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IL FOGLIO quotidiano Redazione e Amministrazione: Via Vittor Pisani 19 – 20124 Milano. Tel 06 589090.1 Sped. in Abb. Postale - DL 353/2003 Conv. L. 46/2004 Art. 1, c. 1, DBC MILANO DIRETTORE CLAUDIO CERASA ANNO XXIV NUMERO 79 MERCOLEDÌ 3 APRILE 2019 - e 1,80 y(7HB1C8*QLQKKS( +;!z!&!"!@ Dall ’Italia al Regno Unito. C’è un rischio Argentina per i paesi che ballano sul ponte del Titanic senza ribellarsi ai politici irresponsabili N ella pazza Italia che da nove mesi tenta di resistere all’incosciente cam- biamento populista, esiste un mistero politico ed economico che riguar- da un dato con cui sta facendoi conti anche la martoriata Gran Bretagna, alle prese con l’impossibile enigma della Brexit: la spensieratezza con cui i paesi in ostaggio di politiche irresponsabili continuano a ballare sul ponte del Titanic. Al contrario di quello che si potrebbe credere, l’elemento più sorpren- dente e curioso del ballo con vista iceberg non è quello che riguarda la traietto- ria di una classe politica inconsapevole delle conseguenze delle sue azioni pericolose, ma è quello che riguarda la sorprendente capacità di adattamento dei paesi che vivono in balìa di politiche fuori controllo. In Gran Bretagna, da almeno due anni, non passa giorno senza che i più qualificati tra gli analisti non spieghino i disastri generati dall’uscita del Regno Unito dall’Unione eu- ropea (nello scenario peggiore del No Deal, secondo la Banca centrale inglese, il pil inglese sprofonderà dell’otto per cento nel giro di un anno rispetto alla ricchezza prodotta nel periodo pre-referendum). Allo stesso tempo, in Italia, da almeno nove mesi, non passa giorno senza che i più qualificati tra gli ana- listi non spieghino i disastri generati dall’uscita dell’Italia da un percorso di attenzione ai conti pubblici (l’Ocse, due giorni fa, ha previsto per il 2019 una recessione allo 0,2 per cento, un deficit al 2,5, un debito oltre il 134 per cento). Eppure, mentre il mondo governato dal populismo becero si avvia a portare il proprio paese verso l’impattocon l’iceberg, succede periodicamente di ritro- varsi di fronte ad alcuni dati che sembrano indicare una preoccupazione rela- tiva al presente meno drammatica rispetto alle previsioni sul futuro. Succede, per parlare di Regno Unito, che il Guardian tiri fuori, è capitato la scorsa settimana, un’analisi sullo scenario economico del paese che registra sì, da parte delle imprese, una grande preoccupazione per un’incertezza politica divenuta un’emergenza nazionale, ma che allo stesso tempo, oplà, registra anche un’occupazione che, proprio nel bel mezzo dell’incertezza, ha raggiunto record positivi e un numero di consumatori molto alto che continua a spende- re contro tutte le previsioni. Vale per il Regno Unito e in una certa misura vale anche per l’Italia, dove nonostante l’iceberg, nonostante una recessione in circolo, nonostante la disoccupazione in aumento, nonostante un deficit fuori controllo, nonostante un clima progressivo di sfiducia, lo spread resta alto ma non troppo, la produzione industriale diminuiscema non troppo, i consumi diminuiscono ma non troppo, i consensi per i partiti di governo diminuiscono ma non troppo, i consensi per i leader di governo calano ma non troppo. La presenza di un collasso economico imminente ma non ancora perce- pito dai cittadini può essere analizzato con due chiavi di lettura. La prima chiave, forse un po’ ottimistica persino per vecchi ottimisti come noi, ci suggerisce che l’epoca della grande incertezza potrebbe aver portato gli elettori a considerare l’incertezza non come una forma di instabilità ma come una nuova forma di stabilità. La seconda chiave di lettura, forse un po’più convincente e purtroppo meno rassicurante, ci dice invece che lad- dove il benessere è tutto sommato diffuso (la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane ammonta a 3,8 volte il reddito disponibile, mentre quella delle famiglie tedesche si ferma a 3, e nel suo ultimo rapporto Bankitalia ha calcolato che la ricchezza finanziaria delle famiglie in Italia ammonta a 4.400 miliardi di euro, quella immobiliare a 6.300 miliardi, mentre i debi- ti arrivano ad appena 900 miliardidi euro) le politiche irresponsabili ag- grediscono la ricchezza di un paese in modo più progressivo che repentino. Un paese che ha una scorza resistente spesso riesce a tenere la sua econo- mia lontana dai guai generati dalla politica. Ma un paese dove la scorza è resistente corre un rischio: accorgersi dei guai generati dalla politica irre- sponsabile quando è troppo tardi per fermare il collasso. E’ questa la fine che ha fatto anni fa l’Argentina, paese sano, in crescita, rigoglioso, ma con un debito molto alto, che ha visto crollare il proprio benessere in mo- do progressivo grazie a una politica spendacciona e incompatibile con la realtà. E’ questa la fine che rischia di fare qualsiasi paese che di fronte all’iceberg piuttosto che cambiare rotta decide di continua- re a ballare. Musica maestro! Tra Budapest e Roma Perché non c’è e non ci sarà un’alleanza sovranista europea, ci dice l’esperto Il viaggio del politologo Bernard Guetta dall ’Ungheria all’Italia: i leader nazionalisti non collaborano. Intervista Il meno intellegibile? Kurz Il Truce evoca ai massimi livelli l’esecutivo che indossa in una gamba lo stivale e nell’altra il tacco 12. La piatta eterosessualità dei governanti è uno svantaggio, quello gay è in politica sesso protetto. Perché censurarsi? A QUALCUNO PIACE FLUIDO La Giornata * * * In Italia IL REVENGE PORN E’ REATO, SI’ DEL - LA CAMERA. L’emendamento alla legge sul codice rosso è stato approvato con 461 voti a favore. Nessun contrario. E’ prevista la reclusione per chi diffonda le foto intime di una persona senza consenso. Ritirato l’e- mendamento sulla castrazione chimica. (editoriale a pagina tre) *** Juncker è “preoccupato” per l’economia italiana. “Il governo deve sforzarsi per au- mentare la crescita”, ha detto il presidente della Commissione Ue. *** Scontro fra Tria e il M5s su Bugno. La con- sigliera del ministro ha rifiutato un incari- co alla società di elettronica Stm per conti- nuare a lavorare al Mef. *** Non ci sono indizi contro Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, in merito all’accusa di aver turbato le procedure di gara per l’asse - gnazione del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani. Lo scrive la Cassazione. *** Borsa di Milano. Ftse-Mib +0,01 per cen- to. Differenziale Btp-Bund a 272 punti. L’euro chiude in ribasso a 1,12 sul dollaro. D ice il Truce del sottosegretario Spa- dafora, litigando sulla famiglia na- turale, che “non ha titolo per occuparsi di queste cose” (più o meno, detesto le citazioni troppo letterali). E’ evocato co- sì al massimo livello, oops, il livello dei vecchi attacchi leghisti ai culattoni, il tema di un governo che indossa in una gamba lo stivale e nell’altra il tacco do- dici. I superinformati e i superpettegoli non fanno che parla- re di questo fin dall’i- nizio. Ora c’è il bollo del Viminale. Sconsiglio: uscite all’Opera, Orfeo ed Euridice, mano nella mano con una nuova “lei”. Sconsiglio: in- terviste in cui lei si dice “pazza d’amore per il suo cervello” (il cervello è quello di Giggino). Consiglio: la faccia tosta ammire- vole di Casalino, il primo depilato d’Ita - lia e portavoce del Pdcm, un altro in odo- re di santità, quando parla del fidanzato cubano, insomma un coming out pieno di sensibilità e di affe- zione. Sconsiglio: bat- tutacce psicopoliti- che del ministro di polizia. Sconsiglio: gossip e blagues ses- siste sul governo del cambiamento. Sconsi- glio: il bando di Vero- na, città di Romeo e Giulietta, ai danni del vice Di Maio (troppi processi in quel- la città amata e d’amore). Per il Vinitaly, poi. In uno dei più bei film della storia del cinema, naturalmente del compianto Sid- ney Lumet, Al Pacino giovane trascorre un pomeriggio di un giorno da cani: il rapinatore gentile, ballerino, molto left oriented, adorato dalle folle attruppate sulla scena e alla fine intrappolato da perplessi agenti dell’Fbi, ha una moglie e due pupi, e un marito androgino, Leo, che cambierà sesso con duemilacinquecento dollari che lui gli lascia per testamento o con altra moneta, visto che il cambrio- leur sopravvive e va in carcere. Fu il film del cambiamento, a metà dei Settanta, un capolavoro di umorismo e pietà infarcito di desiderio e di Dio (“Sono cattolico, non farò male a nessuno”, dice Al Pacino ai suoi ostaggi nella filiale della banca di Brooklyn). E’ da parecchio tempo che su queste cose si eserci- ta un magnifico sto- rytelling, per non parlare del Fedro e del Simposio (IV se- colo avanti Cristo). Perché censurarsi proprio ora? Avevamo già os- servato all’epoca dello smutandamen- to berlusconiano, pe- dinamenti e origlia- menti e spettegola- menti per incastrare la “furbizia levanti- na” delle signorine, che la piatta etero- sessualità dei gover- nanti era uno svan- taggio, quello gay è in politica sesso pro- tetto, il Cav. avrebbe dovuto pensarci e provvedere, come ha imparato a sue spese anche il ricchissimo Bezos che ha manda- to le foto dei genitali, presumibilmente i suoi, alla fidanzata segreta, incorrendo nelle indagini di MBS il saudita e del tabloid americano invece che della Boc- cassini e della stampa di corte talebana. Ai veronesi che minacciavano l’inferno per gli omosessuali, la mia amata Paola Concia ha replicato su Twitter: “Posso andarci con mia moglie?”