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Anno 13 - N. 67 - Bimestrale - Fusta Editore - MEPE Distribuzione Editoriale - Via Ettore Bugatti 15 - 20142 Milano - Poste Italiane S.p.A sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (comp. in legge 27/02/04 n. 46) Art. 1 c. 1: LO/MI - I SSN 1974-5397 CAMMINARE VERSO OVEST Thoreau, o della disobbedienza IL TURISMO CHE FA BENE Le bellezze della Tunisia sostenibile IL FIORDO DELLA LUCE Norvegia: alla scoperta del Lysefjord LA SCIENZA DEL CAMMINARE Nordic walking sotto inchiesta TERRE DI TRANSUMANZA Il Tratturo Regio a Volturara TRINCEE SILENZIOSE In cammino sulla Linea Cadorna La Grande Guerra in Lombardia www.camminareweb.it ISSN 1974-5397 67 | NOVEMBRE DICEMBRE 2017 Euro 5,90 | Chf 9,50 FITWALKING DEL CUORE SALUZZO 21 GENNAIO

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74-53

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CAMMINAREVERSO OVESTThoreau, o delladisobbedienza

IL TURISMOCHE FA BENELe bellezze dellaTunisia sostenibile

IL FIORDO DELLA LUCENorvegia: alla scoperta del Lysefjord

LA SCIENZA DEL CAMMINARENordic walking sotto inchiesta

TERRE DI TRANSUMANZAIl Tratturo Regio a Volturara

TRINCEE SILENZIOSEIn cammino sulla Linea CadornaLa Grande Guerra in Lombardia

www.camminareweb.it

ISSN 1974-5397

67 | NOVEMBRE DICEMBRE 2017Euro 5,90 | Chf 9,50

FITWALKINGDEL CUORES A L U Z Z O21 GENNAIO

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di Roberto [email protected]

editoriale

Novembre Dicembre 2017 /camminare 1

Una tranquilla passeggiata. Tran-quilla? Sì, e del tutto senza af-fanni. Un efficace antidoto nei

confronti di stress, ansia, preoccupa-zione. Capace di rimettere ordine al tu-multo dei pensieri, di liberare la mentedalle complicazioni, di rasserenare ilnostro orizzonte interno.Da molto tempo, e per tutti noi, è as-sodato che le cose stiano in questomodo. Anzi, è del tutto naturale cre-dere che la vicenda sia sempre andatacosì, fin dagli albori dell’umanità. An-che perché il camminare è un’attivitàtalmente connaturata alla storia delgenere umano, che riguardo ad essa èpraticamente impossibile declinarepensieri diversi da quelli indirizzati albenessere psico-fisico.Eppure c’è stato un tempo in cui ilcamminare in libertà ha assunto carat-teristiche addirittura rivoluzionarie, e ladeambulazione è stata considerato ad-dirittura un’attività sovversiva e antiso-ciale. Roba da vagabondi, da esseri in-civili (anzi: da persone contrarie allaciviltà), caparbiamente contro le con-venzioni, il consumismo, il lusso, con-vintamente votati alla frugalità. Il rife-rimento storico al quale ci riferiamo èil guru ottocentesco dell’ecologia,l’americano Henry David Thoreau (cfr.l’articolo a pag. 12), poeta, filosofo escrittore, autore di Walden, testo cheancora oggi – soprattutto oltre oceano– viene considerato alla stregua di unabibbia della vita all’aria aperta. Nonstiamo parlando di un eremita semi-colto, ma di un intellettuale che aveva

alle spalle studi importanti all’Univer-sità di Harvard. Di un uomo approdatoalle scelte definitive della sua vita al ter-mine di un cammino lungo e tormen-tato.Tra il 1845 e il 1847, Thoreau vissecompletamente solo in una capanna ditronchi, che si era costruito con le pro-prie mani, sulle rive del Lago Walden,in uno bosco di proprietà della famigliadel filosofo Ralph Waldo Emerson, neipressi di Concord (Massachusetts). Ein quel luogo, nelle ore sottratte ai suoicontinui vagabondaggi nella foresta,scrisse e riscrisse più volte Walden.Vita nel bosco. «Andai nei boschi»spiegava, perché desideravo vivere consaggezza […]. Non volevo viverequella che non era una vita […]. Vo-levo vivere profondamente, e succhiaretutto il midollo di essa […]».Negli Stati Uniti del suo tempo, Tho-reau conobbe anche la prigione. Eraconsiderato un sovversivo e un vaga-bondo che, per ragioni politiche (nonvoleva che i suoi soldi alimentassero lapolitica della schiavitù dei neri), si ri-fiutava di pagare le tasse. Ma non tuttigli americani si schierarono dalla partedelle autorità. La lezione del filosofo delMassachusetts, i suoi inviti a riconnet-

La forza dirompente del muoversi a piedi

Alla scoperta dei padri nobili del camminare. La lezione di Henry David Thoreau, il padre del pensiero ecologico americano

tersi con se stessi camminando nellanatura selvaggia e il suo instancabileimpegno per la protezione dei boschidel Maine e della Yosemite Valley lavo-rarono profondamente nell’animo deisuoi cittadini. Ancora oggi, l’istituzionee la politica dei parchi nazionali nord -americani si rifà alle teorie di Thoreau.E soprattutto a quella sua frase, citataspesso e ovunque, che recita: «Dallanatura selvaggia dipende la sopravvi-venza del mondo». Libri sulla wilder-ness amricana e film come Into thewild riecheggiano tuttora le suggeI-stioni del mitico vagabondo dei bo-schi. Non solo: di recente diverse per-sone, critiche nei confronti dellapolitica ambientalista – e non solo –del presidente Donald Trump, hannocominciato di nuovo a citare Thoreaue a utilizzarlo come vessillo per prote-stare contro le minacce di sfruttamentoindiscriminato delle risorse naturali.E pensare che tutto era cominciatodall’irrefrenabile voglia di camminare diun uomo inquieto, a cui andavanostretti i vincoli della società civile otto-centesca.Qualche volta, quando pensiamo cheil camminare sia solo un innocuo pas-satempo, proviamo a pensarci.

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DIRETTORE RESPONSABILE:Roberto [email protected]

IN REDAZIONE:Mattia BiancoLaura ColognesiGiorgio DamilanoMaurizio Damilano

CORRISPONDENTI:Gianfranco BracciVito Paticchia

HANNO COLLABORATO:Pietro AlbanoTommaso AlexitchSanto AlfonzoAlma BrunettoGuido CaironiMaurizio DavolioMartina FabbriPaolo FissoreGian Antonio GilliChiara MarrasMaura MarchioriIvo PecileMarta PelleBarbara PellegriniPatrizia PellegriniFrancesco SaliolaStefania SiccardiSandra Tubaro

CONTRIBUTI FOTOGRAFICI:Tommaso AlexitchGianfranco BracciGuido CaironiMaurizio DavolioMartina FabbriPaolo FissoreFabrizio FoglianiChiara MarrasVito Paticchia Ivo PecileMarta PelleBarbara PellegriniPatrizia PellegriniFrancesco SaliolaSandra TubaroMarta Pelle

Novembre Dicembre 2017

DIREZIONE E REDAZIONE:Fusta Editorevia Colombaro dei Rossi 2 B 12037 Saluzzo (CN)tel. 0175.211955 [email protected] [email protected]

EDITOREFusta [email protected] [email protected]

PUBBLICITÀ:Luca Zaramella / Chiara UscottiP.zza IV Novembre, 101 Maerne di Martellago (VE)Tel. 041.641302 - [email protected]

STAMPA:Starprint Srl

DISTRIBUZIONE PER L’ITALIA: MEPE Distribuzione Editoriale Via Ettore Bugatti 15 - 20142 Milano (MI)

Registrazione Tribunale di Saluzzo: n. 161ISSN 1974-5397

Una copia: 5,90 euro;Abbonamento annuale (6 numeri): 27 euroAbbonamento annuale dall’estero: 105 euroNumeri arretrati: 7 euro

Foto di copertina:Guido Caironi

Questo numero è stato realizzato anche con il contributo di:

F.to 13x21 Pag. 208 € 16,90 ISBN 978-88-98657-95-7

Anni ’60. Maddalena è una bim ba che vive con igenitori, le zie e il nonno nel Ponente ligure. Lasua famiglia produce d’olio d’oliva.Lei certe cose ancora non le conosce: sono lecose della vita, quelle che la portano a scuola dimattina, a correre tra i campi di pomeriggio.Inizia ad accorgersi che la vita ha sempre dentroquel nocciolino impossibile da masticare, comeaccade con un’oliva, quando un giorno trova incasa dei nonni diverse lettere. Sono indirizzate daparenti che lei non ha mai conosciuto. Sono da-tate agli anni ’10 del ’900, e tutte narrano di unpezzo della nostra emigrazione...

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Maddalena era stanca. Un’intera giornata di frantoio sulle spalle, ma l’olio buono iniziava a riposare nei silos d’acciaio della vecchia cantina, a temperatura costante...

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sommario

www.camminareweb.it

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1 Editorialedi Roberto Mantovani

4 Fitwalking allenamentoCome potenziare: allenarsi in inverno di Maurizio Damilano

6 Appuntamento15° Fitwalking del CuoreAppuntamento da non perdere!

8 Con i bastonciniLa scienza del camminareNordic walking sotto inchiestadi Barbara Pellegrini

10 CuriositàA piedi nel 1800La guida del viaggiatoredi Paolo Fissore

12 Ipotesi sul camminareCamminare verso ovestThoreau, o della disobbedienza di Gian Antonio Gilli

15 L’Italia che camminaCamminarte. L’arte di camminare

16 IncontriLo sport per tuttiUISP Piemonte si raccontadi Alma Brunetto

18 Green ItalyTunisia sostenibileIl turismo che fa benedi Maurizio Davolio

20 Green ItalyIn vacanza senz’autoUna scelta per l’ambientedi Chiara Marras

22 OrientamentiIndumenti, non accessoriNon sottovalutare il calzinodi Gianfranco Bracci e Francesco Saliola

24 Itinerari nel mondoIl Fiordo della LuceAlla scoperta del Lysefjorddi Tommaso Alexitch

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30 Itinerari in ItaliaMontagne feriteLe Dolomiti della Grande Guerradi Sandra Tubaro e Ivo Pecile

36 Itinerari in ItaliaTerre di transumanzaIl Tratturo regio a Volturaradi Vito Paticchia

44 Report dall’ItaliaI passi della SiciliaLe due città gemelle e rivali di Martina Fabbri

48 Itinerari nel mondoDall’oceano alla savanaViaggio tra le molte anime del Kenyadi Marta Pelle

56 Itinerari in ItaliaVecchio, nuovo PellegrinoDue giorni sulla via del santodi Mattia Bianco

62 Itinerari in ItaliaMontagnola SeneseGli eremi e i boschi della storiadi Gianfranco Bracci

70 Itinerari in ItaliaTrincee silenzioseEscursioni sulla Linea Cadornadi Guido Caironi

76 Essere donnaMamme e sportNon ci sono scuse!di Maura Marchiori

77 In saluteLa sindrome di cenerentoladi Pietro Albano

78 In saluteIl sole dipinge l’autunnoPiccoli consigli alimentaridi Patrizia Pellegrini

80 In salutePiedi e testa più leggeri L’emicrania si combatte a piedidi Santo Alfonzo

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FITWALK

INGALLENAMENTO

L’inverno, anche per le caratteristi-che climatiche che permettono dipoter ben compensare l’uscita al-

l’aperto con un allenamento in palestranelle giornate climaticamente più diffi-cili, e in quanto momento essenzialedella costruzione di un programma di la-voro che permetta di presentarsi al me-glio dal punto di vista fisico/atletico inprimavera e con l’inizio degli eventi odelle sfide più impegnative, è proprio lastagione giusta per dedicarsi con mag-gior attenzione a questo tipo di allena-mento.Il periodo invernale è quindi ideale perintrodurre nel programma di allena-mento alcuni momenti dedicati al po-tenziamento muscolare.Possiamo usare allenamenti in palestra,meglio se attraverso l’utilizzo delle mac-chine isotoniche piuttosto che con i pesiliberi; oppure a carico naturale e gene-ralmente attraverso l’utilizzo delle salitecome mezzo di allenamento.Se non si hanno limitazioni dal punto divista articolare il potenziamento mu-scolare può essere svolto da chiunque;naturalmente dai 18 anni in su, inquanto prima di questa età le proble-matiche legate allo sviluppo scheletrico,muscolare, tendineo ed articolare ri-chiedono un’attenzione particolare so-prattutto nell’utilizzo di sovraccarichinon naturali.È importante che al lavoro muscolare,sia esso eseguito in palestra attraversomacchinari, oppure utilizzando le saliteo altre forme di potenziamento a cariconaturale, si unisca sempre un comple-tamento del lavoro attraverso esercizi distretching, flessibilità e scioltezza. Èmolto utile inoltre trasformare imme-diatamente il lavoro di forza attraversotratti brevi e rapidi di fitwalking. Ciò puòavvenire tra una serie e l’altra di esercizidopo la fase di recupero e prima di ini-ziare la nuova serie. Al termine della se-duta di lavoro, se possibile, è corretto

uscire per 15/20 minuti di fitwalking inscioltezza.Ecco alcune regole che definirei anchedi buon senso:• non usate pesi eccessivi. Ciò che è

importante è che si riesca ad eseguirebene l’esercizio mantenendo una giu-sta velocità di esecuzione senza uncalo di forza evidente durante le ripe-tizioni;

• favorite la forza resistente utilizzandopesi moderati e ripetizioni più lunghe;

• meglio utilizzare le macchine isotoni-che che i pesi liberi che richiedonomaggior tecnica di esecuzione e pos-sono causare infortuni se mal ese-guiti;

• se non potete frequentare una pale-stra con le macchine utilizzate la for-mula del circuit training, un circuitocon stazioni di esercizi a carico natu-rale (balzi, piegamenti, skip ecc…).Al termine di ogni circuito trasformateil lavoro (dopo un breve recupero)con alcuni allunghi di fitwalking;

• inserite il lavoro più impegnativo dipotenziamento a metà settimana inmodo da recuperare al meglio sia l’al-lenamento del fine settimana chequello che svolgerete nel fine setti-mana seguente;

Per i fitwalkers più impegnati le sedutedi potenziamento nel periodo dedicatodevono essere almeno una a settimana(l’ideale sarebbero due, magari inte-grando quella in palestra con un lavoroin salita), mentre per chi si allena conminor frequenza va comunque beneuna seduta a settimana ma alternandouna settimana in palestra ed una utiliz-zando le salite. Il periodo di potenzia-mento deve poter contare su almeno6/8 settimane continuative di lavoro(nella scansione precedentemente indi-cata). Terminato questo ciclo, se non siè ancora alla primavera, mantenere unaseduta di palestra o salita a settimana

Come potenziare:allenarsi in inverno

di Maurizio Damilano

Poter contare su unabuona condizionemuscolare è un fattoreimportante per tutticoloro che praticanofitwalking, siano essifitwalker esperti eimpegnati o praticantiagli inizi dell’attività.Un buon tono e unabuona forza muscolareinfluiscono in modoimportante anche sullaqualità che si riesce aesprimere e, cosamolto importante, sulmiglioramento dellaresistenza

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Come potenziare: allenarsi in inverno | Fitwalking allenamento

per chi si allena almeno 4 giorni a setti-mana, oppure una seduta una setti-mana sì e una no per chi si allena meno.Arrivati in primavera, quindi in prossi-mità di eventi o sfide programmate, nonabbandonate totalmente il potenzia-mento ma inserite degli allenamenti di ri-chiamo svolti con una frequenza più ri-dotta (ad esempio una settimana sì euna no per chi si allena di più, una voltaogni 3 settimane per chi si allena meno).Se si prediligono le salite la frequenzapuò essere anche incrementata. Ricor-date che le 6-8 settimane indicate sonofondamentali. Se il lavoro di potenzia-mento costa molto, ossia i recuperi sonolenti e si sente la fatica, si possono ri-durre al minimo i periodi di richiamosuccessivi.

Vediamo allora come svolgere il lavoro inpalestra:• eseguite 2-3 serie per ogni esercizio

per un numero di 10-15 ripetizioni;• privilegiate le ripetizioni eseguite ad

una velocità medio/alta utilizzando unpeso moderato al fine di migliorare laresistenza e non sviluppare esageratamassa;

• recuperate tra le serie per 1,30/2 mi-nuti a secondo del livello di prepara-zione;

• al termine del recupero effettuate unallungo di fitwalking di 50/60 metriprima di ripetere la serie o nuovo eser-cizio.

• Riscaldatevi sempre bene prima di ef-fettuare le sedute di pesi;

• al termine, se possibile, uscite perun tratto di fitwalking in scioltezza di15/20 minuti;

• stretching ed esercizi di flessibilitàpossono essere effettuati nella fase diriscaldamento e obbligatoriamente altermine della seduta di potenzia-mento (meglio prima di uscire a farefitwalking) in modo da recuperare edare elasticità ai muscoli.

Le saliteLe salite possono essere svolte in duemodalità. Entrambe hanno la funzionedi migliorare la forza muscolare, mauna è più funzionale alla forza resi-stente mentre l’altra alla potenza mu-scolare.Si possono quindi utilizzare salite piut-tosto ripide (non inferiori al 10%) ese-guendo delle ripetizioni di 80/100 me-tri cercando di mantenere un’azionedinamica e veloce. Si recupera tornandoalla base di partenza camminando. Sipossono eseguire diverse serie di 5/7salite ognuna. Valutate il numero di se-rie da eseguire in base al livello di im-pegno. Tra una serie e l’altra se è pos-sibile trovate un tratto in piano o conlievissima pendenza, fate fitwalking inscioltezza per 2/3 minuti prima di ini-ziare una nuova serie. Se ciò non èpossibile, eseguite degli esercizi di sciol-tezza e flessibilità.

Per la forza resistente è possibile utiliz-zare delle salite di media pendenza(4/6%) facendo fitwalking continuativoper 4/8 km a seconda del livello di pre-parazione. In alternativa, soprattutto senon si hanno a disposizione salite cosìlunghe, effettuare delle ripetizioni tra i500 metri e 1 km a velocità media. Ilrecupero obbligatoriamente sarà fattotornando alla base di partenza con unfitwalking in scioltezza. Se la salita a di-sposizione è invece sufficiente si può re-cuperare scendendo la metà distanzacamminando per poi ripartire. Eseguiteil numero di ripetizioni che permettonodi raggiungere lo stesso chilometraggioche avreste compiuto continuativa-mente.Coloro che hanno una preparazione in-feriore debbono ridurre o il numero disedute o il chilometraggio complessivo.È importante sempre riscaldarsi bene econcludere con un momento di fitwal-king di 10/15 minuti in scioltezza e inpiano, più stretching ed esercizi di fles-sibilità. Se non si può svolgere il trattoin piano fare un po’ più di stretching edesercizi.Muscoli forti ed elastici aiuteranno i la-vori di miglioramento della velocità ne-cessari nella fase di avvicinamento adun evento e miglioreranno la resistenzacomplessiva. Fattore di particolare im-portanza è anche quello di prevenzione:potendo contare su di una buona toni-cità e forza muscolare è possibile ri-durre il rischio di infortunio.

Si trova a Torino, presso l’istituto Sa-cra Famiglia: è il nuovo AuthorizedFitwalking Center del Nord-Italiainaugurato a fine settembre. La scelta dell’istituto conferma la qua-lità di questa realtà scolastica e deisuoi docenti, ma anche la validità delprogetto formativo e di promozionedel “camminare bene”, realizzato –per la prima volta nel nostro Paese –da Davide Cravero insieme ai fratel-li Maurizio e Giorgio Damilano.Torino e il Piemonte sono all’avan-guardia nello sport e nelle sue più va-riegate offerte, volte al bene comune

e all’insegnamento del corretto stile divita per giovani e meno giovani.L’inaugurazione del centro consentirà diinsegnare il fitwalking agli allievi dellaSA.FA. prima scuola italiana a essere ri-conosciuta come un Authorized Fit-walking Center, e di raccogliere dati sta-

tistici grazie al monitoraggio delle pre-stazioni durante l’attività. Il fine ultimo del progetto è dare ai gio-vani della SA. FA. l’opportunità di esseremaggiormente consapevoli del propriocorpo e degli obbiettivi che sono in gra-do di raggiungere.

Un nuovo Fitwalking Center

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6, 10 e 13 km da percorrere in com-pagnia e in allegria con il proprio pas-so… Qualunque esso sia: veloce omeno. L’aspetto sportivo in questa ma-nifestazione passa in secondo piano ri-spetto a quello aggregativo e solidale,prevale uno spirito di partecipazione edi solidarietà. Dopo gli oltre 9.100 iscritti (9.107 perla precisione) dell’ultima edizione l’obiet-tivo 2018 è quello di raggiungere la dop-pia cifra e toccare quota 10.000!

Gennaio non è più solo il primomese dell’anno ed il mese deibuoni propositi: ormai da 15

anni è il mese del Fitwalking del Cuo-re, la prima e la più longeva manife-stazione dedicata solo al fitwalking natada un’idea di Giorgio e Maurizio Dami-lano.In questi tre lustri sono stati devoluti qua-si 30 mila euro ad associazioni del ter-ritorio che hanno operato in Italia e al-l’estero, grazie alla quota di iscrizione deipartecipanti che viene interamente de-voluta a sostegno dei progetti presentantidalle associazioni che partecipano al-l’evento.È importante sottolineate la parolaevento perché il Fitwalking del Cuore nonè solo più una camminata ma un even-to da vivere che caratterizza e coinvol-ge la città di Saluzzo ed il suo territorio.

Appuntamento

15° Fitwalking del CuoreAppuntamento da non perdere!

21 GENNAIO

Qualche info L’iscrizione costa 5€ comprensividel pacco gara. In vendita presso ipunti vendita delle associazioni e,se ancora disponibili, il giorno dellamanifestazione prima della par-tenza. La quota iscrizioni è intera-mente devoluta a sostegno dei“Progetti del Cuore”, progetti pre-sentati dalle associazioni e daigruppi sportivi, scolastici, parroc-chiali e di volontariato del territorio.È possibile partecipare in compa-gnia del proprio cane. Il costo delpettorale per il cane è di 2€ com-prensivi di pacco gara da ritirarsi altermine della manifestazione.

www.scuolacamminosaluzzo.it338.6151466

Ritorna la camminatadi solidarietà a Saluzzo, patria del Fitwalking.Obiettivo 10.000!

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Il Nordic Walking è una forma sicura,realizzabile, e prontamente disponibile diesercizio fisico che comporta una vastagamma di effetti salutari nelle persone sane ein quelle affette da varie patologie.

Nordic Walking Italia (ANWI) fondata nel 2005, è l’unicaassociazione riconosciuta dalla Federazione Mondiale INWAautorizzata a rilasciare diplomi riguardanti il N.W. in Italia. ANWIgarantisce che l’insegnamento della disciplina sia effettuato dasoggetti con competenze certificate e adeguate al ruolo tecnico,didattico e metodologico. L’istruttore ANWI, necessariamenteiscritto all’Albo, è costantemente aggiornato e assicura i suoiallievi (tesseramento CSEN).Ulteriore indice di qualità è INWA - International Nordic WalkingFederation, di cui ANWI è Rappresentante Ufficiale: è l’organomondiale riconosciuto e ufficiale del Nordic Walking.Collabora con le comunità scientifiche di 40 nazioni.

Da anni l’Associazione Nordic Walking Italia (ANWI) sostieneun programma di formazione per qualificare Istruttori di N.W. incollaborazione con l’Università di Verona e i Ricercatori Scientificidel Cerism, al fine di rispondere alle complesse esigenzedell’utenza senza arrecare danni. Tutti gli Istruttori ANWI seguonoquesto percorso formativo... professionalmente.

Nordic walking una fantastica attività fisica

www.anwi.it • www.inwa-nordicwalking.com

chi siamo...

Non sei ancora un Nordic Walker?Allora contatta i nosri Istruttori Certificati, selezionati attraverso un percorso

di alta formazione tecnica e professionale.Gli unici titolati ad insegnare il vero e corretto Nordic Walking d’origine finlandese in Italia.

