Il GIORNALOTTO - Milano

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Dedicato al Preside Giordano Liceo Volta _ Aprile 2013 Anno 13° _ Numero 4_ € 0,00 in Italia (€ 500,99 all’estero) Facebook page: Il Giornalotto - [email protected] Il GIORNALOTTO The DAYALOT Le JOURNALOT El HYORÑALOTO DIESLOTTUS L e chiavi, le chiavi, dove diavolo sono? Eccole lì, devo sbrigarmi, perché è così dannatamente tardi? Slalom, scarpe, ombrello, borsa in spalla “ciao, a stasera” non sento nemmeno la risposta, mi buo sulle scale, passi rapi- di, il rumore mi trapana il cervello! “Buongiorno”, sì anche a lei, cavolo il pavimento era bagnato, ho riempito tuo l’androne di impronte, ma chi si mee a lavare il pavimen- to all’alba? Mah! Aria fresca, fredda. Non mi sento più le dita, ho dimencato i guan! Porco mondo la filovia mi sfila davan veloce, cos’era lì ad aspeare dietro l’angolo che arrivassi per potermi passare soo il naso? Ha il verde, lei, rosso io, e pareva! Corro. Mannaggia la cartellea! Le chiavi nnnano nella borsa che mi sta cadendo giù dalla spalla, “scusi”, “permesso”. Dai, dai rallenta un po’, non lasciarmi a piedi, sono già in ritardo! Busso. Non apre. Poffarbacco. La panchina è gelida, barbello dal freddo ed è orribil- mente tardi. Un’anziana signora mi guarda in tralice con uno sguardo che esprime tuo il suo disappunto per il mio aspeo trafelato. Evidentemente non è mai arrivata tardi in vita sua. Ecco la filovia dall’altra parte della piazza. Si ferma dieci volte avendo a disposizione solo tre semafori. Scienficamente impossibile, sfortunatamente una certez- za. Con placida tranquillità arriva alla fermata. Rigurgita gente. Tre gradini, hop, sono sopra. Caldo asfissiante, odore di sudore e prezzemolo (oggi è giorno di mercato), urla di bambini che si contendono l’ulmo posto. I sedili in fondo sono rigorosamente prenota dai soli ragazzi senzateo che si fermano lì a dormire perché non sanno dove altro andare. Li vedo svegliarsi, si sracchiano. Poi mi offrono il loro posto. Penso al leo caldo da cui sono uscita poco fa e rifiuto. Una figlia con la mamma mi tramorsce con il suo voluminoso e sproporzionato zaino delle… Barbie, Winx? Non saprei. Un paio di ragazzi più avan stanno ripassan- do… lano. Sbircio il libro, sono in prima, ancora. Devo scendere, dlin, spintone a destra, sinistra, mi abbasso e guadagno l’uscita. Si respira. Una moto dà gas esaamente soo il mio naso. Si respira, dicevo. Uh, passa il tram! Altra corsea scaante da oantenne con la sciaca, a giudica- re dall’agilità. Hop due gradini e salto su. Mi accascio sul sedile. Questa giungla mi distrugge. Chiudo gli occhi. Devo scendere. Raccolgo la borsa, la cartellea, tre passi, balzo giù, “verso il centro” rispondo confusamente a chi mi chiede dove è direo il tram. Duecento metri mi separano dalla meta. È quasi faa! Passi rapidi, la borsa sbae sulla gamba e le chiavi nnnano. Apro energica- mente la porta, salgo in un paio di balzi i pochi scalini, cor- ridoio di corsa - dai dai! - altre scale - una vita di scale! - pochi metri, dai forza, la porta è già chiusa, bruo segno, la ro verso di me e il mio viso fa capolino nella classe. “Foglieo verde!”. L’orologio segna le 8.11. Abbasso la te- sta. Le forze del male hanno vinto ancora. Qual è il punto? Tuo ciò l’avrà sicuramente provato la maggior parte di voi che leggete queste poche righe, simili a uno sfogo, per tante, troppe mane. Spesso la no- stra scuola faa di corridoi, ripide scale, orari, ritardi, mo- duli, giusficazioni e ancora lezioni su programmi che ra- sentano l’inulità e sanno di stano, interrogazioni e verifi- che estenuan sembra offuscare completamente il mes- saggio che invece mol dei nostri professori vorrebbero ardentemente lanciarci. E se, invece, disgraziatamente, non ci dovesse essere alcun significato educavo dietro alle loro parole o se noi non fossimo in grado di coglierlo, allora è proprio compito nostro dare un senso all’epopea che affronamo ogni giorno e alle cinque ore che poi pas- siamo qui dentro. Per alcuni sarà il desiderio di eccellere, per altri la voglia di meersi alla prova o di costruirsi un futuro, altri decideranno di scrivere su ques fogli, di suo- nare, cantare o preparare torte per la mostra di creavità. Fao ciò, non penso sarà più facile trovare la forza di usci- re dal piumone la mana, ma forse, almeno, riuscirà a es- sere un pochino più piacevole. Epopea dello studente COSA AVEVAMO DETTO SUL MANDARE TARDI GLI EDITORIALI? E ANCHE SULL’AVERE UNA FIRMA IN COPERTINA? Il caporedattore: Giorgio Bondì 4H Il Direttore Agnese Anzani 4F

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Dedicato al Preside Giordano Liceo Volta _ Aprile 2013

Anno 13° _ Numero 4_ € 0,00 in Italia (€ 500,99 all’estero) Facebook page: Il Giornalotto - [email protected]

Il GIORNALOTTO The DAYALOT

Le JOURNALOT

El HYORÑALOTO

DIESLOTTUS

L e chiavi, le chiavi, dove diavolo sono? Eccole lì, devo sbrigarmi, perché è così dannatamente tardi? Slalom, scarpe, ombrello, borsa in spalla “ciao, a stasera” non

sento nemmeno la risposta, mi butto sulle scale, passi rapi-di, il rumore mi trapana il cervello! “Buongiorno”, sì anche a lei, cavolo il pavimento era bagnato, ho riempito tutto l’androne di impronte, ma chi si mette a lavare il pavimen-to all’alba? Mah! Aria fresca, fredda. Non mi sento più le dita, ho dimenticato i guanti! Porco mondo la filovia mi sfila davanti veloce, cos’era lì ad aspettare dietro l’angolo che arrivassi per potermi passare sotto il naso? Ha il verde, lei, rosso io, e ti pareva! Corro. Mannaggia la cartelletta! Le chiavi tintinnano nella borsa che mi sta cadendo giù dalla spalla, “scusi”, “permesso”. Dai, dai rallenta un po’, non lasciarmi a piedi, sono già in ritardo! Busso. Non apre. Poffarbacco. La panchina è gelida, barbello dal freddo ed è orribil-mente tardi. Un’anziana signora mi guarda in tralice con uno sguardo che esprime tutto il suo disappunto per il mio aspetto trafelato. Evidentemente non è mai arrivata tardi in vita sua. Ecco la filovia dall’altra parte della piazza. Si ferma dieci volte avendo a disposizione solo tre semafori. Scientificamente impossibile, sfortunatamente una certez-za. Con placida tranquillità arriva alla fermata. Rigurgita gente. Tre gradini, hop, sono sopra. Caldo asfissiante, odore di sudore e prezzemolo (oggi è giorno di mercato), urla di bambini che si contendono l’ultimo posto. I sedili in fondo sono rigorosamente prenotati dai soliti ragazzi senzatetto che si fermano lì a dormire perché non sanno dove altro andare. Li vedo svegliarsi, si stiracchiano. Poi mi offrono il loro posto. Penso al letto caldo da cui sono uscita poco fa e rifiuto. Una figlia con la mamma mi tramortisce con il suo voluminoso e sproporzionato zaino delle… Barbie, Winx? Non saprei. Un paio di ragazzi più avanti stanno ripassan-do… latino. Sbircio il libro, sono in prima, ancora. Devo scendere, dlin, spintone a destra, sinistra, mi abbasso e guadagno l’uscita. Si respira. Una moto dà gas esattamente

sotto il mio naso. Si respira, dicevo. Uh, passa il tram! Altra corsetta scattante da ottantenne con la sciatica, a giudica-re dall’agilità. Hop due gradini e salto su. Mi accascio sul sedile. Questa giungla mi distrugge. Chiudo gli occhi. Devo scendere. Raccolgo la borsa, la cartelletta, tre passi, balzo giù, “verso il centro” rispondo confusamente a chi mi chiede dove è diretto il tram. Duecento metri mi separano dalla meta. È quasi fatta! Passi rapidi, la borsa sbatte sulla gamba e le chiavi tintinnano. Apro energica-mente la porta, salgo in un paio di balzi i pochi scalini, cor-ridoio di corsa - dai dai! - altre scale - una vita di scale! - pochi metri, dai forza, la porta è già chiusa, brutto segno, la tiro verso di me e il mio viso fa capolino nella classe. “Foglietto verde!”. L’orologio segna le 8.11. Abbasso la te-sta. Le forze del male hanno vinto ancora. Qual è il punto? Tutto ciò l’avrà sicuramente provato la maggior parte di voi che leggete queste poche righe, simili a uno sfogo, per tante, troppe mattine. Spesso la no-stra scuola fatta di corridoi, ripide scale, orari, ritardi, mo-duli, giustificazioni e ancora lezioni su programmi che ra-sentano l’inutilità e sanno di stantio, interrogazioni e verifi-che estenuanti sembra offuscare completamente il mes-saggio che invece molti dei nostri professori vorrebbero ardentemente lanciarci. E se, invece, disgraziatamente, non ci dovesse essere alcun significato educativo dietro alle loro parole o se noi non fossimo in grado di coglierlo, allora è proprio compito nostro dare un senso all’epopea che affrontiamo ogni giorno e alle cinque ore che poi pas-siamo qui dentro. Per alcuni sarà il desiderio di eccellere, per altri la voglia di mettersi alla prova o di costruirsi un futuro, altri decideranno di scrivere su questi fogli, di suo-nare, cantare o preparare torte per la mostra di creatività. Fatto ciò, non penso sarà più facile trovare la forza di usci-re dal piumone la mattina, ma forse, almeno, riuscirà a es-sere un pochino più piacevole.

Epopea dello studente

COSA AVEVAMO DETTO SUL MANDARE TARDI GLI EDITORIALI? E ANCHE SULL’AVERE UNA FIRMA IN COPERTINA?

Il caporedattore: Giorgio Bondì 4H

Il Direttore

Agnese Anzani 4F

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DEDICATO AL

PRESIDE GIORDANO... Nell’intestazione de “Il Giornalotto” si legge: “dedicato al preside Giordano”. Forse qualcuno di voi si sarà chiesto chi fosse e perché “Il Gior-nalotto” gli viene dedicato. Ho deciso di scrivere queste righe — e di questo ringrazio la Reda-zione che mi ospita su questo numero — per-ché è trascorso parecchio tempo da quando l’ultimo studente che ha conosciuto il preside Giordano è uscito dal “Volta”.

Incontrai il prof. Ferdinando Giordano nel 1974, quando ero studente al “Leonardo da Vinci”. Insegnava storia e filosofia nella classe accanto alla mia. Mi colpì il fatto che era sempre attor-niato dagli studenti, con cui si intratteneva, par-tecipando a discussioni molto impegnate su te-mi storici, sulla visione del mondo e di politica, che in quegli anni era molto presente a scuola, spesso creando contrapposizioni ideologiche anche molto accese. Pur non essendo stato u-no dei miei insegnanti, ricordo che un paio di volte venne nella nostra classe per una sup-plenza: i miei compagni ed io notammo subito l’apertura al dialogo con gli studenti e la sua ca-rica umana, non disgiunte da autorevolezza e fermezza.

Seppi che divenne preside del “Volta” nel 1980, l’anno successivo alla mia uscita dal liceo. Do-po aver scelto la strada dell’insegnamento, giunsi al “Volta” per una supplenza breve nel 1991. Rimasi molto sorpreso per il fatto che, nonostante fossi lì per sole 6 ore settimanali e per un paio di mesi, mi volle conoscere: non mi era mai accaduto nelle esperienze precedenti. Il preside Giordano era una persona molto cor-tese, aveva sempre considerazione per l’inter-locutore, anche nei momenti del dissenso, dove spesso usava un’ironia molto pungente. Sotto la sua presidenza, il “Volta” divenne il liceo co-nosciuto come lo è oggi. Tornai al “Volta” per

un’altra supplenza nel ’92 e, superato il concor-so, venni poi immesso in ruolo. A parte una pa-rentesi di due anni, da allora sono sempre stato al “Volta” e in tutti quegli anni ebbi col preside Giordano dei piacevolissimi scambi di idee e opinioni sui temi di attualità, di politica e natu-ralmente sulla scuola, come i suoi studenti di allora. Questo accadeva con cadenza quasi quotidiana, al mattino prima delle lezioni, verso le otto meno venti, alla macchinetta del caffè, che offriva sempre a chi era presente. Aveva un forte senso dell’ironia, che usava per contra-stare le difficoltà quotidiane del lavoro e una spiccata capacità di leggere rapidamente le si-tuazioni mentre si venivano delineando.

Il 26 maggio di quest’anno ricorre il decimo an-niversario della sua morte. Si tolse la vita fa-cendo una scelta estrema che poteva solo es-sere accettata, con dolore e sgomento di molti: insegnanti, studenti, il personale e i genitori, ol-tre naturalmente ai suoi familiari. Ai suoi funera-li credo fossero presenti tutti gli studenti del “Volta”, oltre a centinaia di ex studenti e genito-ri. È stata sicuramente una persona molto sti-mata professionalmente ma soprattutto umana-mente, per il rapporto che aveva con gli studen-ti, gli insegnanti e per la passione che aveva per la scuola. Sovente ricordava che “Prima che insegnanti (e studenti) si è cittadini e uomi-ni”. Stimolava gli studenti a impegnarsi nello studio e in ciò che credevano, nel rispetto del luogo e delle ragioni per cui erano lì. “Il Giorna-lotto” è il risultato di una di queste mediazioni.

Personalmente vorrei infine esprimere la mia gratitudine al preside Giordano perché qui ho avuto l'opportunità di crescere professional-mente e di sentirmi considerato e stimato. Il preside Giordano ha saputo dare dignità alla figura dell'insegnante.

prof. Paolo Sarti

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IL PARTITO DELLA COMUNICAZIONE

breve analisi sull'uso della comunicazione di Grillo

Grillo non va in TV.

Falso.

