L’obbligo di repechage alla luce della nuova disciplina delle mansioni - Francesco Rotondi -...

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OPTIME - Formazione Studi e Ricerche Milano (Grand Hotel et de Milan) 17 febbraio 2017 Avv. Prof. Francesco Rotondi Founding Partner LABLAW Studio Legale 1 1 © Riproduzione riservata L’OBBLIGO DI REPECHAGE ALLA LUCE DELLA NUOVA DISCIPLINA DELLE MANSIONI (art. 2103 cod. civ. come riformato dal Jobs Act)

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OPTIME - Formazione Studi e Ricerche

Milano (Grand Hotel et de Milan)

17 febbraio 2017

Avv. Prof. Francesco Rotondi

Founding Partner

LABLAW Studio Legale

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L’OBBLIGO DI REPECHAGEALLA LUCE DELLA NUOVA

DISCIPLINA DELLE MANSIONI(art. 2103 cod. civ. come riformato dal Jobs Act)

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IL “REPECHÂGE”:

UNA (DATATA) “INVENZIONE” GIURISPRUDENZIALE

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Tesi:

IL LICENZIAMENTO COME “EXTREMA RATIO”

la prova della effettiva soppressione del posto non è sufficiente da

sola ad integrare gli estremi del giustificato motivo oggettivo

è necessaria anche la dimostrazione della inutilizzabilità aliunde del

lavoratore

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UNA GIURISPRUDENZA SCONFINATA

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Cass. 21.2.1978 n. 856; Cass. 15.9.1979 n. 4775; Cass. 14.6.1983 n. 4988;

Cass. 26.1.1984 n. 624; Cass. 8.3.1990 n. 1875; Cass. 28.11.1992 n.

12746; Cass. 3.6.1994 n. 5401; Cass. 2.3.1995 n. 2414; Cass. 14.9.1995 n.

9715; Cass. 26.10.1996 n. 9369; Cass. 27.11.1996 n. 10527; Cass.

13.10.1997 n. 9967; Cass. 23.10.2001 n. 13021; Cass. 21.12.2001 n.

16144; Cass. 15.11.2002 n. 10559; Cass. 11.4.2003 n. 5777; Cass.

16.5.2003, n. 7717; Cass. 22.8.2003 n. 12362; Cass. 27.2.2004 n. 4050;

Cass. 7.7.2004 n. 12514; Cass. 4.10.2004 n. 19837; Cass. 1.6.2005 n.

11678; Cass. 28.11.2008 n. 28449; Cass. 18.3.2009 n. 6522; Cass.

29.3.2010 n. 7531; Cass. 29.12.2011 n. 29579; Cass. 19.10.2012 n. 18025;

Cass. 23.5.2013 n. 12810; Cass. 12.9.2013 n. 20918; Cass. 12.2.2014 n.

3224; Cass. 3.3.2014 n. 4920; Cass. 8.3.2016 n. 4509; Cass. 11.10.2016 n.

20436; Cass. 9.11.2016 n. 22798; Cass. 21.12.2016 n. 26467; Cass.

12.1.2017 n. 618…

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I DUBBI INTERPRETATIVI “TRADIZIONALI”

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Il repechage è elemento costitutivo della fattispecie del

licenziamento per giustificato motivo oggettivo?

Su quale parte incombe l’onere di allegazione e prova del

repechage?

Inutilizzabilità aliunde solo in mansioni equivalenti o anche in

mansioni inferiori?

Qual è l’ambito spaziale del repechage?

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IL REPECHAGE È ELEMENTO COSTITUTIVO

DELLA FATTISPECIE DEL LICENZIAMENTO PER

GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO?

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“Il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un

notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro

ovvero da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del

lavoro e al regolare funzionamento di essa”

ATTIVITA’ PRODUTTIVA

Art. 3 L. 604/1966:

ORGANIZZAZIONE DEL

LAVORO

REGOLARE

FUNZIONAMENTO DI

ESSA

…REPECHAGE?

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ONERE DELLA PROVA

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IL “REPECHÂGE”: ONERE DI ALLEGAZIONE E PROVA

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A LUNGO HA PREVALSO UNA SOLUZIONE INTERMEDIA

Il giustificato motivo oggettivo È ESCLUSO quando risulti che il

lavoratore avrebbe potuto essere utilizzato proficuamente in un’altra

posizione

IL LAVORATORE È ONERATO di indicare quali sarebbero tali

posizioni alternative, così esonerando il datore di lavoro dal fornire

una probatio diabolica come sarebbe quella di dimostrare che, nella

sua organizzazione produttiva, non esistano altre possibilità di

utilizzare il lavoratore licenziato

… MA…

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«[…] Resta […] a carico del lavoratore, ricorrente in giudizio per ottenere

l’annullamento del licenziamento, l’onere di dedurre ed allegare, […] le

specifiche circostanze e ragioni costituenti i presupposti di tale azione. […]

Sarà poi onere del convenuto datore di lavoro, in opposizione alle suddette

deduzioni e allegazioni […] fornire la prova ai sensi della L. n. 604/1966 art.