Istruttori e Associazioni Certificate, corsi, uscite, escursioni e tutte le altre iniziative potrai trovarle nel sito:

INWA CONVENTION 2017

4/8 ottobre Jurmala Latvia

report suwww.inwa-nordicwalking.com

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La pratica del cammino con i ba-stoncini, una volta relegata al-l’ambiente montano, si è diffusa

in parchi e percorsi cittadini. Il coinvol-gimento della muscolatura degli arti su-periori, e anche di parte del tronco, è unfatto intuibile e noto attraverso la per-cezione personale di chi pratica questadisciplina. Per poter ottimizzare i bene-fici della pratica di questa attività sonoperò necessarie informazioni precisesull’intensità e le modalità del lavorodei muscoli della parte superiore delcorpo. Come? Analizzando gli aspettifisiologici e biomeccanici della locomo-zione umana.Presso il CeRiSM di Rovereto, Centro diricerca sport, montagna e salute, del-l’Università di Verona, questo tipo diindagini vengono eseguite da anni nonsolo per il cammino e il nordic wal-king, ma anche per la valutazione dellacorsa, dello sci di fondo e dello sci al-pinismo. Gli studiosi utilizzano sistemielettromiografici che tramite elettrodiposti sulla cute registrano il segnaleelettrico generato nella contrazione mu-scolare. Attraverso questi sistemi è pos-sibile ottenere molte informazioni inte-ressanti sull’utilizzo dei muscoli. Iricercatori del CeRiSM con la collabo-razione di ANWI hanno condotto negliultimi anni alcuni studi scientifici sulcoinvolgimento della muscolatura nelnordic walking. I risultati hanno mostrato che bicipite edeltoide anteriore – muscoli posti sullaparte anteriore del braccio e della spalla,che lavorano nella fase di oscillazione inavanti del braccio – vengono utilizzatida due a tre volte più intensamente ri-spetto al cammino. Nel nordic walkingquesti muscoli vengono coinvolti nelmovimento di recupero del braccio unavolta terminata la fase di spinta e l’au-mento del loro coinvolgimento è datosia dalla necessità di riportare avanti ilbastoncino sia dall’aumentata oscilla-

La scienza del camminareNordic walking sotto inchiestaParlando di attivitàmotoria, il semplicecamminare coinvolge in maniera moltolimitata una partepiuttosto importantedella muscolatura,quella degli artisuperiori e del tronco.La soluzione èletteralmente a portatadi mano, sotto forma di “bastoncino” da nordic walking. Chi pratica il nordic walking si accorge facilmentedel suo effetto sullamuscolatura. Ma gli scienziati non si fidano, e i laboratoridi Rovereto si sonomessi al lavoro per scoprire i segretidella camminata con i bastoncini

con i bastoncini

zione delle braccia. Il movimento dellebraccia nel cammino, pur svolgendo unruolo fondamentale per la stabilità e lafluidità del movimento, ha un’ampiezzapiuttosto contenuta; invece, nella pra-tica del nordic walking l’ampiezza delgesto viene notevolmente aumentata.Un coinvolgimento ancora più marcatosi ha per i muscoli che svolgono la fun-zione di estendere il braccio indietro: nelcammino hanno un ruolo molto limitatoma nel nordic contribuiscono alla spintasui bastoni. Il muscolo maggiormenteinteressato, e quindi esercitato più in-tensamente nella pratica del nordic wal-king, è il tricipite, il quale si trova nellaparte posteriore del braccio e che vienesollecitato 10-15 volte di più che du-rante il normale cammino. I praticantidella disciplina lo conoscono bene peraverne sentito la sensazione di affatica-mento o “per averlo sentito lavorare”dopo qualche decina di minuti di atti-vità. In una tecnica ben eseguita, la spintasul bastone non avviene solo a caricodell’estensione del gomito ma vienecoinvolta anche l’articolazione dellaspalla che nell’ultima parte della spintadel bastone si estende all’indietro. Inquesta parte del gesto intervengono inmaniera significativa anche i muscolidorsali. Il gran dorsale e deltoide poste-riore, normalmente poco attivati nellacamminata, vengono stimolati nel nor-dic walking e vengono attivati ad un’in-tensità quadrupla.

I vantaggiQuali sono i benefici di tutta questa at-tività di muscoli che normalmente pocousati, vengono letteralmente risvegliati echiamati a contribuire alla nostra atti-vità? La prima conseguenza è un mag-gior impiego di energie e un eserciziocardiovascolare più elevato, quantifi-cato di solito tra il 20 e il 30% rispettoalla normale camminata. Un bel con-

di Barbara Pellegrini ricercatrice in Scienze dello Sport,

Università di Verona

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I ricercatori confermano: è fondamentaleeseguire in modo corretto tutti i diversimovimenti di braccia e bastoncini. Per nonincorrere in effetti indesiderati è importante unacorretta postura e la giusta alternanza tracontrazione e rilassamento dei muscoli

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tributo per chi vuol massimizzare gli ef-fetti di una passeggiata per ridurre ocontrollare il peso corporeo o semplice-mente praticare dell’attività fisica per ilproprio benessere. Quali però gli effettispecifici sulla muscolatura? Alcuni studihanno dimostrato che questo tipo diesercizio al quale sottoponiamo bracciae tronco non contribuisce ad un au-mento della massima forza esprimibile,ma allena la resistenza del muscolo acompiere sforzi ripetuti. Infatti nono-stante facciamo lavorare i muscoli inmaniera nettamente superiore al cam-mino, questo lavoro è comunque rela-tivamente poco intenso rispetto allamassima capacità di lavoro dei nostrimuscoli. Ad ogni passo di nordic wal-king i muscoli di braccia e tronco si at-tivano ad una percentuale che general-mente non supera il 20% dellamassima capacità del muscolo. La forzadi spinta sui bastoni, anch’essa misu-rata durante i test in laboratorio permezzo di dinamometri elettronici, si at-testa sui 2 kg. Un impegno che po-

trebbe sembrare modesto; bisogna con-siderare però che in un’uscita di un’oradi Nordic Walking, questo gesto vieneripetuto dalle 2000 alle 3000 volte.Il nordic walking consente quindi di al-lenare la muscolatura eseguendo unnumero altissimo di ripetizioni rispettoal lavoro che si potrebbe a fare in unapalestra pesi, esprimendo livelli di forzapiù bassi e favorendo così il migliora-mento della resistenza. Un'altra carat-teristica molto interessante è la continuaalternanza tra fasi di contrazione e ri-lassamento della muscolatura che si ri-pete ad ogni passo.

Effetti negativiPossono esserci effetti negativi nel Nor-dic Walking? Anche su questo fronte laricerca scientifica ha fatto le proprie in-dagini e ha concluso che non ci sonomotivi di eccessiva preoccupazione.L’esercizio muscolare, data la presenzadi continue fasi di rilassamento e livellidi contrazione relativamente bassi, non

La scienza del camminare. Nordic walking sotto inchiesta | con i bastoncini

raggiunge mai condizioni tali da causareuna limitazione dell’afflusso di sangue equindi di ossigeno a muscoli e tessuti.Studi scientifici condotti su pazienti inriabilitazione dopo un evento di infartomiocardico suggeriscono inoltre che lacontrazione muscolare non contribuiscea far innalzare la pressione arteriosa aldi sopra dei limiti di attenzione. Ancheper quanto riguarda i fastidi che po-trebbero insorgere dai ripetuti impatticon il terreno, sembra che le vibrazioninon siano di entità tale da causare effettinegativi sull’articolazione degli arti su-periori.I ricercatori raccomandano però, oltrealle precauzioni alla pratica di qualun-que attività fisica in persone con pro-blemi a carico del sistema muscolo-scheletrico o cardiovascolare, di fareattenzione ad eseguire in maniera cor-retta i diversi movimenti di braccia e ba-stoncini. La limitazione degli effetti in-desiderati sulla muscolatura e sullearticolazioni sarebbe, infatti, subordi-nata ad un’adeguata alternanza di atti-vazione e rilassamento dei muscoli e aduna corretta postura di tronco e braccia.Va inoltre evitata un’impugnatura ec-cessivamente stret ta della mano attornoai bastoncini limitando così la trasmis-sione di vibrazioni alle articolazioni.

Una fase di acquisizione dati di studiosull’attivazione dei muscoli nel nordic

walking presso i laboratori del CeRiSM

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«Si viaggia in vettura, a cavallo, in barca e a piedi».

Così Marco Nicolosino nella sua operapubblicata a Torino nel 1831, 186 annifa, là dove si occupa «Dei varii modi diviaggiare».Non aveva ancora avuto inizio la storiadelle ferrovie che in Italia ebbe principiocon l’apertura di un breve tratto di lineaai piedi del Vesuvio (la Napoli-Portici fuinaugurata il 3 ottobre 1839); erano inuso ma rarissime le antesignane dellemoderne biciclette (velocipedi, bicicli)ma solo nel ’900 si avranno progressitecnologici che porteranno alle compe-tizioni sportive e all’utilizzo per trasporto.Lo stesso discorso vale per le automo-bili che solamente nel XX secolo assu-meranno il ruolo di veri e propri mezziper spostarsi e viaggiare.

A piedi nel 1800La guida del viaggiatoreNon c’eranonavigatori,smartphone, non era ancora natol’autore della primaLonely Planet, le carte stradali eranomerce assai rara. E si viaggiava moltomeno, cosicché unviaggiatore non potevafare affidamento solosul passaparola. Così un architettopiemontese nel 1831pubblicò una guidaper i viaggiatoridesiderosi di visitare la sua regione.Cavallo, carrozza,barca e naturalmente il mezzo più affidabile:i piedi!

Curiositàdi Paolo Fissore

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Spostarsi a piedi dunque, camminare,era a quel tempo indicato tra le moda-lità con cui viaggiare.

«Si viaggia a piedi, o per comandocome le truppe d’infanteria o per com-missione come i pedoni che si spedi-scono quali messi, e camminanomercenariamente o per economia oper genio. Questo modo di viaggiareche i Francesi dicono, scherzando pia-cevolmente, voyager artistement, av-vegnacché il più faticoso ed incomodoin apparenza, non lascia però di averei suoi vantaggi, e può meritare taloradi venire preferito agli altri modi ac-cennati qui sopra, anche senza es-serne costretti di praticarlo.»

Nicolosino fornisce «Avvisi e regole par-ticolari per ogni condizione di viaggia-tori». Ricorda prosaicamente a chi viag-gia «che il denaro resta sempre il miglior

Marco Nicolosino: l’Ospedale Civile di Savigliano (CN)

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compagno ma non va prodigato inutil-mente» ed occorre «servirsene a tempoe luogo senza avarizia»; elenca alcuniutili arnesi, medicine e cibarie da por-tarsi appresso. Il sacco o fardello dovevacontenere:

«Tavolette di brodo osmazon (l’osma-zoma era il metodo usato per otte-nere le tavolette stesse), diablotini (os-sia confettini) alla noce moscata, unapiccola spezieria (farmacia) portatilecombinata secondo il suggerimentodel medico, una boccetta di saled’aceto da odorarsi in caso di effluvj odi svenimenti, una di aceto dei quat-tro ladri (ossia un infuso di erbe me-dicinali in aceto, venduto come anti-settico), un ampollino di acqua-vita, dispirito d’anisi, d’alkermes, etc., dellozuccaro, degli aranci, un coltello, unago, del reffe, forbici, moccoli di cera,acciajno con pietra focaja ed esca,oppure un battifuoco chimico, cartegeografiche, libri, portafoglio, un can-nocchiale ed un ombrella.»

Non è tanto l’elenco ad assomigliare aquello dei camminatori contemporaneiquanto piuttosto il metodo con cui Ni-colosino istruisce chi si appresta ad ef-fettuare un lungo trasferimento, qua-lunque sia il suo scopo di viaggio.Metodo ricorrente in numerose pubbli-cazioni attuali dedicate al viaggiare lentoo al trekking.

Nicolosino, per rafforzare le sue opi-nioni esorta i lettori a fare come in «Al-lemagna ed in Francia» dove «presso-ché tutti i giovani della classe mercantileed operaia senza eccettuare i figliuoli deipiù opulenti manifatturieri fanno il giropiù o meno compiuto dei loro paesi insi fatto modo e ne trovano grandissimoutile e diletto».Non vi è dubbio che Marco Nicolosino,oggi potrebbe ben figurare nella reda-zione di “Camminare” offrendoci una si-stematica ed attenta informazione ri-guardo a tutte le opportunità, benefici eluoghi che la pratica del cammino ri-propone all’uomo contemporaneo. Re-stano valide molte delle sue considera-zioni che riproponiamo quale omaggioalla sua versatilità di ingegno.

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Marco Nicolosino (Savigliano 1787 - Torino 1856) Nato in una umile famiglia, talentuoso nellearti e nell’apprendimento delle lingue, grazie alla generosità del “maire” di Sa-vigliano Santorre di Santa Rosa e di altri suoi concittadini ebbe l’opportunitàdi recarsi a Parigi nel 1812 per studiare l’architettura. Qui apprese anche l’artedella litografia che esercitò in seguito in Patria con “non troppo felice successo”come ci ricorda un profilo biografico tratteggiato dallo storico Casimiro Turlettinella monumentale Storia di Savigliano (1883). Dopo il 1818 si trasferì a To-rino dove prese moglie nel 1823, dedicandosi alla professione di architetto di-segnatore. Nicolosino ha lasciato numerose opere letterarie, novelle “racco-mandate al bel sesso”, un trattato di economia domestica illustrato conproprie litografie, molte vedute di Torino, di Santuari, ecc. e la Guida del viag-giatore in Piemonte che abbiamo ripreso in mano con curiosità e commentatoin questa occasione.

Ancor più interessanti paiono le consi-derazioni destinate espressamente a chiviaggia a piedi. Nicolosino ammoniscecontro i pregiudizi di non considerare«come un disonore il servirsi delle pro-prie gambe per fare viaggio» e nespiega le ragioni:

«Si parte e si arriva all’ora che più ciaggrada, nessun imbroglio con vettu-rini, stallari, cavalli e legni; si vede perintiero ciò che viaggiando in vetturavedesi soltanto per metà. Qualunquevolta la curiosità ne lo inviti egli puòarrestarsi; e cento altre soddisfazionirisarciscono tutte con usura qualsiasiinconveniente che possa avveniredalla stanchezza, che d’altronde nonincomoda che nei primi giorni di unviaggio i meno abituati.»

A piedi nel 1800 | curiosità

Marco Nicolosino: un angolo di Torino, piazza Castello

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Camminare verso ovestThoreau, o della disobedienza

Una sera di fine luglio del 1846Henry David Thoreau, un abi-tante di Concord (Massachu-

sets), considerato da molti residentialquanto bizzarro per il suo modo divita, venne messo in prigione. Da seianni non pagava le tasse, rifiutandosicosì di contribuire col proprio denaroal mantenimento del sistema schiavi-stico e all’imperialismo degli Stati Uniti(come la guerra di rapina contro ilMessico). Ma queste furono solo al-cune delle innumerevoli prese di po-sizione di Thoreau in senso che oggidiremmo riformistico, e che hannofatto di lui una delle figure più signifi-cative in due campi apparentementelontani: l’ecologia e la disobbedienzacivile. Le sue opere più famose – ri-stampate molte volte e tradotte in tuttoil mondo – sono appunto Walden, ov-vero la vita nei boschi (1854) e La di-sobbedienza civile (1849).Walden racconta, fra l’altro, la piùnota esperienza di Thoreau: nel lugliodel 1845 egli si costruì con le suemani una capanna sulle rive del LagoWalden, a due miglia da Concord, e vi

di Gian Antonio Gilli

Ipotesi sul camminare

L’autore di Camminare e Disobbedienza civileassociava l’ecologia alla disobbedienza, e lottò per questi due ideali in molte occasionidella sua vita. Due su tutte: fu imprigionatoperché si rifiutò di pagare le tasse e trascorse due anni in una capanna che aveva costruito tra i boschi. Il Camminare della sua filosofia non è meno radicale: «Chiunque avrà lasciatopadre e madre, fratello e sorella, moglie, bambini e amici [...] sarà allora pronto per una camminata»

abitò per due anni, dividendo il tempofra la semplici attività per procurarsi ilcibo quotidiano (pesca e agricoltura),la lettura, e, soprattutto, la contem-plazione della natura, anche se il ter-mine “contemplazione” appare inade-guato a esprimere la sua permanente,straordinaria immersione nei pae-saggi, nei suoni e negli odori che l’am-biente gli proponeva. La disobbedienza civile (ma spuntiinnumerevoli sono presenti anche inWalden) riassume la posizione “poli-tica” di Thoreau, che avrebbe influen-zato profondamente figure come Gan-dhi e Martin Luther King: non siobbedisce a un governo ingiusto, o,quantomeno, alle sue imposizioni in-giuste. In verità, Thoreau non patroci-nava alcun “buon governo”: la politicaera per lui una cosa “sconveniente”, eil miglior governo sarebbe stato quelloche non governava affatto. Ma la suadisobbedienza va molto più in là deigoverni, e colpisce quello che è ilmeccanismo fondamentale di funzio-namento di ogni società complessa, – Henry David Thoreau

La posizione politica di Thoreau avrebbeinfluenzatoprofondamente figurecome Gandhi e Martin Luther King:non si obbedisce a un governo ingiusto, o,quantomeno, alle sueimposizioni ingiuste

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la divisione del lavoro. Vi è in Thoreaula persuasione che essa possa essere,se non eliminata, quanto meno ridottaal minimo, e che il singolo individuopossa riappropriarsi di tante compe-tenze diverse. Conseguentemente vi èin lui una resistenza, quasi un’ostilità,all’idea di “merce”: la forma ideale discambio sarebbe stata per lui il ba-ratto. Una posizione di questo tipo ri-chiede, evidentemente, una drasticacompressione dei bisogni e dei con-sumi: l’abbigliamento deve essere co-modo e resistente e basta; il riparo, ef-ficace, e basta; l’alimentazione,es senziale, e basta. Confrontato conl’odierna società dei consumi che mol-tiplica i bisogni, e con l’idea stessa delconsumo come atto socialmente po-sitivo, l’elogio della penuria praticatoda Thoreau appare la forma supremadi disobbedienza.

Camminare verso ovest. Thoreau, o della disobedienza | Ipotesi sul camminare

Un’operetta di Thoreau, Walking(Camminare), è dedicata ad una dellesue attività preferite (la sua ricettaerano almeno quattro ore di cammi-nata al giorno). Ritroviamo in Cammi-nare, come il lettore immaginerà, laradicalità presente nelle altre opere: difatto, tra le “ipotesi sul camminare”considerate nella presente rubrica,quella riferibile a Thoreau rappresentaforse il caso estremo. Camminare, per

lui, «non è un esercizio fisico», ma unmodo di esprimere una vocazione, larisposta a una pulsione originaria(camminatori non si diventa, si na-sce). Il Camminatore non camminasu strade pubbliche, che servono fi-nalità politico-commerciali, ma “sullasuperficie della terra di Dio”, sce-gliendo percorsi socialmente rarefatti:al più, vecchi sentieri che erano servitia una socialità minima, limitata a in-

Nel 1845 costruì con le sue mani una capannasulle rive del Lago Walden, a due miglia da Concord, e vi abitò per due anni dividendo il tempo fra le attività per procurarsi il ciboquotidiano, la lettura, e, soprattutto, la contemplazione della natura

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contri singoli, atomizzata. Assai piùdei sentieri, tuttavia, Thoreau amava iboschi, e ancora di più (vero e proprioschiaffo al paesaggio oleografico) lepaludi: torbide, “impenetrabili e rac-capriccianti”, dove la materia in pu-trefazione evoca un passato remotis-simo, ma, nello stesso tempo, forniscesperanza di alimento al futuro. So-stanze antiche. Sostanze forti.Ma il Camminare di Thoreau preve-deva anche altri vincoli: direzione ob-bligata era l’Ovest. L’insistenza di Tho-reau sull’Ovest ricapitola i viaggiinsediativi dei primi coloni, e l’ideolo-gia della frontiera. L’Ovest rappresentail futuro, il rifiuto dei limiti, l’infinito; èl’esaltazione del continente nuovo, sel-vaggio, contro la decrepitezza sfinita diEuropa e Asia. Certamente, ammetteThoreau, si può andare verso Est perun ritorno, «Per capire la storia e perstudiare le opere d’arte e di letteratura,risalendo così alle origini della stirpeumana; ci incamminiamo inveceverso Ovest per tuffarci nel futuro, conuno spirito di intraprendenza e di av-

ventura». E questo tuffarsi non av-viene ciecamente, a testa bassa, masenza mai smettere di guardare, gu-stare ed ascoltare («Ogni tramonto èun incitamento all’ovest»). Quanto sia plausibile oggi (ivi com-presa l’America) la riproduzione inte-grale di questo modello, e, prima an-cora, quanto essa sia possibile perchi non è disposto a “lasciare tutto”,giudicherà il lettore. Thoreau soste-neva infatti che «Chiunque avrà la-sciato padre e madre, fratello e sorella,moglie, bambini e amici [...] sarà al-lora pronto per una camminata».Thoreau cercò sempre di fare degliadepti al proprio modo di vivere,senza riuscire a comprendere (peresempio) perché un povero immigratoirlandese si ostinasse ciecamente a la-vorare con magri profitti invece diadottare il modo di vita di Thoreau(ben più proficuo e insieme più leg-gero, secondo lui). Questo grande ar-tista nell’ascolto della natura, dei suoicolori, suoni, odori, sembra non ca-pire i limiti (e la grandezza) di chi ha

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Camminare, per lui, «non è un esercizio fisico».Il Camminatore non cammina su stradepubbliche ma “sulla superficie della terra di Dio”,scegliendo percorsi socialmente rarefatti

dato ostaggi alla vita, e ha moglie e fi-gli piccoli. Non capire che un poveronon può, letteralmente, “lasciaretutto”: solo un aristocratico (qualun-que cosa si intenda con questo ter-mine) può farlo, e può farlo soloavendo alle spalle una società funzio-nante che glielo consente. L’invito diThoreau ricorda, quasi alla lettera, ilradicalismo di Gesù quando chiedevaa chi intendesse seguirlo di lasciaretutto; ma è possibile che anche Gesù(come si può sospettare dai suoi fre-quenti episodi di ricerca di solitudine)non desiderasse essere integralmenteseguito.Thoreau visse in contatto con grandi fi-gure del suo tempo, svolgendo allafine occupazioni intellettuali, ma avevasaputo a lungo mantenersi con millelavoretti. Aveva esordito con l’inse-gnamento, poi lasciato perché non eradisposto ad adottare punizioni corpo-rali verso gli alunni. Morì di tisi a 45anni, nel maggio del 1862, in mirabileserenità, quasi in adempimento delleparole finali di Camminare: «Così va-gabondiamo verso la Terra Santa fin-ché un giorno il sole splenderà più in-tensamente di quanto non abbia maifatto, e illuminerà le nostre menti e inostri cuori, e rischiarerà le nostre vitecon una bellissima luce che ci risve-glierà, così calda, serena e doratacome su una sponda in autunno».

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L’Italia che camminaA cura della redazione

Camminarte A.S.D. è un’asso-ciazione sportiva dilettantisticadi Torino. Tutto nasce nel 2013

grazie a Paola Leone e due delle suepassioni: il cammino e l’arte. Il nomedell’associazione rispecchia non soloil fatto che la camminata sportiva siaun’arte, ma anche la volontà di scoprirele bellezze del paesaggio e dell’artegrazie all’attività sportiva. «Una buonaoccasione per visitare le città d’arte conocchi nuovi, a passo di fitwalking, sco-prendo il verde dei parchi senza natu-ralmente perderci il resto. Un connubiodi sport e cultura, arte e benessere».Tra le attività principali ci sono i corsi difitwalking, che fanno capo al centralis-simo Parco del Valentino: corsi basecertificati metodo Maurizio Damilano,corsi di secondo livello e corsi avanzatiper prepararsi a lunghi percorsi o amaratone. Chi è già in possesso di unabuona tecnica può invece seguire gliallenamenti con il supporto tecnicodegli istruttori.Proprio al Parco del Valentino l’associa-zione ha fondato un Authorized Fitwal-king Center che promuove la pratica delfitwalking e ne divulga la conoscenza inquanto attività sportiva e filosofia di vitaad alto impatto sociale.Paola Leone è istruttrice di fitwalkingdal 2008, istruttrice di fitwalking cross,WALKin Trainer, specializzata in ma-ster di formazione e istruttore Gold2017. Grazie ai suoi titoli l’associa-zione opera in progetti legati a gruppidi cammino legati alla socializzazionee alla prevenzione di patologie.Gli associati sono circa 200 tutti glianni. Oltre ai corsi partecipano a ma-ratone, organizzano camminate inmontagna, sedute di cammino creativoe di meditazione in cammino e parte-cipano a eventi di fitwalking e altremanifestazioni sportive.Nel 2017 per la prima volta l’associa-zione ha portato il fitwalking oltre con-fine. Ad aprile in Galles, ocn un viaggioche ha unito la visita al paese al fit-

CamminarteL’arte di camminare

walking e all’escursionismo in monta-gna. A luglio a Praga, con un corso cer-tificato in una splendida capitaleeuropea. «L’idea è quella di proporrecorsi base certificati itineranti, ne ab-biamo in programma altri in alcunedelle più belle capitali d’Europa e nonsolo».