Grillo non va di persona nei programmi

televisivi, ma in TV ci è andato e ci va an-

cora. Eccome se ci è andato!

Durante le elezioni quasi non c'era giorno

in cui non si parlasse di lui.

Riprese dei comizi, immagini dal blog, re-

soconti dei messaggi inviati via twitter.

Eppure mai una volta è andato di persona

ad un qualche programma televisivo.

Com'è possibile che un personaggio poli-

tico di tale calibro (che tra l'altro si dichia-

ra contro i media tradizionali) appaia

sempre in televisione senza mai andarci

fisicamente?

Per due motivi. Il primo è dovuto a un

vincolo di legge, la famosa par condicio

che obbliga i media a dare spazio a tutti i

candidati alle elezioni; il secondo dipende

dalla semplice necessità economica dei

mezzi di comunicazione: ogni uscita di

Grillo genera sempre più ascolti, interes-

se pubblico, fino a favorire la sua vittoria

elettorale.

E il Movimento 5 Stelle ne è pienamente

consapevole e sfrutta l'obbligo di legge e

la necessità commerciale dei media, ma

alle proprie condizioni.

Infatti è il Movimento a dettare l'agenda ai

media e non il contrario.

Alcuni esempi:

-Grillo fa l'analisi del voto sulla sua web-tv

invece che con conferenze stampa, comu-

nicati, apparizioni televisive e i media so-

no comunque costretti a riprenderlo.

-il Movimento 5 Stelle risponde a Bersani

su un accordo post-voto attraverso twitter

(in questo modo, sebbene il contenuto

conti più della forma, Grillo ha il controllo

sia del contenuto sia della forma)

Pertanto la televisione funge da cassa di

risonanza (gratuita e solo apparentemen-

te non richiesta) per le proposte e le ma-

nifestazioni del Movimento 5 stelle.

E Grillo per primo s'è adoperato puntando

sulla comunicazione, tenendo sempre

“acceso” il Movimento, con dirette video

dal palco delle sue manifestazioni, servizi

fotografici e commenti sui maggiori e-

venti politici del paese, cercando di rag-

giungere un pubblico molto più vasto di

quello che sostiene direttamente il Movi-

mento.

E se qualcuno si perdesse il comizio in di-

retta? Niente paura, viene subito pubbli-

cato il video su YouTube.

Ad aumentare l'effetto positivo della stra-

tegia ci sono altri due fattori:

1) l'intera campagna è stata realizzata cri-

ticando i rimborsi pubblici ai partiti con il

risultato che la comunicazione non è stata

percepita come uno spreco.

2) la comunicazione appare frutto di en-

tusiasmo e volontariato.

E tutto ciò senza contare il suo continuo

dare del tu a chi lo ascolta, il rispondere

agli elettori sui vari social media, l'essere

sempre in mezzo alla gente, ponendosi

come un primus inter pares.

Che dire? Ancora una volta, il giusto uso

dei media (social e no) si è dimostrato

l'arma vincente delle elezioni.

Anna Valsecchi 2L

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ItalIa plautIna

La MeretrixQuesta ve la dico io: l’elettorato. Chi altro poteva essere la causa scatenante della commedia? Noi, sì proprio noi. La donna amata, la meretrix, la ra-gazza così agognata di cui comunque tanto spes-so ci si dimentica, distratti dalla stessa confusio-ne che pure per lei stessa è generata. E poi finisce proprio come prima, no? Tutti i personaggi della commedia ci corteggiano e corrono di qua e di là per noi, ma chiunqua ne esca vincitore, il finale resta lo stesso: rimaniamo incul... ehm... andia-mo oltre.

L’AdulescensIl ragazzo: innamorato pazzo, un po’ romantico e un po’ tonto. Che dovrebbe per sua natura essere l’amante della meretrix eppure non ci riesce, for-se è un tantino troppo innamorato e ha la testa tra le nuvole. Insomma, ci prova ci prova e mai ci riesce! Col mandolino, la camicia sbottonata, tutto un piano complicatissimo per la serata, pen-sato e ripensato mille volte, manda poi puntual-mente a puttane per quelle due metafore!

Il LenoneQuesta è facile, dai, il lenone: il capo del bordello, il commerciante di schiave. Il personaggio che più si intromette tra l’adulescens e la meretrix. Beh, fate voi, sono vent’anni che s’intromette! Furbo e ingannatore, l’unico punto positivo è che inevita-bilmente nelle commedie di Plauto alla fine è con-dannato alla sconfitta e allo sbeffeggio... chissà mai che...

Il ServusAll’inizio non gli avreste dato un soldo, eppure ora è il motore della vicenda, anche più della me-retrix stessa forse. Tutti lo cercano e nessuno ca-pisce come facciano a riuscirgli così bene tutti gli inganni. Fa parlare un sacco e tutti si agitano per i suoi colpi bassi. In Plauto lavora per l’adulescens sì, però nella mia visione è più un “contro tutto e

tutti” che non si piega a nulla e continua testardo nel suo lavoro distruttivo e burlesco. Serve altra descrizione?

SenexPersonaggio di dubbia appartenenza, a volte sag-gio e severo e a volte ridicolizzato per gli scar-so risultati ottenuti con tanta austerità. Forse sì, potrebbero esserlo più di uno. A volte cerca di aiutare l’adulescens, impartendo un po’ della co-noscenza che non si impara sui libri e a volte è invece colui che con il lenone più s’oppone ai pia-ni del ragazzo. Insomma figura duplice, duplice riferimento.

Il Miles GloriosusTronfio e vanesio. Offre i suoi servigi vantando le migliori abilità militari e sempre viene smasche-rato nel mezzo dell’azione per il truffatore che è in realtà. Abilità militari... o attestati accademici... fate voi!

La MatronaLa matrona alla Romana, possessiva, invasiva e pesante. Una suocera pratica-mente, che si arrabbia sempre, autoritaria e despotica. Le sue sfuriate se le becca quasi sempre il se-nex, che ne rimane un po’ indispettito, ma non può far più di tanto. Mi pare di sentirla, con il suo accentino dolce dol-ce, pronta a calar furia e tempesta sul palco.

Simone Paci 5°G

Non facciamo che lamentarci. È diventato la nostra forma espressiva più frequente ormai, la lamen-tela. Da paese “là dove ‘l sì suona” l’Italia è oggi praticamente diventata il paese dove ‘l sì borbotta.

Sbuffiamo come una vecchia pentola a pressione, e in fin dei conti sono vent’anni che cuociamo, e neanche a fuoco tanto lento! Però a mio parere, arrivati ad un tal punto, converrebbe cambiar filo-sofia. Troviamo una strada diversa! Allora, l’abbiamo capito che la politica non ci viene tanto bene, no? Basta. Non la facciamo più. In fin dei conti è inutile continuare a sbatterci la testa. Anche i nostri politici, non cavano un ragno dal buco: cambino mestiere. Invece che in televisione io li vedrei bene per esempio sul palcoscenico. No? La drammaticità c’è, la finzione c’è, l’eseguire alla perfezione un copione imparato a memoria, visto e rivisto migliaia di volte c’è: c’è tutto! Anzi già li vedo, sul palco, con il silenzio del pubblico, con le maschere di cartapesta e i fondali di cartone. Una commedia. Una commedia Plautina. Ci sono tutti i personaggi-tipo , sapete? Seguitemi allora in questo piccolo esperi-mento, e vediamo se beccate chi è chi, nel gioco delle parti di questa Italia così Plautina.

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Tindaro  Granata,  è  un  giovane  a1ore  siciliano  nato  a  Scala  di  Pa7  nel  1978.  Non  è  “figio  d’arte”  ma  ha  intrapreso  una  carriera  nel  mondo  dello  spe1acolo  solo  grazie  alle  sue  forze,  dunque  è  un  grande  esempio  di  uomo  che  lo1a  per  i  propri  desideri.  Ha  recitato  in  vari  spe1acoli  fra  cui  “L’Eracle”  nel  2008,  “Fedra”  nel  2012,  “La  Rosa  Bianca”  di  Lilian  Groag  e  in  un  suo  spe1acolo,  “Antropolaroid”.  

(Tindaro  entra  ,midamente  nell’aula,  cercando  di  nascondersi  dietro  la  piccola  figura  della  professoressa  Castagne9,  (probabilmente  era  spaventato  da  un  pubblico  così  giovane),  ma  è  bastata  una  domanda  e  una  figuraccia  di  un  alunno  per  farlo  me?ere  a  proprio  agio)

Come  e  quando  nasce  in  te  la  passione  per  il  teatro?  A  15  anni,  nel  ’93,  comprai  un  giornale  ed  accanto  mi  accorsi  del  giornale  “Ciak”,  che  in  facciata  comprendeva  anche  100  coperUne  precedenU  e  lo  comprai.  Nonostante  la  mia  famiglia  volesse  che  io  facessi  archite1ura,  in  quel  momento  decisi  che  avrei  fa1o  teatro.  La  scelta  ovviamente  non  era  approvata  dai  miei  genitori.  Così  all’età  di  18  anni  scappai  di  casa  e  andai  a  Roma  a  cercare  di  intraprendere  la  carriera  di  a1ore.  In  ma7nata  lavoravo  in  un  negozio  di  scarpe,  poi  dalle  7  a  sera  tardi  seguivo  i  corsi  di  teatro.  In  questo  modo  mi  autofinanziavo.  

Come  hai  portato  avan5  la  tua  scelta  nonostante  avessi  tu6  e  tu7o  contro?  Da  giovane  nel  mio  paese  leggevo  molto,  avevo  una  passione.  Inoltre  prendevo  anche  molU  film  sull’argomento  (teatro)  e  ne  discutevo  con  

TINDARO GRANATA L ‘ attore siciliano che per il suo sogno scappa di casa.

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la  mia  professoressa.    Così  mi  sono  informato  e  documentato.

Abbiamo  assis5to  alla  tua  interpretazione  nello  spe7acolo  “La  Rosa  Bianca”  (informiamo  l’ignorante  le.ore  che  la  Rosa  Bianca  è  stato  un  giovane  gruppo  di  resistenza  al  nazismo)  in  cui  recitavi  la  parte  del  signor  Probst,  5  sei  immedesimato  in  questo  personaggio?Amme1o  di  non  essermi  facilmente  immedesimato  nel  ruolo,  perché  il  mio  personaggio  era  l’unico  dei  ragazzi  della  “Rosa  Bianca”  ad  avere  tre  figli,  ed  io  mi  sento  ancora  figlio  piu1osto  che  un  padre.  Lo  senUvo  dunque  lontano  da  me.  In  generale  i  personaggi  più  semplici  sono  quelli  finU,  non  reali,  dei  quali  ognuno  si  fa  un’idea  e  può  interpretarli  a  modo  proprio.  Al  contrario,  i  personaggi  realmente  esisUU  sono  quelli  più  difficili  da  interpretare  poiché  bisogna  cercare  di  coglierne  gli  aspe7  più  profondi  e  riproporli  nel  modo  più  veriUero  possibile  cercando  di  portare  in  scena  anche  sé  stesso.    (Ora  che  Tindaro  ha  capito  che  siamo  un  gruppo  di  studen,  scapestra,  prende  confidenza  e  si  siede  sullo  schienale  della  sedia)  

Come  si  entra  nel  mondo  dello  spe7acolo?L’unico  modo  è  studiare,  studiare  tanto.  Sono  importanU  anche  la  fortuna  e  la  capacità  di  credere  nelle  cose  che  si  fa.  Spesso  nel  cinema  conta  molto  la  figura,  ma  in  teatro  è  diverso:  conta  il  saper  parlare  ed  urlare,  che  vengono  molto  più  facili  se  studi.  Inoltre  bisogna  frequentare  tanto  il  teatro,  per  conoscere  le  tecniche  e  affiancarsi  a  persone  famose  che  U  possano  far  entrare  nell’ambito.  

Per  concludere  quest’intervista,  una  frase  per  noi  giovaniVoi  potete  sbagliare.  Potete  scegliere.  Per  voi  c’è  speranza.  

Laura Castellano, Paola Conorelli, Vito Terranova e Giacomo Gianola di 2G.

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Green Economy Oggi si parla tanto di rilanciare la crescita. Prima di tutto però bisognerebbe rivedere che cosa si intende per crescita. Perché con il sistema attuale un’impre-sa per essere in crescita dovrebbe ogni anno au-mentare il proprio fatturato, il che si può ottenere in due modi: o si diminuiscono i costi di produzio-ne (il che sempre più spesso vuol dire diminuire i salari o licenziare), o si aumentano ogni anno le vendite. Ma a un certo punto come è chiaro a tutti si satura il mercato, perché, arrivati a un certo pun-to, Marchionne non può vendere le auto ai marzia-ni! Con un numero finito di risorse sarà difficile crescere all’infinito! Detto questo, io credo, che l’unico sviluppo possi-bile oggidì è quello sostenibile. E lo dimostrano i dati: in questo anno di crisi in Italia gli unici settori ad essere in crescita sono stati l’agricoltura e la gre-en economy. Entrambi possono aiutare alla risolu-zione della disoccupazione, soprattutto tra i giova-ni, ma purtroppo sono troppo spesso ignorati dai nostri politici. Ma cos’è questa benedetta green e-conomy? Comprende il settore delle energie rinno-vabili come anche l’edilizia verde. Il primo è in net-ta crescita in Italia e ora deve affrontare la sfida di essere competitivo anche senza gli incentivi statali (grandemente diminuiti di recente). Il secondo comprende tutti quelli interventi di costruzione ma anche di riqualificazione volti a un minore impatto dell’uomo sull’ambiente. Se si pensa che più del 50% del consumo medio di energia di un cittadino italiano è dato dal riscaldamento della casa, è pale-se quanta energia si potrebbe risparmiare se tutte le abitazioni fossero di classe energetica A (cioè meno dispendiose). Per quanto riguarda i consumi la se-conda voce riguarda l’auto (circa il 30% del totale). Ecco perché è importante investire per il futuro sul-l’auto elettrica (ancora poco competitiva) e soprat-tutto su piste ciclabili e trasporti pubblici. Per esem-pio viaggiando in treno si consuma l’80% di ener-gia in meno che in auto. E inoltre è bene sapere, dato davvero incredibile, che il 7% di tutta l’ener-

gia primaria mondiale è consumato dai veicoli dei soli Stati Uniti. La sfida più importante è quella che riguarda la produzione di energia. Tra il 2020 e il 2030 si stima che si arriverà al picco di estrazione del petrolio da cui inizierà una rapida fase di declino con vertigi-noso aumento dei prezzi. Siccome l’economia glo-balizzata si basa sul basso costo del petrolio, biso-

