IL FOGLIO - Marsilio Editori · mo, una disgrazia per noi del politicamente scorretto. E mai...

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L o scorso quattro ottobre il Movi- mento 5 stelle ha festeggiato i set- te anni dalla sua nascita e sette anni dopo (o 2560 giorni per farvi sentire peggio) aver esordito sul palcoscenico della politica con un messaggio profondo e carico di raffinate sfumature (an- date tutti a fanculo) il bilancio del grillismo oggi è facilmente sintetizzabile con una favo- losa massima di Samuel Beckett: “Ho prova- to, ho fallito, Ma non importa, riproverò: fal- lirò meglio”. Ci sono almeno tre strade per inquadrare la bolla del grillismo. La prima riguarda la retorica. La seconda riguarda la pratica. La terza riguarda l’egemonia. Sulla terza strada si può dire che almeno su questo punto il grillismo ha ottenuto un successo ro- tondo: il morbo dell’antipolitica che il movi- mento 5 stelle cavalca con successo da diver- si anni, dal suo primo vaffanculo, che non si scorda mai, è diventato una sorta di patrimo- nio condiviso e accettato dalla stessa politi- ca, e anche i partiti e i politici più lontani dal movimento 5 stelle è come se avessero accet- tato il fatto che l’antipolitica non la si può sconfiggere del tutto, ma bisogna anche as- secondarla. La campagna sul referendum, da questo punto di vista, ci offre una lezione non banale: un premier nemico del grillismo che decide che per combattere il grillismo è necessario puntare forte sui messaggi grillini. IL FOGLIO quotidiano Redazione e Amministrazione: Via Vittor Pisani 19 – 20124 Milano. Tel 06 589090.1 Sped. in Abb. Postale - DL 353/2003 Conv. L.46/2004 Art. 1, c. 1, DBC MILANO L’OPPIO DELL’AMERICA Sette anni di bolla grillina posson bastare,dopo Roma puntigliosi ricordano ai neofiti che i sondaggi na- zionali non contano nulla, contano soltanto i sin- goli stati, ché questa è in fin dei conti un’elezio- ne federale regolata dal collegio elettorale, un si- stema che peraltro farebbe esclamare molti ohibò a chi scorge nella riforma costituzionale italiana un pericoloso logoramento della rappresentanza. E’ allora che si prende a osservare ossessivamen- te l’Ohio, lo stato più in bilico fra tutti gli stati in bilico, dove gli autoctoni non spostano la residen- za nemmeno dopo decenni che si sono trasferiti altrove, ché il loro voto a New York o in Califor- nia non conterebbe nulla, qui fa la differenza. Se nel 2004 sessantamila ohioans avessero cambiato idea nel segreto dell’urna l’America avrebbe elet- to John Kerry. L’Ohio è lo swing state per eccellen- za non perché il comporta- mento dei suoi elettori riflette le ten- denze nazio- nali ma per- ché le tenden- ze nazionali riflettono l’Ohio. La teo- ria classica è quella del “microcosmo dell’America”: qui sono equamen- te rappresentati tutti gli strati demografici, le classi sociali, le affiliazioni religiose, i convinci- menti politici. Le realtà economiche, etniche e an- tropologiche che compongono la più eterogenea delle democrazie trovano un modello in scala, un candidato che vuole far campagna per la Casa Bianca viene da queste parti e sa che, con la giu- sta mappatura delle contee, parla all’intero pae- se. Le grandi aziende americane testano i nuovi prodotti a Columbus, la capitale, che è conside- rata il campione di mercato perfetto, e l’elezione, si sa, è sorella del marketing. Si tratta di piazza- re nelle case degli americani un prodotto inegua- gliabile. Quattro anni fa Barack Obama ha lancia- to dalla Ohio State University la campagna per la rielezione e ha visitato lo stato quarantaquattro volte nello spazio di pochi mesi, pur fra tutte le in- combenze di un presidente in carica. Uno dei motivi per cui l’Ohio è decisivo è che non ha una metropoli dominante. Quello che per l’Illinois è Chicago o per la Pennsylvania è Phila- delphia qui non c’è, e questa assenza ha un impat- to enorme sulla qualità dell’elettorato, ché le me- tropoli sono vivaci luoghi di produttività ma an- che fonti di conformismo e omologazione. Con la sua dirompente potenza, la metropoli detta il pas- so a tutte le altre aree suburbane o rurali dello stato. Invece di un maschio alfa, l’Ohio ha tre “C” sparse in modo quasi scientifico nel territorio. Cleveland (388.072 abitanti), Columbus (850.106) e Cincinnati (298.550) sono città abbastanza grandi per avere una loro identità definita ma non così grandi da rendere l’ambiente circostante un’ac- cozzaglia di satelliti. Fa una bella differenza esse- re di Cleveland, la città post operaia del rock, op- pure di Cincinnati, il teutonico motore produtti- vo trainato da colossi come Kroger e Procter & Gamble. Le tesi più sofisticate parlano di “cinque Ohio”, regioni distinte che hanno caratteristiche simili a quelle che si ritrovano nelle cinque ma- croaree in cui sono convenzionalmente divisi gli Stati Uniti. Il nord-est dell’Ohio, ad esempio, in- quadra il nord-est del paese per quanto riguarda la presenza di afroamericani e la percentuale di cattolici. Il sud-est è povero ed evangelico, mentre il sud-ovest esibisce tutte le caratteristiche che di- stinguono la regione del midwest. Il centro, luo- go di servizi e università dove l’ascensore sociale funziona ancora, somiglia al West dinamico e sco- larizzato. Se si potesse fare un carotaggio parten- do dalle rovine industriali di Toledo, la città del vetro poggiata sui grandi laghi, fino a Cincinnati, che è separata soltanto da un fiume dal sud, si tro- verebbero tutti gli strati dell’identità americana. Organizzare una campagna elettorale in Ohio significa in realtà organizzarne almeno cinque. In ogni cantone c’è da propagare e lanciare un messaggio diverso, e il ground game dei candida- ti è così sofisticato che si distinguono quartieri, isolati, caseggiati, complessi di appartamenti perfettamente classificati e profilati. E’ una guer- ra che si combatte voto per voto, ma non è che le strade siano invase da eserciti di volontari che sciamano casa per casa. Anche qui il paradigma dei droni prevale sull’occupazione con i boots on the ground. Il lavoro di mappatura dell’elettora- to permette di sapere esattamente a quali porte bussare e co- sa dire quan- do il padrone di casa apre. E’ un indeci- so? Un disil- luso della po- litica? Un mi- litante da ras- sicurare? Un affiliato che si è un po’ raffredda- to? Un innamorato deluso? Un votante sfiducia- to? Un nomade politico in cerca di casa? Un se- dentario in cerca di cambiamento? Per ogni tipo- logia c’è una strategia, una formula d’approccio, un frasario, un set di argomenti, un tipo di sorri- so. Per capire quant’è sofisticato il sistema basta parlare con quelli che vivono qui, magari da an- ni, ma non hanno la cittadinanza americana, quindi non votano. Nessuno bussa alla loro por- ta, nessun sondaggista telefona, non ricevono nemmeno una cartolina elettorale per posta: vi- vono al centro del ciclone elettorale ma non ne sono toccati. l presidente degli Stati Uniti non si è sempre deciso in Ohio. Un paio di volte, dal 1896 in poi, gli elettori dello stato non hanno capito da che parte girava il vento e si sono fatti gabbare da quelli del Missouri, lo stato bellwether, la spia di tutte le tendenze americane, che azzecca il presidente il 96,2 per cento delle volte. O meglio azzeccava, visto che nel 2008 e nel 2012 ha votato repubblicano mentre Barack Obama raccoglieva attorno a sé una vastissima maggioran- za del collegio elettorale. La virata a destra ha fatto perdere al Missouri il suo carattere di stato-oracolo da consultare per capire dove va il paese, e così anche agli occhi dei maniaci delle statistiche l’Ohio è tornato al suo ruolo di segnavento affidabile del risultato elettorale. Ogni quattro anni, durante la campagna presidenziale, c’è un momento in cui gli osservatori Chi sta drogando la campagna elettorale americana? Inchiesta e reportage dal microcosmo politico degli Stati Uniti alla ricerca del vero oggetto misterioso di queste pazze elezioni: l’elettore di Trump. Storie da quel gran pezzo dell’Ohio I Qui sono equamente rappresentati tutti gli strati demografici, le classi sociali, le affiliazioni religiose, i convincimenti politici Ogni candidato alla Casa Bianca viene qui e sa che, con la giusta mappatura delle contee, parla all’intero paese di Mattia Ferraresi Sono passati 2560 giorni dal primo vaffa e ci sono un paio di ragioni per cui è evidente che i grillini si impiccheranno presto su una corda creata da loro Nato per errore in Lombardia, Mattia Ferraresi è di Modena. Corrispondente del Foglio da New York. Si occupa di cose americane nel senso più ampio possibile. Ha scritto “La Febbre di Trump” (Marsi- lio). Sposato con Monica, ha due figli. V e l’avevo detto: Trump è stato, perché probabilmente se ne può parlare al passato prossi- mo, una disgrazia per noi del politicamente scorretto. E mai venisse eletto sarebbe più di una disgrazia, un’apocalisse. Che abbia fatto in video, di- co in video, il maiale da spogliatoio maschi- le, con espressioni turpi anche per il più sfrenato nemico delle campagne spesso ipocrite sul sessismo e la misoginia, è in fondo il meno. Il più è l’accumulo, l’incrocio dei dati personali pertinenti, la questione del carattere, l’idea che con quel back- ground abbia pensato davvero di correre per la presidenza degli Stati Uniti: le sue gagliarde scemenze da infoiato esibizioni- sta si spalmano come burro fresco sull’in- sieme delle sue boiate in materia di immi- grazione, lavoro, commercio internaziona- le, sicurezza, codice fiscale, disabili. E l’ac- cumulo nella sua indistinzione ora produce il fatto che ferisce a morte la realistica con- siderazione delle alternative politiche: ogni retorica umanitaria, ogni difesa dei più umili fatta con la compunzione moraleg- giante dei liberal da salon, ogni espressio- ne di spirito veramente bigotto, ogni prepo- tente desiderio di limitazione della libertà di pensiero e di parola, ognuna di queste solenni frescacce con le quali si vuole tap- pare la bocca a chi dissente dall’ortodossia convenzionale della cultura corrente, tutto appare legittimato da uno che si crede Vip. Trump è una disgrazia per il pensiero libero, ve lo avevo detto Con i Trump in giro non c’è spazio per lo spirito canagliesco della verità che non si dice o per l’innocenza del dito che indica la nudità dell’imperatore (segue nell’inserto IV) (segue nell’inserto IV) ANNO XXI NUMERO 239 DIRETTORE CLAUDIO CERASA LUNEDÌ 10 OTTOBRE 2016 - 1,80 (segue a pagina due)

