Il Mare Eco del Golfo Tigullio 3/2012

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Eco del golfo Tigullio Ristorante Pizzeria con forno a legna L.mare Vittorio Veneto 17-18-19 RAPALLO Tel./Fax 0185 52603 O giornale o l'é comme l'äze, quello che ti ghe metti o porta Il giornale è come l'asino, quello che ci metti, porta (Antico proverbio genovese) Di Ya s s er Di Ya s s er Associazione Culturale Caroggio Drito Associazione Culturale Anno V - n. 3/2012 • Direttore responsabile: Emilio Carta IL MARE è consultabile anche on line sul sito www.marenostrumrapallo.it Stampato in 15.000 copie - DISTRIBUZIONE GRATUITA Fondato nel 1908 SPECIALE „NAUFRAGI‰ • Portofino: Love Boat a rischio • Quel maledetto „inchino‰ • 1961: il naufragio della Locarno • 1961: lÊincendio sulla Bianca C. • Pieter Mulier detto „Il tempesta‰ I PRIVILEGI DEGLI ONOREVOLI FIRMIAMO IN OGNI COMUNE LA PETIZIONE PER LIMITARLI ELEZIONI Etica civile e politica SHOAH Ricordare per non ripetere SOPRANNOMI RAPALLINI/11

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numero di marzo 2012

Transcript of Il Mare Eco del Golfo Tigullio 3/2012

Page 1: Il Mare Eco del Golfo Tigullio 3/2012

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

RistorantePizzeria

con forno a legna

L.mare Vittorio Veneto17-18-19

RAPALLOTel./Fax 0185 52603

O giornale o l'é comme l'äze, quello che ti ghe metti o portaIl giornale è come l'asino, quello che ci metti, porta

(Antico proverbio genovese)

Di Yasser Di Yasser

Associazione Culturale

Caroggio Drito Associazione Culturale

Anno V - n. 3/2012 • Direttore responsabile: Emilio Carta

IL MARE è consultabile anche on line sul sito

www.marenostrumrapallo.itStampato in 15.000 copie - DISTRIBUZIONE GRATUITA

Fondato nel 1908

SPECIALE „NAUFRAGI‰• Portofino: Love Boat a rischio

• Quel maledetto „inchino‰

• 1961: il naufragio della Locarno

• 1961: lÊincendio sulla Bianca C.

• Pieter Mulier detto „Il tempesta‰

I PRIVILEGI DEGLI ONOREVOLIFIRMIAMO IN OGNI COMUNE LA PETIZIONE PER LIMITARLI

ELEZIONIEtica civile e politica

SHOAHRicordare per non ripetere

SOPRANNOMI RAPALLINI/11

Page 2: Il Mare Eco del Golfo Tigullio 3/2012

IL MAREMensile di informazione

Anno V - n. 3 2012

Edito da: Azienda Grafica Busco Editrice

Rapallo - via A. Volta 35,39 [email protected]

tel. 0185273647 - fax 0185 235610

Autorizzazione tribunale di Chiavari n. 3/08 R. Stampa

Direttore responsabile: Emilio Carta

Redazione: Carlo Gatti - Benedetta MagriDaniele Roncagliolo

Hanno collaborato a questo numero:R. Bagnasco - P. Bellosta - P.L. Benatti L. Del Veneziano - S. Gambèri Gallo

E. Lavagno Canacari - B. Magri B. Mancini - M. Mancini - G. Massa

C. Molfino - I. Nidasio - P. Pia - D. Pertusati L. Rainusso - D. RoncaglioloR. Venturelli - V. Temperini

Ottimizzazione grafica:Valentina Campodonico - Ivano Romanò

Fotografie: Fabio Piumetti

Archivio Azienda Grafica Busco

La collaborazione a Rapallo Notizie è gratuita e ad invito

IN QUESTO

NUMERO:Una firma contro i privilegi di E. Carta 2Love Boat nel mirino a Portofino di P. Bellosta 3Concordia: intervista a C. Gatti di D. Roncagliolo 4/5La Locarno come Cenerentola di P. Benatti 6Un naufragio in salotto di E. Carta 8/9Lʼincendio della Bianca C. di L Del Veneziano10/11Etica civile e politica di E. Lavagno Canacari 14Natura: un mare di margherite di G. Massa 15Shoah, ricordare per non ripetere di B. Magri 16Il mio giorno della memoria di P. Pia 17Ricordo o sogno di M. Mancini 18Come eravamo di B. Mancini 19Nostro fratello Giuda di D. Pertusati 20/21Da Don Valentino al Green Carpet di I. Nidasio 22Amarcord: Monopoly di E. Gambèri Gallo 23Il presepe scomparso di R. Bagnasco 24Viaggiare di V. Temperini 25Libri: il giustiziere di Narvik di E. Carta 26Pieter Mulier, il pittore dei naufragi di C. Molfino 27I migliori film del 2011 di R. Venturelli 28Cinema in diagonale di L. Rainusso 29Lettere e notizie 30/31

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

Cari lettori, la cancelleriadella Corte Suprema di

Cassazione ha annunciato, conpubblicazione sulla GU n. 227del 29-9-2011, la promozionedella proposta di legge di ini-ziativa popolare dal titolo:«Adeguamento alla media eu-ropea degli stipendi, emolu-menti, indennita’ degli elettinegli organi di rappresentanzanazionale e locale». L’iniziativa, nata in modo tra-sversale ai partiti, ha come obiet-tivo la promulgazione di unalegge di iniziativa popolare for-mata da un solo articolo: “I par-lamentari italiani eletti al senatodella repubblica, alla camera deideputati, il presidente del consi-glio, i ministri, i consiglieri e gliassessori regionali, provinciali ecomunali, i governatori delle re-gioni, i presidenti delle pro-vince, i sindaci eletti daicittadini, i funzionari nominatinelle aziende a partecipazionepubblica, ed equiparati non deb-bono percepire, a titolo di emo-lumenti, stipendi, indennità,tenuto conto del costo della vitae del potere reale di acquisto nel-l’unione europea, più dellamedia aritmetica europea deglieletti negli altri paesi dell’unioneper incarichi equivalenti.”La raccolta firme, nel silenziopressoché generale degli organidi informazione è già iniziata eviene effettuata tramite appo-siti moduli vidimati depositatinegli uffici elettorali dei co-muni italiani. A Rapallo in par-ticolare è possibile apporre lapropria firma presso l’UfficioAnagrafe e Stato Civile (pianoterra) in piazza delle Nazioni. E’così iniziata ufficialmente laraccolta firme per rendere ille-gale il trattamento privilegiatodella classe politica. Vi invito a firmare con consape-volezza e senso del dovere, peril nostro bene, per i nostri figli,per il nostro Paese e, a titolo me-ramente esemplificativo, eccoun piccolo resoconto.

Una firma contro i privilegidei nostri politici di Emilio Carta

nome e cognome attività svolta in pensione pensione/meselorda

ente

Giuseppe GAMBALE parlamentare 42 anni 8.455,00 CameraAntonio DI PIETRO magistrato 44 anni 2.644,57 InpdapRainer Stefano MASERA banchiere 44 anni 18.413,00 INPSPier Domenico GALLO banchiere 45 anni 18.000,00 INPSRino PISCITELLI parlamentare 47 anni 7.959,00 CameraPier Carmelo RUSSO assessore Sicilia 47 anni 10.980,00 Regione SiciliaMario SARCINELLI banchiere 48 anni 15.000,00 INPSAlfonso PECORARO SCANIO parlamentare 49 anni 8.836,00 CameraVittorio SGARBI parlamentare 54 anni 8.455,00 Camera

BABY PENSIONATI

nome e cognome attività svolta per pensione/meselorda

ente

Luca BONESCHI parlamentare 1 giorno 3.108,00 CameraPiero CRAVERI parlamentare 8 giorni 3.108,00 SenatoAngelo PEZZANA parlamentare 8 giorni 3.108,00 CameraToni NEGRI parlamentare 64 giorni 3.108,00 CameraPaolo PRODI parlamentare 126 giorni 3.108,00 CameraClemente MASTELLA giornalista 397 giorni (?) INPGIOscar Luigi SCALFARO magistrato 3 anni 7.796,85 INPDAP

PENSIONE PER 1 GIORNO DI LAVORO

nome e cognome pensione/mese lorda ente

4.246,00 INPDAPRomano PRODI 4.725,00 Parlamento

5.283,00 Unione Europea

3 PENSIONI SENZA LIMITI DI CUMULO

nome e cognome pensione/mese lorda ente

7.317,00 INPDAPLuciano VIOLANTE

9.363,00 Camera

16.000,00 INPDAPPublio FIORI

10.631,00 Camera

2 PENSIONI SENZA LIMITI DI CUMULO

nome e cognome pensioni/mese lorde + stipendio lordo

ente

22.048,00 INPDAPGiuliano AMATO 9.363,00 Parlamento

(?) stipendio di Deutsche Bank

18.000,00 BankitaliaLamberto DINI 7.000,00 INPS

19.053,75 stipendio da parlamentare

30.000,00 BankitaliaCarlo Azelio CIAMPI 4.000,00 INPS

19.053,75 stipendio da parlamentare

5.823,00 INPDAPGiulio ANDREOTTI 5.086,00 INPGI

19.053,075 stipendio da parlamentare

2 PENSIONI E UNO STIPENDIO SENZA LIMITI DI CUMULO

nome e cognome classe ramo anno mese giorno

pensione lordaente

Mauro SANTINELLI 1947 telefonia 1.173.205,15 90.246,55 3.258,90 INPSMauro GAMBARO 1944 finanza 665.083,64 51.160,28 1.847,45 INPSAlberto DE PETRIS 1943 telefonia 653.567,20 50.274,40 1.815,46 INPDAIGermano FANELLI 1948 elettronica 600.747,68 46.211,36 1.668,74 INPSVito GAMBERALE 1944 telefonia 574.102,23 44.161,71 1.594,72 INPSAlberto GIORDANO 1941 finanza 549.193,74 42.245,67 1.525,53 INPSFederico IMBERT 1951 finanza 539.775,62 41.521,20 1.499,37 INPSGiovanni CONSORTE 1948 finanza 372.000,00 28.593,00 1.033,33 INPSIvano SACCHETTI 1944 finanza 371.000,00 28.560,00 1.030,55 INPSErnesto PAOLILLO 1946 finanza 342.000,00 26.327,00 950,00 INPS

LE 10 PENSIONI PIÙ RICCHE

nome e cognome pensione/mese lorda + stipendio lordo

ente

4.352,00 INPDAPRenato BRUNETTA

19.053,75 stipendio da parlamentare

2.008,00 INPDAPGiuseppe FIORONI

19.053,75 stipendio da parlamentare

5.498,00 INPDAPRocco BUTTIGLIONE

19.053,00 stipendio da parlamentare

22.451,00 INPDAPAchille SERRA

19.053,75 stipendio da parlamentare

14.843,00 INPDAPMario DRAGHI

37.500,00 stipendio Bankitalia

1 PENSIONE E UNO STIPENDIO SENZA LIMITI DI CUMULO

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Dottor Fanciulli, secondo Lei, da unpunto di vista turistico, quali ri-

percussioni potrebbe avere l'inci-dente del Giglio?Fino ad ora non sappiamo ancora nulladi certo, il Ministro dell'Ambiente ha di-chiarato di voler rivedere il traffico na-vale nelle aree protette, e ovviamentein questa categoria rientra Portofino,dopo le dichiarazioni immediatamentesuccessive ai fatti del Giglio, non sono,però, stati presi ulteriori provvedi-menti. A mio modo di vedere la rifles-sione dovrebbe essere fatta a livellolocale, gli amministratori regionali do-vrebbero sedersi ad un tavolo assiemeai gestori dei parchi marini e deciderequalcosa al più presto. Quando acca-dono incidenti di questo tipo si vivesempre la situazione in maniera di-staccata, inconsciamente si pensa cheun avvenimento del genere sia solouna fatalità, che da noi non possa suc-cedere niente di simile. Non è affattocosì, quello che è successo nel gros-setano poteva benissimo accadere qui.Dallo scorso gennaio il termine in-chino, inteso come omaggio alla terraferma e ai suoi abitanti, è diventatauna parola di uso comune. Nelle re-centi settimane sono tornate d'at-tualità vecchie immagini di navi dacrociera impegnate in questa perico-losa manovra, Lei che opinione si èfatto al riguardo?La prima cosa che posso dire è chequesta consuetudine è nata proprionelle nostre zone, precisamente a Ca-mogli. Lì nel 1931 è stata fondata laCasa di riposo G. Bettolo, al fine di darealloggio a tutti i marittimi pensionati,comandanti, ufficiali e marinai di ognigrado. Tradizione vuole che tutte lenavi in transito si avvicinino alla costaal fine di omaggiare gli ospiti dell'edifi-cio, che a loro volta si affacciano allaterrazza rispondendo al saluto. Negliultimi anni, però, tutto questo è dege-nerato in maniera preoccupante, traSanta Margherita e Portofino è statoregistrato un notevole aumento di que-ste manovre. In alcuni casi è diventatauna vera e propria gara tra i vari co-mandanti.Non esistono norme concrete chepossano limitare questo fenomeno?Avevo letto dell'esistenza di unalegge, la numero 51 del 2005 che al-l'articolo 5 prevede la possibilità di un

intervento del Ministro dell'Ambienteper regolamentare il traffico navalenelle aree ambientalmente sensibili.Mi pare però che queste norme il piùdelle volte vengano disattese.Solitamente le navi da crociera man-tengono sempre una distanza di400/500 metri dalla costa, ma perquanto riguarda le aree protette il pro-blema maggiore è quello dell'elevatotasso di inquinamento prodotto. Perfare un semplice esempio, basti pen-sare che la sola accensione del motorecorrisponde all'inquinamento atmosfe-rico di 14 mila automobili, per non par-lare degli scarichi della nave che hannoun impatto devastante sull'ecosistemamarino. Penso che solamente deter-minate imbarcazioni dovrebbero averel'autorizzazione a transitare nelle areeprotette, esistono delle autocertifica-zioni per classificare le navi che rispet-tano l'ambiente, come quelle recente-mente stilate dal RINA, Registro Na-vale Italiano, ma purtroppo a certe que-stioni non viene data alcuna im-portanza.Credo che una profonda riflessione siaindispensabile, dovremmo domandarcise vale la pena di rischiare un degradoambientale per incentivare un tipo diturismo che poi non porta neanchecosì tanti introiti.Secondo Lei ne vale la pena?No, per spiegarmi meglio faccio unsemplice ragionamento. Ormai i prezzidelle crociere sono alla portata di tutti,per attirare sempre più turisti le com-pagnie offrono dei pacchetti che com-prendono praticamente ogni cosa, gitee pasti inclusi. I turisti quando fannoscalo nelle nostre zone si fermano per

un paio d'ore, magari acquistano un ri-cordo, un souvenir e si siedono a bereun caffè, ma poi tornano subito sullanave, non hanno più un impatto così ri-levante sull'economia locale. Quello chevoglio dire io è: ne vale la pena di inqui-nare il nostro mare, di rischiare inci-denti e di deturbare il panorama che lanatura ci ha donato? Io penso di no.Crede che verranno presi dei con-creti provvedimenti per incentivare lemisure di sicurezza e per limitare l'in-

quinamento dei nostri mari?Credo che in breve tempo ci si dimen-ticherà di quello che è accaduto e tuttotornerà come prima. Come ho giàdetto l'unica cosa che mi auguro è checi si fermi un attimo a riflettere e adanalizzare la situazione attuale, di-cendo questo non voglio passare perdisfattista ma nascondere la testasotto la sabbia per non guardare in fac-cia i problemi non mi sembra l'atteg-giamento migliore.

Le “Love Boat” nel Tigullio portano vera economia?AMBIENTE

Intervista al Direttore dell'Area Marina Protetta Giorgio Fanciulli, che oltre a parlarci dell'attuale situazione del turismo crocieristicoe dell'ormai famigerata consuetudine degli inchini, invita tutti a riflettere sul pericoloso sovraffollamento di navi nel nostro mare

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

SPECIALE “NAUFRAGI”di Paolo BELLOSTA

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Proseguendo un’attività editoriale tesa al recupero storico-docu-mentale del nostro territorio, la AGB Busco Edizioni, in occasionedella Santa Pasqua, presenterà una nuova pubblicazione:

“RAPALLO... UN SOGNO”; una raccolta di fo-

tografie e cartoline inedite della Rapallo dei primi del Novecentofino agli anni Cinquanta. Compilando la cedola sottostante il libropotrà essere prenotato presso la AGB Busco Edizioni, in via Volta 37al prezzo ridotto di 15 euro.

IL SOTTOSCRITTO

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Firma

Page 4: Il Mare Eco del Golfo Tigullio 3/2012

“In mare non ci sono taverne”

Dal 1968 al 1975 comandante suirimorchiatori portuali e d’alto-

mare genovesi con 98 viaggi a corto,medio e lungo raggio; dal 1975 al2000 comandante pilota del porto diGenova. I numeri di Carlo Gatti, attualepresidente dell’associazione Mare No-strum, parlano chiaro: in pochi cono-scono il mare come lui. Ecco perchè lasua esperienza può essere utile per ca-pire la tragedia della Costa Concordia.Gatti quante parole si sono spese suquesta vicenda. Partiamo dalla madredi tutto: il “Saluto”.Occorre dire subito che questo “Saluto”,chiamato anche “Inchino”, ha un sensose è eseguito di giorno e in sicurezza,quando i passeggeri possono immorta-larlo tra i ricordi più belli della crociera.Il rito é una vecchia consuetudine ac-cettata da tutti se praticato con pru-denza, ma in quella notte buia non avevaalcun senso, perché in gennaio l’isoladel Giglio è deserta, una parte dei pas-seggeri della nave stava cenando, men-tre l’altra si preparava per laprogrammata festa di bordo. Mi sentoquindi di sostenere che quella “stranamanovra” sia stata decisa dal coman-dante Schettino per motivi personali edi ciò dovrà renderne conto agli inqui-renti. Quindi secondo lei Costa Crociere e glialtri Comandanti della Compagnia nonhanno colpe?No, non hanno alcuna responsabilità inquesta scelta funesta. Ed è deplorevolel’assalto concentrato dei media allaCosta - Carnival, il miglior Armamentoal mondo sotto tutti i punti di vista.Che cosa può aver spinto Schettino asbagliare in maniera così grossolana?Quando il comandante decide di deviaredalla rotta ufficiale Civitavecchia-Savona

per passare vicino al Giglio, cambia ilquadro operativo. La nave passa di fattodalla navigazione alla manovra. Il Co-mandante rileva il comando di guardiaed egli stesso manovra la nave, ma noné dato ancora sapere, con certezza, seabbia ignorato o staccato gli allarmi-radar e i sensori che avrebbero segna-lato la vicinanza della nave alla terra-ferma. Tuttavia, il mondo dei navigantidubita che Schettino si sia servito dellastrumentazione ultramoderna come lacarta elettronica (Sistema di Naviga-zione NACOS), che aveva a disposizione.La Costa Concordia è andata ad urtaregli scogli come poteva capitare soltantoad uno sfortunato veliero di qualche se-colo fa e lo ha fatto, per di più, ad una al-tissima velocità, 17 nodi, che cozzaterribilmente contro tutte le leggi mari-nare scritte e non scritte. C’è modo e modo di sbagliare. L’erroreappartiene di diritto a tutti gli umani. Ioho compiuto più di 30mila manovre dinavi e so benissimo che l’errore può ca-pitare in qualsiasi momento. Maquando alla base c’è un errore concet-tuale, “sfiorare la costa ad altissima ve-locità”, allora non ci sono attenuanti e ilComandante diventa indifendibile per-chè si tratta di una scelta premeditatache nasconde una profonda ignoranzadei problemi del mare. Sorge anche ildubbio sulla sua preparazione profes-sionale e di colui che gli ha affidato quel-l’immeritato incarico di grande re-sponsabilità.Quello che forse ha colpito maggior-mente è stato il successivo abban-dono della nave. Perché l’ha fatto?Bella domanda. La manovra sbagliatache ha prodotto lo squarcio nello scafodella nave passeggeri, ed il suo naufra-gio all’Isola del Giglio, cadrà presto nel-