gna pensare a come ovviare al problema. Innanzi-tutto, cosa che si può fare già adesso, bisognerebbe privilegiare, laddove si può, il commercio locale. Mi spiegate che senso ha che l’Italia produca dei kiwi destinati alla vendita in Germania piuttosto che negli Stati Uniti e i consumatori italiani mangi-no i kiwi importati dalla Nuova Zelanda? Dietro evidentemente ci sono delle logiche di mercato che fanno comodo soprattutto alle grandi multinazio-nali, ma il tutto appare alla persona comune come una cosa senza senso. Dietro al costo del prodotto finito si celano meccanismi che noi neanche imma-giniamo, ma una domanda dovrebbe sorgere spon-tanea: perché, per esempio, se il frumento costa poco più di 20 centesimi al chilo il pane in panette-ria costa in media a Milano 4 euro al chilo se per produrlo sono necessari solo acqua, farina di fru-mento e lievito? Perché nel prezzo finale ci sono tutti i costi dei trasporti, della pubblicità, i profitti delle multinazionali cerealicole e quant’altro. Comunque tornando al problema dell’energia biso-gna capire come colmare quel fabbisogno che in breve tempo il petrolio non sarà in grado di copri-re. Il nucleare, oltre che pericoloso, è senz’altro il metodo di produzione di energia più costoso: te-nendo conto delle esternalità, come smaltimento delle scorie e costi sanitari (si pensi alle percentuali di tumori nelle aree vicino alle centrali nucleari) i costi diventano davvero esorbitanti, e poi ci sono altri problemi come i rischi d’uso a scopo militare e l’esauribilità dell’uranio. Escludendo il carbone, che è quanto di più dannoso per l’ambiente ci sia (si sta cercando di ovviare al problema di produzio-ne di CO2, ma per ora non ci sono le tecnologie), non resta che puntare sulle energie rinnovabili. Le rinnovabili sono diverse: l’idroelettrico, l’eolico, il solare, il geotermico e le biomasse. L’idroelettrico è già abbastanza sfruttato e non si prevedono grandi sviluppi se non piccolo idroelet-trico, per cui basta un piccolo dislivello altimetrico (per esempio potrebbero essere sfruttate le alzaie dei canali di irrigazione). L’eolico e il solare sono invece in grande sviluppo (il solare cresce del 70% l’anno) ma per ora coprono un’ancora minoritaria parte del fabbisogno in Italia e nel mondo. Il solare è in Italia il più promettente, dato il clima, ma manca una filiera industriale, cioè gran parte dei pannelli installati sono prodotti o in Cina o in Ger-mania. Eppure le piccole aziende nel settore non

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mancano, andrebbero solo incentivate. I pannelli si suddividono in solari termici (per la produzione di calore) e fotovoltaici (per la produzione di energia elettrica). L’uso migliore che se ne può fare è l’in-stallazione sui tetti degli edifici o sulle microstrut-ture (un lampione, un semaforo). A mio avviso sbagliato è invece la creazione di campi solari che sottraggono terreno all’agricoltura (a quel punto ha più senso metterli nei deserti o in terreni non fertili e abbandonati). Gli impianti fotovoltaici sono do-tati di una batteria in grado di accumulare il sur-plus di energia prodotto durante il giorno (a meno che non sia particolarmente nuvoloso) e di renderlo usufruibile nella notte. Oppure l’impianto può esse-re collegato alla rete elettrica e quindi il proprieta-rio viene pagato dal gestore della rete per l’ecceden-za di energia che gli cede durante il giorno e paga invece l’energia che riceve dalla rete per il consumo notturno. La tecnologia più promettente nel campo del solare è il fotovoltaico a concentrazione. Con degli specchi si concentrano i raggi sul pannello, con una piccola superficie di pannello è quindi pos-sibile produrre moltissima energia. Questa e molte altre tecnologie saranno disponibili a breve accre-scendo l’efficienza e la competitività del solare. Tuttavia bisogna dire che già adesso un pannello fotovoltaico ha una durata di trent’anni e nell’arco di 2 o 3 anni restituisce i costi di produzione e in-stallazione, mentre una centrale nucleare richiede minimo quindici anni per restituire tutto il suo co-sto complessivo. Detto questo vari sono i problemi a cui trovare soluzione, come il riciclo del silicio che serve per le celle fotovoltaiche, che ovviamente non è infinito e la cui produzione ha dei costi ener-getici piuttosto alti. Anche di eolico ne esistono vari tipi. L’idea di fon-do comunque è la stessa dei mulini a vento: sfrutta-re l’energia del vento per produrre lavoro (in questo caso elettrico). Delle “nuove rinnovabili” è la più diffusa. In Europa già più del 12% dell’energia elet-trica è prodotta coll’eolico, il primato spetta alla

Danimarca (20% del proprio fabbisogno), seguita da Spagna (12%) e Germania (7%). In grande diffu-sione sono gli impianti off-shore. Tanti sono i pregi dell’eolico, primo fra tutti il costo. Infatti tra tutti i modi di produzione di energia è quello che ha mi-nor payback time, cioè ci mette meno tempo a ripa-gare i costi di produzione e di installamento. Inol-tre occupa pochissimo suolo, può coesistere perfet-tamente coi terreni agricoli e non emette inquina-mento termico nell’ambiente. Il problema del ru-more delle pale è già stato ampiamente risolto. È anche bene sapere che il costo sanitario dell’eolico è stimato intorno agli 0,2 centesimi di euro per kWh di fronte a una cifra 30 e 15 volte maggiore per il carbone ed il gas. Infine ci sono il geotermico (di cui non starò a par-lare) e le biomasse. Le biomasse sono combustibili di origine naturale come per esempio gli scarti del-l’agricoltura, quindi producono gas serra (non sono perciò così green) però sono materiali che in un tempo più lungo si decomporrebbero producendo comunque CO2. Certo un uso eccessivo produrreb-be molta CO2, ma un uso moderato è da preferire all’uso di combustibili fossili o alla combustione di tali scarti nelle discariche o inceneritori. Un altro capitolo riguarda i biocarburanti come il bioetano-lo (diffuso in Brasile in sostituzione della benzina) ottenuti dai prodotti agricoli. Anche qui però biso-gna stare attenti a non sottrarre prodotti al consu-mo alimentare quando ancora oggi milioni di per-sone muoiono di fame nel mondo, né incorrere nel peccato anch’esso grave di deforestare a manetta per ottenere suolo per le monocolture finalizzate alla produzione di biocarburanti. Come avete visto il problema energetico è ben più complesso di quanto uno possa immaginare, ma i presupposti per una svolta verso un’economia sem-pre più green ci sono e fanno ben sperare. Bisogna tener conto che con il perfezionamento delle tecno-logie le energie rinnovabili non possono che diven-tare meno costose. Infatti l’eolico, il solare e l’idro-elettrico sfruttano risorse gratis e non sono vincola-te dai costi crescenti delle materie prime come il nucleare coll’uranio. Come ha detto Obama “il Pa-ese che svilupperà le energie rinnovabili sarà la na-zione leader del ventunesimo secolo”. L’importan-te comunque è che ciascuno di noi abbia a cuore il nostro pianeta, consapevole del fatto che tutto ciò che si fa contro di esso va contro noi stessi e tutto ciò che si fa per il suo bene porta al bene dell’uma-nità. Uno sviluppo sostenibile è l’unica strada che possiamo percorrere per lasciare un futuro ai nostri figli, nipoti e quanti altri vivranno su questo pianeta

Lorenzo Sala 4D

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LA TERZA REPUBBLICA:LA TERZA REPUBBLICA:LA TERZA REPUBBLICA:LA TERZA REPUBBLICA:

GRILLO, RENZI E...BERLUSCONIGRILLO, RENZI E...BERLUSCONIGRILLO, RENZI E...BERLUSCONIGRILLO, RENZI E...BERLUSCONI Gli elettori italiani riescono sempre a sorprendermi,

non c'è che dire da questo punto di vista. Una per-

sona normale, dove per normalità intendo essen-

zialmente la capacità di distinguere ciò che è etico

da ciò che invece calpesta il senso della civiltà, si

sarebbe aspettata che dopo il caso Ruby

(prostituzione minorile), dopo il caso Mondadori

(corruzione) o quello di Dell'Utri (braccio destro del

cavaliere, condannato per associazione mafiosa),

tanto per citarne alcuni, certi soggetti non avrebbe-

ro mai più avuto il consenso delle masse. Perché ad

un certo punto il Tg4, Mediaset e Il Giornale non

bastano come giustificazione per il "popolino" che

poco capisce di politica. Che poi, sarà il caso di par-

lare di popolino quando, numeri alla mano, si parla

di quasi dieci milioni di consensi, poco meno di un

terzo dei votanti? Io credo che il tempo delle scuse

sia finito: a questo punto posso solo pensare che

certe questioni quasi siano state introiettate dalla

massa, che un certo tipo di politica è divenuta tal-

mente frequente da risultare ovvia, da assumere

l'aspetto dell'unica politica possibile. Ho quindi po-

che altre parole da aggiungere riguardo alle elezio-

ni appena concluse, almeno per ciò che concerne il

centrodestra. Ormai, il mio punto di vista è uno e

uno solo: finché campa, di Silvio Berlusconi non ci

libereremo mai. Non c'è legge morale, non c'è leg-

ge civile, non c'è scandalo, non c'è processo, non

c'è crisi, non c'è nulla che può combattere il suo

potere: quello dei soldi, quello dell'informazione,

quello di aver plasmato il popolino a sua immagine

e somiglianza.

Mi piacerebbe però occuparmi di due questioni

molto più recenti. La prima, recentissima, ovvero le

conseguenze dello tzunami grillino in queste prime

settimane di non governo. Sempre ricollegandomi

alla normalità a cui facevo riferimento, un'altra co-

sa che mi stupisce è l'inesistente memoria storica

dell'elettorato italiano. Nel 1993 Bettino Craxi, or-

mai ex presidente del consiglio, usciva dall'albergo

in piazza Navona scortato dalla polizia e sommerso

da insulti e lanci di monetine da parte di una folla

inferocita: era la fine della prima repubblica. Nel

frattempo, un simpatico galantuomo sceglie di

"scendere in campo ed occuparsi della cosa pubbli-

ca" perché non vuole più "vivere in un paese illibe-

rale, governato da forza immature e da uomini le-

gati a doppio filo ad un passato politicamente ed

economicamente fallimentare". Così, l'anno succes-

sivo, quell'uomo della provvidenza diventa l'onore-

vole Silvio Berlusconi: era l'inizio della seconda re-

pubblica, di quel ventennio in cui destra e sinistra

hanno privatizzato la democrazia. Se oggi siamo

quello che siamo, lo dobbiamo a quell'uomo e ai

suoi sogni, alle sue speranze e ai suoi orizzonti: lo

dobbiamo anche ai suoi colleghi onorevoli, ma che

dico, onorevolissimi, di destra e di sinistra. Ma lo

dobbiamo soprattutto all'elettorato che stufo della

vecchia classe dirigente ha scelto una "rivoluzione

liberale": il prodotto di quella rivoluzione, fallita sul

nascere, è la classe dirigente peggiore che la storia

italiana ricordi, in termini di cultura e (in)

competenza.

Oggi come allora siamo sull'orlo di una rivoluzione:

questa volta, in campo non è sceso un simpatico

imprenditore ma un vero e proprio comico di pro-

fessione (e non è un caso che di politica oggi se ne

occupino i comici, forse tale situazione è anch'essa

un prodotto del processo che ha portato questa

classe politica alla guida del paese). Beppe Grillo,

sull'onda di uno tzunami politico e sociale (e pure

qui, il paragone con l'acclamata rivoluzione liberale

viene spontaneo) promette di mandare tutti a casa,

destra e sinistra; rifondare il paese partendo dallo

smantellamento di ogni istituzione. Spazio ad

internet, al wi-fi, all'impatto zero, ai giovani. Ora, a

Grillo va quantomeno dato il merito di aver rispet-

tato, fino a questo punto, i propri impegni elettora-

li; la situazione di stallo, incertezza e paura che sta

vivendo l'attuale realtà politica italiana è frutto di

un disegno politico che Grillo e il M5S hanno rispet-

tato per filo e per segno. Nessun patto, accordi solo

se fate come diciamo noi, governo solo se in mano

nostra. Pensare che c'è, anche fra gli elettori del

Movimento, chi si scandalizza di fronte a tale ceci-

tà, a tale insensibilità politica che di certo non giova

alla grave situazione sociale in cui verte il paese. Mi

chiedo come mai questo atteggiamento susciti una

tale indignazione: sembra quasi che nessuno abbia

mai ascoltato o letto una parola di ciò che il M5S

prometteva di fare. Questa è l'ennesima dimostra-

zione di come sia facile conquistare l'elettorato, o

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meglio di come esso si sia fatto ridicolmente abbin-

dolare: interi comizi in piazza, quantità di paginate

nei blog, nulla ha avuto l'impatto che ha avuto la

promessa di una rivoluzione. Lo slogan

"mandiamoli a casa" ha avuto più successo dell'in-

tero programma elettorale del M5S. Forse siamo

talmente abituati alle bugie che non solo votiamo

ciò che sembra più assurdo, ma lo facciamo anche

con la consapevolezza che quell'assurdo mai si veri-

ficherà. E qualora invece esso venga attuato, a sca-

pito di tutto il resto (della formazione di un gover-

no, ad esempio), rimaniamo di sasso. D'accordo,

Grillo ha promesso la rivoluzione, lo tzunami; d'ac-

cordo, il Movimento non scende a patti con nessu-

no, li mandiamo a casa tutti; d'accordo, per questo

lo votiamo. Poi, nel momento in cui il Movimento

non scende a patti con nessuno per davvero, ecco

che lì ci si indigna, abituati come siamo a promesse

elettorali che mai si verificano. Il mio punto di vista

è che le rivoluzioni non portano mai a qualcosa di

buono; perché un sistema cambi in senso positivo,

è necessario che si verifichi un processo di cambia-

mento culturale, sociale e politico, in questo ordi-

ne. Un processo di questo tipo comporta dunque

tempi molto lunghi, e non c'è tzunami o rivoluzione

che possa portare alle stesse conseguenze (invito

fra l'altro a riflettere sull'utilizzo del termine tzuna-

mi). E poi non basta essere onesti; per governare,

per compiere delle scelte che influenzano il futuro

di un intero paese (e dell'Europa) bisogna anche

essere capaci. Montanelli diceva che l'Italia è l'uni-

co paese in cui c'è stata la controriforma senza ri-

forma, e mai come ora queste parole sembrano

appropriate.

