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il Giurista del Lavoro 20,3 Il mensile di giurisprudenza e dottrina giuslavoristica per la gestione del contenzioso agosto settembre Speciale La Riforma Fornero un anno dopo: l'intervento correttivo del Decreto Lavoro

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il Giurista del Lavoro 20,3Il mensile di giurisprudenza e dottrina giuslavoristica per la gestione del contenzioso

agostosettembre

SpecialeLa Riforma Fornero un anno dopo:

l'intervento correttivo

del Decreto Lavoro

La Riforma Fornero un anno dopo il Giurista del Lavoro

Il licenziamento disciplinare: le applicazioni giurisprudenziali post Riforma Forneroa cura di Luca Failla - Founding Partner Lablaw Studio Legale*

La presente trattazione si propone di illustrare gli orientamenti giurisprudenziali emersi a distanza di poco più di un

anno dall'entrata in vigore della Leqqe 28 fliuclno 2012, n.92 (c.d. Riforma Fornero) in merito al novellato art.18

dello Statuto dei Lavoratori.In particolare, di seguito, verranno esposte le prime soluzioni applicative ai nodi ermeneutici sin da subito

evidenziati in dottrina, con particolare riferimento al licenziamento disciplinare.Infatti, come è noto, per quanto riguarda i licenziamenti disciplinari, i criteri dettati dal nuovo art.18, L. n.300/70, ai

fini dell'applicazione della tutela reintegratoria o indennitaria, hanno posto e continuano a porre rilevanti problemi

interpretativi, rendendo incerta l'applicazione della norma.

Le conseguenze del licenziamento illegittimoPrima di addentrarci nel vivo della trattazione ed

esporre le conclusioni cui sono pervenuti i giudici, è

utile ricordare cosa si intende per licenziamento

disciplinare nonché esporre le modifiche introdotte

dal Legislatore del 2012 in merito all'art.18, L.

n.300/70, sottolineando - cosa fondamentale - la

ratio dell'intento normativo de quo. Come è noto, il

licenziamento disciplinare è il provvedimento "volto

a sanzionare un comportamento colposo o comunque

manchevole del lavoratore"4.

La maggior gravità della condotta del lavoratore,

sotto il profilo soggettivo e oggettivo, differenzia la

giusta causa dal giustificato motivo soggettivo, comedefinite rispettivamente dall'art.2119 c.c. e dall'art.3

della L. n.604/66s.È bene sottolineare che le modifiche introdotte dalla

c.d. Riforma Fornero non riguardano le nozioni di

giusta causa e giustificato motivo, quali parametri

della legittimità del recesso, essendosi il Legislatore

limitato a modificare il sistema sanzionatorio,

diversificandone e graduandone solo le conseguenze.

Infatti, in base al regime sanzionatorio del novellato

art.18 - che per orientamento unanime della

giurisprudenza di merito posi Fornero risulta

applicabile solo ai licenziamenti intimati dopo il 18luglio 20120 - la reintegrazione nel posto di lavoro

* Si ringrazia per la collaborazione l'Avv. Maria Chiara Costabile,

Associate Lablaw Studio Legale.4 AA.VV., Il rapporto di lavoro subordinato, in DMtto del lavoro,

Utet, Torino, 2013.5 Corte Appello Miÿano, 4 novembre 2009, in. Riv. critica dir. lav.,

2010, 1, 268; Cass. 7 maggio 2013, n.10550, in Diritto & Giustizia,2013, 7 maggio; Cass. 15 maggio 2004, n.9299, in Giust. civ. Mass.,

2004, 5, in senso sostanzialmente conforme Cass. 4 aprile 2006,

n.7844, in Guid. Lav., 2006, 25, 40.0 In questi termini: Tribunale Milano, ordinanza 14 novembre

2012; Tribunale Milano, 13 settembre 2012; Tribunale Milano, 17ottobre 2012; Tribunale Milano, 20 ottobre 2012; TribunaleMantova, 28 settembre 2012; Tribunale Napoli, 16 ottobre 2012;

non è più l'unica sanzione, essendo stata prevista la

sanzione di natura meramente risarcitoria in una

numerosa serie di ipotesi, il che corrisponde alla ratio

della Riforma di favorire la flessibilità in uscita.