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Lo scorso quattro ottobre il Movi-mento 5 stelle ha festeggiato i set-te anni dalla sua nascita e setteanni dopo (o 2560 giorni per farvisentire peggio) aver esordito sul

palcoscenico della politica con un messaggioprofondo e carico di raffinate sfumature (an-date tutti a fanculo) il bilancio del grillismooggi è facilmente sintetizzabile con una favo-losa massima di Samuel Beckett: “Ho prova-to, ho fallito, Ma non importa, riproverò: fal-lirò meglio”. Ci sono almeno tre strade perinquadrare la bolla del grillismo. La primariguarda la retorica. La seconda riguarda lapratica. La terza riguarda l’egemonia. Sullaterza strada si può dire che almeno su questopunto il grillismo ha ottenuto un successo ro-tondo: il morbo dell’antipolitica che il movi-mento 5 stelle cavalca con successo da diver-si anni, dal suo primo vaffanculo, che non siscorda mai, è diventato una sorta di patrimo-nio condiviso e accettato dalla stessa politi-ca, e anche i partiti e i politici più lontani dalmovimento 5 stelle è come se avessero accet-tato il fatto che l’antipolitica non la si puòsconfiggere del tutto, ma bisogna anche as-secondarla. La campagna sul referendum, daquesto punto di vista, ci offre una lezione nonbanale: un premier nemico del grillismo chedecide che per combattere il grillismo ènecessario puntare forte sui messaggigrillini.

IL FOGLIOquotidianoRedazione e Amministrazione: Via Vittor Pisani 19 – 20124 Milano. Tel 06 589090.1 Sped. in Abb. Postale - DL 353/2003 Conv. L.46/2004 Art. 1, c. 1, DBC MILANO

L’OPPIO DELL’AMERICA

Sette anni di bolla grillinaposson bastare, dopo Roma

puntigliosi ricordano ai neofiti che i sondaggi na-zionali non contano nulla, contano soltanto i sin-goli stati, ché questa è in fin dei conti un’elezio-ne federale regolata dal collegio elettorale, un si-stema che peraltro farebbe esclamare molti ohibòa chi scorge nella riforma costituzionale italianaun pericoloso logoramento della rappresentanza.E’ allora che si prende a osservare ossessivamen-te l’Ohio, lo stato più in bilico fra tutti gli stati inbilico, dove gli autoctoni non spostano la residen-za nemmeno dopo decenni che si sono trasferitialtrove, ché il loro voto a New York o in Califor-nia non conterebbe nulla, qui fa la differenza. Senel 2004 sessantamila ohioans avessero cambiatoidea nel segreto dell’urna l’America avrebbe elet-to John Kerry. L’Ohio è lo swing state per eccellen-

za non perchéil comporta-mento deisuoi elettoririflette le ten-denze nazio-nali ma per-ché le tenden-ze nazionalir i f l e t t o n ol’Ohio. La teo-ria classica èquella del

“microcosmo dell’America”: qui sono equamen-te rappresentati tutti gli strati demografici, leclassi sociali, le affiliazioni religiose, i convinci-menti politici. Le realtà economiche, etniche e an-tropologiche che compongono la più eterogeneadelle democrazie trovano un modello in scala, uncandidato che vuole far campagna per la CasaBianca viene da queste parti e sa che, con la giu-sta mappatura delle contee, parla all’intero pae-se. Le grandi aziende americane testano i nuovi

prodotti a Columbus, la capitale, che è conside-rata il campione di mercato perfetto, e l’elezione,si sa, è sorella del marketing. Si tratta di piazza-re nelle case degli americani un prodotto inegua-gliabile. Quattro anni fa Barack Obama ha lancia-to dalla Ohio State University la campagna per larielezione e ha visitato lo stato quarantaquattrovolte nello spazio di pochi mesi, pur fra tutte le in-combenze di un presidente in carica.