l’oblio, così come tutti gli altri incidentistradali e aerei, Cermis compreso, chesono legati al nostro quotidiano operaresotto stress. Dopo la naturale sedi-mentazione delle emozioni, tutto saràarchiviato, ma un fatto, purtroppo, ri-marrà nella memoria collettiva e saràscritto con inchiostro indelebile: l’ab-bandono della nave Costa Concordia daparte del suo Comandante quando cen-tinaia di persone erano ancora bloccatea bordo. Tale comportamento non hariscontri nelle testimonianze orali escritte riportate dagli annali dei disastrinavali e getta un’ombra d’infamia sullanostra antica marineria civile e militareche annovera esempi di coraggio,onore e sacrificio della vita tra i più tra-mandati al mondo. C’è qualcosa che vaoltre le sentenze giudiziarie, gli interessidi parte e le “sparate” dei vari protago-nisti per caso. Il giudice più severo ed im-parziale si chiama storia: il suo giudizio sifa attendere, ma non delude mai. L’esempio più significativo é quello delcomandante Calamai dell’Andrea Doriache ottenne giustizia “post mortem” ela sua memoria fu salvata per sempre. Non voglio commentare l’assurdo com-portamento del comandante Schettinonelle fasi successive all’urto. Per il mo-mento mi vergogno persino a parlarnee ancora oggi preferisco pensare chequel famoso ritardo nel dichiarare l’ab-bandono della nave sia stato il frutto diun suggerimento sbagliato, di un “con-siglio commerciale” di qualche azzecca-garbugli di terra che tentava forse di“scaricare”, con lo sbarco anticipato delComandante, la proprietà ed anche glioneri della nave a qualcun altro. Di fronte a questa eventuale ed assurdaipotesi, Schettino avrebbe dovuto rea-

gire rifiutandosi fermamente di ritar-dare l’evacuazione dei passeggeri cosìda salvare la vita dei medesimi, la pro-pria coscienza e l’onore della nostramarineria. Vabbè ma un’idea di Schettino se lasarà fatta.L’idea che mi sono fatto del Coman-dante è che non sia un uomo di mare, efin dall’inizio mi è venuto in mente quelvecchio adagio: “In mare non ci sono ta-verne”, in cui si nasconde un mondo diconsiderazioni filosofiche di grandespessore. C’é poi un altro proverbio chesi addice perfettamente al personaggioSchettino e suona come una tremendasentenza: “Chi casca in mare e non sibagna, paga la pena”.Perché la nave non è affondata com-pletamente?Nel momento in cui la nave è stata “se-gata” longitudinalmente dagli scogli af-fioranti delle Scole, tonnellate di acquadi mare sono penetrate nello scafo al-l’altezza della lunga Sala Macchine. Ne éseguito il black-out, l’immediato spegni-mento dei motori e lo sbandamento adritta che ha permesso alla nave dicompiere, con l’abbrivo residuo, unacurva miracolosa sulla sinistra. Al ter-mine della curva la nave é andata ad ap-poggiarsi dolcemente su una lungaspalliera del fondale dove giace a tut-t’oggi e, come dicono, in buona sicu-rezza. Quella curva della salvezza éperaltro nota alle scienze idrodinami-che: un’imbarcazione sbandata, abbri-vata e senza governo accosta sul latodove incontra meno resistenza. Se lanave fosse rimasta diritta, oppureavesse accusato uno sbandamento asinistra, sarebbe scivolata verso gli altifondali e la tragedia avrebbe assunto

L’INCHINO

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

SPECIALE “NAUFRAGI”di Daniele RONCAGLIOLO [email protected]

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Il tragico inchino della Concordia all’isola del Giglio pone pesanti interrogativi sul ruolo e sull’autonomia del comandante.L’intervista a Carlo Gatti, uomo di mare di grande esperienza e professionalità, prova a far luce su questi “saluti” tolleratida tutti e da nessuno anche se Schettino assume un ruolo di capro espiatorio

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proporzioni apocalittiche. Si può tran-quillamente parlare di un miracolo. Questa vicenda apre un interrogativo:le crociere sono sicure?Si pensava che il problema dell’ammai-nare le lance sotto sbandamento fosseormai risolto. I fatti, purtroppo, hanno di-mostrato che molto c’é ancora da stu-diare sull’argomento. Un importanteripensamento dovrà essere rivolto allagestione del gigantismo navale, sia al-l’interno delle navi stesse sia all’esternoe mi riferisco agli spazi di manovra neiporti che sono sempre più insufficienti. Altre soluzioni?Penso alla costruzione del doppio scafoper tutte le navi passeggeri; occorre li-mitare i danni da collisioni e da urti con-tro le banchine portuali o scogli,evitando fuoriuscite e inquinamenti dicarburante in mare. Serve inoltreun’adeguata sistemazione delle paratiestagne che tenga conto degli effetti“apriscatola” avvenuti in questi ultimi in-cidenti a navi italiane. Ma l’autocritica cel’aspettiamo anche da quegli ambientiautoritari che si sono messi in cattedraattaccando un unico obiettivo e sono poirientrati dietro le quinte senza aver ot-tenuto alcun risultato pratico, se nonquello di averci fatto criticare pesante-mente all’estero. C’è qualcuno che con-trolla gli spazi marittimi di casa nostra?O siamo rimasti al tempo di Dragut chegiungeva a Rapallo nottetempo e rapivale “rapalline” senza grossi problemi? Sisa che i nostri porti sono dotati di mo-derni sistemi AIS-VTS, ma a questo

punto dubitiamo del loro funzionamento. L’equipaggio della Concordia è finitosotto accusa per la disordinata eva-cuazione dei passeggeri. Hanno colpeanche loro?A tal proposito mi piacerebbe fare ca-pire come è cambiato il rapporto trapasseggeri ed equipaggio negli ultimi60 anni: i numeri non tradiscono mai.L’Andrea Doria, nel 1952, trasportava1.134 passeggeri e poteva contare su572 membri di equipaggio per un rap-porto passeggeri/equipaggio di 1,98.Nel 1960 la Michelangelo conteneva1.775 passeggeri e 725 membri diequipaggio con un rapporto pari a 2,45.La Costa Concordia trasportava 3.780passeggeri e 1.100 membri di equi-paggio con un rapporto di 3,44. Que-sto dimostra come, negli anni, siaaumentato l’impegno di ogni membrodell’equipaggio per ogni passeggero.Quindi, in sostanza, negli ultimi 60

anni l’equipaggio è diminuito se rap-portato ai passeggeri. È corretto?È proprio così. Purtroppo anche la “si-curezza” ha un costo. Quando il prezzodel biglietto é popolare non ci si puòaspettare un servizio principesco.Parliamo invece di un aspetto positivo:la disponibilità dei gigliesi.Sono pieno d’ammirazione per gli abi-tanti del Giglio che si sono dimostrati al-l’altezza della loro antica tradizionemarinara. Non avevo dubbi, molti di loroe della vicina Porto S. Stefano sono staticolleghi e amici in tante avventure dimare ed anche in questa occasione liho visti reagire da grandi marinai, tuttiinsieme, dal vicesindaco al più umile pe-scatore della calata. La disavventura del Giglio mi ricorda,purtroppo, un’altra tragedia, quella dellaBianca C. a Grenada nei Caraibi nel1961. Ma in quella circostanza il co-mandante, Francesco Crevato, fu dav-vero l’ultimo a lasciare la nave e salvòl’onore della nostra bandiera. Il 23 otto-

bre del 1961 i grenadini si comporta-rono eroicamente fornendo aiuto, assi-stenza e persino le proprie case ainaufraghi. L’armamento Costa di alloraringraziò gli isolani offrendo ai loro rap-presentanti il simbolo del mare più caroa noi rivieraschi: la statua del Cristodegli Abissi. Mi auguro che anche i gi-gliesi possano un giorno ospitare quelCristo misericordioso che accoglie trale sue braccia le vittime innocenti di que-sta tragedia. I gigliesi, come i grenadini,lo hanno meritato per averci messo ungrande cuore marinaro, prima ancoradelle loro case.Che cosa lascerà questa vicenda?Ogni tragedia, si sa, reca con sè mortee orrore, ma la vita non può fermarsied ecco l’uomo rialzarsi dalla batostae ripartire con regole nuove. Ogni nau-fragio diventa così una nuova luce chesi accende sul cammino tecnologico esul progresso scientifico navale. Questa è la speranza che deve ani-mare ognuno di noi.

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ANCHE RISTORANTE

Page 6: Il Mare Eco del Golfo Tigullio 3/2012

Trent’anni di servizio sonotanti, anche per una nave.

Significano il continuo altale-narsi di porto in porto sinoalla nausea, una ciclopicamontagna di materiali che sisono trasferiti, una babelicatorre di casse, di fusti, di sac-chi inghiottiti nelle stive e ri-gurgitati nei docks.C’è l’assalto di cento tempe-ste ruggenti, il monotono sgra-narsi di un interminabilerosario di vuote giornate di na-vigazione, la deprimente sostaattraccati a luride banchine,con gli argani che cigolano la-mentosamente, le gru che tifrugano le viscere, il turpilo-quio sconvolgente degli scari-catori, e l’odore insopportabiledi pelli mezze conciate, di so-stanze fermentate, di acidi sof-focanti, che ti resta addosso per mesi e mesi assieme al- l’unto ed al catrame dei lubrifi-

canti. Un’esistenza infelice, daumilissima bestia da soma, inuno scafo arrugginito, macu-lato qua e là di un minio pur-pureo, fasciato da strisce dinafta lasciate dal pennello dicento risacche, sotto tutte lelatitudini, sì da sentirsi un po-vero Don Chisciotte dall’arma-tura goffa, arlecchinesca esconnessa.Trent’anni di dura, nascosta,fatica, che l’affetto spontaneodi quel pugno di uomini che tiabitano non riesce a lenire e chesi acutizza ogni volta che, nellevie del grande porto, sfiori una diquelle superbe città viaggianti,tutte nitore e luminosità. Primadi finire laggiù, in fondo al più ap-partato e periferico dei moli.E’ la vita del cargo, sotto tutte lebandiere.Ma sono bastate poche ore, laforza del vento e la fantasia delmare, perché anche una po-vera nave potesse rivivere in-tera la favola di Cenerentola. Ecosì, lasciato il fardello sotto laLanterna, al calar delle tene-bre, questa trascuratissimaancella dell’Oceano, ha fatto lasua comparsa come unagrande dama sulla prome-

nade d’una delle più celebratespiagge alla moda, sotto glisguardi stupiti dei presenti.Poi sono giunti i cronisti, i fo-toreporters, la televisione; poiil suo nome è corso nell’eteree la sua figura è stata ripro-dotta sui rotocalchi d’ogni con-tinente; poi la sua vicenda èstata narrata in tutte le linguee tutti la conobbero.Ospite d’eccezione, che, incre-duli, in tanti vennero a curio-sare da vicino, dominòsovrana le conversazioni e di-venne soggetto d’obbligo per iricordi fotografici, dando final-mente il cambio al nostro ve-gliardo castello.Ma come in tutti i libri di fa-vole, dopo sedici pagine, il rac-conto è giunto al termine.Cenerentola se n’è andataverso quell’orizzonte dondeera uscita ed è bello pensareche, anche questa volta, allafiaba non sia mancato il lietofine. Che importa, infatti, se siparla di disarmo, di demoli-zione... l’impronta della scar-petta di questa Cenerentoladel mare è lì, su mille giornali,a ripeterci una storia fanta-stica che sembra irreale, mache è invece vera.

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

SPECIALE “NAUFRAGI”di Pier Luigi BENATTI

6

LA LOCARNO - 1961

Era tanto brutta che la chiamavano “Cenerentola”

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Page 7: Il Mare Eco del Golfo Tigullio 3/2012

unaltrarapallo

Il 6 ed il 7 maggio prossimi saremo chiamati alle urne per rinnovare il consi-glio comunale ed eleggere il Sindaco che amministrerà la Città di Rapallo per

i prossimi cinque anni.Ci presentiamo a queste elezioni in un momento di grave crisi economicamondiale, aggravata in Italia da responsabilità morali, giuridiche e dalla inet-titudine della nostra classe politica, che da tempo ha toccato il fondo ma in-vece di provare a risalire sta scavando furiosamente.Per esempio sulla crisi economica pesa come un macigno la notizia, di qual-che giorno fa, della Magistratura che 80 miliardi di Euro di mazzette e tan-genti hanno avuto come destinatari i partiti! I partiti, questi partiti, intoccabili(fino ad ora) strumenti di potere e di controllo della vita politica, amministra-tiva ed economica che, grazie ai loro plenipotenziari dirigenti, non solo deci-dono chi ci deve governare (liste bloccate, imposizioni dallʼalto, abominevoliinciuci, alleanze di comodo e di interesse) ma influenzano negativamente esoffocano sul nascere tutte le iniziative di rinnovamento che nascono dallasocietà civile. 80 miliardi di Euro in mazzette ai partiti!Con tanta gente alla fame, che non sa come arrivare alla fine del mese!!! Eʼ ora di dire basta!Noi ci presentiamo a questo appuntamento da uomini liberi, conQUATTRO LISTE CIVICHE formate da professionisti, commer-cianti, artigiani, studenti, lavoratori dipendenti, casalinghe, pen-sionati, uno spaccato della Società sana che ha le idee chiare sucosa vuole e su cosa non vuole.

A noi si è alleato Massimo Pernigotti, rapallino doc, architetto, modi decisi, il co-raggio di rinunciare a qualche sicura poltrona seguendo i partiti, la sua profes-sionalità e lʼimpegno assolto in provincia con serietà, assieme al linguaggioschietto fanno si che Pernigotti fosse lʼunico personaggio in campo a cui tene-vamo particolarmente, e se le cose fossero andate cronologicamente in mododifferente saremmo stati noi a correre per lui.Massimo Pernigotti, e la sua LIGURIA MODERATA è una collaborazione cheparte da lontano, soprattutto dal fatto che le idee, i principi e la serietà deigruppi dirigenti delle rispettive formazioni sono simili, la voglia di cambiare, ilcoraggio che muove gli aderenti, (600 di unʼaltra Rapallo e 250 di Liguria mo-derata) stufi di essere presi in giro da cinquantʼanni di promesse mai mante-nute, la stessa.

Con una squadra di professionisti stiamo mettendo a punto il pro-gramma incontrando le categorie ed i cittadini, sarà una cosa comepiace a noi, senza fronzoli e senza frottole, credibile e realizzabile.

Elezioni comunali Rapallo 6/7 maggio 2012

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Roberto ZUNINO

Vera DI SCIORNO

Walter CARDINALI

Massimo PERNIGOTTI

A questo proposito abbiamo inaugurato, con la preziosa collaborazionedel nostro Presidente Maria Cristina Ardito, che lo ha messo a disposi-zione gratuitamente (!) il “POINT” un punto di incontro per i nostri candi-dati, gli iscritti e per tutti i cittadini che sentono la voglia di cambiare ed allostesso tempo collaborare con noi per raggiungere un risultato positivo.Ci potete trovare ogni giorno dalle 16.00 alle 19.00 in VIA SALVO D’ACQUISTO 1, incrocio con ViaLibertà, ci potete telefonare al 3466097364 noi saremoanche lì, come sempre, al vostro servizio e di nessun altro.

IL CORAGGIO DI SCEGLIEREL’UNICA COALIZIONE DIVERSA

Page 8: Il Mare Eco del Golfo Tigullio 3/2012

Sono ancora tanti i “rapallini”che ricordano il 5 gennaio

1961. «Quel “maledetto” cinquegennaio millenovecentosessan-tuno - precisano marinai e pesca-tori del borgo - quando, a causa diuna fortissima libecciata, quel pic-colo mercantile di 3.897 tonnel-late, la Locarno, come una balenaferita a morte, si incagliò sullascogliera del litorale rapallese». A provocare tanto sconquasso nonc’era il mitico comandante Achabma, più prosaicamente, un capitanodi lungo corso, il quarantenne Vitto-rio Sallustro da Torre del Greco, cherivisse chissà quante volte, come inun incubo, quella notte di tregenda.A bordo, con lui, c’erano ventidue uo-mini di equipaggio, molti dei quali ge-novesi, ed un abissino. L’ennesimatragedia del mare, che per fortunanon fece vittime, portò il nome dellacittadina rapallese sulle prime pa-gine e sugli schermi di mezzo mondoe venne accompagnata da una seriedi iniziative umanitarie e promozio-nali che oggi, probabilmente - non di-mentichiamo che all’epoca correval’anno 1961 - farebbero sorridere.«Riuscii a filmare i momenti piùdrammatici della nave in preda allatempesta con una piccola cinepresaad otto millimetri - racconta il rapal-lese Mauro Mancini - Ricordo comefosse oggi che qualche settimanapiù tardi, i negozi di souvenirs ave-vano già in vendita le cartoline illu-strate che mostravano la Locarnoin mille pose, come una fotomo-della, con

la prua che sbatteva sulla scoglieradel lungomare Vittorio Veneto». «Fuancor più simpatica l’iniziativa dei vi-gili urbani rapallesi - aggiunge Man-cini - I “cantunè” offrironoall’equipaggio i pandolci e lo spu-mante che avevano avuto in donodagli automobilisti rapallesi per lacaratteristica “Befana dei vigili”,un’usanza che in quegli anni si ripe-teva un po’ dappertutto». Il cargo,battente bandiera panamense, eragiunto nel porto di Genova il 20 di-cembre proveniente da Lubecca e,dopo aver ormeggiato al molo

Rubattino, sotto l’occhio vigile dellaLanterna, aveva scaricato seimilatonnellate di lingotti di ferro. Perl’equipaggio, insomma, era stato unNatale sereno, con la veglia di mez-zanotte in cattedrale ed i piedi benpiantati sotto la tavola, come tradi-zione vuole, per tutte le feste co-mandate. Il cinque gennaio la naveaveva però lasciato molo Rubattinoed era ripartita con le stive vuotema con i gavoni di prua e di poppapieni d’acqua per zavorrare e stabi-lizzare il mercantile, diretto verso

Follonica, in Toscana, per cari-care minerale ferroso da trasfe-rire in Germania. Ma aquell’approdo la Locarno non ar-rivò mai perché la sua odissea,iniziata davanti al Monte di Por-tofino, si concluse proprio nelleacque del golfo Tigullio. Alle diecidel mattino, infatti, il cargovenne avvistato al traverso diSanta Margherita Ligure, acirca un miglio dalla terraferma,dando l’impressione di esserein difficoltà. Alle sedici il mer-cantile, lungo centoquattordicimetri ed appartenente alla so-cietà marittima genovese “SanRocco”, arrivò davanti a Ra-pallo, all’altezza dell’Excelsior

Palace Hotel. Era ormai in uno statodi ingovernabilità che agli occhiesperti dei marinai - che da terra neseguivano “a vista” la navigazione -appariva sempre più chiaro. Il marelo spingeva alla deriva e, per di più,a causa della forza del mare e delvento, le ancore aravano il fondosabbioso, senza frenare a suffi-cienza quella folle corsa verso gliscogli, mentre da bordo gli uominierano in trepida attesa dell’arrivodei rimorchiatori. Alle sedici etrenta il cargo era ormai a meno ditrenta metri dal castello sul mare,mentre mezz’ora più tardi la nave sispostò leggermente verso ponente,a nemmeno cinquanta metri dallabalaustra in ferro della passeggiataa mare. La situazione a quel puntoprecipitò e la lenta agonia dellanave giunse al culmine: la distanzadagli scogli diminuiva progressiva-mente a venti metri, poi a dieci, asette, a cinque. Il mercantile infinesi coricò leggermente sul fondosabbioso arenandosi con la prua -alta fuori dell’onda quanto una casadi tre piani - sui macigni posti a pro-tezione del lungomare. «Fu unascena infernale alla quale assistet-tero migliaia di persone assiepatesull’asfalto della passeggiata a

RAPALLO

Il 5 gennaio 1961 sulla passeggiata a mare si concluse uno dei più singolari drammi del mare:per l’equipaggio tutto finì bene, ma ci furono molti brividi. A loro i doni della “Befana dei vigili”

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

SPECIALE “NAUFRAGI”di Emilio CARTA

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Quando la Locarno si arenò sul lungomare

Page 9: Il Mare Eco del Golfo Tigullio 3/2012

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mare - ricordava anni dopo il rapal-lese Andrea Pietracaprina - Intanto,a bordo della Locarno, gli uominid’equipaggio, flagellati dal vento edalle onde che spazzavano il ponte,apparivano e scomparivano da unaparte all’altra della coperta, ricono-scibili solo dal luccichio degli imper-meabili, per cercare di porre rimedioad una situazione che apparivaormai senza speranza». Alcuni rimorchiatori, provenientidallo spezzino e da Genova non riu-scirono ad agganciare lo scafoprima che la situazione precipitassedefinitivamente e, per il Locarno, fula fine. Alle diciannove e venti i vigilidel fuoco genovesi, alla luce di po-tenti fari, provarono con successo asparare una sagola a bordo: adessa, avvolto in un sacchetto di pla-

stica, venne legato un messaggiocon la richiesta di conoscere le con-dizioni dell’equipaggio. Da bordo uti-lizzando lo stesso mezzo, ilcomandante rispose che non vierano feriti. «Era impossibile comu-nicare “a vista” anche se vi prova-rono ripetutamente con i megafoni -raccontava alcuni anni dopo il bar-caiolo rapallese Vittorio Pietraca-prina - Il frastuono delle onde e delvento, unito allo sfregamento dellelamiere della nave sugli scogli ren-deva vano ogni tentativo. Rammento che prima del lanciodella sagola a bordo, un radiotele-grafista, da terra, utilizzò il clacson diun’auto appositamente posizionataa poca distanza dal moletto normal-mente riservato ai battelli turistici.Cercò di comunicare con l’ufficiale

marconista di bordo attraverso l’al-fabeto morse e a bordo ricevetteroil messaggio anche se nessuno fu ingrado di rispondere». La buona sorte, infine, aprì la propriabisaccia: la Locarno virò di circa no-vanta gradi distendendosi in sensolongitudinale lungo l’asse della pas-seggiata a mare, con la prua rivoltain direzione levante. La fiancata andòprovvidenzialmente a toccare il mo-letto d’ormeggio dei “primeri” ed allequattro del mattino l’equipaggio potèfinalmente scendere a terra conl’ausilio di una biscaglina.A terra li attendevano coperte ed unpasto caldo. Mentre i Vigili del fuocoriponevano cavi e fari, utilizzati sinoa qual momento per illuminare agiorno la scena, sulla torretta del ca-stello si spegneva anche la grande

stella cometa natalizia. I tecnici si po-nevano intanto i primi interrogativisulle cause che avevano provocatol’incaglio della nave. Il comandante aveva escluso, infatti,qualsiasi avaria alle caldaie o allamacchina del timone. Priva di carico,e quindi meno resistente alla forzadel vento e del mare, la nave, inpreda al maltempo, probabilmentenon era più riuscita a governare edaveva cominciato ad andare ineso-rabilmente alla deriva. A terra, ovviamente, iniziava il busi-ness “made anni Sessanta”, mentreil pittore Nerone Uselli, spalle allenave e fiasco di vino accanto alla ta-volozza, in sommo disprezzo pertutto ciò che era acqua, dipingevain un celebre quadro l’apocalitticascena.