Infatti, anche alla luce degli obiettivi posti nella

lettera della BCE del 5 agosto 2011, l'obiettivo

dichiarato dalla Riforma di creare maggiore flessibi-

lità in uscita è perseguito dal legislatore con il

superamento della previgente uniforrnità di sanzione

per ogni licenziamento illegittimo, per prediligere

una gradazione delle tutele (ciò si evince, del resto,

anche dalla rubrica dell'art.18, modificata da

"Reintegrazione nel posto di lavoro" in "Tutela del

lavoratore in caso di licenziamento illegittimo").

Come evidenziato in dottrina, la sanzione del

risarcimento del danno diviene la regola, rendendo

residuale la sanzione della reintegrazione nel posto

di lavoro7.

Occorre però rilevare che il novellato art.18 dello

Statuto dei Lavoratori, prevedendo un regime

sanzionatorio assai più articolato del precedente,

demanda alla magistratura del lavoro la valutazione

di taluni concetti (quali ad esempio l"insussistenza

del fatto contestato") così come di taluni elementi

(quali, ad esempio, la corrispondenza o meno del

licenziamento disciplinare alle previsioni della

contraffazione collettiva ovvero dei codici disciplinari

applicabili) di non sempre agevole interpretazione; ilche enfatizza ancor di più il ruolo interpretativo della

magistratura.

Tribunale Firenze, Linee guida 17 ottobre 2012; Tribunale Monza,Linee guida 30 ottobre 2012.7 In merito si vedano tra gli altri: A. Maresca, Il nuovo regime

sanzionatorio del Licenziamento illegittimo: le modifiche dell'art.18 Stat. lav., in RIDL 2012, I, pag.448; C. Cester, Il progetto di

riforma della disciplina dei licenziamenti: prime riflessioni, in Arg.Dir. Lav. 2012, pag.S69; A. Vallebona, La Riforma del lavoro 2012,

pagg.56 ss..

Speciale agosto - settembre 2013

La Riforma Fornero un anno dopo il Giurista del Lavoro

È d'uopo, pertanto, soffermarsi sulla nuova

disposizione di cui all'art.18 St. Lav., nonché sulle

statuizioni cui sono pervenuti i giudici nella prima

fase di applicazione della norma.

In caso di licenziamento disciplinare, in base alle

disposizioni di cui all'art.18 St. Lav., così come

modificato dalla Riforma Fornero, il giudice annulla il

licenziamento e reintegra il lavoratore unicamente

qualora accerti che non ricorrono gli estremi del

giustificato motivo soggettivo o della giusta causa:

"per insussistenza del fatto contestato";

perché "rifatto rientra tra le condotte punibili con

una sanzione conservativa sulla base delle

previsioni dei contratti collettivi ovvero dai codici

disciplinari applicabili".In tali ipotesi il giudice condanna altresì il datore dilavoro al pagamento di un'indennità risarcitoria

commisurata alla retribuzione globale di fatto dal

giorno del licenziamento sino all'effettiva reintegra-

zione entro un massimo di 12 mensilità di

retribuzione, dedotto (qualora provato) il c.d. aliunde

perceptum e percipiendum, oltre al versamento dei

contributi previdenziali e assistenziali.

Il rapporto di lavoro si intende risolto qualora il

lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta

giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso di

richiesta dell'indennità sostitutiva, commisurata in

15 mensilità (art.18, co.4 St. Lav.).

Il giudice "nelle altre ipotesi" (rispetto a quelle di cui

sopra) in cui accerta che non ricorrono gli estremi del

giustificato motivo soggettivo o della giusta causa -

ed è questa la parte della norma di maggiore novità e

anche di maggiore difficoltà applicativa - dichiararisolto il rapporto di lavoro dalla data del licenzia-

mento e liquida al lavoratore solo un'indennità

risarcitoria onnicomprensiva tra 12 e 24 mensilità

(art.18, co.5 St. Lav.).