5.

[…] Ove una siffatta possibilità di diversa utilizzazione (che costituisce

elemento di fatto certamente collegato, ma pur sempre differenziato e

distinto rispetto alle vere e proprie ragioni di carattere organizzativo,

produttivo e funzionale riferite alla attività aziendale dal citato art. 3) non sia

stata neppure allegata dal ricorrente tra gli elementi posti a fondamento

dell’azione e tra i presupposti della sua domanda, non v’è ragione logica

per cui il convenuto debba chiedere di provare la insussistenza di una

tale circostanza in quanto appunto nemmeno prospettata dalla parte

interessata a farla valere»

IL “REPECHÂGE”: ONERE DI ALLEGAZIONE E PROVA

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Cass. 23 ottobre 1998, n. 10559

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VICEVERSA: ONERE DI ALLEGAZIONE E PROVA

INTEGRALMENTE IN CAPO AL DATORE DI LAVORO

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LE RAGIONI

Principio di vicinanza della prova

Irragionevolezza di una dissociazione tra onere di allegazione e

onere della prova

L’esperimento dell’onere di repechage sarebbe un elemento

costitutivo della fattispecie del licenziamento per giustificato motivo

oggettivo (della prova della cui sussistenza, giusto il disposto

dell’art. 5 L. 604/1966, è onerato il datore di lavoro)

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IL “REPECHÂGE”: ONERE DI ALLEGAZIONE E PROVA

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Cass. 22 marzo 2016, n. 5592

«[…] la domanda del lavoratore è correttamente individuata, a norma dell’art. 414

cod. proc. civ., nn. 3 e 4, da un petitum di impugnazione del licenziamento per

illegittimità e da una causa petendi di inesistenza del giustificato motivo così

come intimato dal datore di lavoro, cui incombe pertanto la prova, secondo la

previsione della L. n. 604 del 1966, art. 5, della sua ricorrenza in tutti gli

elementi costitutivi, in essi compresa l’impossibilità di repechage: senza alcun

onere sostitutivo del lavoratore alla usa controparte datrice sul piano

dell’allegazione, per farne conseguire un onere probatorio (offrendogli, per così

dire, l’affermazione del fatto da provare. Si tratterebbe di una divaricazione

davvero singolare, in quanto inedita sul piano processuale, nel quale l’onere

della prova è modulato in coerente corrispondenza con quello dell’allegazione

[…]»

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MANSIONI EQUIVALENTI O MANSIONI

INFERIORI?

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Corte App. Roma 2.2.2016 n. 462:

L'onere della prova della impossibilità di "repechage" si risolve nella dimostrazione di

inesistenza di posti di lavoro disponibili in mansioni equivalenti, di regola a mezzo della

prova di non aver assunto per un congruo periodo altri prestatori di pari grado: onde poter

ritenere la possibilità di utilizzo parziale del lavoratore nella medesima posizione lavorativa

– se del caso ridotta con l'adozione del part-time – è necessario che le mansioni diverse da

quelle soppresse rivestano, nell'ambito del complesso dell'attività lavorativa svolta, una loro

oggettiva autonomia, non risultando cioè intimamente connesse con quelle (prevalenti)

soppresse

Cassazione civile, sez. lav., 12/09/2013, n. 20918

Posto che, ai fini della verifica della possibilità di repechage rilevano le mansioni equivalenti,

ove però i lavoratori abbiano accettato mansioni inferiori al fine di evitare il licenziamento,

la prova dell'impossibilità di repechage va fornita anche con riferimento a tali mansioni

Cassazione civile, sez. VI, 23/05/2013, n. 12810

L'onere del datore di lavoro di provare l'impossibilità di ricollocare il lavoratore da licenziare in

mansioni analoghe a quelle proprie della posizione lavorativa occupata, per quanto debba

essere inteso con elasticità, non può essere considerato assolto con la prova di aver

proposto al dipendente un'attività di natura autonoma, esterna all'azienda e priva di

qualsiasi garanzia reale in termini di flusso di lavoro e di reddito, specialmente se agli altri

dipendenti siano state offerte ben più valide alternative

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L’AMBITO SPAZIALE DEL REPECHAGE