Page 10: Il Mare Eco del Golfo Tigullio 3/2012

Il tragico incendio della “Bianca C.”

Durante una spedizione subac-quea sul relitto dell’Andrea

Doria nell’atlantico nord occidentale,ho appreso dai sub americani checollaboravano con noi della presenzadi un’altra grande nave, affondatanei caraibi. I sommozzatori d’oltreo-ceano la chiamavano il “Titanic dei ca-raibi”, in realtà si trattava della BiancaCosta. La Bianca Costa, era unagrossa nave passeggeri, impiegatadalla famiglia di armatori genovesi peril trasporto di persone e cose sullarotta per il Venezuela via caraibi. Va-rata in Francia nel 1944 con il nomedi Marechal Patain, passò di manomolte volte nel dopoguerra, fino al1957 quando i Costa la compraronoe la ristrutturarono, mettendola in na-vigazione sulle loro rotte. Terminato ildelicato restauro, con i suoi 180metri di lunghezza divenne subito ilgioiello della compagnia. Il 22 ottobredel 1961, rientrando dal Venezuela,come di consueto la nave si fermònella rada di Grenada. Alle prime lucidell’alba, un ritorno di fiamma in unserbatoio del carburante provocò unaviolentissima esplosione che comeconseguenza ebbe un incendio deva-stante. Tre marinai persero la vita ealtri cinque restarono gravemente fe-riti. Nonostante l’incendio che divo-rava la nave, il comandanteFrancesco Crevato e il commissariodi bordo Dino Emanuelli restarono abordo fino all’ultimo momento met-

tendo in salvo tutto l’equipaggio e ipasseggeri. Prezioso fu l’aiuto dellapopolazione locale, con una miriade dibarchini contribuì a sbarcare tutti inun tempo record. In segno di ringra-ziamento e gratitudine la famigliaCosta donò una copia del cristo degliabissi di Camogli che ancora oggi fabella mostra di sé sulle banchine delporto di Saint George.La nostra spedizione del 2008 era fi-nalizzata alla realizzazione di un docu-mentario foto-video da girare nellezone della nave mai raggiunte prima.Il fuoco che ha bruciato la nave avevaindebolito le strutture che nel temposono collassate su se stesse, chiu-

dendo di fatto tutti gli accessi. Il nostroobiettivo era quello di raggiungere glialloggi, le cucine e soprattutto la salamacchine, dove era partito l’incendio.Dopo dieci immersioni in cinque giornialla profondità di cinquanta metri, tuttii traguardi sono stati raggiunti, le diffi-coltà maggiori le abbiamo incontrateper raggiungere la sala macchine. Af-fondando il transatlantico si era spez-zato in due tronconi, l’unico passaggiopraticabile è stato trovato risalendol’asse dell’elica di sinistra, anch’essofrantumato , raggiunte le sentine, ab-biamo trovato i locali delle officine e dali la via per i motori. Molto interessantigli alloggi di seconda classe, tra lettibagni e armadietti, si possono ancoratrovare i bagagli di chi occupò quei lo-cali. Un bella sorpresa è stata sco-prire la grossa cassaforte di bordo,intatta con ancora la maggior partedei cassetti chiusi. Ovviamente, nono-stante la forte curiosità, nulla è statotoccato. La nostra è una squadra ad-destrata per la ricerca e la documen-

GRENADA

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

SPECIALE “NAUFRAGI”di Lorenzo DEL VENEZIANO

10

Il sub Lorenzo Del Veneziano è tornato sul relitto nel 2008 per fotografare il relitto. Eccone alcune immagini

Page 11: Il Mare Eco del Golfo Tigullio 3/2012

tazione delle navi affondate, e non dicacciatori di tesori o souvenir.In questi giorni mi è stato chiesto dapiù parti, come esperto sommozza-tore di navi affondate, la mia opinionesu quello che sta accadendo all’isoladel Giglio. Ovviamente, non essendostato tirato in causa direttamente,non posso esprimere giudizi su chi starischiando la vita per mettere in salvole persone e recuperare i corpi dellevittime. Posso solo manifestare comeci si deve comportare, a mio avviso, incasi del genere.L’esplorazione subacquea delle navisommerse è un’attività molto perico-losa ed estrema. Le insidie sono tan-tissime. Su un vascello come laBianca Costa i pericoli maggiori deri-vavano dai crolli, la nave è lì da cin-quant’anni e si è indebolita perl’incendio. La profondità, sempre in-torno ai cinquanta metri. La sospen-sione, tutto questo tempo hacontribuito a far depositare sul fondouno spesso strato di limo che semosso riduce la visibilità a zero.L’orientamento, perdersi all’interno diuna nave sommersa è facile, ci sitrova spesso in cunicoli lunghi e strettidove basta un attimo per non ritro-vare la via dell’uscita. Essendo affon-data da poche ore, la Concordia nonpresenta molti di questi pericoli, laprofondità non è rilevante, l’acqua èpulita e il pericolo di crolli devastantidovrebbe per ora essere scongiurato.Un fattore però importante da tenerpresente sulla nave del Giglio e l’incli-nazione della stessa. Aggirarsi all’in-terno di una nave capovolta o inclinataè pericoloso perché si perdono i rife-rimenti di pavimento e soffitto ed èmolto facile perdersi. Senza dubbio ilrelitto più difficile da penetrare è l’An-drea Doria, coricato su un fianco a ot-tanta metri di profondità. Negli annisono decine i sommozzatori espertiche hanno perso la vita tentando diviolare i preziosi segreti custoditi nelventre del transatlantico che riposanelle gelide acque dell’atlantico. Or-ganizzare un intervento di ricerca, re-

cupero e salvataggio all’interno di unanave parzialmente affondata èun’azione impegnativa riservata apochi sub espertissimi. Come primacosa deve essere un lavoro di squa-dra, importante è preparare quelloche in gergo si chiama il campo, indi-viduando le aperture più agevoli perraggiungere tutti gli angoli più remotidella nave. Per muoversi all’interno sidevono conoscere perfettamente letecniche speleologiche che servonoper mettere in sicurezza i percorsiesplorati e mappati. Importantissimaè l’esperienza dei sub nell’esplorare irelitti, le malizie per muoversi all’in-terno dei cunicoli di una nave cosìgrande come la Concordia si acquisi-sce con anni di addestramento e pre-parazione, esercitandosi sulle naviaffondate. Le attrezzature ricopronoun ruolo fondamentale, i nuovi illumi-natori a elevata autonomia, le mutestagne che mantengono il corpoasciutto e i sistemi per la respira-zione a circuito chiuso fanno la diffe-renza nella pianificazione diimmersioni così impegnative e peri-colose. In particolare i nuovi sistemirespiratori che ormai io e la mia squa-dra usiamo dal 2003 ci permettonodi rimanere in immersione per untempo molto lungo, in relativa sicu-rezza; alla quota in cui si opera sullanave Concordia si può auspicaredi restare in acqua oltre le seiore, tempi impensabili con lenormali bombole di aria a cir-cuito aperto. Potere aggirarsiper gli stretti corridoi di unanave affondata senza l’assillo diterminare il gas respirabile a no-stra disposizione è un aiuto fonda-mentale per portare a termine lavoricosì importanti e delicati, limitando alminimo i rischi. Esplorare gli interni diuna nave affondata è una disciplinacon regole ferree, non rispettarle puòessere molto pericoloso. Solo pochisub espertissimi possono cimentarsiin tale attività portando a termine il la-voro conseguendo i risultati prefissati.

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Page 12: Il Mare Eco del Golfo Tigullio 3/2012
Page 13: Il Mare Eco del Golfo Tigullio 3/2012

Cara cittadina, caro cittadinoLiguria Moderata si è alleata con il candidato Sindaco Pier Giorgio

Brigati. Abbiamo scelto il sentiero delle liste civiche e di persone libere

ed oneste, per proporre alla città quel cambiamento genuino che

manca a Rapallo da decenni. Ad oggi, noi di Liguria Moderata sa-

remo parte di ben quattro liste civiche che appoggeranno Pier Gior-

gio Brigati. Un uomo che consideriamo leale, equilibrato e

circondato da persone della stessa stoffa.

Io, Massimo Pernigotti, mi presento come Suo candidato (per essere

eletto in consiglio) nel movimento politico “Liguria Moderata”

ed ogni voto dato a me, o ad un altro esponente di Liguria Moderata,

sarà un voto per rinnovare la città.

Ho sostenuto dal Consiglio, l’opposizione di centro-destra in Pro-

vincia dal 2007 al 2012, e ultimata quest’esperienza, di cui ho sem-

pre dato ampio risalto al lavoro svolto anche da queste pagine,

credo sia importante aiutare Rapallo, ad uscire dall’immobilismo e dalla

decadenza senza limiti a cui ci siamo apparentemente assuefatti senza pro-

testare. Per paura di cambiare le persone. Gli eletti.

Nel 2007 ti è stato promesso, tra tante altre cose, il Central Park al campo Macera con città dei bambini nel

verde e parcheggi interrati al di sotto; il centro congressi; la strada nel golf per aggirare il traffico all’uscita

dell’autostrada; il depuratore comprensoriale; la passeggiata a mare Zoagli – Portofino; il rifacimento

del lungomare; una sontuosa spiaggia oltre il Porticciolo, il rilancio dei Porticciolo, il tunnel Rapallo –

Santa Margherita, il nuovo polo sportivo a Bana. Di queste opere non vi è alcuna traccia. Solo proclami.

Come conseguenza, il turismo è in crisi, e l’occupazione per i giovani e i padri di famiglia è peggiorata con

alberghi e botteghe (la nostra industria) che chiudono senza più riaprire.

La viabilità ed il traffico sono rimasti inalterati (tranne due ridicole rotondette), con evidenti risvolti di

inquinamento e vivibilità. Nelle scuole inferiori, di competenza comunale, i genitori protestano per il degrado

generale, mentre negli asili nido le famiglie non trovano posto per i loro bimbi, generando una lotta incre-

sciosa tra chi ha bisogno. Se questo è “l’impegno e la concretezza” per le famiglie che ti aspettavi ti voglio

dire che saranno necessari anni di lavoro duro per ribaltare questa situazione che risponde alla verità.

Noi ti proponiamo di fidarti per una volta di PERSONE NUOVE, competenti, oneste e moderate; di

trovare il coraggio di votare NUOVI RAPPRESENTATI POLITICI che non compaiano in piazza o nelle

premiazioni ed inaugurazioni, sorridano e stringano mani solo a tre mesi dal voto (che coraggio), perché sai

già come funziona e cosa ti aspetta poi per i cinque anni successivi. Noi rapallini e tu elettore non

puoi cascarci nuovamente.

Per quanto riguarda il nostro progetto, il programma per Rapallo, che stiamo preparando tra sedute pubbliche e

iscritti al movimento, non sarà certo uno specchietto per le allodole, ma esattamente ciò che pensiamo si

possa realizzare. Presto sarà reso pubblico, lavorando ad esso dopo aver ascoltato le tue richieste, le tue

necessità che sono le stesse che ci appartengono. Consci che noi dovremo rendertene conto fra cinque anni,

come tuoi servitori e dipendenti eletti.

Il 6 e il 7 maggio 2012 si voterà per il nuovo Sindaco di Rapallo, ma anche per eleggere il consiglio

comunale che rappresenterà lo specchio della città. Tra i candidati consiglieri che esprimerà la lista di

Liguria Moderata, tutte persone valide, potrai scrivere “PERNIGOTTI” a fianco al simbolo.

Ti prego di riflettere sul fatto che dal giorno seguente le elezioni, invece di lamentare che “a Rapalloè sempre la solita storia”, tu quella storia potrai averla finalmente cambiata.

In fede Massimo Pernigotti

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RISPETTO di se stessi, degli altri,della comunità e dell'ambiente:

QUESTA E' L'ETICA.Ma cosa significa, etimologicamenteparlando, “etica“?La parola “etica” deriva dal greco“ethos” ossia costume, corrispon-dente al termine latino “mos”, da cuiproviene l' italiano “morale” e designaogni dottrina che pone come oggettodella sua elaborazione speculativa ilcomportamento pratico dell'uomo.ETICA dunque come COMPORTA-MENTO CORRETTO, CONFORME APRINCIPI ELEVATI ED INECCEPIBILI. Questo è, in buona sostanza, il signifi-cato dell'etica.Principi superati, - osserverà qualcuno– roba d'altri tempi di cui non si av-verte più la necessità. Noi riteniamoinvece che di ETICA ci sia una neces-sità reale ed impellente, in una societàche non osserva più i principi dellaconvivenza civile, del rispetto degli altri,- specie se questi sono “diversi” per na-scita, per colore della pelle, per reli-gione, per credo politico, - dellasobrietà nella comunicazione e nellapromozione di se stessi che, nel circomediatico, tocca ogni giorno vertici in-sopportabili. Una società in cui chi non paga letasse è un FURBO, chi ruba o dan-neggia il patrimonio pubblico non vienepunito in maniera esemplare, e questoperchè l'individualismo, particolar-mente diffuso, impedisce di percepire ilvalore della cosa pubblica e delle ne-cessità pubbliche come interesse ditutti e non soltanto di quello “Stato” del

quale “i furbi” fanno parte, ne godonoi privilegi ed è strumentale ai loro in-teressi, ma nel quale non si ricono-scono quando si tratta di assolvere ipropri doveri di cittadini della Repub-blica. E questo comportamento che non ri-spetta i principi etici, anzi spesso listravolge e li calpesta, lo troviamo atutti i livelli: nei semplici cittadini, nellapubblica amministrazione, ma sopra-tutto, nella POLITICA. Eppure nel nostro Paese abbiamo ilprivilegio di possedere dei CODICI chesono capisaldi di ETICA. Primo fra tutti la COSTITUZIONE dellaRepubblica Italiana, quel complesso dinorme elaborate dai Padri Fondatoried entrate in vigore il 1° gennaio1948, che definiscono lo Stato e negarantiscono gli ordinamenti, stabi-lendo diritti e doveri dei cittadini. Basterebbe l'osservanza delle normecostituzionali per garantire una convi-venza civile eccellente, basata sul ri-spetto di tutti, sia nella vita civile che inquella politica. E' risaputo che un Presidente Emeritodella Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro,scomparso di recente, teneva la Co-stituzione Italiana sul tavolino da notte,accanto al letto. Non a caso questa figura prestigiosadi uomo politico, per la coerenza mo-rale, l'integrità e la dignità che hannocaratterizzato tutta la sua vita, ha la-sciato un esempio di comportamentoetico che, al di là di qualche critica diparte che non è stata risparmiata almomento della sua morte, ma che non

inficia la sua statura morale, dovrebbefare scuola ai “politici” dei nostri giorni.Ma quando parliamo di “politica” checosa intendiamo? Una missione? Un dovere civico? Unaprofessione? Un modo di perseguireprivilegi ed interessi propri?Oggi, se sfogliamo i giornali e guar-diamo la TV, ci accorgiamo che la “po-litica” attuale è l'espressione principaledel POTERE. Di conseguenza l'obiettivo primario è“vincere” per ottenere il potere e permolti la vittoria deve essere conqui-stata con ogni mezzo, lecito e non,anche a costo di sotterrare ogni prin-cipio morale ed etico. La vera politica, invece, intesa comescuola di vita, luogo di incontro e di ap-prendimento, di crescita civile e di edu-cazione all'impegno ed alla legalità, siconcretizza nella gestione etica dellasocietà, al fine di garantire, all'internodella vita sociale, i diritti individuali e col-lettivi dei cittadini, il soddisfacimentodei loro bisogni, la tutela della loro si-curezza e della loro salute, la dignitàdel lavoro, il tutto come espressa-

mente previsto dalla nostra Costitu-zione che è la bussola civile e morale,politica e spirituale di tutti gli italiani. E' significativo, a questo proposito, l'art.2 della stessa che recita: “La Repub-blica riconosce e garantisce i diritti in-violabili dell'uomo, sia come singolo sianelle formazioni sociali ove si svolge lasua personalità, e richiede l'adempi-mento dei doveri inderogabili di solida-rietà politica, economica e sociale.“Diritti e doveri, dunque, che la politicadeve tutelare – i primi - e far osser-vare – i secondi – ma dando per primal'esempio con comportamenti eticiineccepibili. Oggi, purtroppo, dobbiamo consta-tare che non esiste più un'etica dellapolitica.La politica, ai giorni nostri, è solo in-dividualità, è “strategia di potere” equindi siamo costretti ad assistereal penoso spettacolo di singoli checercano di prevalere gli uni sugli altri,con la complicità dei media che as-secondano questi comportamentiche non vanno oltre un vuoto perso-nalismo.

