascolo-stro-male del lipoaspirato è risultato un promettente ed effi cace approccio terapeutico agli esiti cronici e degenerativi della radioterapia (10,23). Per quanto concerne la nostra esperienza, abbiamo utilizzato la tecnica della lipostruttura per il trattamento delle cicatrici profonde da ustione. Nei pazienti trattati si è osservato un miglioramento clinico e istologico del tessuto danneggiato. Tale reperto non è attribuibile agli adipociti maturi danneg-giati dai trattamenti di aspirazione e purifi cazione ed inca-paci di sopravvivere nel sito di inoculazione, ma solo alla frazione delle cellule staminali iniettate che rappresentano la componente rigenerativa attiva nel tessuto vascolo-stromale trapiantato. La pressoché completa rigenerazione e norma-

lizzazione del derma e del tessuto sottocutaneo inizia con la liberazione di citochine, fattori di crescita e angiogenetici, la formazione di nuovi vasi e la diff erenziazione delle cellule staminali in adipociti maturi. La lipostruttura sembra quindi migliorare la giunzione der-mo-ipodermica delle aree cicatriziali con l’aumento dello strato adiposo largamente distrutto dalla lesione termica e scarsamente rigenerato nel corso del processo di riparazione tessutale. Interessante alla luce dei risultati clinici del nostro studio l’osservazione sperimentale di Brzoska della diff eren-ziazione epiteliale delle cellule staminali adulte derivate dal tessuto adiposo (23).Questi risultati, che abbiamo ottenuto in primis nel tratta-mento degli esiti cicatriziali da ustione, sono stati evidenzia-ti anche nel trattamento di altre tipologie di esiti cicatriziali quali gli esiti di trauma, gli esiti di radioterapia e gli esiti di pregressa chirurgia (24,25,26). Il trapianto di tessuto adipo-so autologo permette infatti un miglioramento della trama cutanea in sede cicatriziale con uno sbrigliamento delle re-trazioni (Figura 3). La cute trattata presenta una maggiore plicabilità e, con-siderando gli esiti di ustione al volto, si assiste al recupero della mimica facciale con una discreta attenuazione delle di-scromie ed un importante miglioramento dell’area trattata anche in termini estetici (Figura 4). Gli eff etti rigenerativi documentati attraverso i preparati bioptici testimoniano un’ipertrofi a delle papille dermiche, una ricomparsa degli annessi dermo-epidermici che sono chiaramente assenti nel contesto del tessuto cicatriziale ed una neovascolarizzazione (Figura 5). Da un punto di vista clinico infatti la cute tratta-ta diventa più simile alla cute non cicatriziale.

INNESTO DI TESSUTO ADIPOSO AUTOLOGO E CHIRURGIA MAMMARIALe applicazioni attuali dell’innesto di tessuto adiposo auto-logo nell’ambito della chirurgia mammaria sono molteplici. Numerosi studi scientifi ci testimoniano il ricorso a tale tec-nica per quanto riguarda la chirurgia ricostruttiva. Al mo-mento non esistono studi scientifi ci che documentano un aumentato rischio di sviluppo di neoplasia mammaria dopo tali trattamenti (27). Considerando la chirurgia ricostruttiva, l’innesto di tessu-to adiposo autologo ha un ruolo determinante. In primis gli esiti cronici e degenerativi della radioterapia possono ampiamente benefi ciare dell’apporto locale della frazione vascolo-stromale del lipoaspirato (10-23). L’eff etto rigene-rativo permette, infatti, una risoluzione di gran parte delle ulcere radiodermitiche e garantisce un netto miglioramento degli esiti cicatriziali che si riscontrano in seguito a quadran-

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tectomie e successiva radioterapia. In questi casi, il tessuto adiposo autologo permette di ripristinare il volume perduto in sede cicatriziale con un eff etto di sbrigliamento sulle re-trazioni migliorando il tonotrofi smo cutaneo e riducendo la sintomatologia algica e le parestesie qualora presenti. Molto spesso la procedura viene ripetuta più volte con l’intento di raggiungere il migliore dei risultati (Figura 6, Figura 7). Qualora la paziente sia candidata a chirurgia ampiamente demolitiva senza ricostruzione immediata, è possibile ricor-rere a più sedute di lipostruttura con l’intento di migliorare il tonotrofi smo cutaneo e incrementare il tessuto adiposo sottocutaneo a livello dei lembi di mastectomia. In questo modo per le pazienti candidate a successivi interventi chirur-gici ricostruttivi quali posizionamento di espansori o protesi defi nitive o ricostruzioni con lembi, si riduce sensibilmente il rischio di complicanze quali soff erenze cutanee, infezioni ed esposizione degli impianti (28).Infi ne, a ricostruzione conclusa, l’innesto di tessuto adiposo autologo può chiaramente essere utilizzato quale “refi ne-ment” apportando quelle ultime correzioni in sede cicatriza-le o a livello di un polo mammario defi citario per migliorare ulteriormente il risultato e rendere ancor più estetica la rico-struzione. A tal proposito si consideri che il tessuto adiposo autologo può essere anche effi cacemente utilizzato per la ri-costruzione della salienza del capezzolo sia nell’ambito della chirurgia ricostruttiva mammaria post-oncologica sia in esiti di gravi ustioni o traumi al torace (29).

CONCLUSIONIDopo un’attenta analisi della letteratura relativa all’innesto del tessuto adiposo autologo, si evince che esistono molte-plici applicazioni. Per quanto concerne la nostra esperienza, che al momento vanta oltre 500 pazienti trattati mediante lipostruttura, possiamo comunque concludere che, a patto che l’indicazione chirurgica sia corretta, si tratta di una pro-cedura così effi cace e versatile che migliorerà sensibilmente i risultati nel campo della chirurgia estetica e ricostruttiva off rendo nuove possibilità con minimi esiti metachirurgici.

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Figura 1) La marcatura con CD90 alla microscopia mono-focale evidenzia le cellule staminali contenute all’interno del lipoaspirato.

a)

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b)

c)

Figura 2) Dopo l'infi ltrazione del sito donatore e l'attesa di 7 minuti affi nchè avvenga l'effetto analgesico e ischemizzante, si procede mediante una lipectomia aspirativa (immagine a). La centrifugazione del lipoaspirato a 3000 giri per 3 minuti consente la separazione del lipoaspirato in tre distinti strati: quello superiore è composto dall'olio derivato dalla rottura delle cellule adipose, quello intermedio è composto da adipociti e tessuto vascolo-stromale, quello inferiore è composto da cellule ematiche danneggiate, acqua e miscela anestetica (immagine b). Il grasso purifi cato viene trasferito da una siringa da 10 cc (immagine c) in una siringa da 1 cc Luer-Lock. La frazione di lipoaspirato purifi cato viene iniettata tramite aghi da spinale da 18G.

Figura 3) La paziente affetta da gravi esiti cicatriziali da pregressa ustione dolenti e limitanti l’abduzione dell’arto superiore sinistro, è stata sottoposta a 3 trattamenti di innesto di tessuto adiposo au-tologo. L’immagine postoperatoria documenta il miglioramento del tonotrofi smo cutaneo, la regressione di alcuni cheloidi nel contesto dell’area cicatriziale, lo sbrigliamento di tutta la zona trattata. La paziente riferisce un netto decremento della sintomatologia algica.

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Figura 5) EE [4X] In alto preparato prelevato dal canto interno dell' occhio sinistro, regione cicatriziale non precedentemente trat-tata con lipofi lling. Nella colorazione viene evidenziata la presenza di tessuto fi broso di riorganizzazione, collagene (rosa) e qualche raro fi broblasto in rosa più scuro. In basso preparato prelevato dal-la regione glabellare sinistra dopo 3 mesi dall'innesto di tessuto adiposo autologo. Sono evidenziabili reperti identifi cabili una cute sostanzialmente normale. In particolare si possono vedere vasi, ghiandole sebacee e sudoripare (agglomerati azzurri e agglomerati a contenuto più chiaro) e depositi adiposi (agglomerati bianchi).

Figura 6) Esito di quadrantectomia superoesterna sinistra e succes-siva radioterapia. In basso la paziente dopo 2 trattamenti mediante innesto di tessuto adiposo autologo. Si noti come la procedura abbia permesso uno sbrigliamento della retrazione causata dalla cicatrice e dalla radioterapia con conse-guente ricentratura del complesso areola-capezzolo sinistro

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Figura 7) In alto a sinistra paziente affetta da radiodermite mammaria de-stra in esiti di pregressa quadrantecto-mia superoesterna destra e successiva radioterapia. In alto a destra la pazien-te dopo 1 trattamento mediante innesto di tessuto adiposo autologo. In basso a sinistra si noti il particolare con la cute distrofi ca e teleangectasi-ca che risulta sensibilmente migliorato dopo 1 singolo trattamento (in basso a destra).

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RASSEGNA DELLA

LETTERATURA

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Scuola ItalianaScuola Italiana di Senologiadi Senologia

MODALITÀ DIDATTICO-FORMATIVEIl percorso prevede 120 ore complessive di didattica: 20 di formazione teorica e 100 di insegnamento pratico. La parte teorica si svolge partecipando al corso “L’ecografi a nella dia-gnostica senologica integrata”. Prossima edizione:

Milano, 22 e 23 marzo Salerno, 21 e 22 giugno Milano, 18 e 19 ottobre

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Al termine per il conseguimento dell’attestato è prevista una prova per la valutazione del livello di preparazione raggiunto.

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MASTER IN ECOGRAFIA SENOLOGICA

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R A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R AR A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R A

La tecnica chirurgica del Linfonodo Sentinella (LS) nel carcinoma della mammella risale ad una ventina di anni

fa. L’attuale TNM sottostadia il LS in: negativo (pN0), ne-gativo con cellule tumorali isolate se le cellule neoplastiche occupano un’area inferiore a 0.2 mm (pN0 i+), positivo per micrometastasi se le dimensioni sono comprese tra 0.2 e 2 mm (pNmic) e positivo per macrometastasi se le dimensioni sono >2mm (pN1a). Per ottemperare a questa classifi cazio-ne è quindi necessario analizzare il LS mediante un accurato esame istologico che richiede tecniche particolari di inclu-sione, taglio, allestimento e refertazione. Tali procedure tuttavia mancano di una standardizzazione universalmente riconosciuta. E’ inoltre dibattuta l’esecuzio-ne dell’esame estemporaneo intraoperatorio del LS perchè comporta un rischio di falsi negativi e un elevato impegno del personale nei laboratori di anatomia patologica. In mol-ti centri è eseguita pertanto una diagnosi posticipata, dopo fi ssazione e inclusione in paraffi na del LS stesso, però con la necessità di un secondo intervento di dissezione del cavo ascellare qualora il LS risultasse metastastico. Alla luce di questi problemi sono ora disponibili in com-mercio dei test rapidi di biologia molecolare che analizzano il LS e che forniscono in circa 30 minuti la risposta sulla sua positività o meno per metastasi. Diversi centri stanno quindi testando l’effi cacia di queste nuove metodiche, con-frontandole con quelle tradizionali. I due studi di seguito riportati utilizzano il GeneSearch Breast Lymph Node (BNL) Assay (Veridex LLC), un test che identifi ca le metastasi linfonodali, attraverso una real time RT PCR, per la Mammoglobina e la Citocheratina 19 (CK19). Questo test molecolare prevede la diagnosi intrao-

peratoria su LS, fornendo un risultato di positività o negati-vità per metastasi, in circa 40 minuti.

Mansel RE, Goyal A, Douglas-Jones ADetection of breast cancer metastasis in sentinel lymph no-des using intra-operative real time GeneSearchTM BLN As-say in the operating room: results of the Cardiff study. Breast Cancer Res Treat 2009; 115: 595-600

Lo studio riporta i dati ottenuti su 124 LS provenienti da 82 pazienti con carcinoma mammario. Ogni LS era ta-

gliato a fresco lungo l’asse minore e sezioni alterne venivano preparate per la valutazione istologica e quella molecolare. I risultati ottenuti mostrano che il 100% delle macrometasta-si ed il 67% delle micrometastasi istologiche sono positive anche con il BNL Assay. Due LS con ITC e 3 LS negativi all’istologia sono risultati invece positivi al test molecolare. La concordanza fra isto-logia-BNL Assay è del 94%, con una sensibilità del 88.9% ed una specifi cità del 94.6%. Gli autori concludono quindi che, dati questi valori di specifi cità e sensibilità più elevati ri-spetto a quelli riportati per le metodiche utilizzate all’esame estemporaneo tradizionale eseguito con imprint citologico o con sezioni criostatiche, il BNL Assay può essere un valido aiuto nella diagnostica intraoperatoria del LS.Con un taglio più critico il gruppo del Prof. Viale (IEO, Milano) descrive la propria esperienza nello studio di segui-to riportato, aff ermando che la sensibilità del test BNL As-say è in realtà paragonabile a quella ottenibile con l’esame estemporaneo al criostato dell’intero LS con sezioni seriate a 0.2 mm.

Viale G, Dell’Orto P, Biasi MO et alComparative Evaluation of an Extensive Histopathologic Examination and a Real-Time Reverse-Transcription-Poly-merase Chain Reaction Assay for Mammaglobin and Cytoke-

ANATOMIA PATOLOGICARECENSIONE A CURA DI I. CASTELLANO E A. SAPINO

Sezione Anatomia Patologica, Dipartimento Scienze Biomedi-che e Oncologia, Università di Torino

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R A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R AR A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R A

ratin 19 on Axillary Sentinel Lymph Nodes of Breast Carci-noma PatientsAnnals of Surgery 2008; 24 (1) 136-142

La casitica è di 293 LS provenienti da 293 pazienti con carcinoma mammario. L’analisi molecolare è stata condotta su sezioni raccolte ogni 50 mn. I risultati

ottenuti confrontando l’istologia con la metodica moleco-lare dimostrano che BNL Assay identifi ca 51/52 macro-metastasi, 5/20 micrometastasi e che 11/211 casi negativi per l’istologia sono risultati positivi per l’analisi molecolare. Nella discussione gli autori sostengono che BNL Assay, pur non identifi cando le ITC e le micrometastasi, ha una buona sensibilità nel distinguere le macrometastasi (94.7%). Se-condo gli autori i falsi positivi molecolari possono seguire a contaminazione o amplifi cazione aspecifi ca di pseudogeni. Concludono infi ne che il test molecolare ha una sensibilità paragonabile ma non superiore all’istologia tradizionale. Il lavoro qui di seguito riportato si riferisce invece all’utilizzo del test One-Step Nucleic Acid Amplifi cation (OSNA) As-say (Sysmex), che diff erisce dalla precedente metodica BNL Assay (VERIDEX) perché identifi ca solo le copie di CK19 eventualmente presenti a livello linfonodale e perché classi-fi ca il LS in negativo, positivo per micrometastasi o positivo per macrometastasi.

Tamaki Y, Akiyama F, Iwase T et alMolecular Detection of Lymph Node Metastases in Breast Cancer Patients: Results of a MulticenterTrial Using the One-Step Nucleic Acid Amplifi cation AssayClin Cancer Res 2009; 15(8) 2879-2884

Vengono qui esaminati due trial clinici con due diff erenti protocolli di sperimentazione, volti da un lato a misu-

rare la sensibilità e la specifi cità del test (trial 1) e dall’altro a paragonare l’accuratezza diagnostica del test con la l’analisi morfologica tradizionale. In entrambi i trial il LS è stato

diviso in quattro parti, due delle quali sono state esamina-te con OSNA. Le due parti rimanenti sono state esaminate istologicamente dopo fi ssazione e inclusione in paraffi na. Nel trial 1 tali parti del LS sono state tagliate fi no ad esau-rimento ad intervalli di 0.2 mm colorate alternativamente con Ematossilina-Eosina (EE) e con l’immunocitochimica (ICC) utilizzando anticorpi anti citocheratina ad ampio spettro, mentre nel trial 2 sono state ricavate dalle parti pro-cessate solo 2 sezioni, una per EE e una per ICC. I risultati mostrano una buona sensibilità e specifi cità della metodica OSNA (rispettivamente di 95 e 97%) nel trial 1 eff ettuato su 124 LS, ed una concordanza del 93% fra istologia tra-dizionale e test molecolare nel trial 2 eff ettuato su 164 LS. Gli autori concludono dunque che l’OSNA può essere una valida metodica di ausilio o addirittura sostitutiva nella dia-gnostica intraoperatoria del LS. I test di sensibilità e specifi cità della metodica molecolare rispetto all’istologia tradizionale sono tuttavia limitati dal fatto che le due analisi sono eseguite sullo stesso linfonodo, ma non sullo stesso tessuto. In un lavoro recente abbiamo studiato i motivi delle discre-panze tra le due indagini (tradizionale e con biologia mo-lecolare) su LS fi ssati in methacarn, fi ssativo che permette anche analisi di PCR.

Daniele L, Annaratone L, Allia ETechnical limits of comparison of step-sectioning, immunohi-stochemistry and RT-PCR on breast cancer sentinel nodes: a study on methacarn fi xed tissue. J Cell Mol Med 2008; Jul 30

74 LS sono stati fi ssati in metacharn ed esaminati a 100 mn di intervallo a diversi livelli. Su sezioni di scarto ot-

tenute tra il livello 4 e 5 è stata eseguita la PCR per CEA, mammoglobina e CK19. Dalla mappatura delle metastasi sui vari livelli di taglio veniva chiaramente dimostrato che il risultato falso negativo in PCR era semplicemente legato

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R A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R AR A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R A

all’assenza di cellule neoplastiche sul campione di tessuto selezionato per l’indagine molecolare rispetto a quello ana-lizzato per l’analisi istologica. I test molecolari su LS sono stati anche oggetto di questa review pubblicata su Histopathology e di seguito riportata.

Douglas-Jones AG and Woods VMolecular assessment of sentinel lymph node in breast can-cer managementHistopathology 2009, 55: 107-113.