L'altra questione riguarda il centrosinistra (ed è con

sommo dispiacere che scrivo "centro", ma in Italia

tant'è, la sinistra da sola proprio non riesce a stare).

Mi hanno colpito le ultime dichiarazioni di Matteo

Renzi: "Se devono fare un'allenza, Berlusconi si fida

molto più di d'Alema e Bersani che non dei nuovi

innesti nel Pd. [...] Se devono fare qualcosa, lo fac-

ciano, altrimenti si torni alle urne".

Ora, premesso che non sono mai stato un estimato-

re di Renzi, per usare un eufemismo; ma di fronte

ad una tale pugnalata alle spalle devo ammettere

che il dolore per Bersani l'ho provato anche io. Cre-

do che se Renzi si fosse veramente reso conto del

delicato momento in cui si trova Bersani, il Pd e l'I-

talia intera, certe affermazioni non le avrebbe mai

fatte pubblicamente. Prima di tutto, per una que-

stione di lealtà e rispetto di fronte a colui che guida

il partito di cui è parte: in fondo, Bersani ha sempre

ammesso di considerare molto positivamente l'ap-

porto di Renzi al partito, e la dimostrazione c'è sta-

ta prima, durante e dopo le primarie (che Bersani

ha vinto ma in cui Renzi non è mai stato messo in

ombra). In secondo luogo, perché ha espresso un

pensiero che non coincide nemmeno per una virgo-

la con quelle che sono le direttive dell'attuale diri-

genza del Pd, che tutto sta cercando di fare proprio

per non andare al voto. Vorrei riportare le parole

del direttore de "l'Unità", Claudio Sardo: "[..] Grillo,

con la sua chiusura totale sulla formazione del nuo-

vo governo, ha fin qui dilatato il potere di interdi-

zione di Berlusconi [...] allo scopo di punire Bersani

e spingere il Pd verso l'intesa con il Pdl. [...] Renzi

ha detto che, arrivati a questo punto, il Pd deve

scegliere tra un accordo esplicito con il Pdl e le ele-

zioni anticipate. Insomma, l'ipotesi cancellata è

proprio la proposta di Bersani: un governo di cen-

trosinistra che affronti, provvedimento dopo prov-

vedimento, i numeri critici in Senato [...]".

Infine, credo che Renzi abbia commesso un errore

anche perché non possiamo prevedere ciò che ver-

rà fuori dalle elezioni, così come pochi erano riusciti

a capire che le elezioni passate avrebbero decreta-

to la fine del bipolarismo con l'ingresso del M5S,

creando uno stallo perfetto fra quelli che sono ora i

tre principali partiti d'Italia. Così come stanno le

cose, probabilmente il Pd avrebbe un ulteriore per-

dita di consenso; questa impasse politica è vista

come una colpa principalmente di Bersani, che non

vuole dialogo con il Pdl ma che cerca il dialogo con

il M5S, che però a sua volta non dialoga con nessu-

no. Non credo che per il partito e per la sinistra

convenga indire nuove elezioni. Come spiegare

dunque il comportamento di Renzi? Forse si po-

trebbe candidamente ed ingenuamente affermare

che l'Obama di Firenze non guarda ai suoi interessi

né a quelli del partito, ma all'interesse degli italiani.

Il problema è che l'interesse di un partito che si

candida al governo, che si pone come obiettivo la

guida del paese, dovrebbe coincidere esattamente

con quello degli italiani. Per cui sono due le conclu-

sioni che riesco a trarre; la prima è che in fondo

Renzi non creda al progetto del centrosinistra. La

seconda, è che Renzi non aspetti altro che il falli-

mento di Bersani per candidarsi egli stesso alla gui-

da del partito, in un eccesso di protagonismo che

ricorda molto quello del Cavaliere.

Davide Skenderi 5GDavide Skenderi 5GDavide Skenderi 5GDavide Skenderi 5G

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MANIFESTO DEL PARTITO CONSUMISTA?Scaffali in file ordinati completamente occupa-ti da prodotti di centinaia di marche e varietà diverse, scaffali e scaffali in migliaia di stabi-limenti, in migliaia di paesotti e cittadine... E magazzini, e panetterie, e ristoranti, e ovunque abbondanza. Ovunque ci si giri: abbondanza colorata di etichette, di alimenti variopinti, ab-bondanza inscatolata, pubblicizzata, ordinata, stipata, venduta, comprata... E quel che avan-za? Quel che avanza è abbondanza di rifiuti, materiale di accrescimento per l’immondizia degli scarichi...Cartelloni in fila per le strade , facce ordinate come sui ripiani di un supermercato, piatte sulla carta, affiancate da simboli colorati, variopinti, bianchi e blu o tricolori: dei partiti, dei politici, a centinaia, per le strade, alla radio, negli studi dei programmi televisivi, alle conferenze stam-pa, sui giornali, sulle riviste di gossip...Sono a migliaia nelle amministrazioni di quar-tiere, di zona, cittadine, provinciali, regionali, al governo, migliaia di sedie scaldate da sederi sudati di oziosi farabutti (per lo più) spesso an-che corrotti...A migliaia anche i divorzi e le separazioni, que-ste unioni che non durano, queste famiglie sparse tra diverse case, questi figli con fratella-stri di qua e di là, matrigne e patrigni, la fami-glia moderna, io a Natale, tu lo tieni a Pasqua, lo lascio al fidanzato nel week-end, ti presen-to i figli della ragazza di mio padre, quello é il marito di mia madre e il mio papà ha una nuova fidanzata, l’altra l’ha lasciato... Inconti-nenza sessuale. Sei sfigato se a 16 anni non hai ancora dato un bacio, se a 18 non hai provato l’ebbrezza del sesso, a cosa credi che servano le macchinette di preservativi giù n palestra? Oggi mi faccio quella, domani forse tocca a te. Dell’amore vero cosa importa? Meglio quello usa getta, questo “ti amo per sempre” ma solo fino a marzo che poi inizia la primavera cambio vestiti cambio anche te...Quel che importa è il desiderio del momento.

File di automobili, file di case e di palazzi, file di prodotti e offerte e saldi, file di negozi di vestiti, file di palestre e studi di cosmetica ed estetica, file di canali televisivi, file di foto sui social-net-work, file di sapori e di misure per i preserva-tivi, file di politici buffoni, file di pazienti nelle sale d’attesa degli psicologi, che fanno affari in quest’epoca dei disagi interiori, degli squilibri mentali, del bisogno insoddisfatto cronico, del consumismo commerciale, culturale, politico e sessuale...Nell’epoca del consumismo UNIVERSALE.Troppa scelta, troppi bisogni provocati dall’offer-ta, dal BISOGNO di stare al passo coi tempi,ma quali tempi e quale passo? Questa sete inappa-gabile di cambiare, di cambiare le regole, le leg-gi, le religioni... Cosa vogliamo? Cosa cerchia-mo, di cosa abbiamo davvero bisogno? Io ho un sogno: che un giorno i figli di coloro che furono maschere televisive e di coloro che furono perseguitati da queste maschere, pos-sano correre assieme liberi sui campi vergini di Milano 2 liberi dalle pressioni pubblicitarie.Io ho un sogno: che un giorno persino il fisco e il potere finanziario, colmi di ingiustizia, colmi dell’arroganza dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia e il fisco colpirà solo gli evasori e la finanza non speculerà sui derivati.Io ho un sogno: che i miei amici vivranno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore delle mutande o la marca dei loro ordigni elettronici, ma per la qualità del loro carattere e del loro pensiero!Liberi dagli spot pubblicitari, dal consumismo totalitario, dall’ipocrisia dei mondi virtuali, dal populismo, dalle bustarelle e dalle gonnelle dei politici!

Aurora Servadio 5F

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Benvenuto Presidente 6.5/10Premettendo che dopo aver visto il trailer (e va bene, diciamolo!, anche dopo che Bisio ce l’ha raccontato in cogestione!) ho pensato “Che figata di idea! Che figata di idea! Che figata di idea!”, alla fine della pellicola sono rimasto un po’... pensieroso. L’ultima commedia di Riccardo Milani cavalca l’onda (o forse sarebbe meglio dire lo tsunami?) delle critiche alla politica Italiana

attuale e porta il pescatore Giuseppe Garibaldi, o come preferisce lui Peppino, al Quirinale (certo, non sarà il primo pescatore a ricoprire una delle alte cariche della città eterna, però l’idea è carina, no?). L’intento prin-cipale del film è esplicita-mente dichiarato nei primi due minuti e seguito con zelo per tutta la sua durata: da una parte l’ingenuità e la semplice onestà di Peppino e dall’altra i tre cattivi corvac-ci, i macchiavellici politicanti di turno. Il contrasto tra le due realtà è reso bene, fino a divenire angosciante nella opprimente e aperta dison-està dei tre (sembra a tratti

di rivivere la scena di Totò nei panni di Antonio La Trippa, a tavola che discute delle elezioni con i suoi “sponsor”). Se è lodabile l’intuizione del film e l’in-terpretazione di Bisio, che Peppino lo fa davvero bene, dall’altra parte ci si può rammaricare di una regia che non cerca poetica nella rappresentazione dei fatti e di una sceneggiatura che non sfrutta a fondo le potenzialità del soggetto. Il film non scorre liscio, e solo facendosi distrarre dalla estrema naturalezza della recitazione degli attori ci si può dimenticare dell’andamen-to meccanico e della facile retorica su cui si basano molte scene. Il problema principale è la scelta di coprire un periodo temporale lungo e di utilizzare molte sequenze, molte scenette “all’Italiana”, che narrino gli eventi. Spesso il film corre per non dilungarsi troppo, ad una velocità quasi da trailer, e accumula dove dovrebbe limare. Il risultato è una sorta di collage che però non sempre funziona e finisce per mancare di continuità. Insomma rimane un po’ di delusione, perchè “Benvenuto Presidente” non trova la forza per diventare un nuovo “Habemus Papam”. Però De Gustibus, in fin dei conti a me ha anche fatto ridere e per questo gli salvo un 6 e mezzo.

Battuta Migliore:

Peppino: “Mio nonno era bersagliere!”Comandante: “Anche lei è bersagliere!”Peppino: “Ah sì?” (e parte una delle scene più belle, perchè più oniriche e genuine: la carica del presidente con i bersaglieri dietro che continuano a suonare)

Il Grande e Potente Oz 8/10Sam Raimi è uno dei mag-giori registi cult della scena cinematografica Americana. Solo da registi del suo cali-bro e del suo grado di “sana follia” ci possiamo aspettare un salto da horror a film d’animazione -- o quasi -- nel giro di qualche anno (follia a cui dobbiamo capolavori d’inventiva come il ciclo de “La Casa”, Evil Dead per i suoi estimatori anglofoni). Dopo averci fatto rivivere nel 2009 i brividi dei suoi lavori giovanili con “Drag me to hell” Raimi confeziona ora il prequel a uno dei maggiori film simbolo degli Stati Uni-ti: “Il Mago di Oz”, di Victor Fleming, ‘39. “Il Grande e

Potente Oz” narra appunto i fatti precedenti all’arrivo di Dorothy nel magico paese di Oz, ovvero l’arrivo del grande mago (che per chi non conoscesse la storia viene come Dorothy dal Kansas) e la sua particolare ascesa al potere. Devo subito riparare ad un mio errore terminologico, il film infatti non è un film d’animazione in senso stretto, ma appartiene a quella categoria di film fantastici in cui potrebbero rientrare “Avatar” o “Alice nel Paese delle Meraviglie” -- la versione di Tim Burton. Dopo i primi quindici minuti di Kan-sas infatti, un nostalgico omaggio al bianco e nero e alle proporzioni 4:3 del cinema anni ‘30, lo schermo si allarga e si tinge dei colori più vivaci. Raimi ha lavorato per voi, se cercate un’ottima computer grafica e un buon 3D (nonostante il fastidioso ma perdonabile effetto “sfarfallio” nelle scene di movimento); i paesaggi incantati sono forse la parte che più resta impressa di tutta la pellicola. La trama è fiabesca, come il soggetto d’origine in fin dei conti, quindi si astenga chi non apprezza il genere; il buonismo è come al solito un po’ all’ordine del giorno e il finale è molto stile disney. L’insieme è comunque apprezzabile, la regia è buona (insomma è Raimi!) così come la recitazione. Anzi motivo in più per vedere questo film è la ormai collaudata coppia del regista con James Franco, che interpreta il mago e sembra aver instaurato una collaborazione come molte se ne vedono nel cinema contem-poraneo (Burton-Depp, per citarne una). Ultima nota di merito va alla capac-ità di Raimi di inserire anche in un film dai toni così allegri qualche colpo da “salto dalla poltrona”, in fin dei conti il suo cinema nasce dall’horror, no? Le streghe dovranno quindi fare un po’ paura!

Battuta migliore:

OZ: “Potrai avere una montagna di banane!”Scimmia: “Ah ecco, visto che sono una scimmia allora mi devono piacere le banane!”OZ: “Non ti piaccione le banane?”Scimmia: “Certo che mi piacciono le banane! Sono una scimmia! Non essere ridicolo.”

Gli Alfieri Censorifilm, web series e tutto ciò che muove la pellicola

Uno spettro si aggira per l’Europa: l’egocentrismo cinemattografico! Abbasso quindi il re censore e via alla democrazia della critica. In questo slancio di spassionato amore per la condivisione la rubrica che ha conquistato i vostri cuori si trasforma, abbandonando la bieca autarchia anarchica, e dividendosi tra due autori. Due penne, due pensieri, due malati di cinema vi porteranno d’ora innanzi le recensioni dei film più attesi nelle sale, dei film che hanno fatto storia e (se vale la pena) di quello che passa sul web. I nomi sono Lorenzo Giacomel, 5 D, e Simone Paci, 5G. Giusto perchè sappiate chi andare a picchiare!

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era diventata una biglia blu, dalla superficie liscia; come quelle con cui giocavamo io e mio fratello in spiaggia anni fa, e che mia nonna ci nascondeva sotto il cuscino quando andavamo a dormire da lei durante il fine settimana. Mi sentii per un attimo incredibilmente tranquillo.