CAMPAGNA ELETTORALE

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

SOCIETÀdi Elena LAVAGNO CANACARI

14

C’è bisogno di etica nella vita civile e politica

ELEZIONI AMMINISTRATIVE A RAPALLOEntrando nel merito della realtà della nostra Città,come è noto siamo ormai in campagna elettorale,in quanto nel prossimo mese di maggio avrannoluogo le elezioni amministrative. Tanti sono i candidati alla carica di sindaco che sistanno proponendo a Rapallo. Tutti i cittadini, ovviamente , hanno il diritto ed il dovere di impegnarsi in campopolitico, senza differenze di genere o di pensiero. Ognuno eserciterà questo di-ritto / dovere di partecipazione alla vita politica in modo diverso e personale, se-condo le sue attitudini e la sua situazione.Nessuno però deve derogare AL CODICE ETICO DELLA CORRETTEZZA E DEL RI-SPETTO DEGLI ALTRI. E questo principio è tanto più valido quando è la donna a proporsi in politica. Infatti è completamente da smentire il luogo comune che vuole la donna in po-litica più valida e convincente , se assume un atteggiamento rigido “da uomo”,che spesso sconfina nell'arroganza. L'arroganza non paga! Le donne che impostano la loro campagna elettorale suquesto principio, rischiano di fallire in partenza. Ciò che rende la donna credibile in politica, a nostro parere, non è la sua “grintamaschile” da ostentare, ma la sua capacità, tutta femminile, di convincere conl'empatia, di mediare, di comporre e risolvere i problemi e le difficoltà e non adesasperarli, di dare fiducia alla gente con quegli atteggiamenti e comportamentietici che sono alla base di una sana convivenza civile.Un programma realistico e realizzabile, non da “libro dei sogni” ed una solida pre-parazione amministrativa, sono poi il corollario per la buona riuscita di una cam-pagna elettorale femminile. Per concludere, è comunque indiscutibile che se la politica continuerà a pre-scindere dall'etica, la conseguenza inevitabile sarà che essa rimarrà sempreuna pura espressione di potere, estranea all'interesse vero dei cittadini. di Pietro Ardito & C.

Giggia,arrivano le elezioni!

Mi scappa da piangere...

Meno male,i consiglieri

scadentistanno perscadere!

Page 15: Il Mare Eco del Golfo Tigullio 3/2012

Adire la verità solo una delle specieche illustreremo è chiamata volgar-

mente “margherita di mare”, le altrehanno nomi volgari diversi, ma la loroforma ricorda vagamente piccoli fiori o in-fiorescenze. Questi organismi animali sono in realtà po-lipi singoli o riuniti in colonie ed in quest’ul-timo caso, come accade nelle gorgonie,cnidari anch’esse, formano organismicomplessi. Nel disegno della pagina è raffi-gurato un polipo per osservare in grandilinee la sua struttura interna. Prima di ingenerare confusione diremoche le “margherite di mare”, quelle vere,sono zoantinari e mostrano polipi riuniti incolonie, solitamente incrostanti e muniti diun sottile scheletro esterno non di propriaproduzione, ma formato da corpi estraneicome le spicole calcaree dei poriferi. Nonpossiedono quindi uno scheletro rigido in-terno e per ergersi si “arrangiano” rive-stendo le rocce o spesso altri organismi.Le “margherite di mare” hanno un “debole”per le spugne del genere Axinella e leusano spesso come supporti senza darloro, almeno apparentemente, troppo fa-stidio. Sovente le colonie possono contareun gran numero di individui, collegati traloro tramite un tessuto che alla base rico-pre rocce o substrati viventi. I piccoli polipigialli o aranciati mostrano sino a 36 sottilitentacoli intorno al disco al centro del qualesi apre la bocca dell’animale. Le “marghe-rite” possono vivere anche in anfratti vicinoalla superficie, ma spesso colonizzano fon-dali profondiI polipi del “falso corallo nero”, del tutto si-mili alle margherite, sono capaci di salireancora più in alto e quando capita si fis-sano sui rami delle gorgonie morte dandoorigine a spettacolari colonie dai grossi po-lipi giallo vivo. Simili agli zoantinari, i madreporari pos-sono mostrare, a seconda della specie, po-lipi solitari o formare colonie. L’aspetto dei“solitari” è simile a quello di un attinia, men-

tre i “coloniali” mostrano strutture incro-stanti o semisferiche. Con il tempo questianimali sono capaci di trasformare il discopedale (quello che si trova alla base del-l’animale) in una struttura calcarea che lifissa al substrato e si inspessisce gradual-mente a formare un robusto scheletro in-terno. Rispetto ai precedenti si tratta diuna differenza sostanziale perché questiorganismi creano nuovo substrato ade-rente alle rocce, che permane anche dopola loro morte. Sono quindi tra i componentifondamentali della biocenosi coralligena,dove esistono due grandi gruppi di organi-smi: i costruttori, che comprendono le ma-drepore e le alghe calcaree, e i demolitori,che aggrediscono scheletri e rocce e sonorappresentati da poriferi e molluschi per-foratori, nonché da organismi raschiatoricome i ricci.La madrepora gialla è estremamente dif-fusa nei fondali rocciosi e somiglia moltoalla “margherita di mare”. La differenza im-mediata e che la madrepora forma gruppimolto grandi dove però gli individui sono so-litari anche se talvolta possono svilupparsisu scheletri di individui morti della stessaspecie, fondendosi spesso con essi e ori-ginando grosse e spesse strutture mine-rali che fanno crescere gli strati delcoralligeno.Questi animali raggiungono altissime den-sità per metro quadrato e si osservanospesso colonizzare pareti verticali dallequali possono distaccarsi facilmente sescontrati. Talvolta, infatti, in aree soggettead attività antropiche, si ritrovano moltischeletri di questi cnidari alla base dellerocce sulle quali vivevano.Queste madrepore raggiungono un’altezzamassima di 6 -7 centimetri e possiedonobrevi tentacoli, quasi trasparenti e urti-canti, con i quali catturano piccoli organi-smi planctonici. Sono animali tipici degliambienti rocciosi bui, da qualche metro diprofondità (più rari) sino a 50 - 60 metri.Esiste un altro madreporario molto bello,la cui presenza non è ancora certa nei fon-dali del Promontorio di Portofino, anche seesistono segnalazioni in merito, che invece

prospera ed è diffusonelle acque più caldedel Sud Italia. In questezone forma, entro i 10metri di profondità,splendidi paesaggi sottoma-rini che fanno somigliare i fondali a pratifioriti. Si tratta della madrepora arancione,una forma coloniale dai polipi con aspettomolto simile a quelli della madreporagialla. In ogni caso esistono anche colo-nie dai colori meno accesi e tendenti algiallo. Sembra che questa madrepora, aseconda della profondità alla quale si svi-luppa, mostri aspetto differente. In super-ficie forma strutture incrostanti con i calicidei polipi a sezione poligonale, mentre piùin profondità forma colonie lievemente ele-vate, con forma a cespo, sulle quali sem-brano impiantati i vistosi polipi.Ma non tutte le madrepore sono appari-scenti e ve ne sono alcune, come quelle acuscino, che per i loro colori smorti pos-sono passare inosservate. Queste ma-drepore formano colonie arrotondate oallungate anche molto grandi (50 cm didiametro) dove ogni polipo rimane benevidente con la sua corona di tentacoligiallo - bruni. Il colore delle colonie èspesso in funzione della presenza, neitessuti della colonia stessa, di alghe uni-cellulari. Come le specie già citate anchequesti organismi si cibano di particellealimentari catturate dai polipi attraversoi loro tentacoli, o sfruttando, comunquein piccola parte, anche sostanze che ven-gono prodotte dalle alghe simbionti. Le madrepore a cuscino vivono general-mente a basse profondità, soprattuttotra gli scogli ricoperti dalle alghe fotofile,più raramente a profondità rilevanti (oltrei 100 metri) dove la simbiosi con le alghepuò venir meno. La crescita dei polipi èpiuttosto lenta e la colonia può esseremolto longeva, superando i 50 anni di età.Si tratta di una specie particolarmentesensibile al riscaldamento delle acque disuperficie, infatti, durante i periodi estivieccessivamente caldi, con poco o nullo ri-mescolamento delle acque dovuto a limi-tati moti del mare, si sono verificateestese morie di queste madrepore, ri-maste sul fondale con i loro scheletribiancastri. Sono comunque le grandi co-lonie a dover sopportare i danni maggiori,mentre le piccole colonie riescono spessoa riprendersi. Tra le tante madrepore solitarie, dai co-lori smorti e di difficile determinazione,vale la pena citare una specie facilmentericonoscibile per la sua forma a sezionespesso ovale e allungata. Si tratta dellamadrepora molare, dal colore bruno ogiallastro aranciato, con uno scheletrocalcareo fissato al substrato ed un bordo

superiore irregolare. Per la caratteristicadi ospitare nei tessuti alghe unicellulari sim-bionti (organismo zooxantellato), che tral'altro favoriscono la costruzione dello sche-letro calcareo, ha necessità di vivere in am-bienti luminosi e quindi si osserva spessovicino alla superficie o comunque nell'am-biente delle alghe fotofile, in compagniadelle madrepore a cuscino.

VITA BENTONICAE c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

NATURAdi Giorgio MASSA

15

Un mare di... margherite

Madrepora molare (Balanophyllia europaea) – fotoL. Capurro

Madrepora gialla (Leptopsammia pruvoti) foto L. Capurro

Falso corallo nero (Savalia savaglia)- foto V. Liguori

Gli cnidari possono avere aspetto di polipo o di me-dusa. In entrambi i casi, come si vede nel disegnoche mostra un polipo, si tratta di organismi moltosemplici.

Sott’acqua, tra anemoni e meduse, ci sono anche altri cnidari che somigliano a fiorellini sgargianti

Le margherite di mare (Parazoanthus axinellae)foto L. Capurro

madrepora arancione (Astroides calycularis) foto R. Pronzato

Page 16: Il Mare Eco del Golfo Tigullio 3/2012

Questo rappresenta uno dei maggiorimotivi per cui si festeggia il 27 gen-

naio. Nelle scuole si organizzano eventi divario genere, in cui spesso i protagonistisono proprio i testimoni oculari di questeoscure pagine della storia. GiorgioScocco, Gilberto Salmoni e Dieter Schlesaksono stati gli ospiti degli istituti rapallesi. Peri ragazzi delle A. Giustiniani, secondarie disecondo grado, é stato organizzato un in-contro con Giorgio Scocco, figlio di un ra-pallese nato a Chiavari, deportato, che harecentemente stampato un libro in cuisono raccolte le lettere e il diario scrittoda suo padre durante i giorni di prigioniain tre differenti campi di concentramento.I ragazzi hanno lavorato molto su questiavvenimenti, infatti hanno creato dei di-segni e dei testi riguardanti la Shoah,hanno visto il film “La Vita é bella” e hannoassistito al racconto dello storico Ago-stino Pendola. L’esperienza di GiulioScocco, padre di Giorgio, é stata segnatadalla partecipazione alla guerra e poi dallascelta di unirsi ai partigiani; fu proprioquesta presa di posizione a costargli ladeportazione, di cui il diario pubblicatoracconta gli episodi terribili a cui Scoccoha assistito. Probabilmente il passaggiopiù significativo dell'intervento del figlio delprotagonista è stato il commento, che hafatto riflettere sull’età dei ragazzi: “Il miopapà aveva 22 anni, quando venne de-portato. Attorno aveva giovani anche di17, 18 anni: giovani con pochi anni più divoi, che hanno patito tutto questo ancheper la nostra libertà.” Il relatore poi ha la-sciato ai ragazzi anche una delle motiva-zioni concrete per cui si celebra laGiornata della Memoria: “Papà quando ètornato - ha iniziato a raccontare - non ha

mai predicato l'odio contro i tedeschi, per-ché odio chiama odio, ma dimenticare,quello no, non poteva. Non glielo permet-teva la mente né il corpo, ogni volta che fa-ceva la doccia, quelle cicatrici sulla schienagli portavano davanti agli occhi tutto quelloche aveva patito”. Sono anche tanti altri glianeddoti narrati nelle pagine del diario re-datto da Scocco, che ha donato ai ragazzidella scuola e ad alcune biblioteche.Gli studenti del Da Vigo, invece, hannoavuto altre due occasioni per analizzarequesti temi: gli alunni dell’ultimo annohanno incontrato Gilberto Salmoni: un de-portato, che ha avuto “la fortuna” di esserestato destinato a Buchenwald con il trian-golo rosso dei prigionieri politici. Que-st’uomo di origine genovese ha raccontatola sua esperienza, toccando i normaliaspetti che si ritrovano nei libri di storia, mapoi é emerso qualcosa di diverso: la con-sapevolezza con cui spesso i deportati af-frontavano il loro imminente destino e così,con la tristezza negli occhi e un ritmo moltolento, Salmoni ha raccontato del doloreprovato vedendo la scritta “Auschwitz” sultreno a cui erano stati destinati alcuni deisuoi cari, perché la gente sapeva ciò cheaccadeva in questi luoghi dal nome tede-sco. Buona parte dell’intervento, su richiestadegli studenti, é stata incentrata sul mo-mento della liberazione, che ha avuto unforte significato per i prigionieri del campo.Il testimone ha precisato: “Non é statocome nei film - racconta Salmoni - C’era lasensazione che qualcosa stava per acca-dere; gli aerei americani passavano sem-pre e c’erano bombardamenti terroristici,per indurre le popolazioni a ribellarsi”. I campi furono liberati gradualmente e ilsentimento comune era l’idea che sareb-bero stati tutti uccisi, ma tra loro si eramosso qualcosa: ormai da tempo esistevaun comitato clandestino di resistenza, che,dal momento in cui le SS avevano annun-ciato che tutti avrebbero smesso di lavo-rare e si sarebbero trasferiti, aveva tentatodi rallentare le operazioni e infine era riu-scito a prendere il controllo del campo.“Non é stato clamoroso - dice Salmoni aproposito della liberazione - e neppurecome uno si potrebbe aspettare. Nonc’erano più SS nel campo, se non sulle tor-rette e fuori, divisi da un filo spinato ad altatensione. Il primo segno concreto, per me,é stata la vista di un internato col fucile e ilgiorno dopo sotto la scritta “A ognuno ilsuo” é arrivata una jeep di americani con la

riga stirata sui pantaloni”.Per Salmoni non era finitotutto qui, c’era anche dafare i conti con il desideriodi andarsene, nonostantenon potessero, perchéerano ritenuti portatori dimalattie. Così un giornouscirono, andando versoun paese vicino, ma lareazione degli abitanti fuquella di suonare l’allarmee gli italiani non furono ingrado neanche di rubareun’oca, a differenza deiRussi, che addirittura siportarono via una mucca.I traumi non finirono e il ri-torno a casa fu reso an-cora più duro dallapresenza di alcuni ragazzidi educazione fascistanella classe in cui Salmonitornò a studiare. L'esperienza veicolata da quest'uomo mo-stra un'altra nota di differenza rispetto airacconti canonici che tutti conosciamo: inquel campo francesi e italiani si aiuta-vano, la solidarietà esisteva davvero e adifferenza di quanto ci racconta PrimoLevi, il furto non era praticato. Nellostesso campo c'era anche un'altra pra-tica molto diffusa: gli internati con la pelletatuata avevano una valenza ancora mag-giore: la loro pelle, infatti, era molto am-bita, perché ottima per creare deiparalumi. In questo clima viene da chie-dersi se esistesse l'umanità e soprattuttocome avessero giustificato le loro azioni itedeschi. Dieter Schlesak ha spiegatoampiamente ad altre classi del Da Vigo larisposta che molti ufficiali delle SS, anchesuoi parenti gli hanno fornito: HannahArendt ce lo spiega magistralmente conla definizione di "Banalità del male", infattimolti non percepivano di aver agito male,

in quanto affermavano di aver risposto adegli ordini. La grandezza della testimo-nianza di Schlesak, nato in Transilvania ebambino all'epoca dello sterminio, è sot-tolineata da un forte interrogativo, che loha portato a scavare la memoria di so-pravvissuti sia vittime sia carnefici: “Sefossi stato più grande - si chiede Schlesak- anche io avrei obbedito senza porre do-mande? Probabilmente sì, perché questaera l'educazione che avevamo ricevuto”.La sua testimonianza è raccolta in dueopere fortemente documentate tradottein italiano: "Il farmacista di Auschwitz" e"L'uomo senza radici". Si tratta di raccontiin cui emergono sentimenti forti, difficilida esprimere con la parola umana. Le im-magini sono crude ma molto dirette etutte ricavate da interviste svolte agli "ze-brati" sopravvissuti, come lui stesso li de-finisce, e ad alcuni SS. Un altroparticolare ha spinto Schlesak ad affron-tare questa continua ricerca: conoscevapersonalmente Victor Capesius, il farma-

Ricordare per non ripetereSHOAHE c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

PIANETA GIOVANIdi Benedetta MAGRI 16

Un viaggio nella memoria collettiva per nondimenticare l’orrore dei campi di sterminio

Nella foto, (secondo da destra), Giulio Scocco. Sotto, la lettera dell’avvenuta liberazione

Page 17: Il Mare Eco del Golfo Tigullio 3/2012

LE COLLINE TRA GAVI E OVADA

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Le mie giornate della memoriaSHOAHE c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

FILO SPINATOdi Primarosa PIA 17

cista transilvano della città in cui era cresciuto e cheaveva visto donare le caramelle ai bambini ebrei, con unamoglie mezza ebrea. Lo stesso Victor Capesius era di-ventato il farmacista di Auschwitz: custode e sommini-stratore dello Zyklon B, il gas letale con cui venivano uccisitutti coloro che non erano direttamente gettati nel fuoco,come narrano le prime pagine del libro di Schlesak. Nellasua opera c'è anche altro: la denuncia del regime rosso,che non poteva essere considerato un male minore ri-spetto al nazismo. Queste sono state le proposte del Da Vigo, a cui i ragazzihanno assistito con calma e attenzione, ma, nel momentoin cui apro la discussione sulla pagina di facebook dedi-cata alla scuola, le risposte al post riguardante la possibi-lità che le lezioni fossero sospese per neve, riceve più di uncentinaio di risposte, contro le 4 che riceve l'argomentoda me proposto. Il bilancio è dunque che i ragazzi sono in-teressati, ma non vogliono parlarne, oppure Orso sostienein modo più categorico: “Oggi nessun ragazzo è interve-

nuto a parte me; ciò significa che nessuno fosse interes-sato. Questa non è un'accusa, ma una constatazione”.Mariolina, invece, è rimasta commossa da Salmoni e haprovato anche “tanta stima per quell'uomo che rappre-senta l'Italia ferita, che ha sofferto davvero”. Giorgia, che non si è trovata coinvolta nei due progetti, ri-sponde alla mia provocazione sul negazionismo e sull'in-coscienza riguardo alle colpe degli italiani, argomentospesso in primo piano nelle classi: "(il negazionismo, ndr)mi ha sempre un po' stupita e non l'ho mai concepito.Negare l'evidenza è sintomo sia di indifferenza sia di igno-ranza. Credo che tra i giovani d'oggi ci sia una sorta d'in-differenza per ciò che è passato, ma anche presente edi conseguenza futuro, considerano che non li riguardi:ignoranza pura, per esser precisi".Al Liceo Scientifico Tecnologico De Ambrosis - Natta,sembra non si siano svolte commemorazioni e un po’ didissenso da parte degli alunni giunge: “Se me ne sono ri-cordato é stato solo grazie alla mia personale informa-

zione, i docenti hanno solo accennato all’argomento, fa-cendo sempre le solite considerazioni”, mi spiega un ra-gazzo dell’ultimo anno. Parlando con lui risulta coscientedei fatti, ma i suoi compagni? “Tra di noi non si parlamolto di questi argomenti, credo che ormai tutti sap-piano cosa sia accaduto, ciascuno di più o di meno inbase alle proprie conoscenze personali, ma credo chetutti lo sappiano, ci mancherebbe ancora!”. A questopunto mi sorge spontaneo un dubbio: se non se ne parla,chissà se l’attualità suscita un maggiore interesse: “Mié successo di parlare dei massacri in Africa e degli omi-cidi di Cristiani nel mondo, ma ad esempio del regime diPol Pot non mi é mai capitato di discutere”. Alessandro, del classico, commenta riguardo all'incon-tro con l'ospite Schlesak: “A mio avviso, da queste mani-festazioni si pretende troppo poco: si cerca di non fardimenticare e di non perdere il contatto con qualcosa distudiato, quando l'obiettivo dovrebbe essere interes-sare”.