Secondo gli autori le metodiche molecolari sono in gra-do di ridurre il numero di falsi negativi derivati dalla

tecnica istologica tradizionale (in paraffi na o su tessuto con-gelato) e dovuti probabilmente al basso numero di sezioni che il patologo esamina. La review prende poi in considera-zione i vantaggi e gli svantaggi di queste metodiche. Tra i primi vi sono: i) i sistemi molecolari sono automa-tizzati e per l’utilizzo richiedono solo un breve training del personale tecnico dedicato; ii) il grado di concordanza con la morfologia tradizionale è ottimo; iii) la diagnosi viene posta in 40 minuti, con possibilità di procedere alla dissezione del cavo ascellare in un’unica seduta operatoria. Tra gli aspetti negativi vengono contemplati: i) il costo; ii) il fatto che non ci sia materiale di archivio; iii) l’impossibilità di eseguire al-tre diagnosi su LS (come la sarcoidosi, la toxoplasmosi, le infezioni da micobatteri ed il linfoma) e iv) non ultima l’im-possibilità di eseguire marcatori prognostici (come recettore per gli estrogeni ed HER2) nel caso in cui la neoplasia pri-mitiva mammaria sia regredita completamente in seguito ad un trattamento chemioterapico in neoadiuvante. Gli autori infi ne concludono che verosimilmente sono ne-cessari ulteriori studi per stabilire il rapporto costo/effi ca-cia di queste metodiche, ma che eff ettivamente questi test rappresentano una signifi cativa traslazione dalla ricerca alla pratica routinaria e che dovrebbero essere applicati anche ad altri tumori come al melanoma o al carcinoma prostatico.

BIOLOGIA CLINICA E TERAPIA MEDICARECENSIONE A CURA DI C. BIGHIN E P. PRONZATO

Oncologia Medica A, Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova

A M Gonzalez-Angulo, J K. Litton, K R. Broglio, et alHigh Risk of Recurrence for Patients With Breast Cancer Who Have Human Epidermal Growth Factor Receptor 2–Positive, Node-Negative Tumors 1 cm or SmallerJournal of Clinical Oncology 2009;published online ahead of print on November 2

G Curigliano, G Viale, V Bagnardi, et al.Clinical Relevance of HER2 Overexpression/Amplifi cation in Patients With Small Tumor Size and Node-Negative Breast CancerJournal of Clinical Oncology 2009; published online ahead of print on November 2

Circa il 25% dei carcinomi della mammella sovra-espri-mono il recettore HER2, questa sovra-espressione è as-

sociata ad una prognosi peggiore sia in termini di sopravvi-venza libera da malattia (DFS) che di sopravvivenza globale (OS).Cinque studi randomizzati hanno dimostrato un signifi -cativo aumento sia della DFS che della OS con aggiunta dell’anticorpo monoclonale anti-HER2 trastuzumab alla chemioterapia adiuvante nelle pazienti operate per un carci-noma mammario HER2+. La maggior parte di questi studi prevedeva l’arruolamento di pazienti con linfonodi positivi e tutti, con l’esclusione dello studio BCIRG006, non consentivano l’inclusione di tumori con diametro uguale o inferiore a 1 cm e con linfonodi ne-gativi; quindi nel gruppo di pazienti pT1a-b, N0, HER2+

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a rischio di recidive a distanza rispetto alle pazienti HER2- (HR=5.3, p<0.001). Questa analisi ci conferma che le pa-zienti HER2+, anche se presentano altri fattori prognostici favorevoli quali il diametro inferiore ad 1 cm e i linfonodi negativi, sono pazienti ad alto rischio di recidiva tanto che gli autori concludono che la terapia adiuvante con trastuzu-mab deve essere presa in considerazione in tali pazienti.Il lavoro di Curigliano et al comprende la revisione di più di 2100 donne seguite presso l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano dal 1996 al 2006 per un carcinoma mammario pT1a-b N0. In queste pazienti gli autori hanno identifi cato 150 donne con un tumore HER2+.Ad un follow up mediano di quasi 5 anni, nelle pazienti con recettori ormonali positivi la sopravvivenza libera da malat-tia è stata del 99% nelle pazienti HER2- e del 92% nelle pa-zienti HER2+, mentre nelle pazienti con recettori ormonali negativi non si è rilevata una diff erenza signifi cativa in ter-mini di DFS tra le HER2+ e le HER2-. Nella popolazione totale l’hazard ratio associato alla positività di HER2 è stato di 2.4 (p=0.09). Quindi, questa analisi fornisce dei risultati in parte diversi rispetto a quella del MD Anderson. Infatti, il lavoro milanese dimostra che lo stato di HER2 conferisce un peggioramento nella prognosi delle pazienti pT1a-b N0 ma questo peggioramento è di dimensioni inferiori rispetto a quello riportato nel lavoro statunitense.Nello stesso numero del Journal of Clinical Oncology è pub-blicato anche un interessante editoriale che analizza questi due lavori e ne interpreta le diff erenze.Entrambi i lavori confermano una maggiore percentuale di recidiva nei tumori pT1a-b N0 HER2+ e questo aumento è stimabile tra il 10% e il 23% in termini di rischio assoluto a 5 anni. Questi valori di rischio cadono, in termini numerici, in una zona intermedia; infatti sono sicuramente più bassi rispetto al rischio delle pazienti HER2+ con linfonodi posi-tivi o con grandi tumori, ma sono anche signifi cativamente più alti rispetto ai piccoli tumori HER2- con linfonodi ne-gativi.Non è chiaro da dove derivi la diff erenza nel rischio riscon-trata tra i due lavori. Una spiegazione parziale potrebbe es-sere data dal fatto che le pazienti dello studio milanese sono state trattate in una buona percentuale con ormonoterapia e/o chemioterapia adiuvanti, rispetto a quelle dello studio statunitense cha hanno ricevuto una terapia adiuvante in una percentuale inferiore.In alcune di queste pazienti potrebbe essere preso in consi-derazione l’utilizzo di uno schema che prevede una durata minore del trastuzumab come nello studio FinHer, del quale il recente update conferma i risultati della prima analisi.

non abbiamo a disposizione dati prospettici sia riguardo alla prognosi sia riguardo all’eventuale benefi cio dell’aggiunta del trastuzumab alla chemioterapia adiuvante. Qualche anno fa, un’analisi retrospettiva su circa 800 pazien-ti operate per carcinoma mammario pT1N0 ha mostrato come lo stato di HER2 riesca ad essere il fattore prognostico più importante con una diff erenza signifi cativa in termini di percentuale di recidive tra tumori HER2+ ed HER2-, indi-pendentemente dallo stato dei recettori ormonali.Recentemente, un’altra analisi retrospettiva su circa 400 donne con carcinoma della mammella con linfonodi negati-vi e basso grado di diff erenziazione (G1-G2) ha dimostrato che HER2+ compromette in modo signifi cativo la progno-si in termini di sopravvivenza a 5 anni (68% verso 96%, p<0.001) pur in presenza di altri fattori prognostici favo-revoli.All’ultimo convegno ASCO è stata presentata una valutazio-ne retrospettiva su circa 100 donne con un tumore di dia-metro inferiore ad 1 cm ed HER2+ che ha dimostrato come la terapia adiuvante con trastuzumab, somministrata in circa il 40% delle pazienti, ha ridotto in modo signifi cativo il ri-schio di recidiva, anche nelle pazienti con linfonodi negativi rispetto alle pazienti che non hanno ricevuto tale terapia.Quindi, tutte le valutazioni retrospettive che abbiamo a di-sposizione ci indicano che lo stato di HER2 è un fattore prognostico fondamentale nelle pazienti con tumore infe-riore ad 1 cm e linfonodi negativi e ci suggeriscono il benefi -cio dell’utilizzo del trastuzumab adiuvante nei casi HER2+.Nonostante queste evidenze, le principali linee guida, com-prese le linee guida del National Comprehensive Cancer Network (NCCN), non raccomandano l’utilizzo del trastu-zumab adiuvante nelle pazienti pT1a-b N0 HER2+.I due articoli selezionati e pubblicati come Early Release sul-la versione online del Journal of Clinical Oncology, sono due analisi retrospettive su un ampio numero di pazienti con tumore di diametro inferiore ad 1 cm, linfonodi nega-tivi ed HER2+. Questi due lavori sono importanti perché ci forniscono ulteriori informazioni riguardo alla prognosi di queste pazienti e ci possono aiutare nella decisione tera-peutica.Il lavoro di Gonzales et al ha rivisto i dati di quasi 1000 donne operate per un carcinoma mammario pT1a-b N0 che sono state seguite dal centro MD Anderson di Houston dal 1999 al 2002. Di queste circa il 10% è risultato positivo per lo stato di HER2. Ad un follow-up mediano di 74 mesi, la sopravvivenza libe-ra da recidiva a 5 anni è stata del 77% nelle pazienti HER2+ e di quasi il 94% nelle pazienti HER2- (p<0.001). Inoltre, le pazienti HER2+ sono risultate essere signifi cativamente più

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R A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R AR A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R A

CHIRURGIARECENSIONE A CURA DI R. SIMONCINI, D. CASELLA, L. GALLI

(1) Breast Unit, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Careggi, Firenze

Straver ME, Rutgers EJTh, Russel NS et al Towards rational axillary treatment in relation to neoadyu-vant in breast cancerEur J Cancer 2009; Sep 45 (13): 2284-2292

Nelle pazienti con tumore della mammella lo stato lin-fonodale è un fattore prognostico fondamentale sia in

termini di sopravvivenza globale (OS) che di sopravvivenza libera da malattia (DFS). La rimozione di linfonodi ascellari patologici non modifi ca OS ma fornisce un adeguato con-trollo loco-regionale della malattia e le informazioni progno-stiche necessarie alla pianifi cazione di un corretto trattamen-to. La biopsia del linfonodo sentinella (SNB) è un metodo accurato per valutare lo stato linfonodale ed ha sostituito la dissezione ascellare completa (LAA) nelle neoplasie mamma-rie operabili con linfonodi clinicamente ed ecografi camente negativi prima dell’intervento L’indicazione ad un trattamen-to sistemico con intento neoadiuvante (NAC) attualmente viene fornita anche a pazienti con tumore mammario in sta-dio non avanzato al fi ne di permettere una chirurgia con-servativa, anche in assenza di metastasi linfonodali. Inoltre può consentire di valutare direttamente la chemiosensitivi-tà della neoplasia, così da ottenere importanti informazioni prognostiche e predittive. I protocolli attuali prevedono che dopo NAC lo stato linfonodale venga valutato mediante LAA anche nelle pazienti potenzialmente N0, procedura che si as-socia ad una morbilità non trascurabile. Sarebbe auspicabile un approccio chirurgico meno invasivo; a tale riguardo è di grande interesse cercare di capire non solo se è sicuro applica-re SNB alle pazienti sottoposte a NAC, ma anche quale sia il

corretto timing, se prima o dopo NAC.Eseguire SNB prima di NAC consente una stadiazione lin-fonodale accurata, evitando le possibili alterazioni del circolo linfatico o il downstaging legati alla terapia; tale approccio implica però due procedure chirurgiche con un aumento dei tempi e dei costi operatori, una possibile insoddisfazione del paziente ed una LAA anche nelle pazienti che si sono nega-tivizzate a livello ascellare per eff etto della terapia. Eseguire SNB dopo NAC può signifi care d’altro canto un downsta-ging.Lo scopo del lavoro cui ci riferiamo è di individuare quelle pazienti sottoposte a NAC per carcinoma mammario in cui possa essere eseguita con sicurezza SNB come unica procedu-ra di stadiazione linfonodale. Gli Autori presentano una casistica di 327 pazienti trattate con NAC per carcinoma mammario. L’ indicazione a NAC era data per neoplasie con dimensioni >3 cm e/o almeno un linfonodo ascellare metastatico senza evidenza di metastasi a distanza. Hanno studiato lo stato linfonodale con visita clini-ca, ecografi a e FNA in caso di sospetto. Le pazienti N0 sono state sottoposte a SNB prima dell’inizio della terapia sistemi-ca. Le pazienti N+ pre-NAC venivano sottoposte a dissezione ascellare completa dopo la terapia. Gli Autori riportano i seguenti dati:a. 53 pazienti (16,2%) clinicamente N0 con SNB eseguita prima di NAC;b. 22 pazienti (6,7%) clinicamente N0 con SNB positiva ese-guita prima di NAC e che hanno ricevuto LAA dopo NAC;c. 252 pazienti (77,1%) con metastasi linfoghiandolari di-mostrate prima dell’inizio della terapia mediante FNAC che hanno ricevuto LAA dopo NAC.Nelle 274 pazienti dei gruppi b e c è emersa una pCR in 65 casi (24%). Viene messo in particolare evidenza il dato per cui nel gruppo b pCR venga riscontrata in 15 casi (68%). Al riguardo gli Autori sostengono che in 6 di questi 15 casi (40%) si notavano i segni anatomo-patologici della regres-sione linfonodale, dato interessante ma che non può essere considerato la prova assoluta di una pCR. Nelle 252 pazienti del gruppo c pCR è emersa in 50 casi (20%). Nel 48% di tali pazienti ad una pCR ascellare si associava un’analoga ri-sposta a carico della neoplasia mammaria; la più bassa pCR del tumore primitivo nel gruppo b suggerisce che, in alcune pazienti con malattia residua in mammella, i linfonodi ascel-lari rimasti erano già liberi da malattia prima dell’inizio della terapia e non sussiste una risposta ascellare che sia andata pa-rallelamente ad una risposta mammaria.Gli Autori considerano poi quali siano i fattori predittivi di una pCR nel gruppo di pazienti con metastasi linfonodali dimostrate alla FNAC prima dell’inizio di NAC. All’anali-

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R A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R AR A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R A

si multivariata emerge la presenza di due fattori predittivi di pCR: tripla negatività recettoriale del tumore e iperespressione di Her2/neu. Al contrario, la quota di pCR delle neoplasie for-temente ormonoresponsive risulta molto bassa. Tali dati confer-mano ciò che già è noto in termini di sensibilità biologica alla chemioterapia delle neoplasie mammarie.In termini di OS e DFS ha signifi catività statistica solo la dif-ferenza tra il gruppo N0 ed il gruppo con pCR e, ovviamente, quella tra il gruppo N0 e quello con malattia ascellare residua; non emerge signifi catività statistica in termini di OS e DFS in-vece tra il gruppo con pCR e quello con malattia residua in ascella dopo NAC. Gli Autori citano la metanalisi di Xing in cui le elevate identifi -cation rate (90%) e sensibilità (88%) possono essere considerati fattori a favore di una attuabilità di SNB dopo NAC. Obbiet-tano però che il lavoro citato riporta un range di valori molto ampio per questi parametri (72-100% per IR e 67-100% per la sensibilità) e pertanto l’accuratezza di SNB dopo NAC deve secondo loro ancora trovare una dimostrazione certa. Gli Autori cercano anche nuovi dati in letteratura identifi cando 19 studi con un totale di 793 pazienti. L’esame dei dati raccolti porta ad una identifi cation rate dell’85% (range 68-100%), valore piuttosto basso, attribuibile secondo gli Autori alla fi brosi che si realizza a carico dei collettori linfatici dopo NAC. La sensibi-lità di SNB dopo NAC appare essere in tale revisione dell’89% (range 67-100%); in termini assoluti tale dato appare elevato ma il range dei valori riportati è molto ampio. La presenza di cellule tumorali nei vasi linfatici può ostruire o alterare il drenaggio della linfa; inoltre la non prevedibilità della regressione patologica conseguente a NAC può infl uire sui falsi negativi. Siamo in accordo con gli Autori nel notare come la percentuale di pCR del 35% che emerge dalla loro metanalisi sia troppo più alta rispetto a quella del loro studio (20%) o a quelle ottenute nei lavori con casistiche numericamente più cor-pose (23%). E’ anche vero che nella metanalisi da loro eseguita le casistiche riportate sono numericamente molto esigue, con due soli studi che superano le 100 pazienti. Questo, potrebbe

realizzare un bias statistico non trascurabile. Pertanto, alla luce dei dati riportati, l’ipotesi di eseguire SNB dopo NAC potreb-be evitare una LAA non solo alle pazienti N0 alla diagnosi ma anche a quelle pazienti che ottengano una risposta patologica completa (pCR) a carico dei linfonodi ascellari e questa è una prospettiva di grande interesse al fi ne di minimizzare i rischi di sovratrattamento. E’ degno di nota però come la metanalisi di Xing citi casistiche più numerose e che si riferiscono anche ai primi periodi in cui veniva utilizzata SNB. Inoltre, sempre nella metanalisi di Xing la quota di falsi negativi complessiva è del 12% nelle pazienti sottoposte pre-operatoria-mente a NAC, dato che non si discosta molto dalle percentuali riportate nelle casistiche con pazienti non chemiotrattate (Xing cita tre metanalisi numericamente consistenti che riportanto quote di falsa negatività dell’8.4%, 5.1% e 9%). All’aumentare della numerosità delle casistiche si riduce la quota dei falsi ne-gativi (Kim et al.). E’ importante poi notare che il reale impatto clinico della sottostadiazione ascellare è sconosciuto. Nel gruppo delle pazienti sottoposte a NAC tale signifi cato ri-sulta ancor meno importante in considerazione del fatto che la decisione di intraprendere una terapia sistemica in queste pazienti è già stata presa. Il rischio di lasciare malattia residua in ascella non sembra poi così drammatico se si prendono in considerazione i dati del National Surgical Adjuvant Breast and Bowel Project B-04 trial secondo i quali una LAA eseguita all’eventuale comparsa della recidiva ascellare non ha alcun in-fl uenza su OS. Gli Autori concludono aff ermando che l’accuratezza della SNB per valutare la risposta ascellare alla terapia neoadiuvante nelle pazienti N+ rimane discutibile mentre nella nostra opinione è una via assolutamente percorribile, con la necessità di ulteriori studi con suffi ciente follow up per poterla adottare come me-todica standard. Dal lavoro esaminato emerge anche l’utilità di sviluppare in futuro nuove tecniche diagnostiche in grado di quantifi care la risposta linfonodale al fi ne di selezionare accu-ratamente quelle pazienti in cui possa considerarsi sicura una chirurgia ascellare conservativa, specialmente laddove si riscon-trino fattori predittivi di risposta alla terapia (tripla negatività del tumore o l’iperespressione di Her2/neu). In merito a tale questione gli Autori hanno recentemente av-viato un trial clinico che valuta la risposta linfonodale a NAC mediante FDG-PET/TC. Inoltre hanno sviluppato una nuova procedura, sempre rivolta ad aumentare la sensibilità nell’iden-tifi cazione di linfonodi metastatici, denominata MARI (Map-ping of the Axilla with Radiactive I-125 seeds); i linfonodi pa-tologici captano il tracciante e sono identifi cabili con estrema sensibilità; tale valutazione potrebbe essere eseguita sia prece-dentemente che dopo NAC, in modo da valutare accuratamen-te la risposta al trattamento.