Le problematiche derivanti dall'art.18 St. Lav. e le

soluzioni applicative da parte della giurisprudenza

Il tenore letterale della disposizione sin da subito ha

evidenziato le seguenti problematiche applicativeS:

1. l'interpretazione della nozione di fatto, la cui

insussistenza determina l'applicazione del regime

di reintegrazione;

2. l'individuazione delle ipotesi alle quali si applica

rispettivamente la tutela reintegratoria, ai sensi

del co.4 dell'art.18 St. Lav., e la tutela indennitaria,

ai sensi del co.5 dell'art.18 St. Lav.;

3. la persistente rilevanza del principio di proporzio-

nalità, in astratto e in concreto, della sanzione

disciplinare ai sensi dell'art.2106 c.c..

îÿÿ In merito alla prima problematica, dalle

pronunce emerge che i giudici, nella valutazione dellasussistenza o meno del "fatto" contestato, fanno

riferimento al c.d. fatto giuridico, non solo materiale,

ma disciplinarmente rilevante, tenuto conto anche

dell'elemento soggettivo (dolo, colpa). In questi

termini si è espressa la famosa ordinanza del

Tribunale di Bologna, emessa nella fase di prima

applicazione della L. n.92/12, lo scorso 15 ottobre, e

confermata dalla Corte d'Appello di Bologna con

sentenza 11 aprile 2013, n.6049. Nell'interpretazione

della citata norma - ad avviso di chi scrive svilendo la• 10finalità dell'intervento riformatore - il giudice

bolognese ha dichiarato illegittimo il licenziamento

disciplinare e, pertanto, disposto la reintegrazione

del ricorrente ai sensi dell'art.18, co.4, pur in

presenza della sussistenza materiale del fatto

contestato, accogliendo la tesi, sostenuta dalla difesa

del lavoratore, secondo cui la norma farebbe

necessariamente riferimento al c.d. fatto giuridico,

inteso come il fatto globalmente accertato,

nell'unicum della sua componente oggettiva e

soggettiva. Ad avviso del giudice non può ritenersi

che l'espressione "insussistenza del fatto contestato

utilizzata dal legislatore facesse riferimento al solo

fatto materiale, posto che tale interpretazione

sarebbe palesemente in violazione dei principi

generali dell'ordinamento civilistico, relativi alla

diligenza e alla buona fede nell'esecuzione del

rapporto lavorativo, posto che potrebbe giungere a

ritenere applicabile la sanzione del licenziamento

indennizzato, anche a comportamenti esistenti sotto

l'aspetto materiale ed oggettivo, ma privi

dell'elemento psicologico, o addirittura prividell'elemento della coscienza e volontà dell'azione".

8 In merito si vedano tra gli altri: R. De Luca Tamajo, Il

licenziamento disciplinare nel nuovo art. 18: una chiave di lettura,

in RIDL 2012, II, pag.lO68; M. Persiani, Il fatto rilevante per lareintegrazione del lavoratore illegittimamente licenziato, in ADL

n.1/13; A. Perulli, Fatto e valutazione giuridica del [atto nellanuova disciplina dell'art. 18 Star. lav.: ratio ed aporie dei concetti

normativi, in Arg. Dir. Lav. 2012; V. Speziale, La Riforma del

licenziamento: individuale tra diritto ed economia, in RIDL, 2012, I,

pag.560.

9 In merito si vedano tra gli altri: F. Carinci, Il Legislatore e il

giudice: l'imprevidente innovatore e il prudente conservatore, in

Arg. Dir. Lav. 2012, pag.776; A. Vallebona, La prima ordinanza sul

nuovo art. 18 della legge 300/19970: tanto rumore per nulla, inMGL 2012, pag.954.lo Si vecla altresì L. Failla, Prime applicazioni giurisprudenziali delnuovo art. 185t. Lav., in Lav. giur. n.12/12, pag.1200.

8Speciale agosto - settembre 2013

La Riforma Fornero un anno dopo il Giurista de] Lavoro

Anche l'ordinanza del Tribunale di Ravenna, emessa

il 18 marzo 2013, così si è espressa:

"la nozione di fatto valevole ai fini della scelta della

sanzione non può che comprendere tutto il fatto

nella pienezza dei suoi elementi costitutivi (sia

l'elemento oggettivo sia l'elemento soggettivo) alla

luce della nozione di giusta causa valevole nella

fattispecie considerata (secondo la legge ed il Ccnl).