Una filosofia di vita«Al di là degli aspetti più propriamentesalutistici e sportivi, il fitwalking implicaanche il recupero d’importanti valori dicondivisione sociale per la tutela ed il

rispetto dell’ambiente. Riabituarsi acamminare, facendo del fitwalking il“nuovo” mezzo di trasporto per i nostrispostamenti cittadini, o quantomenogran parte di essi, significa dare un pre-zioso contributo alla qualità della vitacollettiva: camminare significa infattivedere, scoprire, conoscere e farsi co-noscere, incontrarsi e confrontarsi, es-sere più aperti al dialogo, allo scambioe alla circolazione delle idee; significaritrovare una dimensione naturale e so-stenibile della vita sostanzialmente ri-conducibile al concetto filosoficodell’“essere gentili con il mondo”».

Il mondo del cammino è fatto di moltissimeassociazioni che contribuiscono a diffondere lacultura del benessere e a rendere la camminataun momento di socializzazione. Dietro questerealtà ci sono uomini e donne che credonofortemente nell’attività su due piedi e chelavorano in modo attivo per farla conoscere e farlaamare. Conosciamone qualcuna insieme

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Infowww.fitwalkingtorinocamminarte.comfacebook.com/[email protected] Leone 338.414 97 29

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Cosa è cambiato in questo lungoperiodo e quali sono gli obiettividel più grande ente di promo-zione sportiva italiano?

«Intanto nel 1990, la Uisp ha decisodi modificare l’acronimo da sport po-polare a sport per tutti. Si trattava diandare oltre lo sport popolare, per af-fermare lo sport come diritto accessi-bile e praticabile da tutte e da tutti,una cultura del movimento per la dif-fusione di stili di vita attivi, un po’come accade da molto tempo, adesempio nei paesi nordici. Uno sporta misura di ognuno».

L’individuo prima di tutto?«Sì, perché al centro di questo di-scorso c’è l’individuo, la centralitàdella persona. Quindi da una parte siadatta ad ogni individuo, ma dall’altraraccoglie da ogni singola persona sti-moli, proposte e creatività e accoglieanche sport nuovi ed emergenti, so-prattutto tra i giovani. Perché la Uispha dato spazio e casa a moltissimigiovani, che praticano disciplinecome il parkour, lo skate e lo slac-kline. Progettare lo sport mettendo alcentro la persona, anziché il risultato,significa tenere in considerazione an-

Lo sport per tuttiUISP Piemonte si raccontaSono passati 70 anni e la Uisp è sempre in prima fila nella diffusione dello Sport per tutti,oggi come allora. Una storia iniziata nel dopoguerra, con l’obiettivo di diffondere lo sport popolare trasversalmente, rivolgendosisoprattutto alle fasce più deboli e ai lavoratori. Da allora non ha mai smesso. Abbiamointervistato Patrizia Alfano, eletta presidente Uisp Piemonte nel febbraio 2017

Incontri

che l’ambiente di vita delle persone,l’ambiente metropolitano, delle perife-rie e dell’emarginazione, fino all’am-biente naturale.La Uisp promuove molte campagneconiugando sport e ambiente. Ancheuna semplice camminata in mezzoalla natura, aiuta la difesa e la salva-guardia della natura stessa, cammi-nando, aiuta a stare bene e ad esserefelici. Camminare e lo sport in gene-rale si abbinano alla scoperta, al turi-smo, all’esplorazione. Lo Sport perTutti è uno sport che si muove, che fanumeri e ha una ricaduta economicasul territorio. Inoltre nel mondo delloSport per Tutti lavorano molte per-sone. Purtroppo in Italia non c’è ancora unalegislazione che riconosce questo la-voro, come ad esempio avviene in al-tri paesi europei. Ci sono moltissimi

a cura di Alma Brunetto

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Lo sport per tutti. UISP Piemonte si racconta | Incontri

studenti Suism impegnati con noi etanti che frequentano i nostri corsi diformazione, per acquisire le tantis-sime competenze legate al movi-mento, al benessere, alla socialità,all’impegno in svariati progetti di uti-lità sociale. E poi ci sono i nostri va-lori che in 70 anni non sono cambiatie che con gran piacere abbiamo ri-trovato nel libro Bianco sullo sportdell’Unione Europea: la solidarietà, lapartecipazione, l’inclusione, il no alrazzismo e a ogni forma di discrimi-nazione, diritti e pari opportunità pertutti, qualunque sia il sesso, la pro-venienza, la classe sociale, la forma-zione e l’educazione attraverso losport e l’associazionismo».

Quali sono i prossimi obiettivida raggiungere in Piemonte?

«Sviluppare ancora il nostro grandeprogetto di Sport per tutti in tutta laregione per far crescere i praticanti eil numero di società affiliate in ogniterritorio, in tutte le città e le pro-vince; valorizzare e ampliare il lavorodelle nostre strutture di attività. Alcentro dei progetti e delle politicheUisp ci sono le società sportive di

Si tratta di affermare lo sport come dirittoaccessibile epraticabile da tutte e da tutti, una culturadel movimento per la diffusione di stili di vita attivi, comeaccade da moltotempo ad esempio nei paesi nordici. Uno sport a misura di ognuno

rando ai programmi delle nostre strut-ture di attività. Partiremo presto contante opportunità nel settore monta-gna, nella pallavolo, nel nuoto, nelcalcio, nella danza, nell’atletica e neltrail, lanceremo nuovi settori come iltennis, l’area neve e la cinofilia. Arri-veranno nuove società sportive, cheaggregheranno a loro volta tantissiminuovi praticanti i quali con Uispavranno la possibilità di fare sport diqualità per tutta la vita».

base, quindi un obiettivo è accoglierleper sostenerle e valorizzare il loro im-pegno, il volontariato, tutelare e di-fendere i loro diritti, offrire loro semprepiù attività organizzate. Stiamo lavo-

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greenItaly

Non è facile oggi organizzare untrekking in Tunisia, il paese èpurtroppo ancora percepito

come non sicuro. Negli ultimi anni al-cuni attacchi terroristici hanno colpitoanche i turisti (museo del Bardo,Sousse), e recentemente ci sono statidisordini dovuti alla situazione di pe-sante crisi economica.Eppure negli anni scorsi la cooperativaWalden di Firenze, in collaborazionecon l’organizzatore di viaggi di turismoresponsabile Viaggi Solidali di Torino,aveva organizzato quattro trekking chehanno avuto un notevole successo e sistavano rivelando promettenti ancheper il futuro.I trekking costituivano il risultato opera-tivo di un progetto di cooperazione in-ternazionale allo sviluppo, denominatoTitan, guidato dalla Fondazione AlmaMater dell’Università di Bologna, finan-ziato dall’ENI e incentrato nella regionedi Tataouine.Il progetto si articolava in due filoni,quello agricolo e quello turistico.La parte agricola aveva portato alla co-stituzione di nuclei di donne, sia arabeche berbere, orientati alla produzione diortaggi, frutta, erbe aromatiche, alla loroconservazione e trasformazione e allasuccessiva commercializzazione, conun ottimo successo che sta perdurando

nel tempo e anzi si sta incrementandoulteriormente.La parte turistica aveva invece consen-tito l’individuazione degli elementi diattrattività del territorio, la formazione digiovani operatori turistici, una primaprogrammazione sperimentale fino allapromozione commerciale.È noto infatti che gli attrattori turistici diun territorio debbano essere esaminatie valutati da occhi esterni: ciò che al re-

Quante volte sentiamo dire che “il turismo è motore dello sviluppo economico”. E quante volte ci chiediamo che cosa significhi...Proviamo a dare una risposta grazie a un casoconcreto: la Tunisia. Ha cercato di fare delturismo uno strumento di crescita. E ci stavariuscendo, finché disordini economici e politicihanno cambiato le cose

sidente può apparire consueto, banale epoco significativo può invece apparireinsolito, curioso e attraente agli occhi delvisitatore.Walden aveva costruito pacchetti ric-chissimi di contenuti e ispirati integral-mente ai principi del turismo responsa-bile.Visita agli spettacolari granai collettivichiamati ksour; visita ai villaggi troglo-diti, costituiti da grotte un tempo abitate;

Tunisia sostenibileIl turismo che fa bene

Per un turismo responsabileL’AITR, Associazione Italiana Turismo Responsabile. è una rete di gruppi cheoperano nell’ambito del turismo responsabile in Italia. Da anni affronta que-sti temi coordinando le azioni sul turismo responsabile e cercando di sensibi-lizzare chi non li conosce. Informazioni: www.aitr.org

di Maurizio DavolioPresidente dell’Associazione Italiana

Turismo Responsabile

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incontri con la popolazione locale, i pa-stori, i contadini, con la possibilità di as-sistere a lavorazioni agricole e artigia-nali; visita ai luoghi di culto, moscheee marabut (tombe dei santi); alloggio etalvolta pasti presso le famiglie; assaggidi erbe commestibili che fanno partedegli usi alimentari ancestrali.La regione consente anche la visita disiti archeologici, aree fossilifere, luoghidi interesse paleontologico.Un trekking non pesante, senza seriedifficoltà, con una percorrenza media disei ore, con tanti punti spettacolari,paesaggi di deserto e di colline, dicampi agricoli e di oasi, e nella nottel’opportunità di osservare un cielo lim-pido e nerissimo, da noi inimmagina-bile. E poi tanti contatti umani, che co-stituiscono l’essenza del turismoresponsabile perché consentono di ca-pire il paese che si sta visitando, sep-pure nella obbligata brevità del sog-giorno. Anche la popolazione locale èinteressata a conoscere i visitatori (ter-mine da preferire sia a turista che aviaggiatore): vuol capire le motivazionidel viaggio, le ragioni dell’attrattività diun paese da cui tanti emigrano, è in-curiosita. L’incontro aiuta a capire.Ma poi tutto è finito, ci sono stati gli attidi terrorismo, il turismo è crollato, moltialberghi hanno chiuso, la regione diTataouine, vicina al confine con la Li-bia, è stata purtroppo interessata daepisodi molto gravi.Nei nostri processi decisionali per sce-gliere dove compiere un viaggio o tra-scorrere una vacanza, la sicurezza sicolloca al primo posto, prima dell’at-trattività della destinazione o del costo.Alla fine del mese di maggio era statoprevisto a Tataouine il settimo FITS,Forum International du Tourisme Soli-daire, già due volte rinviato per ragionidi sicurezza. Gli organizzatori avevanogettato il cuore oltre l’ostacolo, sfidandola sorte. Pochi giorni prima della data diinizio alcuni tumulti scoppiati per ra-gioni sociali e di lavoro, con un morto,tanti feriti e tanti arresti, hanno reso dinuovo Tataouine inaccessibile per i par-

Tunisia sostenibile. Il turismo che fa bene | greenItaly

tecipanti al FITS, che è stato spostatosulla costa, a Zarzis.Però i temi del FITS sono rimasti intatti:sviluppare il turismo nelle aree interne,rurali e montane dei vari paesi, fra cuiovviamente la Tunisia; coinvolgere ilpiù possibile le popolazioni locali nellescelte e nelle attività, in modo da pro-durre occasioni di lavoro e di reddito;puntare su forme di turismo leggero, abasso impatto, rispettose dell’ambiente;valorizzare la cultura locale in formeautentiche, le produzioni agricole tradi-zionali, l’artigianato artistico, i riti reli-giosi accessibili ai visitatori, i festival dimusica, le tradizioni, gli stili di vita, ol-tre alle bellezze della natura e dell’arte.Al FITS sono state presentate tante belleesperienze e buone pratiche, non solodella Tunisia, ma anche di Marocco,Burkina Faso, Senegal, Madagascar,Palestina, e persino dell’Iran e dellaRussia artica.

La Tunisia vuole ripartire e puntare nonsolo sulla ripresa delle già affermate lo-calità marine, ma anche sul lancio delproprio entroterra, ricco di bellezze dellanatura e della cultura. Pochi conosconole montagne tunisine del nord, copertedi foreste, dove d’inverno arriva persinola neve.Pochi conoscono il deserto con le sueoasi, ricchissime di storia legata ai com-merci, alle carovane, alla coltivazione ditrecento varietà di palma da che vienepoi trasformato in molti prodotti. Anchein una bevanda: il legmi, citata nel Co-rano.Alcune famiglie stanno ristrutturando legrotte dove vivevano i loro antenati tro-gloditi, e oggi vi possono pernottare i vi-sitatori, come accade in Italia a Matera.Ci sono alcuni segnali positivi. Una pic-cola associazione di Reggio Emilia, Me-diterraneus, ha programmato per l’au-tunno un viaggio in bicicletta per i proprisoci proprio nella regione di Tataouine.La Società Geografica Italiana ripeterànel mese di settembre lo storico viaggiocompiuto da Orazio Antinori nel lon-tano 1875.La Tunisia si riprenderà, ritornerannotrekker, cicloturisti e viaggiatori e sco-priranno un paese meraviglioso, gentilee ospitale.

Le bellezze turistiche di un territorio devonoessere esaminate e valutate da occhi esterni: ciòche al residente può apparire consueto, banale epoco significativo può invece rivelarsi insolito,curioso e attraente agli occhi del visitatore

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greenItalydi Chiara Marras

Scegliere di fare una vacanzasenza auto significa regalarsi mo-menti liberi dallo stress e fare una

scelta sostenibile, in grado di ridurre no-tevolmente l’impronta ecologica dei no-stri viaggi. Il turismo di massa spostaogni anno 1,18 miliardi di persone, e inumeri sono in rapida crescita. I dati eu-ropei ci dicono che il turismo è quartacausa di inquinamento ambientale e diproduzione di CO2 in Europa dopo l’ali-mentazione, l’abitare e la mobilità. Iprincipali responsabili dell’impatto delturismo sull’ambiente sono proprio i tra-sporti, in particolare l’aereo e l’auto, chedeterminano il 75% delle emissioni; lestrutture ricettive vengono subito dopo.I soli viaggi di andata e di ritorno pos-sono assorbire addirittura fino all’80%del consumo energetico richiesto dallanostra vacanza. La mobilità è l’essenza stessa del turi-smo: per definizione il turista e il viag-giatore sono coloro che si spostanoverso una nuova destinazione. È quindinecessario mirare a una mobilità di-versa, in modo che il turismo possa esi-stere e prosperare senza nuocere allanatura e danneggiare il nostro pianeta.Puntando a una mobilità più sostenibile,alla valorizzazione dei mezzi pubblici edei mezzi alternativi, si ottengono rica-

dute economiche positive: il turismopuò dare un forte impulso all’occupa-zione nel campo dei trasporti locali.

Senza stressOre perse in fila e a cercare parcheggio,l’ansia di perdersi e I costi esorbitanti dicarburante e autostrada: sono solo ri-cordi quando si lascia l’auto a casa. Siguadagna tempo e si vive un’esperienzapiù autentica e significativa. Spostan-dosi in bicicletta o con i mezzi pubblicisi sperimentano le città e i luoghi pro-prio come fanno i locali. Se si sceglie diviaggiare in treno inoltre si possono am-mirare dal finestrino tutti i paesaggi cheseparano i luoghi di partenza e di arrivo,così la vacanza inizia prima. Arrivati adestinazione, se si cammina, ci si spo-sta in autobus o si pedala si scopronofacilmente scorci inaspettati. Che siapoi questa l’essenza del viaggio?

Le vacanze senza auto sono un’idea sempre piùdiffusa, ma per alcuni rimangono un sognoirrealizzabile. Eppure è un’esperienza da vivereche offre un relax ineguagliabile. Proviamo acapirne i vantaggi per noi e per l’ambiente

Come organizzare una vacanzaNegli ultimi anni le offerte di turismo so-stenibile sono aumentate esponenzial-mente e non è più difficile organizzareuna vacanza senza auto. Aiutandosicon internet è facile capire quali sono ledestinazioni più adatte a questo tipo diturismo lento, quelle che offrono un ot-timo servizio di trasporto pubblico. Ilprimo consiglio è quello di sceglierebene la destinazione. Si può optare peruna meta car-free, come Porquerolles,l’isola francese in cui le auto sono ban-dite, o Monte Isola, sul Lago d’Iseo,dove gli unici mezzi a motore consentitisono gli scooter dei residenti, o ancora,una destinazione che promuove la mo-bilità dolce. In ogni caso è importanteverificare la presenza di piste ciclabili edi un buon servizio di bus.

In vacanza senz’autoUna scelta per l’ambiente

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Una volta scelta la destinazione delviaggio è importante trovare una strut-tura ricettiva che sia coerente con que-sto tipo di vacanza e che offra servizispeciali per chi viaggia in bicicletta, apiedi, e con mezzi sostenibili. Ci sonoBed & Breakfast, agriturismi e hotelche hanno abbracciato la filosofia dellamobilità sostenibile e che incentivano ipropri clienti a viaggiare senza auto of-frendo sconti speciali, un servizio di in-formazione sui trasporti pubblici pre-senti nel territorio, ma anche servizi dinavetta verso le stazioni ferroviarie, oancora biciclette a disposizione gratuitadegli ospiti.

Senza auto, senzastress: la Perle AlpineIn Europa esistono delle bellissime lo-calità di montagna unite dal denomi-natore comune della mobilità dolce, lequali propongono ai turisti numerosiservizi alternativi al mezzo privato. Illoro obiettivo è offrire agli ospiti propo-ste turistiche consapevoli, senza stresse in piena armonia con la natura, perscoprire tutto il bello di una vacanzasenza auto. Si chiamano “Perle Alpine”, sono de-stinazioni che hanno investito nella mo-bilità sostenibile per offrire un turismodiverso e per proteggere l’ambiente fra-gile delle montagne. In Svizzera, in Italia, in Germania, inAustria e in Slovenia soggiornando nellePerle Alpine si può usufruire di servizishuttle, navette per gli escursionisti,taxi, auto elettriche, bici ed e-bike chepermettono di raggiungere qualsiasiluogo nelle vicinanze.Moso in Passiria ne è un esempio. Sitrova a nord-est di Merano, tra le AlpiVenoste e le Alpi dello Stubai, in AltoAdige. Moso è il luogo perfetto per unavacanza in bicicletta: una lunga pistaciclabile che parte da Merano si snodalungo la valle del torrente Passirio ecollega i paesini della valle. Il piccolovillaggio di Plan si trova a 1.627 metridi altezza, attorniato dalle vette sugge-stive di Texelgruppe, e da alcuni anni èstato chiuso al traffico grazie a cancellidi accesso. Per esplorare i magnificipaesaggi e la natura incontaminata siutilizzano le bici elettriche, la romanticacarrozza trainata dai cavalli, la funivia,i bus, e ovviamente i piedi!

In vacanza senz’auto. Una scelta per l’ambiente | greenItaly

Proposte per una vacanza senza autoPartiamo dalla piccola Perla Alpina diChamois, in Valle d’Aosta, l’unico Co-mune d’Italia che non è raggiungibiledalle automobili. Per arrivare nel centroabitato più alto della Valle d’Aosta, a1836 metri, si può camminare oppureusare la funivia da Buisson. Arrivati aChamois il panorama è impareggiabile:ci si sposta solo a piedi o in mountainbike su sentieri, viottoli, e mulattiere. Tragli edifici in legno e pietra, che man-tengono i caratteri tradizionali dell’ar-chitettura locale, c’è Maison Cly, unhotel eco-sostenibile e romantico, cir-condato dalla natura incontaminata,che offre cibo biologico e a chilometrizero, un centro benessere e itinerari diecoturismo.In Trentino si può scegliere di esploraresenza auto i suggestivi monti della Les-sinia, un incantevole parco naturaleabitato dai lupi. Per farlo si arriva intreno alla stazione di Ala e si usufruiscedel servizio di trasferimento gratuito of-ferto dall’agriturismo Malga Riondera.In 15 minuti ci si trova così in unamalga tradizionale immersa nel verdedei monti Lessini.

Anche una metropoli caotica come Mi-lano può essere riscoperta in modo di-verso. Per farlo c’è chi decide di muo-versi in bicicletta nella cintura verde delParco Sud, e di arrivare in un’antica ca-scina rurale immersa nel verde, CascinaSanta Brera, dove è possibile vivereuna vacanza in fattoria, a contatto coni cavalli e gli altri animali, lavorandonell’orto e assaggiando i prodotti a kmzero dell’agriturismo. Chi ci arriva in bi-cicletta usufruisce di uno sconto del10% sul pernottamento. Dalla Cascinasi può raggiungere il centro di Milano inautobus e metropolitana. Se c’è un simbolo di vacanza «slow»,questo è il treno d’epoca. L’ultima pro-posta è in Sicilia, lungo la ferrovia Cir-cumetnea che collega Catania con Ri-posto, la cui tratta dura tre ore e mezza.La Circumetnea compie il periplo del-l’Etna passando per piccoli centri, ulivetisconfinati e roccia lavica. Una delle fer-mate della ferrovia è vicino all’agrituri-smo biologico Bagolarea, circondato daaranceti e coltivazioni di ulivo, che oltread offrire appartamenti ecologici affac-ciati su un paesaggio unico, mette a di-sposizione degli ospiti che viaggianosenza auto delle biciclette e numerosi iti-nerari di ecoturismo.

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Scegliere sul webEcobnb è la community online del turismo sostenibile. Sul sito si possono pre-notare strutture ricettive in Italia e all’estero che soddisfano i requisiti di so-stenibilità. Ecobnb ha elaborato 10 requisiti, le strutture devono rispettarne al-meno 5 per essere presenti sul portale. Il visitatore può leggere quali requisitisono stati rispettati, e cosa ne pensano i clienti che vi hanno alloggiato. È pos-sibile così scegliere hotel attenti all’ambiente, ma anche bed & breakfast eco-logici, agriturismi bio, glamping, rifugi ed ospitalità informali che propongonoil turismo sostenibile. ecobnb.it • [email protected]

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OrientamentiTesto e foto di Gianfranco Bracci

e Francesco Saliola

Anche la scarpa “perfetta” non dà il meglio se non è abbinata a una giusta calza. Calze e scarpe, infatti, formano un sistema per cui è quasi impossibile parlare delle une senza citare le altre. Le calze rappresentano un capo di abbigliamento estremamente importante:sottovalutarne il ruolo può condizionare la comoditàe il benessere nella camminata

Di calzature avevamo parlato sulnumero 65 di Camminare arri-vando alla conclusione che sul-

la scelta delle scarpe occorre investireun’adeguata quantità di tempo e dena-ro. E come abbiamo già detto, la calzava scelta anche in base alla calzatura chesi indosserà; o viceversa, se preferite: èun sistema in cui i vari elementi devo-no armonizzarsi.Una nota relativa alla produzione: l’Ita-lia ha un’ottima tradizione industriale nel-la realizzazione di calze per uso “gene-rico” e anche per uso sportivo. Esistonoin Italia anche calzifici che producono perconto terzi calze tecniche di livello, lequali poi vengono marcate con il branddi altri produttori o di grandi catene del-l’abbigliamento sportivo.

La moderna calza tecnicaLe moderne calze tecniche hanno im-plementato lo stratagemma montanarodella “doppia calza” inglobando le fun-zioni dei due strati in un unico capo. In-fatti, l’interno della calza a diretto con-tatto con la pelle è in genere realizzatocon una morbida maglia spugnosa cheassorbe il sudore e lo porta verso la par-te esterna, affinché la pelle resti ten-denzialmente asciutta.

Le calze moderne sono realizzate con rin-forzi nelle parti maggiormente sottopo-ste a pressione e sfregamenti, segnata-mente l’avampiede, le dita e il tallone,e hanno una strategica disposizione del-le fibre elastiche destinate a sostenerlesul polpaccio senza farle cadere. Per migliorare ancor più l’aderenza e lavestibilità delle calze, molti produttori lerealizzano in conformazione differenziataper il piede destro e sinistro, propriocome avviene per le scarpe: nel caso siutilizzino calze di questo tipo, è molto im-portante non sbagliare a indossarle, ve-rificando che quella marcata L stia sul

piede sinistro e quella marcata R stia suldestro.Come scegliere la misura di un paio dicalze? Una persona che ha il 42 di pie-de potrebbe dover scegliere tra una mar-ca che presenta il 40-42, un’altra che èdisponibile in intervallo 42-44 e una chefornisce il 41-43. Non sempre è facilescegliere la misura giusta: valutando l’ela-sticità del prodotto, è comunque im-portante che la calza non sia eccessi-vamente “espansa” una volta indossa-ta, altrimenti potrebbe stringere troppoil piede; nel contempo non deve pre-sentare “avanzi” in punta o sul tallone.