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R A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R AR A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R A

Nava MB, Catanuto G, Pennati A, Garganese A, Spano AConservative MastectomiesAesth Plast Surg 2009; 33: 681-686

Attualmente la chirurgia oncologica mammaria deve avere come obiettivo l’ottenimento del miglior risultato estetico

possibile, anche nei casi di mastectomia. Abbiamo analizzato gli approcci chirurgici alle mastectomie skin sparing; sono state valutate la sede ottimale della cicatrice ed il volume di riempi-mento.Per quanto riguarda l’approccio chirurgico, in mammelle di piccole dimensioni, la mastectomia può essere eff ettuata at-traverso un’incisione circolare che include il complesso areo-la-capezzolo. Nelle mammelle di maggiori dimensioni si può utilizzare la tecnica modifi cata di “Wise Pattern” denominata skin reducing mastectomy che permette, in un unico tem-po operatorio, un buon risultato cosmetico con simmetria cicatriziale rispetto alla mammella controlaterale. Eseguita la mastectomia,si possono utilizzare impianti, lembi peduncolati o lembi liberi. L’uso dei lembi miocutanei nella ricostruzione contraddice il proposito ultraconservativo della tecnica a causa delle sequele biomeccaniche e dell’elevata perdita di sangue. La ricostruzione con protesi in uno o due step è la metodica più facile e sicura in mani esperte. L’utilizzo di protesi anato-miche testurizzate ha diminuito signifi cativamente il rischio di contrattura capsulare migliorando il risultato estetico. Qui di seguito proponiamo uno schema per la ricostruzione in pazienti sottoposte a skin sparing mastectomy:- per mammelle piccole, se la paziente desidera un solo inter-

CHIRURGIA PLASTICARECENSIONE A CURA DI V. ZANINI, E. GALLAROTTI

U.O. Chirurgia Senologica e Chirurgia Plastica OncologicaFondazione Salvatore Maugeri, Pavia

vento, si può inserire una protesi defi nitiva; questa metodica non permette però il rimodellamento del solco inframamma-rio, più evidente a paziente supina.- per mammelle di medie dimensioni,senza pregressa RT e con ptosi assente o moderata, si procede a intervento in due step, expander e poi protesi. Può seguire una mastoplastica additiva controlaterale o una mastopessi.- per mammella di medie-grosse dimensioni con ptosi da mo-derata a severa, può essere off erta l‘opzione di skin reducing mastectomy con protesi defi nitiva ed una mastoplastica ridut-tiva controlaterale. La protesi anatomica e la conservazione del solco inframammario danno un aspetto naturale con adeguata distribuzione di volume e giusto grado di ptosi. La mastectomia nipple sparing risolve il problema di ricostru-zione del complesso areola capezzolo CAC che spesso non soddisfa le aspettative della paziente e del chirurgo, a causa di perdita di pigmentazione progressiva e assenza di sensibilità. Molti ostacoli devono però essere superati: - La conservazione del CAC crea lembi cutanei lunghi con ri-schio di necrosi da devascolarizzazione.- La ricostruzione con protesi in mammella grandi induce una migrazione laterale del CAC ed il polo inferiore del solco mammario può creare un doppio scalino.- La sensibilità è spesso diminuita dalla radicalità sottoareolare.Le incisioni più diff use sono quella a S italica e quella al solco inframammario, le quali off rono una sicurezza maggiore nel garantire una vascolarizzazione al CAC. La NSM deve esse-re off erta a pazienti che, oltre a soddisfare i criteri oncologici, hanno mammelle di taglia piccola o media, con ptosi minima o moderata e con una distanza areola-solco inframmammario di almeno 5 cm.

Brachtel EF, Rusby JE, Michaelson JS, Chen LL, Muzikansky A, Smith BL, Koemer FC Occult nipple involvement in breast cancer: clinocopathologic fi ndings in 316 consecutive mastectomy specimensJournal of Clinical Oncology 2009; 27 (30): 4930-4932

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R A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R AR A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R A

Le tecniche di conservazione mammaria rappresentano l’approccio chirurgico standard per molte pazienti aff ette

da carcinoma mammario. Quando è necessario eseguire una mastectomia terapeutica o profi lattica le opzioni attualmente includono anche la mastectomia nipple sparing. Questa procedura non è altro che una mastectomia skin redu-cing con conservazione del complesso areola-capezzolo al fi ne di ottenere un miglior risultato estetico. E’ ancora controversa la sicurezza oncologica di questa tecnica chirurgica. I sosteni-tori di questa tecnica si appellano alla bassa frequenza di ca-pezzoli interessati da malattia e al basso tasso di recidive locali dopo chirurgia. Lo studio di E. Brachtel e coll. mira a valutare la frequenza di coinvolgimento neoplastico e la tipologia del coinvolgimento del capezzolo nella mastectomia nipple sparing. Viene analiz-zata una serie di 316 mastectomie sia profi lattiche che terapeu-tiche con capezzoli microscopicamente indenni da neoplasia. I pezzi operatori sono stati analizzati con sezioni coronali dell’in-tero capezzolo e del tessuto sottoareolare. In questo studio vie-ne defi nito come margine retroareolare il tessuto 3 mm al di sotto della cute del complesso areola capezzolo.Il 79% delle mastectomie terapeutiche non ha dimostrato al-cuna alterazione patologica nè in forma di carcinoma infi ltran-te, nè in forma di duttale in situ, nè di invasione linfatica, nei rimanenti casi la maggior parte (62%) è risultata essere interes-sata da carcinoma duttale in situ.L’autrice osserva che la dimensione del tumore, la distanza del tumore dal capezzolo, il grado istologico, la presenza di invasio-ne linfovascolare, la presenza di metastasi ascellari sono asso-ciati ad un aumentato rischio di interessamento neoplastico del capezzolo. Il tessuto mammario retroareolare in questo studio risulta essere un buon fattore predittivo dello stato patologico del capezzolo. In conclusione gli autori ritengono la mastec-tomia nipple sparing una tecnica sicura in casi selezionati di carcinoma mammario con bassa probabilità di coinvolgimento del capezzolo e in casi di mastectomia profi lattica.

ECOGRAFIA SENOLOGICARECENSIONE A CURA DI A.M. GUERRIERI, C. DE LEO

Servizio di Senologia SARIS - Centro di Riferimento Regione Puglia - Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico - Bari

Meissnitzer M, Dershaw DD, Lee CH, Morris EATargeted ultrasound of the breast in women with abnor-mal MRI fi ndigs for whom bopy has been recommendedAJR 2009 Oct; 193 (4): 1025- 1029

La RM mammaria gioca attualmente un importan-te ruolo nell’imaging della mammella, in quanto

possiede una sensibilità nel rilevamento del carcinoma mammario che si avvicina al 100%. Quando in RM vie-ne riscontrato un reperto sospetto che è occulto alle in-dagini mammografi che ed ecografi che di base, la biop-sia RM-guidata è necessaria per stabilire una diagnosi. Alcune lesioni sospette in RM possono essere visibili al second look ecografi co e sottoposte più agevolmente a biopsia ecoguidata. I vantaggi della guida ecografi ca sono noti: minor tempo per l’esecuzione della biopsia, minor costo, maggior comfort per la paziente. Tuttavia, in Letteratura l’esperienza con l’ecografi a mirata dopo RM ha mostrato che solo nel 77% dei casi vi è un cor-relato ultrasonografi co al reperto RM.In questo studio retrospettivo gli Autori hanno analiz-zato nell’arco di tempo di 28 mesi, da Settembre 2005 a Dicembre 2007, 519 lesioni riscontrate con RM (ca-tegoria BI-RADS 4 o 5) in 361 donne. Un presunto corrispettivo ecografi co è stato trovato in 290 (56%) delle 519 lesioni in esame. Le lesioni ritrovate ecogra-fi camente dopo l’esecuzione di una RM erano più fre-quentemente lesioni focali (mass-like 62% versus non-mass-like 31%), all’esame ecotomografi co risultavano

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meglio visibili le mass-like > di 5 mm e le nonmass-like > 15 mm con morfologia indicativa per malignità alla RM (categoria BI-RADS 5 versus 4). Non è stata inve-ce riscontrata alcuna signifi cativa diff erenza analizzan-do altri parametri, come l’età della paziente, le diverse indicazioni all’esecuzione della RM o la densità della mammella. Delle 519 lesioni esaminate, 422 sono state sottoposte a biopsia: 253 sotto guida ecografi ca per quelle lesioni che avevano un correlato ultrasonografi co e 169 sotto guida RM per le lesioni non eco-visibili. Nel follow-up con RM su 80 di 154 casi risultati benigni alla biopsia eco-guidata, 10 delle lesioni sottoposte a biopsia non corrispondevano alla lesione riscontrata con RM; la suc-cessiva biopsia RM-guidata eseguita in 9 casi ha dimo-strato 5 carcinomi.L’esperienza riportata dagli Autori mette in evidenza l’importanza dell’ecografi a mirata eseguita dopo l’esecu-zione di una RM, soprattutto per la possibilità di eff et-tuare una biopsia eco-guidata, certamente più agevole di una biopsia sotto guida RM. I limiti di questo studio, come riportato dagli stessi Au-tori, sono intrinseci al carattere retrospettivo dello stu-dio stesso e riguardano inoltre la mancanza di linee gui-da nell’indicazione all’esecuzione di un’ecografi a dopo RM.

EPIDEMIOLOGIA E PREVENZIONE RECENSIONE A CURA DI D. PULITI E E. PACI

UO Epidemiologia Clinico Descrittiva, ISPO, FirenzeLaziosanità - Agenzia di Sanità Pubblica, Regione Lazio.

L’overdiagnosi è la diagnosi di un tumore che non si sarebbe manifestato clinicamente nel corso della vita

della donna e che, quindi, non sarebbe mai stato diagno-sticato in assenza di screening. La misura della sovradia-gnosi del tumore mammario ha dato luogo a stime molto diverse tra loro, in parte dovute alle diff erenti metodolo-gie utilizzate ed in parte alle diverse defi nizioni operative di sovradiagnosi. Nel lavoro recentemente pubblicato sull’European Journal of Cancer (Puliti et al, 2009a) è stata stimata la sovradiagnosi di tumore mammario nella città di Firenze dopo 15 anni dall’introduzione del programma di scree-ning mammografi co (Settembre 1990).Il metodo utilizzato per la stima della sovradiagnosi è il metodo dell’incidenza cumulativa. La misura di sovra-diagnosi è stata calcolata come il rapporto tra l’incidenza cumulativa in un gruppo di donne invitate allo screening (dati osservati), con un follow-up minimo dopo l’inter-ruzione dello screening di almeno 5 anni, e l’incidenza cumulativa attesa in assenza di screening.L’incidenza delle donne invitate allo screening è stata ot-tenuta dai dati del Registro Tumori selezionando la coor-te di donne in età compresa tra i 50 ed i 69 anni nell’anno di attivazione del programma di screening. L’incidenza attesa in assenza di screening è stata stimata adattando un modello di regressione di Poisson ai dati pre-screening di Firenze (modello che includeva l’età e l’anno di calenda-rio) per tenere conto sia di una eventuale diff erente strut-tura per età della popolazione sia di un trend temporale

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sottostante di aumento dell’incidenza.Sono state selezionate 61.568 donne appartenenti alla co-orte delle donne 50-69enni nell’anno di inizio screening e seguite per incidenza di tumore mammario nei 15 anni successivi (1990-2004). Sotto l’assunzione di un trend temporale del 1.2% annuo, nella coorte di donne tra i 60 ed i 69 anni nell’anno di inizio screening il rapporto tra il numero cumulativo di casi osservato ed atteso è risultato pari a 1.01 (95% CI: 0.95 – 1.07), includendo i carci-noma in situ. Per tenere in considerazione le fl uttuazioni causali nella stima del trend, è stata eff ettuata un’analisi di sensibilità: assumendo lo scenario più estremo (assenza di qualsiasi trend temporale) il rapporto tra casi osservati ed attesi è risultato pari a 1.13 (95%CI: 1.07 – 1.19). E’ stato infi ne eff ettuato un bilancio dei benefi ci e dei po-tenziali danni di un programma di screening mammogra-fi co: invitare allo screening mammografi co 1000 donne può prevenire circa 6 morti per tumore della mammella e può condurre alla sovradiagnosi, nel peggiore e più im-probabile scenario, di un massimo di 8 casi (sotto l’assun-zione di un trend del 1.2%, di meno di 1 caso).La sovradiagnosi nel programma di screening fi orentino può essere stimata solo per la coorte di donne che ha tra i 60 ed i 69 anni nell’anno di inizio screening, perchè solo per questa coorte è disponibile un follow-up suffi ciente dopo l’interruzione dello screening.Sebbene la stima di sovradiagnosi sia molto sensibile alle stime del trend pre-screening, i nostri dati mostrano che a 15 anni dall’introduzione dello screening la quota di so-vradiagnosi è probabilmente vicino a zero e sicuramente inferiore al 13%. Infi ne, il bilancio dei danni e dei bene-fi ci supporta fortemente l’idea di continuare i programmi di screening mammografi co.La stima della sovradiagnosi è oggi oggetto di numerose pubblicazioni internazionali. La review pubblicata su Fu-ture Oncology (Puliti et al, 2009b) mostra la complessità metodologica della stima e la necessità di tenere conto di

tutti i potenziali bias associati a ciascun metodo al fi ne di ottenere una stima meno distorta possibile. Le stime pubblicate infatti variano ampiamente nella letteratura in rapporto alla metodologia utilizzata e alla correzione per lead time. In un recente articolo pubblicato sul BMJ (Jørgensen et al, 2009), è stata ipotizzata sulla base di dati descrittivi una sovradiagnosi di circa il 52%. E’ evidente che il confronto tra le diverse stime è ancora carente ed è quindi arduo accettare risultati cosi diversi. Questo è in particolare vero quando si richiede di inserire la stima del benefi cio e dei rischi collaterali, tra cui la sovra diagnosi, nella comunicazione relativa agli screening. E’ evidente che mentre vi è accordo sull’opportunità di migliorare le strategie di comunicazione, è necessario concordare sulle stime quantitative, su cui ad oggi vi è incertezza e controversia. L’articolo di Jama (Esserman et al, 2009) riprende questo dibattito ponendo a confron-to lo screening per il tumore della mammella e quello per il carcinoma della prostata, due realtà che in Europa hanno strategie di diff usione completamente diverse . E’ però condivisibile la preoccupazione per la necessità di sviluppare la ricerca per una migliore defi nizione della aggressività delle lesioni e per protocolli capaci di miglio-rare la performance dello screening. Una strada che deve comunque passare per una valutazione empirica dei costi e dei benefi ci.

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R A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R AR A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R A

GENETICARECENSIONE A CURA DI M.L. BRANDI

Dipartimento di Medicina Interna, Università degli Studi di Firenze

Jung JH, Chae YS, Moon JH et al TNF superfamily gene polymorphism as prognostic factor in early breast cancerJ Cancer Res Clin Oncol, published online 5 Novem-ber 2009

L’incidenza del tumore mammario è costante-mente in crescita. Diversi criteri prognostici

sono stati introdotti e validati per adiuvare la pratica clinica e il management delle pazienti affette. Tutta-via è ancora forte la necessità di individuare marca-tori genetici validi che consentano di discriminare la variabilità interindividuale e quindi predire ricadute o guarigione tra le pazienti con tumore mammario e stesso apparente quadro clinico.L’apoptosi è un processo di morte cellulare pro-grammata che gioca un ruolo chiave nell’omeostasi dei tessuti; una regolazione anormale dell’apoptosi è correlata ad una diversa prognosi e sviluppo del tumore mammario. Studi scientifici hanno identi-ficato diversi geni correlati al processo apoptotico come fattori prognostici nei tumori. E’ ragionevole supporre che un’alterazione del pro-cesso apoptotico, dovuta a polimorfismi nei geni apoptosi-correlati, possa rivestire un ruolo cruciale nella progressione del tumore, nella prognosi e nella eventuale comparsa di recidive dopo la chirurgia in pazienti con tumore mammario.Sulla base di queste premesse il presente studio di Jung et al. ha analizzato possibili associazioni tra 12 polimorfismi di 11 geni coinvolti nel processo

apoptotico, appartenenti alla superfamiglia dei geni TNF (Tumor Necrosis Factor), e la sopravvivenza in 240 pazienti operate di tumore mammario.In particolare questo studio ha evidenziato che il polimorfismo rs1131532 del gene TNFRSF10 era correlato ad una diversa percentuale di recidive e so-pravvivenza dopo l’intervento a seconda degli alleli presenti nelle pazienti. Tale polimorfismo perciò potrebbe essere un pos-sibile fattore prognostico di sopravvivenza nelle pazienti operate per tumore mammario invasivo. Tuttavia, ulteriori studi, comprensivi di studi di funzionalità, saranno necessari per chiarire il ruolo di questo e di altri polimorfismi dei geni apoptosi-correlati come marcatori predittivi e/o prognostici nelle pazienti affette da carcinoma mammario.