5 - Lo sguardo delle cose

Camminando la notte per le strade di Milano, mi ritrovo nel silenzio. E muovendo passi veloci, muovo anche lo sguardo, sul mondo notturno illu-minato dai lampioni. Allora incontro gli occhi delle cose. È imbarazzante. Un foglio di giornale per terra, l’ombrello rotto, lì, che spunta dal cestino, un albero con ancora qualche briciola di neve at-torno. Tutti mi urlano di raccontare la loro storia, di riportare fedelmente la loro immagine. “Io, io, prendi me!”, “No prendi me, prendi me! Io ho una storia fantastica alle spalle, bellissima, te lo giu-ro!”. “Forse si potrebbe...”, ma il pensiero sfugge. Abbasso la testa, mi giro dall’altra parte. Scusate, non posso, non sono bravo abbastanza, chiedete ad altri. Mi affretto a casa e tiro un sospiro con le spalle alla porta chiusa. Non riesco a scrivere. L’ultima racconto è troppo vicino, ne intravedo il piccolo barlume. Per scrivere ci vuole il buio tota-le, devo aspettare ancora. Aspetta, pazienta, sop-porta ancora un po’.

6 - Logore

Un viaggiatore logorato bussò alla mia porta. Ave-va in testa un cappello polveroso, molto largo e che portava leggermente inclinato da una parte. “Cosa vuole lei?” - “Passavo a controllare” - “Cosa

controlla?” - “Lei” - “Ma lei non è di qui, chi l’ha fatta entrare in città?” - “Nessuno” - “Lei viene da fuori, non si può andare e venire così, ci sono dei controlli, ci sono dei registri, ci sono delle regole!... da dove viene, chi la manda, cosa vuole? - “Solo controllare” - “Ha controllato?” - “Credo”. Raccolsi il suo cappello su una panchina, anni dopo, e ancora adesso è in fondo ad una cassa-panca in soppalco. Non ci ho guardato dentro, un po’ per rispetto ma più per timore. Chissà cosa ci avrà nascosto nella stoffa, dopo i suoi mille viaggi, quello strano viaggiatore. Manifesto degli sfoghiForse non ha senso. Probabilmente è una vigliac-cheria, sì, come ho detto all’inizio. Non ho la for-za di sviluppare nulla abbastanza e allora getto lì, per vedere se il seme cresce da solo. Eppure non riesco a togliermi dalla testa che il format mi piace, è come una piccola fotografia, un piccolo schizzo. Ci sono solo le linee principali, il resto sta a chi legge. In fin dei conti, Hemingway vantava di aver scritto racconti di sei parole. Io di sei proprio non ci riesco, e infatti il paragone stona parecchio. Però nel mio piccolo mi piace pensare di una tale raccolta come alla modesta sala di museo di arte contemporanea. Il pubblico cammina, più o meno velocemente intorno ai quadri, soffermandosi più o meno su ogni dipinto. E così su questi frammen-ti, che se mi sono riusciti bene magari susciteran-no un’immagine, e da lì la bellezza: una storia. Come ho detto prima però, forse non ha senso. Sarà la stanchezza, la pigrizia, la noia. Forse tor-nerò a scrivere normalmente.

Simone Paci 5°G

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Brevi Sfoghi Semiletterari

1 - Una Sensazione

Noi uomini siamo essenzialmente vuoti. Degli in-volucri. Cavi. Annoiati. E così passiamo la vita a cercare di riempire questo nulla, ora col lavoro, ora con il gioco e le battute, ora coi tanti progetti, ora con un amore folle e senza speranza. Dammi la mano che forse insieme riusciamo a sentirci un po’ meno inutili.

2 - Un Lancio

Un mio prozio faceva il paracadutista. Combat-tè nella guerra mondiale. Si lanciava dall’aereo dietro alle fila nemiche per compiere missioni im-possibili, suicida. I soldati della “Folgore”, la sua divisione, erano le truppe scelte, quelli così ben addrestati che anche la morte ci pensavo due vol-te prima di andare a prenderli. Mi chiedo quanti e quali lanci abbia fatto il mio prozio. L’ultimo lo so di per certo. Vecchio ammalato stanco. Dalle scale di casa sua, dalla sedia a rotelle. Nell’ultimo attimo della stessa distruttrice libertà che lo ave-va posseduto per tutta la vita. Via, giù, per il folle volo.

3 - Come è difficile

Sono sdraiato sul letto, fisso il soffitto. “Concen-trati”. Occhi aperti o occhi chiusi? E che ne so io? Non fa differenza. Aperti. Fisso il soffitto. La verni-ce bianca ad un primo sguardo sembrerebbe ste-sa uniformemente; in realtà forma mille venature e bollicine e puntini. Li unisco nella mia mente ed ecco due montagne e un fiume che ci scorre in mezzo... mi sono perso nel paesaggio. “No, con-centrati! Siamo qui per un motivo” Sì, è vero. Forse allora è meglio occhi chiusi. Nero, tutto nero. L’o-

blio, il nulla. Penso a quello che verrà domattina, il cartone del latte dal frigorifero. Grigio. Il freddo bianco che scivola nella tazza, e io che mi ci spec-chio dentro, quando si è placato ed è lì, liscio, a guardarmi. Come si fa a sopravvivere, dico io? Mi viene in mente la sedia rotta che da qualche gior-no è davanti alla mia classe, in corridoio, a scuola. Il sedile si è rotto in due, e l’hanno portata lì fuori, ormai un’ossatura di sedia, appoggiata al muro a fare la guardia alla polvere. Ecco ci siamo quasi, lo sento, ci siamo quasi. Finalmente il momento tanto atteso è arrivato!, eppure non riesco a non farmi scappare un sorriso. No, neanche, una pic-cola increspatura della labbra, appena accennata. Ma è fatto, è tutto perduto, l’equilibrio, l’attimo, la tensione. “Concentrati... e come ci si fa a concen-trare?” Il mondo esterno impone prepotentemen-te la sua presenza. Mi abbandono alla valanga di sensazioni alla quale non sembro essere in grado di sfuggire. Suoni dalla finestra, colori dal lampa-dario, la pressione della stoffa della coperta sul petto. Dannazione. Mi metto a sedere, non ci sono riuscito, mi alzo. Ha vinto ancora lei, la vita. “Perchè?”, mi chiedo andando a prendere un bicchiere d’acqua in cuci-na, “Perchè è così difficile morire?”

4 - Colata

Ieri guardando fuori dalla finestra su una piazza piena di gente ho avuto una strana specie di vi-sione. Ho immaginato che il cielo si scioglieva e colava lentamente sul paesaggio, come una den-sa vernice blu. Sulle case quadrate, sugli omini che sgambettavano giù per strada. E finiva per ricoprire tutto quanto. Omogeneamente. La terra

Dichiarazione d’Intenti

La forma poetica giapponese per eccellenza è forse l’haiku. Una breve poesia di tre versi appena. Non ho mai capito se li scrivano perchè non hanno voglia di comporne di più lunghe, o di leggerne. Nei testi che seguono, sono venuto incontro a me per il primo motivo e a voi per il secondo. È una breve raccolta di piccoli “sfoghi”, se così li possiamo chiamare. Forse alcuni avranno in futuro la forza di diventare racconti veri, o qualcosa di più. Per ora sono qui, in una specie di iperuranio letterario, a roteare in giro per lo spazio, senza troppa convinzione o velocità.

Page 15: Il GIORNALOTTO - Milano

diario diBordo

Una violenta esplosione fece sbilanciare quasi tutte le persone intorno al capitano.- Ci hanno colpito! Tutti ai posti di combattimento! – disse lui, prima di dirigersi in plancia centrale. Tutti obbedirono, mentre il suo secondo in comando lo raggiunse per comunicargli il rapporto sui danni:- Signore, hanno colpito il generatore degli scudi posteriori. I motori sono scoperti. Come agiamo?- Massima potenza agli scudi frontali, fate partire tutti i caccia mentre manovriamo, li attaccheremo frontalmente- Ma… ma Signore, è sicuro?- Non discutere, abbiamo poco tempo.Mentre il primo ufficiale se ne andava, il capitano si sedette alla sua postazione; quindi, ruotò la sedia di 180°.- Timoniere, faccia inversione di rotta – ordinò quindi.Il suo interlocutore fece giusto un cenno del capo prima di iniziare la manovra.Il capitano si voltò di nuovo verso il largo finestrone che copriva un terzo della plancia principale. Questa era una stanza circolare, divisa su due livelli: il capitano si trovava sulla passerella superiore mentre, al centro della sala, nella parte inferiore, erano collocate tutte le postazioni degli addetti alla rotta, alle funzioni vitali dell’astronave e alle torrette.L’imponente cacciatorpediniere stellare occupava gran parte della vista del capitano. Dagli angoli del finestrone, i suoi rapidi caccia andavano ad ingaggiare battaglia contro quelli nemici.Il capitano gettò per un attimo gli occhi sulla sua immagine riflessa: la sua faccia paffuta gli rimandò lo stesso sguardo intelligente.

Il corpicino non occupava neanche tutta la sedia ed il bambino toccava a stento il pavimento coi minuti piedini a penzoloni; la manina dalle dita piccole si appoggiò sullo spesso pannello di vetro mentre il bimbo si concentrava sulla situazione esterna.Il lampo di un’idea gli balenò negli occhi. Premette un pulsante sul bracciolo per attivare l’interfono.- Capo Rosso, ci sei? – iniziò quindi- Qui Capo Rosso, Signore. Ordini? – rispose una voce metallica dall’altoparlante- Capo Rosso, dirigi la tua squadra verso l’hangar principale dell’incrociatore nemico. Fatela saltare dall’interno- Ricevuto capitano. Passo e chiudo.

- Amore! Sto uscendo! – disse una voce fuori campo- Ciao Mamma!- Mi raccomando di non aprire a nessuno e di non toccare i fornelli.- Certo Mamma...! – disse il bimbo mentre si avviava verso la porta di casa- Fra poco arriva nonna, ora ti chiudo io.- Ok, a dopo! – concluse il bambino sorridente prima di avvicinarsi a dare un bacino sulla guancia alla donna appena chinatasi.Il bambino tornò quindi in salotto e si sedette sulla poltrona girevole di pelle nera del papà; fece fare un mezzo giro a questa e guardò quindi verso il centro della sala.- A tutte le torrette, fuoco a volontà – dichiarò quindi.Con un saltello scese dalla poltrona, si mise seduto a gambe incrociate sul tappeto, prese due modellini di astronavi e iniziò a simulare degli inseguimenti nello spazio di battaglia:- Pum! Piu! Pum-Pum! Mi hanno colpito! Mi hanno colpito! Crash! Bum! Rosso 3, ne hai uno in coda! Piu-piu-piu! Bum! Grazie Rosso 2

L’anziana signora entrò nella casa della figlia aspettandosi di vedere comparire di fronte subito il nipotino. Non vedendolo, diede un’occhiata al soggiorno, dove lo scorse intento nei suoi giochi.Il miglior motore grafico è l’immaginazione.

Giorgio Bondì 4h

Page 16: Il GIORNALOTTO - Milano

Capitolo II

«Mi state forse incolpando?» Ray e Dimitri rimasero in silenzio, osservando

l’uomo con diffidenza. «Credete veramente che io possa aver fatto una co-

sa del genere a Goldman?» «Il suo, è il movente più convincente…» osservò

Ray. «Ok, sono stato licenziato da Goldman qualche set-

timana fa, ma ho già trovato un nuovo lavoro! Oltre al fatto del licenziamento, per quale altro motivo a-vrei dovuto ucciderlo?»

Dimitri guardò Ray in cerca di aiuto. «E che cosa ci dice a proposito della signorina

Brown?» Breakheart, per la prima volta dopo due ore di in-

terrogatorio, impallidì. Ray sorrise. «Eloise non c’entra niente…» mormorò sommessa-

mente l’uomo. Dimitri si passò una mano tra i capelli, stanco.

«Penso che per oggi possa bastare, grazie signor Bre-akheart. Rimanga comunque in zona, lei rimane nella lista dei sospetti in ogni caso».

L’ex impiegato guardò con astio i due, poi se ne an-dò.

Dimitri si stiracchiò e fece un lungo sbadiglio. Era da due giorni che non facevano altro che interrogare persone su persone, impiegati di Goldman e vecchi conoscenti. L’intera Fogline si era ritrovata bloccata dall’improvviso assassinio di Mr. Goldman: tutti i paesani e i visitatori avevano lo stato di fermo, con l’impossibilit{ di allontanarsi dal paese per più di qualche chilometro.

Non mancava poi l’agitazione. Dimitri e la piccola pattuglia di poliziotti di Fogline

si erano subito accertati del fatto che nessuno, tra la notte dell’assassinio e la mattina in cui era stato sco-perto il cadavere, si era allontanato dal paese. Dimi-tri e Ray erano così arrivati alla conclusione che l’assassino era ancora lì, a Fogline. Naturalmente la notizia aveva suscitato scalpore e tutti i paesani ora non si azzardavano più ad andare in giro da soli, so-prattutto di notte.

La cosa più strana era che di Goldman, non si trova-va più la testa. Avevano controllato negli anfratti più nascosti, ma di essa non c’era traccia. I due investiga-tori si erano chiesti più volte chi avesse mai potuto fare una cosa del genere.

Ray si rigirò tra le mani il foglio dove avevano ap-

puntato i nomi di tutti i sospetti. «Escluderei a priori la signorina Brown» mormorò

Ray. Dimitri gli sorrise complice. «Dico sul serio, Dimitri. Non per niente, ma ti pare

che quella ragazza possa aver fatto qualcosa del ge-nere a Goldman? E poi quale sarebbe il suo moven-te?»

«Bé, non possiamo escluderla del tutto. Comunque per il momento mi concentrerei su Breakheart. Il suo alibi non mi convince…»

«Dunque… Sappiamo che l’assassinio è avvenuto alle 23:04. Breakheart ci ha detto che è stato a casa dell’amico Robinson fino alle 23. Quattro minuti so-no sufficienti a percorrere la strada da casa di Robin-son fino al luogo del delitto?» osservò Ray scettico.

«Non mi fido di quell’uomo, Ray… Potrebbe anche aver mentito…»

«Ma allora anche Robinson ha mentito!» Dimitri sbuffò. «Bene! Allora escludiamo Breakhe-

art, Robinson e la Brown. Ci rimane all’incirca mezzo paese di sospetti».

«La locandiera preparava le stanze. Buona donna… escluderei pure lei».