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In presenza di un gruppo d'imprese, configurabile come un unico centro di

imputazione dei rapporti giuridici - come nel caso di specie - l'obbligo di

"repechage" riguarda tutte le imprese del gruppo e non solo l'impresa

dalla quale il lavoratore formalmente dipende, il tutto con un significativo

ampliamento dei margini di tutela per il lavoratore licenziato

L’AMBITO SPAZIALE DEL REPECHAGE

1515

MA: Tribunale Pescara, sez. lav., 11/07/2016, n. 694

L’ambito di riferimento dell’indagine sulla utilizzabilità del lavoratore da

“ripescare” è l’intera organizzazione del datore di lavoro (Cass. 4.10.2004

n. 19837)

…mentre…

non rileva la più ampia organizzazione del gruppo di imprese cui il datore

di lavoro fa parte

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Non è sufficiente ad integrare il giustificato motivo oggettivo di

licenziamento la semplice cessazione dell'interesse al distacco o la

soppressione del posto presso la società distaccata dovendo in ogni caso

essere verificati gli elementi costitutivi del giustificato motivo oggettivo

stesso con riferimento all'ambito aziendale del datore di lavoro (nella

specie la società distaccante), sul quale ricade anche l'onere probatorio

circa la impossibilità di repechage, in conseguenza della scelta di

procedere a tale licenziamento

IL REPECHAGE DEL LAVORATORE DISTACCATO

1616

Cass. 11.12.2013 n. 27651

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PROSPETTIVE DI UN NUOVO DIRITTO VIVENTE

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Il nuovo art. 2103 cod. civ.

Lo ius variandi del datore di lavoro può essere esercitato sempre

purché nell’ambito della categoria e dell’inquadramento.

Il nuovo sistema rimediale della Riforma Fornero (L. 92/2012) e,

soprattutto, del Jobs Act (D.Lgs. 23/2015)

La tutela ripristinatoria del posto di lavoro è gradualmente sostituita

dalla mera tutela economica e indennitaria

e, in giurisprudenza…

Cass. 7 dicembre 2016 n. 25201

Il datore di lavoro può licenziare un dipendente non solo in caso di

difficoltà economiche e in situazioni di ristrutturazioni aziendali

dettate da una congiuntura negativa, ma anche per una migliore

efficienza gestionale e per determinare un incremento della

redditività

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1)

LA MODIFICA DELL’ART. 2103 COD. CIV.

(art. 3 D.Lgs. 81/2015)

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Ma procediamo con ordine …

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Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato

assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia

successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime

effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione […] (art.

2103 c.c.)

IL MUTAMENTO DELLE MANSIONI PRIMA

DELLA MODIFICA DEL D. LGS. N. 81/2015

Scompare la nozione di equivalenza

19

Nella nuova versione

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1. Mutamento di mansioni unilaterale nello stesso livello e categoria,

senza diminuzione della retribuzione, senza alcuna limitazione

2. Mutamento unilaterale in un livello inferiore in caso di “modifica degli

assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del

lavoratore”, con la conservazione del livello di inquadramento e del

trattamento retributivo in godimento.

3. Possibilità di fare validi accordi di modificazione delle mansioni anche

in pejus in sede protetta

La riforma tocca il cuore della flessibilità organizzativa che rende

mobile l’oggetto del contratto di lavoro

COSA CAMBIA IN SINTESI

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Art. 3, comma 1, D. lgs. n. 81/2015 che ha modificato l’art. 2103 c.c. cosa prevede?

Dopo aver stabilito, in via generale che il lavoratore deve essere adibito alle stesse

mansioni per le quali è stato assunto o a quelle acquisite attraverso lo sviluppo del

proprio iter professionale, il legislatore dispone che lo stesso possa essere adibito a

“mansioni di pari livello all’interno della categoria di appartenenza, corrispondenti alle

ultime effettivamente svolte”.

Ai fini della modifica unilaterale delle mansioni sarà sufficiente che le mansioni siano

«riconducibili» allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime

effettivamente svolte

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NUOVO REGIME: MODIFICA UNILATERALE

DELLE MANSIONI

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MODIFICA IN PEJUS DELLE MANSIONI

Art. 3, comma 2, d.lgs. n. 81/2015 che ha modificato l’art. 2103 c.c. cosa prevede?

In caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del

lavoratore, lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di

inquadramento inferiore purché rientranti nella medesima categoria legale.