. Oltre tutto, come si vede, c’è una que- stione eminentemente politica: le allean- ze. Il Truce minaccia due forni maschili- sti, ancorati a destra, non è che ai grilloz- zi di sesso e di governo possa fare schifo un’apertura a sinistra, eventuale, sul te- ma della modernità affettiva. Avanti, compagni, contro il Medioevo! Roma. I partiti politici populisti e sovra- nisti sono stati in grado di prosperare sulle rotture, sugli istinti tristi, sulle passioni rancorose, ma dopo aver creato il caos, manca loro slancio, mancano le soluzioni e restano gli smarrimenti. Sono frammentari e divisi, e a livello europeo per loro natura non sono in grado di creare una corrente. Eper questo che i linguaggi populisti e nazionalisti si adattano bene all’opposi - zione o a uno stato di cam- pagna elettorale perma- nente, ma mai al governo. Questo tema ricorre in un viaggio che poi è diventato un libro dal tito- lo “I sovranisti” (Add editore). Viaggiatore e autore è Bernard Guetta, giornalista, ex cor- rispondente del Monde a Vienna, Varsavia, Mosca e Washington, oggi editorialista per di- verse testate. Il 16 agosto dello scorso anno è partito per Budapest, dall ’Ungheria è andato in Polonia, poi in Austria e infine in Italia e ha scoperto che non ci sono nazionalismi la cui origine non si trovi nella storia. Sono fenome- ni da guardare, da studiare, ma forse con me- no ansia e con meno apprensione perché l ’on - data sovranista non ci sarà: i sovranisti riman- gono forti ma non avanzano, soprattutto non avanzano insieme. “I partiti nazionalisti han- no beneficiato del crollo dei partiti tradiziona- li – dice al Foglio Guetta – di destra e di sini- stra. Non sono stati i nazionalisti a distruggere la destra e la sinistra, ma sono venuti fuori dall ’autodistruzione della destra e della sini- stra. E’un discorso che non vale soltanto con i populisti, anche EmmanuelMacron è venuto fuori da quella rottura”. L’Italia per ora rima- ne un sistema a parte, che sta conoscendo l ’e- sperienza di un governo estremista bicolore, nato da poco più di un anno, ma nei paesi in cui tutto è incominciato, dall ’est, i nazionalisti rimangono stabili ma non sono in grado di progredire. (Flammini segue nell’inserto I) Questo numero è stato chiuso in redazione alle 20.30 SEBASTIAN KURZ Nel Mondo MACRON DICE CHE UN NO DEAL SA- RA’ COLPA DI LONDRA. Accogliendo il taoiseach irlandese all’Eliseo, il presi- dente francese ha detto che una proroga lunga “non è automatica” e che se ci sarà il no deal la colpa non sarà dell’Europa. *** Il partito di Erdogan contesterà i risul- tati del voto a Istanbul e ad Ankara, le due principali città della Turchia, dove i candidati dell’Akp sono stati battuti dal- l’opposizione secolare. *** Il Fmi abbassa le stime di crescita del pil globale rispetto alle previsioni di gen- naio, che vedevano una crescita del 3,5 per cento nel 2019 e del 3,6 per cento nel 2020. *** Il Bitcoin è aumentato del 20 per cento ieri, a seguito di un ordine anonimo di moneta virtuale da 100 milioni di dollari. *** Pelosi difende Biden. La leader dei de- mocratici alla Camera americana ha det- to che le accuse di comportamento scor- retto rivolte a Biden da alcune donne non sono ragione per rinunciare a un’even - tuale corsa presidenziale. Arriva Buttigieg Il candidato sorpresa alle primarie democratiche è un veterano gay che parla sei lingue New York. Il candidato sorpresa alle pri- marie democratiche si chiama Peter Butti- gieg (si pronuncia butti-gig, con entrambe le g dolci come in Genova). Fino a un mese fa era quasi uno sconosciuto, poi nel giro di due settimane è passato dall’uno per cento di gradimento nei sondaggi al quattro per cento, alla pari con Elizabeth Warren di cui però si parla da un anno. Tanto per dare un riferimento: Beto O’Rourke che monopoliz- za l’attenzione dei media da settembre è più o meno fisso al dodici per cento. Gli altri per ora non si muovono, lui sale. Lunedì Butti- gieg ha annunciato di avere raccolto sette milioni di dollari in piccole donazioni (me- dia: trentasette dollari) e questo prova che ha un seguito reale, non si tratta di una bolla creata dai media. Bernie Sanders, che gode di un seguito quasi messianico nella sinistra americana, per ora ha raccolto venti milioni di dollari. Secondo uno studio dell’agenzia Newship citato da Axios, Buttigieg sta gene- rando più interesse sui social media di tutti gli altri candidati democratici. Tra il 10 e il 31 marzo sono stati pubblicati su di lui 3.017 articoli e per ciascuno ci sono in media 901 interazioni. Per O’Rourke, che in queste co- se è il primo della classe, sono stati pubbli- cati 21.680 articoli, un’enormità in più, ma ciascuno ha 560 interazioni. Vuol dire che la gente rilancia, commenta, mette mi piace molto più agli articoli che riguardano Butti- gieg che a quelli che parlano degli altri can- didati. (Raineri segue nell’inserto IV) Processo alle banche “Il Colle? Il monito sulla commissione d’inchiesta non ci condiziona”, dice al Foglio il sottosegretario Villarosa (M5s) Roma. “No, che non ci condizionano. Le parole di Sergio Mattarella non cambiano affatto i nostri propositi”. Quando capisce che non gli si vuole chiedere nulla su Gio- vanni Tria, Alessio Villarosa quasi si rilas- sa. “Ormai è Triathlon, per me. Una fati- ca”, sorride il sottosegretario grillino al- l’Economia che col responsabile del Mef ingaggia da giorni, come un po’ tutti nel suo partito ma forse con più accanimento degli altri, una battaglia fatta di richieste di chiarimento, di ultimatum, di minacce di dimissioni. Non è di Tria, che vogliamo chiedergli, ma di Mattarella. “Certo che l’ho letta, la lettera con cui il presidente della Repubblica ha accompagnato la fir- ma della legge che istituisce la commissio- ne d’inchiesta sulle Banche. E non ci ho trovato nulla di notevole. Sono talmente giuste, le parole di Mattarella, che sono banali. Quella lettera è una ovvietà”. Per- ché scriverla, allora? “Per fare delle rac- comandazioni preventive di cui prendia- mo atto. D’altronde, il capo dello stato non poteva non firmare: se cominciamo a met- tere in dubbio la sovranità del Parlamen- to, che ha votato per l’istituzione della commissione, tutto diventa molto perico- loso”. Pericoloso, però, è anche lanciare una crociata contro il sistema bancario. “Nessuno rimpiange l’inquisizione”. In Banca d’Italia c’è chi teme che invece la tentazione della caccia alle streghe ci sia. “Questo, semmai, è perché Ignazio Visco forse teme di venire interrogato in com- missione”. (Valentini segue nell’inserto IV) Inglesi, siamo pazienti La May chiede una proroga corta e l’aiuto del Labour per uscire dall’impasse sulla Brexit. E’ancora tutto possibile Milano. Theresa May, premier britannico, ieri ha riunito i suoi ministri per sette ore e dopo ha fatto una dichiarazione pubblica ri- badendo che il suo obiettivo è fare uscire il Regno Unito dall’Unione europea in modo ordinato – la Brexit si deve fare. Per raggiun- gerlo ha detto che potrebbe esserci bisogno di una proroga limitata nel tempo e ha chiesto la collaborazione del leader dell’opposizio - ne laburista Jeremy Corbyn – ha capito che l’accordo negoziato con l’Ue non può passare ai Comuni soltanto con i voti dei Tory e del Dup nordirlandese – e delle indicazioni even- tuali dei Comuni – che finora, pur avendo pre- so in mano la gestione del processo della Bre- xit non hanno trovato una maggioranza su nessun percorso da seguire, né più soft né più hard. La May si è data nove giorni di tempo per questo ultimo tentativo di mediazione in- terna: il 12 aprile ci sarà il vertice straordina- rio europeo durante il quale si dovranno sta- bilire i passi successivi di questo divorzio im- possibile. Di fatto tutte le opzioni sono ancora disponibili: semmai per qualche giorno la May ha disinnescato la richiesta del Labour di andare a nuove elezioni. Corbyn infatti è chiamato a fornire o collaborazione sull’ac - cordo già negoziato o un’alternativa fattibile a questo accordo, che abbia la maggioranza in Parlamento (potrebbe bastare anche un consenso sul negoziato per le relazioni futu- re). In più la May sembra voler riprendere in mano la gestione del processo, e guidare an- che la scelta dei voti alternativi. L’unica cosa chiara è che la May non vuole partecipare al- le elezioni europee e questo potrebbe au- mentare le chance di un no deal. Come ha tuittato rapido il presidente del Consiglio eu- ropeo Donald Tusk: “Anche se, dopo oggi, an- cora non sappiamo quale sarà il risultato, sia- mo pazienti”. (p.ped) Revenge Etruria N el giorno in cui l’Italia civile e che condanna la violenza di genere è, per una volta e giu- stamente, orgogliosa di sé per l’approvazione dell’emendamento alle norme del “codice rosso” contro il re- venge porn, una menzione ad honorem bisognerebbe darla anche a Maria Ele- na Boschi. Che non ha mai subìto, che noi si sappia, attacchi violenti di quel tipo, ma che i suoi graffi e i suoi sfregi, con punte evidenti di maschilismo, se li è presi: per il solo fatto di essere (stata) una donna importante in politica. E sic- come è giovane, come nella favola del lupo e dell’agnello, per lei hanno fatto valere l’accusa retrodatata: se non sei stata tu, è stato tuo padre. Così l’hanno sfregiata pure nel soprannome che ab- biamo letto un milione di volte: Maria Etruria Boschi. Poi però succede que- sto. Ieri il pool della procura di Arezzo ha chiesto