«E del simpatico signore che ha tolto il posto a Bre-akheart? Lui era al Blue Bar quella sera, secondo il proprietario, quindi sono esclusi anche loro. Contan-do anche i venti lì presenti scendiamo di un buon numero».

«Rimangono i partecipanti alla mostra». «E anche il sindaco, la sua segretaria, gli ospiti alla

locanda e…» I due uomini si guardarono. «Io non sono stato…» disse Dimitri guardando

l’amico. Ray sospirò. «Neanche io se è per questo. Ma se

continuiamo così non arriviamo da nessuna parte. Prima di tutto la fiducia. Mettiamoci d’accordo: noi non siamo stati, punto e basta. Ora, invece, mettia-moci al lavoro e cerchiamo qualcuno che possa avere avuto un movente convincente».

Dimitri annuì. «Hai perfettamente ragione. Abbia-mo interrogato tutti e solo pochi non hanno un ali-bi…»

Un urlo squarciò l’aria. Ray e Dimitri sobbalzarono e dopo un attimo di sgomento si precipitarono fuori dal municipio.

Fuori c’era niente di meno che Eloise Brown. Stava indietreggiando verso il muro, urlando di paura, mentre quello che sembrava un ammasso informe di

...continua dal numero precedente

Page 17: Il GIORNALOTTO - Milano

abiti le si avvicinava barcollando, con una bottiglia di whisky in mano.

Ray si gettò in avanti, mentre Dimitri tirava fuori la sua pistola e la puntava verso la stradina lastricata. Uno sparo risuonò nell’aria e il senzatetto barcollò all’indietro per lo spavento. Ray ne approfittò e al-lontanò Eloise dall’uomo.

«Gra-grazie…» balbettò la donna, mentre si toglieva una ciocca di capelli dal viso.

Nel frattempo erano accorsi fuori anche il sindaco e Breakheart, seguiti da un paio di dipendenti.

«Eloise!» esclamò Breakheart alla vista della ex mo-glie. «Che ci fai qui?»

La donna stava per rispondere ma in quel momento il senzatetto, tenuto sotto tiro da Dimitri, avanzò verso di loro, una mano tesa in avanti e gli occhi i-niettati di sangue dilatati.

«T-t-tu… hic!» Eloise parve svenire ma Ray

la sostenne, osservando il senzatetto con repulsione. Dimitri alzò nuovamente la pistola verso l’uomo.

«Hic! Queeelaa ss-sseewa-a-a…» e cadde a terra, svenuto.

Gli uomini in gruppo si guar-darono l’un l’altro storcendo il naso, poi ognuno tornò ai suoi affari.

Dimitri, con l’aiuto del pro-prietario del Blue Bar, spostò il senzatetto dalla strada, la-sciandolo poi al suo solito po-sto, sotto l’unico lampione non funzionante della stradi-na.

«Chi era quello?» chiese Ray accigliato quando tornarono i due uomini.

«Oh, nessuno. Qui lo chiamiamo il vecchio Moony. Non si sa bene da dove arrivi, ma è sempre all’angolo della strada e non fa altro che bere tutto il giorno» rispose il barista con noncuranza.

«Ah…» commentò Ray, mentre raccoglieva da terra il cappello rosso a fiori neri di Eloise, per poi porger-glielo. La donna gli sorrise e lo ringraziò, mentre Breakheart li osservava con tanto d’occhi.

Dopodiché il sindaco tornò nel municipio portando con sé Breakheart con la scusa di alcuni affari da sbrigare.

«Non mi pare che lei stia molto simpatico a Char-les…» mormorò Eloise a Ray.

«Può darsi» sorrise lui in risposta. Si guardò un atti-mo attorno per assicurarsi che nessuno li stesse a-scoltando, poi disse: «Le andrebbe di uscire una sera, signorina Brown? Magari domani…»

Eloise parve sorpresa di quella proposta ma accettò senza tante obbiezioni. Poi, il gruppo si sciolse e Ray

e Dimitri tornarono ad affrontare il loro caso.

La mattina dopo, al sorgere del sole, la locandiera lanciò un urlo di terrore.

Il corpo del senzatetto giaceva a terra in una pozza di sangue, il collo reciso e senza testa.

Capitolo III

«Certo che l’alcol gli ha fatto proprio perdere la te-sta. Almeno quest’uomo non sar{ una grande perdita per la societ{…» borbottò Dimitri, mentre lui e Ray osservavano il barista e un suo amico portare via il corpo del defunto barbone.

Ray annuì. Erano ormai le 10:30, e il suo stomaco gli ricordò che aveva saltato la colazione. «Beh, forse dovremmo vedere se qualcuno conosceva così bene Moony da avere un movente per ucciderlo» disse

Ray. «Allora, considerando l’analogia con l’altro omici-dio... sì, è stato sicuramente la stessa persona a compiere questo secondo atto sangui-noso. Il punto è capire quale causa l’ha spinto a compiere quest’altra decapitazione. Io non mi sprecherei a tagliare e rubare la testa di un barbo-ne senza motivo alcuno...» replicò Dimitri. «Già, il movente...». Lo sto-maco di Ray brontolò anco-ra. «Uhm, sai, potremmo ini-ziare a cercare il nostro killer dal bar qua vicino...». Dimitri ridacchiò e seguì l’amico al bar dell’angolo. Si sedettero al bancone. «Mi dia

un bicchierino di whisky» disse Dimitri al barista. «Per me un cappuccino con panna, una brioche cal-

da e una ciambella». Dimitri lo guardò stupito. «Non pensavo avessi così

fame...». «A differenza dello stomaco di qualcuno, il mio fun-

ziona benissimo» replicò Ray. L’altro alzò esasperato gli occhi al cielo e sospirò.

«Sei di buon umore oggi, eh! Comunque, fame a par-te. Abbiamo bisogno di capire il movente. Ci deve per forza essere una relazione fra i due assassinii. Maga-ri il killer si è voluto vendicare di qualche affronto subito avente come responsabili il direttore e il bar-bone, oppure dietro a queste morti c’è un qualche giro losco... non so traffico di merci illegale, soldi fal-si...»

«Se continui così tirerai in ballo anche complotti politici e future guerre mondiali...» commentò Ray.

«A dire il vero io stavo pensando a interventi so-

Page 18: Il GIORNALOTTO - Milano

prannaturali...». Ray lo guardò male e ritornò ad occuparsi della sua

brioche. «Beh, mi sembra di capire che siamo a un punto fermo» proseguì Dimitri. «Il numero dei so-spettati è troppo alto, quello più papabile, Breakhe-art, tecnicamente non aveva motivo per compiere il secondo assassinio».

«E non abbiamo ancora trovato una causa raziona-le» concluse Ray. Dimitri scosse la testa rassegnato e iniziò a bere il suo whisky.

«Oh beh, io un’idea ce l’avrei...» si intromise il bari-sta. «Sapete, a fare il mio mestiere si vengono a sape-re molte cose... il problema è che si dimenticano an-che facilmente...» smise di parlare e sorrise con aria furba ai due.

Dimitri imprecò mentalmente e passò al barista dieci dollari.

«Oh, ora ricordo» riprese l’uomo contando i soldi. «Ecco, se non mi sbaglio, e non mi sbaglio, quel Mo-ony da quando è arrivato a questo villaggio non ha mai cambiato posto di bivacco e, se non ricordo ma-le, miss White ha trovato il primo cadavere qua vici-no. Quindi il nostro barbone è stato testimone invo-lontario dell’assassinio, ha scorto il volto del colpe-vole il quale si è poi preoccupato di eliminarlo. Ed ecco quello che cercavate signori».

A Dimitri andò di traverso il whisky e per poco Ray non sputò la brioche. «Santo cielo! Questo sant’uomo ha ragione!» esclamò Dimitri dopo essersi ripreso. «Lei ha una carriera da investigatore!» continuò scuotendo energicamente la mano del barista. Dopo di che mise i soldi necessari per pagare il conto sul bancone e trascinò Ray fuori dal locale.

«Fantastico, abbiamo ritrovato una pista! Ricapito-lando, l’assassino uccide Goldman per affronto/licenziamento/soldi/affari, il barbone vede tutto, l’assassino uccide anche il barbone... ora non ci resta che chiarire le intenzioni dell’omicida e incastrare qualcuno! Ma... ma mi stai ascoltando? » chiese scoc-ciato all’amico che stava borbottando qualcosa ri-guardo una ciambella sprecata.

«Sì sì ti ascolto... uff...». «Bene. Allora, sono le 11. Io proporrei di dividerci

ed interrogare qualche altro abitante di Fogline, an-che se il paese è piccolo ci metteremo un po’ lo stes-so. Ognuno per sé e ci ritroviamo stasera per fare il punto...».

Ray lo interruppe «No, stasera no! Ehm...» si accor-se di aver urlato. «Che ne dici di domani mattina? È che stasera ho già un impegno...» aggiunse cercando di assumere un’aria innocente.

Dimitri lo guardò sospettoso. «Hai un appuntamen-to, eh?»

Ray distolse lo sguardo e rispose: «Io vado verso est, tu verso ovest. Vediamoci domani alle 8.00 alla locanda». Poi si allontanò velocemente senza dare all’altro il tempo di replicare.

Dimitri alzò le spalle e si incamminò fischiettando

nella direzione opposta.

«È in anticipo» disse la donna sedendosi al tavolo del ristorante Rose’s, dove Ray la stava aspettando da una decina di minuti. Ray si riscosse e osservò la donna mentre si sedeva elegantemente al tavolo, to-gliendosi giacca e cappello che, come notò Ray, ave-va cambiato.

L’uomo l’ammirò con un’espressione un po’ ebete. «Oh, ehm, no… so-sono appena arrivato anche io» replicò. «Ha un buon gusto per i cappelli» disse poi, accennando al particolare copricapo di Eloise: aveva una visiera stretta sul davanti e larga ai lati, era or-nato da motivi floreali blu e argento e cinto da un fiocco di pizzo nero.

«Grazie» disse Eloise arrossendo un poco. Ray cambiò discorso vedendo arrivare il cameriere.

«Ho sentito dire che qua servono dell’ottima arago-sta. Peccato che io preferisca la carne...»

«Oh, beh, penso che io opterò per l’aragosta» sorri-se Eloise.

Finito di ricevere le ordinazioni il cameriere si di-resse verso un altro tavolo.

«Allora, Ray, a che punto siete con le indagini?» chiese Eloise assumendo un’aria interessata.

«Oh, sì... le indagini... beh, abbastanza bene...». «Avanti, non faccia il timido... oppure state seguen-

do un caso top secret?» replicò abbassando la voce divertita.

Ray sospirò sorridendo e, dopo essersi accertato dell’assenza di ascoltatori indesiderati le raccontò i vari svolgimenti delle indagini, cercando di minimiz-zare i sospetti su Breakheart.

«Ma, a parte questa sua improvvisa occupazione… Che lavoro fa? Se posso chiedere…»

Ray sorrise e scosse la testa. «Oh, niente di specia-le… collez…»

«Desiderate ordinare qualcos’altro o volete il con-to?» lo interruppe il cameriere.

«Beh, penso sia ora di tornare a casa...» intervenne Eloise finendo di bere il caffè. Ray guardò l’orologio. «Accidenti, sono gi{ le ventitré... il tempo è volato… sì grazie, il conto…»

Si misero i cappotti e uscirono. «La saluto allora, signor quasi-ispettore» sorrise Eloise.

«Aspetti, non vuole mica tornare a casa da sola a quest’ora!» esclamò Ray. «Con la gente che c’è in gi-ro, è meglio che l’accompagni…».

Eloise non protestò, limitandosi a sorridere.

Michela Mazzini Gaia Galimberti

Continua...

1^H

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THE SIX NATIONS 2013Che sia l’anno del rugby? In Italia senza dubbio è stato uno degli anni in cui questo sport è stato più sentito, forse anche per il ri-sultato storico ottenuto. L’Italia rugby infatti è appena ri-uscita a eguagliare il suo record storico con il quarto posto nel torneo sei nazioni, il più impor-tante torneo internazionale dopo i mondiali, e forse anche a su-perarlo, poiché il quarto posto è dovuto solo allo scontro diretto e non ai punti raccolti, tanti quanti la scozia al terzo posto.Nel complesso è un’Italia in cre-scita tecnicamente, che si è ap-poggiata e si appoggia ancora su solidi pilastri come il capitano Sergio Parisse, Martin Castrogio-vanni o il barone Andrea Lo Ci-cero, recordman con 103 caps (presenze) in nazionale, che ha deciso di concludere la carrie-ra internazionale con la partita di chiusura del sei nazioni 2013 contro l’Irlanda.Ma la vera particolarità di quest’an-no è stata la presenza, finalmente, di facce nuove, di giovani freschi pronti a mettersi in campo con chi la storia del rugby l’ha fat-ta, giovani di grande talento che hanno dimostrato di saper tenere testa a squadre come l’Inghilterra senza perdere il morale.

Un complimento è d’obbligo an-che per Jacques Brunel, l’allena-tore francese che ha dimostrato di aver preso una squadra la-sciata in condizioni non troppo buone da Nick Mallet, e di esse-re riuscito a riportarla nella top ten mondiale.Ma parlando del torneo vediamo come sono realmente andate le cose. Partono bene Italia, Irlanda e Inghilterra. L’ultima in partico-lare sembra avere già la vittoria in pugno ma riesce a rovina-re tutto nel finale. È invece un lento declino per l’Irlanda e un finale in salita per l’Italia. Galles campione per la seconda volta ma per il rotto della cuffia. Male la francia che vince solo alla fine. Bene la scozia che risale di anno in anno la classifica.

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Il 3 febbraio inizia tutto e alla grande. Primo tempo combattu-to e vittoria finale per 23-18 sui nostri vicini transalpini, i france-si. I complimenti in questo caso vanno a Orquera che piazza tutti i calci tra i pali e crea un sacco di azioni positive. Mete da parte di Castrogiovanni e Parisse per l’Italia e di Picamoles e Fall per la Francia.

Il 9 febbraio si gioca in Scozia, e per l’Italia è una vera e pro-pria disfatta. 34-10 a favore della squadra di casa. Pessima purtrop-po la prestazione di orquera che regala anche un paio di mete agli avversari ma alla fine arriva la meta di bandiera di zanni. Per la Scozia segnano Lamont, Hogg, Scott e Visser.

23 febbraio. I campioni in carica arrivano a Roma e sembra es-sere la fine. 9-26 in favore del Galles e l’Italia resta all’asciutto di mete. L’Italia riesce a segna-re solo con Burton che regala 9 punti ma non basta. Per il Galles segnano Davies e Cuthbert.