Uno dei motivi per cui l’Ohio è decisivo è chenon ha una metropoli dominante. Quello che perl’Illinois è Chicago o per la Pennsylvania è Phila-delphia qui non c’è, e questa assenza ha un impat-to enorme sulla qualità dell’elettorato, ché le me-tropoli sono vivaci luoghi di produttività ma an-che fonti di conformismo e omologazione. Con lasua dirompente potenza, la metropoli detta il pas-so a tutte le altre aree suburbane o rurali dellostato. Invece di un maschio alfa, l’Ohio ha tre “C”sparse in modo quasi scientifico nel territorio.Cleveland (388.072 abitanti), Columbus (850.106) eCincinnati (298.550) sono città abbastanza grandiper avere una loro identità definita ma non cosìgrandi da rendere l’ambiente circostante un’ac-cozzaglia di satelliti. Fa una bella differenza esse-re di Cleveland, la città post operaia del rock, op-pure di Cincinnati, il teutonico motore produtti-vo trainato da colossi come Kroger e Procter &Gamble. Le tesi più sofisticate parlano di “cinqueOhio”, regioni distinte che hanno caratteristichesimili a quelle che si ritrovano nelle cinque ma-croaree in cui sono convenzionalmente divisi gliStati Uniti. Il nord-est dell’Ohio, ad esempio, in-quadra il nord-est del paese per quanto riguardala presenza di afroamericani e la percentuale dicattolici. Il sud-est è povero ed evangelico, mentreil sud-ovest esibisce tutte le caratteristiche che di-stinguono la regione del midwest. Il centro, luo-go di servizi e università dove l’ascensore sociale

funziona ancora, somiglia al West dinamico e sco-larizzato. Se si potesse fare un carotaggio parten-do dalle rovine industriali di Toledo, la città delvetro poggiata sui grandi laghi, fino a Cincinnati,che è separata soltanto da un fiume dal sud, si tro-verebbero tutti gli strati dell’identità americana.

Organizzare una campagna elettorale in Ohiosignifica in realtà organizzarne almeno cinque.In ogni cantone c’è da propagare e lanciare unmessaggio diverso, e il ground game dei candida-ti è così sofisticato che si distinguono quartieri,isolati, caseggiati, complessi di appartamentiperfettamente classificati e profilati. E’ una guer-ra che si combatte voto per voto, ma non è che lestrade siano invase da eserciti di volontari chesciamano casa per casa. Anche qui il paradigmadei droni prevale sull’occupazione con i boots onthe ground. Il lavoro di mappatura dell’elettora-to permettedi sapereesattamentea quali portebussare e co-sa dire quan-do il padronedi casa apre.E’ un indeci-so? Un disil-luso della po-litica? Un mi-litante da ras-sicurare? Un affiliato che si è un po’ raffredda-to? Un innamorato deluso? Un votante sfiducia-to? Un nomade politico in cerca di casa? Un se-dentario in cerca di cambiamento? Per ogni tipo-logia c’è una strategia, una formula d’approccio,un frasario, un set di argomenti, un tipo di sorri-so. Per capire quant’è sofisticato il sistema bastaparlare con quelli che vivono qui, magari da an-ni, ma non hanno la cittadinanza americana,quindi non votano. Nessuno bussa alla loro por-ta, nessun sondaggista telefona, non ricevononemmeno una cartolina elettorale per posta: vi-vono al centro del ciclone elettorale ma non nesono toccati.

l presidente degli Stati Uniti non si è sempre deciso in Ohio. Un paio di volte, dal 1896 in poi,gli elettori dello stato non hanno capito da che parte girava il vento e si sono fatti gabbare daquelli del Missouri, lo stato bellwether, la spia di tutte le tendenze americane, che azzecca ilpresidente il 96,2 per cento delle volte. O meglio azzeccava, visto che nel 2008 e nel 2012 havotato repubblicano mentre Barack Obama raccoglieva attorno a sé una vastissima maggioran-za del collegio elettorale. La virata a destra ha fatto perdere al Missouri il suo carattere distato-oracolo da consultare per capire dove va il paese, e così anche agli occhi dei maniacidelle statistiche l’Ohio è tornato al suo ruolo di segnavento affidabile del risultato elettorale.Ogni quattro anni, durante la campagna presidenziale, c’è un momento in cui gli osservatori

Chi sta drogando la campagna elettorale americana? Inchiesta e reportage dal microcosmo politico degli Stati Uniti alla ricerca del vero oggetto misterioso di queste pazze elezioni: l’elettore di Trump. Storie da quel gran pezzo dell’Ohio

I

Qui sono equamenterappresentati tutti gli strati demografici,le classi sociali, le affiliazioni religiose,i convincimenti politici

Ogni candidato allaCasa Bianca viene

qui e sa che, con lagiusta mappatura

delle contee, parlaall’intero paese

di Mattia Ferraresi

Sono passati 2560 giorni dal primovaffa e ci sono un paio di ragioni per cuiè evidente che i grillini si impiccherannopresto su una corda creata da loro

Nato per errore in Lombardia, Mattia Ferraresi è diModena. Corrispondente del Foglio da New York.Si occupa di cose americane nel senso più ampiopossibile. Ha scritto “La Febbre di Trump” (Marsi-lio). Sposato con Monica, ha due figli.

Ve l’avevo detto: Trump è stato,perché probabilmente se nepuò parlare al passato prossi-mo, una disgrazia per noi delpoliticamente scorretto. E mai

venisse eletto sarebbe più di una disgrazia,un’apocalisse. Che abbia fatto in video, di-co in video, il maiale da spogliatoio maschi-le, con espressioni turpi anche per il piùsfrenato nemico delle campagne spessoipocrite sul sessismo e la misoginia, è infondo il meno. Il più è l’accumulo, l’incrociodei dati personali pertinenti, la questionedel carattere, l’idea che con quel back-ground abbia pensato davvero di correreper la presidenza degli Stati Uniti: le suegagliarde scemenze da infoiato esibizioni-sta si spalmano come burro fresco sull’in-sieme delle sue boiate in materia di immi-grazione, lavoro, commercio internaziona-le, sicurezza, codice fiscale, disabili. E l’ac-cumulo nella sua indistinzione ora produceil fatto che ferisce a morte la realistica con-siderazione delle alternative politiche: ogniretorica umanitaria, ogni difesa dei piùumili fatta con la compunzione moraleg-giante dei liberal da salon, ogni espressio-ne di spirito veramente bigotto, ogni prepo-tente desiderio di limitazione della libertàdi pensiero e di parola, ognuna di questesolenni frescacce con le quali si vuole tap-pare la bocca a chi dissente dall’ortodossiaconvenzionale della cultura corrente, tuttoappare legittimato da uno che sicrede Vip.

Trump è una disgraziaper il pensiero libero,ve lo avevo dettoCon i Trump in giro non c’è spazio perlo spirito canagliesco della verità chenon si dice o per l’innocenza del ditoche indica la nudità dell’imperatore

(segue nell’inserto IV)

(segue nell’inserto IV)

ANNO XXI NUMERO 239 DIRETTORE CLAUDIO CERASA LUNEDÌ 10 OTTOBRE 2016 - € 1,80

(segue a pagina due)

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(segue dalla prima pagina)

Un tempo da queste parti si dava la caccia al mi-tologico “elettore medio”. Nel 1970 Richard Scam-mon e Ben Wattenberg hanno descritto nel libro TheReal Majority il “middle voter” americano, e hannoraffinato a tal punto il modello da arrivare a un iden-tikit precisissimo: “L’elettore medio è una casalingadi 47 anni che vive nella periferia di Dayton, in Ohio.Suo marito è un metalmeccanico”.

Uno zelante cronista del Dayton Journal Herald siè dato da fare per trovare una persona concreta, esi-stente, che incarnasse l’archetipo demografico, e nelsobborgo di Fairborn si è imbattuto nella 46enneBette Lowrey, moglie di un metalmeccanico. Subitoa proprio agio nel ruolo di portavoce dell’elettoratomedio, Bette ha dichiarato di essere registrata nel-le liste del Partito democratico ma che di tanto intanto dava il voto disgiunto a qualche candidato re-pubblicano. In generale, era “infastidita dalla mag-

gior parte dei politici”. Un’elettrice di formazionedemocratica ma nella quale albergava un sospetto difondo verso l’establishment. Anche ora che il “midd-le voter” è stato rimpiazzato da singoli e irripetibilielettori bersagliati uno a uno grazie agli algoritmi, lepulsioni di fondo rappresentate da Lowrey non sonocambiate di molto. L’elettore di Trump, oggetto miste-rioso di questa sghemba tornata elettorale, ha trattisimili a quel vetusto archetipo.