l’archiviazione per Pier Lui- gi Boschi per il contestato reato di ban- carotta fraudolenta. In febbraio era sta- to archiviato, babbo Boschi, anche da un’accusa di falso in prospetto. Se il gip di Arezzo archivierà, Pier Luigi Boschi “vedrà cadere tutte le contestazioni pe- nali ipotizzate nei suoi confronti” (citia- mo tra virgolette, come fosse un brocar- do, il Fatto quotidiano). Fine del caso Boschi-Etruria. Un’altra delle storie in- quietanti del circo mediatico-giudizia- rio applicato alla politica. E la figlia che era entrata in politica potrà ripren- dersi il suo nome, quello vero tutto inte- ro. Revenge Etruria. CONTRO MASTRO CILIEGIA - DI MAURIZIO CRIPPA UN INGANNO CHIAMATO CASALEGGIO Ma quale mago dell’innovazione! Così il Garante mette a nudo anche l’incompetenza del capo del M5s Nessuno nel M5s si fa domande o manifesta preoccupazione per il ruolo di Davide. Eppure dovrebbero Roma. Un giorno, quando ci guarderemo in- dietro, ci chiederemo com’è stato possibile che un paese sviluppato e civilizzato, del G7 e del- l’Unione europea, abbia creduto a una rappre- sentazione così falsa e truffaldina: la piattafor- ma Rousseau, la democrazia diretta, i cittadini che scrivono le leggi. E la risposta, purtroppo, sarà che gran parte della responsabilità è stata dei media, di noi giornalisti che ci siamo pre- stati ad amplificare la propaganda anziché raccontare i fatti. Ovvero dire che il webmaster è nudo, cioè inetto e quindi pericoloso. In questa settimana di avvicinamento a “Sum #03”, la kermesse annuale di Ivrea in memoria di Gianroberto Casaleggio, i giorna- li e i telegiornali continueranno a ripetere che si parlerà di “futuro”, di frontiera della “tecnologia”, di “innovazione”. E, come acca- de ormai da anni, Davide Casaleggio verrà intervistato in qualità di esperto di innova- zione tecnologica. Lo sentiremo parlare di “Intelligenza artificiale”, “automazione”, “Internet of things”, “blockchain” e magari ripeterà che “il superamento della democra- zia rappresentativa è inevitabile” e che “Rousseau è un sistema operativo che ci invi- diano in tutto il mondo”. E così tutti crede- ranno di trovarsi di fronte al Bill Gates o allo Steve Jobs italiano, quando evidentemente Davide Casaleggio è solo un altro Danilo To- ninelli – nel senso che il primo capisce di informatica quanto il secondo di infrastruttu- re. E tutto questo perché a nessuno viene in mente di fare domande, di chiedere conto, di non accettare risposte vuote o evasive. Eppure siamo di fronte a uno di quei casi in cui la distanza tra la narrazione e la realtà è siderale. Ieri il Foglio ha dato con- to del “Rapporto Rousseau”, le indagini che durano ormai da anni del Garante per la Privacy sulla “galassia M5s”. Il quadro che emerge è drammatico e ribalta anni di propaganda. Il “sistema operativo che ci invidiano in tutto il mondo” – come lo defi- nisce Casaleggio – è un colabrodo informa- tico, incapace di garantire la sicurezza dei dati personali. Si basa su un software vec- chio di dieci anni, scaduto sei anni fa, e considerato defunto dalla casa produttri- ce. La piattaforma Rousseau è una specie di software amatoriale, che non è in grado di garantire né la segretezza né la sicurez- za del voto. Gli elettori sono identificabili e il loro voto riconoscibile. Non solo i ri- sultati sono manipolabili in qualsiasi mo- mento del processo elettorale, ma possono essere alterati da parte di chiunque: dal- l’esterno, perché come hanno dimostrato i ripetuti attacchi hacker la vulnerabilità è elevata; e dall’interno, perché in assenza di procedure di auditing chiunque può in- tervenire e manipolare i voti (senza alcu- na possibilità di verifica a posteriori). Fa sorridere che in questo contesto Casaleg- gio parli di “certificazione” del voto da parte di un notaio: in primo luogo perché il notaio è un suo amico già candidato con il M5s (Valerio Tacchini); ma soprat- tutto perché – se pure fosse una persona completamente terza e imparziale – non ha la possibilità di garantire né verifica- re la correttezza del risultato, dato che le votazioni sono manipolabili in ogni istante e praticamente da parte di chiunque. Forse un giorno ci chiederemo com’è stato possibile affidare le decisioni del primo partito italiano a un meccanismo del genere. E allora ci renderemo conto che questo non è il paese di Steve Jobs e Bill Gates, ma di Wanna Marchi e del mago Do Nascimento. (Luciano Capone) Roma. Il Movimento cinque stelle è stato rifondato da Luigi Di Maio e Davide Casa- leggio che di fronte al notaio Valerio Tac- chini, il 20 dicembre 2017, a Milano, hanno dichiarato di “costituire un’associazione denominata ‘Movimento cinque stelle’”. Di Maio, secondo il nuovo atto costitutivo, è fondatore e anche capo politico. Casaleggio invece è soltanto fondatore. Ma il figlio di Gianroberto è anche proprietario di Rous- seau, cioè della piattaforma digitale attra- verso la quale – secondo l’articolo 1 dello statuto approvato sempre il 20 dicembre 2017 – sono organizzate “le modalità telema- tiche di consultazione degli iscritti… non - ché le modalità di gestione delle votazio- ni…”. E insomma Davide, che si presenta come un prestatore di servizi, ha invece un ruolo blindato e centrale nel M5s. Ebbene, come ha anticipato ieri il Foglio, un’indagi - ne del Garante per la privacy che sarà pre- sto resa pubblica ha rivelato quello che tutti sospettavamo: Rousseau scheda i suoi iscritti, ricorda come votano, ed è anche un sistema esposto ad attacchi esterni (hacker) e a condizionamenti interni (Davide). Ieri Casaleggio, ma soltanto dopo l’articolo del Foglio, ha annunciato, di nuovo, che tutto è stato risolto. Ma, parafrasando la sottose- gretaria Laura Castelli, “questo lo dice lui”. Il Garante invece dice che Rousseau non è in grado di prevenire eventuali abusi com- messi da parte degli addetti al suo funziona- mento. Ovvero Casaleggio Jr. potrebbe an- che alterare i risultati del voto, e senza la- sciare traccia. Come ben si vede, questa non è dettaglistica. Non si tratta di minuzie noio- se da onanisti del web. L’analisi del Garante sottolinea un pericolo democratico. Da Rousseau, vale forse la pena ricordarlo, in tempi recentissimi è passato il voto elettro- nico che ha evitato l’autorizzazione a proce- dere per Matteo Salvini nel caso Diciotti. Ed è sempre la piattaforma Rosseau a deci- dere chi devono votare i parlamentari gril- lini, per esempio, nell’elezione del presi- dente della Repubblica. Ed è infine attra- verso Rousseau che, proprio in questi gior- ni, vengono selezionati i candidati del M5s al Parlamento europeo. Com’è noto deputa- ti e senatori grillini – pena l’espulsione – sono costretti a obbedire alle deliberazioni di Rousseau (e obbligati a finanziarla con trecento euro al mese di soldi pubblici, cioè prelevati dal loro stipendio). I parlamenta- ri del M5s, tuttavia, non sembrano interes- sati al suo (mal)funzionamento, non si chie- dono a cosa servano i soldi che sono obbli- gati a versare, né sembrano preoccupati dal fatto che potrebbero stare tutti obbedendo alle decisioni di un solo uomo: un webma- ster di quarantatré anni che ha ereditato dal papà una piccola azienda con i conti in rosso, la Casaleggio Associati, e un’intuizio - ne politica formidabile. Ma ciò che pensano i parlamentari grillini è ormai secondario di fronte a un problema che a questo punto investe tutto il Parlamento. Se il presidente della Camera non fosse Roberto Fico, cioè uno di quelli che sottostanno spensierata- mente a questi meccanismi, ci si dovrebbe aspettare da lui una difesa dell’istituzione parlamentare, con le stesse parole usate da John Bercow, il presidente della Camera dei Comuni, nel momento più drammatico della Brexit: “Nessuno di voi è un traditore. L’unico dovere di ogni membro del Parla- mento risiede nel fare ciò che ritiene giu- sto”. Una difesa della libertà di coscienza e dell’assenza di vincolo di mandato. Ma se la democrazia è diretta(Salvatore Merlo) L’inganno è la democrazia digitale “La garanzia della sicurezza, della non hackerabilità e della segretezza del voto dato attraverso modalità digitali non c’è. Senza una legge sui partiti la democrazia sarà sempre vulnerabile”. Chiacchierata con Pizzetti, ex Garante per la privacy Roma. I più contenti del provvedi- mento in arrivo dal Garante per la pri- vacy sulle verifiche dell’adempimento delle prescrizioni su Rousseau indiriz- zate a Davide Casaleggio – anticipato ieri dal Foglio – dovrebbero essere pro- prio i Cinque stelle. D’altronde, sono i maggiori teorici del corretto funziona- mento della “democrazia diretta”, c’è pure un ministro dedicato alla questio- ne, Riccardo Fraccaro, che costante- mente ne sottolinea le meraviglie. “Il contributo del Garante, a prescindere da quali saranno le eventuali sanzioni, che si capiranno soltanto quando il provvedimento sarà reso pubblico, può essere positivo anche per il dibattito parlamentare in corso”, dice al Foglio Franco Pizzetti, giurista, già Garante per la privacy. Pizzetti dice che dal provvedimento dell’attuale Garante po- trebbero emergere fenomeni di interes- se che vanno oltre i poteri del Garante che non ha competenza in materia pena- le, “ma il tema più interessante che emerge dall’anticipazione del Foglio sul provvedimento del Garante, che potre- mo valutare solo quando sarà pubblica- to, riguarda la democrazia interna dei partiti”. (Allegranti segue nell’inserto IV) DI GIULIANO FERRARA LA NUOVA SINISTRA AMERICANA –2