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R A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R AR A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R A

IMMUNOLOGIARECENSIONE A CURA DI A. BALSARI

SC Biologia Molecolare, Dip. Di Oncologia Sperimentale, Fondazione IRCCS, Istituto Nazionale dei Tumori, Milano

Elsheikh SE, Green AR, Rakha EA et al.Global histone modifi cations in breast cancer correlate with tumor phenotypes, prognostic factors, and patient outcome Cancer Res 2009; 69: 3802

Recenti studi hanno evidenziato che le cellule tumo-rali, oltre a presentare mutazioni genetiche, sono

caratterizzate dalla presenza di alterazioni epigenetiche nello stato di metilazione del DNA e nel livello di modi-fi cazioni post-traduzionali degli istoni. Le modifi cazioni post-traduzionali degli istoni, quali acetilazione e meti-lazione delle lisine e metilazione delle arginine, giocano un ruolo importante nella regolazione genica, demar-cando quelle regioni della cromatina che devono essere trascritte, quindi soggette a minore compattamento, o mantenute represse. Queste modifi cazioni post-tradu-zionali degli istoni sono note essere alterate nelle cellule tumorali e la perdita di specifi che acetilazioni e trime-tilazioni di alcuni istoni rappresenta un hallmark per alcuni tumori umani. Pertanto cambiamenti del norma-le stato di modifi cazione degli istoni potrebbero essere predittivi dell’andamento della malattia e rappresentare nuovi marker prognostici o target terapeutici. In questo studio è stato valutato il signifi cato biologico e clinico di 7 ben defi nite modifi cazioni post-traduzionali degli istoni H3 e H4 in 880 casi di carcinoma della mammel-la primario invasivo mediante analisi di microarray e immunoistochimica. I risultati di questo studio suggeriscono che la com-

parsa di specifi ci cambiamenti negli istoni possa avere un signifi cato clinico e correlare con la morfologia e il sottotipo biologico dei tumori della mammella invasivi. Infatti, è stato osservato che i tumori a cattiva progno-si, che comprendono i sottotipi basali e HER2 positivi, presentano ridotti livelli di acetilazione e metilazione degli istoni H3 e H4, mentre i tumori con prognosi migliore e comprendenti per lo più il sottotipo luminale mostrano generalmente i più alti livelli di tali modifi ca-zioni post-trasduzionali.

Heck S, Rom J, Thewes V, et alEstrogen-related receptor alpha expression and function is associated with the transcriptional coregulator AIB1 in breast carcinomaCancer Res 2009; 69: 5186

Recentemente è stato dimostrato che il 30% dei carcinomi primari della mammella negativi per il

recettore estrogenico alfa (ER ) esprimono il recettore orfano nucleare denominato Estrogen-Related Recep-tor alpha (ERR ) e che questo recettore ha un ruolo nella loro crescita.Essendo ERR un recettore orfano nucleare costitutiva-mente attivo, le sue funzioni dipendono dalla sua inte-razione con proteine co-regolatorie. In questo studio vengono per la prima volta studiate le interazione del ERR con diff erenti proteine co-rego-latorie e viene osservata una associazione tra ERR e AIB1, un co-attivatore di ER spesso overespresso nei tumori della mammella e associato con la resistenza al trattamento ormonale. Si è visto che un blocco di ERR determina a sua volta un blocco della sua interazione e coattivazione di AIB1; il complesso ERR /AIB1 po-trebbe quindi controllare l’espressione dei geni regolati dall’estradiolo in assenza dell’ormone. Pertanto ERR potrebbe essere un interessante nuovo bersaglio per il

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R A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R AR A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R A

trattamento dei tumori che non esprimono ER o sono resistenti alla terapia endocrina.

Olkhanud PB, Baatar D, Bodogai M, et alBreast cancer lung metastasis requires expression of chemokine receptor CCR4 and regulatory T cellsCancer Res 2009; 69: 5996

La formazione di colonie metastatiche è un fenome-no precoce che inizia durante la crescita del tumore

primario. Si presume, in analogia a quanto avviene per le cellule del sistema immunitario, che anche le cellule tumorali richiedano per la loro disseminazione la pre-senza di recettori chemochinici. In questo lavoro, stu-diando in un modello sperimentale la metastatizzazione di una linea di carcinoma mammario, si è visto che la capacità di metastatizzare è ristretta a quelle cellule tu-morali che esprimono il recettore chemochinico CCR4. Ma la parte più interessante del lavoro è l’osservazione che l’espressione di CCR4 non è suffi ciente per produr-re metastasi, in quanto le cellule tumorali che arrivano al polmone possono essere eliminate dalle cellule natu-ral killer (NK); perchè si formino metastasi è necessario anche un altro evento, cioè che a livello polmonare le cellule NK siano uccise dai linfociti T. Pertanto un con-trollo del processo metastatico potrebbe essere ottenuto con strategie che intervengano su questi due bersagli, la molecola CCR4 o i T regolatori. Questi dati sul ruolo delle cellule NK nel processo me-tastatico sono in accordo con l’osservazione che un ri-pristino della attività NK nei pazienti oncologici è spes-so associata ad un incremento della sopravvivenza.

BIOMARCATORI DI MECCANISMO

Cardamone MD, Bardella C, Gutierrez A, Di Croce L, Rosenfeld MG, Di Renzo MF, De Bortoli ERalpha as ligand-independent activator of CDH-1 regu-lates determination and maintenance of epithelial mor-phology in breast cancer cellsProc Natl Acad Sci USA 2009; 106(18): 7420-7425

Gli inibitori delle aromatasi di terza generazione re-gistrano oggi un notevole successo, perchè diver-

si studi hanno dimostrato risposte superiori rispetto al Tamoxifen. Questo fatto ha dato un nuovo impulso alla ricerca sui meccanismi d’azione degli estrogeni e dei loro recettori (ER , ER ; ESR1, ESR2). Il meccanismo d’azione di questi farmaci è fondamen-talmente diverso rispetto al Tamoxifen e farmaci simili (collettivamente SERM: selective estrogen receptor mo-dulator), come dimostrato anche dall’osservazione clinica dell’assenza di resistenza crociata alle due classi di farma-ci: tumori resistenti al Tamoxifen possono rispondere agli inibitori delle aromatasi e, almeno in parte e contraria-

LABORATORIORECENSIONE A CURA DI M. GION*, M.G. DAIDONE**,M. DE BORTOLI***, A. PARADISO****,

* Centro Regionale Specializzato Biomarcatori/Consorzio Istituto Onco-logico Veneto IRCCS - Dipartimento di Patologia Clinica, Azienda ULSS 12 - Venezia** Dipartimento di Oncologia Sperimentale e Medicina Molecolare - Fon-dazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori - Milano*** Dipartimento di Scienze Oncologiche presso IRCC - Candiolo (Torino) e Centro Interdipartimentale Sistemi Complessi in Biologia e Medicina Mo-lecolare - SysBioM, Università degli Studi di Torino

**** Direzione Scientifi ca e Unità Operativa Laboratorio di Oncologia Sperimentale Clinica - Istituto Tumori “Giovanni Paolo II” IRCCS, Bari

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R A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R AR A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R A

mente a quanto si pensava fi no ad ora, viceversa (vedi per esempio, Yamamoto et al, 2009). Appare quindi evidente come i marcatori di resistenza ad una ed all’altra classe di farmaci debbano essere studiati e caratterizzati separatamente. Alcuni lavori iniziano ad aff rontare questo punto. Per esempio, Henriksen e coll. hanno esaminato alcune proteine dipendenti da estroge-no in microarrays di tessuti di ca. mammario ed osserva-to che un profi lo di espressione che include PR (PGR), BCL-2 (BCL2) e IGF-IR (IGF1R) è in grado di discri-minare una migliore probabilità di risposta al letrozolo, rispetto al Tamoxifen (Henriksen et al, 2009).I farmaci della classe del Tamoxifen vengono legati iso-stericamente da ER , inducendone però una conforma-zione più affi ne ai co-repressori trascrizionali (es. NCoR e SMRT) che conducono a repressione i geni proliferativi normalmente indotti dagli estrogeni. Gli inibitori delle aromatasi funzionano invece annullando la produzione endogena di estrogeni, anche nelle stesse cellule tumo-rali, ovvero azzerando il livello di estrogeni nelle donne in trattamento. Nelle cellule tumorali avremo quindi nel primo caso ER legato ai geni bersaglio, ma con funzione repressiva, mentre nel secondo caso ER sarà libero e, se-condo la teoria, non impegnato in interazioni con i geni di competenza.Questo concetto del recettore inattivo è stato messo in dubbio recentemente dal lavoro di Cardamone e coll. (Cardamone et al, 2009). I risultati qui presentati sugge-riscono una situazione abbastanza diversa, che prospet-ta un’azione per ER in assenza di ormone che potrebbe spiegare in parte il maggior eff etto terapeutico degli ini-bitori delle aromatasi, rispetto ai farmaci della classe del Tamoxifen. L’osservazione di base, da cui è partito questo lavoro, con-siste nella ben conosciuta associazione tra l’espressione di ER ed un fenotipo più diff erenziato e meno invasivo nel carcinoma mammario. ER è espresso tipicamente nel-

le cellule di tipo luminale ed è praticamente sempre ac-compagnato dall’espressione di E-Caderina (CDH1), il maggiore determinante del contatto cellula-cellula negli epiteli, mentre nei tumori di tipo basale, più aggressivi, si ha spesso perdita contemporanea di ER ed E-Caderina. Gli autori di questo lavoro hanno riprodotto questa si-tuazione introducendo l’oncogene attivato RONsf nella linea cellulare di carcinoma mammario T47D, di tipo epiteliale, ER+ ed ormono-dipendente per la crescita in vitro. RONsf provoca una completa transizione epitelio-mesenchimale (EMT), con totale repressione di E-Cade-rina e perdita di ER ed altri marcatori epiteliali, accom-pagnata da acquisizione di un fenotipo schiettamente invasivo. Il promotore di E-Caderina, in questa situazione, appa-re totalmente eterocromatico ed ipermetilato, cosa tipica delle cellule di origine mesenchimale. Tuttavia, l’inibizio-ne della via di trasduzione chinasica nelle cellule T47D/RONsf riesce a re-indurre espressione di E-Caderina, accompagnata da reversione del fenotipo invasivo EMT. Durante questa reversione, ricompare anche l’espressione di ER e di altre proteine epiteliali. Il dato più sorprendente e rilevante è che la re-espressione di E-Caderina (e la reversione fenotipica) richiede il le-game di ER al promotore del gene, in completa assenza di estrogeni. Non solo, ma la re-introduzione di ER in cellule mesenchimali, sempre in assenza di estrogeni, è suffi ciente a indurre la re-espressione di E-caderina. Infi -ne, la soppressione di ER in cellule epiteliali, con l’uso di RNA interferenti, porta a repressione di E-Caderina. Il quadro che deriva da questi risultati suggerisce una nuova funzione di ER in assenza di ligando (apoforma) come regolatore epigenetico dell’espressibilità di base di geni, come la E-Caderina, che sono considerati essenziali per il mantenimento di un fenotipo epiteliale luminale nelle cellule mammarie. La mancanza di ER sarebbe, in questo modello, fattore determinante per la trasformazio-

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ne in senso mesenchimale ed invasivo.Durante il trattamento con AI, è ragionevole pensare che ER si trovi in gran parte in apoforma e funzioni quindi nel modo descritto da questo lavoro, favorendo l’espres-sione di base di geni diff erenziativi, in modo signifi ca-tivamente diverso dall’eff etto del Tamoxifen. Sarebbe a questo punto necessario capire se e quanto l’azione di ER in assenza di estrogeni si estenda anche ad altri geni carat-teristici del fenotipo epiteliale. Il ruolo di ER nelle cellule tumorali in assenza di estro-geni va quindi ripensato, perché potrebbe generare inte-ressanti novità sia nel campo dei marcatori predittivi, sia nello sviluppo di nuovi bersagli terapeutici.

BIOMARCATORI DI MECCANISMOSelezione Bibliografi ca

Yamamoto Y, Masuda N, Ohtake T, et alClinical usefulness of high-dose toremifene in patients relapsed on treatment with an aromatase inhibitor Breast Cancer 2009 Aug 15 [Epub ahead of print]

Henriksen KL, Rasmussen BB, Lykkesfeldt AE, et alAn ER activity profi le including ER, PR, Bcl-2 and IGF-IR may have potential as selection criterion for letrozole or Tamoxifen treatment of patients with advanced breast cancerActa Oncol 2009; 48(4): 522-531

Bedard PL, Piccart-Gebhart MJProgress in tailoring adjuvant endocrine therapy for postmeno-pausal women with early breast cancerCurr Opin Oncol 2009; 21(6): 491-498

Baar J, Silverman P, Lyons J, et alA vasculature-targeting regimen of preoperative docetaxel with or without bevacizumab for locally advanced breast cancer: im-pact on angiogenic biomarkers.Clin Cancer Res 2009; 15(10): 3583-3590

Jansson A, Delander L, Gunnarsson C, et al

Ratio of 17HSD1 to 17HSD2 protein expression predicts the outcome of Tamoxifen treatment in postmenopausal breast can-cer patientsClin Cancer Res 2009; 15(10): 3610-3616Thomssen C, Harbeck N, Dittmer J, et alFeasibility of measuring the prognostic factors uPA and PAI-1 in core needle biopsy breast cancer specimensJ Natl Cancer Inst 2009;101(14): 1028-1029

BIOMARCATORI DI ESTENSIONESelezione Bibliografi ca

Nunes RA, Li X, Kang SP, Burstein H, et alCirculating tumor cells in HER-2 positive metastatic breast can-cer patients treated with trastuzumab and chemotherapy

Int J Biol Markers 2009; 24(1): 1-10

BIOMARCATORI DI RISCHIOSelezione Bibliografi ca

Goodwin PJ, Ennis M, Pritchard KI, et alPrognostic effects of 25-hydroxyvitamin D levels in early breast cancerJ Clin Oncol 2009; 27(23): 3757-3763

Milne RL, Benítez J, Nevanlinna H, et al (Breast Cancer Asso-ciation Consortium)Risk of estrogen receptor-positive and -negative breast cancer and single-nucleotide polymorphism 2q35-rs13387042J Natl Cancer Inst 2009; 101(14): 1012-1018

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60 ATTUALITÀ IN SENOLOGIA 2010 - N. 59

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dei linfonodi ascellari e sovraclaveari. I linfonodi dia-gnosticati all’ecografi a come sospetti per recidiva sono stati sottoposti a FNAB sotto guida ecografi ca. Delle 1817 pazienti 54 avevano linfonodi ecografi camente sospetti per recidiva.Tutte hanno eseguito l’agoaspirato che ha confermato in 30 pazienti (veri positivi) la dia-gnosi di recidiva; le rimanenti 24 sono state classifi cate come falsi positivi, mentre in 9 pazienti l’ecografi a ha dato un risultato falso negativo (23%). Delle 39 pazien-ti con recidiva, solo 6 (15.4%) avevano linfonodi pal-pabili. Nessuno è stato identifi cato alla mammografi a; il diametro medio è stato di circa 12.8 mm e il tempo medio dopo l’intervento è stato di 42 mesi.Le sedi delle recidive sono state 9 nei linfonodi ascella-ri ipsilaterali, 9 in sede sovraclaveare omolaterale, 5 in sede sovraclaveare e ascellare omolaterale, 3 nell’ascella controlaterale, 7 in sede sovraclaveare controlaterale, 2 ai cavi ascellari bilateralmente e 1 in sede sovraclaveare e ascellare bilateralmente.Tra le 29 pazienti con recidi-va linfonodale omolaterale, il 62% ha avuto metastasi a distanza. Gli autori quindi raccomandano il controllo ecografi co dei linfonodi ascellari e sovraclaveari, anche nelle pazienti asintomatiche. Per confermare però l’im-patto di una diagnosi precoce di recidiva linfonodale locoregionale sono necessari ulteriori studi prospettici su un largo campione.

Abdullah N, Mesurolle B, El-Khoury M, Kao EBreast imaging reporting and data system lexicon for US: interobserver agreement for assessment of breast masses.Radiology September 2009, vol. 252 (3): 665-672

L’ecografi a del seno è considerata uno strumen-to insostituibile nell’imaging senologico sia nella

identifi cazione che nella caratterizzazione delle lesioni mammarie. Tale metodica è però gravata dalla scarsa

MAMMOGRAFIARECENSIONE A CURA DI G.M. GIUSEPPETTI*, C. LANZA**

*Clinica di Radiologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti, Ancona**Servizio di Radiologia Interventistica e Pediatrica, Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti, Ancona

Moon HJ, Kim MJ, Kim E-K, Park B-HUS surveillance of regional lymph node recurrence after breast cancer surgeryRadiology, September 2009, vol.252 (3): 673-681

Nel management del tumore mammario la recidiva ai linfonodi regionali è un’evenienza rara ma diffi -

cile da diagnosticare. L’ascella e la regione sopraclavico-lare sono le più comuni stazioni linfonodali coinvolte nelle recidive e sono gravate da una pessima prognosi, soprattutto le recidive nei linfonodi sovraclaveari, per-chè più frequentemente associate a metastasi a distanza.L’identifi cazione precoce delle recidive linfonodali loco-regionali è resa diffi coltosa anche perché l’esame clinico nel 39% dei casi risulta negativo e il campo di vista della mammografi a non include l’intera area. L’identifi -cazione precoce delle recidive regionali linfonodali nei pazienti asintomatici ha un eff etto positivo sulla soprav-vivenza poiché è ancora possibile una cura.Scopo dello studio è valutare gli indici diagnostici come la sensitività, specifi cità, accuratezza dell’ecografi a nella identifi cazione delle recidive linfonodali locoregionali dopo terapia chirurgia per tumore mammario e stabi-lire l’eff etto sulla prognosi della valutazione ecografi ca dei linfonodi.Sono state arruolare 1817 pazienti pre-cedentemente sottoposte ad intervento chirurgico per tumore al seno.Tutte hanno eseguito nell’ambito del routinario esame eco-mammografi co anche l’ecografi a

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R A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R AR A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R A

riproducibilità riguardo alla caratterizzazione delle le-sioni, in particolare per le lesioni di piccole dimensioni. Alla luce di questo, nel 2003 è stato introdotto il Bre-ast Imaging reporting and Data System (BI-RADS) un lessico standardizzato per descrivere i reperti ecografi ci, come per la mammografi a, così da standardizzare e uni-fi care il linguaggio ecografi co. Successivamente è stata introdotta una nuova suddivisione della categoria BI-RADS 4 per le masse, che rifl ette la probabilità di mali-gnità (4a, basso sospetto; 4b, intermedio; 4c moderato).Scopo dello studio è valutare retrospettivamente la con-cordanza interosservatore tra radiologi che utilizzano il lessico BI-RADS per caratterizzare ecografi camente le lesioni mammarie. 267 ecografi e di lesioni mammarie sottoposte ad esame istologico sono state rivalutate da 5 radiologi in termini di contorni, orientamento parallelo o non parallelo, margini, echo pattern (ipo, iso, ipere-cogeno, complesso, anecogeno) e assorbimento acustico posteriore. Ad ogni radiologo è stato chiesto di assegna-re a ciascuna lesione una categoria BI-RADS inclusa la suddivisione 4a, 4b e 4c. L’uso del BI-RADS per inte-pretare l’ecografi a ha mostrato una sostanziale concor-danza iterossservatore per quanto riguarda i contorni e l’orientamento della lesione anche se con valori inferiori nelle lesioni di piccole dimensioni, probabilmente per la diffi coltà di diff erenziare i contorni irregolari da quel-li arrotondati.La concordanza per quanto riguarda i margini è risulta-ta bassa solo nelle lesioni maligne per la diffi coltà a dif-ferenziare i margini microlobulati da quelli con piccole spiculazioni.La concordanza è risultata moderata per l’assorbimento acustico posteriore e nella classifi cazione dell’echo pat-tern con una concordanza eccellente per il pattern ipe-recogeno e anecogeno. La più grossa variabilità nella risposta interosservatore si è avuta nell’assegnazione delle categorie BI-RADS

(K=0.28) probabilmente per la suddivisione del gruppo 4 in sottogruppi, infatti la riproducibilità interosserva-tore incrementa se si considera la categoria 4 come un unico gruppo.Lo studio ha dei limiti, in primis considera solo le le-sioni sottoposte ad esame microistologico il che ridu-ce il numero delle lesioni in stadio BI-RADS 2 (0.3%) e 3 (11.6%). Inoltre i lettori non erano a conoscenza dell’esito dell’esame mammografi co e la classifi cazione BI-RADS delle lesioni era stabilita solo sulla base solo dell’ecografi a, il che non rifl ette quello che succede nella pratica clinica. Inoltre lo studio, essendo retrospettivo, si è basato sulla reinterpretazione solamente di due immagini per ogni lesione mentre nella pratica clinica l’esame ecografi co è uno studio real-time.

