IL LEGIONARIO -...

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IL LEGIONARIO COMMENTARIVS DEL SOLDATO ROMANO NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE ANNO IV N.34 AGOSTO 2017 - Testo e struttura a cura di TETRVS IL TRAMONTO DEGLI DEI Gruppo rievocazione COMITATUS

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IL LEGIONARIO COMMENTARIVS DEL SOLDATO ROMANO

NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE

ANNO IV N.34 – AGOSTO 2017 -

Testo e struttura a cura di TETRVS

IL TRAMONTO DEGLI DEI

Gruppo rievocazione COMITATUS

IL TRAMONTO DEGLI DEI ANTEFATTO

Dopo il 470, l’Impero Romano d’Occidente si avviava a vivere i suoi ultimi, travagliati anni di esistenza e i territori imperiali sono ridotti alla penisola Italiana,, parte della Gallia meridionale, Norico e Illiria dopo che la grande flotta navale allestita da Maggioriano è stata distrutta nel porto dell’Elche (459) e un’altra spedizione (468) condotta soprattutto da Oriente ha subito quasi la stessa sorte..

Nel 472 l'Impero d'Occidente era stato travolto dalla guerra civile tra l'imperatore Antemio e il comandante dell'esercito, il magister militum germanico Ricimero. In aprile, Ricimero nominò – imponendolo con le armi- Anicio Olibrio come imperatore e a luglio fece assassinare Antemio ma ad agosto, colpito da una febbre mortale Ricimero morì.

Con la morte di Ricimero, il goto arbitro della vita politica e militare degli ultimi anni, il nipote Gundobado (anche Gundobaldo) venne eletto al rango di “patrizio” da Anicio Olibrio e ottenne il comando di quello che può definirsi l’ultimo esercito romano (De Jaeghere- Gli ultimi

giorni dell’Impero romano). Dislocato soprattutto nel l’Italia del Nord – tra Milano e Pavia – probabilmente era questo quello che si definiva “l’esercito d’Italia”, una forza di circa 6-7.000 uomini, composta da mercenari germanici (Sciri, Rugi, Turcilingi) che avevano fatto parte dell’ormai dissolto esercito unno.

Nell’ordine: legionario romano, guerriero visigoto, mercenario germanico

All'inizio di novembre 472 Olibrio morì e l'Impero d'Occidente rimase senza un imperatore e senza un uomo forte come Ricimero. L'Imperatore d'Oriente, Leone I, che aveva già favorito Antemio come imperatore d'Occidente, si trovò a dover scegliere il nuovo sovrano. In questa occasione però manifestò una certa indecisione . Fu allora che Gundobado, nuovo magister militum ac patricius, fece eleggere - con l’appoggio della componente

germanica del suo esercito – un imperatore di proprio gradimento nella figura di Glicerio, a Ravenna il 3 o il 5 marzo 473(Paolo Diacono, i Fasti vindobonensespriores e il Paschalecampanum)

Il potere di Glicerio era comunque limitato sostanzialmente alla penisola italica e ai pochi territori d’oltralpe, un potere che però non venne riconosciuto da Leone I in quanto l’imperatore d’Oriente non si fidava della scelta di Gundobado. Per questo motivo, avvalendosi del proprio ruolo istituzionale e per ribadire la sua autorità sull’Occidente, Leone I designò quale imperatore di quella parte romana, Giulio Nepote, un alto aristocratico che aveva ereditato in Dalmazia il principato di suo zio Marcellino. Si presume che nella scelta abbia concorso il fatto che Giulio Nepote avesse sposato una nipote di Verina, l’imperatrice d’Oriente; ad ogni modo la mossa di Leone I era anche strategica: in questo modo allontanava dalla corte di Costantinopoli un potenziale avversario.

Moneta di Giulio Nepote

Giulio Nepote fu dunque inviato in Italia con un contingente dei suoi soldati dalmati integrato da un‘ esigua truppa fornitagli da Zenone sbarcando, nel giugno del 474 a Portus (oggi Fiumicino) dato che l’antico approdo di Ostia non era più praticabile per l’interramento) (qualcuno indica invece Classe, vicino Ravenna).

Anche se con pochi uomini al suo comando, Giulio Nepote aveva avuto un po’ di denaro per pagare i soldati che infatti non fecero nulla per difendere Glicerio, anzi, ricevuto lo stipendio con gli arretrati acclamarono Giulio Nepote imperatore (che aveva ricevuto comunque il consenso del Senato). Glicerio, dopo essere stato deposto, fu inviato in esilio a Salona (Illiria) come in qualità di vescovo e il nuovo imperatore si mosse subito verso Ravenna.