(senza diminuzione della retribuzione base, salvo indennità specifiche)

È possibile il mutamento di mansioni unilaterale in un livello inferiore:

- solo in caso di modifica assetti organizzativi;

- solo all’interno della medesima categoria legale (quadro, operai);

- ma la RAL resta immutata;

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Conseguenze:

ll giudice potrà solo valutare la i) sussistenza del presupposto organizzativo e ii) il

nesso di causalità come in tema di giustificato motivo oggettivo di licenziamento

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MODIFICA CONSENSUALE IN PEJUS DELLE MANSIONI

Art. 3, comma 6, d. lgs. n. 81/2015 che ha modificato l’art. 2103 c.c.

Nelle sedi protette di cui all’articolo 2113 c.c, ultimo comma, (…) possono

essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, del livello di

inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore alla

i. conservazione della occupazione, ii. all’acquisizione di una diversa

professionalità o iii. al miglioramento delle condizioni di vita.

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1. Conservazione dell’occupazione

Caso in cui, al di fuori di una procedura collettiva di riduzione del personale, il lavoratore

potrebbe essere destinatario di un provvedimento di recesso e pertanto accetta la modifica

della mansione.

In realtà, sono stati già conclusi molti accordi individuali di tale tenore dinnanzi alle sedi

protette.

2. Acquisizione di una diversa professionalità

Casi in cui, il lavoratore ha interesse a sviluppare un’altra professionalità cambiando

categoria di inquadramento.

3. Miglioramento delle condizioni di vita

Caso in cui il lavoratore accetta una modifica della mansione al fine di essere trasferito in

una unità produttiva aziendale più vicina alla sua abitazione.

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EFFETTI DELLA NUOVA NORMA SUL REPECHAGE

Occorrerà, in caso di contenzioso, dimostrare che nelle ipotesi di

modifica degli assetti organizzativi interni sia stato offerto un nuovo posto

di lavoro anche di livello inferiore.

In questo scenario interpretativo, la maggiore flessibilità gestionale del posto di

lavoro avrebbe come effetto indiretto quello di irrobustire la stabilità del

rapporto di lavoro.

LIMITE: non sarebbe ragionevole consentire che il lavoratore licenziato chieda

di essere assegnato a mansioni che richiedono professionalità non possedute e

che, di fatto, non saprebbe eseguire. Ciò se non altro perché, avendo lui stesso

preso l’iniziativa, non sarebbe ragionevole prevedere un diritto del lavoratore

all’adempimento di un obbligo formativo a carico del datore di lavoro (art. 2103,

comma 3, cod. civ.)

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2)

IL NUOVO SISTEMA RIMEDIALE AVVERSO IL

LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO

=

IL VENIR MENO DELLA TUTELA “REALE” DEL POSTO

LAVORO

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PARTIAMO DA UN ASSUNTO FACENTE PARTE DEL PATRIMONIO

GIURSPRUDENZIALE ORAMAI ACQUISITO…

E’ noto che in caso di licenziamento del dirigente d'azienda per esigenze di

ristrutturazione aziendali è esclusa la possibilità del repêchage in quanto

incompatibile con la posizione dirigenziale del lavoratore, assistita da un

regime di libera recedibilità del datore di lavoro (ex multis, Cass. 11.2.2013 n.

3157)

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E L’ATTUALE SISTEMA RIMEDIALE PER IL

PERSONALE NON DIRIGENZIALE?

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LA SCOMPARSA DEL RIMEDIO DELLA REINTEGRAZIONE NEL

POSTO DI LAVORO

2828

(assunti prima del 7.3.2015 – Riforma Fornero)

In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la tutela è

indennitaria salvo il caso in cui il Giudice accerti “la manifesta

insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per

giustificato motivo oggettivo”

(assunti a partire dal 7.3.2015 – Jobs Act)

La tutela è sempre e comunque indennitaria

TUTELA MERAMENTE INDENNITARIA = LIBERA RECEDIBILITA’

(VERSO IL “PREZZO” DI UN LICENZIAMENTO)

HA ANCORA RAGIONE DI ESISTERE, ALLA LUCE DI

UN’INTERPRETAZIONE SISTEMATICA DELL’ATTUALE SISTEMA

RIMEDIALE, LA GIURISPRUDENZA SUL REPECHAGE E

SULL’EXTREMA RATIO DEL LICENZIAMENTO?