Ci sono molti luoghi, sulla terra, dove molte cen-tinaia di migliaia di bambini sono stati strappati

dai loro lettini caldi, dai loro giochi, dalla serenitàdovuta e dalle coccole delle mamme, dei papà, deifratelli, dei nonni, degli zii.Bambini costretti a crescere all’improvviso, a impa-rare a non fiatare quando le mamme li rinchiudevano,al buio, con l’illusione di salvarli, di sottrarli a mostricon gli stivali, in mano un foglio di carta con incollatosopra il loro presente, il loro dolore, la loro vita, e avolte a morirci, in quei nascondigli, dopo aver cercatoinvano di trovare ascolto da orecche e amore obbli-gati a partire pigiati a forza in un carro bestiame.Bambini costretti a diventare ladri di cibo e a pren-dersi cura della famiglia, a bucare muri e reti vere estrisciare nell’ombra, a scoprire con stupore l’esi-stenza di bambini “altri” rimasti bambini, coi loro lettinicaldi, il loro cibo nutriente, i loro giochi, la loro sere-nità, le loro coccole.Strupore impotente e consapevolezza di una fatalitàincomprensibile quanto orribile.Ci sono alcuni luoghi, sulla terra, dove quei bambiniprima di essere mandati a morire hanno disegnato,cantato, scritto poesie che gli orchi e i loro fiancheg-giatori hanno usato come scudi per la forma, noncerto per la sostanza né per la coscienza.Ci sono alcuni luoghi, sulla terra, dove per quei bam-bini il presente si è fatto invivibile, si è fatto fame

freddo lavoro torture e assenze, o si è subito fatto unaporta stretta e pesante chiusa violentemente allespalle, il viso della mamma sfigurato in smorfie spa-ventose, le sue mani tenere involontariamente diven-tate artigli, niente più aria da respirare prima diessere bruciati e diventare aria..C’è un luogo, sulla terra, a Gerusalemme, dove hannopensato ad un giardino di ulivi, con al centro una ca-verna buia, da attraversare in silenzio, a piccoli passi,seguendo un corrimano, il cuore appeso ad una fiam-mella, una sola, moltiplicata centinaia di migliaia divolte da una serie di specchi, e una voce, che ripete al-l’infinito dei nomi, nomi che avevano voglia per impa-

rare la vita, bocca per cantare canzoncine, piedini percorrere nell’erba, occhi per sorridere, manine per co-struire castelli di sabbia, nomi morti bambini.Non c’è nessun luogo, sulla terra, dove la ragionepotrà accettare che tutto questo possa essere di-menticato, perché dopo aver fatto questo, la ragioneumana non avrà più pace.Ci sono troppi luoghi, oggi, sulla terra, dove i bambinisono oggetto di sfruttamento consumistico, sessuale,violento, propagandistico, in nessun luogo, sulla terra,la coscienza può accettare che avvenga tutto questo,e finché non si porrà fine a tutto questo la coscienzaumana non potrà aver pace.

Gerusalemme, il Museo dell’Olocausto

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E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

RICORDO O SOGNO? QUANDO...

di Mauro MANCINI18

Quando i cognomi eranoconosciuti solo all’anagrafe/11

RAPALLIN

” pe Lisa”

”Ese e riëse”

quanti fôui spampaggiae

da-e oive de San Martin

a-e vigne de Sant’ Ambrëuxo:

fûmme d’ erbe secche

ch’ ö se mesccia in çê

a nûvie de lebeccio;

de là in ta stansa

cienti de vitta.

Sön ö poae de ’na moae

cön zà i cavelli gianchi

che tanto a patisce

pe däte ö tettin,

ma quande a te parla

e ti ti ghe rispöndi,

ma quande a te rïe

e ti ti ghe rïi,

de vitta se gh’ impe ö chêu

e cön ti a ritörna figgiêua.

” Essere e riessere”quanti falò sparsi/dagli olivi di San Martino/alle vigne di Sant’ Am-brogio:/ fumo d’erbe secche /che si mescola in cielo /a nuvole di li-beccio; / di là nella stanza pianti di vita./ Sono il padre di unamadre/che ha già i capelli bianchi/ e che tanto soffre / per allattarti,/ ma quando ti parla / e tu le rispondi, / ma quando ti sorride/e tu lesorridi, /di vita le si riempie il cuore/ e con te ritorna bambina .

“Quarche sörvianömme di rapallin ” / 11Giöanin da fisarmonica : Canessa di Costaguta.ö Sarpetta: Casagrande Guido, pescatore provetto. ö Franzin: Guido Rossit, parrucchiere in via Mazzini.ö Fiorin: Cò Fiore, vetraio, giocatore di calcio e pescatore da canna.ö Bacci: Giovanni Battista Ottonello, in famiglia di elettrotecnici. ö Tosca: Barni Alberto, marinaio di ’lungo corso’.ö Trömbetta: il capo-cantiere.e Sarte in sciô pönte: Angela e Maria Oneto, sorelle con la sarto-ria nelle vicinanze del Ponte della paglia (“ö Pönte da paggia” ) aS.Anna. ö Straggia-ballin: (spargi pallini), cacciatore.i Peccetti: (i pettirossi) famiglia in località Cerisola.i Sbraggiöin: (gli urlatori).Marchin ö postin: portalettere in Laggiaro.Sunta dö læte: Assunta, lattaia in Laggiaro.Danielin da canna: agricoltore in località Cerisola.Michelin ö spugna:Tomascin di brönzi: agricoltore.Michê ö bersagliere: viveva in località Cappelletta. Baicin de l’orto: ortolano all’inizio di via Betti.Luigitto,ö brenn-â da strâ nêuva: Luigi Canale, simpaticone, em-porio di prodotti per agricoltori in corso Italia,anticamente “strânêuva”.Giuva de Costasecca: località sulle alture del “fössôu de Mönte”.Paölin da Rustissa: località sotto il santuario di Montallegro.Jole de Imbesen: carbonari in località del Monte Castello.Davide dö möin de cò: mulino all’inizio del torrente Tuja.Paolin de Crestusso: località nel torrente Tuja, ora via Comega.Ninno de Ciann-a lunga: agricoltore in località Piana-lunga.Gino dö rissêu lungo: segnale di mezzavia sul sentiero per Mon-tallegro.Pippo dö Cillin: membro di una famiglia emigrata in Cile.Baicin dö bosco: il bosco in prossimità della stazione della funivia, l’attuale via Canessa.ö Scimmia: Del Favero Alfredo,da ragazzo sempre arrampicatosugli alberi.

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SPORTE c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

COME ERAVAMO

di Bruno MANCINI19

Ciclismo, una grande passione “rapallina”

Marino BenattiNella categoria Dilettanti veniva considerato, all’epoca, un ottimo ci-clista. Purtroppo, a causa di un gravissimo incidente stradale, (scon-tro frontale con uno dei pochi veicoli in circolazione) svanì per lui ilsogno di poter confrontarsi con i grandi dell’epoca. Ma rimase sem-

Erminio Ermenegildo, dopo aver frequentato lescuole elementari a Santa Maria del Campo,passa alle scuole medie dei Padri Somachi. Gio-vanissimo, si trova lontano dalla famiglia, a pre-stare il servizio militare prima in Africa esuccessivamente in Grecia. Muore giovane a 37anni. Per la sua passione ciclistica negli anni suc-cessivi, in occasione della gara ciclistica Milano-Rapallo viene istituito un premio a lui intitolato.

Le foto che qui pubblichiamo risalgono agli anni 1938/1950 e ritrag-gono due rapallini, appassionati di ciclismo. I nostri due concittadini

sono Marino Benatti ed Erminio Ermenegildo, persone conosciute ed ap-prezzate dalla cittadinanza di allora per il loro modo di essere e per lagrande passione che avevano per lo sport. Purtroppo, con l’inizio della se-conda guerra mondiale, sono svanite le speranze di tanti giovani di potersiaffermare nello sport preferito (ciclismo e calcio soprattutto).

pre la persona conosciuta da tutti.

Erminio Ermenegildo con un amico in-glese sulla piattaforma del Castello deiSogni. Sullo sfondo, a destra l’albergoVerdi e sulla sinistra il Kursaal (sededella casa da gioco di Rapallo fino al1928). Nella foto a destra, i due spor-tivi in via Avenaggi.

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Questa affermazione può a primavista stupire, se non addirittura

scandalizzare. Mi rendo conto che perchiamare “fratello” chi ha compiuto uncrimine così orribile ed irrepetibile oc-corre una buona dose di coraggio, con-siderate le reazioni che facilmenteprovoca e la inevitabile condanna diblasfemia da parte delle autorità ec-clesiastiche. Dirò subito, a scopo liberatorio, che taletesi è frutto del pensiero di un noto espo-nente del clero degli anni cinquanta, chesi distinse non solo per l’originalità delsuo messaggio, ma per l’impegno dimo-strato nella sua missione sacerdotale. Esoprattutto per il coraggio nel manife-stare le proprie convinzioni. Si tratta di Don Primo Mazzolari (1890-1959) che venne definito “un parroco difrontiera”.Fu sempre guardato con sospetto peril suo coraggio e le sue aperture “pre-conciliari” in un periodo in cui il confor-mismo era una prassi dominante.Preti del genere erano pochi e tenutipiuttosto in disparte.Fu un parroco deciso e risoluto nel bat-tersi a difesa dei diritti dei poveri, a lot-tare per sostenere i più deboli, a viverefino in fondo il suo compito di pastore te-stimone fedele, non soltanto a parole, delmessaggio evangelico. Attraverso il pe-riodico di impegno cristiano “Adesso”che fondò nel 1949 espresse anticipa-zioni di alcune istanze dottrinali e soprat-tutto pastorali del Concilio Vaticano II.Il giornale venne sospesa dall’autoritàecclesiastica nel 1951. Soltanto negli ultimi anni della sua vita,quando si incominciava a respirareun’aria di cambiamento con l’avvento diGiovanni XXIII le sue idee trovarono ac-coglienza: venne riconosciuto come untestimone autentico del Vangelo.

UNA TESTIMONIANZA CORAGGIOSA“Nostro fratello Giuda” è la meditazioneche don Mazzolari propose pubblica-mente ai suoi parrocchiani la sera delgiovedì santo del 1958. Nel leggerla rimasi molto sorpreso edimpressionato: il discorso era, per queitempi, oltremodo coraggioso, forte eanticonformista. Ribaltava quanto dasempre era stato “autorevolmente” in-segnato e da tutti i fedeli accettatosenza riserve e obbiezioni: Giuda era iltraditore per eccellenza, imperdonabile,destinato alla dannazione eterna senza“se” e senza “ma”. Doveva essere dete-stato sempre e da tutti.Ricordo di avere riletto più volte quellaparticolare “predica” tanto erano lo stu-pore e la convinzione che mi trasmet-teva: un discorso audace, deciso,risoluto, denso di pietà e di compas-sione. Unico nel suo genere, tanto chenessun prete osò mai accennarlo o,ancor peggio, ripeterlo.Forse anche oggi non mancheranno“uomini di chiesa” che prenderanno ledistanze ed esprimeranno il proprio de-ciso dissenso.Lo dico con tutta franchezza: sento cheè di indubbia attualità. Per questo mipermetto citare alcuni brani che il let-tore attento e aperto saprà recepirecon attenzione, interrogando, a sua di-screzione, la propria coscienza.PIETÀ E PERDONO“Povero Giuda. Che cosa gli sia passatonell’anima io non lo so. E’ uno dei perso-naggi più misteriosi che noi troviamonella Passione del Signore. Non cer-cherò neanche di spiegarvelo, mi ac-contento di domandarvi un po’ di pietàper il nostro povero fratello Giuda.Non vergognatevi di assumere questafratellanza. Io non me ne vergogno, per-chè so quante volte ho tradito il Si-gnore; e credo che nessuno di voidebba vergognarsi di lui”.Ecco l’ esame di coscienza che va fatto,senza reticenze e con umiltà. Io stesso che scrivo non dovrei vergo-gnarmi di sentirmi fratello di Giuda: cosìpure quanti si riconoscono nelle rifles-sioni proposte. Non mancano certamente coloro che sisentono esenti da colpe e si offendonose equiparati a quell’apostolo tanto de-precato.Chi non ha mai tradito la propria co-scienza? Chi non è venuto meno ai suoidoveri? Chi si è sempre comportatocorrettamente?

Posso rispondere subito e con unacerta sicurezza: “nessuno”. Neppurechi si trova in posizione di privilegio e diautorità in seno alla chiesa. Seneca aveva mille ragioni nell’ affer-mare: “Nessuno di noi è senza colpa”.Lo stesso Cristo quando si voleva lapi-dare la donna adultera proferì quella“sentenza” che sorprese tutti: “Chi èsenza peccato, scagli per primo la pie-tra”. L’evangelista riferisce che ad unoad uno tutti i presenti se ne andaronovia, incominciando dai più anziani senzadubbio perché più carichi di colpe.(Giov.8,2-11)

Ricoprire incarichi di prestigio, essereriveriti e osannati non esime dal rien-trare con più attenzione nella propriacoscienza e sentire tutto il peso dellemancanze personali.Ricordo che Siri quando venne elettocardinale ebbe a dire durante i festeg-giamenti che gli venivano tributati:“Quando si sale in alto si corre il rischiodi mettere in luce a coloro che stannosotto quei difetti che prima non si vede-vano. Più uno sale più si espone...” Questa affermazione mi è rimasta par-ticolarmente impressa proprio perchépronunciata da una personalità che co-noscevo bene: era consapevole del pro-prio prestigio e della posizione pri-vilegiata che ricopriva.L’UMILTÀ È VERITÀVa detto che chi è pieno di sé e di auto-stima, non riconoscerà mai i propri er-rori. Ci vuole umiltà che - come si sa -non è altro che verità.“Solo chi si umilia sarà esaltato.” Questoammonimento del Divino Maestro sisente ripetere sovente dai predicatori,ma c’è da chiedersi: quante volte vieneesemplarmente praticato?“L’angelismo” è un atteggiamento as-surdo e inconcepibile. Pascal arrivò asentenziare: “Chi vuol fare l’angelo, fa labestia”. Mi permetto fare presente chetaluni preti che predicano tanto, stigma-tizzando il comportamento dei fedeli e siergono a persone “virtuose”, purtropponon si accorgono che perdono consensied entrano in contraddizione con sestessi.Dovrebbero tenere presente che i laicisanno giudicare. Anche coloro che fre-quentano abitualmente la chiesa e sonopertanto i più vicini, in cuor loro non ap-provano chi si vanta nel proclamarsi “mi-nistro di Dio”, rappresentante di Cristo.Questo compito non comporta una “ele-

vazione” o una posizione di privilegio, maal contrario maggior severità verso sestessi e grande apertura e compassioneverso i più deboli. In verità molti fedeli co-noscono le “magagne” dei loro “maestri”e notano la distanza del dire dal “fare”. I più generosi tacciono, altri che fre-quentano le sacrestie fanno pettego-lezzi, altri si indignano, altri ancora, ed èpeggio, mostrano indifferenza e apatia.Una conferma che “gli uomini dellachiesa” non sono immuni e immacolatisi può dedurre dalle parole di un verosacerdote, esperto di morale cristiana:Alfonso Maria de’ Liguori. Nella sua pro-fonda umiltà diceva sovente quandoascoltava i peccati dei fedeli: “Se il Si-gnore non mi tenesse una mano sullatesta, io farei di peggio…”. E’ propriovero: chi è “santo” non si sente miglioredegli altri, non li disprezza, ma li amacome fratelli.…GIUDA AMICO DEL SIGNORE Non dimentichiamoci che Gesù ha chia-mato Giuda: “Amico!” nel momento delsuo tradimento.“Questa parola - commenta Mazzolari -che vi dice l’infinita tenerezza della ca-rità di Cristo, vi fa’ anche capire perchéio l’ho chiamato in questo momento fra-tello. Aveva detto nel Cenacolo: non vichiamerò servi, ma amici… Noi pos-siamo tradire l’amicizia del Cristo, Cri-sto non tradisce mai noi, i suoi amici;anche quando non lo meritiamo, anchequando ci rivoltiamo contro di lui, anchequando lo neghiamo: davanti ai suoiocchi e al suo cuore, noi siamo sempregli amici del Signore. Giuda è un amicodel Signore anche nel momento in cui,baciandolo, consumava il tradimentodel maestro”.Seguendo il pensiero di don Mazzolari,non posso non pensare che coloro chechiamano “giuda” gli altri, sono essistessi i primi traditori, perché tradi-scono l’amore per il prossimo anche secolpevole e condannabile. Ma la con-

Don Primo Mazzolari: “un parroco di fron-tiera” che precorse i tempi del Concilio Vati-cano II incontrando ostilità e disprezzo.

Giuda con un bacio tradisce il suo Maestro,che anche in quel momento così dramma-tico lo chiama: “amico” (Giotto - Cappelladegli Scrovegni - Padova)

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

CULTURAdi Domenico PERTUSATI

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“Nostro fratello Giuda”

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da 40 anni - since 1971

danna che gettano sugli altri si riversasu se stessi, in quanto mettono in evi-denza la carenza di amore nel loro cuore,la mancanza di “compassione”. Compatire significa “patire insieme” per-ché tutti siamo sulla stessa barca, biso-gnosi di perdono e clemenza.Non si può non pensare a Giuda quandoCristo sta per essere condannato amorte. “Forse Lui non aveva immaginatoche il suo tradimento arrivasse tanto lon-tano. Quando ha sentito il “crucifige”,quando lo ha visto percosso a morte nel-l’atrio di Pilato, il traditore trova un gesto,un grande gesto. Va dov’erano radunati icapi del popolo, quelli che l’avevano com-perato, quelli da cui si era lasciato com-perare. Ha in mano la borsa, prende itrenta denari, glieli butta: è il prezzo delsangue del Giusto”.Il danaro è sempre il grande tiranno cheopprime le coscienze!DUE PATIBOLI: LA CROCE E L’ALBERO Mazzolari arriva a dire: “Un gesto (quellodi Giuda) che denota una grandezzaumana. Glieli butta là”. E fa notare: “Ve-nerdì, il giorno dopo, ci sono due patiboli,c’è la croce di Cristo; c’è un albero, dove iltraditore si è impiccato. Povero Giuda. Po-vero fratello nostro (…). Una croce e unalbero di un impiccato. Dei chiodi e unacorda…”.“Perdonatemi se questa sera vi ho por-

tato delle considerazioni dolorose, ma iovoglio bene anche a Giuda, è mio fratelloGiuda. Pregherò per lui anche questasera, perché io non giudico, io non con-danno; dovrei giudicare me, dovrei con-dannare me. Io non posso pensare cheanche per Giuda la misericordia di Dio,questo abbraccio di carità, quella parolaamico non abbia fatto strada nel suo po-vero cuore. E forse l’ultimo momentoanche Giuda avrà sentito che il Signoregli voleva bene e lo riceveva tra i suoi dilà. Forse il primo apostolo che vi è en-trato insieme ai due ladroni. Un corteoche certamente pare non faccia onoreal figliolo di Dio, come qualcheduno loconcepisce, ma che è una grandezzadella sua misericordia”.GIUDA È DENTRO DI NOIIl finale è denso di commozione: “Lasciateche io pensi per un momento al Giudache ho dentro di me, al Giuda che forseanche voi avete dentro. E lasciate che iodomandi a Gesù che ci accetti comesiamo, lasciate che io gli domandi, comegrazia pasquale, di chiamarmi: Amico.”Questi pensieri erano lontani anni luce daquello che insegnava la Chiesa fino a queltempo. Nessun prete osò tanto. Il pericolodi essere condannato e punito era reale.Anche oggi non mancano presbiteri cherespingono l’idea di una “fratellanza” conGiuda. Sarebbe una vergogna orribile e

inaccettabile, contraria a quella forma-zione ricevuta in Seminario che li fa sen-tire “diversi” e privilegiati.Non sono disposti neppure lontana-mente ad accettare una tale umiliazione,anche se continuano a predicare dal-l’alto della loro cattedra che “Cristo umi-liò se stesso fino alla morte e alla mortedi croce” (Cfr. Filippesi 2,8) .D. Mazzolari ebbe il coraggio del dialogoe del confronto, ripreso e promosso dalConcilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965). Ho ricordato che con Papa Gio-vanni XXIII le idee di Don Mazzolaritrovarono accoglienza. Il 5 febbraio 1959, due mesi prima dellasua morte, venne ricevuto in Vaticano: ilPapa “buono” lo ripagò di tutte le soffe-renze patite arrivando a chiamarlo: “latromba dello Spirito Santo in terra man-tovana.” Vorrei concludere ricordando un pen-siero che focalizza la personalità di que-sto prete , unico nel suo genere: “Cattoliconon vuol dire che uno rinunci a pensarecon la propria testa, là dove l’uso della ra-gione è un dovere dell’uomo, rispettato econsigliato dalla religione”. (Cfr. Enciclicadi Giovanni Paolo II: “Fides et ratio”)

E’ vicina la settimana di Pasqua: Giudaverrà ricordato per il suo tradimento. Nonsarebbe il caso di dichiarare con chia-

rezza e semplicità che è fratello di chi faparte della comunità ecclesiale? A dire il vero, i traditori come Giuda nonpotrebbero logicamente trovarsi “fuori”,ma soltanto “dentro” la chiesa. Si puòescludere che corra questo rischio anchechi “troneggia” e tuona dal presbiterio?Non si dimentichi mai il detto latino:“Verba volant: exempla trahunt”, vale adire “le parole volano via, solo gli esempitrascinano e convincono”.