Nel frattempo era morto Leone I e gli era successo il giovanissimo nipote Leone II associato al trono con il padre Zenone in qualità di reggente prima e co-imperatore dopo. Ma poiché Leone II morì improvvisamente(474). Zenone divenne unico Augusto, riconobbe Giulio Nepote quale Augusto d’Occidente ma promosse anche una politica che indirizzò i bellicosi popoli ostrogoti verso l’altra parte dell’impero.

Intanto Giulio Nepote agganciò la Dalmazia all’impero e – con il denaro di cui ancora disponeva cercò di formare un altro esercito reclutando mercenari Sciri ed Eruli in Illiria. Questa nuova armata fu affidata ad un capo Sciro di nome Flavio Odoacre, un “comes domesticorum” già compagno d'armi di Ricimero

Impero romano nel 474: la Dalmazia era stata annessa da Giulio Nepote

Giulio Nepote comunque faceva affidamento anche su Flavio Oreste,, un generale romano, forse di stirpe germanica, originario della Pannonia che era stato un fiduciario di Attila (forse un consigliere, forse un semplice “galoppino”) dal 449 al 452 ed aveva prestato la sua opera anche nello Stato maggiore di Marcellino. Ad ogni modo, Oreste aveva dimostrato abilità diplomatiche non comuni ed era dotato di una certa esperienza riguardo usi e costumi “barbari”.

Oreste si mise subito all’opera (forse con un già chiaro programma di impadronirsi del l’Impero d’Occidente) fornendo un’armata di rinforzo composta da Alani e Goti dopo che questi ultimi erano stati spinti fuori dalla Pannonia.

Questa operazione fu abbastanza semplice, sotto alcuni punti di vista. Oreste godeva di un forte ascendente su Alani e Goti (che formavano la sua milizia privata). Giulio Nepote appariva inoltre fiducioso in quanto Oreste aveva sposato una nobile romana e manifestava perciò un certo attaccamento all’impero. Inoltre, il suo ascendente sui mercenari – come si è detto – avrebbe frenato le intemperanze di una milizia sempre più scontenta per le basse e irregolari paghe e per la mancanza dei bottini di guerra, data la politica “remissiva” del nuovo imperatore. Ma su questo punto, Giulio Nepote si sbagliava: i soldati si stavano comunque rendendo conto – Oreste o non Oreste – di stare dalla parte sbagliata della barricata, avendo le altre popolazioni “barbare” ottenuto territori e privilegi trattando alla pari con i Romani.

Flavio Oreste (fonte:labitacorademaneco.blogspot.com)

Nel 474 la situazione prevedeva dunque un esercito d’Italia sotto la guida di Oreste e la difesa dei residui territori della Gallia affidati al comandante Ecdicio Avito, figlio dell’imperatore Avito elevato al rango di patrizio e nominato anche magister militum praesentalis (non per Gallias ma praesentalis) da Giulio Nepote.

Ecdicio era una specie di eroe nazionale in Gallia in quanto aveva sgominato un esercito goto con una sortita fuori da Augustonemetum, (Clermont Ferrand) con soli diciotto cavalieri. A partire dal 471, Augustonemetum era stata assediata dai Visigoti (e lo sarebbe stata fino al 475)ed era l'unica città romana dell'Alvernia che ancora resisteva all'invasione visigota cercando di resistere fino alla fine, fedele a Roma; i proprietari terrieri della città, pur di provvedere alla difesa della città affinché rimanesse romana, assoldarono a loro spese un esercito privato affinché li difendesse dall'assalto nemico.

Un po’ più a Nord sopravviveva uno “spezzone” dell’impero nella forma del Regno di Siagrio.

Ma era una situazione precaria in quanto Giulio Nepote aveva ora seri problemi a pagare regolarmente le truppe poiché le finanze imperiali si basavano soltanto sulle scarse entrate tributarie provenienti sostanzialmente dall’ Italia.