Kyle Kondik è un ricercatore della University ofVirginia, dove si occupa della newsletter Crystal Ball,uno degli strumenti predittivi di quell’onnipresenteinterprete di numeri e flussi elettorali che è il profes-sor Larry Sabato. Kondik ha il vantaggio di essere na-to e cresciuto in Ohio, vicino a Columbus, e ha river-sato la sua conoscenza del territorio elettorale nel li-bro The Bellwether: Why Ohio Picks the President. E’ di-ventato così il più autorevole ohiologo in circolazio-ne. Kondik approva, in sostanza, il modello del micro-cosmo americano dove non c’è un’area metropolitanao un’ideologia dominante, ma sostiene che in questeelezioni la distinzione fondamentale è educativa. “Lalinea di frattura è fra chi ha una laurea e chi non cel’ha, e questa distinzione tende a sovrapporsi a quel-la fra chi si sente rappresentato dall’élite culturalee politica e chi si sente senza voce”, dice Kondik.

L’anti intellettualismo di Trump esercita un fasci-

no istintivo su chi percepisce l’accademia quando vabene come una perdita di tempo, ma più spesso co-me la palestra del conformismo ideologico e del po-liticamente corretto. In America ci sono 47 milionidi adulti bianchi che non hanno una laurea e l’Ohioè al 36esimo posto nella classifica della scolarizza-zione fra gli stati americani. Questo nonostante unpotente sistema di università pubbliche formato datredici atenei.

I tredici stati che vengono dopo l’Ohio nel rankingdella scolarizzazione sono a maggioranza repubblica-na, ma non tutti per tradizione. Ci sono anche quelli,come la West Virginia, che erano roccaforti della si-nistra quando il Partito democratico era spada e scu-do della classe operaia, e hanno cambiato segnoquando si è trasformato nella compagine snob dell’e-stablishment liberal, un partito a misura degli idea-li colti e borghesi degli americani del nord-est.

• • • •

C’è chi contesta il ruolo dell’Ohio come spartiac-que del voto americano: “Come un iceberg che si scio-glie, l’Ohio ha perso il suo status di bellwether delpaese”, dice Michael Curtin, ex direttore del Colum-bus Dispatch. Lo stato è diventato troppo bianco, trop-po vecchio e troppo conservatore per inquadrare cor-rettamente le tendenze di un’America a trazione mul-ticulturale.

L’Ohio non ha presenze ispaniche e asiatiche sta-tisticamente rilevanti, i gruppi etnici da inquadra-re nella campagna qui sono essenzialmente due: ibianchi, l’80 per cento della popolazione, e i neri,che sono concentrati nel nord postindustriale, luogodi conflitti sociali e teatro di quella forma di segre-gazione de facto che ha preso il nome di white flight,la grande fuga dei bianchi dalle città per rifugiarsinei sobborghi monoculturali con il barbecue e il ta-gliaerba. Lo stato è anche cresciuto a un ritmo piùlento rispetto alla media nazionale: “Il calo dram-matico della produttività negli ultimi decenni ha de-presso il settore manifatturiero, il resto lo ha fattoun clima fiscale punitivo e complicato, perfetto perspaventare il business”, spiega Rea Hederman Jr.,amministratore delegato del Buckeye Institute,think tank di ispirazione liberista. “Quella che vediqui intorno – dice indicando fuori dalle finestre delsuo ufficio, nella downtown di Columbus – è l’unicaparte dell’Ohio che cresce, il resto è il regno delladepressione”.

Chi sostiene che l’Ohio non sia più l’epicentro elet-torale non manca di citare il fatto che a settembreHillary è stata qui soltanto una volta, scelta che do-vrebbe mostrare il definitivo superamento del model-lo. Il fatto, però, è che la candidata democratica è con-vinta di poter vincere anche senza aggiudicarsil’Ohio, in cui pure ha aperto sessanta uffici elettora-li che lavorano a tutto vapore, investimento che nonha eguali negli altri 49 stati. La strategia si era intui-ta quando ha scelto come compagno di ticket Tim Kai-ne, senatore della Virginia che grazie alla sua immen-

sa popolarità locale dovrebbe facilmente portare nelcampo democratico il suo stato, storicamente combat-tuto. Sommata a una coalizione di territori a chiaretinte democratiche, la Virginia dovrebbe permetterea Hillary di cucire un percorso per raggiungere laquota di 270 grandi elettori bypassando sia l’Ohio siala Florida. Si dice che sia stato Bill a suggerirle diprendere la via che passa dalla Virginia, e che a sus-surrarla al marito sia stato Stan Greenberg, leggenda-rio sondaggista di famiglia.

Curioso: Greenberg è stato il ricercatore che sulfinire degli anni Settanta ha scorto in una contea delMichigan il vasto fenomeno dei Reagan Democrats, idemocratici della classe medio-bassa che per rabbiae frustrazione avevano voltato le spalle al loro parti-to, cercando rifugio sotto l’ala di Reagan. Avendo fiu-tato un’aria elettorale analoga, forse Greenberg vuo-le evitare che Hillary investa incautamente nei feu-di della ribellione operaia e delle derive postdemo-

cratiche. Luoghi come Toledo, dove infatti l’obiettivodi Hillary è reggere l’urto.

Quattro anni fa Obama ha preso oltre il 63 per cen-to dei voti in questa città al confine con il Michiganche ha struttura urbana e destino più simili a quellidi Detroit che a qualunque altra città dello stato. Edi-fici abbandonati, fabbriche dismesse, quartieri fanta-sma, ruderi: un paradiso per gli esploratori urbaniche postano la decadenza su Instagram, un infernoper tutti gli altri.

Monica Klein, portavoce di Hillary in Ohio, giurache a Toledo non c’è nemmeno un usciere della cam-pagna elettorale che possa rilasciare qualche dichia-razione ufficiale sulla strategia locale. Dice soltantoche la candidata vuole “break the glass ceiling in theglass city”, un simpaticissimo calembour che avevogià letto sulla parete della sezione elettorale locale.Quelli che parlano in via ufficiosa confermano che daqueste parti si punta a tenere la barra dritta, il chesignifica assicurarsi di portare ai seggi chi già ha in-clinazioni democratiche, ben coscienti che è in que-sto tipo di ambiente che Trump vuole sfondare. Il por-tavoce del candidato repubblicano, un ragazzone conmolto gel nei capelli di nome Seth Unger, confermache stanno investendo sulla mobilitazione del Trum-penproletariat, anche se a occhio nudo il lavorio sulterritorio è quasi impalpabile. (segue a pagina tre)

“L’Ohio è lo swing state per eccellenza non perché il comportamento dei suoi elettoririflette le tendenze nazionali ma perché oggi le tendenze nazionali riflettono l’Ohio”

Nel 2016, da queste parti, alle primarie repubblicane hannovotato circa 35 mila elettori, cioè il 49 per cento degli aventidiritto. Otto anni fa soltanto ilquattordici per cento avevavotato alle stesse primarie

Chi sostiene che l’Ohio non siapiù l’epicentro non manca di

citare che a settembre Hillary èstata qui soltanto una volta,

scelta che dovrebbe mostrare ildefinitivo superamento del

modello. Non è proprio così

ANNO XXI NUMERO 239 - PAG 2 IL FOGLIO QUOTIDIANO LUNEDÌ 10 OTTOBRE 2016

Caccia al Trumpenproletariat

DIAMO I NUMERI• • • •

18I grandi elettori che il candi-

dato più votato si aggiudica,pari alla somma di deputati esenatori dello stato. Il numeroè calcolato in base alla popola-zione, e nelle ultime tornate èsempre diminuito. Il picco èstato nel 1968, quando l’Ohiovaleva 26 grandi elettori.