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62 ATTUALITÀ IN SENOLOGIA 2010 - N. 59

R A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R AR A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R A

PATOLOGIA BENIGNARECENSIONE A CURA DI A. PLUCHINOTTA E B. GNOCATO

UF Senologia Chirurgica - Chirurgia Mammaria Radioguidata - Policlinico Abano Terme (PD)

Vaughan A, Crowe JP, Brainard J, Dawson A, Kim J, Dietz JRMammary ductoscopy and ductal washings for the evaluation of patients with pathologic nipple dischargeBreast Journal 2009; 15(3): 254-260

COMMENTO: Per quanto la duttoscopia sia una tecnica diagnostica promettente, la sua letteratura e le sue applica-zioni pratiche sono a tutt’oggi limitate. Non vi è dubbio che essa presenti dei validi presupposti scientifi ci, confermata da alcune recenti pubblicazioni, l’ultima delle quali si deve a Michael Hünerbein (Ductoscopy of Intraductal Neoplasia of the Breast, in: Renzo Brun del Re (ed.) Minimally Inva-sive Breast Biopsies, Springer, Berlin Heidelberg, 2009). Nel web alcune suggestive immagini sono visibili anche su You Tube in www.youtube.com/watch?v=4yQ4PbsYf4U o su siti come www.ukbiopsy.com/ductoscopes.htm e www.cancernews.com/data/Article/236.asp). Nondimeno sui suoi limiti d’impiego probabilmente incide la convinzione restrit-tiva che si tratti di un semplice esame diagnostico attuabi-le solo in una limitata percentuale di casi, una buona parte dei quali non benefi cerebbe comunque di indicazioni tali da modifi care la terapia. Vengono in tal modo sottovalutate al-tre implicazioni pratiche di indubbia importanza dovute alla maggiore possibilità della duttoscopia:- di identifi care più correttamente le atipie, e quindi di modi-fi care l’estensione dell’intervento, in presenza di lesioni proli-ferative benigne suscettibili di essere borderline;- di anticipare alcune diagnosi di neoplasia a volumi minimi (0.25 mm);

- di stabilire meglio l’estensione della componente intradut-tale di alcune neoplasie con risultati, ai fi ni di una adeguata chirurgia conservativa, più affi dabili di quelli ottenibili da una RM;- di consentire interventi guidati dalla tecnica e quindi più completi rispetto ad una quasi abituale blind surgery.Vantaggi non da poco se teniamo conto che il carcinoma in-traduttale ha avuto negli ultimi anni un notevole incremento, che esso è da considerare il precursore -sia pure non obbliga-to- del carcinoma infi ltrante, che la sua possibile estensione è diffi cile da stabilire in quanto non strettamente correlata ad immagini visibili come le microcalcifi cazioni. Il lavoro di Vaughan e coll., basandosi su una casistica di 89 casi, sostiene che la duttoscopia permette una buona visibilità delle anoma-lie endoluminali ed un lavaggio del dotti tale da consentire la raccolta di migliaia di elementi cellulari su cui eff ettuare la diagnosi. L’articolo, inoltre, enfatizza il ruolo intraoperatorio della duttoscopia nella corretta identifi cazione ed asportazio-ne guidata delle lesioni a sviluppo più periferico.Non mancano tuttavia alcuni elementi di discussione, non tanto sui parametri tecnici (possibilità di incannulare e dila-tare il dotto) e interpretativi (per il momento ancora opera-tore-dipendenti), quanto sul giusto valore da attribuire alla maggiore quantità di dati conoscitivi ottenibili dalla tecnica sulle lesioni proliferative endoluminali. Tra questi, il fatto che nel lavoro di Vaughan le citologie eff ettuate sui prelievi da lavaggio dei dotti sembrano evidenziare la presenza di atipie citologiche in più della metà dei casi di papilloma (62% dei papillomi benigni). Questo dato si discosta alquanto dalla ca-sistica di pari numero di Kapenhas-Valdes E. et al. (Mamma-ry ductoscopy for evaluation of nipple discharge. Ann Surg Oncol. 2008;15(10):2720-2727) che su un numero quasi uguale di casi (93) ha riscontrato la presenza di atipie solo nel 6,5%. Ma soprattutto si discosta anche dai risultati della istologia defi nitiva di quasi tutte le casistiche riproponendoci ancora una volta il problema della reale infl uenza delle atipie sulla evoluzione delle lesioni.

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R A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R AR A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R A

QUALITÀ DI VITADISAGI E RELAZIONIRECENSIONE A CURA DI A. COLA E G. MARTINO

METIS Centro Studi in Oncologia, Formazione e Terapia - Milano

Petit JY, Veronesi U, Orecchia R, et al Nipple sparing mastectomy with nipple areola intraoperative radiotherapy: one thousand and one cases of a fi ve years ex-perience at the European institute of oncology of Milan (EIO)Breast Cancer Research & Treatment 2009; 117(2):333-338

ABSTRACT per ridurre al minimo il danno estetico la con-servazione del complesso capezzolo-areola (NAC) può essere proposta per il trattamento del cancro al seno con intervento di mastectomia. In questi casi per ridurre il rischio di recidive retro-areolari viene proposto un nuovo protocollo radio-chirur-gico che associa la mastectomia sottocutanea con la radioterapia intraoperatoria (ELIOT). Dal 2002 al 2007 preso lo IEO sono state eff ettuate mille e una mastectomie con conservazione del capezzolo (NSM), di queste l’82% per carcinoma infi ltrante e 18% per carcinoma in situ. 800 di queste donne sono state trattate con ELIOT e 201 con una unica dose di radioterapia il giorno seguente all’intervento chirurgico. Il follow-up medio è stato di 20 mesi (range 1-69). È stata registrata una necrosi totale del complesso capezzolo-areola nel 3,5% e parziale nel 5,5%. Nel 2% dei casi si è avuta infezione e la protesi è stata ri-mossa nel 4,3% delle donne. La valutazione soggettiva del risul-tato estetico è stata di 8 (su una scala da 0 a 10). Si è registrato l’1,4% di recidive locali. Nei due gruppi (ELIOT e radioterapia ritardata) non si sono evidenziate diff erenze signifi cative.

COMMENTO: Questo è il risultato autorevole di un grup-po prestigioso. Tuttavia le problematiche applicative della NSM

restano aperte: la selezione delle persone, le indicazioni e le con-troindicazioni, la tecnica operatoria, la valutazione istopatolo-gia, le modalità radioterapiche, la semeiotica biomeccanica e la valutazione conseguente degli esiti locali, funzionali e sistemici, le implicazioni psicologiche e relazionali sono stati l’oggetto di un gruppo di studio coordinato da Luigi Cataliotti, da Vivia-na Galimberti e Maria Piera Mano. Il documento di consenso nazionale, presentato al Congresso Attualità in Senologia di Fi-renze del 18-10 novembre 2009 è pubblicato sul questo stesso numero della rivista.

SENZA COMMENTO!Selezionando i lavori recenti sull’argomento qualità di vita, ci siamo imbattuti in penosi articoli sugli esiti ed abbiamo regi-strato una sovrabbondanza di pubblicazioni a… sfondo ses-suale. D’altro canto il 18 novembre 2009 nella riunione della FONCaM una parte degli astanti si è dimostrata incuriosita al ‘tema’ svolto dalla dott. Alessandra Graziottin su La sessualità dopo tumore al seno: limiti ed opportunità. Il nostro personale commento critico, esposto in Aula e le perplessità di molti altri Senologi, ripropongono l’attenzione sull’attuale tendenza al ri-duzionismo nozionistico ed alla segmentazione della conoscen-za che non trova riscontro nell’esperienza soggettiva.Anche noi - come è d’uso su canali televisivi indipendenti di fronte ad immagini sconcertanti - ci limitiamo a segnalarvi al-cuni lavori ‘Senza Commento’!

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R A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R AR A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R A

RADIOTERAPIARECENSIONI A CURA DI L. LOZZA

SC RadioterapiaFondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano

Adamowicz K, Marczewska M, Jassem JCombining systemic therapies with radiation in breast cancerCancer Treatment Reviews 2009; 35: 409-416

Halyard MY, Pisansky TM, Dueck AC et al Radiotherapy and adjuvant trastuzumab in operable breast cancer: tolerability and adverse event data from the NCCTG phase III trial N9831J Clin Oncol 2009; 27: 2638-2644

Kirova YM, Caussa L, Granger Bet al Monocentric evaluation of the skin and cardiac toxici-ties of the concomitant administration of trastuzumab and radiotherapyCancer Radiothérapie 2009; 13: 276-280

La maggior parte delle pazienti aff ette da neoplasia mammaria è inserita in programmi terapeutici che

prevedono chirurgia, terapie sistemiche e radioterapia, trattamenti complessi di cui è ancora dibattuta l’inte-grazione ottimale.E’ di più recente introduzione la somministrazione delle cosiddette “target therapies” (lapatinib, anticorpi monoclonali) e per alcuni componenti è stata identifi -cata, in studi preclinici, attività sinergica con la radio-terapia.Ancor più controversa è divenuta, pertanto, la scelta di una loro somministrazione concomitante alla radio-terapia, stante la scarsa conoscenza dei possibili eff etti

collaterali derivanti.Circa il 15-30% delle neoplasie mammarie esprime HER-2 (human epidermal growth factor receptor 2), malattie a più severa prognosi gravate da maggior ri-schio di ricaduta.In queste situazioni è stata validata l’effi cacia di tra-stuzumab, anticorpo monoclonale la cui somministra-zione ha dimostrato un signifi cativo aumento della sopravvivenza libera da malattia e della sopravvivenza globale.Il benefi cio di trastuzumab sembra essere tanto mag-giore quanto più precoce è la sua introduzione nel trat-tamento sistemico.Le tossicità più rilevanti sono state riscontrate a livello cardiaco.Trastuzumab viene generalmente somministrato per lunghi periodi e ne è prevedibile la somministrazio-ne concomitante ai programmi di radioterapia: è stato pertanto ipotizzato un possibile aumento degli eff etti collaterali, soprattutto cutanei e cardiaci.Nello studio randomizzato del North Central Cancer Treatment Group N9831, su 1503 pazienti HER 2 po-sitive candidate a regimi di chemioterapia adiuvante comprendenti doxorubicina, ciclofosfamide, paclitaxel e trastuzumab, si è valutata la tossicità della sommini-strazione concomitante di radioterapia e trastuzumab.Ad un follow up di 3.7 anni gli Autori non hanno ri-scontrato un aumento di eventi cardiaci, né di tossicità cutanea e polmonare, senza diff erenza tra le pazien-ti irradiate sulla regione mammaria destra o sinistra. I dati confermano la possibilità di somministrazione concomitante purché la radioterapia sia condotta con le migliori tecniche. Gli Autori francesi hanno valutato l’associazione di trastuzumab a trattamenti di radiote-rapia condotti su mammella o parete toracica con dosi e frazionamento convenzionali in 57 pazienti.

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R A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R AR A S S E G N A D E L L A L E T T E R A T U R A

Nell’88% dei casi è stata prevista l’irradiazione della catena mammaria interna alla dose di 43-48 Gy.Anche in questo lavoro non si è osservato un aumen-to della tossicità cutanea e cardiaca: una radioterapia condotta con tecnica di elevata qualità consente la concomitante somministrazione di trastuzumab anche quando prevista l’irradiazione ampi volumi.Dato il breve follow up, questi dati necessitano di con-ferme a più lungo termine.

Zellars RC, Stearns V, Frassica D et al Feasibility trial of partial breast irradiation with con-current dose-dense doxorubicin and cyclophosphamide in early-stage breast cancerJ Clin Oncol 2009; 27: 2816-1822

Nel trattamento delle neoplasie mammarie la som-ministrazione concomitante di chemioterapia e

radioterapia off rirebbe idealmente i migliori benefi ci, riducendo il tempo globale delle cure, massimizzando-ne l’effi cacia, sfruttando anche gli eff etti radio sensibi-lizzanti peculiari di alcuni farmaci.Se vi è accordo sulla possibile concomitanza dell’irra-diazione della mammella con CMF, da molti oncologi (medici e radioterapisti) è sconsigliata la contempora-nea combinazione di antracicline e taxani con la radio-terapia, dato il rilevante riscontro di eff etti collaterali, anche gravi, a livello degli organi critici.Per quanto riguarda la tossicità cutanea si sono docu-mentate in letteratura reazioni di grado elevato nel 30-44% dei casi.La irradiazione parziale della mammella potrebbe con-sentire l’associazione con tali farmaci, in virtù di una minor quantità di volumi irradiati.Questo il presupposto dello studio di fase I condot-to in 25 pazienti accuratamente selezionate per partial

breast irradiation negli anni 2004-2007. La radiotera-pia è stata condotta alla dose di 40.5 Gy in 15 frazioni, utilizzando fasci esterni con tecnica 3D o ad intensità modulata, in associazione con i primi due di quattro cicli di chemioterapia comprendente doxorubicina e ciclofosfamide.Gli Autori hanno rilevato una bassa tossicità ematolo-gica e l’insorgenza di dermatite di grado moderato in circa l’11% delle pazienti.Il campione di pazienti osservato è esiguo e di esse il 12% non ha completato la chemioterapia.

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N U O V I S T U D IN U O V I S T U D I

I Retinoidi sono una classe di farmaci molto studiata in sperimentazioni cliniche di farmaco prevenzione,

grazie ai numerosi dati ottenuti in diversi modelli pre-clinici che hanno dimostrato la capacità di regolare la crescita cellulare, la diff erenziazione e l’apoptosi.1 L’in-duzione d’apoptosi è una caratteristica unica di fenre-tinide (4-HPR), il retinoide maggiormente impiegato in studi clinici di farmacoprevenzione del carcinoma mammario. Questa molecola è infatti in grado di accu-mularsi selettivamente nei tessuti mammari2 ed il suo profi lo di tossicità si è dimostrato essere molto basso3 (secchezza cutanea e rush, e diffi coltà d’adattamento visivo al buio, sintomi peraltro molto ridotti e preve-nibili con un weekend di sospensione del farmaco ogni mese di trattamento4).I risultati di quindici anni di follow-up di uno stu-dio randomizzato di fase III5 che impiegava fenretini-de con l’obbiettivo di prevenire un secondo tumore al seno dimostrano che la fenretinide è in grado di ridur-re del 17% l’incidenza complessiva di secondi tumori mammari, eff etto che si mantiene nel tempo. Stratifi cando poi la popolazione in base allo stato me-nopausale l’analisi ha mostrato una riduzione stati-sticamente signifi cativa del 38% nelle donne in pre-menopausa e questo eff etto protettivo persiste fi no a 15 anni, vale a dire 10 anni dopo la sospensione del trattamento. Soprattutto, più giovani erano le donne, maggiori sembrano essere i benefi ci legati alla fenreti-nide, con una riduzione del rischio fi no al 50% nelle

donne di età inferiore ai 40 anni, mentre tale benefi cio sembra scomparire dopo 55 anni d’età.Recenti studi hanno dimostrato che la 4-HPR modu-la l’espressione genica nelle cellule ovariche, con una up-regolazione dell’espressione dei geni proapoptotici nelle cellule tumorali e una down-regolazione dei geni BRCA mutati nelle cellule precancerose.6, 7 Questo suggerisce un eff etto sia preventivo nelle cellule pre-cancerose sia terapeutico sulle cellule tumorali. Consi-derando l’attività protettiva della fenretinide riscontra-ta sia per i secondi tumori al seno in donne giovani, sia per il cancro ovarico8 (quest’ultimo almeno durante il periodo di trattamento), appare evidente che le giovani donne ad alto rischio, come quelle con mutazione ger-minale dei geni BRCA-1 e BRCA-2 oppure le donne con un alto rischio familiare rappresentino le candi-date ideali per ulteriori indagini su questo retinoide. Inoltre, la fenretinide si è dimostrata capace d’inibire la crescita di linee cellulari BRCA-1 mutate.Sulla base di tutte le considerazioni abbiamo deciso di organizzare uno studio randomizzato di fase III, mul-ticentrico, placebo controllato con fenretinide in gio-vani donne sane ma ad alto rischio di sviluppare un tumore al seno.Un totale di 758 donne sane, d’età compresa tra 25-44 anni e ad un aumento del rischio (portatrici di mutazioni BRCA 1 / 2 o con un rischio di mutazione ≥ 20%) verranno randomizzate a 4-HPR 200 mg/die versus placebo per 5 anni. Alla fi ne del trattamento, i soggetti verrano seguiti per altri dieci anni di follow up. L’obiettivo primario di questo studio è valutare l’ef-fi cacia del fenretinide nel ridurre l’incidenza di cancro al seno, sia in situ sia infi ltrante.Tra gli endpoint secondari vi sono: l’inci-denza di altre patologie mammarie, (neopla-sia intraepiteliale lobulare, iperplasia atipica),

Prevenzione del tumore al seno con fenretinide in donne giovani a rischio genetico e familiare. Studio Randomizzato di fase III.