10 marzo. Finalmente si vede l’Italia del 23/2 con la Francia. 18-11 a favore degli avversari, l’Inghilterra. L’Italia è fantastica ma l’avversario è troppo forte. Gli Azzurri dominano i 22 avversari per un quarto buono della partita e segnano una meta al contrario delgi avversari che sotto pressio-ne si affidano ai calci di Toby Flood. Per l’Italia segna McLean.

Il 16 marzo è la data della sto-ria, il trionfo azzurro dell’olimpico e del barone sulle note de “il cielo è sempre più blu”. 22-15 a favore degli Azzurri sull’Irlanda. Una partita giocata dall’inizio alla fine con testa e cuore, una par-tita dove è venuta fuori la vera Italia, che combatte e non molla fino all’ultimo. Per l’Irlanda segna solo Jackson con 5 calci piazzati mentre l’Italia va anche in meta con Venditti.

G V P S PTIGALLES 5 4 0 1 8

INGHILTERRA 5 4 0 1 8

SCOZIA 5 2 0 3 4

ITALIA 5 2 0 3 4

IRLANDA 5 1 1 3 3

FRANCIA 5 1 1 3 3

Taj Rossi IIC

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Creepypizza Era sulla prima pagina di tutti i giornali. “KILLER OMICIDA MIETE VITTIME CON UNA MASCHERA DA CLOWN” I pochi testimoni oculari dicevano che uccideva con un coltello da cucina e un sorriso minaccioso sulla faccia. Un sorriso minaccioso, una faccia da clown e un coltello. Tutto qui. 15 vittime, tra cui un bambino. Una don-na era sopravvissuta, ma l'unica cosa che ricorda era quel medico che la curava in ospedale. “Stai tranquilla, ci siamo noi” Ogni volta che ne parlavano in TV mi venivano i brividi. Un tremolio correva lungo la schiena e sulle mie braccia si rizzavano tutti i peli. E se tornando a casa fosse venuto da me? Nella mia zona aveva già colpito. Mohamed, il ragazzo delle pizze. Quello che non lasciava mai lo scontrino, e dovesse morire, non faceva mai lo sconto. Anche se mangiavo fisso da lui ogni settimana, anche se gli sorridevo sempre, complimentandomi sempre del gusto della pizza. Erano magiche. Avevano una crosta che si scioglieva in bocca da quanto erano morbide. La mozzarella era molto filante, e bisognava sempre allontanare la fetta dalla bocca per poter masti-care il boccone.

Quella sera ero di cattivo umore. Avevo appena litigato con mio padre. Non riuscivo a dormire. La rabbia scorreva nelle vene e tremavo. Fortissimo. Poi udì un rumore. Veniva dal piano di sotto. Accesi il cellulare per farmi luce e scesi giù, tutto tremante. Passai per la cucina e presi il primo oggetto che mi capitava fra le mani. Era buio, non ricordavo cosa fosse, forse un cucchiaio di peltro, un pe-sante cucchiaio di peltro. Appena feci un minimo di luce con il cellulare vidi un'ombra in controluce. Era girato verso di me. E colpì. Qualcosa non andava. Colpì di nuovo, finché l'ombra cadde per terra. Accesi la luce. Guardai la pozza di sangue. E poi vidi mio padre, sdraiato sul tappeto. Guardai il coltello che avevo fra le mani.

Guardai il riflesso della lama. Ma non vidi la mia faccia. Poi ricordai.

E mi tolsi la maschera da clown.

Renzo

III B Averia

Veloce a cadere rapida a sciogliersi. Metti il buon umore

togli l'angoscia del cuore. Sei bianca sei limpida,

morbida e leggiadra come una piuma,

danzi. Fresca neve, candida neve

la guancia di un bimbo sfiori creando sensazioni migliori. La gioia a St. Moritz porti

soprattutto ai montanari forti. Ti fermi sui monti

e lo splendore a tutti racconti.

neve

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Page 22: Il GIORNALOTTO - Milano

Ritorno a casa 2.55 Era il 24 giugno 2012, il giorno di Inghilterra-

Italia agli Europei, e il mio orologio da polso se-

gnava le undici meno un quarto di sera. Avevo

seguito il match per intero in un pub stipato di

scozzesi ubriachi, a sgomitare al bancone per-

ché qualche omone brillo non mi occultasse il

piccolo schermo televisivo. Al cucchiaio di Pirlo

non avevo neanche potuto esultare, visto che

poco era mancato che iniziassero a prendersi a

male parole tra connazionali, così avevo finto di

essermi giocato la vittoria inglese e mi ero defi-

lato dopo aver buttato giù un ultimo bicchiere di

Scotch. Edimburgo non è in linea generica il mi-

glior luogo dove trascorrere l'estate, se non al-

tro perché uno arriva in aereo pensando che lo

accolga un piacevole clima temperato e si trova

catapultato in una città dai venti gradi di massi-

ma a luglio. D'altronde il convegno di astrofisici

era stato programmato per quel periodo, quindi

mi ero arrangiato come potevo rimediando un

cappotto per qualche sterlina in un mercato a

West End e avevo tirato stoicamente avanti.

Perciò immaginatevi la scena: io, seduto sulla

panchina della fermata di Torphin a congelare

sotto il vento del nord, che aspetto da quasi

mezz'ora un 10 della Lothian Buses per tornare

nel monolocale affittato a West Tollcross. Alzai il

capo al cielo a osservare un'imponente volta

stellata libera dalle nubi. Il cielo mi aveva sem-

pre affascinato, già da bambino, forse perché

mio padre possedeva un telescopio con il quale

mi mostrava le comete che girovagavano nel

Sistema Solare. Abbassai lo sguardo nuovamen-

te appena in tempo per vedere il bus tanto atte-

so, un colosso color vermiglio a due piani dai

vetri appannati, arrestarsi di fronte a me. Squa-

drai i dintorni circospetto: ero solo. Salii ed esi-

bii il mio Day Ticket a un autista in catalessi ap-

parente che rispose con un grugnito e un cenno

approssimativo, dopodiché mi diressi verso le

scale per impadronirmi del piano superiore.

Mentre marciavo sugli scalini udii un crescendo

di una lieve melodia dal sapore gaelico che mi

pareva di conoscere. Una volta terminata la

rampa ne identificai l'origine, che casualmente

era anche il solo passeggero di quella notte: un

senzatetto che cantava Auld lang syne a cappel-

la. Non era granché intonato e penso non ricor-

dasse nemmeno tutte le parole, tuttavia la sua

voce aveva un che di evocativo. Ad ogni buon

conto mi appostai in prima fila, a due passi dal

vetro frontale del bus, e mi rilassai dopo aver

rivolto una svelta occhiata all'orologio. Appena

passata Oxgangs Bank il vagabondo concluse il

concerto a quella che era probabilmente la

quinta o sesta volta che ripeteva meccanica-

mente il ritornello e si alzò dal suo posto, diri-

gendosi verso il sottoscritto. D'istinto tastai la

tasca del portafogli, non so se per prepararmi al

versamento di un obolo o per evitare che un

qualche suo compare fantasma mi derubasse.

Invece l'uomo mi si parò davanti e mi chiese in

marcato accento scozzese qualcosa che inter-

pretai come «Hai da accendere?». Impulsiva-

mente frugai in cerca di un accendino nel mio

cappotto da quattro soldi, salvo poi ricordarmi

che la Lothian vieta il fumo sui suoi bus. Tentai

di spiegarglielo con la massima gentilezza pos-

sibile: quello di rimando mi sorrise, quasi lo

avesse saputo fin dall'inizio, e si sedette vicino

a me. Lo esaminai: era un uomo sulla cinquan-

tina dalla folta barba nero-grigiastra e dai vesti-

ti fin troppo raffinati per la sua condizione.

«Come ti chiami?» mi domandò con tono affabi-

le. «Pietro». «Italiano?». «Già». «Il mio nome è

Jude» disse offrendomi una stretta di mano che

accettai controvoglia «Che lavoro fai?». «Sono

un astrofisico, sono venuto qui per un conve-

gno».

La conversazione era ipoteticamente finita. Ma

non nella pratica, perché era ovvio che era un

vecchio in cerca di attenzione, sicuramente an-

che alticcio, perché tutti gli scozzesi lo sono.

Ora mi avrebbe raccontato di come si era ridot-

to in quello stato, era ovvio. «Pietro, tu credi in

Dio?» chiese a un tratto. Quella domanda mi

spiazzò. Nemmeno nel mio peggiore stato di

ubriachezza avrei potuto chiedere a un estraneo

le sue convinzioni religiose. Questo era anche

matto. Ma quanto ci voleva per arrivare a Toll-

cross? «Sono ateo e razionale» replicai convin-

to. Di nuovo lui annuì con un sorriso enigmatico

«Hai mai pensato a Dio?». Ecco, pure un testi-

mone di Geova. Mai più bus la notte, questo era

sicuro «In che senso?». «Su come deve sentirsi

Dio». Questa, poi. Era matto, ma matto serio.

Perché non se ne tornava a cantare da barbone

ubriaco qual era? Perché doveva perseguitare

Page 23: Il GIORNALOTTO - Milano

me? «Dio non sente… Voglio dire, è Dio». «Tu

sei italiano, no? Quindi avrai letto Dante, imma-

gino. Paradiso, ultimo canto, quando lo descri-

ve». «Sì». «Ricordi come ne parla? Spende ver-

si e versi su come sia inconcepibile ciò che ha

provato, sulla sua felicità a vedere quella luce…

sui suoi sentimenti, insomma. Ma di ciò che

pensa Dio neanche l'ombra». «Ma è ovvio, no?

Che cosa mai dovrebbe provare Dio? È una divi-

nità». «Esatto!» il senzatetto mi guardò come

se avessi centrato il nocciolo della faccenda

«Una divinità! Quindi è la perfezione. Ma si può

concepire un Dio senza emozioni? Sarebbe una

completezza incompleta, un puro paradosso!».

La discussione iniziava a prendermi «Dove vuoi

andare a parare?». «Le emozioni sono vincolate

alle persone che conosciamo. Tu ora pensi

“questo qua è un barbone pazzo e mi repelle”,

ma se tu non avessi mai incontrato qualcuno di

fastidioso non avresti idea di che cosa sia la re-

pulsione, il disgusto. E così per l'amore, l'amici-

zia e ogni altro sentimento». «Non è che sia l'u-

nico buco nel ragionamento religioso». «Ma Dio

non sarebbe comunque privo di emozioni. Per-

ché una rimarrebbe a lacerarlo, l'unica che non

necessita di nessuna influenza esterna per esi-

stere » proseguì il vagabondo « La solitudine.

Immaginati quanto deve sentirsi solo Dio, colui

a cui tutti si rivolgono, che tutti ammirano, là

nell'Empireo, e lui non può parlare con nessuno,

è solo con se stesso. Una non-vita». «Vai avan-

ti». «E alla fine cosa gli rimarrebbe, se non farsi

uomo comune? Non come nel dogma classico

della Trinità: io parlo di un Dio che decide di di-

ventare uno di noi, come te o me, e che volon-

tariamente per l'arco di una vita rinuncia a quel-

lo che è. Per dirsi completo, per aver sperimen-

tato le emozioni, finché al momento giusto un

novello Giuda lo riporterebbe al suo mondo, lo

farebbe ritornare a casa. E se Dio stesse aspet-

tando esattamente quello, magari proprio ora,

mentre parliamo?».

Dopo quest'ultima frase il senzatetto smise di

parlare e intonò Flower of Scotland, sempre a

cappella e con le solite stecche. Io rimasi assor-

to nei miei pensieri: anche nel mio ateismo l'i-

dea di un Dio-uno-di-noi mi risultava terribil-

mente affascinante, pur essendomi stata sugge-

rita da un barbone sbronzo. E non so se per l'al-

cool, per la stanchezza o per l'euforia celata per

il passaggio del turno dell'Italia, una bizzarra

ipotesi affiorò dai meandri della mia mente.

Quell'uomo, Jude, chi era davvero? Da quale

filosofo accattone aveva tirato fuori quelle con-

siderazioni degne di un Hegel in acidi? Oppure

erano sue? Più tentavo di allontanare quei pen-

sieri assurdi più tornavano come un boomerang

persecutore: e se Jude fosse stato una qualche

figura mistica? O, cosa ancor più folle, Dio stes-

so? Più ragionavo sull'illogicità di una situazione

simile, sempre meno irrazionale mi sembrava,

in un circolo vizioso senza via di fuga. Il bus ini-

ziò a rallentare. Il senzatetto si alzò in piedi e

disse « Beh, questa è la mia fermata ». Poi ini-

ziò a scendere per le scale. Scorsi con la coda

dell'occhio il cartello fuori dal finestrino: Mor-

ningside. Ne mancava ancora una a Tollcross, e

se fossi sceso ora avrei dovuto farmela a piedi

al gelo notturno, oppure aspettare un'altra

mezz'ora che passasse un secondo 10 con il ri-

schio che il Day Ticket scadesse. Rimasi fermo a

fissare il vuoto per un po', poi feci la cosa più

naturale per un alcolista e corsi in tutta fretta a

inseguirlo. Uscii dal bus un attimo prima che si

chiudessero le porte, con Jude che aveva per-

corso solo qualche metro dalla fermata, e gli

gridai di fermarsi. Lui si voltò con un sorriso

compiaciuto in volto, quasi si fosse aspettato

una simile reazione da parte mia.

«Chi sei?» gli domandai con un leggero affanno

dovuto sia alla corsa che alla tensione. Eravamo

i soli a occupare la zona, con la luce soffusa del

Morningside Clock che si stagliava su uno sfon-

do di ampie vie costeggiate da pittoreschi edifi-

ci. «Credevo che ci fossimo già presentati» Jude

iniziò a rovistare nella tasca destra del suo cap-

potto. «No, intendo…» inspirai profondamente

cercando di zittire l'autocoscienza che mi dava

dell'idiota «… tu chi sei veramente?». «Un im-

piegato caduto in disgrazia». Il primo degli un-

dici rintocchi dell'orologio ruppe la quiete so-

vrannaturale che si era instaurata. «Ma… ma…

Perché allora mi hai detto tutte quelle cose…

Dio che si fa uomo… Insomma, tu sei Dio o

no?». «Per niente» rise lui, la mano sempre nel-

la giacca a rimestare «Tu, d'altronde, sei quello

solo in un paese non tuo e che fin da piccolo

prova interesse per il cielo. Mi sbaglio?». Prima

che potessi dire alcunché sfilò dalla tasca una

rivoltella e me la puntò in fronte «Buon ritorno

a casa, an Thiarna .