• • • •

47 milioniGli americani bianchi che

non hanno una laurea e nonsono mai andati a votare. So-no il target di riferimento diDonald Trump. In America cisono 215 milioni di aventi di-ritto e nel 2012 hanno votato129 milioni di persone.

• • • •

118.457I voti di differenza fra George

W. Bush e John Kerry nel 2004in Ohio. Se il presidente in cari-ca non avesse ottenuto i ventigrandi elettori avrebbe perso leelezioni. I democratici, gridandoai brogli, hanno chiesto un ri-conteggio delle schede, che haevidenziato un errore di trecen-to schede.

• • • •

76,6 per centoCon questa percentuale Mitt

Romney ha battuto Obamanella Mercer County, l’angolopiù conservatore dell’Ohio, aiconfini con l’Indiana. Da lìproviene l’ex speaker della Ca-mera, John Boehner.

• • • •

2Le volte che gli elettori del-

l’Ohio dal 1896 non hanno az-zeccato il presidente. Nel 1944lo stato ha preferito ThomasDewey al democratico Roose-velt, mentre nel 1960 Nixon hastrappato a Kennedy i venti-cinque grandi elettori, ma nonè arrivato alla Casa Bianca.

• • • •

3.050I morti per overdose nel

2015, record assoluto perl’Ohio, con un incremento del20 per cento rispetto all’annoprecedente. Sono in media ottovittime al giorno, una ogni dueore e cinquantadue minuti.Un terzo è deceduto iniettan-dosi fentanil, cinquanta voltepiù potente dell’eroina.

• • • •

5 per centoGli elettori che hanno cam-

biato affiliazione al partito pri-ma di votare alle primarie. Untasso di “conversione” doppiorispetto a quello del 2012. I de-mocratici passati al Partito re-pubblicano sono il triplo rispet-to a quelli che hanno fatto ilpercorso inverso.

• • • •

48.081 dollariIl reddito medio di una fa-

miglia dell’Ohio. Il BuckeyeState è al 35 posto nella clas-sifica per reddito pro capite.Al primo posto c’è il Mary-land con oltre settanta miladollari. Chiude il ranking ilMississippi, che di poco supe-ra i trenta mila.

• • • •

108 per centoUna petizione alla Casa

Bianca per il riconteggio dei vo-ti del 2012 diceva che Obamaaveva ricevuto più voti del nu-mero degli aventi diritto in unacontea dell’Ohio, aggiudicando-si il 108 per cento delle preferen-ze. Una bufala, ma molto getto-nata.

• • • •

8I presidenti originari del-

l’Ohio, stato “madre di presi-denti”: William Henry Harri-son, Ulysses Grant, RutherfordHayes, James Garfield, Benja-min Harrison, William McKin-ley, William Taft e Warren Har-ding.

• • • •

5,2 per centoIl tasso di disoccupazione in

Ohio alla vigilia delle elezioni,qualche punto decimale al disopra della media nazionale, al5 per cento.

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2 miliardi E’ il surplus di bilancio crea-

to dalle politiche per la cresci-ta del governatore repubblica-no John Kasich. Criticato dadestra per aver recepito senzafiatare i dettami dell’Obamaca-re, Kasich ha un sostegno bi-partisan quando si tratta dellepolitiche di bilancio. Il deficitereditato di otto miliardi di dol-lari è un vecchio ricordo.

• • • •

1835L’anno della “guerra di Tole-

do”, una disputa fra Michigane Ohio sulla sovranità del ter-ritorio noto come “striscia diToledo”. La conoscenza appros-simativa della geografia dell’a-rea ha dato la stura a un con-flitto risolto con la concessioneal Michigan di diventare unostato in cambio della “striscia”.

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30I minuti che ogni abitante

dell’Ohio ci dovrebbe impiegareal massimo per raggiungere inautomobile un’università al-l’interno dello stato. Era questoil progetto per potenziare l’altaformazione di Jim Rhodes, sto-rico governatore che è stato incarica dal 1963 al 1971 e poidal 1975 al 1983.

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ANNO XXI NUMERO 239 - PAG 3 IL FOGLIO QUOTIDIANO LUNEDÌ 10 OTTOBRE 2016

(segue dalla prima pagina)

Fuori dal quartier generale della campagna, inun anonimo edificio della periferia di Columbus do-ve il campanello è staccato ma le telecamere di si-curezza funzionano benissimo, Unger mi spiega ladinamica: “Incontriamo tanti elettori sfiduciati ver-so il Partito democratico, ma in questo momentocerchiamo soprattutto chi si è disaffezionato allapolitica, chi non vota mai e non compare nemmenonei sondaggi”. E’ il grande obiettivo nixonianodell’“allargamento della base” di cui Trump parlada mesi. I voti meno ricercati, per paradosso, sonoquelli dei repubblicani.

A Delaware, la città più ricca dell’Ohio dove servo-no costine in sous vide e su tutte le vetrine c’è scritto“now hiring”, l’ufficio del Partito repubblicano nonespone nemmeno un cartello con il nome di Trump.Tutte le energie sono dedicate alle campagne locali,prima fra tutte quella per la rielezione del senatoreRobert Portman. Il “victory office” di Trump – così sichiamano i suoi uffici elettorali – è a un centinaio dimetri di distanza, e la cosa più vitale che s’incontrasono le sagome cartonate del candidato. Di volonta-ri nemmeno l’ombra. “Il conflitto interno che vedia-mo qui fa parte della natura ‘insorgente’ di questacandidatura”, spiega Jenny Holland, professoressa diScienze politiche alla Ohio Wesleyan University.“Credo che alla fine i repubblicani finiranno percompattarsi intorno a Trump, ma non dimentichiamoche questo è lo stato dove il governatore Kasich nonsolo non si è presentato alla convention che si svolge-va nel suo stato, a Cleveland, ma è andato in città enon si è avvicinato al palazzetto, per manifestare tut-to il suo disprezzo”.

• • • •

Nel 58esimo distretto non è difficile vedere, sul po-steriore di automobili un po’ scassate, adesivi con lascritta “Up Yours Hillary!”, una variante di “FuckYou” che è altrettanto offensiva nella sostanza ma hail vantaggio di non contenere l’impronunciabile “F-word”. Quelle automobili e quegli adesivi apparten-gono per lo più a democratici traditi. Questo tassel-lo del midwest è da sempre una roccaforte della si-nistra. Alle elezioni del 2008 e del 2012 Barack Oba-ma ha superato senza sforzo la soglia del 60 per cen-to nel tratto della Mahoning Valley noto come “Steel

Valley”, la valle dell’acciaio. Se si guida per un’orae mezza verso sud lungo la vallata, attraversando ilconfine tracciato con il righello della Pennsylvania,si arriva a Clairton, il villaggio che un tempo era lacapitale del carbone coke dove Michael Cimino hacollocato i personaggi di The Deer Hunter, il tragicofilm del 1978 sulla guerra del Vietnam alla quale fada contrappunto la guerra tutta domestica della spie-tata civiltà postindustriale. Poche rappresentazionihanno inquadrato le sofferenze esistenziali del popo-lo della rust belt come quella del regista scomparsodi recente. Il 58esimo distretto è un regno di fabbri-che, sindacati, contrattazioni collettive e speranzedeluse che abbraccia la città di Youngstown e s’ap-poggia, sul lato orientale, sulle pendici degli Appa-lachi. E’ una regione che ha i suoi giorni migliori al-le spalle. A dire la verità, i giorni migliori sono cosìlontani che non si vedono nemmeno nello specchiet-to retrovisore della nostalgia, che è lo schermo in cuiil popolo da queste parti cerca di interpretare gli in-dizi del presente. Le sofferenze sono iniziate moltoprima che Bill Clinton negoziasse il Nafta e che laconcorrenza cinese mandasse in crisi il mercato del-l’acciaio americano, l’accelerata improvvisa dellaglobalizzazione dopo la fine della Guerra fredda haapprofondito certe ferite, ma i processi di decompo-sizione economica e sociale erano già in atto. Young-

stown è la regina delle shrinking cities, le città che sistanno restringendo e spopolando, e in termini rela-tivi la sua vicenda è più drammatica di quella di De-troit. Dal 1960 ha perso il 60 per cento della popola-zione, la percentuale di case disabitate è di venti vol-te superiore alla media nazionale. Nessuna città inAmerica perde pezzi a un ritmo tale. La dimensioneridotta ha permesso di adottare il modello che chia-mano smart shrinkage, una forma di decrescita intel-ligente che nasconde, dietro al dito di un nomignolofurbetto, la conversione coatta di aree urbane disabi-tate in zone agricole. Un taglio lineare più che unprogetto per la rinascita.