Indumenti, non accessoriNon sottovalutate il calzino

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Parlando di materiali, la raccomanda-zione è di evitare il cotone perché si in-zuppa di sudore, asciuga lentamente, èpesante e favorisce l’insorgere di vesci-che.Una calza tecnica è in genere costituitada un misto di fibre tessili diverse:• una componente (circa 60-80%)

che deve gestire la termoregolazio-ne e l’umidità (poliestere, lana me-rino);

• una componente (circa 20-40%)che favorisce la robustezza (nylon);

• una componente elastica (circa 2-5%) che consente aderenza e ve-stibilità (Elastan, altresì conosciutocome Spandex).

Queste percentuali sono indicative eogni prodotto ha le sue caratteristiche,che sono comunque riportate in eti-chetta.Le calze in sintetico sono in genere fat-te in gran parte di poliestere: sono ot-time nel trasportare il sudore versol’esterno, sono leggere e resistenti, pos-sono essere lavate facilmente – anchein situazioni outdoor – e asciuganomolto velocemente. Le calze di lana merino hanno quasisempre anche una componente va-riabile di nylon – in genere intorno al30% – che ne rinforza la struttura e nerallenta l’usura. Hanno un’ottima re-sistenza agli odori e presentano carat-teristiche di termoregolazione e di ge-stione dell’umidità veramente notevo-li, sia in inverno che in estate, chiara-mente scegliendo spessori fini per lastagione calda. Le calze in lana meri-no richiedono alcune accortezze nel la-vaggio outdoor – leggere le etichette! –e impiegano tempi più lunghi perl’asciugatura rispetto al sintetico, anchese ormai gli spessori fini in estate asciu-gano velocemente.Solo la sperimentazione personale cipotrà dire con quali prodotti ci trovia-mo meglio: nonostante il prezzo ele-vato, vale comunque la pena di provareun buon paio di calze in lana merino,perché si tratta veramente di prodottiad alto tasso tecnico.

Indumenti, non accessori. Non sottovalutate il calzino | Orientamenti

La misura giustaLe calze sono disponibili in varie altez-ze: alla caviglia, a metà polpaccio, sot-to il ginocchio e a volte ancor più diffe-renziate. Chiaramente, più la calza è cor-ta, più è leggera… ma la leggerezza, perquanto fondamentale, non è il solo cri-terio da seguire per la scelta. General-mente le calze più adatte all’attivitàescursionistica arrivano a metà pol-paccio, ma ci potrebbero essere dei casiin cui è meglio utilizzare un gambalet-to ancora più alto, poiché in grado di for-nire una maggiore protezione alla par-te bassa della gamba. Le migliori case produttrici realizzano cal-ze in diversi spessori: fini, medie, gros-se se non anche ultrafini e ultragrosse.Questo influisce, oltre che sul peso, an-che sulla qualità termica della calza: ge-neralmente, più la calza è spessa, piùè calda.Uno spessore medio andrà bene per lamaggior parte delle attività escursioni-stiche in condizioni climatiche nonestreme; su terreni innevati o in casi difreddo intenso si potranno scegliere cal-ze di spessore grosso, mentre nelle gior-nate molto calde sarà il caso di indos-sare una calza fine.È molto importante notare, però, cheuna scarpa estiva che “veste” perfetta-mente con una calza fine sarà invecescomoda e stretta se si indossa una cal-za grossa: per questo, quando si ac-quistano le calzature è sempre bene pro-varle con le calze che effettivamente siuseranno poi con quella scarpa.

In conclusioneNei prossimi numeri cominceremo adaffrontare nel dettaglio l’approccio “me-todologico” e le strategie pratiche di al-leggerimento per l’ultralight backpackingo il “camminare ultraleggeri” come pre-feriamo dire noi. Ma anche con uno zai-no di pochi chilogrammi, se i piedi fan-no male tutta la nostra filosofia ultra-leggera va a farsi benedire. Quindi sce-gliere in modo oculato scarpe e calze èil primo passo per farne molti altri.

Parlando di materiali, la raccomandazione è di evitare il cotone perché si inzuppa di sudore,asciuga lentamente, è pesante e favorisce l’insorgere di vesciche

Ricordate che se unascarpa estiva vesteperfettamente con unacalza fine sarà invecescomoda e stretta se si indossa una calzapiù grossa: quando siacquistano le calzature è bene provarle con lecalze che si userannopoi con quella scarpa

La lana merino è un ottimo materiale anche per calze da usare durante la stagione calda, purché si scelganomodelli di spessore sottile, come quello qui illustrato

Esistono anche particolari modelli di calzecon le dita separate: alcune persone leritengono perfette per evitare le vesciche,altri le trovano fastidiose da indossare

Molti modelli fanno distinzione tra calza peril piede sinistro (L) e per quello destro (R). È importante non sbagliare a indossarle…

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Itinerari nel mondoNORVEGIA

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g Testo di Tommaso Alexitch

Il Fiordo della Luce Alla scoperta del LysefjordSituato nella parte sud-occidentale della Norvegia,nel comune di Forsand. Il Lysefjord è il piùmeridionale dei fiordi e simbolo del paese, il suo nome significa “Fiordo della Luce”. In estate, in autunno, in inverno o in primavera la roccia del Lysefjord riuscirà ad ammaliarvi per 42 chliometri di lunghezza. Che sia un’escursione in crociera, un trekking o un road trip in macchina, è una meta imperdibileper qualsiasi viaggio in Norvegia

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Lysefjord: lungo 42 chilometri efiancheggiato dalle ripide mon-tagne della catena montuosa del

Kjerag, il fiordo lungo e stretto è la piùmeridionale delle grandi insenaturedella Norvegia. Si è formato durantel’era glaciale grazie all'azione erosivadei ghiacciai, ed è stato in seguitoinondato dalle acque del Mare delNord. Per tutta la sua lunghezza è in-canalato tra pareti alte fino a 1000metri. Le sue acque hanno una pro-fondità che varia dai 13 metri all'al-tezza del suo sbocco, sul braccio dimare su cui si affaccia la città di Sta-vanger, ai circa 400 metri sotto il mo-numentale Preikestolen, collocato piùo meno a metà del suo versante set-tentrionale. Il fiordo è poco abitato, lesue rive ospitano solo due villaggi: For-

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Il Lysefjord èconsiderato il fiordo piùbello della Norvegia. Arendere questo postounico al mondo sono ipanorami che siammirano percorrendoil lungo braccio d’acquain battello e quellialtrettanto belli che dicui si gode dai 604metri di altezza delPreikestolen

sand e Lysebotn, il primo all’imbocca-tura e il secondo nella sua parte ter-minale. Lysebotn è collegato al restodel mondo da una sola strada ed è abi-tato per lo più dal personale che lavoranelle vicine centrali idroelettriche diLyse e Tjodan, entrambe scavate nellerocce che delimitano il fiordo.Ci sono vari modi per visitare il fiordo.Due compagnie di navigazione turi-stica – la Rødne Fjord Cruise e la TideReiser – propongono comode gite inbattello da Stavanger fin sotto il Prei-kestolen e ritorno, con una duratacomplessiva di circa 3 ore.Per vedere il Lysefjord da un altro puntdi vista è invece possibile partire daStavanger con un autobus, arrivare alvillaggio di Lysebotn, prendere un bat-tello per raggiungere le acque sotto ilPreikestolen e ritornare al punto di par-

Veduta del Lysefjord e dintorni dalla cima del Preikestolen

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glomerato di piccole e colorate casedi pescatori. A una manciata di chi-lometri si trova anche anche il LandaPark, un’accurata ricostruzione di unvillaggio vichingo animato da nume-rosi figuranti in costume. Poco dopoaver lasciato il villaggio alle spallesompare la cascata Hengjanefossen,che precipita nel fiordo con un saltodi 400 metri. Il battello si avvicinamolto, dando modo ai passeggeri diammirarla e fotografarla con tutto co-modo. Se il pilota ritiene che ci sianole condizioni, si porta addirittura

Il Preikestolen è un luogo incantevole e magico, a picco sul più bel fiordo norvegese e affacciato su tante altre bellezze naturali. Un degno esempiodella grandezza selvaggia che rende questo paesecosì emozionante da scoprire a piedi

sotto l’acqua scrosciante per riempirneun secchio. Il giro termina sotto il Prei-kestolen, dove il battello sosta per con-sentire a tutti di ammirare dal bassol’erta parete rocciosa in tutto il suosplendore. Il ritorno è più rapido maaltrettanto suggestivo.Se decidete di fare visitare il Lysefjordin autobus e battello non dimenticatedi portare con voi qualcosa di caldo daindossare durante la navigazione euna giacca a vento impermeabile.Qualche panino e una buona scortad’acqua non guastano.

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tenza, per rientrare infine a Stavanger,sempre in autobus. L’escursione duraun’intera giornata. Il viaggio in bus daStavanger a Lysebotn dura tra le 3 e le4 ore attraverso vaste pianure pratica-mente deserte – tranne che per la pre-senza di poche tipiche case norvegesi– e circondate da incombenti paretirocciose. Il tratto finale è costituito dauna spettacolare strada a strapiombosul fiordo che, attraverso 27 tornanti,scende dal gruppo roccioso del Kjeragper giungere a Lysebotn. Una volta sulbattello, l’unico vostro pensiero saràquello di riuscire a fotografare tutte lemeraviglie che vi si presentano alla vi-sta durante la navigazione. Un’espe-rienza emozionante in mezzo a unanatura incontaminata.Il primo punto che attirerà la vostra at-tenzione è il villaggio di Landa, un ag-

Veduta delle tipiche case di pescatori norvegesi lunghe le sponde del Lysefjord

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Il PreikestolenUn’altra visita da non mancare è quellache porta sulla sommità di una dellemaggiori attrazioni naturali del fiordo, ilPreikestolen (letteralmente “pulpito diroccia”). Da maggio a settembre fun-ziona un servizio di traghetti – tra i 5 ei 7 al giorno – che partono dal molo Fi-skespiren di Stavanger e giungono finoa Tau, da dove un autobus raggiunge ilparcheggio e rifugio PreikestolhyttaVandrerhjem. Da qui un sentiero nonimpegnativo porta in cima al Preike-stolen in 3 ore di camminata. L’ultimoautobus di ritorno a Tau parte alle19.55 dal parcheggio all’inizio del sen-tiero, è quindi necessario tenere d’oc-chio i tempi per evitare di rimanere a

Quando ci si affaccia sul bordo del Preikestolen, a 604 metri di altezza, non ci sono barriere. È una precisa scelta della Norvegia, che vuolemodificare il meno possibile i suoi paesaggi naturali

terra. La società che gestisce i traghettie gli autobus è la Tide Reiser. I bigliettisi possono acquistare on-line, a Sta-vanger presso l’ufficio turistico o diret-tamente al molo Fiskespiren.Con i suoi tre lati di pareti rocciose chescendono a picco sul Lysefjord per604 metri, il Preikestolen rappresentaun trionfo della natura ed una delleprincipali mete turistiche della Norve-gia. È inoltre parte importante della

storia e della cultura norvegese; cosìcome lo è anche la famosa immagineche ritrae visitatori da tutto il mondoaffacciati senza paura sul suo bordo.Pur se guardare in giù può sembrareabbastanza terrorizzante, è comunqueuna di quelle esperienze che vannofatte almeno una volta nella vita. Ar-matevi quindi di coraggio e lasciateche i vostri piedi penzolino sopra al Ly-sefjord.

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Veduta deo Preikestolen

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A piedi Il sentiero che porta al Preikestolen èlungo 3,8 km. Un camminatore alle-nato impiega circa 2 ore per arrivarein cima. La partena è il parcheggioPreikestolhytta Vandrerhjem. Il per-corso è caratterizzato da un inizio ab-bastanza ripido e impegnativo, moltoben segnalato, che si inerpica subalze scoscese. Poi la pista attraversaaffascinanti zone acquitrinose che ri-flettono l’azzurro del cielo e le suenuvole, tratti di foresta norvegese sol-cati da piccoli corsi d’acqua e unaserie di suggestive lastre granitiche.La sua bellezza vi rapirà.L’ascensione continua tra sassi e gra-dini in pietra sotto pareti rocciose, in-tervallata da slarghi e piazzole dove èpossibile riposare e riprendere fiato,scaldati magari dal tepore del sole. In-fine, senza possibilità di sbagliare, siarriva in cima al colosso naturale nor-vegese per eccellenza, una bizzarriadella natura molto ammirata in foto-grafia o in cartolina. Il tetto della Nor-vegia. La soddisfazione di calpestarne la pie-tra di persona è immensa, come im-mensa è la visuale, che spazia a 360gradi sui più bei paesaggi del nordEuropa. Certo, bisogna avere pa-zienza, perché il Preikestolen è pe-rennemente affollato da numerosis-simi turisti che giungono da ogniparte del mondo per ammirarlo.Ma l’ascesa non finisce qui: chi vuolepuò inerpicarsi ancora più in alto egodere di una vista altrettanto spetta-colare sul Lysefjord, sui piccoli vil-laggi limitrofi e sugli orizzonti norve-gesi. Proseguendo oltre il Preikestolenè infatti possibile raggiungere in pocomeno di un’ora il punto più alto delgruppo montuoso del Kjerag, costel-lato di piccoli laghetti alpini, che offrespunti per altre entusiasmanti foto-grafie.

Zona acquitrinosa

TOMMASO ALEXITCH, nato a Roma nel1993, è laureato in International Businesspresso la John Cabot University. Appas-sionato del trekking fin da bambino gra-zie alle escursioni con i genitori, occupa iltempo libero in ogni angolo del mondo trafotografie e trekking. Instagram e Facebook: spaghettiontheloose

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Itinerari in ItaliaDOLOMITI

Chi ha vissuto in prima persona la tragedia della Grande Guerra ci ha lasciato da tempo, ma sulle Alpi friulane quel conflitto ha mutato per sempre il volto dei versanti e delle cime. Per la prima volta nel grande teatro della Storia si assiste alla guerra di massa in alta quota, con migliaia di combattenti che si fronteggiano in condizioni estreme. Il teatro di questa tragediasono le Dolomiti Fiulane. A più di 100 anni restano le ferite di quei giorni, e molte escursioni non possonofare a meno di incontrarle sui sentieri

Montagne ferite Le Dolomiti della Grande Guerra

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g Testi e foto di Sandra Tubaro e Ivo Pecile

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Èil 24 maggio del 1915: l’Italiaentra ufficialmente in guerracontro Austria-Ungheria e Ger-

mania inviando uomini e mezzi sulfronte nordorientale. Il Friuli si trovaproprio in quel settore alpino e diventapresto uno dei teatri più importantidegli scontri bellici. Oltre alla zona delCarso, strategico diventa il manteni-mento delle posizioni sulle quote mon-tane (la cosiddetta zona Carnia), col-locate a ridosso del confine, capisaldida conquistare e difendere ad ogni co-sto. Per la prima volta nel grande tea-tro della Storia si assiste così allaguerra di massa in alta quota, con mi-gliaia di combattenti che si fronteg-giano in condizioni estreme, trovandonella natura stessa della montagna unulteriore nemico, a volte anche più te-mibile dell’avversario.A testimoniare quel tragico periodoche fu la Grande Guerra in Friuli ri-mangono fortificazioni, trincee, caser-maggi ed in genere vestigia militari di

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grande interesse. Le troviamo ubicatenon solo nel settore alpino, ma anchein quello delle Prealpi, Carniche e Giu-lie dove ebbero luogo combattimenticruciali nei momenti immediatamenteseguenti alla battaglia di Caporetto del1917. Grazie anche al fatto di essere stateedificate in un luogo poco antropizzatocome la montagna, molte opere sonogiunte fino a noi, solo parzialmente ro-vinate dal tempo e dalle intemperie. Lecoperture in legno sono quasi del tuttoscomparse mentre le parti in metallosono state recuperate nel periodo post-bellico. Le trincee scavate nei terreni er-bosi stanno lentamente sparendo tra lavegetazione. Resistono invece, a di-stanza di cent’anni, gallerie e posta-zioni in caverna e manufatti in calce-struzzo. Accanto a questi villaggi diguerra si rinvengono elementi legatialla difficile permanenza in alta quotacome le piazzole delle teleferiche, i re-sti delle linee elettriche e le vasche per

Fortificazioni, trincee,casermaggi e altrevestigia militaritestimoniano ancora iltragico periodo dellaGrande Guerra in Friuli.Si trovano nel settorealpino ma anche inquello delle PrealpiCarniche e Giulie

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l’acqua. Un discorso a parte meritanoinfine le iscrizioni che i soldati cihanno lasciato incidendo sulla pietranomi, date o testi più articolati, ele-menti che assieme alle lettere dalfronte ci restituiscono preziosi fram-menti di vita.Per portare in quota uomini, mezzi emateriali furono realizzate complesseopere viarie che dalle strade del fon-dovalle salivano verso le linee fortifi-cate, trasformandosi in mulattiere equindi in arditi camminamenti. Eb-bene, questi percorsi sono nella quasitotalità quelli che l’escursionista an-cora oggi utilizza per salire in quota eraggiungere cime e forcelle. Una reteintelligente e logica, costruita sfrut-tando al meglio l’orografia dei versanti,spesso scavata in parete e sorretta damassicciate che ancora resistono. Unaeredità che ci offre l’occasione di cam-minare sulle tracce dei nostri nonni,per memoria, riflessione e compren-sione di quel che è stato.

Il Museo all’aperto del Pal PiccoloLuogo simbolico della Grande Guerraè senza dubbio la trincea, la posta-zione di combattimento scavata nelterreno e spesso rinforzata da elementiverticali. Qui i soldati si avvicendano adifesa di un’offensiva nemica o nell’at-tesa che il comando ordini un assalto.

Dislivello: 500 mTempo percorrenza: 3/3,30 ore Segnaletica: sentiero CAI 401Difficoltà: E con alcuni facili

passamani

Pochi luoghi come il Pal Piccolo rie-scono a dare un’idea di quello chedoveva essere un teatro bellico in altaquota ai tempi della Grande Guerra.L’anello che ha origine al Passo diMonte Croce Carnico (1354 m), piùche una escursione, è un vero e pro-prio viaggio nella memoria tra le po-stazioni dei due eserciti che sul PalPiccolo si fronteggiavano a pochi me-tri di distanza. Significativa è la quan-tità e la diversità delle testimonianze edei manufatti che si incontrano: dalletrincee coperte e blindate agli allog-giamenti in caverna e dai resti dellecucine alle postazioni di prima lineacon fregi e iscrizioni. Dal valico nelle

La cresta fortificata della Cuestalta

A oriente della conca di Pramosio, lacresta confinaria incontra alcune vetteche furono aspramente contese daidue schieramenti nei primi mesi delconflitto. Erano luoghi strategicamenteimportanti in quanto davano la possi-bilità di controllare i movimenti delnemico e orientare con precisione ilfuoco delle artiglierie.

Dislivello: 770 mTempo percorrenza totale: 4/5 oreSegnletica: segnavia CAI 448Difficoltà: EE

Trincee silenziose. Escursioni sulla Linea Cadorna | Itinerari in Italia

Alpi Carniche oltrepassiamo il con-fine austriaco per prendere a destrail sentiero storico che sfiora tutte lefortificazioni di questo versante. Conuna salita più decisa ci si affaccia sulpianoro sommitale, tormentato dalcarsismo e disseminato di resti di po-stazioni e camminamenti (1866 m).Qui si può divagare tra le linee dicombattimento portandosi progres-sivamente verso oriente fino al co-siddetto Trincerone italiano. Se-guendo ora il segnavia CAI 401 ci sidilunga tra doline e affioramenti roc-ciosi scendendo poi lungo la mulat-tiera che collega le retrovie italiane eriporta esattamente al punto di par-tenza.

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Punto di partenza di questa escur-sione è la Malga Pramosio, raggiungi-bile comodamente in auto dalla stataleper il Passo di Monte Croce Carnico,salendo a destra poco prima di Ti-mau. Dalla malga si rimontano lebalze erbose sottostanti al Passo Pra-mosio facendo ben presto conoscenzacon la storia di Maria Plozner Mentil,la portatrice carnica caduta sotto ilfuoco nemico nella zona di CaseraMalpasso mentre insieme ad altredonne trasportava materiali verso leposizioni in quota. Poco sotto il passosi imbocca a destra il CAI 448 chesfiora il valico e rimonta poi a svolte leripide pendici del monte Scarniz. Rag-giunta la cresta si procede attraver-sando pendii erbosi via via più ripidifino guadagnare con qualche atten-zione l’aerea cuspide sommitale dellaCuestalta (2198 m). Dalla vetta diquesta specie di baluardo naturale gliitaliani disponevano di una posizionefavorevole e dominante rispetto allelinee austriache, concentrate attornoalla sottostante Punta Medatte. Oltre airesti di trincee e casermaggi, sul ver-sante a meridione è possibile osser-vare diverse caverne collegate tra loroda arditi camminamenti.

Il caposaldo italianodello Jof di Somdogna

Lo Jof di Somdogna si eleva alla te-stata della Val Dogna in posizione do-minante rispetto alla sottostante ValSaisera. Per tale motivo durante laGrande Guerra questa vetta venneimmediatamente occupata dal nostroesercito. Oltre alle imponenti fortifi-cazioni, l’importanza del sito si intui-sce anche dai resti di mulattiere cherisalgono praticamente ogni canalonedel monte.

Dislivello: 650 mTempo percorrenza totale: 4/4,30 oreSegnaletica: segnavia CAI: 651, 610,652, 611Difficoltà: E

L’escursione allo Jof di Somdogna hainizio dalla sella che si trova alla te-stata della Val Dogna a 1397 metri diquota. Tuttavia già percorrendo la lunga ro-tabile della valle si ha l’opportunità dipassare accanto ad alcune importantivestigia come i piloni della telefericadi Chiout o la linea difensiva dei

Plans, entrambe meritevoli di unabreve sosta. Dalla Sella di Somdogna, per pista, cisi porta in breve alla radura del Rifu-gio Grego dove possiamo imboccareil CAI 651. Ci si alza nel bosco sfio-rando il piccolo lago di Somdognaper poi intercettare il segnavia n.610che ci accompagnerà fino in vetta.Con salita decisa si esce dalla vege-tazione arborea incontrando i primiresti di edifici militari, avvolti dallaboscaglia. Il sentiero punta ora decisamente inalto e con una ultima serie di strettesvolte, aperte tra mughi e roccette,esce nei pressi di un piccolo ricoveroa pochi passi dalla vetta (1889 m). Il panorama su questo settore delleAlpi Giulie è molto ampio e com-prende anche una superba visualesulla severa parete nord del Monta-sio. Particolarmente significative sonole vestigia che si possono visitare se-guendo la linea difensiva che corresul declivio a sud: tra queste la trin-cea coperta detta Tomba del Mago ealcuni imponenti resti di baracca-menti e caverne. L’escursione continua in discesa nel-l’opposto versante e successiva-

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Trincee silenziose. Escursioni sulla Linea Cadorna | Itinerari in Italia

mente, con il CAI 652, fino al ripianodel Bivacco Stuparich (1578 m). Quigli italiani avevano occupato e fortifi-cato anche lo sperone che sorregge ilbivacco allo scopo di impedire a pat-tuglie nemiche l’accesso al grande ri-piano inclinato che si trova ai piedidel Montasio. Ritornati sui nostri passi, possiamoora scendere nella Fossa di Carnizzacon il CAI 611 e quindi traversarecon qualche contropendenza verso ilRifugio Grego.

Il Parco Tematico della Grande Guerrabschnitt Saisera

L’esercito austroungarico era formatoda truppe considerate allora tra le piùmoderne ed efficienti del mondo: uncrogiuolo di ben 11 nazionalità diversecon 9 lingue ufficiali. Le comunicazionidi servizio si svolgevano in tedesco, lin-gua che tutti erano tenuti a conoscereanche in forma elementare.

Dislivello: 300 mTempo percorrenza totale: 2,30 oreSegnaletica segnavia:

bolli verdi, blu e rossiDifficoltà: T i percorsi verde e blu,

E quello rosso

Nel fondovalle della Val Saisera, rag-giungibile comodamente da Valbruna,è stato realizzato un percorso tematicoche porta a visitare le postazioni au-stro-ungariche di questo settore delleAlpi Giulie. Dal Rifugio Montasio (932m), tre anelli di difficoltà crescente ri-salgono verso le pendici del PiccoloNabois attraverso un percorso sugge-stivo e ricco di testimonianze, alcunedelle quali parzialmente ricostruite. Ilprimo anello (verde), ha come puntodi maggiore interesse la postazione delsasso bucato, un macigno-fortezza tra-forato da gallerie. L’anello blu ci portaa visitare alcune postazioni di artiglie-ria e il piccolo ricovero Fuss Nabois. Ilrosso, il più impegnativo per via dellapendenza, porta ad una postazione diartiglieria in caverna. Davvero note-vole la dotazione di cartelli con imma-gini storiche che mostrano i luoghi altempo della Grande Guerra.