Questa difficoltà di retribuire regolarmente i soldati imperiali mal si conciliava con l’obiettivo di recuperare alcuni territori in Alvernia. I Visigoti avevano occupato la Provenza tra il 473 e il 474 e il rischio di subire una controffensiva romana spinse il loro re Eurico a trattare con Giulio Nepote. Quest’ultimo accettò la trattativa anche perché, senza paga, l’esercito d’Italia si rifiutava di marciare contro i Visigoti. Inoltre la potenza visigota era sostenuta anche dai Burgundi che si erano ritenuti liberati dal ruolo di foederati dopo che era stato deposto l’imperatore da loro sostenuto. In questo modo si sentirono anche autorizzati a effettuare scorrerie contro i possedimenti gallo-romani. Pertanto Eurico – dopo aver conquistato senza combattere alcune città a Nord dei Pirenei orientali, nella Narbonense Prima – di volgere la sua attenzione verso l’Italia passando per i valichi alpini. Eurico aveva un obiettivo ben preciso: sottrarre gli ultimi territori della Gallia ai Romani e costituire – come avevano fatto i Vandali - un proprio regno comprendente vasta parte della penisola iberica e praticamente tutta la Gallia tra il mare e il Rodano.

Per questo fine, Eurico predispose un armata visigota al comando di Vincenzo, un dux Romano che si sarebbe dovuta unire a quella guidata dallo stesso Eurico che si stava apprestando ad attaccare Arelate. Mentre Vincenzo procedeva lungo la costa del Mediterraneo (Gallia meridionale), venne ucciso in prossimità delle Alpi Marittime, forse da due guerrieri goti - Alla e Sindila – che mal avevano digerito che un romano era stato preferito a loro. La spedizione fallì ma il rischio corso dai Romani spinse Giulio Nepote ad aprire delle trattative con il re visigoto.

Giulio Nepote si vide costretto a negoziare, nel 475, con i Visigoti inviando un’ambasciata a Tolosa, dove era la corte di Eurico. Concentrò poi le truppe tra Arelate (Arles) e Massilia (Marsiglia) per difendere la Provenza che rappresentava anche la via d’accesso verso l’Italia. Per questa operazione, Giulio Nepote richiamò Ecdicio in Italia per sostituirlo con Oreste al comando delle truppe romane in Gallia meridionale, concesse l’Alvernia ai Visigoti in cambio del loro ritiro dalla Provenza compresa la cessione a Eurico di Augustonemetum e il riconoscimento di tutte le sue conquiste; in cambio i Visigoti si impegnarono a non invadere la Provenza, ovvero i territori a est del Rodano, che così rimaneva in mano romana.

Fu così che, a causa del trattato di pace, i cittadini di Augustonemetum furono costretti ad aprire le porte al nemico, mentre la città fu affidata al Dux Vittorio che passava così dalla carriera militare romana (era un veterano delle guerre gotiche) ai ruoli amministrativi Visigoti; Ecdicio abbandonava Augustonemetum, trovando rifugio probabilmente presso i Burgundi.

Ma anche questi ultimi avevano beneficiato delle trattative romano-visigote. Eurico mise tra le condizioni che anche ad i suoi alleati Burgundi fossero concesse le terre che già erano sotto il loro dominio. Giulio Nepote dovette accettare e concesse loro tutto il territorio della Viennoise compresa Lugdunum. Della Gallia romana non rimaneva che la Provenza meridionale, dal lato sinistro del Rodano.

Nel frattempo, le trattative con Genserico, non avevano avuto lo stesso positivo risultato: i Vandali continuavano ad attaccare l’Italia e Giulio Nepote non potendo disporre di un esercito forte e di fiducia fu costretto a riconoscere la perdita dell’Africa della Sicilia, della Sardegna della Corsica e delle Baleari, già in mano ai Vandali.

Giulio Nepote aveva – in sostanza – subito una battuta d’arresto dagli effetti controproducenti; lo stesso Senato di Roma cominciò a dubitare sulle capacità di Giulio Nepote e sulle sue possibilità di reggere l’impero.

Nell’agosto del 475, Flavio Oreste lasciò Roma con un esercito forse con il motivo di affrontare un nemico. Marciò invece verso Ravenna e il 28 agosto, probabilmente con l’aiuto di Odoacre, che era a capo di una milizia composta soprattutto da mercenari Eruli, Sciri, Rugi e

Turcilingi. Giulio Nepote allora, rifugiatosi a Ravenna, richiamò Ecdicio ma nell’impossibilità di difendersi adeguatamente, nonostante le difese naturali della città preferì imbarcarsi a Classe, il porto ravennate e rifugiarsi nel possedimento di famiglia in Dalmazia, nella città dove aveva esiliato Glicerio.

Il porto di Classe e sullo sfondo Ravenna nel V secolo

Si presume che Giulio Nepote fosse stato vittima di un colpo di stato ordito da Oreste congiuntamente al Senato di Roma che forse era insoddisfatto della gestione militare e non gradiva le simpatie filo-orientali dell’imperatore.