Alessandro De Gennaro VC

Page 24: Il GIORNALOTTO - Milano

Il ArticoloSi è sempre detto che il Giornalotto è un giornale contenitore, tutti al Volta scrivono, la redazione pubblica. È un periodo che la redazione fa tutto da sola. Gli studenti esterni al Giornalotto sembra non abbiano nulla da trasmettere ai loro compagni di scuola o comunque hanno sicuramente di meglio da fare… Oppure… Temete che la redazione del Giornalotto inizierebbe a comportarsi così? (per comodità indicheremo con “s” piccolo lo studente qualsiasi e con “G” grande uno studente della redazione):

G: Bene, finalmente ti sei deciso a provare a pubblicare un articolo… Ti piace scrivere?.. mmmh.. Di che parla? (nel frattempo il Giornalottista non ascolterà la vostra risposta mettendovi al centro dell’attenzione come vi piacerebbe e vi aspettereste perché starà leggendo più o meno accortamente l’articolo da voi portato)s: Mah, sì; quando ho tempo non è poi così male scrivere. A Milano il tempo sembra non esserci mai e grazie al Volta questa mancanza di tempo diventa certezza. Comunque è un articolo che parla più o meno di questo. Cerco di far trasparire il fatto che il tempo che a scuola sembra non passare mai ti frega e diventa evanescente appena ti inizi a

distrarre. Amo fermarmi a guardare zone della mia città che mi lascino un qualcosa di intangibile ma esistente dentro. Cerco di vedere quegli scorci che restano a mente e fanno tornare a galla pensieri nascosti dalla foga quotidiana. E amo anche la musica classica e neo-classica, è quella che mi ispira quando scrivo i miei racconti. Chiaro, per me ci sono anche, e soprattutto, house, hip hop, pop, rock, punk e metal e altre. Il metal può ispirare nella descrizione di battaglie sanguinose e vicende particolarmente cruente, ma quando vuoi esprimere un tuo punto di vista sulla vita, quando vuoi insegnare qualcosa a qualcuno, è la musica classica che ti ispira..G: Quindi ascoltavi musica classica quando hai scritto questo Niagara di cazzate che chiami articolo? No, perdonami ma sta roba non se la vuol sentir dire nessuno… Personalmente penso che tu non abbia la stoffa dello scrittore e che possa tranquillamente usare questo foglio per scopi più nobili… e ce ne sono, chessò?, metti che finisci la carta igienica…s: Io credo nella libertà di parola, di opinione e, quindi, di stampa. Secondo me prima di dire quello che mi hai appena sbattuto in faccia avresti dovuto riflettere e comunque sarebbe meglio che ne discuteste tutti insieme. A te non è piaciuto perché evidentemente sei talmente preso dal nervosismo che non sei neanche in grado di comprendere ciò che ti si va dicendo riguardo ad un problema, poiché ti vede coinvolto. Dovrebbero leggerlo anche gli altri della vostra redazione prima di stabilire se questo mio articolo non s’ha da pubblicare. Sono dell’idea che “quando leggi sei tu il regista” quindi se tu non sei in grado di comprendere pienamente il messaggio che cerco di mandare non è affar mio ma tuo. Passalo ai tuoi colleghi giornalistici, dai.G: “quando leggi sei tu il regista”? Haahahaahahahaahahaa… Sì, e quando caghi sei tu lo stronzo? Questa frase da bambino di quinta elementare potevi anche risparmiartela! Ti prego, dopo questa vattene. Se te ne vai ora forse potresti evitare il linciaggio da parte di molti di noi del Giornalotto. Ma se vuoi facciamo la solita votazione, per nulla demagogica, per cui credo che per te indicherà: Pollice verso. Sappi che un tempo a Sparta quelli che si permettevano di scrivere come hai fatto tu venivano lanciati giù da una rupe.

Ma tranquilli. Ora vi mostro come andrebbe nella realtà del 2013:G: ciao. s: ciao. G: hai l’articolo? s: sì, tieni. G: bella! s: grazie, ciao.

Edoardo Centolani 4H

Page 25: Il GIORNALOTTO - Milano

"Io e Sciascia"

Tre conversazioni

Nel mese di aprile la sede milanese dello Studio Legale La Scala ospiterà tre conversazioni dal titolo "Io e Sciascia", organizzate dall’associazione Amici di Leonardo Sciascia in occasione del ventennale della sua fondazione e curate da Albertina Fontana e da Bruno Pischedda. Verranno chiamati a confronto lettori sciasciani provenienti dal mondo della letteratura, della scienza e del diritto in un ciclo di conferenze che si terranno a partire dal prossimo 4 aprile.

I protagonisti delle tre conversazioni, accomunati dall’interesse per lo scrittore di Racalmuto, provengono da esperienze culturali e professionali molto diverse; da qui la possibilità di cogliere punti di vista differenti, coinvolgendo nel discorso anche i suoi lettori e gli estimatori non specialisti.

Titolo e sottotitolo, infatti, definiscono la tipologia dell’incontro: l’ospite è invitato a ricostruire la propria esperienza di lettore delle opere sciasciane, dialogando con un interlocutore che lo accompagna in questo percorso.

Giovedì 4 aprile 2013 alle ore 18,00 si terrà il primo incontro con lo scrittore Andrea Vitali, autore di numerosi romanzi, tra cui Olive comprese (Garzanti, 2006) e Le tre minestre (Mondadori, 2013). Andrea Vitali verrà intervistato da Mauro Novelli (docente Università degli Studi di Milano) e affiderà ad una lettera il compito di esprimere sensazioni, pensieri, interpretazioni scaturite dalla lettura di testi quali L’Affaire Moro o La Sicilia come metafora. Di fronte alle difficoltà del nostro tempo, si avverte il bisogno di uno sguardo lucido e intelligente: proprio quello che Leonardo Sciascia potrebbe di nuovo prestarci per intendere una realtà complessa come la nostra.

Giovedì 18 aprile 2013 alle ore 18,00 il magistrato Erminio Amelio e Guido Vitiello (docente Università degli Studi di Roma) prendendo spunto dal romanzo Porte Aperte, discuteranno di Giustizia e Verità, tema dell’opera di Sciascia. Erminio Amelio è autore, tra gli altri, di un libro che narra la morte di Nicola Calipari, ucciso in Iraq mentre stava portando in salvo un ostaggio (L’omicidio di Nicola Calipari, Rubbettino, 2012). La ricostruzione della vicenda risponde ad un’esigenza di verità, là dove la giustizia è venuta meno a causa delle pressioni diplomatiche che hanno impedito la celebrazione di un regolare processo. Proprio su questo rapporto tra giustizia e verità si fonda il dialogo con il magistrato Amelio, lettore di Sciascia nonché consulente del fratello Gianni per la regia del film Porte Aperte, tratto dall’omonimo romanzo del siciliano.

Lunedì 29 aprile 2013 alle ore 18,00 l’ultimo appuntamento con l’astrofisico Giovanni Bignami intervistato da Bruno Pischedda (docente Università degli Studi di Milano). Giovanni Bignami, Accademico dei Lincei, presidente del Comitato per la ricerca spaziale e dell’Istituto nazionale di astrofisica, unisce il lavoro scientifico a una qualificata pratica di divulgazione. Sue alcune trasmissioni televisive molto seguite (Planets, I segreti dello spazio) e volumi come I marziani siamo noi (Zanichelli, 2010), Cosa resta da scoprire (Mondadori, 2012). Dialogando con Bruno Pischedda, e partendo dal testo La scomparsa di Majorana, lo scienziato proporrà un accostamento tra orizzonti umanistici propri di Sciascia e temi che riguardano la ricerca teorica e applicata.

Le tre conferenze saranno ospitate dallo studio legale La Scala – sala Auditorium in via Correggio 43 a Milano (MM1

de Angeli).

Page 26: Il GIORNALOTTO - Milano

Accattanove*

*: altresì detta, nello linguaggio moderno, Bacheca

Non è strano che i giocatori di golf

indossino spesso delle polo?

In fondo i giocatori di polo non

indossano spesso dei golf!

- Prof. Cozzi

Il fla

uto

dolc

e m

i è s

empr

e st

ato

di tr

aver

so-

Pro

f. C

ozzi

- Un silenzio vale più di mille parole- Sai cosa ti dico su questa cazzata?...

Quando sarò vecchio voglio morire

come mio nonno: tranquillo, dormendo.

E non gridando come gli altri che erano

in macchina con lui!

La Corea del Nord punta i m

issili sul Texas. Il Messico è avvisato.

Insolitamente lunghe le operazioni di

vestizione del nuovo Papa.

Non riusciva a trovare una cabina

telefonica.

Un missile coreano può

percorrere 4000 km prima

di esplodere. Esattamente

come la nuova Panda.

A volte ho i dei dubbi che tu sia un ragazzo serio o un completo idiota- Albera a Schmidt

DRITTO PER DRITTO

I gr

illin

i sul

nuo

vo p

apa:

“V

alut

erem

o A

ngel

us p

er A

ngel

us”.

è un uccello? è un aereo?No, è Nicolas Cage!

“Non dobbiamo sottovalutarli,

sappiamo che possiedono l’atomica”

ha dichiarato Kim Jong-un.

<Pensate che uno dei commissari esterni alla mia maturità mi ha chie-sto: “Vedo che lei è di Palermo, allora saprà dirmi dov’è la tomba di Cri-spi...”. Ma dico io, ma che cazzo ne so dov’è sepolto Crispi?>- Prof. Catalano

La C

orea del N

ord p

iazza dei m

issili lu

ngo la costa. Bah, io ho sem

pre u

sato le ciabatte p

er fare i pali.

P “amando il latino si impara ad amare la bellezza”C “ahahahahahahahahahahahahhaha”P “non ridete! io ci credo!”prof. Forte

Pensa prima di parlare: è meglio tacere che dire cose senza senso

Prof. Romagnoli

Page 27: Il GIORNALOTTO - Milano

5D - Cosa è mancato alla Cogestione?BAMBA AGGRATIS

Apparentemente un tipo di 2F ha tenuto gruppi ogni giorno per i quali si è dato sempre 9, a parte un giorno in cui si è dato 4... si vede che si era svegliato male...

4G, ha vagato per la scuola, voto complessivo: 10

Disguidi: apocalisse zombie--> troppa gente--> puzza di sudore!!!

Il serivizio d’ordine è stato efficiente?“Sono andato al Voltafactor eludendo il servizio d’or-dine”

Premio incoerenza a un tizio che fa al primo turno servizio d’ordine e al secondo turno vaga per la scuo-la...

Premio umiltà al fenomeno che ha fatto servizio d’or-dine e si dà 10.

Uno ha messo 4 come voto complessivo a Pisapia con commento: “COMUNISTI!!!”

C’è un misterioso/a alunno/a di 2B che possiede il dono dello sdoppiamento e ha partecipato sia a Pisa-pia che al cinefroum” Lo svarione degli anelli”

Il servizio d’ordine è stato efficiente? NOSe hai risposto “No”, indica in quali occasioni si sono verificati disguidi:“ROMPEVANO LE PALLE!”

Cosa è mancato secondo te nella cogestione? Possi-bilità di fare sport senza essere interrotti dal servizio d’ordine.

(La loquacità): C’e’ qualcosa che secondo te e’ manca-to in questa cogestione?Si.

La quinta E “vaga per la scuola”

Un tizio che scrive “Ho studiato” e poi si da il voto: 5/6!!

Un tipo valuta 3/10Un’occasione di arricchimento personale: 3/10 e poi commenta troppi gruppi seri, pochi di svago.

Gente che bianchetta la croce su “Ero assente” e la mette su “Ho seguito un gruppo”, segnando un grup-po che non c’era quel turno e dandogli 1 a tutto...

3C, vaga tutto il tempo meno che al gruppo di Bisio, cui da 10 a tutto per altro non nella casella di gruppo ludico, nella organizzazione dei gruppi mette insuffi-ciente a tutto, salvo poi mettere sì a tutte le domande dopo, dire che gli esperti sono stati utili “solo in pic-cola parte”, benchè lui sia andato solo a uno cui era presente un esperto e cui ha dato 10.

Vuoi che muoro?

Alluna: “Prof, ma si può prendere 10 nelle sue

verifiche?”

Catalano: “Certo, ma nessuno è mai vissuto tanto

per raccontarlo”

THE BEST OF:

QUESTIONARI DI GRADIMENTO COGESTIONE 2013

Page 28: Il GIORNALOTTO - Milano

LaureatiLaurea Honoris Causa in Puntigliosità

Giorgio Bondì 4H

Stud

io d

el to

tal-c

azze

ggio

Robe

rto

Maz

za 2

D

Oscar GianninoMauro Albera

[Fuoricorso] Capire le battuteStefano Schmidt 4G

Priminaggine applicata

Alessandro Caldani 1B

CiclostilelogiaLa Signora delle Fotocopie

GiornalottologiaIl Ciclostile

Creatività applicata (e non)

Giada Carioti 4E

Geografia politica di WesterosArianna Pellicciotta 2F

Cent

rode

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Sim

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Paci

5G

“Qualsiasi Laurea, anche reale. Tanto non riuscirà mai a laurearsi”

Renzo Averia 3B

Mas

ter i

n Ca

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Mar

vel

Lore

nzo

Mian

o 5H

Verbalismo giornalottiano

Gaia Galimberti 1H

Ingegneria degli orari della metro Michela Mazzini 1H

Turismo nettuniano

Alessandro De Gennaro 5C

Astrattologia applicata

Alberto Nasi 4H

Studio dei rimbalzi del pallone ovale

Taj Rossi 2C

Dottorato di Ricerca in Ariafrittologia

Agnese Anzani 4F

Capire le donne

Angelo Wu 2D

Barbologia applicata

Andrea Piazza 2F

Scienze delle Merendine

Anna Valsecchi 2L

Macchinagiallologia

Francesco Monti 3A

RitardologiaGreta Bindi 1D

Fisica del biscottoCostanza Ballerio 1D

Master in procrastinazione applicataDaniele Florean 5FM

aster

in Sc

ienze

Logis

tiche p

er Coge

stioni

Ludovic

o Mar

ini 5G

Oroscopologia

Amalia Castoldi 2F

Giurisprudenza scolasticaAlessandro Luciano 4G