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IL FOGL IOquotidianoRedazione e Amministrazione: Via Vittor Pisani 19 – 20124 Milano. Tel 06 589090.1 Sped. in Abb. Postale - DL 353/2003 Conv. L. 46/2004 Art. 1, c. 1, DBC MILANO

DIRETTORE CLAUDIO CERASAANNO XXIV NUMERO 79 MERCOLEDÌ 3 APRILE 2019 - e 1,80

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Dall’Italia al Regno Unito. C’è un rischio Argentina per i paesi che ballano sul ponte del Titanic senza ribellarsi ai politici irresponsabiliNella pazza Italia che da nove mesi tenta di resistere all’incosciente cam-

biamento populista, esiste unmistero politico ed economico che riguar-da un dato con cui sta facendo i conti anche la martoriata Gran Bretagna,alle prese con l’impossibile enigma della Brexit: la spensieratezza con cui ipaesi in ostaggio di politiche irresponsabili continuano a ballare sul ponte delTitanic. Al contrario di quello che si potrebbe credere, l’elemento più sorpren-dente e curioso del ballo con vista iceberg non è quello che riguarda la traietto -ria di una classe politica inconsapevole delle conseguenze delle sue azionipericolose, ma è quello che riguarda la sorprendente capacità di adattamentodei paesi che vivono in balìa di politiche fuori controllo. In Gran Bretagna, daalmeno due anni, non passa giorno senza che i più qualificati tra gli analistinon spieghino i disastri generati dall’uscita del Regno Unito dall’Unione eu-ropea (nello scenario peggiore del No Deal, secondo la Banca centrale inglese,il pil inglese sprofonderà dell’otto per cento nel giro di un anno rispetto allaricchezza prodotta nel periodo pre-referendum). Allo stesso tempo, in Italia,

da almeno nove mesi, non passa giorno senza che i più qualificati tra gli ana-listi non spieghino i disastri generati dall’uscita dell’Italia da un percorso diattenzione ai conti pubblici (l’Ocse, due giorni fa, ha previsto per il 2019 unarecessione allo 0,2 per cento, un deficit al 2,5, un debito oltre il 134 per cento).Eppure, mentre il mondo governato dal populismo becero si avvia a portare ilproprio paese verso l’impatto con l’iceberg, succede periodicamente di ritro-varsi di fronte ad alcuni dati che sembrano indicare una preoccupazione rela-tiva al presente meno drammatica rispetto alle previsioni sul futuro. Succede,per parlare di Regno Unito, che il Guardian tiri fuori, è capitato la scorsasettimana, un’analisi sullo scenario economico del paese che registra sì, daparte delle imprese, una grande preoccupazione per un’incertezza politicadivenuta un’emergenza nazionale, ma che allo stesso tempo, oplà, registraanche un’occupazione che, proprio nel bel mezzo dell’incertezza, ha raggiuntorecord positivi e un numero di consumatori molto alto che continua a spende-re contro tutte le previsioni. Vale per il Regno Unito e in una certa misura vale

anche per l’Italia, dove nonostante l’iceberg, nonostante una recessione incircolo, nonostante la disoccupazione in aumento, nonostante un deficit fuoricontrollo, nonostante un clima progressivo di sfiducia, lo spread resta alto manon troppo, la produzione industriale diminuisce ma non troppo, i consumidiminuiscono ma non troppo, i consensi per i partiti di governo diminuisconoma non troppo, i consensi per i leader di governo calano ma non troppo.

La presenza di un collasso economico imminente ma non ancora perce-pito dai cittadini può essere analizzato con due chiavi di lettura. La primachiave, forse un po’ ottimistica persino per vecchi ottimisti come noi, cisuggerisce che l’epoca della grande incertezza potrebbe aver portato glielettori a considerare l’incertezza non come una forma di instabilità macome una nuova forma di stabilità. La seconda chiave di lettura, forse unpo’ più convincente e purtroppo meno rassicurante, ci dice invece che lad-dove il benessere è tutto sommato diffuso (la ricchezza finanziaria dellefamiglie italiane ammonta a 3,8 volte il reddito disponibile, mentre quella

delle famiglie tedesche si ferma a 3, e nel suo ultimo rapporto Bankitaliaha calcolato che la ricchezza finanziaria delle famiglie in Italia ammontaa 4.400 miliardi di euro, quella immobiliare a 6.300 miliardi, mentre i debi-ti arrivano ad appena 900 miliardi di euro) le politiche irresponsabili ag-grediscono la ricchezza di un paese in modo più progressivo che repentino.Un paese che ha una scorza resistente spesso riesce a tenere la sua econo-mia lontana dai guai generati dalla politica. Maunpaese dove la scorza èresistente corre un rischio: accorgersi dei guai generati dalla politica irre -sponsabile quando è troppo tardi per fermare il collasso. E’ questa la fineche ha fatto anni fa l’Argentina, paese sano, in crescita, rigoglioso, ma conun debito molto alto, che ha visto crollare il proprio benessere in mo-do progressivo grazie a una politica spendacciona e incompatibilecon la realtà. E’ questa la fine che rischia di fare qualsiasi paese chedi fronte all’iceberg piuttosto che cambiare rotta decide di continua-re a ballare. Musica maestro!

Tra Budapest e Roma

Perché non c’è e non ci saràun’alleanza sovranistaeuropea, ci dice l’espertoIl viaggio del politologo Bernard Guetta

dall’Ungheria all’Italia: i leadernazionalisti non collaborano. Intervista

Il meno intellegibile? Kurz

Il Truce evoca ai massimi livelli l’esecutivo che indossa in una gamba lostivale e nell’altra il tacco 12. La piatta eterosessualità dei governanti è

uno svantaggio, quello gay è in politica sesso protetto. Perché censurarsi?

A QUALCUNO PIACE FLUIDO La Giornata* * *

In Italia

IL REVENGE PORN E’ REATO, SI’ DEL -LA CAMERA. L’emendamento alla leggesul codice rosso è stato approvato con 461voti a favore. Nessun contrario. E’ previstala reclusione per chi diffonda le foto intimedi una persona senza consenso. Ritirato l’e-mendamento sulla castrazione chimica.

(editoriale a pagina tre)* * *

Juncker è “preoccupato” per l’economiaitaliana. “Il governo deve sforzarsi per au-mentare la crescita”, ha detto il presidentedella Commissione Ue.

* * *Scontro fra Tria e il M5s su Bugno.La con-

sigliera del ministro ha rifiutato un incari-co alla società di elettronica Stm per conti-nuare a lavorare al Mef.

* * *Non ci sono indizi contro Mimmo Lucano,

ex sindaco di Riace, in merito all’accusa diaver turbato le procedure di gara per l’asse -gnazione del servizio di raccolta e trasportodei rifiuti urbani. Lo scrive la Cassazione.

* * *Borsa di Milano. Ftse-Mib +0,01 per cen-

to. Differenziale Btp-Bund a 272 punti.L’euro chiude in ribasso a 1,12 sul dollaro.

Dice il Truce del sottosegretario Spa-dafora, litigando sulla famiglia na-

turale, che “non ha titolo per occuparsidi queste cose” (più o meno, detesto le

citazioni troppo letterali). E’ evocato co-sì al massimo livello, oops, il livello deivecchi attacchi leghisti ai culattoni, iltema di un governo che indossa in unagamba lo stivale enell’altra il tacco do-dici. I superinformatie i superpettegolinon fanno che parla-re di questo fin dall’i-nizio. Ora c’è il bollodel Viminale.

Sconsiglio: usciteall’Opera, Orfeo edEuridice, mano nellamano con una nuova“lei”. Sconsiglio: in-terviste in cui lei sidice “pazza d’amoreper il suo cervello” (ilcervello è quello diGiggino). Consiglio: lafaccia tosta ammire-vole di Casalino, ilprimo depilato d’Ita -lia e portavoce delPdcm, un altro in odo-re di santità, quandoparla del fidanzatocubano, insomma uncoming out pieno disensibilità e di affe-zione. Sconsiglio: bat-tutacce psicopoliti-che del ministro dipolizia. Sconsiglio:gossip e blagues ses-siste sul governo delcambiamento. Sconsi-glio: il bando di Vero-na, città di Romeo e Giulietta, ai dannidel vice Di Maio (troppi processi in quel-la città amata e d’amore). Per il Vinitaly,poi.