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3)

CASS. 7 DICEMBRE 2016 N. 25201

29

e infine… i nuovi approdi della giurisprudenza di legittimità

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Un cambio di prospettiva

nella motivazione della sentenza è avvertita l’esigenza di evitare

che “il beneficio attuale per un lavoratore a detrimento

dell’efficienza produttiva possa piuttosto tradursi in un pregiudizio

futuro per un numero maggiore di essi” dovendosi tener conto che

“la prospettiva individuale del singolo rapporto di lavoro potrebbe

anche pregiudicare … l’intera comunità dei lavoratori dell’azienda

interessata”

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“in una pluridecennale giurisprudenza la Corte costituzionale ha

avuto occasione di affermare […] che nell'art. 4 Cost. non è dato

rinvenire un diritto all'assunzione o al mantenimento del posto di

lavoro; che l'indirizzo di progressiva garanzia del diritto del lavoro

previsto dall'art. 4 e dall'art. 35 Cost. ha portato nel tempo ad

introdurre temperamenti al potere di recesso del datore di lavoro;

che tuttavia tali garanzie sono affidate alla discrezionalità del

legislatore, non solo quanto alla scelta dei tempi, ma anche dei

modi attuazione, in rapporto alla situazione economica generale”

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“Ai sensi della L. n. 604 del 1966, art. 3, nella parte che qui rileva, "il licenziamento per

giustificato motivo... è determinato... da ragioni inerenti all'attività produttiva,

all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa".

L'interpretazione letterale della norma, da cui occorre necessariamente muovere, esclude

che per ritenere giustificato il licenziamento per motivo oggettivo debba ricorrere, ai fini

dell'integrazione della fattispecie astratta, un presupposto fattuale - che il datore di lavoro

debba indefettibilmente provare ed il giudice conseguentemente accertare - identificabile

nella sussistenza di "situazioni sfavorevoli" ovvero di "spese notevoli di carattere

straordinario", cui sia necessario fare fronte.

Dal punto di vista dell'esegesi testuale della disposizione è sufficiente che il licenziamento

sia determinato da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al

regolare funzionamento di essa, tra le quali non possono essere aprioristicamente o

pregiudizialmente escluse quelle che attengono ad una migliore efficienza gestionale o

produttiva ovvero anche quelle dirette ad un aumento della redditività d'impresa.

Non è quindi necessitato che si debba fronteggiare un andamento economico negativo o

spese straordinarie e non appare pertanto immeritevole di considerazione l'obiettivo

aziendale di salvaguardare la competitività nel settore nel quale si svolge l'attività

dell'impresa attraverso le modalità, e quindi la combinazione dei fattori della produzione,

ritenute più opportune dal soggetto che ne assume la responsabilità anche in termini di

rischio e di conseguenze patrimoniali pregiudizievoli”

Un cambio di prospettiva

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“è oggettivamente giustificato il licenziamento del dipendente che sia stato

attuato allo scopo di sopprimere una posizione lavorativa ancorché per

ridurre i costi ancorché le mansioni già assegnate al dipendente licenziato

vengano affidate ovvero distribuite fra altri soggetti (siano essi lavoratori

dipendenti o no della stessa impresa), dato che, in tal caso, il recesso è

strettamente collegato "all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro ed

al regolare funzionamento di essa", elementi questi, in relazione ai quali non

può essere sindacata la scelta operata dal datore di lavoro, essendo la

stessa espressione della libertà di iniziativa economica garantita dall’art. 41

Cost.. Opinare diversamente significherebbe affermare il principio,

contrastante con quello sancito dal richiamato art. 41, per il quale

l'organizzazione aziendale, una volta delineata, costituisca un dato non

modificabile se non in presenza di un andamento negativo e non, anche ai

fini di una più proficua configurazione dell'apparato produttivo, del

quale il datore di lavoro ha il "naturale" interesse ad ottimizzare

l'efficienza e la competitività” (Cass. 10672/2207; Cass. 12094/2007)

Invero l’evoluzione di un ben preciso (e già

esistente) orientamento giurisprudenziale

32

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Apparentemente la sentenza della Suprema

Corte di Cassazione non prende posizione sul

c.d. obbligo di repechage

… ciononostante …

La sentenza tenta di scardinare il principio per cui non può essere in incluso

nel “regolare funzionamento” dell’ “organizzazione del lavoro” (art. 3 L.

604/1966) il principio della necessaria sussistenza di una qualche crisi

aziendale al fine di procedere alla soppressione del posto di lavoro MA

ALLORA, A MAGGIOR RAGIONE, NON SEMBRA ESSERVI APPIGLIO

ALCUNO PER SOSTENERE LA SUSSISTENZA DELL’OBBLIGO DI

REPECHAGE.

IL REPECHAGE NON È ELEMENTO

COSTITUTIVO IL G.M.O.!

33

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GRAZIE !

Avv. Prof. Francesco Rotondi

[email protected]

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