Giovanni XXIII, il Papa “buono”, sentì il doveredi esprimere stima e apprezzamento per ilprete mantovano, definendolo “tromba delloSpirito Santo”.

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Page 22: Il Mare Eco del Golfo Tigullio 3/2012

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tanica: trovare uno spazionell'agenda, fittissima di appunta-menti, di Elisabetta Lai per fare unachiacchierata in cui si sono toccatidiversi punti: il primo, natural-mente, riguarda il resoconto dei piùrecenti tra i tanti appuntamenti or-ganizzati dall'Ascom: Don Valentinoe lo Sbarazzo. «Il nostro S.Valentino in salsa argen-tina ha avuto un buon successo, so-prattutto se si consi- derano leavverse condizioni meteo, che cihanno costretto a spostare la festadal lungomare, dove avevamo pen-sato di allestirla, all'Auditorium delleClarisse. Nonostante questo cambiodi programma l'evento è stato se-guito con passione e alcune manife-stazioni, soprattutto lo spettacolo ditango del maestro Herrera, ha atti-rato centinaia di persone: addirittura,chi non è riuscito a trovare posto alleClarisse ha seguito le mosse dei tan-gueri tramite il maxi-schermo instal-lato all'esterno». Anche lo Sbarazzo,conferma il presidente Ascom, haportato i risultati sperati: «anche inquesto caso abbiamo dovuto fare iconti con il maltempo, scegliendo diposticiparlo di una settimana ri-spetto alla data precedentemente

stabilita – commenta la Lai -.D'altronde quello legato almeteo è un rischio che inevita-bilmente si corre quando sicerca di avviare un percorso didestagionalizzazione, chepassa proprio attraverso la va-lorizzazione dei periodi turisti-camente più avversi. Ora cheabbiamo quasi lasciato allespalle la brutta stagione non ciresta che organizzare i pros-simi appuntamenti: Cartoonson the Bay e l'inedito GreenCarpet, di cui per ora preferi-sco non parlare, lasciando unpo' di suspense intorno a que-sto evento di inizio estate». Nonconosce soste, il “mestiere” dipresidente Ascom: e allora,quali sono i consigli che si possonodare al neoeletto Massimiliano Za-nasi, da pochi giorni a capo dell'as-sociazione commercianti della vi-cina Santa Margherita? «Più chedare un consiglio, preferisco prepa-rarlo a ciò a cui andrà incontro:quando si ricopre questo ruolo bi-sogna avere ben chiaro che non sitratta di un gioco. Piuttosto, la defi-nirei un'avventura: bellissima, mamolto impegnativa. Servono tanteenergie e tanto tempo per potersidedicare a tutto: e molto spesso,

per farlo, si è costretti a rinunciareai propri spazi privati. Sono molto fi-duciosa e credo che il nuovo diret-tivo possa dare molto a “Santa”: sitratta di una squadra giovane, contanta voglia di fare. Non posso chefare loro un grandissimo “in boccaal lupo” e tra pochi giorni lo farò per-sonalmente al mio nuovo collega». E, visto che la voglia di fare proprionon sembra mancare ad ElisabettaLai, sorge, quasi spontanea, la do-manda che riguarda una sua possi-bile (e vociferata) candidatura:domanda che fa sorridere il presi-dente Ascom, che prontamente ri-sponde: «Possiamo dirlo a chiarelettere: no, la Lai non ha intenzionedi candidarsi al consiglio comu-nale». Forse allora il suo ingresso inpolitica potrebbe essere in punta dipiedi, limitandosi ad appoggiare unadelle forze in competizione? «Di-ciamo che non mi candiderò al con-siglio comunale. Punto, nonaggiungiamo altro...». Un punto chevale più di molte parole...

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GIRI DICHIGLIA

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Durante le vacanze natalizie,in concomitanza a qualche

replica televisiva obsoleta, misono imbattuta in un nemico in-fido e pragmatico, di volta involta esibito con un nome in co-dice: scarpa, ditale, ferro, giustoper andare a memoria. E controil quale ho lanciato dadi virtualiper accaparrarmi stazioni ferro-viarie e lussuosi quartieri cittadini,tipo l’ambito “Parco della Vittoria”.Indovinato? Esatto, ho ceduto allatentazione computerizzata e sfi-dato il PC a Monopoly (con la Y diYork), versione digitale della mi-tica scatola in cartone, inevitabilein ogni famiglia anni Sessanta. La metamorfosi è gradevole eben curata: ascolto il rullare deidadi sul tavolo e la sirena se fini-sco in prigione, didascalie puntualimi aggiornano sullo svolgimentodella contesa. Però… C’è sempreun “però” in chi ha vissuto altri lu-stri, e nella fattispecie rimpiangoun po’ – solita brontolona… – al-meno due o tre cosette. Intanto,tutti gli immobili in legno (casetteverdi, alberghi rossi) che solo a di-sporli sui “tuoi” beni – gustandoneil piacere – erano già uno sber-leffo all’avversario. Ma, soprat-tutto, il fruscio delle banconoterosa, azzurre, verdi, arancio; che

a gioco nuovo crocchiavano pure,finché sudore e usura avevano lameglio. Non ultimo, qualche indi-catore: ricordo la mia ostinazioneper conquistare il funghetto, per-suasa – senza se e senza ma –che l’amanita falloide (puntinibianchi su fondo scarlatto) miavrebbe guidata alla vittoria.Di questo e di altro, di LP dei “Gi-ganti” e di canzoni dei “NewTrolls” (Signore, io sono Irish,quello che non ha la bicicletta –un mito, fra gli autori De André)ho parlato tempo fa con l’ amicoRiccardo, dentista con trapano eside-car. O meglio, era lui a ricor-dare: perché io, con cannula inbocca e un tampone incastratonel labbro, potevo solo mimare oassentire; ineguagliabile opportu-nità di un mio silenzio. E così horeclutato un altro nostalgico, saràche l’ultimo compleanno ha bloc-cato entrambi ad un numero pa-lindromo (due cinque accostati)col quale è impossibile fare giochidi specchi. Ogni tanto, la mate-matica supera la fantasia. Mentrevibrazioni sempre più energiche eraccapriccianti tuonavano nellamia arcata superiore, ecco nuovememorie, pensieri stupendi e or-gogliosi di chi ha già insabbiato ilmezzo secolo. Ricordate le “vine-

rie”? Esposizioni di bottiglie suisoppalchi, odore di mosto con-centrato, servizi alternativi comele bombole del gas o il carboncoke per le stufe in coccio o ghisa.Un mio zio, immigrato dal Pie-monte, ne gestiva una nella zonaa monte di Via Betti, coadiuvatodalla figlia: lei al bancone e allacassa, lui al furgoncino delle con-segne. Locale piccolo e male illu-minato, qualche lampadinaappesa al filo da usarsi proprio seil sole tramontava. Eppure girava,perché il mondo girava in quelsenso, con le piccole botteghesotto casa, e vinerie lontane dal-l’offrire gli “happy hour”. E forse èstato proprio lì, in qualche postoanalogo, che tanti di noi hannoespugnato la “gazzosa con la bi-glia” (pallina di vetro che chiudeva

la bottiglietta in virtù della pres-sione), richiesto spume alla san-guinella (leggi arancia rossa, novampirismo) o cedrate e chinotti,orzate e tamarindi, latte di man-dorla. Tutte bevande dalle calorieiperboliche, ma non sballavano enon davano assuefazione. Pian piano, gradualmente, la mag-gior parte di queste cose si è dis-solta in silenzio o ha cercato unnuovo look con fattezze più attuali.Come il Monopoli, che adesso ter-mina con la “Y” di York, echeggiala sirena quando vai in galera e sipresenta con la boria del cervel-lone in megabyte. Ma stia tran-quillo che, allora come ora, miterrò stretto il “Parco della Vitto-ria”; e al momento giusto co-struirò a più non posso. Magariuna city. Con la “Y” di York.

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una volta ci si chiede: come mai, al-meno da noi, succedono queste cose. Forse la risposta sta nel fatto che man-chiamo di chi sappia profittare dellepoche occasioni che coniugano culturae turismo, a tutto favore di Rapallo. O,forse, perché non c’è più l’indispensa-bile specifica figura, responsabile di que-sto importante Assessorato. Oggi si“naviga”… ad interim o, se preferite, avista.Negli anni sessanta, tutti, Sindaco intesta, avevano capito il valore che rive-stiva la Cultura che, a sua volta e di ri-mando, mantenne accesi i riflettori sullacittà. Diedero spazio, coccolandoli, aduomini di valore che all’epoca erano franoi e, alimentandone il mito, quelli atti-rarono a loro volta amici ed estimatorifacendo dilagare il nome di Rapallo intutta Europa. Chi faticosamente si fa una cultura per-sonale, non grava per un centesimosulla comunità: a sudare le proverbialisette camicie, è solo lui. Ma quando franoi esiste qualcuno che se l’è fatta,un’Amministrazione sensibile, farà sìche tutta la città, riconoscendola e va-lorizzandola, possa goderne della “riso-nanza”. Questo, in quegli anni, capitò anche anoi. Fu talmente presente che oggi-giorno, grazie alla potente scia di quel-l’eco, Rapallo, al di là dell’Appennino, èancora ricordata. E pensare che per-sonaggi capaci di attrarre e dar vita apossibili occasioni, anche se non cosìeclatanti, vivono ancora fra noi, ma ven-gono sistematicamente ignorati. Oggiquel che resta di quella eredità, irrime-diabilmente immiserita, è data in ge-stione a discutibili e modesti per-sonaggi, ormai a “fine carriera”: unicacondizione è che siano però ossequiosial potere.Dopo quello sprazzo di sole, dagli annisettanta in poi è stato tutto un susse-

guirsi di cumulo-nembi: la rapallizza-zione, brutto termine, bandito ma cheancor oggi però cova sotto la cenere,nacque per indicare l’era dei vari Sin-daci-edili. Da allora stiamo sempre piùsdrucciolando verso un’asfissiante e ot-tundente ignoranza. E il turismo è ilprimo a soffrirne; di quello vero stiamoparlando, non dell’ovvia presenza deglioccupanti le seconde case, continua-mente conteggiati come “turisti”.Tutto questo ci porta ad evidenziare ilnostro attuale stato di immobilismo ri-spetto agli eventi mondiali dei quali, al-meno uno, forse con Amministratori piùabili, avremmo potuto ospitare. E’ di questi giorni la notizia che ai pro-fessionisti di Cividino-Quintano di Ber-gamo, che avevano realizzate da noi leprime due Mostre dei Presepi, mentrela terza, ancorché programmata, èstata poi cassata senza neppure infor-marli, sono stati investiti dalla Federa-zione Mondiale di un prestigiosocompito: organizzare e coordinare, dal19 al 25 Ottobre del 2016, il “XX Con-gresso Internazionale UN.FOE.PRAE”,ovvero il Congresso Mondiale dei Pre-sepi. Non può non venire alla mente il Salmo118, versetti 22-23 che recitano: “Lapietra scartata dai costruttori, è diven-tata pietra angolare”. Non pensando albene turistico, commerciale e culturaledi Rapallo, i nostri Amministratori liscartarono e pure in malo modo.Non va neppure dimenticato che, in su-bordine, ogni anno si tiene, in siti diffe-renti, il Convegno Nazionale dell’Asso-ciazione Italiana Amici del Presepio, alquale partecipano Soci provenienti daogni Regione e anche dall’estero.Quante volte ci sarebbe “spettato”, nelturnover, di averli fra noi? Se non è tu-rismo questo.“Quelli”, visto come li abbiamo trattati,

non potevano che organizzarselo nellaloro Bergamo mentre i nostri commer-cianti, finalmente vivi, per attirare un po’

di gente, devono “inventarsi e accol-larsi,” il “mercatino di Natale” in pas-seggiata, proprio sotto il Castello.Pensate quale sinergia ci sarebbe statase, in contemporanea, si fosse organiz-zata anche la Mostra dei Presepi. Se ri-petuta ogni anno, e sempre nel Castello,sarebbe divenuta appuntamento abi-tuale attirando quantità di appassionati,così come è documentato quando fu-rono organizzate. C’è da mordersi le dita a pensare chel’ultimo loro “Congresso Mondiale” as-segnato all’Italia, lo tennero proprio a

Rapallo, nel 1988: labile memoria di chici dovrebbe guidare! Grazie alla nostra “pochezza da piane-rottolo”, se ci fossimo comportati me-glio, lo avrebbero certamente rior-ganizzato qui perché a Ottobre Ra-pallo è “pur sempre Rapallo” e, moltidei giovani che vennero a quel Mon-diale, sarebbero oggi tornati volen-tieri, piuttosto che affrontare lebrume bergamasche.Conoscendo un po’ l’abito mentale diquei Congressisti, la Casa della Gio-ventù appena appena attrezzata o leClarisse, sarebbero andate benissimoper tutti gli incontri e il Castello e VillaQueirolo, le sedi espositive ideali perfar loro visitare la città e scoprirla. Glialberghi poi, in stagione morta, avreb-bero potuto accoglierli tutti.

Sfogliando il programma del prossimoXX Congresso, oggi già pronto comeusano fare per tempo le persone serieper assicurarne il successo, vediamo,in concreto, cosa ci siamo persi. Mi rivolgo agli albergatori, ristoratori,commercianti e organizzatori turistici:Il programma approvato per quel Con-gresso Mondiale, che si protrarrà persette giorni, prevede ben 6 cene libereper i numerosissimi presenti e relativefamiglie. Per tutti i partecipanti invecesono previsti: 1 buffet, 5 pranzi conven-zionati, 1 cena di gala, 8 gite-visite conbus e 7 pernottamenti, con tutto l’in-dotto che così tante presenze compor-tano.Credo ce ne sia abbastanza per “imbu-falirsi”, proprio ora che i commercianti,vivaddio, si stanno muovendo.

Convegno sui presepi: un’occasione perduta CONGRESSIE c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

CULTURAdi Renzo BAGNASCO

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Page 25: Il Mare Eco del Golfo Tigullio 3/2012

Vorrei fare qualche commentotra appassionati di mare e tra-

sporti marittimi su un particolaremomento di quei trasporti che at-tiene all’efficienza e redditività.Prenderò come esempio il Golfo Per-sico ma sia chiaro che questo me-todo é utilizzato da sempre in ogniangolo del globo ed il principio su cuisi basa è utilizzato – in misura mi-nore –anche per trasporti aerei eterrestri.Viene chiamato “Feeder system”, Laparola inglese Feeder (da feeding) initaliano significa “alimentatore, rac-cordatore, affluente”. Vediamolo unpo’ nel dettaglio. Carichi, materiali,macchinari destinati all’Iran, Iraq, Ku-wait ed altre zone del Golfo Persiconon sempre sono trasportati da navifacenti scalo in quei Paesi ma solo inPorti intermedi attrezzati e più vicinipossibile.. Specialmente quando si haun carico non sufficiente a giustifi-care lo scalo diretto. Esempio dai 50(o meno) ai 500 Containers. Passatolo Stretto di Hormuz i tempi di tran-sito,attracco, sbarco, consegnasono sovente piuttosto lunghi pervarie ragioni locali e generali. Ecco al-lora intervenire il “Feeder System” .Questo metodo che è quanto di piùrazionale e moderno – nel senso cheè la risposta coerente ai problemi at-tuali in quel momento – in realtà haradici culturali antiche ed interes-santi. Un esempio, tra quanti ce nesarebbero…, . La favolosa Compagniadelle Indie (British East India Com-pany) nata nel 1600, incorporandopoi nel 1700 le equivalenti Compa-gnie francesi ed olandesi. Per dareun’idea della sua importanza - a pre-scindere dall’aver praticamentecreato questo tipo di trasporto - ri-cordiamo che furono suoi Funzionarie Membri a fondare Hong Kong eSingapore. Furono loro ad ingaggiareil leggendario Capt.Kidd per combat-tere la pirateria. (Parentesi : Ce nevorrebbe uno oggi nei mari del

Sudan…..). Loro ad industrializzare ilte in India e poi a diffonderlo. Sempreloro e le loro gabelle tra i maggiori re-sponsabili dello storico “Boston teaParty “ origine della guerra d’indipen-denza USA. La Compagnia aveva importantiopere in corso in tutto il mondoanche in Paesi dove non esistevanoPorti praticabili ai necessari livelli (pe-scaggio, tecnica, organizzazione,mano d’opera). Una ferrea regolaeconomica del Settore Marittimo im-pone che tutti gli elementi compo-nenti un trasporto unitario sianoassemblati, riuniti il più possibileprima di tutto per motivi di costo deltrasporto ma anche per sicurezza,puntualità, organizzazione. Ed ecco ilnostro “Feeding”. Le Compagnieancor oggi in questi casi imbarcanotutto su una nave che vada a sbar-care nel Porto valido più vicino possi-bile alla destinazione finale. Da lìmezzi più piccoli – localmente opera-tivi se necessario con chiatte - provvederanno alla consegna defini-tiva. Questo è solo un esempio chenaturalmente non vuol dire che leCompagnie di Navigazione , Importa-tori, Agenti Marittimi e Doganali, As-sistenti Tecnici etc abbiano necessitàdi corsi culturali per la bisogna…Latradizione ha fatto il suo dovere ebene ma io sostengo che la tradi-zione in realtà è indiscutibilmente so-lida, concreta cultura. Andando nel particolare, citereicome evidenza della essenziale utilitàdel “Feeder System” gli avvenimentipolitici , sociali dell’Iran nel 1977 /78. Si stava costruendo ed alle-stendo l’importantissimo Impianto –non solo petrolifero – di BandarAbbas. Anche molte altre grandiopere erano in corso nel Golfo Per-sico in quel periodo come l’elettrifica-zione di tutto l’Iran (opera di italiani)– il completamento e l’ingrandimentodei preziosi impianti di desalinizza-zione in Kuwait ed Al Bahrayn – in-

terventi nel Porto di Basrah (Iraq) edaltre. In questi casi le navi di linea ,concarichi grossi e remunerativi, non po-tevano e non volevano avventurarsi inacque e porti al momento poco affi-dabili , Kuwait, Basrah (Iraq), Ba-hrayn. Alcuni addirittura chiusi comeBandar Abbas, Bandar Bushir (oggiBandar Khomeini) in Iran. Per dareun’idea attuale, proprio in questigiorni si teme un blocco totale delloStretto di Hormuz per motivi di poli-tica internazionale. Dubai / Rashid, Ras al Khaimah –oggi direi scali d’ avanguardia – giàoffrivano servizi portuali eccellenti.Puntuali, affidabili, veloci, sicuri conun’ottima rete di Compagnie locali at-trezzate con i mezzi appropriati perla distribuzione (…..ecco il “feeding”) aivari porti anche con solide ed at-trezzate chiatte o pontoni. Quasi tuttimezzi “Autosufficienti” per assicurarein ogni caso imbarchi / sbarchi ra-pidi e sicuri.Le Imprese titolari del carico (le piùimportanti del mondo in maggiorparte italiane) spesso avevano giànegoziato ed accordato noli e spesema quando dovevano far fronte aqualche imprevisto trovavano negliEmirati Arabi ottima collaborazionetecnica ed operativa per risolvere iproblemi con facilità e prontezza. Lapresenza italiana ed inglese in que-sto aspetto particolare è stata senzadubbio massiccia ed esemplare. Nesono personalmentetestimone……Consentitemi qualche digressione…umana. Dubai era, già in allora, ungioiello anche se praticamente sco-nosciuto. Clima ottimo, spiagge bel-lissime. Mare molto “gentile” .Essendo in un punto protetto del giàtranquillo Golfo Persico fuori dalla fe-

roce “onda atlantica”che è nemica ditutti bagnanti “normali” si ha un po’l’effetto piscina che ha spesso il no-stro insuperabile Golfo Tigullio.Alberghi dall’ottimo al Super Lusso.Cibo e ristoranti internazionali. Unadiscreta libertà per le abitudini e co-stumi occidentali. Prezzi ragionevol-mente accettabili. Popolazioneparticolare essendo composta all’80% da diverse origini (Egitto, Iran,Iraq, Sudan, Pakistan etc) che hannodato vita ad una società in grandemaggioranza cortese e pronta allamassima collaborazione. Colleghi Ju-goslavi del nostro Gruppo di Lavoro –il buon procedimento del processo diFeeding per i grossi lavori in corsoera nostraresponsabilità – documentarono inPatria tutta la vocazione ad un ottimoturismo degli Emirati Arabi. La Jugo-slavia, anche guidando grossi GruppiInternazionali di Investimento, ha con-tribuito moltissimo a creare un Turi-smo d’Elite negli Emirati dove ora illivello va dall’ottimo al…favoloso anchese i prezzi hanno avuto logicamenteun certo adeguamento. Conside-riamo che Dubai, Ras al Khaimah, Ku-wait, sempre considerando la loroposizione geografica, non hannogrossi problemi d’acqua potabile e/oagricola avendo, come già visto, oltrea qualche disponibilità “sorgiva”, im-portanti e moderni impianti per de-salinare l’acqua di mare. Kuwait Cityha anche una piccola fonte di acquafresca in un parco accanto alla città.Stabilito il mio dovuto, totale e spon-taneo apprezzamento per la bellezzadei luoghi e la piacevolezza delle gentiche ho visto e vedo in giro per ilmondo lasciatemi…… cantare ancorauna volta un ode e… una prece al no-stro mare, al nostro cielo, al nostroTigullio. Amen.