In uno dei più bei film della storia delcinema, naturalmente del compianto Sid-ney Lumet, Al Pacino giovane trascorreun pomeriggio di un giorno da cani: ilrapinatore gentile, ballerino, molto leftoriented, adorato dalle folle attruppatesulla scena e alla fine intrappolato daperplessi agenti dell’Fbi, ha una moglie edue pupi, e un marito androgino, Leo, che

cambierà sesso con duemilacinquecentodollari che lui gli lascia per testamento ocon altra moneta, visto che il cambrio-leur sopravvive e va in carcere. Fu il filmdel cambiamento, a metà dei Settanta, uncapolavoro di umorismo e pietà infarcitodi desiderio e di Dio (“Sono cattolico, nonfarò male a nessuno”, dice Al Pacino aisuoi ostaggi nella filiale della banca diBrooklyn). E’ da parecchio tempo che su

queste cose si eserci-ta un magnifico sto-rytelling, per nonparlare del Fedro edel Simposio (IV se-colo avanti Cristo).Perché censurarsiproprio ora?

Avevamo già os-servato all’epocadello smutandamen-to berlusconiano, pe-dinamenti e origlia-menti e spettegola-menti per incastrarela “furbizia levanti-na” delle signorine,che la piatta etero-sessualità dei gover-nanti era uno svan-taggio, quello gay èin politica sesso pro-tetto, il Cav. avrebbedovuto pensarci eprovvedere, come haimparato a sue speseanche il ricchissimoBezos che ha manda-to le foto dei genitali,presumibilmente isuoi, alla fidanzatasegreta, incorrendonelle indagini diMBS il saudita e deltabloid americanoinvece che della Boc-

cassini e della stampa di corte talebana.Ai veronesi che minacciavano l’infernoper gli omosessuali, la mia amata PaolaConcia ha replicato su Twitter: “Possoandarci con mia moglie?”.

Oltre tutto, come si vede, c’è una que-stione eminentemente politica: le allean-ze. Il Truce minaccia due forni maschili-sti, ancorati a destra, non è che ai grilloz-zi di sesso e di governo possa fare schifoun’apertura a sinistra, eventuale, sul te-ma della modernità affettiva. Avanti,compagni, contro il Medioevo!

Roma. I partiti politici populisti e sovra-nisti sono stati in grado di prosperare sullerotture, sugli istinti tristi, sulle passionirancorose, ma dopo aver creato il caos,manca loro slancio, mancano le soluzioni erestano gli smarrimenti.Sono frammentari e divisi,e a livello europeo per loronatura non sono in gradodi creare una corrente. E’per questo che i linguaggipopulisti e nazionalisti siadattano bene all’opposi -zione o a uno stato di cam-pagna elettorale perma-nente, ma mai al governo.Questo tema ricorre in unviaggio che poi è diventato un libro dal tito-lo “I sovranisti” (Add editore). Viaggiatoree autore è Bernard Guetta, giornalista, ex cor-rispondente del Monde a Vienna, Varsavia,Mosca e Washington, oggi editorialista per di-verse testate. Il 16 agosto dello scorso anno èpartito per Budapest, dall’Ungheria è andatoin Polonia, poi in Austria e infine in Italia e hascoperto che non ci sono nazionalismi la cuiorigine non si trovi nella storia. Sono fenome-ni da guardare, da studiare, ma forse con me-no ansia e con meno apprensione perché l’on -data sovranista non ci sarà: i sovranisti riman-gono forti ma non avanzano, soprattutto nonavanzano insieme. “I partiti nazionalisti han-no beneficiato del crollo dei partiti tradiziona-li – dice al Foglio Guetta – di destra e di sini-stra. Non sono stati i nazionalisti a distruggerela destra e la sinistra, ma sono venuti fuoridall’autodistruzione della destra e della sini-stra. E’ un discorso che non vale soltanto con ipopulisti, anche Emmanuel Macron è venutofuori da quella rottura”. L’Italia per ora rima-ne un sistema a parte, che sta conoscendo l’e-sperienza di un governo estremista bicolore,nato da poco più di un anno, ma nei paesi incui tutto è incominciato, dall’est, i nazionalistirimangono stabili ma non sono in grado diprogredire. (Flammini segue nell’inserto I)

Questo numero è stato chiuso in redazione alle 20.30

SEBASTIAN KURZ

Nel Mondo

MACRON DICE CHE UN NO DEAL SA-RA’ COLPA DI LONDRA. Accogliendo iltaoiseach irlandese all’Eliseo, il presi-dente francese ha detto che una prorogalunga “non è automatica” e che se ci saràil no deal la colpa non sarà dell’Europa.

* * *Il partito di Erdogan contesterà i risul-

tati del voto a Istanbul e ad Ankara, ledue principali città della Turchia, dove icandidati dell’Akp sono stati battuti dal-l’opposizione secolare.

* * *Il Fmi abbassa le stime di crescita del

pil globale rispetto alle previsioni di gen-naio, che vedevano una crescita del 3,5per cento nel 2019 e del 3,6 per cento nel2020.

* * *Il Bitcoin è aumentato del 20 per cento

ieri, a seguito di un ordine anonimo dimoneta virtuale da 100 milioni di dollari.

* * *Pelosi difende Biden. La leader dei de-

mocratici alla Camera americana ha det-to che le accuse di comportamento scor-retto rivolte a Biden da alcune donne nonsono ragione per rinunciare a un’even -tuale corsa presidenziale.

Arriva ButtigiegIl candidato sorpresa alle

primarie democratiche è unveterano gay che parla sei lingue

New York. Il candidato sorpresa alle pri-marie democratiche si chiama Peter Butti-gieg (si pronuncia butti-gig, con entrambe leg dolci come in Genova). Fino a un mese fa

era quasi uno sconosciuto, poi nel giro didue settimane è passato dall’uno per centodi gradimento nei sondaggi al quattro percento, alla pari con Elizabeth Warren di cuiperò si parla da un anno. Tanto per dare unriferimento: Beto O’Rourke che monopoliz-za l’attenzione dei media da settembre è piùo meno fisso al dodici per cento. Gli altri perora non si muovono, lui sale. Lunedì Butti-gieg ha annunciato di avere raccolto settemilioni di dollari in piccole donazioni (me-dia: trentasette dollari) e questo prova cheha un seguito reale, non si tratta di una bollacreata dai media. Bernie Sanders, che godedi un seguito quasi messianico nella sinistraamericana, per ora ha raccolto venti milionidi dollari. Secondo uno studio dell’agenziaNewship citato da Axios, Buttigieg sta gene-rando più interesse sui social media di tuttigli altri candidati democratici. Tra il 10 e il31 marzo sono stati pubblicati su di lui 3.017articoli e per ciascuno ci sono in media 901interazioni. Per O’Rourke, che in queste co-se è il primo della classe, sono stati pubbli-cati 21.680 articoli, un’enormità in più, maciascuno ha 560 interazioni. Vuol dire che lagente rilancia, commenta, mette mi piacemolto più agli articoli che riguardano Butti-gieg che a quelli che parlano degli altri can-didati. (Raineri segue nell’inserto IV)

Processo alle banche“Il Colle? Il monito sulla commissioned’inchiesta non ci condiziona”, dice al

Foglio il sottosegretario Villarosa (M5s)

Roma. “No, che non ci condizionano. Leparole di Sergio Mattarella non cambianoaffatto i nostri propositi”. Quando capisceche non gli si vuole chiedere nulla su Gio-vanni Tria, Alessio Villarosa quasi si rilas-sa. “Ormai è Triathlon, per me. Una fati-ca”, sorride il sottosegretario grillino al-l’Economia che col responsabile del Mefingaggia da giorni, come un po’ tutti nelsuo partito ma forse con più accanimentodegli altri, una battaglia fatta di richiestedi chiarimento, di ultimatum, di minaccedi dimissioni. Non è di Tria, che vogliamochiedergli, ma di Mattarella. “Certo chel’ho letta, la lettera con cui il presidentedella Repubblica ha accompagnato la fir-ma della legge che istituisce la commissio-ne d’inchiesta sulle Banche. E non ci hotrovato nulla di notevole. Sono talmentegiuste, le parole di Mattarella, che sonobanali. Quella lettera è una ovvietà”. Per-ché scriverla, allora? “Per fare delle rac-comandazioni preventive di cui prendia-mo atto. D’altronde, il capo dello stato nonpoteva non firmare: se cominciamo a met-tere in dubbio la sovranità del Parlamen-to, che ha votato per l’istituzione dellacommissione, tutto diventa molto perico-loso”. Pericoloso, però, è anche lanciareuna crociata contro il sistema bancario.“Nessuno rimpiange l’inquisizione”. InBanca d’Italia c’è chi teme che invece latentazione della caccia alle streghe ci sia.“Questo, semmai, è perché Ignazio Viscoforse teme di venire interrogato in com-missione”. (Valentini segue nell’inserto IV)

Inglesi, siamo pazientiLa May chiede una proroga corta e l’aiutodel Labour per uscire dall’impasse sulla