MATTEO LAZZERONI*; BERNARDO BONANNI*

* Divisione di Prevenzione e Genetica Oncologica, Istituto Europeo di Oncologia, Milano.§ Scuola di Specializzazione in Oncologia, Università di Roma Tor Vergata, Roma.

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N U O V I S T U D IN U O V I S T U D I

di carcinoma ovarico e di altri tipi di cancro. Lo studio è promosso e coordinato dall’Istituto Euro-peo di Oncologia di Milano e circa 15 centri italiani saranno coinvolti nel processo.I soggetti saranno seguiti periodicamente con visite cli-niche ogni 6 mesi, mammografi a, ecografi a mammaria, risonanza magnetica del seno e ecografi a transvaginale annualmente. Ad ogni visita verrà eseguito un prelievo venoso per esami di sicurezza e analisi dei principali biomarcatori di rischio. Come altri retinoidi, anche la fenretinide potrebbe avere eff etti potenzialmente teratogeni, nonostante gli studi disponibili non mostrino eff etti genotossici sia in vitro sia in vivo,9, 10 senza evidenza di accumu-lo nell’embrione umano. Pertanto, adeguate misure di contraccezione devono essere adottate quando si trat-tano le donne potenzialmente fertili.

Reference List

1. Lippman SM, Lee JJ, Sabichi AL. Cancer chemo-prevention: progress and promise. J Natl Cancer Inst 1998; 90(20):1514-1528.2. Mehta RG, Moon RC, Hawthorne M, Formelli F, Costa A. Distribution of fenretinide in the mammary gland of breast cancer patients. Eur J Cancer 1991; 27(2):138-141.3. Camerini T, Mariani L, De Palo G et al. Safety of the synthetic retinoid fenretinide: long-term results from a controlled clinical trial for the prevention of contralate-ral breast cancer. J Clin Oncol 2001; 19(6):1664-1670.4. Decensi A, Torrisi R, Polizzi A et al. Effect of the syn-thetic retinoid fenretinide on dark adaptation and the ocular surface. J Natl Cancer Inst 1994; 86(2):105-110.

5. Veronesi U, Mariani L, Decensi A et al. Fifteen-year results of a randomized phase III trial of fenretini-de to prevent second breast cancer. Ann Oncol 2006; 17(7):1065-1071.6. Formelli F, Cleris L. Synthetic retinoid fenretinide is effective against a human ovarian carcinoma xenograft and potentiates cisplatin activity. Cancer Res 1993; 53(22):5374-5376.7. Kaiser PC, Korner M, Kappeler A, Aebi S. Retinoid receptors in ovarian cancer: expression and prognosis. Ann Oncol 2005; 16(9):1477-1487.8. De Palo G, Mariani L, Camerini T et al. Effect of fenretinide on ovarian carcinoma occurrence. Gynecol Oncol 2002; 86(1):24-27.9. Turton JA, Willars GB, Haselden JN, Ward SJ, Ste-ele CE, Hicks RM. Comparative teratogenicity of nine retinoids in the rat. Int J Exp Pathol 1992; 73(5):551-563.10. Kenel MF, Krayer JH, Merz EA, Pritchard JF. Tera-togenicity of N-(4-hydroxyphenyl)-all-trans-retinamide in rats and rabbits. Teratog Carcinog Mutagen 1988; 8(1):1-11.

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68 ATTUALITÀ IN SENOLOGIA 2010 - N. 59

S P I E G H I A M O L A M E D I C I N AS P I E G H I A M O L A M E D I C I N A

L’espressione genica nel cancro della mammella: le potenzialità applicative presenti e future

Maria Grazia Daidone

Dipartimento di Oncologia Sperimentale e Medicina Mole-colare - Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori

Nonostante i signifi cativi avanzamenti in termini di an-ticipazione diagnostica ed effi cacia terapeutica (grazie

all’utilizzo di approcci conservativi e risolutivi a livello loco-regionale, all’impiego di trattamenti adiuvanti citotossici e/o anti-ormonali e, più recentemente, di farmaci mirati contro bersagli molecolari presenti sulle/nelle cellule neoplastiche) che hanno prodotto – fi n dagli anni novanta – una riduzio-ne della mortalità, il carcinoma della mammella rimane uno dei principali problemi di salute pubblica in campo oncolo-gico, con più di 37.000 nuovi casi e 11.000 morti l’anno tra le donne italiane. I principali problemi clinici e biologici ancora non risolti per questa neoplasia sono rappresentati da: i. aumentata incidenza (quali i fattori predisponenti e i sottogruppi a ri-schio); ii. prevenzione (chi ne ha bisogno, quando e come, e come eff ettuare identifi cazione e sorveglianza dei sogget-ti a rischio); iii. diagnosi precoce (messa a punto di meto-di specifi ci e sensibili possibilmente a minima invasività);

iv. progressione della malattia (impatto dello stile di vita, della biologia del tumore e del microambiente tumorale, e identifi cazione di predittori biomolecolari solidi e attendibi-li); v. trattamento (chi ne ha bisogno e quale è il migliore/l’ottimale per sottogruppi di pazienti o per la singola pazien-te): vi. resistenza e tossicità ai/dei trattamenti clinici (come predirle, prevenirle, superarle).Proprio l’eterogeneità del tumore della mammella, in termi-ni di suscettibilità genetica, comportamento clinico, profi lo biomolecolare e caratteristiche istomorfologiche, rappresen-ta il maggiore ostacolo alla soluzione di questi problemi. Studi a livello genetico e trascrizionale hanno dimostrato che tale eterogeneità può essere spiegata da a) una diff eren-te suscettibilità alla trasformazione neoplastica da parte dei diversi lineage cellulari che costituiscono la ghiandola mam-maria; b) un andamento non necessariamente lineare nella progressione della carcinogenesi mammaria da condizioni di massimo diff erenziamento a situazioni di estremo sdiff e-renziamento, anche complicata dal fatto che c) non esiste un singolo pathway o una presentazione istologica dominante, diff erentemente da quanto si osserva per altre neoplasie nel-le quali mutazioni di un singolo pathway hanno un ruolo virtualmente dominante nella progressione in tutti i tumo-ri. Recentemente, approcci tecnologici di elevata qualità e altamente performanti hanno fornito per mezzo di analisi molecolari multidimensionali nuove modalità classifi cative per il carcinoma mammario e potranno rappresentare uno strumento attraverso il quale ridurre la complessità della pa-tologia decifrandone l’eterogeneità biologica e quindi iden-tifi cando in maniera precisa tra le donne a rischio quelle che eff ettivamente svilupperanno la malattia e tra queste ultime quelle a rischio di disseminazione metastatica, per le quali è necessario pianifi care trattamenti sistemici in aggiunta ai loco-regionali.L’impressionante mole di conoscenza generata dagli studi del profi lo di espressione genica sta in eff etti signifi cativamente modifi cando la classifi cazione correntemente utilizzata per

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S P I E G H I A M O L A M E D I C I N AS P I E G H I A M O L A M E D I C I N A

il carcinoma mammario, così come le teorie sui meccanismi alla base di insorgenza, progressione e metastatizzazione.Molte signature (o impronte) prognostiche sono state svi-luppate con l’utilizzo di approcci “top-down”, cioè retro-spettivi in termini di applicazione poiché derivano i model-li prognostici direttamente dalle correlazioni tra profi li di espressione genica e andamento della malattia in casistiche cliniche (fanno parte di questa tipologia gli studi sui profi li di espressione genica condotti ad Amsterdam1, a Rotterdam2, e lo studio che ha prodotto il Recurrence Score3). Due di queste signatures, quella di Amsterdam costituita da 70 geni (il cui test, approvato da FDA, è commercializzato come Mammaprint), e quella del Recurrence Score (basata su 16 geni e “contesto-specifi ca” poiché derivata dall’analisi di una casistica clinica di tumori ER+ da pazienti sottoposte a trattamento anti-ormonale, il cui test, commercializzato come Oncotype-Dx, potrebbe avere una maggiore utilità clinica ri-spetto ad un classifi catore solo prognostico, in quanto fornisce informazioni anche sulla risposta ad un determinato tratta-mento) sono oggetto di due studi prospettici su migliaia di casi, i cui risultati sono fi n d’ora molto attesi (anche se disponibili nei prossimi 5-10 anni). Lo studio clinico basa-to sulla signature di 70 geni prevede la randomizzazione di pazienti con tumore N- per rispondere al seguente quesito di rilevanza clinica: “could Microarray In Node-negative Dise-ase Avoid ChemoTh erapy (MINDACT) for more patients than conventional clinical risk assessment can do?”. L’altro studio, basato sull’utilizzo del Recurrence Score, viene condotto su pazienti con tumore N-ER+ e, poiché il test fornisce risul-tati su scala continua (non dicotomici come il precedente), prevede una modulazione del trattamento in relazione alla classe di rischio, con la somministrazione di ormonoterapia per pazienti con tumore a basso rischio, chemioterapia + omonoterapia per pazienti con tumore ad alto rischio, e la randomizzazione tra ormono e chemioterapia per pazienti con tumore a rischio intermedio.In attesa dei risultati di questi due importantissimi stu-

di prospettici è opportuno fare alcune considerazioni. La maggior parte delle signature prognostiche sviluppate per il carcinoma mammario sono sovrapponibili (e quindi ridon-danti) in termini di potere predittivo, mentre mostrano solo minime sovrapposizione tra i geni che le costituiscono (mal-grado le casistiche cliniche da cui sono state originate si possa-no considerare simili nella maggior parte degli studi), senza fornire informazioni realmente clinicamente utili per perso-nalizzare il trattamento post-chirurgico. Recentemente si è fatta strada la convinzione che, per aumentare l’accuratezza predittiva dei profi li di espressione genica, le informazioni relative alle signature individuali devono essere ampliate tanto da includere anche caratteristiche biologiche e studi funzionali, e questo ha portato alla defi nizione di set di geni associati alla singole, specifi che caratteristiche funzionali delle cellule tumorali e ad una predittività meno “contesto-associata” (cioè valida solo per lo studio da cui è stata generata, o per studi con caratteristiche simili). Questo nuovo disegno sperimentale trae vantaggio principalmente dallo studio di modelli e sistemi sperimentali con un approccio “botton-up” (prospettico in termini di applicazione: si studia - ad esempio - il processo metastatico utilizzando una linea di cellule tumorali umane altamente metastatica in vivo alle ossa e la predittività del profi lo genico ottenuto viene testata e validata sui database di carcinomi mammari già sottoposti ad analisi molecolare, at-tualmente disponibili in rete). Inoltre, poiché fi nalizzate allo studio delle caratteristiche specifi che della cellula tumorale, queste nuove signature presentano una predittività non isto-tipo-specifi ca, ma generalizzabile a più neoplasie, anche di diversa origine. Un eccellente esempio di come questi nuovi approcci integrati di genomica funzionale contribuiscano ad aumentare non solo la conoscenza in senso lato, ma an-che l’informatività clinica, è fornito dal lavoro di Acharya4, nel quale gli Autori hanno testato l’accuratezza predittiva di geni componenti le signature della risposta dei fi broblasti al siero5 insieme a quelli associati ad instabilità cromosomica5, invasività6, staminalità7 e TNF 8 su una casistica di carcino-

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S P I E G H I A M O L A M E D I C I N AS P I E G H I A M O L A M E D I C I N A

mi della mammella derivata da 5 set di dati analizzati con la piattaforma genomica Aff ymetrix. Tutte queste signature, considerate singolarmente, avevano mostrato un signifi ca-to prognostico in alcuni casi anche decisamente rilevante; tuttavia, considerata la complessità e l’eterogeneità biologica del carcinoma mammario, è verosimile che il singolo tumo-re presenti una serie di alterazioni molecolari che compren-dono più aspetti funzionali, e che quindi la considerazione di profi li integrati possa essere maggiormente informativa, anche quando confrontata con un modello predittivo clini-co-patologico come Adjuvant!Online, molto utilizzato nella pratica clinica.Tuttavia, abbiamo realmente bisogno, al momento attuale, di un nuova signature predittiva, anche se generata in manie-ra molto più razionale che in passato, considerando il fatto che, comunque, la predittività non è perfetta nell’identifi ca-re né il minimo rischio, né l’alto rischio? Ovvero, abbiamo ancora bisogno di indicatori di rischio, o forse non è arrivato il momento in cui bisogna mettere a fuoco il nuovo obiet-tivo della Medicina Molecolare: un’azione più mirata grazie all’identifi cazione di predittori molecolari di risposta a trat-tamenti specifi ci e/o di nuovi target molecolari aggredibili farmacologicamente.E’ nel fornire la risposta a questo quesito che il lavoro di Acharya evidenzia il suo valore aggiunto rispetto a lavori analoghi. Infatti, le informazioni sui profi li di espressione genica relativi alla prognosi vengono integrate con i dati prodotti su linee cellulari9, sensibili e/o resistenti a farmaci convenzionali, considerati singolarmente e in associazione. In questo modo, si opera una integrazione tra prognosi e risposta a trattamenti specifi ci che, in associazione alle in-formazioni clinico-patologiche già disponibili, potrebbe ve-ramente contribuire a personalizzare la medicina, adeguan-do la terapia all’aggressività del tumore e alla sua intrinseca chemioresponsività. In termini pratici, pazienti classifi cate a prognosi peggiore (con tumori nei quali è attivata la risposta dei fi broblasti al siero e che presentano instabilità cromosomica

e caratteristiche di staminalità) sono potenzialmente resisten-ti ad adriamicina e paclitaxel ma sensibili a docetaxel, eto-poside e topotecan. Per contro, pazienti classifi cate a buona prognosi (con tumore che presenta attivazione di TNF , SRC, RAS e -catenina) sono potenzialmente resistenti a doce-taxel, etoposide e topotecan ma sensibili a fl uoro-uracile, adriamicina, ciclofosfamide e paclitaxel.Queste osservazioni, ovviamente, devono essere validate su casistiche indipendenti, possibilmente attraverso un approc-cio realmente prospettico (pazienti trattate in base ai risultati del laboratorio rispetto ad un trattamento convenzionale), ma forniscono la preliminare evidenza che nel carcinoma mam-mario una razionale considerazione dell’insieme dei dati che provengono dal laboratorio può realmente integrare gli attuali criteri di classifi cazione clinico-patologica utilizzata in clinica. Inoltre, subito fruibili nella pratica clinica sono le infomazioni relative alla sensibilità/resistenza ai farmaci convenzionali in relazione al profi lo di espressione genica. L’approccio di Acharya, già parzialmente validato per la te-rapia neoadiuvante con un trial multicentrico EORTC10, potrebbe non solo essere esteso ad altre situazioni cliniche del carcinoma mammario (ormonoterapia, ad esempio), ma anche ad altre neoplasie, traendo vantaggio dalla quantità di dati di espressione genica disponibile in rete.

1. Van’t Veer L et al., Nature 2. Wang et al., Lancet3. Paik S et al., N Engl J Med4. Acharya CR et al., JAMA 299, 1574-87, 20085. Chang HY et al., Proc Natl Acad Sci USA, 3738-43, 20056. Carter SL et al., Nat Genet 38, 1043-1048, 20067. Liu R et al., N Engl J Med 356, 217-226, 20068. Viemann D et al., J Leukoc Biol 80, 174-185, 20089. Bild AH et al, Nature 439, 352-357, 200610. Bonnefoi H et al., Lancet Oncology 8, 1071-78, 2008

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N. 59 - 2010 ATTUALITÀ IN SENOLOGIA 71

Q U I C U R A N O C O S ÌQ U I C U R A N O C O S Ì

La Task Force di Senologia dell’Ospedale Evangelico Val-dese di Torino nasce nel 2002 dalla collaborazione tra

Servizi Ospedalieri e Service Autonomi Convenzionati e dalla volontà di creare una Unità di Senologia multidisciplinare, nel rispetto di un approccio per processi, che in sanità trova applicazione attraverso la defi nizione di percorsi diagnostico-terapeutici organizzati. In altri termini l’apporto culturale e di esperienza pratica di più operatori nel campo della senologia è confl uito nella defi nizione di una metodologia di lavoro ed in una serie di protocolli clinici che guidano il rapporto medico-paziente e che sono soggetti a continua verifi ca di correttezza e di effi cacia. L’Unità di Senologia opera nell’ambito del SSN secondo le normative e le linee guida regionali, nazionali ed interna-zionali, in collaborazione con i medici di medicina generale (MMG) e con gli specialisti che riferiscono alla Task Force sia le donne asintomatiche che non partecipano al Programma di Screening regionale, sia le donne aff ette da patologia mam-maria. L’Unità di Senologia opera nell’ambito del Gruppo In-terdisciplinare Cure (GIC) del Polo Torino Est.Tutte le Unità Operative dell’Ospedale Evangelico Valdese componenti la Task Force di Senologia hanno ottenuto la cer-tifi cazione ISO 9001, che garantisce la qualità delle prestazio-ni fornite e dell’attenzione al cliente.Il percorso seguito dalla paziente senologica che richieda l’in-tera procedura è così articolato:1. Possibilità di diagnosi mediante mammografi a ed ecografi a mammaria, con apparecchiature di ultima generazione, e ci-to-istologia da agoaspirato. I casi agoaspirati vengono discus-si collegialmente ed il referto viene consegnato alla paziente entro 4 giorni in oltre il 90% dei casi, con disponibilità per un accesso diretto alla chirurgia (visita immediata per chi la desidera).2. Possibilità di consultazione senologica, di prenotazione dell’intervento, di gestione di tutti gli esami pre-operatori e delle problematiche connesse alla patologia specifi ca, sino alla visita anestesiologica in regime di pre-ricovero.