Nel 58esimo distretto succedono cose impreviste.Quest’anno alle primarie repubblicane hanno vota-to circa 35 mila elettori, cioè il 49 per cento degliaventi diritto, e 36 mila si sono espressi nel confron-to democratico. Otto anni fa soltanto il quattordiciper cento aveva votato alle primarie repubblica-ne. In primavera è cominciatol’esodo dal Partito democrati-co che ha monopolizzato lascena per decenni, e molti sipresentavano alla sezione re-pubblicana locale chiedendodi potersi iscrivere al “partitodi Trump”. Mark Munroe, re-sponsabile del Gop nella con-tea, racconta che durante iltrasloco della sezione in unanuova sede la linea telefonicaè stata interrotta per alcunigiorni: “Quando è stata ripri-stinata la segreteria telefonicaera inondata di messaggi di elettori democratici chevolevano sapere cosa dovevano fare per votareTrump alle primarie. In Ohio non bisogna fare nul-la, ma questa gente non lo sapeva, perché non si eramai posta il problema”. Quando sono arrivati i datidefinitivi dell’affluenza, Munroe è rimasto “di sasso”:oltre ventimila nuovi repubblicani sono apparsi inuna contea di 234 mila abitanti: “6.100 sono democra-tici convertiti, che è già un dato incredibile, e 14.000circa erano senza affiliazione, gente che magari nonè mai andata a votare”. Parlando con i membri diquesta inedita ondata repubblicana, Munroe ha tro-vato un “gruppo demografico ed economico eteroge-neo mobilitato essenzialmente da Trump, che è il ca-talizzatore di forze e motivazioni differenti. C’è chiarriva a Trump da una generica frustrazione nei con-fronti di Washington e del governo federale, ma an-che chi è deluso dal Partito democratico e imbestia-lito con Hillary. Tanti si presentano qui e dicono cheil Partito democratico non è quello dei loro genitorio dei loro nonni, non è il partito di Kennedy e Roo-sevelt”. Altri sono attirati dalla martellante campa-gna contro gli accordi di libero scambio, un fatto chenon deve sorprendere in un luogo dove “il Nafta è po-polare quanto Osama bin Laden”, come dice il poli-tologo Paul Sracic, della Youngstown State Univer-sity. Per descrivere la promessa di Trump, Munroeusa con trasporto l’espressione “rivoluzione politi-ca”, copyright del socialisteggiante Bernie Sanders.Da qualche parte Freud gongola per la coincidenza.Il risultato è che le primarie repubblicane in Ohiole ha vinte John Kasich con undici punti di distacco,ma fra i transfughi della bislacca contea della valledi Mahoning ha stravinto Trump di oltre tredici pun-ti. Diciotto esponenti locali del Partito democraticosono stati espulsi dopo essere stati sorpresi a farecampagna per il tycoon con il ciuffo. “Ha toccato unnervo scoperto, e ancora non abbiamo capito esatta-mente quale sia la natura di un fenomeno che noncrea nulla di nuovo ma catalizza elementi esistenti.In quarant’anni di militanza repubblicana non ave-vo mai visto nulla di simile”, spiega Munroe. J. D.Vance, l’autore del definitivo romanzo di deformazio-ne della working class, “Hillbilly Elegy”, scrive:“Ogni volta che mi chiedono qual è la cosa che cam-bierei nella classe operaia bianca dico: ‘La sensazio-ne che le nostre scelte non contano’”. Nel 58esimo di-stretto dell’Ohio sono in molti a crederlo.

• • • •

Si è ripetuto fino allo sfinimento che il messaggiodi Trump fa leva su paure strumentalmente esagera-te. Paura dei messicani-stupratori, dei rifugiati-terro-risti, paura delle conseguenze nefaste della globaliz-zazione e del vampirismo di Wall Street, della con-

correnza cinese e dei criminali negli angoli bui del-le strade. Accanto ai ragionamenti un po’ semplifi-cati sul timore sbandierato dal candidato populista,si sono diffusi anche studi e osservazioni più com-plessi intorno a una profonda inquietudine esisten-ziale che si manifesta in forme fra loro molto diver-se. Sono le figure ambigue del dramma dell’Ameri-ca contemporanea.

Nel sud-ovest dell’Ohio questo disagio è un ago eun laccio emostatico. L’eroina sta vivendo da tempoun pauroso revival in America, specialmente nelmidwest, ma dalle parti di Cincinnati il fenomeno haassunto negli ultimi due anni le proporzioni deva-stanti di un’epidemia, con centinaia di morti e mi-gliaia di casi di overdose. Nell’ultima settimana diagosto ci sono state 174 overdose, così tante che le for-ze di pronto intervento non avevano personale a suf-ficienza per intervenire. Alcuni chiedono che vengaproclamata una forma di stato d’emergenza, perché

si è rapidamente passati dall’eroi-na a sostanze più inquietanti. Pri-ma è arrivato il fentanil, un op-piaceo sintetico molto più po-tente dell’eroina. Tre milligram-mi bastano per uccidere un uo-mo adulto. Poi ha fatto la suacomparsa il carfentanil, una so-stanza che si usa come sedativoper gli elefanti, talmente tossi-ca che anche il contatto con lapelle provoca una reazionegrave. Il carfentanil è cento

volte più potente del fentanil,diecimila volte più potente della

morfina. Un tossicodipendente di Cincinnati di nomeKevin McCutcheon è arrivato a tanto così dall’altromondo inalando una mistura che conteneva carfen-tanil. Lui, che ha sperimentato tutto ciò che il mer-cato della droga può offrire, in un’intervista con laCbs locale ha definito il carfentanil “il diavolo”.

Per afferrare la gravità della situazione basta con-siderare che il Cincinnati Enquirer ha una cronista chesi occupa esclusivamente di eroina e affini. Si chia-ma Terry DeMio e sul suo biglietto da visita c’è scrit-to “heroin reporter”. DeMio dice che non si tratta diun fenomeno strettamente legato alla povertà, non èfiglio della disperazione economica: “L’eroina si trovatantissimo nelle idilliache comunità della middle

class bianca dei sobborghi, è anche un fenomeno bor-ghese. Qualche giorno fa ho incontrato una signora di65 anni di una famiglia perbene, era scioccata dal fat-to che il marito, di punto in bianco, le avesse chiestodi procurargli dell’eroina. Il fatto è che il medico ave-va smesso di prescrivergli gli oppiacei da cui era di-pendente da anni”. A un certo punto c’è stato, a livel-lo federale, una stretta sulle prescrizioni di farmacifatte dai medici con colpevole leggerezza. E’ emersacosì una popolazione dipendente da analgesici, anti-dolorifici, oppioidi di ogni tipo, uno strato d’Americainsospettabile che tirava avanti a forza di abusi di so-stanze legali. “Queste persone avevano anche primaun problema molto serio di dipendenza, ma adesso sirivolgono al mercato nero, così l’Ohio e il Kentuckysono invasi da droghe sintetiche prodotte per lo più inCina e che arrivano qui attraverso il Messico”, diceDeMio, secondo cui il tema dovrebbe “diventare unaquestione di salute pubblica”, non soltanto di giusti-zia penale. Ma cosa dice questo fenomeno sulla so-cietà in generale? “Che la gente sta male, profonda-mente male”. Dalle iniezioni di tranquillante per ele-fanti nelle periferie borghesi di Cincinnati non si de-duce l’esito delle elezioni né le ragioni remote delsuccesso di Trump, ma è una pennellata del chiaro-scuro quadro antropologico dell’America di oggi.