Brexit. E’ancora tutto possibile

Milano. Theresa May, premier britannico,ieri ha riunito i suoi ministri per sette ore edopo ha fatto una dichiarazione pubblica ri-badendo che il suo obiettivo è fare uscire ilRegno Unito dall’Unione europea in modoordinato – la Brexit si deve fare. Per raggiun-gerlo ha detto che potrebbe esserci bisognodi una proroga limitata nel tempo e ha chiestola collaborazione del leader dell’opposizio -ne laburista Jeremy Corbyn – ha capito chel’accordo negoziato con l’Ue non può passareai Comuni soltanto con i voti dei Tory e delDup nordirlandese –e delle indicazioni even-tuali dei Comuni – che finora, pur avendo pre-so in mano la gestione del processo della Bre-xit non hanno trovato una maggioranza sunessun percorso da seguire, né più soft né piùhard. La May si è data nove giorni di tempoper questo ultimo tentativo di mediazione in-terna: il 12 aprile ci sarà il vertice straordina-rio europeo durante il quale si dovranno sta-bilire i passi successivi di questo divorzio im-possibile. Di fatto tutte le opzioni sono ancoradisponibili: semmai per qualche giorno laMay ha disinnescato la richiesta del Labourdi andare a nuove elezioni. Corbyn infatti èchiamato a fornire o collaborazione sull’ac -cordo già negoziato o un’alternativa fattibilea questo accordo, che abbia la maggioranzain Parlamento (potrebbe bastare anche unconsenso sul negoziato per le relazioni futu-re). In più la May sembra voler riprendere inmano la gestione del processo, e guidare an-che la scelta dei voti alternativi. L’unica cosachiara è che la May non vuole partecipare al-le elezioni europee e questo potrebbe au-mentare le chance di un no deal. Come hatuittato rapido il presidente del Consiglio eu-ropeo Donald Tusk: “Anche se, dopo oggi, an-cora non sappiamo quale sarà il risultato, sia-mo pazienti”. (p.ped)

Revenge EtruriaNel giorno in cui l’Italia civile

e che condanna la violenzadi genere è, per una volta e giu-stamente, orgogliosa di sé per

l’approvazione dell’emendamento allenorme del “codice rosso” contro il re -venge porn, una menzione ad honorembisognerebbe darla anche a Maria Ele-na Boschi. Che non ha mai subìto, chenoi si sappia, attacchi violenti di queltipo, ma che i suoi graffi e i suoi sfregi,con punte evidenti di maschilismo, se liè presi: per il solo fatto di essere (stata)una donna importante in politica. E sic-come è giovane, come nella favola dellupo e dell’agnello, per lei hanno fattovalere l’accusa retrodatata: se non seistata tu, è stato tuo padre. Così l’hannosfregiata pure nel soprannome che ab-biamo letto un milione di volte: MariaEtruria Boschi. Poi però succede que-sto. Ieri il pool della procura di Arezzoha chiesto l’archiviazione per Pier Lui-gi Boschi per il contestato reato di ban-carotta fraudolenta. In febbraio era sta-to archiviato, babbo Boschi, anche daun’accusa di falso in prospetto. Se il gipdi Arezzo archivierà, Pier Luigi Boschi“vedrà cadere tutte le contestazioni pe-nali ipotizzate nei suoi confronti” (citia -mo tra virgolette, come fosse un brocar-do, il Fatto quotidiano). Fine del casoBoschi-Etruria. Un’altra delle storie in-quietanti del circo mediatico-giudizia-rio applicato alla politica. E la figliache era entrata in politica potrà ripren-dersi il suo nome, quello vero tutto inte-ro. Revenge Etruria.

CONTRO MASTRO CILIEGIA - DI MAURIZIO CRIPPA

UN INGANNO CHIAMATO CASALEGGIOMa quale mago dell’innovazione!

Così il Garante mette a nudo anchel’incompetenza del capo del M5s

Nessuno nel M5s si fa domande omanifesta preoccupazione per il

ruolo di Davide. Eppure dovrebbero

Roma. Un giorno, quando ci guarderemo in-dietro, ci chiederemo com’è stato possibile cheun paese sviluppato e civilizzato, del G7 e del-l’Unione europea, abbia creduto a una rappre-sentazione così falsa e truffaldina: la piattafor-ma Rousseau, la democrazia diretta, i cittadiniche scrivono le leggi. E la risposta, purtroppo,sarà che gran parte della responsabilità è statadei media, di noi giornalisti che ci siamo pre-stati ad amplificare la propaganda anzichéraccontare i fatti. Ovvero dire che il webmasterè nudo, cioè inetto e quindi pericoloso.

In questa settimana di avvicinamento a“Sum #03”, la kermesse annuale di Ivrea inmemoria di Gianroberto Casaleggio, i giorna-li e i telegiornali continueranno a ripetereche si parlerà di “futuro”, di frontiera della“tecnologia”, di “innovazione”. E, come acca-de ormai da anni, Davide Casaleggio verràintervistato in qualità di esperto di innova-zione tecnologica. Lo sentiremo parlare di“Intelligenza artificiale”, “automazione”,“Internet of things”, “blockchain” e magariripeterà che “il superamento della democra-zia rappresentativa è inevitabile” e che“Rousseau è un sistema operativo che ci invi-diano in tutto il mondo”. E così tutti crede-ranno di trovarsi di fronte al Bill Gates o alloSteve Jobs italiano, quando evidentementeDavide Casaleggio è solo un altro Danilo To-ninelli – nel senso che il primo capisce diinformatica quanto il secondo di infrastruttu-re. E tutto questo perché a nessuno viene inmente di fare domande, di chiedere conto, dinon accettare risposte vuote o evasive.

Eppure siamo di fronte a uno di queicasi in cui la distanza tra la narrazione e larealtà è siderale. Ieri il Foglio ha dato con-to del “Rapporto Rousseau”, le indaginiche durano ormai da anni del Garante perla Privacy sulla “galassia M5s”. Il quadroche emerge è drammatico e ribalta anni dipropaganda. Il “sistema operativo che ciinvidiano in tutto il mondo” – come lo defi-nisce Casaleggio – è un colabrodo informa-tico, incapace di garantire la sicurezza deidati personali. Si basa su un software vec-chio di dieci anni, scaduto sei anni fa, econsiderato defunto dalla casa produttri-ce. La piattaforma Rousseau è una speciedi software amatoriale, che non è in gradodi garantire né la segretezza né la sicurez-za del voto. Gli elettori sono identificabilie il loro voto riconoscibile. Non solo i ri-sultati sono manipolabili in qualsiasi mo-mento del processo elettorale, ma possonoessere alterati da parte di chiunque: dal-l’esterno, perché come hanno dimostrato iripetuti attacchi hacker la vulnerabilità èelevata; e dall’interno, perché in assenzadi procedure di auditing chiunque può in-tervenire e manipolare i voti (senza alcu-na possibilità di verifica a posteriori). Fasorridere che in questo contesto Casaleg-gio parli di “certificazione” del voto daparte di un notaio: in primo luogo perchéil notaio è un suo amico già candidatocon il M5s (Valerio Tacchini); ma soprat-tutto perché – se pure fosse una personacompletamente terza e imparziale – nonha la possibilità di garantire né verifica-re la correttezza del risultato, dato che levotazioni sono manipolabili in ogni istantee praticamente da parte di chiunque.

Forse un giorno ci chiederemo com’èstato possibile affidare le decisioni delprimo partito italiano a un meccanismodel genere. E allora ci renderemo contoche questo non è il paese di Steve Jobs eBill Gates, ma di Wanna Marchi e del magoDo Nascimento. (Luciano Capone)

Roma. Il Movimento cinque stelle è statorifondato da Luigi Di Maio e Davide Casa-leggio che di fronte al notaio Valerio Tac-chini, il 20 dicembre 2017, a Milano, hannodichiarato di “costituire un’associazionedenominata ‘Movimento cinque stelle’”. DiMaio, secondo il nuovo atto costitutivo, èfondatore e anche capo politico. Casaleggioinvece è soltanto fondatore. Ma il figlio diGianroberto è anche proprietario di Rous-seau, cioè della piattaforma digitale attra-verso la quale – secondo l’articolo 1 dellostatuto approvato sempre il 20 dicembre2017 – sono organizzate “le modalità telema-tiche di consultazione degli iscritti… non -ché le modalità di gestione delle votazio-ni…”. E insomma Davide, che si presentacome un prestatore di servizi, ha invece unruolo blindato e centrale nel M5s. Ebbene,come ha anticipato ieri il Foglio, un’indagi -ne del Garante per la privacy che sarà pre-sto resa pubblica ha rivelato quello che tuttisospettavamo: Rousseau scheda i suoiiscritti, ricorda come votano, ed è anche unsistema esposto ad attacchi esterni (hacker)e a condizionamenti interni (Davide). IeriCasaleggio, ma soltanto dopo l’articolo delFoglio, ha annunciato, di nuovo, che tutto èstato risolto. Ma, parafrasando la sottose-gretaria Laura Castelli, “questo lo dice lui”.Il Garante invece dice che Rousseau non èin grado di prevenire eventuali abusi com-messi da parte degli addetti al suo funziona-mento. Ovvero Casaleggio Jr. potrebbe an-che alterare i risultati del voto, e senza la-sciare traccia. Come ben si vede, questa nonè dettaglistica. Non si tratta di minuzie noio-se da onanisti del web. L’analisi del Garantesottolinea un pericolo democratico. DaRousseau, vale forse la pena ricordarlo, intempi recentissimi è passato il voto elettro-nico che ha evitato l’autorizzazione a proce-dere per Matteo Salvini nel caso Diciotti.Ed è sempre la piattaforma Rosseau a deci-dere chi devono votare i parlamentari gril-lini, per esempio, nell’elezione del presi-dente della Repubblica. Ed è infine attra-verso Rousseau che, proprio in questi gior-ni, vengono selezionati i candidati del M5sal Parlamento europeo. Com’è noto deputa-ti e senatori grillini – pena l’espulsione –sono costretti a obbedire alle deliberazionidi Rousseau (e obbligati a finanziarla contrecento euro al mese di soldi pubblici, cioèprelevati dal loro stipendio). I parlamenta-ri del M5s, tuttavia, non sembrano interes-sati al suo (mal)funzionamento, non si chie-dono a cosa servano i soldi che sono obbli-gati a versare, né sembrano preoccupati dalfatto che potrebbero stare tutti obbedendoalle decisioni di un solo uomo: un webma-ster di quarantatré anni che ha ereditatodal papà una piccola azienda con i conti inrosso, la Casaleggio Associati, e un’intuizio -ne politica formidabile. Ma ciò che pensanoi parlamentari grillini è ormai secondariodi fronte a un problema che a questo puntoinveste tutto il Parlamento. Se il presidentedella Camera non fosse Roberto Fico, cioèuno di quelli che sottostanno spensierata-mente a questi meccanismi, ci si dovrebbeaspettare da lui una difesa dell’istituzioneparlamentare, con le stesse parole usate daJohn Bercow, il presidente della Cameradei Comuni, nel momento più drammaticodella Brexit: “Nessuno di voi è un traditore.L’unico dovere di ogni membro del Parla-mento risiede nel fare ciò che ritiene giu-sto”. Una difesa della libertà di coscienza edell’assenza di vincolo di mandato. Ma se lademocrazia è diretta… (Salvatore Merlo)