E per fatto occorre intendere quello costituente

illecito disciplinare (integrante giusta causa) allaluce della fattispecie concreta (che si giudica in base

alla contestazione); la quale può includere (come

appunto nel caso di furto) oppure escludere una

specifica connotazione dolosa dell'elemento sogget-

tivo; salva sempre l'imputabilità della condotta (che

richiede la capacità naturale e con esclusione dei

casi di forza maggiore o caso fortuito). Ai Íini dellascelta della tutela (reale o indennitaria) nel

licenziamento disciplinare il giudice non può

guardare invece soltanto al mero fatto ipotizzato e

contestato dal datore; ma deve guardare allo stesso

fatto in relazione alla nozione di giusta causa; ed in

ipotesi di sussistenza di un fatto che non abbia

rilevanza come giusta causa egli non potrà che

concedere la reintegra, al pari del caso in cui il fatto

materiale non sussiste. Anche perché è del pari

evidente che, prescindendo dalla valutazione del

comportamento alla luce della sua qualificazione

giuridica (oggettiva e soggettiva), si autorizzerebbe

ogni sorta di contestazione; ovvero la contestazione

di qualsiasi sorta di fatto, anche di pezzi di fattogiuridico, o di fatti con scarso o nessun rilievo

" [7giuridico disciplinare .

Ancora, nello stesso senso si sono espresse le

ordinanze: Tribunale Manza, 4 marzo 2013; Tribunale

Palmi, 24 aprile 2013; Tribunale Roma, 4 aprile201311'

Sempre in merito all'interpretazione del riferimento

"insussistenza delÍatto', è da segnalare la singolare

pronuncia del Tribunale di Milano, ordinanza del 22

aprile 2013, con la quale il giudice, applicando la

tutela reintegratoria di cui al co.4 dell'art.18, ha

dichiarato l'illegittimità del licenziamento intimatoalla lavoratrice per la sua assenza ingiustificata di

oltre 4 giorni - fatto materialmente esistente - in

quanto il licenziamento non era stato preceduto

dalla contestazione circa l'assenza. Ad avviso del

giudice, tale omessa contestazione porterebbe a

ritenere tale fatto non disciplinarmente rilevante per

il datore di lavoro. Si legge nell'ordinanza:

"manca quindi totalmente un fatto disciplinarmente Irilevante e conseguentemente la fattispecie deve [

Iessere ricondotta alla categoria della insussistenza [

del fatto di cui all'art. 18, c. 4".

íÿ= O.uanto alla seconda problematica, il legislatore

ha previsto l'applicazione della tutela reintegratoria

anche nell'ipotesi in cui il fatto contestato, sebbene

materialmente esistente, sia tuttavia riconducibile a

una delle infrazioni per le quali la disciplina sindacale

prevede una sanzione conservativa: tale ipotesi

(alternativa a quella dell'insussistenza del fatto) di

"ingiustificatezza qualificata"12 consiste in un fatto

che rientra "tra le condotte punibili con una sanzione

conservativa sulla base delle previsioni dei contratti

collettivi ovvero dei codici disciplinari".

In merito, si può notare I'assonanza, sebbene con

una diversa valenza, con la disposizione di cui

all'art.30, co.3 della L. n.183/10, c.d. Collegato

lavoro: quest'ultima norma afferma che "nel valutare

le motivazioni poste a base del licenziamento, il

giudice tiene conto delle tipizzazioni di giusta causa e

di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi

di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente

più rappresentativi", laddove in base al dettato

normativo del vigente art.18, il giudice, una volta

accertato che la condotta contestata rientra tra le

ipotesi previste dalla contrattazione collettiva per le

multe o le sospensioni, "condanna" il datore di

lavoro alla reintegrazione del lavoratore.

Appare chiara, quindi, l'intenzione di assegnare

all'autonomia collettiva un ruolo cardine in materia

di licenziamenti, in linea peraltro con quanto previsto

per gli accordi di prossimità dall'art.8 del D.L.

n.138/11, convertito nella L. n.148/11.