Nella pietra e nel cemento delle fortificazioni isoldati hanno inciso i propri nomi, date o testi piùarticolati. Insieme alle lettere dal fronte questi testici restituiscono preziosi frammenti di vita

Sandra Tubaro e Ivo Pecile sono icuratori del sito SentieriNatura,uno dei più importanti portali ita-liani dedicati all’escursionismo. Perinformazioni sulle escursioni neiluoghi della Grande Guerra nelleAlpi Friulane e per trovare i tracciatigps, rimandiamo al sito www.sen-tierinatura.it | [email protected]

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Itinerari in Italia

Lago di Occhito

VOLTURARA IRPINIA

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g Testo e foto di Vito Paticchia

Terre di transumanzaIl Tratturo regio a VolturaraIl Tratturo regio Castel di Sangro – Lucera con i suoi127 km era uno dei cinque Regi Tratturi che,ricalcando antiche vie armentizie di epochepreistoriche, partivano dall’Abruzzo e attraverso il Molise terminavano nei pascoli della Capitanata. Il tratto che conduce a Volturara...

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Tra Molise e Puglia, arroccatelungo le due sponde del torrenteTappino, si affacciano gli abitati

di Toro e Pietracatella, Campodipietra eGambatesa: insediamenti di origine lon-gobarda e normanna, dotati di manieri,castelli ed edifici fortificati. Superato ilPonte dei Tredici Archi sul fiume Fortore,si sale in direzione di Celenza Valfortoree San Marco La Catola per arrivare aVolturara Appula, l’ultima stazione deimonti Dauni dalla quale greggi e pastorisi riversavano nella piana del Tavolierefino a Lucera.

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Il percorsoPonte dei Tredici Archi (203 m); Masseria Fascia (405 m); San Marco La Catola (683 m);Guado La Catola (264 m); Toppo dei Morti (640 m); Ponte La Catola (345 m); Incrocio SC (630 m); Volturara (526 m).

Distanza: 25 kmTempo di percorrenza: 8 oreDislivello: 1.100 m – 800 m

Alla confluenza del torrente Tappino colfiume Fortore, il Ponte dei Tredici Archisegna il confine tra il Molise e la Pugliae l’ingresso del Tratturo nella valle deltorrente La Catola. Siamo tra le morgerocciose di Serra Castiglione e La Valva,banchi arenacei caratteristici di questezone collinari, utilizzati per la costru-zione di opere difensive o di avvista-mento intorno alle quali successiva-

Alla confluenza del torrente Tappino col fiumeFortore, il Ponte dei Tredici Archi segna il confine tra il Molise e la Puglia e l’ingresso del Tratturo nella valle del torrente La Catola. Siamo tra lemorge rocciose di Serra Castiglione e La Valva

La Masseria Poncica e sullo sfondo la linea sinuosa del Tratturo Regio

Ringrazio gli amici Luigi Grosso, geologo;Renato Palmieri, imprenditore; Gian Pio Patricelli, agricoltore, per i preziosi suggerimenti e la generosadisponibilità.

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mente sono sorti la gran parte dei cen-tri storici: Tufara, Gambatesa, Toro, Pie-tracatella, Celenza, San Marco, Voltu-rara, Pietramontecorvino.L’ampia piana alluvionale, ricca di pa-scoli per la confluenza dei due corsi diacqua nel Fortore, fino alla costruzionedel bacino di Occhito, avvenuta neglianni ‘60 del secolo scorso, era una im-portante area di sosta per i pastori chein autunno conducevano le greggi versola Capitanata e in primavera risalivanoverso gli alpeggi abruzzesi. Luogo discambio di prodotti caseari, di manu-fatti, di tradizioni e culture tra le comu-nità transumanti e quelle stanziali, neiComuni che si affacciano sul tratturo re-sta ancora il ricordo dei fuochi e dellemusiche nelle lunghe veglie notturneche scandivano l’arrivo e il passaggio digreggi e mandrie: migliaia e migliaia dicapi scortati da uomini e cani dellarazza maremmana-abruzzese a prote-zione da briganti e da lupi.Si lascia momentaneamente il fondo-valle e il tratturo, qui coperto da untratto della statale 17. Lo riprenderemopoco più avanti, al guado sul torrente LaCatola. Superato il ponte, si prosegue insalita per oltre un chilometro sullastrada per Celenza fino a incrociare,sulla destra, una carrareccia alla basedella morgia La Valva che porta allaMasseria del Tratturo: il toponimo con-ferma l’antica vocazione di queste terre.Al primo tratto in cemento, segue unfondo in ghiaia con ai lati due fila di ar-busti e giovani piante di quercia chescompaiono in prossimità della Masse-ria, circondata da campi di coltivo. L’edi-ficio, guardato da una coppia di caniche abbaiano senza essere minacciosi,presenta ancora, sul prato prospicientel’ingresso e sotto una tettoia in lamiera,i segni di una recente, marginale, atti-vità umana. Si attraversa il cortile susterrato in mezzo a campi coltivati perproseguire in leggera salita in direzioneNE fino a una sella: la traccia conducead una costruzione in mattoni che va adincrociare la Provinciale 1 nei pressi diuna fabbrica di laterizi.

esterno del cimitero, si entra in SanMarco La Catola, un piccolo borgo me-dievale edificato da un gruppo di cro-ciati, ex-prigionieri del sultano al-Malikal-Kamil, liberati da Federico II nel corsodella sesta, incruenta, crociata (1228-1229). In cima il Castello, in una invi-diabile posizione panoramica verso ilMolise e la Campania.Dal centralissimo Belvedere di CorsoVittorio Emanuele II che si affaccia, a

Terre di transumanza. Il Tratturo regio di Volturara | Itinerari in Italia

Il Castello di Gambatesa

Alla nostra destra il sentiero che do-vrebbe condurre in cima a una collinaè scomparso, ma costeggiando icampi la si raggiunge ugualmente in-tercettando i pozzetti dell’acquedottoche corrono sul crinale coperti da unamacchia di ginestre. I coltivi prendonodi nuovo il sopravvento rendendo unpo’ difficoltoso il tratto finale che con-duce su di un pianoro panoramicocon alberi monumentali di roverella e,sul fondo, i ruderi ancora maestosi ebellissimi della Masseria Fascia. Su-perato il bivio che a NW scenderebbeai laterizi per raggiungere Celenza, siprosegue sul crinale in direzione NE,verso Casino del Monte e Casino Fa-scia, un altro edificio di proprietà dellaricca famiglia notarile alla periferia delnucleo abitato. Costeggiato il muro

Come arrivare al Ponte Tredici ArchiIN TRENO O AUTO fino a Foggia oCampobasso, poi BUS della lineaFoggia-Campobasso.Ritorno da Bivio Volturara, sempredella linea Foggia-Campobasso oLinea 721 per Lucera-Foggia. Info:www.sitasudtrasporti.itAccoglienza: Masseria Avellaneta(www.agriturismoavellaneta.it,347 274 90 67).

Nei paesi che si affacciano sul tratturo resta ancora il ricordo dei fuochi e delle musichenelle lunghe veglie notturne che scandivanol’arrivo e il passaggio di greggi e mandrie

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alleviare la malattia polmonare che l’af-fliggeva da tempo. Campi di grano e gi-rasole si alternano a uliveti mentre lacarrareccia procede lungo un corridoioverde con imponenti esemplari di rove-rella, alberi selvatici di prugnolo e pero,arbusti di ginestre, biancospino e rosacanina, intervallate a specie floreali ti-piche di questo areale assolato e a di-verse varietà di cardi spinosi.Dalla strada si staccano mulattiere etratturelli che costeggiano massicci diarenaria con numerose grotte che, in-sieme agli impervi valloni e alla fitta bo-scaglia, un tempo offrivano riparo aibriganti della zona, mentre la sopravvi-venza era garantita dai prelievi forzosipresso le ricche famiglie baronali opresso le numerose masserie sparse inqueste terre.Arrivati nel fondovalle (264 m), a 4chilometri da San Marco, si attraver-

sud-ovest, sulla molisana Tufara, sivede nel suo sviluppo la linea di crestache sale dolcemente lungo la dorsale trail torrente La Catola e il fiume Fortore esi perde a sud-est verso Volturara Ap-pula: è parte del Tratturo regio Castel diSangro-Lucera, che abbiamo lasciatoal Ponte Tredici Archi e che ora ci av-viamo a intercettare.

Imboccando via Cairoli da corso VittorioEmanuele II è possibile immettersi neltratturo percorrendo un sentiero chescende rapidamente a valle passandodal Convento dei Cappuccini, il qualeconserva la cella che per qualche tempofu occupata da un frate illustre, Padre Piodi Pietralcina, durante i suoi soggiorninei vari conventi collinari dell’ordine per

La Daunia settentrionale Antica terra di confine dove ora confluiscono le province di Foggia, Campobassoe Benevento e quindi le tre regioni di Puglia, Molise e Campania, in passatola Daunia separava il territorio occupato dalle popolazioni illiriche della Japi-gia dal Sannio, prima che entrambe divenissero province romane. Caduto l’Im-pero, il territorio fu inglobato nel Ducato longobardo di Benevento fino all’ar-rivo dei Normanni che ne imposero la sudditanza al Papato, riconfermatanonostante il tentativo di Federico II di esercitare la supremazia delle prero-gative imperiali su tutta l’Italia meridionale.Succedutisi Svevi, Angioini, Aragonesi e Borboni, all’arrivo dei Savoia l’impo-sizione della leva obbligatoria e delle tasse sul macinato per ripianare i debiticontratti con Francia e Inghilterra per finanziare le guerre di indipendenza, sca-tenarono un vasto e capillare movimento di rivolta popolare, il brigantaggio, chel’esercito piemontese stroncò con una guerra di saccheggi e violenze antici-pando, nel giudizio di molti storici, gli orrori delle successive guerre colonialie fasciste dei primi decenni del secolo scorso. Lettura storica che si ritrova neiversi di Eugenio Bennato Uomini si nasce, Briganti si muore, là dove recita:«Chi ha visto il lupo ed ha avuto paura non sa bene qual è la verità. Il vero lupoche mangia i bambini è il Piemontese che dobbiamo cacciare».

Masseria in località Toppo dei Morti

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Terre di transumanza. Il Tratturo regio di Volturara | Itinerari in Italia

Campi di grano e girasole si alternano a ulivetimentre la carrareccia procede lungo un corridoioverde con imponenti esemplari di roverella, alberiselvatici di prugnolo e pero, arbusti di ginestre,biancospino e rosa canina

sano due strade asfaltate parallele. Laprima è un tratto superstite della anticaviabilità che da Foggia, passando perl’agro di Lucera, portava a Campobasso.Su questa arteria correva il tratturo chescendeva da Gambatesa, entrava in Pu-glia all’altezza del Ponte dei Tredici Archie proseguiva per Volturara e Toppo dellaCrocella. Dalla destra orografica del LaCatola i pastori si portavano alla sua si-nistra superando il guado che ora si af-fronta dopo aver attraversato con moltaattenzione la Statale 17, la seconda,più ampia e trafficata, delle due stradedi fondovalle. Un pannello orizzontale e un cartelloverticale con il nome della località eduna scheda informativa resistono an-cora alle intemperie e ai vandalismi chelentamente stanno distruggendo ognitraccia di una tabellazione che accom-pagnava e informava il cammino lungoqueste antiche vie. Nonostante leggi edecreti ministeriali e recenti leggi delleRegioni Molise e Puglia considerino i

tratturi beni storico-testimoniali da tute-lare; nonostante nel giugno del 2006 iRegi Tratturi siano stati candidati al ri-conoscimento di Patrimonio dell’Uma-nità e recentemente siano entrati in pro-getti transnazionali della Commissioneeuropea sulla Transumanza, interi trattisono abbandonati o scomparsi insiemea segnavia, staccionate e tabellazioni.Queste in molti snodi e incroci giac-ciono per terra rovesciate, bruciate o di-velte dall’incuria e da una agricoltura dirapina e di saccheggio che sta divo-rando ampi tratti della viabilità insiemea numerosi canali naturali di scorri-mento delle acque meteoriche. Un pa-trimonio collettivo che rappresenta unpotenziale elemento di attrattività turi-stica per dei territori che si stanno spo-polando, senza dimenticare il dissestoidrogeologico di cui si intravvedono giàmacroscopiche manifestazioni.Ma l’emozione di percorrere antiche ar-terie originatesi dal calpestio di centinaiadi migliaia di animali e greggi fin dal-

Gian Pio Patricelli a colloquio con un gruppo di escursionisti

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ovest, si affaccia sulla valle del Fortoreche il possente Castello longobardo diTufara, costruito su di uno sperone roc-cioso, proteggeva da possibili incursionibizantine. Campi di cereali, grano e gi-rasole alternati a ortaggi e pomodori sisuccedono su entrambi i versanti delladorsale intercalati da boschi e uliveti.Quota 572, a pochi metri dalla Masse-ria Circelli che due cani ringhiosi difen-dono con zelo eccessivo, è il confinedelle tre regioni, oltre il quale il tratturoprosegue su saliscendi passando dallacresta del Toppo dei Morti (640 m) perscendere, a qualche centinaio di metri,a un bivio. Qui si abbandona il crinaleche prosegue nel beneventano in dire-zione di San Bartolomeo in Galdo. Iltratturo volta decisamente a nord-est

puntando verso un picco di roccia sulquale è arroccato Volturara Appula (526m), circondata da forre e crepacci, luo-ghi ideali per rapaci e avvoltoi e battutanel corso dell’anno da un forte vento discirocco: avvoltoi e vento di sud-est, inlatino rispettivamente vultur e voltur-nus che paiono essere all’origine delnome Volturara.Si scende fino a incrociare di nuovo iltorrente La Catola a 7 chilometri dalprecedente guado: un ponte modernodalle alte arcate aiuta a superarlo agil-mente mentre occorre maggiore atten-zione per riattraversare la Statale 17,raggiungere un pianoro e proseguire sultratturo che non attraversa il paese, malo costeggia puntando a est, in dire-zione di Toppo Crocella.Il tratturo, ridotto decisamente nella sualarghezza, si inerpica avendo comepunto di riferimento un serbatoio del-l’acquedotto pugliese e un numero spro-positato di gigantesche pale eoliche po-ste sul crinale che si affaccia sultavoliere e che diventano la nostra bus-sola anche quando la traccia del tratturoscompare inghiottito dalle sterpaglie del

Il Convento dei Cappuccini a San Marco La Catola

La ritirata tedesca al Ponte dei Tredici Archi Iniziata il 27 settembre 1943 dopo gli sbarchi inglesi a Taranto e Brindisi del9 settembre che preparava l’avanzata in direzione di Bari e Foggia, la ritiratatedesca verso le valli del Trigno e del Sangro, benché rapida, non fu comun-que indolore. Lungo il fondovalle che porta a Campobasso numerose loca-lità conservano memoria di quei giorni: nell’agro di Lucera le fattorie a cortechiusa utilizzate come campi di prigionia per ufficiali inglesi e come magaz-zini di grano, furono oggetto di sabotaggi e saccheggi; a Motta Montecorvinoi canadesi ebbero il loro primo battesimo di fuoco. A San Marco La Catola,presso il Convento dei frati Cappuccini, una piccola collezione di oggetti mi-litari raccolta da fra Tommaso da Morcone testimonia il passaggio del frontee i tiri di artiglieria inglese provenienti dalla località di San Cristoforo per sni-dare una squadra di tedeschi insediata in una grotta sottostante il convento.Al Ponte dei Tredici Archi, ai piedi degli imponenti pilastri rostrati costruiti percontrastare la violenza delle acque a carattere torrentizio che si riversavanonel Fortore, il 5 ottobre unità dell’esercito italiano si scontrarono con i tede-schi che avevano minato la strada che scendeva da Celenza Valfortore. Col-pito mortalmente, cadeva il maresciallo della Guardia di Finanza Nicola Ser-nia, Medaglia d’Oro al Valore Militare, il quale, fuggito da Gorizia all’indomanidell’Armistizio, aveva raggiunto la linea del fronte in Puglia e guidava squa-dre di patrioti impegnati a neutralizzare le mine tedesche.

l’epoca preistorica e sviluppatesi nel pe-riodo sannita quando lungo il loro per-corso furono costruiti centri fortificatiper garantire il libero passaggio degli ar-menti, è più forte di qualsiasi conside-razione sul loro stato attuale. E poi, at-traversare paesaggi collinari punteggiatida stalle, ovili e masserie con campi eradure boscate dove è facile incontrarela poiana mentre volteggia alla ricerca diqualche preda, è uno spettacolo checancella qualsiasi amarezza.Il letto del torrente in questo punto èmolto ampio, tanto da garantire un tran-quillo passaggio anche in caso di mal-tempo o di piene improvvise. Lo si at-traversa fra una folta vegetazionelacustre di canne e salici prima di ini-ziare la salita lungo la cresta che, ad

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Tufara, baluardo longobardo sulla Valle del Fortore

sottobosco. L’assenza in questi territoridel CAI o di altre associazioni escursio-nistiche è resa evidente dalla mancanzadi qualsiasi attività di manutenzione deisentieri, aggravata poi dal disinteressedelle amministrazioni nel riconoscere etutelare questo patrimonio dalle conti-nue aggressioni e manomissioni chesubisce ad opera di una agricolturameccanizzata e sovvenzionata da fondicomunitari che elimina alberi, sentieri,canali, cippi e testimonianze storicheper predisporre vasti campi adatti allasemina che trattori e mezzi cingolatipossono attraversare senza ostacoli e intutta la loro ampiezza, riducendo cosìtempi e costi di lavoro.Uno snello cipresso verde presso unacasa rurale con facciata rossa e circon-data da un campo di terra rossa ci di-stoglie dai tristi pensieri per catturarcicon la sua solitaria presenza. È la mas-

Terre di transumanza. Il Tratturo regio di Volturara | Itinerari in Italia

seria Poncica, che in inverno, quando ilcampo si copre di verde e il vento di tra-montana rende terso e limpido il cielo,emana un fascino particolare, indescri-vibile: la bellezza di queste colline e diquesti territori è struggente e merite-rebbe ogni sforzo per preservarlo e ren-derlo patrimonio comune. Il tratturo in-crocia una strada asfaltata con la qualecondivide un tratto di qualche centinaiodi metri: un bivio e una staccionata se-gnalano che il tratturo procede nellasua salita verso il crinale dove l’attendeun quadrivio, Toppo Crocella di Motta(791 m), e la discesa verso Motta Mon-tecorvino e la pianeggiante vastità delTavoliere fino a Lucera, punto di arrivoe di sosta per i pastori e le greggi.Noi lasciamo il tratturo a questo bivio eproseguiamo sulla Comunale che con-duce a un ripetitore e alla periferia diVolturara, passando davanti alla chiesa

Maria Santissima della Sanità e ad unantico e monumentale fontanile con ab-beveratoio, costruito sull’antica stataleappulo-sannitica che collegava tutti i Co-muni collinari lungo la direttrice Foggia-Campobasso prima che la statale di fon-dovalle la sostituisse isolando in parte icomuni dal traffico veicolare e dagliscambi.Si entra ora nel cuore di Volturara, con isuggestivi vicoli del centro storico, i pa-lazzi baronali, le maschere antropomorfescolpite nella pietra a protezione dellecase e dei suoi abitanti, la piazza dove siaffaccia il Municipio e la chiesa roma-nica del XIII secolo, che un importanterestauro ha ora riportato al suo anticosplendore. Alla fine della visita, in duecentralissimi locali, Eden e Roxy bar,possiamo trovare interlocutori per unoscambio di riflessioni e un meritato ri-poso.

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Ogni regione d’Italia ha due cittàche sono rivali, in tutto. In Sici-lia queste due città sono Cata-

nia e Palermo, Palermo e Catania.Situate quasi ai due lati opposti del-l’isola, affacciate su due distinti mariche in realtà, a loro volta, fanno parte diun mare solo. Le ragioni di questa riva-lità sono probabilmente radicate cosìindietro nel tempo da essersi perdutealla memoria. Ad oggi si fronteggianoper la supremazia calcistica, per i nataliculinari ed etimologici del più famosopiatto siculo; per il diritto di essere il ca-poluogo dell’isola, non solo politico maanche turistico; per le spiagge più belle,per il patrimonio artistici e culturali, pergli scrittori più famosi, i segreti più na-scosti, per la malavita.

I passi della SiciliaLe due città gemelle e rivali

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Le spiagge, il calcio, la cucina, il turismo, la politica, perfino la malavita: Palermo e Catania, Catania e Palermo. Le due perle della Sicilia sono rivali in tutto, sempre indisaccordo. Sono loro le due anime dell’isola,indissolubilmente legate dalla geografia, dallastoria di sant’Agata, e dalla loro stessa rivalità

Report dall’ItaliaSICILIA

di Martina Fabbri

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I segnali bianco-rossi dipinti di frescodel sentiero 786 li guidano lungo colatelaviche secolari, la sottile sabbia neraimbiondita dai fiori delle ginestre, la-sciando ora a destra ora a sinistra le an-tiche bocche eruttive, coperte da ver-deggianti boschetti. La mattina del terzogiorno puntano la cima del vulcano:sono i primi a calpestare il suolo colorcarbone, sollevando aloni di polvereopaca, mentre tutto ancora dorme. Sololei, l’Etna, instancabile sbuffa biancofumo dalle sue bocche, incapace di ac-quietarsi mai veramente. La stradaverso la vetta la creano un passo dopol’altro, sfidando l’alta pendenza che lispinge indietro. Si sentono esploratori diun mondo ignoto, cercatori di tesori,tenacemente convinti a non lasciarsianticipare dalle orde di barbari in infra-dito che presto le navette condurrannofino a lassù. Tremila metri più in basso,il mare. Nel blu, le coste della Calabriae il Golfo di Siracusa.Ben presto si separano dalla GrandeMontagna appena conquistata scen-dendo dal versante ovest, più selvaggio,primordiale. Il sentiero qui si snoda trafitti e ombrosi boschi popolati da rifugi

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I passi della Sicilia. Le due città gemelle e rivali | Report dall’Italia

Due città che si sfidano su tutto, sem-pre in disaccordo. Ma nonostante que-sto restano indissolubilmente legate traloro, collegate dall’A19 e dalla storia diSant’Agata. Nonché dalla rivalità stessa.

Da Est a OvestHanno deciso di unire le due città at-traverso una collana di passi, per sco-prire dove finisce l’una e inizia l’altra.Hanno tracciato sulle carte una linguadi strada con origine in Piazza Trento etermine davanti alla Cattedrale di Pa-lermo. Nel mezzo risale le pendici delvulcano e poi corre alta sui crinali, ri-calcando i rilievi in quota per discenderliinfine e gettarsi nel mare azzurro, al-l’ombra di Monte Pellegrino.Lasciano Catania puntando risoluta-mente verso nord. L’asfalto è il più neroche abbiano mai visto: sono le radici delvulcano che si insinuano nei vicoli dellacittà. L’uscita dal capoluogo è obbli-gata, non si può fare altro che seguirela statale, scavalcando barriere NewJersey e rotonde in diagonale, fino al li-mitare del Parco dell’Etna. Le periferienon sono fatte per i viandanti.