L’inganno è la democrazia digitale“La garanzia della sicurezza, della non hackerabilità e della segretezza del voto

dato attraverso modalità digitali non c’è. Senza una legge sui partiti la democraziasarà sempre vulnerabile”. Chiacchierata con Pizzetti, ex Garante per la privacy

Roma. I più contenti del provvedi-mento in arrivo dal Garante per la pri-vacy sulle verifiche dell’adempimentodelle prescrizioni su Rousseau indiriz-zate a Davide Casaleggio – anticipatoieri dal Foglio – dovrebbero essere pro-prio i Cinque stelle. D’altronde, sono imaggiori teorici del corretto funziona-mento della “democrazia diretta”, c’èpure un ministro dedicato alla questio-ne, Riccardo Fraccaro, che costante-mente ne sottolinea le meraviglie. “Ilcontributo del Garante, a prescindereda quali saranno le eventuali sanzioni,che si capiranno soltanto quando il

provvedimento sarà reso pubblico, puòessere positivo anche per il dibattitoparlamentare in corso”, dice al FoglioFranco Pizzetti, giurista, già Garanteper la privacy. Pizzetti dice che dalprovvedimento dell’attuale Garante po-trebbero emergere fenomeni di interes-se che vanno oltre i poteri del Garanteche non ha competenza in materia pena-le, “ma il tema più interessante cheemerge dall’anticipazione del Foglio sulprovvedimento del Garante, che potre-mo valutare solo quando sarà pubblica-to, riguarda la democrazia interna deipartiti”. (Allegranti segue nell’inserto IV)

DI GIULIANO FERRARA

LA NUOVA SINISTRA AMERICANA – 2

Page 2: IL FOGL IO - add editore · L euro chiude in ribasso a 1,12 sul dollaro. D ice il Truce del sottosegretario Spa-dafora, litigando sulla famiglia na-turale, che non ha titolo per occuparsi

ANNO XXIV NUMERO 79 - PAG I IL FOGLIO QUOTIDIANO MERCOLEDÌ 3 APRILE 2019

L’UNIONE, NONOSTANTE TUTTOCon un viaggio tra Ungheria, Polonia, Austria e Italia Bernard Guetta ci dice perché i sovranisti non avranno l’Europa

Viktor Orbán non riesce mai ad arrivareal 50 per cento, il PiS che governa la Polo-nia anche non avanza, forse vincerà ancheil voto autunnale delle parlamentari, ma lofarà perdendo consensi rispetto al 2015.Fermi, immobili, rimangono influenti a li-vello nazionale, ma uniti, alleati appaionoscoordinati, difformi, sconnessi. Il proble-ma sta nella loro stessa essenza, in quelnome “nazionalisti”. “Il progetto europeosi realizza collaborando, cercando delle

soluzioni comuni, pensando a dei valoriche vanno oltre quelli nazionali. Basta unesempio per capire che non possono essereforti unendosi. Il governo italiano chiedeche gli altri paesi europei prendano la loroparte di migranti e rifugiati che arrivanosul territorio italiano. Non sarà di certo Or-bán, o il PiS, nemmeno la coalizione au-striaca ad andare incontro agli interessiitaliani. Ancora un esempio, Orbán si èpronunciato a favore di un esercito euro-peo comune, i polacchi non ne hanno inten-zione, temono che se gli europei si doteran-no di un esercito l’ombrello americano, già

chiuso a metà, si chiuderà del tutto. Gliesempi sono tanti, tantissimi”, dice Guetta.Le soluzioni comuni si trovano andando ol-tre gli egoismi nazionali, responsabili deiconflitti, delle guerre civili che hanno do-minato l’Europa nei secoli passati e lagrandezza, l’importanza dell’Unione euro-pea è in questo, nella necessità di trovareun racconto una causa comune.

“I partiti più eurofobici che reclamava-no la necessità di lasciare l’Europa, la defi-nivano ‘la prigione dei popoli’, ora non neparlano più, hanno cambiato il loro discor-so. Non lo ammetteranno mai ma dipendedalla Brexit e dal suo assoluto insuccesso,la catastrofe alla quale gli eurofobici bri-tannici hanno condotto la Gran Bretagna”.Tra i populisti, che non pronunciano più laparola exit, è tutto un parlare di riforme,non vogliono più abbandonare la “prigionedei popoli”, che è più comoda del solipsi-smo al quale si sta condannando Londra,testardamente impigliata nel rischio diuscire senza un deal. “I sovranisti sono pas-sati dal predicare l’impossibilità di cam-biare l’Europa, all’urlare la necessità di ri-voluzionarla. Ma non sono stati loro i primia parlare di riforme, tutti gli europeisti, or-mai da tempo, sentivano questa necessità”.I socialdemocratici continuano a ripetereche bisogna sviluppare la dimensione so-ciale nei trattati, i liberali si battono peruna maggior liberalizzazione dell’econo -mia a livello comunitario, i federalisti ve-dono la creazione di un’Europa sul model-lo federale come una necessità. “Come intutte le democrazie ci sono delle correnti el’Unione europea non fa eccezione, ci sono

correnti che propongono cambiamenti, ri-forme, i nazionalisti non hanno inventatonulla e non sono stati di certo i primi a sen-tire la necessità di riformare l’Unione”.

Torniamo alle quattro nazioni che Ber-nard Guetta ha attraversato per raccontarei nazionalismi e loro popoli. All’Ungheriadi Viktor Orbán, alla Polonia di JaroslawKaczynski, all’Austria di Sebastian Kurz,scivolando fino all’Italia gialloverde. Tuttoè iniziato in Ungheria e come scrive Guettanon esistono fenomeni politici che non ab-biano le loro radici nella storia, nella tradi-zione. “Non è stato Orbán a inventare il mo-dello illiberale, l’esempio che lui segue sitrova un po’ più a est, in Russia. VladimirPutin dice di essere democratico, ma insi-ste sulla necessità di una democrazia chefunzioni e con questa scusa ha imposto lasoppressione di tutte le libertà fondamen-tali. Orbán ha importato il putinismo inUnione europea”. Ma non ovunque in Eu-ropa il nazionalismo può dirsi figlio dellaRussia. Sicuramente non in Polonia. “InUngheria dopo la rivolta del 1956 gli unghe-resi avevano un gran bisogno di tranquilli-tà politica, istituzionale, sociale. In Poloniatutto era diverso, l’opposizione al comuni-smo ha avuto un forte seguito a livello po-polare durato anni”, dice Guetta. Sarebbeimpossibile per il PiS imporre quelle rifor-me che Fidesz, il partito di Orbán, ha impo-sto in Ungheria. “In Polonia la stampa èlibera, i polacchi scendono in piazza a pro-testare, c’è un’opposizione che reagisce, èvitale. In Ungheria l’opposizione non c’è,ogni tanto riemerge in contesti locali”. Latradizione che ridisegna il presente di tutti

noi, ha anche creato la situazione per cui inPolonia c’è un’opposizione vigorosa che inUngheria manca, fa sì che la democraziastia meglio a Varsavia che a Budapest: “Ipolacchi credono che lottando le cose pos-sano cambiare, questa convinzione gli un-gheresi l’hanno perduta nel 1956”.