AI riguardo, anche tenuto conto della frequente

genericità delle fattispecie disciplinari contemplatedai contratti collettivi e dai codici disciplinari13,

potrebbe non risultare di immediata comprensione

se il fatto concreto rientri tra le condotte punibili con

una sanzione conservativa.

Sul punto il Tribunale di Voghera, con ordinanza del

14 marzo 2013ÿ pare richiedere un'espressa

tipizzazione della condotta tra quelle per cui è

prevista una sanzione conservativa nel contratto

11 I licenziamenti disciplinari: irrazionafità normative e rimediinterpretativi in WP CSDLE Massimo D'Antona n.177/2013.

12 A. Vallebona, L'ingiustificatezza qualificata del licenziamento:

fattispecie e oneri probatori, in Dir Rei. Ind. n.3/12, pag.621.

13 Si veda, fra gli altri, A. Maresca, Il nuovo regime sanzionatario

del Licenziamento illegittimo: le modifiche dell'art. 18 Stat. lav." inRIDL 2012, I, pagg.449 ss.

9Speciale agosto - settembre 2013

La Riforma Fornero un anno dopo il Giurista del Lavoro

collettivo: nel caso di specie, riguardante

l'inadempimento da parte di una guardia giurata

delle procedure di segnalazione di eventuali furti,

non essendo la condotta accertata assimilabile ai

fatti per i quali la contrattazione collettiva prevede la

sanzione conservativa, il giudice ha ricondotto la

fattispecie nell'ambito del co.5 dell'art.18 St. Lav.

(ovvero nelle "oltre ipotesi") e condanna la

convenuta a un'indennità risarcitoria omnicompren-

siva determinata in 12 mensilità.

Sempre a titolo esemplificativo si consideri la

pronunzia del Tribunale di Milano del 28 gennaio

2013, con cui il magistrato ha dichiarato illegittimo illicenziamento disciplinare intimato a un autista per

aver causato un incidente, ritenendo che "si verto in

una ipotesi di indubbia sussistenza del fatto

contestato ma punibile con una sanzione

conservativa sulla base delle previsioni dei contratti

collettivi applicabili" (il riferimento è agli artt.32 e 29del Ccnl di settore, i quali rispettivamente prevedono

la sanzione del licenziamento per giusta causa "quale

sanzione "ultima" rispetto a quelle irrogate per le

precedenti violazioni, secondo un criterio di

proporzionalità" ed escludono "la riconducibilità

immediata del sinistro, pure causato per colpa del

lavoratore, alla sanzione del licenziamento in

tronco"), il tutto con conseguente reintegrazione del

lavoratore ai sensi dell'art.18, co.4, sr. Lav..

Da ultimo il Tribunale di Taranto, con ordinanza del 3

giugno 201314, ha aderito alla teoria sopra esposta

del "fatto giuridico", precisando che, ai fini della

valutazione della sanzione da applicare, si possono

distinguere i:

determinata di condotte. Ed a questo punto,

occorrerà ponderare adeguatamente la colpa del

lavoratore, graduandola con riguardo alla sanzione:

così grave da integrare una giusta causa o un

giustificato motivo soggettivo, sì da legittimare un

licenziamento in tronco o con preavviso; ovvero non

così grave, ma abbastanza grave da giustificare una

sanzione superiore a quello massima conservativa,

sì da fondare un licenziamento con preavviso e con

l'indennità risarcitoria', y

Nello stesso tempo il Tribunale di Taranto ha

affermato che:

"in assenza di codice disciplinare ed in mancanza,

nel contratto collettivo, di una graduazione di

condotte inadempienti e di sanzioni, occorre non di

meno ipotizzare una scala similare (ad opera del

giudice, che dovrà distinguere tra condotte

inadempienti che sarebbero astrattamente passibili

di licenziamento disciplinare e condotte, pur

inadempienti ma meno gravi, che sono

astrattamente passibili solo di sanzioni

conservative", y

íÿ. Quanto alla terza delle problematiche sopra

esposte si può sostenere, in base all'orientamento

giurisprudenziale e dottrinaleIs emerso a seguito

della Riforma, che il principio di proporzionalità di cuiall'art.2106 c.c. mantiene un ruolo fondamentale.