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addormentati, isole appenniniche inquel paesaggio lunare. Un elegante ba-solato lavico, tra le onde dell’oceanonero delle pahoehoe, li conduce aBronte e poi a Randazzo, da cui entranonel Parco dei Nebrodi, risalendo il corsodell’Alcantara, il cui ampio letto di pia-nura si trasformerà un passo dopo l’al-tro prima in un vivace torrente, poi inun timido e frammentato fascio di ca-nali minori, scavalcati all’ombra dellefronde. Cambiano le montagne, cambiail paesaggio. Per molti giorni ancoraL’Etna sarà lì, alle loro spalle, ammo-nendoli con segnali fumo per l’abban-dono subito.La Dorsale dei Nebrodi è stata usata persecoli come via di transumanza traMessina e Palermo. Veniva percorsadue volte all’anno, animali e uomini apiedi, fianco a fianco. Ora le greggi ri-posano placide nei pascoli di altura edi vaccari accudiscono le proprie man-

drie a cavallo delle jeep. Il Sentiero Ita-lia ricalca quasi fedelmente la traccia diquesta antica via e sarà la loro direttriceper le successive tappe. Li condurrà inalto, oltre la protezione dell’ombra, suun suolo arido e sassoso, la vegeta-zione ridotta a bassi cespugli spinosi.Qui il panorama si dischiude su unmare blu puntellato dal bouquet delleIsole Eolie: Filicudi e Santa Maria, Vul-cano e Lipari fuse in un unico corpo.Così vicine da avere la sensazione dipoterle toccare. Tre giorni di simbiosicon la natura, tra torrenti in secca e la-ghi incantati, dove solamente l’alba e iltramonto scandiscono il ritmo delle lorogiornate, in un susseguirsi di incontricon persone preziose e ospitali, conanimali curiosi. Ma anche tre giorni didialoghi con le proprie solitudini e coni suoni della notte nel bosco e dellealbe tra le fronde.Perdono quota e la strada si snoda ora

tra suggestivi borghi arroccati, iniziandoda Mistretta e Gangi, collegati da quasitrentacinque chilometri dell’asfalto diuna strada secondaria, nel giorno piùcaldo che il luglio siciliano abbia mai re-gistrato. Partono con le ombre lunghedel mattino e puntano il parco eolico diCastel di Lucio, le bianche braccia dellepale dal crinale si stagliano verso il cielonel loro splendore fiero, e si muovonopiano, con un ronzio sordo. Subito oltre,un fontanile isolato e un uomo dal fisicolungo e asciutto, le rughe a raccontareuna storia di cui si è perso l’inizio. Glispiega che la cresta appena superata di-vide le provincie di Messina, Palermo edEnna, e che lì, a una decina di metri,nella sua proprietà, c’è un punto in cuile tre province si uniscono e contempo-raneamente si dividono.Incontrano poi le Petralie, separate macostrette a un’esistenza di condivisione.Le attraversano, sfiorandole appena. Dalì, superato un ponte romano a schienad’asino, si dipana il sentiero per il cuoredel Parco delle Madonie, montagne didolomia, simili ai Monti pallidi del nord,ma più docili, maggiormente predispo-ste al dialogo con i viandanti. Si arram-picano assieme a daini e caprioli, traaceri secolari e i segnali bianco-rossiche giocano a nascondino. Arrivano aPiano Battaglia, trovandolo sferzato dal

Report dall’Italia | I passi della Sicilia. Le due città gemelle e rivali

L’Etna, instancabile, sbuffa bianco fumo dalle sue bocche, incapace di acquietarsi mai veramente. La strada verso la vetta la creanoun passo dopo l’altro. Si sentono esploratori di un mondo ignoto

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nate aride puntellate di cardi viola espinosi. Raggiungono Caltavuturo,Montemaggiore Belsito, Caccamo. Unaserie di tappe saltellanti tra paesi co-struiti sulla roccia, in un saliscendilungo la Via Francigena delle Montagne,tra riserve di uliveti secolari, pascoliplacidi e fieno già raccolto, edilizia abu-siva e il tracciato della “Targa Florio”dove le auto sfrecciavano veloci, ac-compagnate dalle grida di giubilo ditanti piloti e da alcune vite perdute perun sogno. Per ultimo il lago, silenziosoe immobile. Ci sono solamente lorodue, in piedi sulla diga Rosamarina, ri-serva idrica di Palermo. Appare comeun drago sonnacchioso, per fauci unalunga galleria buia, per coda la passe-rella di cemento armato che blocca ilcorso del San Lorenzo. La attraversanocon riverenza, aspettandosi da un mo-mento all’altro il suo risveglio.La via per la costa si snoda tra pro-montori e gole mettendoli ancora unavolta di fronte alla irreale quasi totale as-senza di luoghi pianeggianti sull’isola.Tra schiere infinite di ville curate e siepidi bouganville arrivano al mare di dia-mante, che costeggiano fino al castellodi Solanto, imprigionato e inaccessi-bile. Qui staccano verso l’interno per ar-rivare a Bagheria, color della sabbiacalda. Villa Palagonia, al centro, ri-splende di mille specchi ed altrettantisegreti. Scavalcano Monte Catalfano per am-

mirare il Cappello di Napoleone dal-l’alto, irradiato dalla prima luce delgiorno. Riprendono la strada di costache lascia spazio per gli ultimi eternichilometri ad una periferia sporca ecaotica, dove non esiste un marcia-piede su cui camminare, ma solamenteun piccolo ciglio di asfalto oltre il biancolimitare della carreggiata. Il Ponte del-l’Ammiraglio, che vide Garibaldi par-tire, segna il loro ingresso nel centro cit-tadino, il petto gonfio d’orgoglio e ilcuore zeppo di storie, raccolte in soliquindici giorni attraverso quattrocentochilometri di paesaggio in costante evo-luzione, il nero della lava a fare da spar-tiacque tra due mari, il giallo e il verdedei Nebrodi in contrasto con la dolomiabianca e tagliente, il grigio dei sobbor-ghi a suo modo in armonia con l’azzurrolimpido delle acque.

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vento. D’inverno ospita sciatori da tuttal’isola, e non solo, d’estate cerca di tro-vare il suo posto, tra qualche pigroesploratore a due ruote e alcuni, tropporari, esploratori a due gambe.Il giorno seguente una strada sterrata gligarantirà la discesa in un susseguirsi diombrose macchie di conifere e spia-

L’asfalto è il più neroche abbiano mai visto:sono le radici delvulcano che siinsinuano nei vicolidella città. Le periferienon sono fatte per i viandanti

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g Testo e foto di Marta Pelle

Dall’oceano alla savana Viaggio tra le molteanime del KenyaIl disco del sole si infrange contro la linea tremolantedell’orizzonte, gettando una luce calda sui bassiarbusti e sulle silhouette di elefanti e giraffe in marcia.Il rosso dell’argilla si accende con i raggi trasversalidel tramonto, illuminando di arancio lo skyline deimonti: è la savana del Parco Tsavo, a centoventichilometri dalla costa orientale del Kenya

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Itinerari nel mondoKENYA

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Itinerari nel mondo | Dall’oceano alla savana. Viaggio tra le molte anime del Kenya

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Il Kenya incarna l’idealedi un’Africa dai vastiorizzonti, primigenia eselvaggia, fatta di safari,spiagge bianchissimeed affascinanti danzetribali

Attraversato dall’Equatore e in-teressato da una varietà di climie ambienti naturali assai di-

versi, il Kenya incarna l’ideale diun’Africa dai vasti orizzonti, primigeniae selvaggia, fatta di safari, spiaggebianchissime ed affascinanti danze tri-bali. Ma il Paese offre una maggiorecomplessità a chi spende del tempoper conoscerlo. Su una superficie dop-pia rispetto all’Italia vivono poco più di48 milioni di abitanti suddivisi in circaquaranta gruppi etnici e devoti in mag-gioranza alle principali religioni mo-noteiste, cristianesimo e islam, e aquelle tradizionali. Una diversità, que-sta, che si concretizza nell’architet-tura: piccole chiese dal tetto di lamierapunteggiano le aree rurali e minaretidipinti di colori accesi decorano le mo-schee dei villaggi e delle cittadine. Gio-ielli di perline dalle molte forme e pit-ture rituali sono la traccia dellereligioni e delle tradizioni locali, so-pravvissute al di fuori dalle aree ur-bane.

Una storia di colonialismiA giudicare dalla quantità di crani ri-salenti a diverse milioni di anni fa chesono stati scoperti, l’umanità affondale sue radici proprio in questa partedell’Africa, da sempre luogo di migra-zioni e mescolanze fra etnie. Ma lastoria più recente del Paese porta il se-gno del colonialismo: portoghesi earabi si sono contesi le floride coste delKenya a partire dalla fine del XV se-colo, stringendo alleanze con le tribùindigene e sviluppando gli scambi coni popoli del lontano Oriente, per poi ce-dere il passo ai Britannici alla fine del-l’Ottocento. Un esempio lampante di

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questo melting pot è lo swahili, linguacomune a diversi stati dell’Africa cen-tro-orientale e una delle due lingue uf-ficiali del Kenya. Nata sulla regionecostiera per agevolare gli scambi com-merciali, ha una base bantu ed un vo-cabolario arricchito di termini arabi,persiani, hindi, portoghesi, tedeschie inglesi.Esempio magistrale, nonché patrimoniomondiale Unesco, di questa storia di in-fluenze straniere è Fort Jesus, intera-mente costruito di corallo e posto a di-fesa dell’importantissimo porto vecchiodella città. Il forte è uno degli esempimeglio conservati di architettura militareportoghese del XVI secolo e si trova aMombasa, seconda città per impor-tanza ed estensione del Kenya. Dai ba-stioni del forte si gode di uno splendidopanorama sul Gentlemen’s Club, moltoin voga negli anni Cinquanta e riservatoagli uomini bianchi.

A imperitura memoria del passaggiodegli arabi rimane la serie di città ab-bandonate sulla costa: fra tutte, spic-cano le rovine di Gede, costruita daimercanti omaniti fra il XIII e il XVIIIsecolo. Superato il viale di ingresso,quella che si apre alla vista è unacittà piuttosto ricca con una doppiacinta muraria che divideva i quartierialti da quelli popolari. Un susseguirsidi tombe, moschee, abitazioni e pic-cole, ingegnose opere idrauliche sialterna a sequoie e baobab, alberi dichinino e tamarindo. Gede deveparte del suo innegabile fascino allaforesta di Arabuko-Sokoke, che lacinge completamente, immergen-done i resti in una vegetazione sor-prendente.Si tratta della più vasta e più intattaforesta costiera dell’Africa Orientale,ospita circa il 20% delle specie di

L’umanità affonda le sue radici proprio in questaparte dell’Africa, da sempre luogo di migrazioni e mescolanza fra etnie. Ma la storia più recente del Paese porta il segno del colonialismo

uccelli e il 30% delle specie di farfalledell’intero Paese, oltre ad almeno ven-tiquattro specie endemiche di vola-tili, mammiferi e farfalle, fra cui il90% degli esemplari di toporagno ele-fante dal dorso dorato al mondo. Èpossibile organizzare camminate apiedi sui sentieri della foresta, sempreaccompagnati da una delle ottimeguide locali, per dedicarsi all’osserva-zione della fauna e della flora al ritmodel proprio respiro. E ci si ritrova im-mersi fra le seicento specie di piante,attorniati da farfalle e uccelli, adascoltare i galagidi, “bimbi dei cespu-gli” per il caratteristico verso simile aun vagito, animare gli alberi. Un trek-king all’interno di questo parco pococonosciuto è un’ottima occasione perassaporare fino in fondo le emozionidell’osservazione degli animali in na-tura, prima di dedicarsi alla frenesiadei safari.

Dall’oceano alla savana. Viaggio tra le molte anime del Kenya | Itinerari nel mondo

FSNC Four SeasonsNatura e Cultura Four Seasons Natura e Cultura,partner della rivista “Camminare”e tour operator di trekking, turi-smo sostenibile e responsabile,propone viaggi alla scoperta diquesta terra unica attraverso itine-rari a piedi in tutto il Paese. Per informazioni www.fsnc.it

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nibilità. Non si può negare il fascino diuna notte in tenda dopo aver dedicatoil giusto tempo all’infinità di stelle cherischiarano il cielo africano, dove l’in-quinamento luminoso è inesistente ela Via Lattea è talmente nitida da po-ter essere confusa con le nubi.

Dalla savana all’Oceano: le aree marine protetteAltrettanto affascinante, seppur in ma-niera diversa, è l’area costiera di Ma-lindi e Watamu, protetta da due parchimarini e diverse associazioni indipen-denti. La costa è tutta delimitata dallabarriera corallina su cui è possibilefare snorkeling e lasciarsi incantaredalle molte varietà di pesci tropicali ecoralli. La vita marina è scandita dal-

Il safari solitario dello TsavoChi decide di visitare il Kenya non puòfarne a meno. I parchi sono molti, e sisommano alle riserve private; in tuttocirca il 10% dell’intero territorio na-zionale è protetto da un parco, ognunocon le sue peculiarità paesaggistiche etutti pullulanti di animali. Antilopi,gazzelle, giraffe e uccelli variopinti of-frono uno spettacolo continuo mentresi va alla ricerca dei grandi felini o dei“Big Five” della savana. Fra i parchipiù famosi si menzionano spessol’Amboseli National Park ed il MasaiMara National Reserve, entrambi pal-coscenico delle grandi migrazioni dianimali che si verificano ad aprile esettembre. Ma il Parco Nazionale dello Tsavo me-rita discorso più approfondito. Con isuoi 23.000 kmq è il parco piùgrande del Paese e gode della fortunadi non essere ancora del tutto invasodai turisti. Qui si può guidare quasi insolitaria, incrociando le altre jeep soloin caso di avvistamenti importanti.

L’ambiente naturale è indimenticabile:una distesa di argilla rossa intervallatada altissimi termitai e punteggiata diarbusti nello Tsavo Ovest; verdi colline,cascate ed una vegetazione rigogliosa,dopo il periodo delle piogge, a carat-terizzare lo Tsavo Est. Una giornata disafari prevede molte ore all’interno delproprio mezzo di trasporto, ma è fontedi un’emozione difficile a descriversi:quella di trovarsi in luogo ancestrale,circondati da una natura senza filtri esenza recinti, in cui è necessario cen-tellinare ogni suono e movimento ed èpossibile riprendere contatto con ilproprio istinto.Alla fine della giornata, il meritato ri-poso è offerto dai molti lodge e resortall’interno del parco, quasi tutti attentiall’ecoturismo e alle pratiche di soste-

La costa è tutta delimitata dalla barriera corallina.La vita marina è scandita dall’alternarsi delle maree,che di sei ore in sei ore ridisegnano laconformazione delle spiagge

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l’alternarsi delle maree, che di sei orein sei ore ridisegnano la conforma-zione delle spiagge. Il cosiddetto “BlueSafari” alla volta delle Sette Isole, al-l’interno della Riserva Marina di Wa-tamu, è un’esperienza unica: si escein barca verso uno dei punti più bellidi barriera corallina, dove ci si ferma afare snorkeling in attesa della bassamarea; da qui si riparte per circaun’ora di navigazione, al termine dellaquale ci si ritrova fermi in mezzo al-l’Oceano; ma, quando si scende final-mente dalla barca, ci si rende contoche l’acqua si sta ritirando, lasciandoemergere i lembi – sette per le SetteIsole – di una spiaggia bianchissima,lontana diverse centinaia di metri dallaspiaggia sulla terraferma. Mentrel’equipaggio della barca prepara il bar-becue in mezzo al mare ci si può de-dicare all’osservazione delle moltespecie di stelle marine e granchi pre-senti nel parco o lasciarsi incantare datutte le declinazioni di blu, azzurro eturchese da cui prende il nome questosafari.Uno dei progetti più interessanti, e deiluoghi più suggestivi della costa, sitrova nella laguna di Mida Creek, ametà strada fra Malindi e Watamu. Il

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paesaggio varia col passare delle ore edella marea e le radici e i fusti dellemangrovie appaiono immerse nell’ac-qua dell’Oceano o conficcate nellasabbia. Grazie a un accurato progettodi conservazione, una equipe diesperti si occupa di ripiantare le man-grovie, molto utilizzate nella costru-zione delle capanne, in vere e proprie“nursery”, oltre che di organizzare giriin canoa e visite guidate all’internodella foresta. Dalle diverse varietà digranchi e mitili osservabili con labassa marea si passa alle moltissimespecie di uccelli migratori e sedentari:cicogne, aironi, piro-piro, fenicotterirosa vengono a nutrirsi dei frutti dimare e di piccoli pesci che la bassamarea rende vulnerabili. Il luogo è im-merso nel silenzio e l’orizzonte inter-rotto solo dai pescatori e dalle lorolance.Poco lontano si trova il canyon di Ma-rafa, anche detto “Cucina del Diavolo”per le temperature raggiunte durante ilgiorno. È una depressione di arenariadai colori mozzafiato, fatta di torrette e

strapiombi e colline di sabbia che siaccendono, al tramonto, di rosso earancio. La visita normalmente per-mette un trekking breve nelle gole,con una delle guide locali, che regalaemozioni e giochi di luce indimenti-cabili. Può capitare, a Marafa come nel restodel Paese, di essere avvicinati daibambini al grido di “Ciao, pere-mende?”. È uno dei prodotti del turi-smo inconsapevole: i bambini che siavvicinano a turisti solo per chiederecaramelle. Ed è vero, a volte, soprat-tutto quando si visitano le aree piùpovere del pianeta, ci si dimentica

quanto possa essere deleterio farel’elemosina ai bambini, che imparanoche questa pratica rende di più del-l’andare a scuola ed abbandonano leclassi. In Kenya, dove l’istruzione pub-blica è a pagamento ed il 50% dellapopolazione vive sotto la soglia di po-vertà, poter studiare è un privilegio e,forse, l’unica speranza per un futuromigliore. Un viaggio in Kenya non puòprescindere da una visita ad unascuola o a una delle onlus presenti sulterritorio che offrono un grande aiutonella comprensione della cultura edella situazione socio-economica delPaese.

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Una giornata di safari prevede molte ore all’internodel proprio mezzo di trasporto ma è fonte diun’emozione difficile a descriversi: quella di trovarsi in luogo ancestrale, circondati dauna natura senza filtri e senza recinti

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Itinerari in ItaliaVEZZANO SUL CROSTOLO

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g Testo e foto di Mattia Bianco

Vecchio, nuovo PellegrinoDue giorni sulla via del santoAttraverso l’Appennino nelle terre di Matilde diCanossa, lungo un itinerario rinato da pochi anni. Non come percorso escursionistico ma come via di fede: il cammino che collega Reggio Emilia a Lucca sulle strade di San Pellegrino. Con un weekend a disposizione le due tappe da Montalto a Toano permettono di godere appienodella solitudine, della tranquillità e dei favolosipanorami delle colline reggiane, senza esagerare con chilometri e dislivelli

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Se la fede non vi spinge a partirelo farà di certo la storia di questocammino e del suo santo. Un

cammino vero, praticato per decennidalle famiglie che ogni estate si reca-vano in pellegrinaggio al santuario diSan Pellegrino in Alpe. Oggi alla fede siunisce il piacere di raggiungere la loca-lità di montagna partendo da ReggioEmilia, attraversando borghi in pietraben ristrutturati, le dolci colline emi-liane e le tracce maestose che la grandeStoria ha lasciato dietro di sé.Raccontano gli anziani dell’AppenninoReggiano che quella del pellegrinaggiofosse una tradizione ben collaudata finoalla seconda guerra mondiale. Una tra-dizione che non coinvolgeva solo le co-munità attorno al luogo di preghiera,ma arrivava fino alla pianura e a ReggioEmilia. Anche dopo il conflitto, fino aigiorni nostri, le tracce di questo uso sisono conservate nell’abitudine di moltefamiglie di recarsi ogni anno a San Pel-

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legrino in Alpe, in auto, per una gita do-menicale estiva.Meta di questo viaggio a piedi era ilsantuario in cui sono custodite le spo-glie dei santi Pellegrino e Bianco. I pel-legrini vi si recavano portando un sassodi dimensioni pari al peccato daespiare. Poco a monte del santuario sitrova una piccola valletta dove secondola leggenda Pellegrino resistette alle ten-tazioni del maligno. I pellegrini porta-vano il loro sasso fino al pianoro; chi visi reca oggi resta stupito dalla quantitàdi sassi, i più diversi, che vi si trovano,e della dimensione di alcuni di essi.A Montalto, frazione di Vezzano sul Cro-stolo, questa tradizione era ben im-pressa nei ricordi degli anziani. Nel1892 presso l’altare della chiesa venneposto un quadro che raffigurava le spo-glie dei due santi ed episodi delle lorovite: doveva servire agli anziani che nonerano più in grado di recarsi al santua-rio. Proprio qui è fiorita l’idea di un mo-

Raccontano gli anzianidell’AppenninoReggiano che quella del pellegrinaggio era una tradizione bencollaudata fino alla seconda guerramondiale. Anche dopo continuòl’uso di una gita estivaal santuario in montagna, con qualsiasi mezzo di trasporto

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derno cammino, che dal 2010 ha unitinerario ufficiale, un simbolo e un ap-puntamento annuale.Negli anni l’itinerario si è allungato unpoco, ma senza forzature. La primatappa oggi parte da Reggio Emilia, dallachiesa dedicata al santo nell’omonimoquartiere. Il cammino termina a Luccanella cattedrale di San Martino, doveviene venerato un crocifisso ligneo delvolto di San Pellegrino.

Da Montalto a Toano: due tappe con vistaCon due giorni a disposizione le tappeda Montalto a Toano lasciano godere digrande tranquillità mentre si camminain paesaggi luminosi dove lo sguardo èlibero di viaggiare ben più veloce deipassi. Non è consigliato mettersi incammino nelle settimane più calde del-l’anno poiché si cammina per la mag-gior parte del tempo sotto il cielo nudo,e le fonti d’acqua non sono abbastanza

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numerose da poter partire con lo zainoleggero. Montalto è una piccola frazione diVezzano sul Crostolo, luogo fonda-mentale del Cammino di San Pelle-grino perché proprio qui è nata l’ideadi una rinascita dell’itinerario in chiaveturistica. La partenza è all’alba,quando il mondo contadino si svegliae nei vasti campi attraversati si muo-vono soltanto pochi uomini con i loroattrezzi. E il paesaggio agrario accom-pagna camminatori e pellegrini perdue giorni, fino al termine di questedue tappe, alla pieve millenaria diToano. I campi coltivati, dove il solenon concede scampo, lasciano ilposto a boschetti a volte impervi, cherinfrescano ma mettono alla provagambe e polmoni.Boschi e campi coltivati: non si cedaal pensiero di avere a che fare con unsentiero mediocre, se mai questo ag-gettivo si può avvicinare a un percorsoa piedi. Le sorprese sono dietro l’an-

Meta di questo viaggio a piedi era il santuario in cui sono custodite le spoglie dei santi Pellegrinoe Bianco. I pellegrini vi si recavano portando un sasso di dimensioni pari al peccato da espiare

Per non sbagliareTra i loghi e i simboli adottati in tuttaEuropa da cammini e percorsi ditrekking, quello del Cammino di SanPellegrino è tra i più belli. Parte delcammino è segnalato con le pia-strelle di ceramica disegnate nel2011 da Renato Valcavi. Quandonon si vedono le piastrelle il pelle-grino deve seguire le frecce gialle.Ogni anno l’associazione percorrel’intero tracciato durante l’estate perripassarne la segnaletica: se vi ca-pita di camminare in primavera do-vrete prestare un po’ di attenzione inpiù per non perdervi. Il consiglio ècomunque di contattare l’associa-zione prima di partire, per conosceregli aggiornamenti e ricevere preziosiconsigli.

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proprio questo a giustificarne le finezzearchitettoniche e scultoree. La chiesaviene citata in un documento di OttoneII, imperatore del Sacro Romano im-pero, dell’anno 980. A pochi annidopo, il 1105, risale il portale ancoravisibile. Negli anni venne rimaneggiatae ricostruita, fino all’abbandono nelXVIII secolo, quando l’edificio vennespogliato delle sue sculture.Nel 1754 un decreto vescovile ne vollela parziale distruzione, e così la mae-stosa pieve cadde definitivamente in ro-vina. Le orazioni lasciarono il posto allaconservazione del fieno e poi addirit-tura alla coltivazione degli ortaggi, pro-prio dove un tempo si trovavano lenavate destra e sinistra.Restauri recenti ne hanno fatto unostello e un ristorante in cui i modernipellegrini possono riposare e rifocillarsi.In pochi altri luoghi si provano la pacee la presenza della storia come allapieve di San Vitale.

Il castello delle CarpineteA un paio di chilometri dalla pieve diSan Vitale si trovano i ruderi e la torredel castello matildico delle Carpinete.

golo e ripagano di ogni centimetro distrada macinato sotto i piedi. Il primogiorno sono la pieve di San Vitale, ladorsale che conduce al castello matil-dico; il secondo giorno è la grande valledel Secchia, sulla quale in ogni angolodi sentiero troneggia il castello di Carpi-neti già conosciuto.E poi sempre la tranquillità. Non quelladell’abbandono, ma di una campagnariservata ma sempre laboriosa, dei suoipaesini mansueti, delle sue colline incui non ci si sente mai del tutto soli.L’itinerario delle due giornate è nel com-plesso abbastanza simile per chilome-tri, dislivello e difficoltà generali. Ciò cherende questo percorso adatto anche achi non è esperto di cammino o dimontagna è che una buona parte del

percorso avviene su strade asfaltate.Questa stessa caratteristica potrebbespingere i camminatori più navigati ascegliere un itinerario più “morbido”.