Ci sono tuttavia caratteristiche comuniche collegano tutti i nazionalismi, uno è lareligione, un concetto rivisto, spogliato delsuo significato originale: “L’Ungheria è unpaese scristianizzato, quasi quanto laFrancia, ma Orbán ha fatto del cristianesi-mo un concetto identitario, uno strumentodi lotta politica che ha poco a che vederecon il credo”. Il cristianesimo, inteso comeidentità cristiana, arricchisce la retorica dimolte battaglie populiste, da quella control’immigrazione, a quella contro l’aborto. Cisono valori, idee sulle quali l’Europa sem-bra costantemente in bilico, battaglie che inazionalisti chiamano identitarie e chesembrano creare una profonda spaccatura.“L’aborto, il matrimonio omosessuale el’immigrazione sono temi fondamentali neldibattito europeo, ma non dividono soltan-to l’Europa nazionalista da quella non na-zionalista, ad esempio il PiS vuole rendereancora più restrittiva la legge sull’aborto,mentre Fidesz non ha intenzione ancheperché si troverebbe tutta l’Ungheria inpiazza. I matrimoni gay sono stati difficilida accettare anche per parte della societàfrancese, l’est si sta aprendo e la Polonia,cosa impensabile fino a cinque anni fa, haun politico che dice apertamente di essereomosessuale e guida un movimento di suc-cesso”.

L’Europa è divisa in correnti, i conserva-tori hanno una loro linea, una loro idea diEuropa, come l’hanno i socialdemocratici oi liberali. Questa unità manca ai sovranistiche non costituiscono un fronte compatto.Nel suo viaggio Guetta ha attraversatol’Austria, governata da una coalizione checomprende il Partito popolare del cancel-liere Sebastian Kurz e l’estrema destra, laFpÖ. “Kurz è un personaggio inintelligibi-le, qualcuno sostiene che Kurz abbia stret-to questa alleanza per dominare la FpÖ,qualcuno invece sostiene che la sua destrasia molto simile a quella estrema. Capirechi sia Sebastian Kurz è una domanda dadieci milioni di dollari, forse non lo sanemmeno lui”.

E siamo arrivati in Italia, l’ultima tappadel viaggio di Bernard Guetta. La più aoccidente di tutte le nazioni governatedai nazionalisti. “L’Italia credo sia tra lenazioni che più hanno sofferto del falli-mento della destra e della sinistra, dellaDemocrazia cristiana e dei socialisti. Daquesta rottura sono venute fuori nuoveforme politiche: il Movimento 5 stelle, cheha cercato di occupare il posto della sini-stra, e la piccola Lega nord che si è tra-sformata nella grande Lega nazionale oc-cupando lo spazio della destra. Non credoin questa coalizione, Matteo Salvini at-tenderà di crescere ancora nei sondaggi ecredo che deciderà di rompere per forma-re poi un governo omogeneo”. Ma l’Italiasi affaccerà all’Europa che verrà dopo leelezioni con più fragilità. Qualsiasi sarà ilcolore della futura Commissione non saràbuona né accondiscendente. Se vincono i

moderati, non saranno disposti ad asse-condare i capricci e le impreparazionigialloverdi come ha fatto Jean-ClaudeJuncker, se invece dovessero vincere i na-zionalisti, la loro inaffidabilità rappre-senta un rischio anche per il governo ita-liano. Alla fine di questo viaggio, BernardGuetta fa capire che il sovranismo non èuna delle correnti che percorrono il Par-lamento europeo, è rigato e frammentato,è isolato e arroccato. Ognuno su stesso. Ilsovranismo non è una visione e per questoforse la presa dell’Europa, dove si agisceuniti, non gli riuscirà.

“L’Unione europea ci sarà sempre. Tra

qualche anno dovremo dibattere di temiimportanti come la difesa o la cooperazio-ne industriale, queste saranno le nuovesfide, ma non ci sarà nessun crollo. Credo– dice Bernard Guetta lasciandoci scivo-lare nelle speranze e nei pronostici – checi sarà molta più unità di quanto possia-mo immaginare oggi. Rimane aperta lagrande domanda, che fine faranno le for-mazioni politiche, se assisteremo al ritor-no del bipolarismo o se vedremo la molti-plicazione dei partiti centristi. La rispo-sta, forse, ce la daranno le elezioni euro-pee”.

Milano. “Mi avevano avvertito che entrarein politica è sempre una cosa turbolenta e tu-multuosa. Confermo”, ha detto RaphaëlGlucksmann ieri a Europe 1, nascondendocon un sorriso questo suo debutto burrasco-so nella campagna elettorale francese per leelezioni europee. Glucksmann ha fondato unmovimento alla fine dell’anno scorso, Placepublique, che aveva come obiettivo quello di“riunire la sinistra” francese, mettere insie-me tutte le sue diverse anime sotto un nuovoombrello, e procedere uniti verso una re-staurazione ideale oltre che elettorale. Gluc-ksmann si è così unito al Partito socialista ametà marzo: il consiglio del Ps lo ha poi nomi-nato capolista, con 128 voti favorevoli, 5 con-trari, e 35 astenuti (questi ultimi fanno partedella corrente dell’ex ministro Stéphane Le

Foll, che si è dimesso dal consiglio per prote-sta). Questa partnership elettorale, volutadal leader del Ps Olivier Faure ma ostacolatada molti altri elefanti del partito, è talmentecontrastata che due giorni fa Libération,quotidiano di sinistra, ha messo tutti i leaderdella sinistra francese, piccoli e grandi, at-tuali ed ex, in copertina spiegando: “Non so-no soltanto tutti divisi in vista del voto, nono-stante ci siano delle convergenze di fondoevidenti, ma per di più questi leader maschimoltiplicano gli attacchi violenti uno control’altro. Facendo disperare i loro elettori”. Incopertina c’è anche Jean-Luc Mélenchon,polemista in chief della sinistra radicalefrancese, ma per lui le divisioni e le conver-genze non valgono: non ha un programma eu-ropeista ed è da sempre critico con la gauche

tradizionale del paese. Divide gli elettori, in-somma, ma litiga con il resto della sinistra damolto tempo. Sono gli altri, il problema.

Un deputato socialista intervistato da Li-bération dice: “Non è particolarmente intel-ligente partire divisi per le europee, ma vab-bè, è un giro elettorale e ognuno si gioca leproprie chance. Io mi preoccupo per il dopo”,quando ci sarà un’altra resa dei conti, este-nuante e inutile. I sondaggi (Ifop li fa tutti igiorni, dal lunedì al venerdì) sono tra l’avvi -lente e il punitivo: il partito presidenziale, LaRépublique en marche, assieme all’alleatoMoDem è al 22,5 per cento; la lista sovranistadel Rassemblement national (Marine Le Pen)è al 21; i gollisti dei Républicains al 14; segueMélenchon con la France insoumise all’8,5per cento; e poi inizia lo spezzatino di sini-

stra: Ps con Place publique al 5 per cento, iVerdi all’8 per cento, Génération-S dell’excandidato socialista alle tragiche presiden-ziali del 2017 (prese il 6 per cento al primo eper lui unico turno) Benoît Hamon al 3 percento. Sommando tutti i consensi si supere-rebbe per un pelo la destra: stiamo sempreparlando di macerie politiche dopo lo smot-tamento del duello macroniano-lepenista,ma sarebbe comunque meglio di questo pro-cedere disuniti e arrabbiati. Per di più, i pro-grammi non sono molto diversi, le idee di rife-rimento non sono molto diverse, la conver-genza di cui parlano tutti i commentatori inlinea ideale ci sarebbe. Sono le persone chenon riescono ad andare d’accordo, condan-nandosi all’irrilevanza collettiva (gli indivi-dui possono salvarsi, visto che alle europee

c’è il sistema proporzionale, ma la rifondazio-ne della sinistra è proprio un’altra cosa). Illeader dei Verdi, Yannick Jadot, rifiuta ognialleanza, lui che invece soltanto due anni faper sostenere la causa della gauche si era ac-codato ad Hamon. Il quale oggi rinnega l’amo -re del passato: mi avevano avvertito che Jadotera inaffidabile, dice Hamon, avrei dovutoascoltarli. Anche il Ps è arrabbiato per lamancata alleanza con la lista ecologista: Ja-dot è “un egoista, pensa solo a se stesso”, hadetto il leader socialista Faure.

Tra i socialisti c’è chi spera addirittura nelfallimento dell’alleanza con Place publique:sconfitta per sconfitta, almeno godiamoci lavendetta nei confronti di questo corpo estra-neo (Glucksmann) che, dopo aver flirtato conil macronismo, si è inventato “rassembleur”

della sinistra. Tra questi c’è anche FrançoisHollande che ha appena ripubblicato il suolibro “Leçons du pouvoir” con tre nuovi capi-toli in cui dice che presto o tardi l’estrema de-stra prenderà il potere se la sinistra non rie-sce a riorganizzarsi. Ma non è quello che statentando di fare? Secondo Hollande (che perquanto voglia fare l’ex super partes ha molteresponsabilità nell’annegamento del Ps) l’al -leanza con Place publique, movimento “sen -za consistenza”, non è la strada giusta.

Così, di lite in lite, non c’è nessun partito disinistra sopra al dieci per cento, il fuoco ami-co è mortale, le possibilità di alleanze sonoridotte a zero. E come se non bastasse è tuttauna lotta tra bobos, istantanea straziante delvuoto delle élite.

Paola Peduzzi

Quanto si litiga nella sinistra francese, e sì che le convergenze ci sarebberoL’ARRIVO DI GLUCKSMANN HA SPACCATO I SOCIALISTI, MENTRE I VERDI E GLI ALTRI EX DEL PS PROCEDONO DISUNITI (E INSULTANDOSI). IL VUOTO DELL’ÉLITE

di Micol Flammini

“I socialdemocratici, i liberali, iconservatori hanno tutti una lorovisione comune di Europa. Inazionalisti no, sono divisi su tutto”

“Non sono i sovranisti ad averfatto crollare il bipolarismo. Destrae sinistra sono crollate da sole e isovranisti ne hanno approfittato”

(segue dalla prima pagina)