Traffico “creativo” nel Golfo di OmanCURIOSITÀ

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

VIAGGIdi Vinicio TEMPERINI

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Porto di Dubai / Rashid

Porto e città DubaiDubai/Rashid- Centro organizzativo no-made SU BARGE (CHIATTA) con eliporto

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Il Giustiziere di NarvikCULTURA

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

LIBRIdi Emilio CARTA

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Piazza Garibaldi, 23 16035 Rapallo (GE) tel. 018551736Chiuso il mercoledì - orari di servizio: 12,30-14,30 e 19,30-22,00

Trattoria a Rapallo dal1 9 6 3

da Mariowww.trattoriadamario.com - [email protected]

Carlo Gatti col suo nuovo romanzo ambientato nel gelido nord Europadurante l’ultima guerra mondiale, prende spunto da un episodio reale.Tra i personaggi centrali anche una poiana micidiale e irriverente

Copertina di Davide Donati

Il ferro svedese e il suo porto d’im-barco Narvik (Nord Norvegia) che

non ghiaccia mai, sono gli obiettivi prin-cipali di Hitler e degli Alleati. In questacorsa a cronometro, il Terzo Reich pre-cede tutti di 24 ore. E’ guerra! Nel-l’Ofotfjorden che conduce al portominerale norvegese, affondano in pochigiorni ben 35 navi, civili e militari. E’ l’albadel 9 aprile 1940. Bjørn, il gigantesco co-mandante del potente rimorchiatore Val,insieme al suo primo ufficiale Waldemar,assistono increduli al siluramento degliultimi due antiquati corazzati costieri “Eid-svold” e “Norge” davanti alle banchine delporto di Narvik. Di fronte a tanta ferocia,scatta nei due giovani un sentimento diodio e di vendetta che li porterà ad af-frontare situazioni belliche “estreme”. Il romanzo prende avvio da questo epi-sodio di storia vera, per poi addentrarsinella leggenda, seguendo un viaggio dallameta sempre incerta e dagli scenari

continuamente mutevoli. E’ la storia dellafuga avventurosa da un nemico spietato,efficiente, che non dà tregua; è il rac-conto dell’evasione da una cruda realtàalla ricerca del riscatto e della giustizia.La trama, senza allontanarsi troppo dallaverità storica, procede lungo un frizzanteborderline tra realtà e fantasia, tra per-sonaggi veri e inventati che sono semprecredibili perchè accarezzano, con la lorostraordinaria umanità, l’idea di una rap-presentazione reale e sempre attuale.I singolari protagonisti del libro nonsanno e non vogliono usare armi dafuoco perchè in contraddizione con laloro etica morale e religiosa, ma neltempo escogitano altri mezzi ai quali siaffidano nei momenti di pericolo. Dalladescrizione di certe scene cruente, chenon sono mai improntate alla violenzagratuita, emergono l’intelligenza tattica ela forza fisica di Bjørn, l’astuzia e il sestosenso del muto e “quasi” nano Walde-

mar e, soprattutto, lo splendore di Lyla(la poiana di Harris), il rapace da loro ad-destrato che spesso si rivela l’arma piùaffidabile. Diversa, ma di grande fascino,è Anne-Sofje, la fidanzata ritrovata diBjørn. Una donna dal contrastante ca-rattere dolce e autoritario, che rivelad’essere uno dei quattro capi della Resi-stenza Norvegese. Dopo una serie in-credibile di brutali “azioni” ai danni degliinvasori, il quartetto è costretto alla fugavia mare a bordo di un Colin Archer. San-gue freddo, astuzia, coraggio, amor pa-trio e una straordinaria perizia nautica,emergono dai continui scontri con le mo-tosiluranti tedesche in agguato. Un altroprotagonista, che aleggia come un ma-gico spirito dall’inizio alla fine del ro-manzo, è l’imponente carmelitanoBrunone, frate guardiano di una piccolacomunità di religiosi che vive in un faro-Monastero appollaiato su un minuscoloscoglio solitario delle isole Shetland. Que-

sto carismatico uomo di Dio che na-sconde, tuttavia, alcuni scheletri nell’ar-madio, sarà la guida spirituale, e nonsolo..., di tutti i protagonisti, essendo an-ch’egli coinvolto come “informatore”della Resistenza Norvegese. I colpi discena si susseguono incessantementee quando il romanzo si chiude lascia unprofondo senso di simpatia verso questiragazzi che sono stati capaci di coinvol-gerci e renderci addirittura loro complici.Bjørn e Waldemar s’identificano in quelmitico personaggio che tutti cono-sciamo: l’Ulisse che sta dentro di noi. Lanavigazione a vela, l’avventura, la ven-detta, persino le armi e le strategie usatericordano il tempo e il mondo dell’eroeomerico. Per la verità, non vi è stata al-cuna “premeditazione” epica da partedell’autore che, da “combattente deimari”, ha messo nel romanzo, incon-sciamente, gran parte della sua dura vitavissuta.

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“F u questo pittore di nascita..... e fi-glio d'uno mercadante. Venne egli

a Roma e da Roma, con dispiacere delduca di Bracciano che il proteggea, vennea Genova per sua mala sorte. Mala sortedissi, perché invaghitosi qui d'una locan-diera presso la quale alcun tempo avea al-loggiato, né sapendo come conseguirlaessendo egli in Roma ammogliato, pensòdi far uccidere la moglie e così conseguireil suo fine. ...” Carlo Giuseppe Ratti. Storiade' pittori scultori et architetti liguri e de'forestieri che in Genova operarono se-condo il manoscritto del 1762.

Il naufragio del Giglio con il conseguenteclamore mediatico, e lo stuolo di esperti,meno esperti e ciarlatani che abbiamovisto avvicendarsi su tutte le reti televisivea raccontarci le più improbabili ipoteseche possono aver indotto il comandantedella Concordia a quella scellerata mano-vra, hanno convinto gran parte degli spet-tatori che un naufragio sottocosta sia unevento eccezionale e quasi senza prece-denti nella storia.I naufragi sono vecchi come la navigazioneè ovvio e la maggior parte di essi si è con-sumato nei pressi della costa per le causepiù disparate: maltempo e fortunali, erroridi rotta ed imperizia del comandate, finoveri e propri atti dolosi da parte di popola-zioni rivierasche che con false segnalazioniinducevano il naufragio per poter rubare ilcarico.Il naufragio per la sua spettacolarità èstato anche ampliamente rappresentatoe un pittore che eccelse in questo generefu l’olandese Pieter Mulier il giovane, tantobravo nel rappresentare fortunali e ma-reggiate da meritare il sopranome di“Tempesta”.La cosa sorprendente leggendo la bio-grafia de’ “Il Tempesta” è il parallelismoche si potrebbe tracciare tra le vicendeche hanno sconvolto la sua vita all’apicedella carriera e quelle che molto più re-centemente hanno coinvolto il coman-dante della Costa Concordia, FrancescoSchettino.Nato ad Haarlem (Olanda) nel 1637, ilTempesta ebbe come primo maestro ilpadre, ma apprese i primi rudimenti della

pittura di paesaggio ad Anversa, dove siera trasferito nel 1655. L’anno successivo, come avveniva permolti artisti suoi conterranei, decise di re-carsi in Italia, a Roma, dove lavorò per iDuchi di Bracciano, il principe Colonna, ilcardinale Gilberto Borromeo, Aloisio Omo-dei e per la famiglia Doria Pamphilj. Il so-prannome "Tempesta" compare per laprima volta su un disegno del 1659 e conesso venne ascritto alla locale “Guida deipittori olandesi”. In quegli stessi anni l’artista entrò in con-tatto con un grande maestro che avrebbeavuto un'influenza decisiva sulla sua vita:Corneli De Wael, il grande pittore di ma-rine e battaglie che aveva soggiornato aGenova per quarant’anni per poi trasfe-rirsi a Roma.Alla base della decisione del Tempesta dicompiere, nel 1668, lo stesso percorso,ma a ritroso, ci fu probabilmente la con-sapevolezza che a Genova, dopo la par-tenza del De Wael, non era rimasto alcunpittore di marine di talento.Ma la ragione di fondo era probabilmentepiù grave: la gelosia nei confronti della mo-glie, che aveva fama di essere una donnadi facili costumi, al limite della prostitu-zione. Questo sentimento, covato per anni,aveva finito per causargli seri problemi disalute minando il suo equilibrio nervoso.Per qualche tempo il Mulier visse nel mo-nastero di San Giacomo a Carignano, poisi trasferì in centro, a più stretto contattocon i suoi datori di lavoro, fra cui i Doria ei Brignole Sale.Nel frattempo trovò il modo di innamo-rarsi di Anna Eleonora Beltrami, una gen-tildonna torinese abbandonata dal marito.Nello stesso anno però mandò a chia-mare la moglie legittima, rimasta a Romacon i figli, la quale nel frattempo, aveva par-

torito altri tre bambini, evidentemente natida relazioni extraconiugali.Durante il viaggio Lucia venne assassinatanei pressi di Sarzana, nel territorio del Du-cato di Massa, da due sicari prezzolati: An-gelo Luigi di Valle Rustica, un soldato diventura corso, e Massimiliano Capurro,un adolescente genovese. Il Tempestavenne arrestato il 13 gennaio 1676come mandante dell'omicidio.Il processo si svolse il nel gennaio del1679 ed il pittore, riconosciuto colpevole,fu condannato a vent'anni di prigione, no-nostante la strenua difesa dell’avvocatomilanese Giovanni della Torre, uomo di fi-ducia del conte Borromeo. Nello stessoanno, benché recluso, il Tempesta sposòla donna amata. Durante il periodo di detenzione, continuòa lavorare alacremente, realizzando unagrande quantità di opere per il patriziatogenovese.Per consentirgli di lavorare con tranquil-lità, gli venne assegnato un atelier di ec-

cezione; il vano della campana nella Torredel Popolo di Palazzo Ducale, da cui potevagodere una magnifica vista sulla città e sulporto.Alcuni dei suoi quadri migliori apparten-gono proprio a questo periodo, anche seda essi traspare il tormento per la deten-zione e per il progressivo calo della vista.Per sua fortuna gli amici milanesi non loabbandonarono e dopo anni di trattativead alto livello, condotte dal conte Borro-meo e dal governatore spagnolo di Mi-lano, il Tempesta venne dichiaratoinnocente e scarcerato il 15 ottobre1684. Da Genova si trasferì a Milano,dove, dopo aver lavorato anche in Veneto,morì il 29 giugno 1701.Un vecchio detto recita che le donne abordo portino sfortuna, evidentementeanche in quei tempi lontani il barcame-narsi tra mogli, amanti, passione e gelo-sia non portava proprio bene anche a chiil mare lo frequentava solo con la fantasiae lo solcava a colpi di pennello.

Pieter Mulier il giovane detto “Il Tempesta”ARTE

Pieter Mulier detto “Il Tempesta”, Burrasca con navi olandesi

Pieter Mulier detto “Il Tempesta”, Tempesta in mare

Jan Theunisz Blanckerhoff, Navi olandesiin vista del porto di Genova

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

SPECIALE “NAUFRAGI”di Claudio MOLFINO [email protected]

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Page 28: Il Mare Eco del Golfo Tigullio 3/2012

Per molti è stato l’anno delle Apo-calissi, dei film catastrofici d’au-

tore, della Grande Caduta dell’Occi-dente raccontata sullo schermo. Pergli italiani, è stato l’anno delle trionfali ri-vincite al box-office, ma anche quello del-l’inevitabile delusione per una commediache si credeva “nuova” e invece si è su-bito confermata già vecchia e spompata.E per buona parte di noi è stato soprat-tutto un anno ricco di buoni e ottimi film,al punto da volerne ricordare il maggiornumero possibile in questo bilancio tra-boccante di titoli e autori.Cominciando come sempre dall’anima-zione, subito qualche titolo d’assaggio damettere accanto all’estroso e compia-ciuto Rango: * Arrietty, perché per interposto regi-sta ripropone lo sguardo incantato sulmondo di Hayao Miyazaki e del suo Stu-dio Ghibli;* Le avventure di Tintin, dove Spielbergusa il sistema “zemeckisiano” del per-formance capture per ritrovare – so-prattutto nella prima parte – una gioiapionieristica del raccontare per imma-gini.Tra i film che stanno classicamente nelsolco del “genere”, qualche bella sco-perta e alcuni grandi ritorni: * L’alba del pianeta delle scimmie, checi dimostra come sia incredibilmente

possibile fare ancora solidi blockbuster,dove azione e serialità si coniugano conun’idea e una pratica di cinema ener-gico;* Ladri di cadaveri di John Landis e TheWard di John Carpenter, che segnanoil ritorno di due maestri anni ’70 altempo stesso classici e moderni, ma en-trambi ferocemente emarginati da un ci-nema americano sempre più diviso fratronfio capitale hollywoodiano e stuc-chevole chiacchiericcio indipendente.Tra gli italiani, due esordi con le radiciben piantate in quel docufilm che sem-bra oggi la scuola più fertile, o forse solopiù frequentata, da chi si affaccia al lun-gometraggio: * Corpo celeste di Alice Rohrwacher,storia di formazione adolescenziale nellaCalabria delle devastazioni urbanisticheed etiche; ed ancor più Io sono Li di An-drea Segre, incrocio di culture ma so-prattutto di persone tra le “ombre” diun’osteria chioggiotta.E poi, sempre tra gli italiani, due maestriche hanno realizzato due tra le loroopere migliori ma faticano a vederselericonoscere in Italia:* Habemus Papam di Nanni Moretti,capace di rappresentare con grandeforza e leggerezza il vuoto sconvolgenteche si è aperto nel nostro rapporto colmondo: film che la redazione dei “Ca-hiers du Cinéma” ha giudicato il migliorein assoluto dell’anno, ma che da noi è ri-masto sostanzialmente snobbato;* Sorelle Mai di Marco Bellocchio, me-raviglioso piccolo film nato dai corsiestivi di Bobbio, sviluppatosi senza lastruttura narrativa che il pubblico esi-geva, ma con un’intensità e un’agilità dicinema che conferma il momento d’orodel suo regista.Nel panorama europeo, almeno quattrofilm buoni, o molto buoni, ma senzagrandi sorprese, perché confermano lequalità note dei loro registi:* Il ragazzo con la bicicletta dei fratelliDardenne, narrativamente sempre piùbravi ed essenziali; * Miracolo a Le Havre del finlandeseAki Kaurismaki, capace di raccontarci larealtà del mondo attraverso l’assoluta ir-realtà del suo mondo;* Le nevi del Kilimangiaro del marsi-gliese Robert Guédiguian, sguardo ac-corato e indignato, ma anche ma-linconico e leggero sull’umanità soffe-rente del XXI secolo;* Another Year di Mike Leigh, che con-ferma al meglio la sua formula collau-

data di cinema/teatro, senza nemmenoaver stavolta bisogno di un climax dram-maturgico.Tra le sorprese dei nuovi autori in cre-scita, almeno tre titoli:* Tournée del francese Mathieu Amal-ric, tra chiassosi spettacoli di new burle-sque e solitudini notturne di anime,alberghi ed autostrade;* Drive del danese Nicholas Refn, coisuoi strepitosi inseguimenti e la sua let-tura astutamente autoriale del genere,idolo dei giovani cinefili, ma escluso dai“magnifici dieci” stagionali di Tarantino;* Le idi di marzo di George Clooney, filmsul potere, la lealtà e l’ambizione, quasiuna tragedia cinquecentesca ambien-tata nel mondo della politica contempo-ranea.E poi i Grandi Maestri Discussi, le opere(in alcuni casi, autentiche opere-mondo)che segnano la stagione più alta e ambi-ziosa, ma che hanno anche incontratocombattive resistenze:* The Tree of Life di Terrence Malick,straordinario viaggio nella memoria enell’immagine, trionfatore annunciatodel festival di Cannes, capolavoro certifi-cato dal culto prima ancora di esserevisto, amatissimo e sbeffeggiato;* Melancholia dell’odiato Lars von Trier,ovvero il cielo, i misteri e le inquietudinidel profondo mai così vicine ai nostriocchi, film esaltato da alcuni come il mi-gliore dell’anno, ma col regista cacciatoignominiosamente per le sue dichiara-zioni da un festival di Cannes che purepropugnava la tolleranza (altrui);* Carnage di Roman Polanski, gioco almassacro magistralmente condotto maanche molto preordinato nel suo eserci-zio di crudeltà da camera;* A Dangerous Method di David Cro-nenberg, ovvero i conflitti del profondotra Freud e Jung raccontati con appa-renze così classicamente imperturbabilida aver deluso i fan del Cronenberg piùsperimentale;* Faust di Aleksandr Sokurov, regista fi-nalmente vincitore di un grande festival(dopo la vergognosa indifferenza perAleksandra), raffinatissimo, visionario eabissalmente distante.E poi tanti altri titoli meritevoli, da TheFighter (David O. Russell) a Il cigno nero(Darren Aronofsky), da Hereafter (East-wood) al coreano Poetry (Lee ChangDong) e tanti altri. Con qualche esclu-sione non casuale: in particolare Il di-scorso del re, esempio di accademiainevitabilmente premiata con l’Oscar per

l’esibizione di Grandi Temi e Grande Re-citazione. E con un’ultima citazione almerito per quello che è stato forse il filmpiù sorprendente: * Una separazione di Ashgar Farhadi,film che ci riporta al meglio del cinemairaniano, partendo da un piccolo aned-doto quotidiano e scavando al suo in-terno in modo inesorabile, per indagarenel cuore dell’individuo, della società edell’atto stesso del narrare. La com-plessità attraverso la semplicità, se-condo quella che è stata la grandelezione di Kiarostami.

I MIGLIORI FILM DEL 2011CIAK

Sintesi della conferenza tenuta dal critico cinematografico di “La Repubblica” diGenova presso la Biblioteca Internazionale di Rapallo il 21 gennaio 2012

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

CINEMAdi Renato VENTURELLI

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CITTÀ DI RAPALLOBIBLIOTECA

INTERNAZIONALEVilla Tigullio - Parco Casale

Tel. 0185 63304

“SABATO IN BIBLIOTECA”

25 FEBBRAIO "Venticinque anni

di Edizioni Archinto"Incontro con

Rosellina Archinto

***24 MARZO

“Omaggio a Giorgio Caproni nel centenario della nascita”

con Francesco De Nicola

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Sherlock Holmes. Gioco d’ombredi Guy RitchieEnnesimo ritorno sul grande schermo del celebre detective creato da Ar-thur Conan Doyle, giunto per la prima voltaal cinema nel 1902. (Apparve in numerosifilm: una sessantina durante il muto, trentanegli anni successivi). Personaggio unico per la sua natura digentleman raffinato, malinconico e razio-nalmente dubbioso, qui, purtroppo subisceuna trasformazione ben poco felice:quella di un gradasso rissoso e burloneche sembra prendere tutto sottogamba.Per giunta, protagonista di una storia cu-riosamente priva di mistero, sviluppata inmodo abbastanza confuso e, guaio mag-giore, ligia ai canoni del cinema d'azione,sempre più eccessivo.In un simile contesto, Robert Downey jr.non poteva che risultare sopra le righe, lontano dagli ottimi risultati otte-nuti altrove. (Fu superbo, interpretando Chaplin, in CHARLOT, per cuiebbe soltanto una candidatura all'Oscar). Nell'insignificante ruolo di unazingara-chiromante la svedese Noomi Rapace, indimenticabile hackerdella cine-trilogia desunta dai best sellers del compianto Stieg Larsson.