Mattia Ferraresi

Meglio in Virginia? I consiglieri hanno suggerito aHillary di non investire nei feudi della ribellioneoperaia. Esodi dai partiti. Gli elettori si presentanoalla sezione repubblicana chiedendo di iscriversi al“partito di Trump”. America invisibile. Nell’ultimasettimana di agosto ci sono stati 174 casi di overdose

Cosa vi siete persi• • • •

Gli effetti della droga“Nella Commissione affari

esteri c’è un trattato tra 19paesi europei e la repubblicadel Camerun, immaginatequanta forza possa avere unarepubblica africana che devecontrattare cose come i dazidoganali e il dumping socialecon i paesi europei. Gli artico-li parlano di riduzione di dazidoganali per le merci e bastauno stato africano che facciaquesto passaggio per cui tuttigli altri passeranno per questostato, per cui le merci passe-ranno dal Camerun e arrive-ranno qui senza dazi dogana-li. Questa è la droga del merca-to libero, il mercato libero nonfunziona perché non esiste.Viene iniettato di denaro, sol-di, finanziamenti pubblici e poivengono cancellati dei dazi do-ganali, che sono quelli che poiin un’economia studiata, an-che se non ho mai visto nessunesempio virtuoso in questo sen-so, dovrebbero riequilibrare unpo’ la situazione”.

Carlo Sibilia, responsabileuniversità del Movimento 5stelle, Conferenza internazio-nale sull’Economia della Fe-licità, 3 ottobre 2016

• • • •Innocente evasione

“Secondo il New York Times,Donald Trump avrebbe evitato(‘avoided’) di pagare le impostefederali negli ultimi vent’anni,grazie a una ingente perdita (ol-tre 900 milioni di dollari) dichia-rata nel 1995. [...] La stampa ita-liana che ha rilanciato la notiziava addirittura oltre, parlando divera e propria ‘evasione’. Al net-to dei reali intendimenti sotto-stanti a una notizia del genere,riaffiora così il solito analfabeti-smo sulla determinazione deitributi: le perdite fiscali non so-no un beneficio, un’agevolazio-ne o addirittura un espedienteevasivo, ma un meccanismofondamentale per la corretta de-terminazione dei redditi tassabi-li, indice di capacità contributi-va. […] Se si presenta all’opinio-ne pubblica il riporto delle perdi-te come un meccanismo evasivosiamo invece alla frutta, allospappolamento mentale, comequando si descrive una fantasio-sa ipotesi di ipertassazione deiredditi elevati come una ‘impo-sta patrimoniale’”.

Dario Stevanato, “Le tassedi Trump: riporto delle perdi-te e analfabetismo fiscale”,Giustiziafiscale.com, 2 otto-bre 2016

• • • •Certezza della gogna

“C’è stata una disparità ditrattamento, fra chi da due an-ni si trova su giornali, tv e sitisotto le insegne poco onorevolidi Mafia Capitale (Alemanno,ndr), e i 116 che ci sono finitisolo ieri (tra cui Zingaretti,ndr), con spazi ben più ridottie sotto titoli molto meno infa-manti che li associano a unarichiesta di archiviazione? Sì,c’è stata, anche se in parte è in-sita nelle regole del nostro si-stema penale. [...] Tutto, in-somma, è affidato al caso”.

Marco Travaglio, Il segretodi Zingarella, il Fatto quoti-diano, 7 ottobre 2016

• • • •Archiviazione Capitale

“La procura di Roma hachiesto stamattina l’archivia-zione per 116 indagati di mafiacapitale. Non ci sono elementiper proseguire le indagini, èstato detto. […] A quasi dueanni dall’inizio del grandescandalo, della scoperta della

piovra coi tentacoli su Roma,resta un pugno di imputaticon infiltrazioni sempre piùipotetiche e sempre più rarenell’amministrazione, e resta-no centinaia di articoli dastracciavesti buoni a gonfiaregli archivi, e resta qualche librodi successo e qualche filmd’impatto”.

Mattia Feltri, la Stampa, 6ottobre 2016

• • • •Chi c’è dietro?

“Vorrei sapere chi è il man-dante di tutte le cazzate chefaccio”.

Bartolomeo Pepe, senatoreex M5s, complottista e promo-tore della proiezione di unfilm contro i vaccini in Sena-to, su Twitter, 3 ottobre 2016

• • • •Settis, che stai a di’?

“Caro Professore, la ringrazionaturalmente per i generosi rico-noscimenti rivolti alla mia per-sona già all’inizio della lettera:riconoscimenti peraltro intro-duttivi a domande insinuanti ead aspre quanto infondate consi-derazioni relative al mio atteg-giamento sulla riforma costitu-zionale approvata dal Parla-mento. […] Per quanto mi ri-guarda, più in generale ho espo-sto organicamente le mie posi-zioni e i miei argomenti di carat-tere storico-istituzionale nell’am-pio intervento in discussione ge-nerale alla I Commissione delSenato il 15 luglio 2015 (e nelladichiarazione di voto resa in Au-la il 13/10/2015). Sono certo chelei – nella lodevole grande atten-zione che ha riservato a questequestioni, pur lontane dal cam-po di ricerca e di insegnamentoin cui ha saputo eccellere abbialetto attentamente il testo di en-trambi quei miei interventi, pe-raltro facilmente a tutti accessi-bile. Per ausilio pratico, glieneinvio comunque copia”.

Giorgio Napolitano rispon-de alle domande di SalvatoreSettis sull’ipotetico ruolo diJp Morgan nella riforma co-stituzionale, la Repubblica, 4ottobre 2016

• • • •Vaccinati dal Codadons“Il blocco della proiezione

del documentario sui vaccini‘Vaxxed’ rappresenta un brut-to atto di censura e una viola-zione del diritto di opinione.Sarebbe stato più civile tra-smettere il documentario perpoi stroncarlo duramente, macosì facendo il Senato si è resoprotagonista di una censurainaccettabile. Per tale motivopresentiamo un esposto aiQuestori del Senato per viola-zione dell’art. 21 della Costitu-zione”.

Carlo Rienzi, presidentedel Codacons denuncia il Se-nato e il presidente PietroGrasso, 29 settembre 2016

• • • •Capitano, mio capitano

“Boicottare bastoncini di pe-sce e spazzoloni per colpireMyrta Merlino e ‘L’Aria che ti-ra’ dove fa più male, al cuoredella pubblicità. E’ questa l’ini-ziativa di un gruppo Facebookdi militanti e attivisti del M5S,che lancia un ammutinamen-to di massa del Capitano Fin-dus e della ciurma del mocioVileda, rei di sponsorizzare latrasmissione di approfondi-mento in onda su La7”.