La pieve di San VitaleDopo una lunga zona collinosa, al ter-mine di un piacevole tratto all’ombra diun bosco, l’arrivo alla pieve di San Vitaleè una vera gioia. Immersa nel verde diun prato in una radura isolata, la pieveè raggiungibile solo a piedi. Dell’anticachiesa non restano che alcuni muri,parte del tetto e il portale. Restano peròdue edifici che oggi ospitano l’ostello eun ristorante. Nel pieno dell’estate lapietra dei muri esterni diventa tanto ro-vente da non poterla toccare, ma l’in-terno è fresco come una cantina. E nonha prezzo, dopo 20 chilometri di sen-tieri, mangiare in un antico refettorio conle volte a crociera e i capitelli romanici.La notte sembra di poter toccare le stellee l’unico disturbo alla quiete è il bramitodei cervi.La fondazione della pieve si fa risalire aibizantini ed è certo che questo luogoavesse una grande importanza strate-gica contro l’avanzata dei Longobardi. È

Due tappe sul cammnino

TAPPA 2: MONTALTO - PIEVE DI SAN VITALESviluppo: 21 kmDislivello: +1000 mMangiare e dormire: a Montalto(Vezzano sul Crostolo) Hotel Ho-staria Venturi (Via Francesco Lolli,31, 0522 600157); a CarpinetiOstello Pieve di San Vitale (0522170 0768 - 328 879 5615).

TAPPA 3: PIEVE DI SAN VITALE - PIEVE DI TOANOSviluppo: 19 kmDislivello: +800 mMangiare e dormire: a Toano Ho-tel ristorante Miramonti (Via Pro-vinciale 5, 0522 805128).

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Vecchio, nuovo Pellegrino. Due giorni sulla via del santo | Itinerari in Italia

Di mattina, poco dopo l’alba, la pianura ai piedi del castello delle Carpinete è immersa in un silenziosacrale e il camminatore cerca di procedere in punta dei piedi per non disturbare il sonno della valle

1077 e in Europa infuriava la Lotta perle Investiture che vedeva contrapposti ilPapato e Sacro Romano Impero Ger-manico. Nel 1076 Gregorio VII decisedi scomunicare il suo rivale e di dichia-rarlo deposto, sollevando tutti i suoisudditi dal dovere di obbedienza neisuoi confronti. L’anno successivo l’im-peratore Enrico IV scese in Italia e in-contrò il papa a Canossa, presso ilcastello di Matilde di Toscana, la donnapiù potente e influente dell’intera Eu-ropa. Per poterlo incontrare, e chiederecosì il suo perdono, l’imperatore vennefatto attendere per tre giorni e tre nottidavanti al portone, inginocchiato e conil capo cosparso di cenere. Nello stessoanno, si dice per difendersi da Enrico IV,il papa trascorse un periodo al castello

delle Carpinete, dal quale firmò diversiatti di governo.La guerra fra Papato e Impero era solorimandata, e il castello di Carpineti sa-rebbe tornato dopo pochi anni a incro-ciare la grande storia. Nel 1090l’imperatore Enrico IV tornò nuova-mente in Italia per sottomettere laChiesa. Nel 1092 Matilde, schieratacon il papa, si arroccò sull’appenninoreggiano attorno alle sue rocche più ine-spugnabili, in particolare quella di Car-pineti. In poco tempo le sue truppe e isuoi vassalli avrebbero costretto l’impe-ratore ad arretrare.Del castello oggi restano gli imponentiruderi e l’alta torre dalla quale è ben vi-sibile la vastissima pianura circostantenei due versanti.

Dalla pieve si percorre un sentiero cheinizialmente si inoltra nel bosco per poispuntare su un crinale roccioso da cuisi gode una vista straordinaria sulla pia-nura sottostante. È il sentiero obbligaper proseguire verso la tappa succes-siva. Di mattina, poco dopo l’alba, lapianura è immersa in un silenzio sa-crale e il camminatore cerca di proce-dere in punta dei piedi per nondisturbare il sonno della valle. Dopopoco, sulla stessa dorsale, spunta il ca-stello delle Carpinete, che dalla sua po-sizione panoramica domina unterritorio sconfinato. Durante la tappadalla pieve di San Vitale alla pieve diToano il castello segue sempre i passidel camminatore, il quale alzando losguardo riesce a rendersi conto diquanta strada ha percorso. Costruito in un momento sconosciutodell’Alto Medioevo, del castello-recintodi Carpineti si sa che nell’XI secolo fa-ceva parte dei possedimenti dei Ca-nossa, perché proprio da qui la potenteMatilde esercitò il suo potere con attiufficiali e ospitò personaggi di primis-simo piano della storia europea. Adesempio il papa Gregorio VII. Era il

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Itinerari in ItaliaMONTERIGGIONI

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g Testo e foto di Gianfranco Bracci

Montagnola SeneseGli eremi e i boschi della storiaLa Montagnola senese è terra di leggende e di storia.Ricoperta da un verde mantello, costituisce uno scrigno di cultura e bellezza ed è incastonatanella campagna fra Siena e la Val d’Elsa. Nelle pieghe delle sue vallecole e sulle sue pendici rotondeggianti, si nascondo e si mostrano tesori architettonici di varie epoche:dall’imponente tomba etrusca di Mucellena all’eremodi Lecceto, passando per la pieve romanica di Pernina. Abbiamo scelto due itinerari per farneconoscere il volto più segreto

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La montagnola senese è nota so-prattutto per il famoso Pontedella Pia de’ Tolomei. Da quel

ponte, secondo la tradizione popolare,sarebbe passata la bella Pia, sposainfelice di Nello d'Inghiramo de’ Pan-nocchieschi per andare in sposa nelcastello della Pietra, nei pressi di Ga-vorrano, in Maremma. L'evento è ri-cordato in un celebre canto del Pur-gatorio, nella Divina Commedia:

Deh, quando tu sarai tornato almondo / e riposato della lungavia, / seguitò il terzo spirito al se-condo, / ricorditi di me, che son laPia; / Siena mi fè, disfecemi Ma-remma / salsi colui che innanel-lata pria, / disposando, m'aveacon la sua gemma.

La Montagnola è terra di leggende – ri-scoperta in questi ultimi anni dalpunto di vista escursionistico grazie

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al passaggio nei suoi boschi verdi, si-lenti e ombrosi, della famosa Via Fran-cigena – è un vero scrigno pregno distoria e cultura. Per chi vi giunge dallastrada Firenze-Siena appare ricopertadi un verde mantello, una piccola isolacompatta inserita nella famosa cam-pagna fra Siena e la Val d’Elsa. Nonpresentando elevazioni montuose par-ticolari, potrebbe passare inosservata.Niente di più sbagliato! Nelle pieghedelle sue vallecole e sulle sue pendicirotondeggianti, si nascondo – o tal-volta fanno bella mostra di sé – tesoriarchitettonici di varie epoche: dallaimponente tomba etrusca di Mucel-lena, all’Eremo di Lecceto, passandoper la pieve romanica di Pernina, arri-vando fino al Romitorio, è tutto unmeravigliarsi di quanto sia infinito ilpatrimonio storico artistico anche diquesta piccola parte di Toscana. So-prattutto è facile capire quanti luoghidi meditazione e preghiera siano pre-

Due percorsi ad anelloper innamorarsi diquesto angolo diToscana circondato davigneti ubertosi. Siamoa Monteriggioni, inlocalità Santa Colomba

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senti nel suo territorio che evoca tempiantichi ed emana ottime energie posi-tive.Molti hanno sfiorato questo sistemacollinare apprezzando la bella cintamuraria di Monteriggioni che giacealle sue pendici, magari percorrendo lafamosa Via Francigena. Altri hannoapprezzato le carni del famoso maialedi cinta senese, che insieme ad altriporcelli antichi fa parte dei capostipitidei suini toscani. Già allevato dagliEtruschi, fu al seguito dei Romaninelle loro migrazioni e di grande aiutoai contadini del Medioevo durante pe-stilenze e carestie. Una delle prime epiù famose documentazioni della suapresenza, è l'immagine raffigurata nel-l'affresco di Ambrogio Lorenzetti de-nominato "Effetti del Buon Governo –La campagna ben governata" nel Pa-lazzo Comunale di Siena, risalenteal 1338.Il cuore della Montagnola, e quindi la

sua anima, lo si può godere solo pe-netrandone il territorio a piedi lungo gliantichi selciati che collegano le emer-genze sopracitate con dei bellissimisentieri segnalati in bianco-rosso dalCAI di Siena.In questo articolo scopriamo due anelliescursionistici perfetti per conoscere lafaccia più segreta di questo complessomontuoso circondato da vigneti uber-tosi. Entrambi partono e arrivano dallalocalità di Santa Colomba a Monterig-gioni. Il primo è più breve e conduceagli eremi. Il secondo può essere per-corso in un sol giorno da camminatoriallenati alle lunghe distanze. Però lo sipuò dividere in due tappe per cammi-nare lentamente e fare delle soste tu-ristico-culturali più lunghe, le qualipermettono di approfondire e godere levisite dei siti storico-naturalistici conmaggior dedizione e soddisfazione.Ambedue gli itinerari aiuteranno il let-tore-escursionista a scoprire l’anima

Montagnola Senese. Gli eremi e i boschi della storia | Itinerari in Italia

Dall’imponente tomba etrusca di Mucellenaall’eremo di Lecceto passando per la pieve diPernina arrivando fino al Romitorio: è tutto unmeravigliarsi dell’infinito patrimonio storico eartistico anche di questa piccola parte di Toscana

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Caldana di Sopra. Passate le case siprende a sinistra ad U per imboccarela lunga e non troppo ripida salitache, sempre nella macchia, conducea una sterrata che costeggia a sinistraun maneggio dove vengono custoditimolti cavalli destinati al Palio di Siena.Dopo un chilometro di strada bianca siperviene ad uno strano bivio indicatocon una segnalazione stradale in pla-stica inserita in un mucchio di pietredove dovremmo proseguire. Vale lapena fare una breve deviazione per vi-sitare lo splendido eremo di Lecceto ilcui chiostro è uno dei più belli d’Italia.Visitato l’eremo, si torna sui propripassi fino allo strano segnavia già ci-tato per prendere a destra il 118 chein breve conduce ad un ennesimo bi-vio di sentieri fra il 117 ed il 118. Aquesto punto si prende a sinistra il117 e dopo aver costeggiato una

di un ambiente dal fascino peculiare:nobile, elegante e particolarmente ge-loso dei propri tesori. Un po’ come ilcarattere dei senesi. Passeggiando suquesti sentieri in punta dei piedi forseavvisterete anche qualche capriolonelle radure circondate dai boschidella Montagnola.

Il ponte della PiaC'è stato tutto un fiorire di leggende at-torno alla triste storia di Pia de’ Tolomei:non mancano versioni con avvelena-menti, con il tradimento della Pia, conNello geloso, con Nello pentito per avercreduto in un tradimento che non c'erastato, e così via. Difficilmente verrà maiscoperta la verità.A coronamento del mistero una leg-genda vuole che sul ponte appaia ilfantasma della nobildonna: alcuni giu-rano di avervi visto nelle notti senzaluna una figura immobile e tranquilla,circondata da un pallido chiarore, ve-stita di bianco con un velo a coprirne ilvolto.Non ci è dato di sapere cosa leghi cosìprofondamente il fantasma della Pia aquesto luogo più che a quello della suamorte in Maremma.

Itinerario 1 (ad anello)Dislivello in salita: 400 metriTempo di percorrenza: 4/4.30 oreDifficoltà: ESegnaletica: Segnavia biancorossi e numerazione CAI

Da Santa Colomba si scende a destraper i vecchi lavatoi e percorso un brevetratto di strada asfalto in discesa siprende a destra il sentiero segnalato113 del CAI che giunge a una stradaprovinciale. Si prende a sinistra percirca 50 metri per poi imboccare a de-stra una sterrata che si inoltra nei bo-schi ombrosi fino a un primo bivio;qui, lasciato il 113 da cui torneremoper il nostro anello, si prosegue fino aun secondo bivio. Trascurato il sentiero110 che andrebbe verso destra, si con-tinua fino a giungere alla frazione di

La riscoperta della Montagnola, negli ultimi anni, è dovuta al passaggio della Via Francigena.L’animo del luogo ha un fascino nobile, elegante e si rivela particolarmente geloso dei propri tesori

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Montagnola Senese. Gli eremi e i boschi della storia | Itinerari in Italia

Il cuore della Montagnolalo si può godere solopenetrandone il territorioa piedi lungo gli antichiselciati che collegano lesue bellezzearchitettoniche con gli splendidi sentierisegnalati dal CAI di Siena

lunga recinzione elettrificata si scendein una stretta vallecola con belle ve-dute sul prospiciente eremo di SanLeonardo al lago.La valle che si vede sulla destra, ormaidivenuta una grande campo di grano,un tempo era il famoso Lago Scom-parso. Una breve salita conduce al-l’imponente eremo fino ad una villacon piscina. Si continua a salire persterrata e poi mulattiera nel bosco finoa che non si trova un gruppo di casesulla destra ai piedi di Montecanano.Proseguendo per 200 metri s prendea sinistra per scendere fino a chiuderel’anello al bivio fra il 113 ed il 117. In-fine si prende a destra su strada mistaa sentiero, il breve tratto che riconducealla frazione di Santa Colomba dallabella chiesetta – adesso in salita –che avevamo percorso all’inizio del-l’itinerario.

Itinerario 2 (ad anello)Dislivello in salita: 620 metriTempo di percorrenza: 6.30/7 oreDifficoltà: ESegnaletica: Segnavia biancorossi e numerazione CAI

Da Santa Colomba si prende la strada(Cai 108) che conduce a Casa Boccie Colle. Al primo incrocio si prende adestra per salire al Poggio Le Pietraie(524 metri). Il sentiero continua a sa-lire sempre immersi nella macchiasempreverde fino a contornare ilMonte Maggio e incrociare il sentiero100 che proviene da destra. Unabreve deviazione in ulteriore salita con-duce alla cima, dove si osservano an-cora i ruderi di una possente torre de-nominata Il Castellare.Con i suoi 634 Metri il Monte Maggio

è la massima elevazione della Monta-gnola senese. Ritornati sui propri passisi riprende il 100 a sinistra per giun-gere a Mucellena e alla Pieve di Mar-moraia. Da Mucellena, toponimo etru-sco, seguendo una sterrata e le

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mosi di Cerveteri, si prosegue per il100 fino a un bivio a T. Stavolta siprende a sinistra, seguendo sempre ilsentiero 100 per giungere alle case diBosco al Lupo e successivamente, se-guendo il 110, arrivare alla bellachiesa romanica di San Giovanni Bat-tista a Pernina (altro toponimo etru-sco), situata in mezzo al nulla, con

solo alcune case rurali adibite a cen-tro estivo, nelle vicinanze.Da Pernina il tratto è breve per poter fi-nalmente visitare il complesso reli-gioso del Romitorio, il cui chiostro ap-pare in tutta la sua magnificenza. Siattraversa il Parco della Tebaide con isuoi boschi-giardino per poi pervenirealle case di Personatina e poi all’ultimobivio di sentieri. Si imbocca a sinistrail 113 che in breve riconduce allastrada asfaltata provinciale da cui, constretta e ripida mulattiera, si ritorna aSanta Colomba per chiudere l’anello.

indicazioni turistiche si raggiungel’omonima tomba a tumulo etruscache stupisce per la sua imponenza.L’interno scavato nella roccia è tipicodelle tombe nobiliari dei tirreni con letre camere e il falso pilone a Tholos(falsa cupola quando è costruita).Fatto il giro del timpano circolare delgrande tumulo, simile a quelli più fa-

Riconoscere i fiori

Informazioni pratiche INFOMAZIONI PRATICHENordic Hiking nei boschi dellaMontagnola: Sandro Frascarelli(istruttore di nordic [email protected])

MANGIARE E DORMIRE•B&B La Selva (4 km da SantaColomba, Monteriggioni,0577.967082, 347.9586880)

•B&B e osteria Il Ceppo (5 km daSanta Colomba, Monteriggioni,0577/393387)

•Villa Montarioso (Pernina,appartamenti su prenotazione,0577/588526)

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Itinerari in Italia

La Provincia di Varese osservata dal Verbano Occidentale. Le escursioni lungo la Linea Cadorna offrono la possibilità di immergersi nella bellezza di alcuni tra i più bei laghi di Lombardia e Piemonte

LAGO DI COMO

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g di Guido Caironi

Trincee silenziose Escursioni sullaLinea Cadorna

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La Grande Guerra nel Comasco non ha lasciatomemoria di battaglie o ampi movimenti di truppe.Tuttavia chi percorre la regione a piedi si imbatte in fortificazioni, scavi, canali artificiali risalenti proprioa quell’epoca. È la Linea Cadorna: una linea difensiva“spezzata” che collega le valli orobiche alla Val d’Ossola. Nonostante il nome con cui è conosciuta, non si chiama Linea Cadorna, e non fu il generale Cadorna a progettarla

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Camminando per boschi e sentierimolto spesso si ha la fortuna diimbattersi in luoghi che destano

una viva curiosità o un particolare stu-pore. Percorrendo tanti anni fa i sentieri dellaVal d’Intelvi, tra Lario e Ceresio, scoprii,quasi per caso, una nutrita serie discavi, canali, grotte che mi sembravanoartificiali, alcune dotate di feritoie. Ri-masi un po’ perplesso per la scoperta,perché quanto vedevo aveva una nettaanalogia con le trincee di guerra visitatenell’estate precedente sulle vette del La-gorai e di Cima d’Asta. Esplorando con calma mi accorsi chequei manufatti erano identificabili comefortificazioni, postazioni scavate nellaviva roccia, mulattiere in stile militare.Erano strutture risalenti al periodo dellaGrande Guerra. Ma chiunque avrebbepotuto ritenersi un po’ spiazzato perché,a memoria storica, nel Comasco non vifurono battaglie, non vi furono avanza-menti militari o grandi spostamenti di

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truppe risalenti al primo conflitto mon-diale. La ragione è dunque da ricercare in unaltro ambito e, attraverso una breve in-dagine scoprii così la bellezza, l’inte-resse e la ricchezza della Linea Cadorna.La definizione di Linea Cadorna è pub-blica e non tecnica, perché l’insiemedelle fortificazioni che compongono la Li-nea è storicamente noto come SistemaDifensivo Italiano alla Frontiera NordVerso la Svizzera ed è stata costruita trail 1899 e soprattutto durante il periodo1915-1918. Quindi debbono essere co-nosciute altre due particolarità. La linea,purtroppo, non è una linea, ma è unaspezzata che, tra montagne, passi e va-lichi va idealmente a unire le valli Oro-biche bergamasche e valtellinesi con losbocco della Val d’Ossola. E infine, an-che se la tradizione riconduce questa“linea” al generale Cadorna pare che siastata progettata dal Colonnello Luigi Mi-chelini, il quale si servì della collabora-zione di un giovane ufficiale lombardo, il

Nonostante il nome con cui è conosciuta,pare che sia stataprogettata dalcolonnello Luigi Michelini con la collaborazione di un giovane ufficialelombardo, il capitanoCesare Chiodi

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capitano Cesare Chiodi, docente al Po-litecnico di Milano.Ma quale fu l’obiettivo pratico diun’opera così mastodontica, costatacirca 150 milioni di euro odierni e co-stituita da 72 chilometri di trincera-menti, 88 appostamenti per batterie dicui 11 in caverna, 296 chilometri distrade camionabili e 398 di carrareccee mulattiere? Ma soprattutto un’operacosì lontana dal fronte di guerra?Il tutto nacque dal timore, più o menofondato, di uno sfondamento austriacoattraverso la neutralità della Svizzera,con la conseguente possibilità di avan-zamento delle truppe austro-ungaricheattraverso la Valchiavenna, la Valtel-lina, il territorio Varesino e ovviamenteil Verbano, percorrendo la sponda occi-dentale del lago di Como. Per fortunaquesta sfondamento non avvenne maie la “linea” fu soltanto presidiata dai sol-dati della milizia locale con il supportodi qualche reparto di prima linea.Al di là delle motivazioni storiche, assai

Le cime sono a media quota, supe-rando i 2500 metri di altitudine, e of-frono un’escursione non sempre banale.L’ambiente è nettamente alpino, impre-ziosito da grandi boschi di abete bianco,che compensano con i loro aromi di re-sina le fatiche dell’escursionista. In que-ste valli resta poi viva la passione per latrasformazione del latte, sapientementelavorato e riplasmato nell’oramai uni-versalmente noto Bitto.Non è però sulle Alpi Orobie che la Li-nea si esprime nella sua più palese bel-lezza, forse proprio a causa del-l’asprezza dei versanti e delle cime, laquale impedì le necessarie opere di ma-nutenzione dei manufatti, invece ga-rantite, per esempio, nel territorio dellaprovincia di Varese. Qui a dominare è lanatura, in un ambiente alpino di tutto ri-spetto, preludio (ma anche punto di os-servazione) delle grandi cime della Val-tellina (Monte Disgrazia, MonteBernina, Val Masino e Val di Mello).Poco più a ovest, rispetto al punto dipartenza valtellinese, si eleva il più im-portante baluardo naturale del Lago diComo, una sorta di alta e severa senti-nella: il Monte Legnone e il più piccoloLegnoncino, stretto alla sua destra. Valeproprio la pena percorrere i numerosisentieri che si dipanano su queste duemontagne, con la possibilità, magari un

Trincee silenziose. Escursioni sulla Linea Cadorna | Itinerari in Italia

interessanti e buon compendio allapratica dell’escursionismo, gli itinerarilungo la Linea Cadorna offrono unagrande varietà di ambienti naturali,molto diversi l’uno dall’altro, accomu-nati per l’appunto dalla presenza distrade, mulattiere, trincee, postazionie fortificazioni. È veramente spettaco-lare muoversi per grandi boschi diabete bianco, risalire lunghi e tortuosisentieri, giungere nei pressi di un’ar-dita vetta e scoprirvi una postazionefortificata e delle trincee. Tutto questoaccade in Valtellina, precisamente suimonti che separano le Orobie dellaVal Gerola da quelle della bergamasca.Si parte proprio dalle Alpi Orobie, per-correndo sia il versante valtellineseche quello bergamasco, caratterizzateda profonde valli (Valle di AlbaredoSan Marco, Valtartano, Valgerola) conuna direzione geografica grosso mododa nord a sud e accomunate da nu-merose bocchette in quota, transiti epassi alpini. Ad esempio l’importantepasso San Marco, il passo del Verrob-bio in territorio bergamasco, il passo diTartano, alla bocchetta di Trona, tantoper citarne alcune. Ogni possibilità diattraversamento doveva essere bloc-cata e così, tra verdeggianti malghe,praterie alpine e limpidi ruscelli, com-paiono feritoie, trincee e postazioni.