Midnight in Paris di Woody Allen

Surreali viaggi notturni di un giovane sceneggiatore americano di ogginella Parigi degli anni '2O, in compagnia di Hemingway, Scott Fitzge-rald, Picasso e altri ancora. L'intreccio èsemplice, riguarda la scoperta del pro-tagonista che la propria fidanzata non èproprio la donna ideale che immaginava.Ma il film è un altro dei più riusciti del set-tantasettenne regista newyorkese, unodei pochi autori di culto maggiore, conClint Eastwood e i fratelli Coen.Parigi, forse, non ha mai avuto, da partedi un cineasta straniero, un omaggiocome questo: garbatamente ironico, riccodi sentimento, visivamente ottimo, cherievoca un'epoca irripetibile e figure chehanno lasciato segni preziosi della loropresenza sulla scena del mondo. Indovi-nato l'impiego di quel piccolo gioiello musicale che è “ Si tu vois mamere” di Sidney Bechet, fatto ascoltare all'inizio, mentre scorrono al-cune splendide immagini della città. Perfetto il cast, affollato di tipi sa-pientemente delineati, in cui spicca Owen Wilson, simpatico pro-tagonista con sogni d' altri tempi.

29E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

CINEMAdi Luciano RAINUSSO

Quando si fa un film in bianco e nero, si invitano

gli spettatori a immaginare i colori.

Igmar Bergmaniinn ddiiaaggoonnaalleeiinn ddiiaaggoonnaalleeAL CINEMAL’industriale di Giuliano Montaldo

Film sulla realtà più drammatica della nostra epoca: la chiusura delle fab-briche e i licenziamenti che ne conseguono. Infatti, vi si raccontano le vi-cissitudini di un industriale quarantenne sulla china del disastro costrettoa inscenare una truffa per non mandare acasa i suoi operai. E poiché i guai non ven-gono mai da soli, il protagonista deve fare iconti con quel mostro che, secondo Sha-kespeare, “ si diletta col cibo di cui si nutre”.Vale a dire, la gelosia.Montaldo, genovese del '24, è regista di va-glia: debuttò nel 1951 con TIRO AL PIC-CIONE, film sulla sofferta presa dicoscienza di un giovane arruolatosi tra irepubblichini e dirette, in seguito, altreopere importanti. Questa non gli è dameno. Rigorosa nell'impianto, ambientatain una Torino quasi in bianco e nero, haforse un solo difetto: l'eccessivo spazio riservato alla crisi coniugale delprotagonista. Bravo, nel ruolo principale, Pierfrancesco Favino. Al qualebisogna perdonare la scelta di aver voluto confrontarsi con l'insuperabileDe Sica padre, indossando la divisa del generale Della Rovere.

Una separazione di Asghar Farhadi

Ottimo film iraniano su un possibile divorzio a Teheran, con puntate in unospedale, davanti a un giudice, in un commissariato di polizia e nel caosdel traffico stradale. Lasciato dalla moglie, un uomo assume una badanteche gli assista il padre vittima dell'Al-zheimer. Nascono subito problemi,perché la povera donna, religiosa e ti-morata, ha difficoltà ad accudire il ma-lato. E siamo appena all'inizio. (Ilprotagonista sarà persino accusato diprocurato aborto allorché la badante,incinta, cade nelle scale durante unadiscussione). Partendo da fatti quotidiani (litigi, in-comprensioni, piccoli e grandi dram-mi), il film punta in alto, al conflitto diclasse, al tema della verità (che tor-mentò già Democrito, filosofo grecod'epoca precristiana). E, sempre conefficacia, alza il sipario sul vivere inIran durante la dittatura, meritando am-piamente l'Orso d'oro ottenuto a Berlino 2O11. La regista si fece cono-scere da noi con ABOUT ELY, sorta di giallo sulla vacanza al mare dialcune coppie, rovinata dalla scomparsa di una ragazza.

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CINGHIALILa simpatica pubblicità che esalta un me-dicinale che ci libererebbe dalla pesantezzadi stomaco mostrandoci un robusto cin-ghiale seduto sull'organo digerente di unmalcapitato mica è tanto lontana dalla re-altà qui da dove scrivo, la Liguria. Tempo ad-dietro, nella galleria Maggio tra Rapallo eRecco, un ungulato adulto che girovagavasull'Autostrada A10 è stato investito e uc-ciso da un mezzo (auto o camion?) che haproseguito la corsa. A forza di proteggerli,questi animali - perchè a nessun animaledevesi far "la bua" - i liguri rischiano davverodi ritrovarseli prima negli... ascensori, indiassisi alle loro mense.

Luigi Fassone, Camogli

CONCORDIA/1Ha fatto bene e benissimo, l'Ing. RobertoMartinoli, A.D. di una nota Compagnia diNavigazione, già importante dirigente dellaSoc. Carnival, a rendere noto a Uno Mat-tina, che le prenotazioni per le crociere nonsono affatto diminuite da quel venerdì 13Gennaio. Ci sono mezzi di trasporto ben più

a rischio di defunzione, il primo, senzaombra di dubbio, è l'automobile. Soprat-tutto per gli incapaci guidatori, che sonotanti, mentre sulle navi è difficile trovarneuno come il sorrentino Cap. Schettino. Io,stufo e arcistufo di mare e di navi, sianoesse passeggeri, da carico oppure petro-liere, non andrei in crociera manco me lapagassero e mi dessero pure “agratis” l'ac-compagnatrice (l'uomo non è di legno...) Ma credo che gli amanti di codesti viaggiche insistono per andar per mare dopo undisastro planetario del genere di quello av-venuto al Giglio facciano bene. Sono con-vinto d’ora in avanti "belinate" come quellafatta a pochi metri dagli scogli del Giglio, edaltre, non ne avverrano più.

Lettera firmata

CONCORDIA/2Lui, l'ormai ex Comandante della CostaConcordia, Francesco Schettino, il "servizio"alla nave affidatagli lo ha già fatto. Ma c'èpiù d'uno che il "servizio" glielo rende, pari epatta. Subito, il Pubblico Ministero, che in-siste con il fermo in carcere. Poi, una dopo

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

Invitiamo i lettori a volerci segnalare suggerimenti, problemi. Pubblicheremo le vostre istanze, raccomandandovi

la brevità dei testi per evitare dolorosi tagli.

Scriveteci a Redazione “IL MARE”Via Volta 35 - 16035 Rapallo E-mail: [email protected]

LETTERE

E NOTIZIE

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l'altra, le televisioni di tutto il mondo, ognunadi esse esibisce una leggiadra femminache, già passeggera sulla sfortunata nave,avrebbe flirtato con il Comandante machoal momento dell'incaglio. Un servizioforse ancora più insidioso, perchè lui, pove-retto, dalle ire della consorte non può nep-pure sfuggire, visto che gli hanno sigillato laporta d'ingresso. Per la sua incolumità vo-glio sperare gli abbiano sigillato anche i te-levisori di casa...

Un ex navigante

Ha perfettamente ragione. I media entranospesso con violenza nelle nostre case e poialtrettanto rapidamente scompaiono la-sciando terra bruciata.

POSTECaro Direttore,sono obbligato a chiederti ancora spazio inquesta tua rubrica. In riferimento alla mialettera, da te gentilmente pubblicata nel nu-mero di Gennaio, che faceva riferimento airitardi nella consegna della corrispon-denza, alcuni lettori che non hanno saputoo voluto? interpretare quelle mie righehanno incolpato il portalettere di questo di-sguido. In essa già avevo sottolineato la suaestraneità a questa mancanza con: ”Il po-stino non ha alcuna colpa”. Ne ho parlatocon l’interessato spiegando che il mio re-clamo era chiaramente rivolto all’ammini-stratore di Poste Italiane e certamente nona lui che fra i moltissimi succedutisi neglianni in questo incarico è uno dei migliori.Grazie ancora, Mauro Mancini.

ALLARME ETERNITIn Via di Landea, la strada Comunale ab-bandonata, qualche criminale, sicuro difarla franca data l'incuria, ha abbandonatoda diversi giorni, presso i cassonetti delladifferenziata, tutti i cocci di una grandevasca di Eternit. Un pericolo per tutti.Lungo gli alvei dei rigagnoli, che quandopiove diventano torrenti tumultuosi, conti-nuano a scaricare rifiuti edili, amianto, co-pertoni d'auto, elettrodomestici, montagnedi fogli di plastica e interi pezzi di carrozze-rie d'auto. Nessuno di questa Amministra-zione ha mai fatto un salto a vedere loscempio ?

Lettera firmata

BOTTEGHE APERTEQuando il Decreto sulle liberalizzazioni li-cenziato ieri dal Governo verrà convertito inLegge i singoli negozianti potranno osser-vare un orario di lavoro che più a loro confà.Si presume che la maggior parte di essi loallungherà per poter venire incontro aiclienti che durante l'orario di apertura "ca-nonico" hanno ben altre cose da fare, lavo-rare. Però mi sto convincendo che l'unicopaese ove i commercianti finiranno per ri-durre via via le ore di apertura fino ad an-nullarle saranno le località minori del Tigullioe del Golfo Paradiso. Perchè la maggiorparte delle vie dei negozi sono pedonali.Pensare che la maggior parte dei clienti simuova a piedi anzichè in auto è come illu-dersi di raddrizzare le gambe ai cani, non èpoi tanto difficile trarre le conclusioni. Cordialmente, un affezionato lettore

A godere di questa nuova situazione, sicu-ramente antieconomica per le “botteghe”,saranno come sempre i centri commerciali

SOSTEGNO AL COMMERCIOEgregio Direttore, non le sembra che l'Am-ministrazione Comunale si dovrebbe impe-gnare, visto i tempi, a dare una manomaggiore ai Commercianti che finalmentesi muovono? Ci sarebbe un modo conve-niente per entrambi! Loro propagandandole singole iniziative e offerte; l’ente incas-sando i soldi della tassa di affissione. Mi ri-ferisco a predisporre presso tutti i muriliberi (ferrovie, terrapieni, carruggi per rag-giungere la passeggiata, ecc) tabelloni sucui poter affiggere manifesti. Oggi, trannegli annunci mortuari o quelli istituzionali, incentro i siti predisposti sono troppo pochi. E allora tutti ad imbrattare con locandineabusive, affisse in ogni dove, anzi, in ognidove.... non si dovrebbe. Se vuoi farti cono-scere non ti restano che le frazioni.

Grazie e cordialità. Lettera firmata

PEDONALE LUNGO I BINARIA "CERISOLA"Egregio Direttore, in questi giorni si stamappando la città per localizzare dovemettere le telecamere. Farebbe piacerene mettessero anche a controllare il per-

Associazione Culturale

Caroggio DritoSABATO 17 MARZO - VILLA QUEIROLO - ORE 16,30

Conferenza dell’Ing. Vittorio Mizzi“I Genovesi in Crimea”

MERCOLEDÌ 21 MARZOGita in Toscana con visita ai Castelli della Lunigiana

Pranzo in locoPartenza ore 8,00 da Piazza delle Nazioni con pullman riservato

Assemblea ordinaria all’Hotel Europa di Rapallo. E’ stato confermato alla ca-rica di Presidente del club Orlando Gentile per il triennio 2012-2014.Queste le restanti cariche: Presidente Onorario Giacomo Verso, SegretarioGuido Ortenzi. L’Ufficio di Presidenza è composto da: Vice Presidente: GianniLazzerini, Tesoriere: Gabriella Oriani, Membri effettivi: Alberto Cipolla, SalvatoreRuberto, Luigi Zanoni, Matteo Monzani, Mario Fracchia, Giorgio Gianello, Giu-seppe Valvo. Membri supplenti (cinque): Ivan Capellini, Daniele Comastri, GiulioMassa, Linda Puccetti, Chiara Pasquale.Calendario degli eventi previsti durante l’anno sociale:• Sabato 3 Marzo, Torino: Museo dell’automobile;• Sabato 17 - domenica 18 marzo: week end a Rapallo di possessori di

Ferrari da Erba e Modena, con visita a Portofino e Santuario di Montallegro;• Aprile, Reggio Emilia: visita al museo del tricolore;• prima decade di Maggio: Passion Day al Mugello;• Sabato 12 Maggio, Chiavari: festa del 60° anniversario della fondazione

della scuola telecomunicazioni. Previsto l’arrivo di una show car di F1, unsimulatore e alcune Ferrari da S. Martino di Bareggio (Mi);

• Sabato 16 Giugno: visita alla fabbrica Dallara;• Sabato 7 - domenica 8 Luglio, Rapallo: festa d’estate con club di S. Martino

di Bareggio (Mi);• Sabato 15 Settembre, Maranello: visita alla fabbrica;• Ottobre (giorni da definire): mostra fotografica del 3° concorso fotografico

internazionale sul tema Ferrari.

NUOVE NOMINE ALLASCUDERIA FERRARI CLUB DI RAPALLO

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Febbraio

CASARZA LIGUREVia Annuti 40(Croce Verde)Apertura: Martedi ore 12www.ac-ilsestante.it

Martedì 07 22:54 Luna Piena

Martedì 14 18:04 Ultimo Quarto

Domenica 19 07:19 Il Sole entra nel segno dei PESCI Martedì 21 23:34 Luna Nuova: 12A Lunazione del Sogno

corso pedonale lungo i binari che raccorda il parcheggiocon l'ascensore del sottopasso Brasey, sede fissa dimendicanti invadenti. Quel percorso, molto utile, oggi èinutilizzabile perchè lordato, ha le luci scassate e, tutte lesere, c'è gente ad ubriacarsi e infastidire chi abita lì infaccia. L'Assessore che, credo ritenti la riconferma, può inte-ressarsene? Grazie.

R.B.

ACCATTONI.... ORGANIZZATICaro Direttore, è possibile che nessuna autorità si sia ac-corta che a Rapallo prospera un "raket della questua"?Una organizzazione malavitosa, da troppo tempo indi-sturbata, specula su finti accattoni, posizionandoli in luo-ghi di passaggio e facendoli ruotare di posto, così da nondare nell'occhio. Dove ci sono loro non c'è posto per altri.Deve scapparci il fattaccio perchè chi di dovere, simuova? Le forze dell’ordine non li vedono come li vedoio? Non è pietà umana: è delinquenza. Grazie e saluti, lettera firmata

Giriamo i suoi interrogativi ai responsabili della sicurezza.Ora arriveranno le telecamere. Basteranno?

SALA CONGRESSICaro Direttore, ora che anche il Governo ha proibito iCongressi di Stato, credo che non l'aver impiegato soldiin un una inutilizzabile Sala Congressi, come qualche "vi-sionario" riteneva vitale per Rapallo, sia stata la stradapiù saggia. Nessuno però se ne faccia vanto: non la si èrealizzata, non per una lungimirante visione politica, masolo per l'inneficienza di chi ci ha governato. L'uno va-gheggiava ma l'altro, immobile come roccia, ha conti-nuato nel suo elefantiaco immobilismo.

Grazie e complimenti, Lettera firmata

Una sala congressi da mille posti sarebbe un contributoallo spreco inaccettabile con costi elevati per la comu-nità. Basta vedere quanti congressi ospita il Teatro delleClarisse. Per intenderci, sarebbe come una piccola Olim-piade cui Monti per fortuna ha detto no.

UNA OCCHIATA AI COSTI... NON GUASTA MAISpettabile redazione, sono sempre d'accordo su quantofa la nuova Dirigenza dei Commercianti, ma questa voltanon vorrei si fosse ecceduto con tutti quei "cartonati" pro-mozionali in città. Non sarebbe meglio propagandare so-prattutto fuori Rapallo le nostre iniziative, così da attirarequi nuovi avventori? Quelli del posto ormai sono già statiabbastanza "munti"; se non si attirano dei nuovi da fuori(vedi Genova), quanto speso, rischia di non rientrare. Miauguro di sbagliare.

Grazie per la pubblicazione, Lettera firmata.

Il proverbio del meseI lamenti di vexin comensan a-a seia e finiscian a-a mattin

I lamenti dei vicini cominciano la sera e finiscono al mattino

Spazio Aperto di Via dell’Arco

Associazione di Promozione Sociale

MarzoVENERDÌ 2, ore 16.30L’affondamento della Corazzata Roma: vita e morte di una regina del mareUn frammento di storia raccontato da

Michele Zimei

SABATO 3, ore 17.00Le radici di un paese ancora a misura d’uomoBarbara Bernabò, archivista e paleografa eMirna Brignole, cultrice di storia locale e autricedel libro “Leivi – Storia di una comunità”

SABATO 10, ore 17.00Sulle magiche frequenze del TigullioAppunti disordinati di viaggio nelle radio libere

del Levante Ligure dal 1976 ad oggi

Salvo Agosta, direttore Radio Aldebaran e MarcoRevello, giornalista e conduttore televisivo

VENERDÌ 16, ore 16.00Gli inganni della visioneStoria dell’occhio e del vedere

Flavia Cellerino, storica

SABATO 17, ore 17.00Misteri in fondo al mareI segreti nascosti negli abissi e nella mente umana

Emilio Carta, giornalista e autore del libro “Il collezionista d’armi”

SABATO 24, ore 17.00Cibo ed emozioniDisordini alimentari e possibili strategie

di intervento

Valentina Vinelli, psicologa e counselor e GaiaSavioli, psicologa

DOMENICA 25, ore 16.30U-Boot 455, il sottomarino della leggendaEmilio Carta e Lorenzo Del Venezianosvelano come si è giunti all’identificazione

dell’unico sommergibile tedesco che ancora

mancava all’appello

SABATO 31, ore 17.00Buono come il paneRiscoprire gli antichi sapori, i metodi tradizionali

della panificazione con l’uso della “pasta madre”,

che sarà distribuita ai presenti

Giorgio “Getto” Viarengo, storico e Valentina Venuti, dell’Associazione Leivinvita

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

LETTERE

E NOTIZIE

20Lunazioni, Stagioni

e Segni ZodiacaliMESE Giorno Ora./min. Descrizione

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Frittata del Sindaco

Gargantuadi Renzo Bagnasco

dal Concorso 2006 “Cucina e cucine: la ricetta delSindaco”INGREDIENTI: 8 uova, prebôggion lessato,timo, maggiorana, prezzemolo, sedano, erbacipollina, polpa sminuzzata di “mostardella”di S. Olcese, noce moscata, sale olio e burro.ESECUZIONE: sminuzzare il prebôggion esoffriggerlo con la mostardella spappolata;tritare tutti gli aromi, aggiungerli alle uovasbattute e, insaporite con la qualche grattatadi noce moscata e controllatone il sale,unirle al prebôggion, amalgamare bene e, afuoco lento, fare la consueta frittata in unapadella unta con il burro.

NOTA: la suggerita “mostardella” può benis-simo sostituire l’originale piemontese “salamedi Turgia”

La Pro Loco“Capitaneato di Rapallo”

ha un nuovo direttivo. Presidente:Umberto Ricci, Presidente Onorario:

Alberto Calcagno, Vice Presidente e Tesoriere Vit-torio Ciccone e inoltre: Ugo Canonici, GiuseppeD’Asta, Alessandra Rotta, Mauro Barra, GiorgioGianello, Michela Aste, Annita Sturlese, MariaRitaD’Amico, Stefania Conte, Mauro Mele, DeboraPanza, Pino Romano, Nadia Briganti, Mattia Ver-rone, GianCarlo Dalmolin, Tiziana Maschi, MarinaRicci, Luigina Bulgarelli, Marina Mirabella.

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