AdnKronos, 6 ottobre 2016

• • • •(Mandate le chicche imperdi-

bili della settimana a [email protected])

A Delaware, la città più riccadell’Ohio dove servono costine insous vide e su tutte le vetrine c’èscritto “now hiring”, l’ufficio delPartito repubblicano non esponenemmeno un cartello con il nomedi Trump

Per afferrare la gravità dellasituazione si consideri che il

Cincinnati Enquirer ha una cronistache si occupa solo di eroina e

affini. Si chiama Terry DeMio e sulsuo biglietto da visita c’è scritto

“heroin reporter”

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Ecosì: la riforma costitu-zionale è importante permolte ragioni, ma so-prattutto lo è perché ri-duce i costi della politi-

ca, taglia le poltrone, taglia le immu-nità dei parlamentari. In sintesi: vo-ta sì contro la casta. Lo stesso erro-re, da un certo punto di vista, che ilPd ha fatto con Ignazio Marino: fattodimettere dal Pd dalla carica di sin-daco di Roma non per le sacrosantequestioni legate all’efficienza maper questioni legate alla moralità,

l’inchiesta sugli scontrini, santo cie-lo. L’egemonia esercitata dal grilli-smo – egemonia di cui sono vittime eartefici anche i giornali, che negli ul-timi giorni sono riusciti ad arrivareal paradosso di condannare la sinda-ca di Roma, Virginia Raggi, non perla sua inefficienza e la sua incapa-cità a governare ma per aver niente-meno che tradito i princìpi grillini,per essere diventata una della castacome tutti gli altri – ha una sua rica-duta anche nel mondo del centrode-stra e risulta francamente incredibi-le come sia possibile che i leaderconservatori italiani non capiscanoche rincorrere il grillismo significasemplicemente fare il gioco dei gril-lini (se vince il no al referendum,vince Grillo, non vince Brunetta).Spiegata la chiave dell’egemonia re-

stano le altre due chiavi da affronta-re per fare un bilancio della bollagrillina. La retorica, si diceva. E que-sto forse è il punto più importante:dopo sette anni, il grillismo si ritrovaostaggio della sua stessa retorica,delle sue balle sulla trasparenza, sulpauperismo, sulla democrazia diret-ta, sul giustizialismo, sul movimenti-smo, sull’anti correntismo, e ora cheè costretto a governare, tranne in ra-rissimi casi, non può non riconosce-re che, se si vuole governare, non sipuò essere trasparenti, non si può es-sere pauperisti, non si può far vota-re ogni delibera su Facebook, non sipuò considerare colpevole fino aprova contraria un assessore, un sin-daco o un consigliere comunale. Laretorica del grillismo è destinata adiventare il cappio che terrà in

ostaggio il Movimento 5 stelle e quiarriviamo alla terza chiave di lettu-ra: il governo. I disastrosi primi cen-to giorni di Virginia Raggi – stendia-mo un velo pietoso e molto divertitosu come i 5 stelle siano diventati a talpunto un partito da essere devastatida una lacerante e comica guerra tracorrenti – possono sorprendere sologli ingenui che avevano creduto cheil Movimento 5 stelle potesse esserequalcosa di più di quella periodicapulsione qualunquista che si regi-stra in Italia dai tempi del comme-diografo Guglielmo Giannini (che nel1944, quando fondò il giornale da cuinacque l’uomo qualunque, che al po-sto di una gigantesca V aveva comesimbolo una gigantesca U, usò paro-le da vaffa day: “Questo è il giornaledell’uomo qualunque, stufo di tutti,

il cui solo, ardente desiderio, è chenessuno gli rompa le scatole”). Il di-sastro di Roma arriva dopo altri di-sastri disseminati in giro per l’Italia:a Parma, prima grande città conqui-stata da Grillo, il Movimento 5 stelleha perso il suo sindaco; a Comacchioil sindaco grillino, Marco Fabbri, èstato cacciato; a Gela è stato caccia-to un altro sindaco, Domenico Mes-sinese; a Quarto, stessa storia, e al-tro sindaco cacciato. Difficile fareprevisioni su cosa succederà a Ro-ma, perché il destino del movimen-to 5 stelle è legato anche al destinodel referendum. Più facile dire peròche se Roma sarà come Parma, Co-macchio, Gela e Quarto non cisarà una seconda possibilitàper fallire meglio, come direb-be il grande Samuel Beckett.

ANNO XXI NUMERO 239 - PAG IV IL FOGLIO QUOTIDIANO LUNEDÌ 10 OTTOBRE 2016

Esi vanta di afferrare ledonne per la fica a fa-vore di telecamera daletto, non per attrazio-ne fatale ma per il fa-

scino indiscreto del denaro e dellacelebrità, sbrodolando la sua per-sonalità guasta in pubblico, legitti-mando una condanna sociale chein altri contesti, quando si parladegli obblighi disciplinari favoritidai cattedratici del politicamentecorretto, suona falsa e oltraggiosa-mente conformista.Il codice del politicamente scor-retto deve essere impeccabile. Seti vuoi liberare dei boriosi, nonpuoi essere campione di braggado-cio, la chiacchiera indisponente einvasiva di chi vuole apparire sem-pre sulla vetta del monte della va-nità. Puoi difendere il garantismogiuridico, e attaccare i manettari,ma non se sei un inveterato evaso-re fiscale, un truffatore da strada,un Vip che di mestiere fa l’illusio-nista, una Vanna Marchi globale.Puoi fare la tv spazzatura, ma de-vi cantare Mozart nella sigla e par-lare una lingua decente. Puoi fareun giornale come il nostro, che siaffeziona a qualche causa persa,che vince molte battaglie, ma lo fasempre con l’ironia, una certa one-sta dissimulazione, con l’incantodi un conflitto culturale sensato,immaginoso ma pertinente, anchequando picchia duro. Se il tuo pro-gramma è infilzare la decenza co-me programma, se la tua vocazioneè quella dei grandi moralisti delCinquecento e del Seicento, offri-re agli uomini il loro ritratto, im-pedire loro che indulgano nellevacue e banali falsificazioni dell’u-manità, bisogna che la pennellatasia espressiva, di una bellezza con-tagiosa, almeno per le anime in-corrotte capaci di vedere la infini-ta e irredimibile corruzione dei fi-gli di Adamo. Se ti fanno ribrezzoi coretti che gridano onestà-tà-tànon puoi farti rappresentare dauno che si crede smart, proprio co-sì, smart, per non aver pagato tas-se diciott’anni di seguito. Berlu-sconi aveva tanti difetti ma è sem-pre stato un corteggiatore magariinsistente, magari spregiudicato,però sorridente e mite, ha semprevantato di essere il primo contri-buente italiano, il suo è stato unmusical a tratti sboccato e irriden-te non una videata più o meno por-no.

Risvolto amaro, necessità strumentaliE le bugie, le esagerazioni, le

forzature hanno anch’esse una lo-ro misura. Tutti se ne rendono re-sponsabili, ma solo chi ne conosceil risvolto amaro, la necessità stru-mentale, può incorrere nell’indul-genza, quella cosa che tutti prati-cano e più di tutti gli intransigen-ti, i moralizzatori presto moraliz-zati e sputtanati. Io sono andatonel mio piccolo nel Mugello, a con-trastare la leggenda vivente del-l’incorruttibilità, il castigatoredelle classi dirigenti, il pivot in-torno al quale si disfaceva la vec-chia Repubblica, Tonino Di Pie-tro, e ancora adesso, a vent’annida quell’incursione suicida, sonocontento di averlo fatto. Ma in unmondo trumpizzato, in cui si esibi-scono come paure e libido le sfre-natezze delle passioni, in cui si di-sprezza l’altro dal profondo delproprio cuore, non importa se concattiveria o dabbenaggine, in unmondo così sarebbe stato impossi-bile, la malandrinata sarebbe ri-sultata goffa, con i Trump in gironon c’è mai spazio per lo spiritocanagliesco della verità che non sidice o per l’innocenza del dito cheindica la nudità dell’impe-ratore.

I grillini, Roma, lacorda, il referendum

Trump è unadisgrazia per ilpensiero libero,ve lo avevo detto

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