Ospedale Evangelico Valdese di Torino

3. Informazione della paziente con strumenti idonei e det-tagliati al fi ne di renderla partecipe alla scelta del trattamen-to ritenuto più corretto. Compilazione della cartella clinica e consegna di uno stampato informativo sulle procedure del ricovero, di una lettera informativa per il MMG, di stampati tecnici informativi (come quello sul linfonodo sentinella) e del modulo di consenso informato (che la paziente dovrà ri-consegnare fi rmato al momento del ricovero).4. Possibilità di reperimento pre operatorio (fi lo metallico, traccia di carbone, tatuaggio cutaneo) delle lesioni non palpa-bili, presso l’Unità Operativa di Senologia diagnostica.5. Possibilità di identifi cazione del linfonodo sentinella con tracciante radioattivo 6-24 ore prima dell’intervento oppure in sala operatoria con colorante vitale.6. Ricovero presso l’Unità Operativa di Ginecologia Mini Invasiva, contenuto nel più breve tempo possibile, salvo l’in-sorgenza di complicanze o la presenza di comorbilità: Day Hospital o Day Surgery per gli interventi quali tumorecto-mie, quadrantectomie, linfonodo sentinella; Day Surgery per mastectomie e dissezioni ascellari; oppure Ricovero Ordinario

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72 ATTUALITÀ IN SENOLOGIA 2010 - N. 59

Q U I C U R A N O C O S ÌQ U I C U R A N O C O S Ì

SERVIZI

ANATOMIA PATOLOGICA

Ospedale Evangelico Valdese Via Pellico,19 - 10125 TorinoPrimario: dott.ssa Laura VibertiTelefono: 0116540308 Fax: 0116540365E-mail: [email protected]

Attività per patologia mammaria

Ore dedicate (settimana) 20Esami refertati nel 2008- istologici 429- citologici 353- microistologici 761La classifi cazione istologica codifi cata SIEsiste un archivio informatizzato SIGrading, recettori ormonali e indicatori di proliferazione vengono valutati SI, in tutti i casi I pezzi operatori sono orientati (fi li, reperi metallici ecc.)? SI Viene effettuata la marcatura dei limiti di sezione chirurgica ? SIDisponibilità della radiografi a di controllo del pezzo operatorio al momento dell’esame ? NOL’esame estemporaneo viene effettuato- sulle microcalcifi cazioni NO- sui tumori inferiori ad 1 cm NO - sui margini di sezione chirurgica in caso di intervento conservativo NO

con degenza massima di due giorni per le mastectomie con ricostruzione immediata.7. Dimissione con materiale informativo (p.es. sui drenaggi, sulle complicanze derivanti da dissezione ascellare e sulle mi-sure riabilitative suggerite in tali casi).8. Pronta reperibilità 24 ore / 24 in caso di emergenza chi-rurgica.9. Gestione ambulatoriale programmata del post operatorio da parte della Unità operativa di Ginecologia Mini Invasiva (per tutti i casi di sola chirurgia benigna od oncologica), oppure di Chirurgia Plastica (in caso di ricostruzione im-mediata).10. Nuova discussione collegiale del caso clinico quando si rende disponibile l’esame istologico, 1-3 settimane dopo l’in-tervento.11. Consegna dell’esame istologico alla paziente con comuni-cazione delle decisioni collegiali e delle date programmate per la visita oncologica e per quella radioterapica (se necessaria), che devono essere comunicate al MMG e/o allo specialista inviante.12. Rinvio al curante delle donne operate per patologia mam-maria benigna oppure programmazione dei controlli periodici presso le Unità Operative di Oncologia (in caso di carcinomi) e di Senologia Diagnostica (in caso di microcalcifi cazioni).La standardizzazione delle procedure, il controllo della qua-lità e delle complicanze, il gradimento dimostrato dalle don-ne aff erenti e dai medici referenti hanno prodotto in questi anni un netto incremento della produttività (2359 interventi nel periodo 2003-2008), attualmente ben al di sopra degli standard suggeriti dagli indicatori di qualità elaborati in sede GISMA ed EUSOMA.E’ particolare la cura al contenimento della degenza nel tem-po minimo necessario per coprire le emergenze medico-chi-rurgiche dell’immediato post operatorio e per ridurre le com-plicanze infi ammatorie e trombo-emboliche tardive (a tal fi ne sono attivi protocolli di profi lassi antibiotica, meccanica ed eparinica). Tale cura consente di ridurre la spesa sanitaria pro capite e di gestire un’ampia casistica operatoria ottimizzando l’utilizzo dei posti letto.La collaborazione multidisciplinare ha consentito la parteci-pazione a studi clinici multicentrici e l’eff ettuazione di ricer-che originali in campo chirurgico, sebbene il nostro non sia un Istituto di Ricerca e quindi non abbia una programmazio-ne d’indirizzo.Prossimamente la nostra unità diverrà sede di screening nella Città di Torino. Sono spiacente di non poter allegare una fo-tografi a del ns Ospedale, per motivi tecnici, ma vi sono grato per averci dato la possibilità di pubblicizzare i risultati del ns lavoro.

Franco Genta

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N. 59 - 2010 ATTUALITÀ IN SENOLOGIA 73

Q U I C U R A N O C O S ÌQ U I C U R A N O C O S Ì

DIAGNOSTICA RADIOLOGICA

Ospedale Evangelico Valdese Via Ormea 21bis - 10125 TorinoPrimario: dott. Eugenio ZanonTelefono: 0116540392E-mail: [email protected]

MEDICINA NUCLEARE

Ospedale di Moncalieri (TO)Piazza Amedeo Ferdinando 3 CAP 10024Primario FF: dott Giacomo CanaveseTelefono 011.6930479 Fax 011.6930481

ONCOLOGIA

Ospedale Evangelico Valdese Via Pellico,19 - 10125 TorinoPrimario: Dott. Gianni Fornari Telefono: 011.6540241 Fax 011.6540351E-mail [email protected]

CHIRURGIA

Ospedale Evangelico Valdese Via Pellico,19 - 10125 TorinoResponsabili Ginecologia Mini Invasiva: Dott. Francesco Deltetto e Marco CamanniRiferimento Senologia Chirurgica: Dott. Franco Genta Telefono: 011.6540442Fax: 011.6540449E-mail: [email protected]

Attività per patologia mammaria

Ore/settimana dedicate 44Attività di screening SI, nel comune di Torino per la fascia d’età 50 -69 anni Mammografi e eseguite nel 2007 11.000

Attività per patologia mammaria

Ore dedicate (settimana) 12N° annuo di linfonodi sentinella eseguiti 400Da quanti anni viene eseguito di routine la tecnica del linfonodo sentinella? 8 N° annuo di ROLL eseguite 40N° annuo di scintigrafi e ossee eseguite per patologia mammaria 1800E’ disponibile PET o TAC/PET NOSi eseguono trattamenti radiometabolici loco-regionali o sistemici SI

Attività per patologia mammaria

Ore dedicate (settimana) 55

Attività per patologia mammaria

Ore dedicate (settimana) 36Numero totale di nuovi casi/anno 2007 - Benigni 99- In situ 33- Carcinomi invasivi 345Attesa (gg) media per lesione maligna dalla indicazione all’intervento 30Giorni di degenza media 1,2Disponibilità di sessioni di sala operatoria alla patologia mammaria? SILetti di degenza dedicati SI, 7 Disponibilità di ricostruzione immediata e/o collaborazione di un chirurgo plastico SI Si utilizza la tecnica del linfonodo sentinella SISe occorre terapia adiuvante la paziente viene inviata alle oncologie

Giorni attesa (in media) 180 per screening e follow-up, 0 per sintomaticheApparecchiatura in dotazione- mammografi N° 2 Giotto IMS Digitale (18x24 e 24x30) - ecotomografi Esaote My Lab 70 - Acuson Sequoia con sonda da 15 Controlli di qualità periodici SIRadiografi e del pezzo operatorio in tutti i reperimenti preoperatori SI

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74 ATTUALITÀ IN SENOLOGIA 2010 - N. 59

Q U I C U R A N O C O S ÌQ U I C U R A N O C O S Ì

RADIOTERAPIA

Ospedale San Giovanni Antica Sede Via Cavour, 31 Torino CAP 10123Primario: Dott. Alessandro Boidi Trotti Riferimenti: Dott. Rovea Paolo Telefono 011.6333612 Fax 011.6333518E-mail: [email protected]

FOLLOW-UP

Attività per patologia mammaria

Ore dedicate (settimana) 3Numero totale di nuovi casi/anno 467N° sorgenti di cobalto in funzione 1N° acceleratori lineari in funzione 2Radioterapia Intraoperatoria (IORT) NOProcedure standardizzate di controllo di qualità in atto SITempo di attesa medio (n. giorni) 60

Presso quale ambulatorio si svolge radioterapia e oncologia Se più servizi sono coinvolti nel FU, la paziente si rivolge ad uno solo di questi per le visite e questo le gestisce in collegamento tra i Servizi interessati (cioè il follow up dei pazienti è svolto in modo coordinato tra i Servizi) SIIl follow -up è modulato in base a: tempo intercorso dal trattamento, esame clinico e tutti gli esami di routine Esiste un servizio per la riabilitazione funzionale di riferimento per le pazienti SI, ASL TO 1, vi vengono inviate tutte le pazienti con complicazioni post-trattamento.Disponibilità di trattamenti per il linfedema (pressoterapia, linfodrenaggio ecc.) e consulenza psicologica SI

Numero totale di nuovi casi/anno (2007) 370Tipologia dei trattamenti eseguiti/anno- chemioterapia neoadiuvante: 15- chemioterapia adiuvante: 200- chemioterapia per riprese di malattia 30

Vengono effettuati incontri multidisciplinari (con presenza almeno del radiologo, patologo e chirurgo) per la discussione dei casi clinici? Si, con frequenza

bisettimanale

Negli ultimi tre anni avete inserito pazienti di carcinoma mammario in studi clinici? SI

Se si, specifi care quali studi: GIM 1-2- 3-4-5-8; Studio Neoadiuvante

(Prof.sa Sapino); Short Her (AIFA)

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N. 59 - 2010 ATTUALITÀ IN SENOLOGIA 75

N E W SN E W S

Reportage, fatti, avvenimenti, notizie

NNNN.NN. 595995599959 22-- 2 220011010101010100 AA A ATTTTUUTTUTT ALIALIALIITÀTÀTÀÀTÀTÀÀTÀ ININININ SENSENSESENESSENSENSESENS OLOOLOOOLOOLOLOGIAGIAGIAGIA 7575575755

Dal 18 al 20 novembre si è svolta a Firenze la V edizione del Congresso “Attualità in Senologia” che ha visto riu-

niti al Palazzo dei Congressi un migliaio di specialisti dedi-cati alla patologia della mammella. Il congresso rappresenta ormai per il mondo della senologia italiana un appuntamen-to fi sso, un momento di incontro e di confronto, per discu-tere sulle problematiche più attuali.Filo conduttore dei temi trattati è stata la multidisciplinari-tà, elemento base ed indispensabile per garantire alla donna il trattamento più adeguato e per dimostrare come sia essen-ziale dedicarsi alla diagnosi e alla cura della patologia della mammella con spirito di squadra.Molti gli argomenti trattati nelle diverse sessioni: screening e rischio di overtreatment, mammografi a digitale, senologia interventistica, tomosintesi, chirurgia oncoplastica, cellule staminali e chirurgia ricostruttiva, terapia medica,DCIS, LCIS, nipple sparing mastectomy.Una delle sessioni conclusive è stata dedicata ad “uno sguar-do al futuro”, nella quale i relatori hanno presentato dati promettenti riguardo le cellule staminali, le cellule tumorali circolanti e i fattori prognostici e predittivi emergenti.Il congresso si è concluso con una tavola rotonda che ha aff rontato due temi molto attuali e rilevanti per il doma-ni della senologia: le breast unit e le specializzazioni degli esperti, che si è conclusa con la presentazione e votazione di uno statement al fi ne di sensibilizzare le istituzioni.Appuntamento a Firenze dal 16 al 18 novembre 2011.

Congresso AIS2009 Unità multidisciplinaredi Senologia Raccomandazioni di Ais 2009

In occasione del congresso Attualità in Senologia 2009, durante la sessione “il domani della senologia: le Breast

Unit e le specializzazioni” è stato presentato e votato dai presenti il seguente documento, simbolicamente consegnato alla Sen. Laura Bianconi, al fi ne di sensibilizzare le istitu-zioni alla implementazione delle unità multidisciplinari di senologia, in ottemperanza con quanto previsto dalle Riso-luzioni (2003- 2006) del Parlamento Europeo.

Premesso che: - Nell’ottobre 1998 si è tenuta a Firenze la Prima Confe-renza Europea sul cancro della mammella, al termine della quale si è votato un documento “Florence Statement” che stabilisce che tutte le donne abbiano accesso ad un centro multidisciplinare dedicato alla patologia della mammella (EJC vol 35 – n. 1 pp 14-15, 1999)

- Nel 2000 la European Society of Breast Cancer Specialists (EUSOMA) ha pubblicato i Requisiti che una Unità di Se-nologia deve avere.(EJC vol 36 pp 2288-2293, 2000). Tali lineeguida sono state aggiornate e pubblicate sulle European Guidelines for quality assurance in breast cancer screening and diagnosis (4th Edition Luxemburg offi ce for Offi cial publications of the European communities 2006).

- Nel 2001 si è tenuta a Bruxelles la Seconda Conferenza Europea sul cancro della mammella al termine della quale si è votato un documento “Brussels Statement” che stabilisce che il cancro della mammella deve essere curato in centri multidisciplinari e che i governi nazionali costituiscano e ac-creditino le breast unit nei loro paesi secondo le linee guida Eusoma.

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76 ATTUALITÀ IN SENOLOGIA 2010 - N. 59

N E W SN E W S

- Nel giugno 2003 il Parlamento Europeo ha votato all’una-nimità una Risoluzione elaborata dalla Commissione per i Diritti della Donna e le Pari Opportunità che propone di fare della lotta al cancro al seno una priorità della politica sanitaria degli Stati membri.

- La Risoluzione Europea raccomanda che tutte le pazienti con carcinoma della mammella siano curate da una equipe multidisciplinare e chiede che gli stati membri stabiliscano una rete di centri dedicati multidisciplinari per tutta la po-polazione in base ai requisiti di Eusoma.

- Nell’ottobre 2006 il Parlamento Europeo ha votato la nuo-va Risoluzione che ribadisce quanto aff ermato in quella del 2003, invitando inoltre gli Stati membri a garantire entro il 2016 la creazione a livello nazionale di Unità di Senolo-gia, poiché è dimostrato che il trattamento del tumore della mammella in centri multidisciplinari, aumenta le possibilità di sopravvivenza e migliora la qualità di vita.A questo proposito, la Commissione richiede agli Stati membri di riferire ogni due anni sui progressi a tale riguar-do.

- In Italia, il Senato della Repubblica (15 ottobre 2003) e la Camera dei Deputati (3 marzo 2004) hanno approvato all’unanimità – sulla base della Risoluzione europea – delle Mozioni sulla lotta al tumore del seno. Il documento italia-no impegna il Governo ad una serie di iniziative concrete tra cui il garantire a tutte le donne aff ette da tumore al seno il diritto ad essere curate da una equipe multidisciplinare e sviluppare una rete capillare di centri di senologia certifi cati ed interdisciplinari che debbano soddisfare criteri di qualità.

- La Regione Campania con legge regionale n°20 del 09-11-2005 (BU regione Campania n°59 del 14-11-2005) ha

istituito le unità di senologia – Breast Unit.

- La regione Toscana con delibera n° 927 del 10-12-2007 ha deliberato di approvare il documento “Unità multidisci-plinare di Senologia in Toscana” per la organizzazione e la disciplina delle UMS e di impegnare ogni area vasta, a costi-tuire in fase iniziale almeno una unità multidisciplinare se-nologica e a prevederne l’ulteriore futura programmazione.

I partecipanti alla V edizione del congresso Attualità in Se-nologia formulano le seguenti raccomandazioni:

1. Che in Italia vengano presi ed attuati opportuni provvedi-menti legislativi a livello del piano sanitario nazionale e dei piani sanitari regionali per garantire che vengano create delle Unità di Senologia, a carattere multidisciplinare, secondo i requisiti della European Society of Breast Cancer Specialists (EUSOMA).

2. Che queste Unità di Senologia vengano certifi cate secon-do gli standard raccomandati dall’Eusoma.

3. Che vengano defi niti protocolli diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA) che garantiscono l’approccio multidi-sciplinare, la continuità delle cure a tutte le donne aff ette da carcinoma della mammella, ivi comprese la riabilitazione e le cure palliative, secondo criteri di appropriatezza, di ef-fi cacia ed effi cienza ,garantendo altresì pari opportunità di accesso alle risorse tecnologiche e alle necessarie competenze professionali.

4. Che ogni Unità di Senologia raccolga i dati del percorso diagnostico - terapeutico che devono essere disponibili per gli incontri periodici di auditing che l’unità deve svolgere regolarmente in base ad obiettivi di qualità e di risultato.

5. Che gli specialisti che lavorano in queste Unità siano de-dicati ed abbiano una formazione adeguata in base ai requi-siti indicati da Eusoma.