Sul punto, la citata ordinanza del Tribunale di

Ravenna così si è espressa:

"profili soggettivi dell'azione/omissione, quafi la

consapevolezza, Iqntenzionalità o il grado di dolo,

che attengono alla considerazione della sussistenza

del "fatto" dagli altri "elementi estrinseci e dalla

intrinseca gravità, oggetto di un vero e proprio

momento valutativo'. Infatti, in sede di valutazione

della giustificazione, si tratta di sussumere il fatto,

collocato nel contesto del rapporto, in una clausola

generale ex lege, giusta causa o giustificato motivo,

che di diritto resta aperta ad una serie non

determinata di comportamenti; successivamente, in

sede di applicazione della sanzione, si tratta di

riportare il fatto scorporato dal contesto del

rapporto, in una elencazione di previsioni

disciplinari, che di fatto risulta limitata ad una serie

"La questione del ruolo mantenuto dal principio di

proporzionalità all'interno del nuovo apparato di

tutela appare dunque più articolata di quanto possa

essere sembrato persino in sede legislativa al

momento della redazione dell' emendamento

espulsivo sull'art. 2106 c.c. dal corpo del testo di

riforma dell'art. 18. Infatti in primo luogo va

considerato come la stessa previsione di legge,

prescrivendo che dinanzi ad un fatto tipico punito

lievemente (da contratti collettivi ovvero da codici

disciplinari) il giudice debba applicare la reintegra,renda evidente come il giudizio di proporzionalità

abbia ancora mantenuto il suo valore essenziale

nella scelta della stessa tutela. Per disposizione

della legge quindi il giudice applica la reintegraquando il fatto tipico è punito lievemente (dacontratti collettivi ovvero da codici disciplinari). È

1« Citata in R. Riverso, I licenziamenti disciplinari: irrazionalitànormative e rimedi interpretativi, in WP CSDLE - "Massimo

D'Antona'.lT- n.177/13.

is In merito, tra gli altri, si veda M. Persiani rifatto rilevante per la

reintegrazione del lavoratore illegittimamente licenziato, in ADL2013.

10Speciale agosto - settembre 2013

La Riforma Fornero un anno dopo il Giurista del Lavoro

corretto inoltre ritenere che lo stesso criterio, per

identità di ratio, il giudice debba applicare quando il Ifatto tipico esista ma non sia in concreto grave in I

assenza di una qualsiasi tipizzazione come ipotesi di I

illecito nei contratti collettivi o nel codice Idisciplinare.

Conclusioni

Da quanto esposto sembrerebbe quindi che il

legislatore abbia affidato alla contrattazione

collettiva un ruolo importante nel delimitare il

campo di applicazione della tutela reintegratoria,essendo rimessa alle parti sociali l'individuazione

delle fattispecie punibili solo con una sanzione

conservativa, che, pertanto, laddove oggetto di

licenziamento, darebbero luogo alla tutela reale.

Da ciò appare chiaro che oggi più che mai vi è lanecessità nella prassi di una precisa focalizzazione sui

fatti che danno luogo al licenziamento, onde porre

tale provvedimento al riparo quanto meno dalla più

pesante sanzione della reintegrazione; in tale ottica

si rende opportuna una verifica e un continuo

aggiornamento da parte della contrattazione

collettiva, che dia maggiore puntualità e specificità

alle disposizioni in materia disciplinare.

Orbene, anche alla luce di quanto sinteticamente

illustrato, se è vero che la reintegrazione non è più"la" sanzione ma "una" sanzione e dunque non è più

la "regola", il grado di attuazione nel nostro Paese

del sistema sanzionatorio di tipo risarcitorio, di più

ampio respiro europeo, dipenderà in larga parte

dall'elaborazione giurisprudenziale relativa ai criteri

di applicazione della norma, i quali appaiono, come

evidenziato, purtroppo non sempre di agevole

interpretazione.

11Speciale agosto - settembre 2013