Oreste comunque non si proclamò imperatore considerando le sue origini germaniche, preferendo che il titolo andasse al figlio quattordicenne Romolo Augusto (31 ottobre 475) che invece era di madre romana (la madre era Flavia Serena, figlia di Romolo, comes del Norico)

riservando a sé, col titolo di "patricius", il potere effettivo. Nel suo nome, il giovane imperatore riassumeva la storia di Roma: Romolo, il fondatore

dell’Urbe, Augusto il fondatore dell’impero. Ma per tutti divenne Augustulus (Augustolo), ossia il “piccolo Augusto” sia per la giovane età, sia per il ruolo, sia per il ridimensionato valore del titolo di un impero ormai finito. E infatti Romolo fu di fatto un imperatore fantoccio gestito dal padre Oreste il cui problema principale del suo “regno” fu la gestione delle truppe mercenarie barbare, ragion per cui furono coniate molte monete d'oro per poter pagare i loro servigi.

Romolo Augusto(Thomas Sangster) - L’ultima Legione (2007)

SIMBOLOGIA

LO SCUDO DELLA LEGIO II BRITANNICA

La Legio II Britannica è inserita nella tav. 16 (8a posizione) della Notitia

Dignitatum, Insignia Viri Illustris Magristris Peditum, quale legione comitatenses al

comando del Magister peditum.

Tra i simboli presenti famoso documento-registro vi è una certa prevalenza di

di figure solari; infatti, “il simbolismo solare, nelle sue diverse espressioni, informa

quasi la meta delle insegne che si trovano nella Notitia Dignitatum”(F. Altheim, Il Dio

Invitto” Milano ,1960 – In Beniamino Maddimo di Dario – La Notitia Dignitatum: Immagini e simboli del

Tardo Impero Romano – Ed di Ar – Padova 2005)

Lo scudo della Secunda Britannica è rotondo, con otto raggi rossi su un campo

giallo.

Per analogia di disegno e di derivazione etnica, lo scudo-simbolo è associabile

a quello dei Britones Seniores, riprodotto nella tav.9 della Notitia Dignitatum

[Insignia Viri illustris Magri Militum per Illiricum]. Pertanto, anche lo scudo della

secunda Britannica è posizionabile “... nell’ambito del simbolismo solare-

geometrico: dal punto centrale costituito dall’umbone si diparte una serie di

raggi...Il tema solare, nelle sue innumerevoli varianti, era del resto già comune sugli

scudi nella civiltà greca e romana, celtica e germanica” (Beniamino Maddimo di Dario –

op.cit.).

La differenza con lo scudo preso a paragone– oltre ai colori - è nel numero di

raggi: 8 per la Britannica, 16 per i Britones.

Il simbolo della legione secondo la Notitia Dignitatum

STELE DI M. ANTONIUS PHOEBUS (urbaniciano)

(seconda metà del I sec – prima metà del II sec.)

(disegno di Ligorio, la stele è andata perduta) NUMERI DISPONIBILI

5) LE COORTI URBANE 6) LA LANCIA DEL DESTINO 7) BURGH CASTLE 8) IL PERIODO ROMULEO 9) L’ARCO RACCONTA … LA CAMPAGNA D’ITALIA DI COSTANTINO 10) ZENOBIA, REGINA DI PALMIRA 11) 284-395, IL PRIMO TARDO IMPERO 12) IL PRETORIANO DI CRISTO 13) MAGNVS MAXIMVS 14) IL GIORNO DELL’ALLIA 15) I MISTERIOSI ARCANI 16) LA VIA DEL TRIONFO 17) L’ASSEDIO DI MASADA 18) DE REDITV SVO 19) I DUE VOLTI DELL’IMPERO ROMANO

20) L’ETRUSCO UCCIDE ANCORA 21) TERRA DESOLATA 22) SEGNALI DI FUOCO 23) CORNELIO IL CENTURIONE 24) LA BATTAGLIA DELL’ALLELUJA 25)395-476, IL SECONDO TARDO IMPERO 26) LE CARCERI DELL’ORRORE 27) TARRACINAE, OBSEDIT! 28)MEDIO IMPERO ROMANO 29)INDAGINE SU UN SOLDATO ROMANO DEL TERZO SECOLO 30)SOTTO PONZIO PILATO 31)UTUS 32) RIVOLTA NELL’URBE 33) TORTURA! 34)IL TRAMONTO DEGLI DEI

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