6. Che la formazione degli specialisti si svolga nelle Unità di Senologia secondo un programma formativo sviluppato di concerto con l’Università e con la rete formativa delle singo-le Scuole di Specializzazione.

7. Che il servizio sanitario nazionale garantisca agli specia-listi dedicati alla cura del tumore della mammella una pro-gressione di carriera.

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N. 59 - 2010 ATTUALITÀ IN SENOLOGIA 77

N E W SN E W S

www.senologia.it

Rozzano (MI) 28 e 29 ottobre 2010 Istituto Clinico Humanitas

Nelle donne sopra i 65 anni il tumore

della mammella è la più frequente patologia neo-plastica e la mortalità per causa specifi ca è netta-mente più elevata rispetto alle donne più giovani. L’ulteriore crescita demo-grafi ca attesa nei prossi-mi anni fa si che si debba guardare con grande at-tenzione a questa fascia di popolazione per giungere alla defi nizione di linee guida condivise sia per quanto riguarda gli aspet-ti relativi alla diagnosi precoce sia la pianifi cazio-ne terapeutica. Obiettivo di questa con-ferenza, che si aprirà a conclusione della seconda riunione plenaria seme-strale della FONCaM, è quello di cercare di in-trodurre una omogeneiz-zazione delle pratiche cliniche e promuovere progetti di ricerca specifi -ci per le pazienti di questa fascia di età.

PROGRAMMA

GIOVEDI 28 OTTOBRE

14.30 Apertura lavori. U. Veronesi (Milano) e A. Santoro (Milano)

14.50 Quando l’età infl uenza la scelta terapeutica. L Repetto (Roma)

  I Sessione: Prevenzione e screening Moderatore M. Rosselli Del Turco (Firenze)

15.10 I tumori della mammella in età avanzata: le dimensioni del problema A. Micheli (Milano)

15.25 Screening: fasce d’età e problematiche specifi che della popolazione anziana G. M. Giuseppetti (Ancona)

15.35 Ruolo delle metodiche diagnostiche nella paziente anziana P. Panizza (Milano)

  II Sessione: Trattamento loco-regionale, la chirurgia Moderatore L. Cataliotti (Firenze)

15.50 Valutazioni geriatriche e comorbilità nella scelta dell’intervento: SORRY SCORE R. Monzani (Milano)

16.10 Chirurgica senologica: come cambia in funzione dell’età A. Luini (Milano)

16.30 La chirurgia ricostruttiva in età avanzata: strategie e possibilità

  VENERDI 29 OTTOBRE

III Sessione: Trattamento loco-regionale, la radioterapia Moderatore G. Ausili Cefaro (Chieti)

09.30 Trattamento conservativo senza radioterapia: studi clinici in corso C. Tinterri (Milano)

09.50 Trattamento radiante complementare: Rapidarc come alternativa? M. Scorsetti (Milano)

10.10 La radioterapia intraoperatoria nell’anziana R.

10.30 IART G. Paganelli (Milano)

10.50 Pausa caff è

  IV sessione: Terapia sistemica Moderatore: A. Goldhirsch (Milano)

11.15 Criteri per la pianifi cazione del trattamento adjuvante nella paziente anziana S. Monfardini (Padova)

11.35 La pianifi cazione del trattamento nella malattia metastatica D. Crivellari (Aviano)

11.55 Target Th erapy e nuovi farmaci R. Torrisi (Milano)

12.15 Ruolo della terapia di supporto L. Biganzoli (Prato)

12.30 Discussione

13.00 Colazione di lavoro

14.30 L’immagine corporea in eta’ avanzata M. Graziottin (Milano)

15.00Tavola rotonda: L’approccio interdisciplinare nella paziente anziana : proposta di statement.moderatori : A. Costa (Lugano) e U. Tirelli (Aviano)G. Ausili Cefaro, L. Cataliotti, G. Masci (Milano), R. Orecchia, A. Santoro, C. Tinterri,

16.00 Conclusioni

Carcinoma della mammella in età avanzata

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Dal 9 al 13 dicembre 2009 si è tenuta la trentaduesima edi-zione del San Antonio Breast Cancer Symposium, un ap-

puntamento tradizionale per tutti i ricercatori e i clinici che si occupano di neoplasia mammaria. Il meeting, organizzato dal Baylor College of Medicine e dalla American Association of Cancer Research (AACR) si propone annualmente di off rire una ribalta internazionale per la presentazione delle più importanti ricerche cliniche e di base ed è ormai l’appuntamento tradizio-nale di fi ne anno.L’attenzione per quanto a San Antonio viene presentato e discus-so è così aumentata da produrre nei mesi successivi materiali ed eventi che ne riprendano i contenuti. Così, le presentazioni orali delle sessioni generali possono essere riviste e molto materiale può essere scaricato, accedendo al sito del congresso www.sabcs.org; rifl essioni e autorevoli commenti possono essere raccolti sul sito di Clinical Care Options (www.cco.org) e per gli Oncologi italiani sono a disposizione una review elettronica gratuita (San Antonio Scanner, per cui ci si può rivolgere a [email protected] ) e un meeting dedicato giunto nel 2010 alla terza edizione (Back from San Antonio), che si tiene a Genova nel secondo o terzo fi ne settimana di ogni gennaio).Anche quest’anno le aspettative di chi ha aff rontato il lungo viaggio sino in Texas non sono andate deluse e molti interessanti risultati sono stati presentati; la partecipazione all’organizzazio-ne dell’AACR ha fi nito con l’arricchire il programma di molte ricerche di base o comunque ancora lontane dalle applicazioni cliniche (basti pensare alla grande attenzione dedicata ai siR-NA), ma in questo breve report ci limiteremo agli studi che possono avere sin d’ora un impatto sulla pratica clinica.

• Per quanto riguarda la terapia ormonale adiuvante delle donne postmenopausali, gli Inibitori dell’Aromatasi si sono aff ermati negli anni scorsi grazie al risultato positivo di alcuni importanti studi clinici randomizzati (ATAC, BIG1-98, IES): rimane aper-

to tuttavia il problema se sia opportuno un impiego upfront (sin dall’inziio dell’ormonoterapia) o dopo un periodo di 2-3 anni di Tamoxifen, in quanto entrambe le modalità hanno dato ri-sultati favorevoli quanto meno in Disease Free Survival(DFS). Sia nel 2008 che quest’anno sono stati presentati i risultati di un nuovo studio (TEAM) sostanzialmente mirato a confrontare 5 anni dell’Inibitore Steroideo dell’Aromatasi, l’Exemestane, con la sequenza Tamoxifen-Exemestane. Per il TEAM inizialmente si era pensato ad un confronto "testa a testa" tra Exemestane e Tamoxifen per 5 anni; ma, nel 2004 dopo la pubblicazione dei risultati dello studio IES, non è stata più considerata accettabile la somministrazione per 5 anni del solo Tamoxifen e conseguen-temente le pazienti del braccio Tamoxifen sono state passate all'Exemestane. Lo studio -quindi- fi nisce per confrontare in un campione mol-to esteso di pazienti (circa 10000) la strategia upfront con la stra-tegia sequenziale. Conl’analisi presentata quest’anno a San An-tonio non è stata rilevata alcuna diff erenza in termini di Disease Free Survival o Overall Survival e per quanto riguarda i profi li di tossicità l’analisi permette di verifi care come l’uso sequenzia-le non mette al riparo dalla tossicità specifi ca dei due singoli agenti, nonostante il periodo più breve di somministrazione per ciascuno di essi. Conseguentemente, le due opzioni terapeuti-che rimangono egualmente da considerare e solo ulteriori studi potranno identifi care pazienti più adatte per l’una o per l’altra.

• Un problema aperto (tanto da essere stato oggetto di uno spe-cifi co dibattito tra R. Gelber e E.Winer) rimane quello della opportunità o meno di aggiungere la chemioterapia alla ormo-noterapia nelle pazienti con tumore endocrino-sensibile. Anche a questo proposito sia J.Cuzick, che Giuseppe Viale, rispettiva-mente per lo studio ATAC e lo studio BIG1-98, hanno messo a punto dei sistemi di defi nizione della prognosi a partire dai comuni dati immunoistochimici, assegnando un diff erente peso prognostico a ciascuno di essi. Il prof Viale ha mostrato come i singoli parametri considerati (ER, PgR, Ki67 e HER-2) non permettono di discriminare le pazienti che benefi ciano dalla so-

Back from San Antonio

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stituzione del Tamoxifen con il Letrozolo; viceversa mettendo insieme a questi parametri anche T, N, Grading e PVI si può ottenere (e dando un peso diff erente a ciascuno) un “Composite Risk” e lo score così calcolato si traduce in un rischio diff erente di recidiva utilizzabile in prospettiva per avere indicazioni sul tipo di ormonoterapia (tamoxifen, inibitore dell’aromatasi in sequenza o upfront) e sulla opportunità di aggiungere la che-mioterapia.

• L’aggiornamento di due dei più importanti studi sull’appli-cazione del Trastuzumab in fase adiuvante permette di fare il punto sull’impiego ottimale. Edith Perez ha presentato i risul-tati del trial NCCTG N9831, l’unico a comparare la modalità concomitante di somministrazione del Trastuzumab con quella sequenziale. In questo studio sono state arruolate oltre 2400 pa-zienti per il confronto tra chemioterapia da sola (una sequenza di antracicline e taxani) e la sequenza di chemioterapia e Tra-stuzumab; ad un follow-up mediano che è ora di 5.5 anni la DFS è aumentata signifi cativamente dal 72 all’80%. Con il confronto su 1900 donne randomizzate a ricevere combinazione e sequenza emerge un vantaggio a favore della prima, anche se la complessità di alcuni aspetti metodologici rimandano obbliga-toriamente ad un approfondimento in fase di lettura del lavoro in forma estesa.Dennis Slamon, invece, ha presentato la terza analisi pianifi cata dello studio BCIRG 006, che ha il merito -tra gli altri- di con-frontare con la chemioterapia da sola sia un braccio di chemio-terapia più trastuzumab impostato in maniera tradizionale (an-tracicline prima e poi docetaxel e trastuzumab assieme), sia un braccio innovativo senza antracicline e con la concomitanza di docetaxel, carboplatino e trastuzumab sin dall’inizio (TCH). La DFS a 5 anni e la Sopravvivenza sono risultate signifi cativamen-te migliore con entrambi gli schemi includenti il Trastuzumab (Sopravvivenza del 92% e 91% rispettivamente contro l’87% e DFS del’84% e 81% rispettivamente contro il 75%). Il TCH è considerato da molti preferibile in relazione al migliore profi lo di tossicità (essendo escluse le antracicline e risultando quindi inferiori cardiotossicità e leucemie secondarie), ma altri ritengono più consistenti (anche perché derivanti anche dagli altri studi) i risultati ottenibili con i regimi di sequenza con an-tracicline e taxano associato all’anticorpo monoclonale.

• Sempre per le pazienti con tumore HER2 positivo, molti sono gli studi presentati anche come poster riguardanti lo sviluppo di nuovi farmaci nei casi resistenti al Trastuzumab e/o al Lapatinib. La buona conoscenza della pathway di HER2 ha permesso in eff etti di sviluppare inibitori specifi ci di singole tappe a valle del recettore ed eventualmente “upregulated” o sfruttare ancora il recettore HER-2 per nuovi anticorpi monoclonali con siti di le-

game diverso (Pertuzumab) o per farmaci in cui l’anticorpo mo-noclonale funge da veicolo di un citotossicio (TDM1). Di parti-colare rilievo la presentazione di Blackwell concernente pazienti metastatiche pretrattate e randomizzate a ricevere il Lapatinib da solo oppure con la prosecuzione del Trastuzumab. In questo studio di fase III è stata rilevata una diff erenza molto grande in termini di sopravvivenza globale a favore della combinazione (14 mesi versus 9.5 mesi). Al di là della ovvia considerazione che il gruppo di pazienti randomizzate probabilmente comprendeva soprattutto casi estremamente sensibili ai farmaci anti-HER-2, è ben chiaro che risulta confermata anche da questa osservazione l’importanza del blocco di HER-2 in tutte le fasi della malattia.

• Per quanto riguarda l’associazione di chemioterapia e inibi-tori dell’angiogenesi nelle fasi metastatiche, si sono registrati nuovi risultati favorevoli, anche se rimane aperto il problema dell’esatta collocazione nella strategia terapeutica complessiva. D. Miles ha presentato un aggiornamento dello studio AVADO (confronto randomizzato tra Docetaxel e Docetaxel + Bevacizu-mab), riportando un HR di 0.77 altamente signifi cativo per un vantaggio mediano in Progression Free Survival (PFS) di circa due mesi; l’associazione di Bevacizumab (alla dose di 15 mg/kg) e Docetaxel produce anche una ragguardevole percentuale di ri-sposte obiettive del 64% e la tossicità sembra accettabile rispetto alla chemioterapia da sola. Brufsky ha presentato, invece, i risultati di uno studio condotto in seconda linea (RIBBON 2) con l’aggiunta di Bevacizumab o placebo ad un chemioterapico a scelta dell’investigatore (taxa-no, Gemcitabina, Capecitabina, Vinorelbina): anche in questo contesto l’aggiunta dell’inibitore dell’angiogenesi determina un prolungamento signifi cativo della PFS (da 5.1 a 7.2 mesi; HR 0.78) e delle risposte obiettive. Interessanti anche le combina-zioni di chemioterapia e Sorafenib: in particolare J. Baselga ha presentato i risultati di uno studio randomizzato di fase II sul-la valutazione di effi cacia e safety di Sorafenib in aggiunta alla capecitabina. Con la combinazione la PFS è stata di 6.4 mesi contro i 4.1 mesi della chemioterapia da sola.

• L’ormonoterapia tradizionale non smette di off rire risultati in-teressanti. Il Fulvestrant -in considerazione del suo meccanismo d’azione- potrebbe rivelarsi più attivo di altri agenti ormonali; con la distruzione del recettore vengono infatti a mancare quelle azioni del recettore stesso (anche in assenza di ligando) a livello citoplasmatico (azioni non impedite completamente né dagli antiestrogeni del tipo del tamoxifen, né dagli inibitori dell’aro-matasi). Angelo Di Leo ha presentato i risultati di uno studio internazio-nale (CONFIRM) in cui le pazienti con carcinoma mammario metastatico sono state randomizzate a ricevere due dosi di Ful-

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vestrant (quella convenzionale di 150 mg la dose doppia). Lo studio è positivo con signifi cativo prolungamento della PFS alla dose più elevata.Dal punto di vista della prevenzione e della diagnosi un trial ha riguardato lo screening in donne di età compresa tra 40 e 49 anni condotto a Taiwan. La randomizzazione è stata tra un braccio di controllo (40 000 donne) e due bracci (ciascuno di 20 000 donne) in cui era off erto un programma di screening con alternanza annuale di mammografi a ed ecografi a (con uno dei due esami al primo anno nei due bracci sperimentali). La detec-tion rate è stata superiore allo 0.5% nei due bracci sperimentali al termine del secondo round e quindi (per lo meno in questa osservazione piuttosto preliminare) superiore alla detection rate del braccio di controllo (0.17%). Al primo round la mammo-grafi a sembra superiore all’ecografi a nella individuazione dei casi prevalenti (0.34% versus0.22%). Uno studio non randomizzato ha riguardato un confronto non randomizzato in donne portatrici di mutazione BRCA1 o BRCA2 seguite o no con la Risonanza Magnetica Nucleare (ol-tre che con visita clinica e Mammografi a): eff ettivamente -pur con i limiti di uno studio di confronto non randomizzato- le donne sottoposte allo screening anche con RMN hanno mo-strato una maggiore incidenza di carcinomi in situ e carcinomi invasivi in stadio I e una minore incidenza di carcinomi invasivi in stadio più avanzato. Sempre per quanto riguarda la diagnosi è apparsa straordinaria –anche se proiettata nel futuro-la pre-sentazione di Henegan riguardante la possibilità di utilizzare i microRNA circolanti.I microRNA sono regolatori post-trascrizionali dell’espressione genica e regolano in tal modo proliferazione, diff erenziazione e apoptosi, nonché i processi di cancerogenesi; la individuazione di microRNA specifi ci per il sottotipo tumorale e la rilevazione di quote misurabili nel sangue circolante di pazienti con carci-noma (anche in situ) ne propone fortemente lo studio per tutte le fasi diagnostiche (dallo screening al follow-up).

I Delitti della Royal Society. Episodio I: il Demone Rosso

Come mai AIS dedica uno spazio alla presentazione di un romanzo che, con la senologia, non ha nulla a che fare?

La ragione è semplice: l’autore è Stefano Ciatto che ab-biamo in tanti anni apprezzato come appassionato cul-

tore della patologia mammaria e che ora, con il fi glio Danie-le, si cimenta in questa prima fatica letteraria. Un giallo ad ambientazione storica che con uno stile quasi giornalistico e capitoli brevi presenta i fatti con una suspence che invoglia il lettore a proseguire fi no a dipanare le diverse storie parallele che si intrecciano nella trama e che verso la fi ne, tra conti-nui colpi di scena ed apparenti epiloghi, confl uiscono poi in unica storia comune.Il cuore della vicenda è Londra, già grande capitale aff ollata e putrescente, quasi soccombe alla grande epidemia di peste, con cui la popolazione incredibilmente riesce a convivere in qualche modo. Quasi come una catarsi il più grande in-cendio della storia inglese distrugge la gran parte della cit-tà. Due strane morti, pur poca cosa nel contesto globale di morìa, suscitano i sospetti dei decani della Royal Society, la prima società scientifi ca al mondo, che incaricano di indaga-re Ulysses Unt, un giovane scienziato in visita dalle colonie americane. Unt svolge l’indagine con l’aiuto di alcuni amici nella Londra straziata dalla peste. Le piste sono dapprima poche, poi tante, molteplici, contraddittorie, molte si rivele-ranno false. L’indagine è scientifi ca e gode dell’aiuto di gran-di scienziati del momento, come Robert Hooke. Il volume è disponibile in una biblioteca web, su ordinazioneI riferimenti sonoilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=360464o, nella homepageilmiolibro.kataweb.it digitando “royal” o “Leon Dacoste” nella casella “cerca”.

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