Trincee e camminamenti poco sopra il Passo di Tartano

Strutture per artiglieria nei pressi della vetta del Galbiga

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poco più complessa, di una salita ai2609 m del Legnone. Vie militari, chetra l’altro sono a oggi impiegate per i col-legamenti dei paesi della Val Varrone,trincee e postazioni per artiglieria; conl’importante presenza, a valle, del Fortedi Montecchio, presso Colico, perfetta-mente conservato, ripristinato e assolu-tamente da visitare. Alcune escursioninella zona, per esempio la salita al Le-gnoncino, permettono di comprenderequanto lo studio del territorio fosse con-dizionante la progettazione delle opere;in questo caso le batterie che si incon-treranno ad Artesso, in Val Varrone, nonpotevano che puntare sul sottostantesbocco della Valtellina, laddove l’Adda sirilassa nel Lago di Como.La sponda occidentale del Lario offrequindi un paesaggio completamente di-verso, sospeso direttamente sul lago esulle sue bellissime ville; un paesaggiocomposto dal bianco-azzurro della roc-cia calcarea e dal brillante verde dellegrandi faggete, per non dimenticare lalimpidezza delle praterie alpine, sul Tre-mezzo, sul Crocione e sul Galbiga. An-che qui postazioni, a dominare e con-trollare la vicina Svizzera e il ponte diMelide, arroccamenti sul Sasso Gor-

dona in Valle Intelvi, stupende terrazzeper paesaggi da cartolina dal sapored’antan a Lanzo d’Intelvi e alla Sighi-gnola. È possibile compiere una veratraversata dal Monte Crocione alla cittàdi San Fedele Intelvi, e scoprire la bel-lezza di questi luoghi ma soprattutto ifavolosi panorami che, nelle giornatelimpide, offrono la vista di ben tre laghi– Como, Maggiore, Lugano – e di cen-tinaia di monti, sino alla catena dei“quattromila” svizzeri e valdostani guar-dando verso ovest.Il paesaggio si fa quindi più cittadino,scendendo verso Cernobbio e la città diComo, per afferrare le colline che pre-annunciano il passaggio alla provinciavaresina. E senza dimenticare il Sassodi Cavallasca, con il suo fortino diMonte Sasso, tutto da visitare perchéperfettamente ripristinato e capace di

Le fortificazioni, costruite con materiale locale, si confondono e si celano nelle pieghe dellamontagna, divenendo invisibili a uno sguardodistratto, quasi che non potesse esserci tecnicasenza arte

raccontare le tecniche di costruzionecondivise dal Regio Esercito.La Linea Cadorna si complica nel terri-torio di Varese a causa della sua parti-colarità orografica che non dispone digrandi elevazioni che possano fungereda sbarramento naturale. Ma anche,ovviamente, per la vicinanza con la sviz-zera e per i numerosi valichi di accesso. La linea si dispone così su tre fasce diprotezione, da ovest a est, per asse-condare la particolarità del territorio. Siparte dal Lago Maggiore, lungo il tor-rente Tresa fino a Ponte Tresa, quindi daLavena sino al Monte Castelletto, tra-sformato in fortezza (oggi non più visi-tabile) proprio di fronte al lago. Ci si spo-sta poi a Brusimpiano per risalire alcaposaldo del Monte Derta. Una se-conda linea invece, poco arretrata, parteda Voldomino (Luino) per risalire al

Le bocche da fuoco da 149 mm del Forte di Montecchio

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Trincee silenziose. Escursioni sulla Linea Cadorna | Itinerari in Italia

Sette Termini, caricato con armi da 210e 149 mm. Quindi ci si porta sul monteLa Nave e al caposaldo di Marzio. E poiuna terza linea, tra Brezzo di Bedero,Germignaga e Roggiano: a questo terzosistema appartengono le salde fortifi-cazioni del Monte San Martino e delForte di Vallalta. Attraversando la Val-ganna (trincee tra Riano e Ghirla) siarriva quindi al Piambello per ricon-giungersi alle postazioni di Marzio. Daqui infine si stacca una linea unica,che domina da sud il Lago di Lugano,dal Monte Derta a Cuasso al Montefino al Monte Orsa e al Pravello, a con-trollare con i suoi cannoni il vicinoPonte di Melide-Lugano. Il San Martino è forse il monte che of-fre l’escursione più entusiasmante, perl’attenta conservazione dei suoi manu-fatti: è da visitare il Forte di Vallalta conle sue ampie gallerie per i grossi can-noni, dove non si sparò un solo colponel 15-18 ma dove si combatté aspra-mente tra partigiani e nazi-fascisti nel1943.

E poi, a volo d’uccello, si attraversa ilVerbano, non senza ammirarne i colorie l’ampiezza del bacino, approdandonei pressi dello sbocco a lago della ValCannobina, e scendendo più a sud perscoprire la Strada Cadorna, lungo e stu-pefacente percorso militare che si di-pana tra lo Spalavera, il Bavarione e ilbellissimo Monte Zeda. Un percorso pertutti, fattibile anche con la bicicletta,impreziosito dall’immancabile presenza,là in fondo, della parete nord-est delMonte Rosa e dalle vette del Parco Na-zionale della Valgrande.L’ampio arco virtuale che si è seguito siconclude infine con una breve puntatanella Val d’Ossola, partendo dalla cu-riosa conformazione granitica del Mon-torfano. Anche qui una bellissima stradamilitare che ne risale la china, impre-ziosita da una casermetta e da una pol-veriera edificata quasi sotto la vetta. Nonè possibile non notare la bellezza co-struttiva dell’opera, non solo funzionaleai fini militari, ma anche di grande va-

lore artistico: paracarri, fontanili, scolidell’acqua; tutti rifiniti e finemente lavo-rati dalle sapienti mani degli scalpellinilocali.Quasi che non potesse esserci tecnicasenza arte; funzionalità senza poesia. Adire il vero questa è una caratteristica ditutta la linea, laddove le fortificazioni, co-struite con materiale locale, quasi si con-fondono e sicuramente si celano nellepieghe della montagna, divenendo invi-sibili a uno sguardo distratto.Quindi, sul versante meridionale dellaValgrande si nascondono letteralmentedelle tortuosissime mulattiere, costruiteper rifornire le postazioni più a monte,inserite in un ambiente di rara asprezzae severità. Valle di Nibbio, Corni di Nib-bio, Sasso Grande: il nome di queste lo-calità da solo incute un certo timore. Lemontagne là sopra, baluardo meridio-nale del gruppo della Valgrande, ne in-cutono ancora di più.Soltanto sull’altro versante della valle, aOrnavasso, è possibile rasserenarsi unpo’ e percorrere vie più semplici, a sco-prire il forte di Bara e le sue postazioninate per dominare la strettoia della Vald’Ossola, teatro di eroiche imprese par-tigiane venticinque anni dopo, durante ilbreve periodo della Repubblica dell’Os-sola.La Linea Cadorna è tutto questo: tantanatura, storia a non finire, paesaggi ampie luminosi, escursioni per tutti i livelli eper ogni livello di preparazione. Ma so-prattutto la possibilità di riscoprire le“trincee silenziose”, silenti allora comeoggi, in un percorso ampio, alla ricercadi un territorio poliedrico, a cavallo tra trelaghi, quattro provincie e due regioni.

Escursioni lungo la Linea Cadorna34 percorsi tra forti, trincee e po-stazioni di guerra rimaste intatteche hanno una certa analogia conle “vere“ trincee, dove si combattèla Grande Guerra. Un libro sugge-stivo per i bellissimi paesaggi racchiusi in quella linguadi terra dove si svolse una guerra silenziosa e mai com-battuta.

GUIDO CAIRONI | Ed. Idea Montagna | 2017ISBN: 978-88-97299-97-4 |Pag. 176 | € 19

La costruzione delle trincee seguiva canoni di progettazione fondati sui principi dell’efficienza e dell’efficacia

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Camminare, correre, nuotare... se un tempo alledonne in dolce attesa veniva consigliato di mangiaremolto e riposare, oggi i medici suggeriscono invecedi fare attività fisica

Medico specialista in cardiologiaComponente dello staff medico FIDAL Trentino

di Maura Marchiori

EssereDONNA

Vi ricordate dell’efficentissima in-fermiera Horatia? Sì, lavora an-cora con me, per mia fortuna.

Come qualcuno ricorderà, è decisa-mente obesa e periodicamente si faprendere dall’entusiasmo per l’attività fi-sica. Salvo quando il suo hobby, ovverole pulizie di primavera, prende il so-pravvento su ogni altro aspetto della suaesistenza.«È incinta» annuncia trionfante, facendoentrare in ambulatorio una giovine si-gnora decisamente appesantita. Horatia,da brava e premurosa mamma italiana,partecipa sempre emotivamente allamaternità. La signora Amanda si pre-senta per eseguire un’ecografia al cuorepoiché la ginecologa le ha riscontratoun soffio al cuore. «Sono alla 16° setti-mana ed è la mia prima gravidanza –racconta – la Ginecologa dice che vatutto bene e che non mi devo preoccu-pare e che questo esame è solo unaprecauzione in più».L’ecocardiografia evidenzia che la signoraAmanda non ha alcun problema alcuore, ma è il suo peso che desta la miapreoccupazione. «Non faccio sport, solooccasionalmente qualche passeggiataprima della gravidanza – mi racconta ri-spondendo alle mie domande – anche laGinecologa dice che devo camminare,ma mia nonna sostiene che devo nu-trirmi per due persone e riposare molto».«Mi spiace contraddire la nonna – mi af-fretto a rispondere – è dimostrato che lasedentarietà e l’obesità sono associate avari rischi per la mamma e il nascituro:aumentano il rischio di diabete gesta-zionale e di pre-eclampsia e possonoverificarsi complicazioni durante il tra-vaglio ed il parto. L’Associazione dei Gi-necologi ed Ostetrici Americani (ACOG)ha stilato un documento molto utile diconsigli su come e quanta attività fisicafare durante la gravidanza. Se unadonna è sana può seguire le loro indi-

cazioni. Consigliano di fare almeno 150minuti alla settimana di attività fisicaaerobica di intensità moderata, che pos-sono essere suddivisi in 30 minuti algiorno per 5 volte la settimana. L’attivitàmoderata è quella che permette di par-lare normalmente mentre la si pratica,ma non di cantare. È opportuno beremolta acqua prima, durante e dopo l’at-tività. Evitare di accaldarsi, sopprattuttonel primo trimestre, preferendo luoghi edorari in cui è fresco. Indossare reggisenisportivi che danno supporto e proteg-gono il seno e nelle fasi avanzate dellagravidanza usare cinture di supporto peril pancione. Oltre al cammino consi-gliano anche il nuoto e la cyclette, ecosì pure esercizi di yoga o Pilates mo-dificati, vale a dire privi di esercizi in cuici si sdraia sulla schiena. L’utero infattipotrebbe comprimere le vene e causareproblemi di circolazione. Chi è abituatoa correre può continuare a farlo; sconsi-gliata l’attività al di sopra dei 2000m/slm, le immersioni e gli sport di con-tatto che possano causare traumi all’ad-dome».«Il bimbo non ne soffrirà?» chiedeAmanda non ancora convinta. «Il pro-blema – rispondo – è stato ampiamentestudiato da medici di tutto il mondo. Nel2016 il Comitato Olimpico Internazio-nale, per dare un valido aiuto a tuttequelle atlete professioniste che deside-rano avere una famiglia, ha riunito ungruppo di esperti per valutare tutta la let-teratura scientifica che si occupa di gra-vidanza e attività fisica. Finora sono statipubblicate le prime tre parti di questo

imponente lavoro su una prestigiosa ri-vista scientifica, il British Journal ofSports Medicine, con il titolo: Exerciseand Pregnancy in Recreationale andElite Athletes».Ecco alcune delle considerazioni chesono emerse: • l’attività fisica durante la gravidanza ri-

duce il peso eccessivo alla nascita.Uno studio ha notato che i bimbi didonne che praticavano regolarmenteattività fisica erano 31 gr più piccoli diquelle sedentarie.

• È descritto un caso di due atlete di li-vello olimpico che si sono allenatequotidianamente per tutta la gravi-danza, e si sono sottoposte ad untest da sforzo sottomassimale duranteil travaglio. Entrambe le atlete hannopartorito spontaneamente senza pro-blemi dei bimbi sani, e che sono ap-parsi sani ai controlli fino a 6 setti-mane di vita.

• La frequenza di aborto nella popola-zione generale è >10%, di cui l’80%nel primo trimestre. La maggior causadi aborto sono le anomalie cromoso-miche del feto. Le attività sportive adalto impatto sembrano avere un ri-schio aumentato di aborto. È statoinvece dimostrato che attività sportivedi intensita lieve-media non aumen-tano il rischio di aborto ma lo dimi-nuiscono.

• L’attività fisica non sembra avere nes-sun effetto sulla durata del travaglio.

«Cara signora Amanda, si fidi, se lopossono fare le Atlete professioniste, lopuò fare anche Lei!».

Mamme e sportNon ci sono scuse!

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Novembre Dicembre 2017 / camminare 77

Purtroppo ogni giorno mi ritrovoa combattere una guerra con-tinua con i pazienti. Spreco

così molto tempo ed energie per farecapire dei concetti elementari con oredi spiegazioni.Primo concetto: i piedi sono come lemani: da piccoli camminiamo perterra aiutandoci anche con le mani.Se io costringo una mano in unguanto stretto non posso più muo-vere le dita; sarebbe proprio comenon averla. La stessa cosa vale per ipiedi. I piedi devono sentirsi liberi diesprimersi, le dita devono avere lospazio di flettere e di piegarsi. Invecetroppo spesso li incarceriamo dentroscarpe corte, strette, con i tacchi. Le-ghiamo i piedi fino a ridurli a mon-cherini come facevano le geishe.Qui in Italia questa tortura dei piedinon riguarda solo le donne ma anchegli uomini. Mi trovo sovente a con-frontarmi con donne che indossano il37 quando la loro taglia dovrebbe es-sere la 42: c’è da stupirsi poi se quel

povero piede piega le dita (dita a mar-tello) e piega l'alluce (alluce valgo) perpotere stare dentro una scarpa strettae corta? E che senso ha farsi operareper risolvere un disturbo, per poi tor-nare a indossare la scarpa stretta ecorta di prima? L’intervento in questocaso è inutile e dannoso. Stupisce an-che il menefreghismo dei medici e de-gli ortopedici che eseguono un’opera-zione inutile e dannosa come l'allucevalgo, e per giunta dopo l'intervento

Potremmo chiamare “sindrome di Cenerentola”l’atteggiamento di chi pensa che un piede esile e gracile sia un vantaggio estetico, di chi si vergogna di un piede largo e lungo, di chi deforma le dita e le proprie estremità inferiori ingabbiandole in scarpestrette e corte. E pensare invece che un piede con dita larghe rende la camminata sicura ed è la migliore prevenzione contro le cadute e le fratture della caviglia e del femore

non sanno consigliare una scarpaadatta. Molti consigliano addiritturascarpe strette davanti e con tacco die-tro.In giro troviamo poi scarpe “ortopedi-che” decisamente controproducenti,sempre strette davanti e con taccodietro. Pensate che ancora oggi moltimedici consigliano il tacco. La ragioneè che il tacco crea un po' di arco in chiha il piede piatto, ma lo crea in modoantifisiologico: sposta il baricentro inavanti e ci obbliga a camminare con iltronco piegato in avanti ed i gluteisporgenti all'infuori. Cosa ancora piùgrave: ad ogni passo il tallone picchiacontro il tacco con onda di urto trau-matica vibratoria di rimbalzo su tuttele articolazioni soprastanti. Sono con-cetti così difficili da capire? Pare di sì,perché non li capiscono e non li ap-plicano persino molti esponenti delleprofessioni sanitarie.

InSALUTEdi Pietro Albano

La sindromedi Cenerentola

PIETRO ALBANO è un medico con spe-cializzazione in medicina interna, geria-tra e gerontologo. È esperto nella cura delpiede e della postura, e nella produzio-ne di plantari personalizzati per bilanciareil bacino. [email protected] - www.footclinic.itwww.piede.info - www.scarpecomode.info

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Incrocio tra arancio amaro e man-darino, le clementine provengonoforse dall’Algeria. Secondo una

delle ipotesi più accreditate, il loronome richiamerebbe quello di PadreClément Rodier di Misserghin, nel cuiorto sarebbero state rinvenute. Coltivate in Italia sin dagli anni ’30,hanno trovato uno dei loro habitatideali in Calabria dove giungono a ma-turazione molto precocemente, daiprimi di ottobre fino a febbraio, a se-conda delle varietà. Sono pressochéapirene, ovvero senza semi (o nehanno pochi); ricche di vitamine, aro-matiche e molto dolci. possono gu-starsi fresche o essere trasformate incanditi, marmellata, succhi, sorbetti,dolci e liquori.Per il loro contenuto di vitamina C, ba-stano un paio di frutti al giorno per co-prire il fabbisogno giornaliero di unapersona adulta. Le clementine sonoricche di minerali tra cui il potassio, in-dispensabile per regolare il tenore diacqua nei tessuti assicurando così unbuon funzionamento del cuore. Si ca-ratterizzano per un’azione diureticaancora più accentuata rispetto ai man-darini, poiché quasi del tutto prive disodio e con un contenuto in sali chene riduce l’azione antidiuretica.

La clementina è rinfrescante e diure-tica e possiede un elevato contenutodi zuccheri disponibili. In cucina puòessere consumata al naturale o im-piegata per preparare succhi, sciroppi,sorbetti, marmellate. Il frutto è utiliz-zato anche in cosmesi nella prepara-zione di lozioni tonificanti e maschereper la pelle.Il mandarino piace a grandi e pic-coli: è facile da sbucciare, dolce dipolpa e ricco di vitamine. Inoltre è ot-timo per preparare tante ricette. Ibambini li adorano, perché sono facilida sbucciare e hanno un sapore moltopiù dolce rispetto alle arance, a voltetroppo aspre. Ricchissimi di vitaminaC, sono ottimi per rafforzare il sistemaimmunitario dei piccoli e per favorire

In vista dell’inverno dobbiamo riappropriarci di qualche regola per prepararci al freddo che arriverà.Gli integratori vitaminici possono aiutarci, ma prima ancora possiamo rivolgerci alla frutta di stagione. Alcuni prodotti tipici dell’alimentazione italianafunzionano a meraviglia. Non serve perciò cercarefrutti rari o semi-sconosciuti: in questo caso latradizione non sbaglia

l’assimilazione del ferro, che li rendepiù vispi e attenti. Il loro consumo nonè consigliato ai bimbi più piccoli di unanno di età, perché possono provocareacidità e diarrea, e se quelli più gran-dicelli non li apprezzano, provate adeliminare la pellicina bianca e a sce-gliere tipologie prive di semi.Buoni da soli come merenda leggeratra una lezione scolastica e l’altra, siprestano anche a tantissime ricette go-lose, a cominciare dalla classica mar-mellata per arrivare fino alla mousse.Sembra che l’arancia dolce sia origi-naria della Cina meridionale e dall’In-docina; si suppone sia una mutazionederivata dall’arancia amara, che erapresente in Cina sin dal 500 a.C.. Sipensa inoltre che il suo albero sia stato

InSALUTEdi Patrizia Pellegrini

Il sole dipinge l’autunnoPiccoli consigli alimentari

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Il sole dipinge l’autunno. Piccoli consigli alimentari | InSalute

PATRIZIA PELLEGRINI è Naturopata eBioterapeuta Nutrizionale® esperta di Ri-flessologia Plantare, Iridologia e Florite-rapia, portavoce e coordinatore per il set-tore “Naturopatia e Benessere” dell’Ac-cademia internazionale del bergamotto,iscritta alla F.A.C. e Socia Onoraria del-l’Associazione Tone. www.patriziapellegrini.com www.associazione-tone.it

Per lo sport: reintegrare i liquidi

Mousse e mandarini canditiPer preparare una MOUSSE DIMANDARINO spremete ottomandarini e grattugiate la lorobuccia. Mescolate succo e scorzecon 3 tuorli d’uovo, 100 gr di zuc-chero e 20 gr di fecola, e un goc-cio di succo di limone. Cuocete abagnomaria il tutto, mescolandocon una frusta fino a che il com-posto si addensi, e senza farlo bol-lire. Montate a parte 250 ml dipanna con zucchero vanigliato, eunitela alla crema di mandarini.Riempite 4 coppette e riponetele infrigo un paio d’ore; al momento diservirle spolveratele con granella dinocciole.

SCORSA DI MANDARINOCANDITA: tagliatela a listarelle efatela bollire per mezz’oretta; poiscolatela e strizzatela, e versatelain un padellino con zucchero.Aspettate che lo zucchero si sciol-ga e poi ritirate le scorze, facendoleraffreddare su un piattino. Una vol-ta caramellate immergetele nelcioccolato fuso, fatele raffreddaree versatele in un contenitore per bi-scotti: finiranno subito!

150 g di straccetti, un finocchiocrudo e un’arancia, oppure un pet-to di pollo cotto in padella con prez-zemolo, aglio e olio, insieme a 150g di insalata mista e un’arancia. Ilpotere vitalizzante dell’arancia puòessere sfruttato anche come pre-venzione dei processi di invec-chiamento precoce.

introdotto dagli Arabi in Asia minore ein Egitto prima dell’anno 1000 e piùtardi in altre aree del Nord Africa. NelXIV secolo arrivò in Sicilia, che ancoraoggi fornisce la maggiore produzionedi arance in Italia, seguita dalla Cala-bria, Basilicata e Campania. Learance italiane sono disponibili sulmercato da novembre a maggio, convarietà pigmentate come Moro, Ta-rocco e Sanguinello, e altre a polpabionda come Washington Navel, Va-lencia e Ovale.L’arancia è un frutto dotato di im-portanti proprietà, in quanto contieneuna notevole quantità di zuccheri; ilcalcio, che serve all’organismo comesostanza di impalcatura e di soste-gno, nonché per la coagulabilità ema-tica e la trasmissione neurologica; ilcloro, indispensabile al mantenimentodella pressione osmotica nei liquidi in-terstiziali; il ferro, rigeneratore dei glo-buli rossi del sangue; il magnesio,che svolge una funzione equilibrantedel sistema nervoso, attiva i movi-menti digestivi dello stomaco ed è an-che utile nella lotta contro il cancro; ilpotassio, che riduce la contrattilitàspastica della fibrocellula muscolare;la vitamina A, importante la cute e lemucose; le vitamine del gruppo B,stimolanti il metabolismo; infine, la vi-tamina C, che agisce da eccitante bio-

logico e antiossidante. Grazie allabuona percentuale di vitamine A e C,alla presenza di flavoni, caroteni e,nelle varietà rosse, anche di antocia-nine, l’arancia aumenta le difese na-turali dell’organismo, in caso di sin-dromi influenzali o di malattie daraffreddamento. Molti individui manifestano difficoltàdigestiva nei riguardi di questo frutto,se lo consumano nelle ore serali, acausa del notevole impiego epaticoprovocato dal suo contenuto in beta-carotene, ma anche per la complessitàdella sua informazione energetica.

Associazioni terapeutiche per le patologie autunnali Nelle forme influenzali o nelle ma-lattie da raffreddamento, 2 bic-chieri di spremuta d’arancia conmiele possono contribuire a bloc-care il raffreddore

a. Minestrina d’aglio e un’arancia;b. Pasta e lenticchie con peperon-

cino e un’arancia;c. 70 g di penne all’arrabbiata e

un’arancia.

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Secondo l’OMS (OrganizzazioneMondiale della Sanità) l’inci-denza di persone, nella popola-

zione mondiale, colpite da cefalea al-meno una volta l’anno si attesta circa al47% e questa patologia è stata inseritatra le 20 più invalidanti per le donne trai 15 e i 45 anni.Oltre al problema “salute” il fattore di-sabilitante determina elevati costi eco-nomici dovuti alle cure primarie, alle vi-site specialistiche, agli accertamentisanitari ed alle terapie farmacologiche.Le cefalee si dividono in 2 categorie:forme primarie come l’emicrania, nellaquale il dolore interessa la metà della te-sta, e forme secondarie che si presen-tano con dolore diffuso a tutto il capo esono la conseguenza di altre patologiepre-esistenti (ipertensione, sinusite, er-nie cervicali). Questa affezione molto dolorosa colpi-sce prevalentemente il sesso femminilemanifestandosi con attacchi acuti esporadici ma ricorrenti nel tempo. Esistono alcune condizioni che favori-scono l’insorgenza dell’attacco chiamate“fattori scatenanti”. Nelle forme secon-darie al dolore possono essere associatialtri disturbi che variano a seconda deifattori scatenanti come ad esempio fo-tofobia, nausea, tachicardia, vertigini,

vomito. Il mal di testa può anche di-pendere da tensione muscolare o dastili di vita scorretti: cattiva alimenta-zione, fumo, abuso di alcolici, stress enon ultimo la sedentarietà.I soggetti che soffrono di cefalea cronicaconciliano con difficoltà questo di-sturbo, anche con le normali attivitàquotidiane, e diventa un vero ostacoloalla pratica di attività sportive. Studi scientifici recenti hanno dimo-strato che alcuni tipi di esercizi fisici,praticati nel modo corretto (a livelloamatoriale), possono essere utili a pre-venire e addirittura a curare i sintomicorrelati al disturbo. Secondo uno stu-dio tedesco condotto dall’Università diKiel la pratica di movimento fisico re-golare produce benefici nella preven-zione delle crisi di cefalea. Vediamoquali sono i meccanismi che portanobeneficio facendo movimento: innanzitutto l’attività fisica migliora l’ossigena-zione dei tessuti e la circolazione delsangue, l’organismo libera sostanze(fattori neurochimici e neurotrofici) utilial benessere delle cellule cerebrali estimola il metabolismo lipidico. Ovviamente sforzi eccessivi e protratti,richiesti in sport praticati a livello ago-nistico, sono controindicati perché pos-sono scatenare una crisi di cefalea.Sono invece consigliate attività aerobi-che come il cammino, il fitwalking, labicicletta o il nuoto. L’attività fisica “mo-derata”, specialmente se praticata al-l’aria aperta, contribuisce alla riduzione

Chi di noi non ha sperimentato almeno una volta il fastidioso “mal di testa”? Il temine scientifico è cefalea e rappresenta un disturbo invalidante e molto diffuso tra la popolazione: ne soffrono più di 2 milioni di italiani. Ma lo sapevate che può anchedipendere da uno stile di vita poco sano?

dello stress e delle tensioni e costituisceun fattore protettivo nella prevenzionedegli attacchi.Gli specialisti consigliano di camminarea passo veloce (frequenza cardiaca 90battiti) circa 3 volte a settimana per ot-tenere una riduzione del 50% della fre-quenza di emicrania.Camminare è salutare per l’organismo eper la psiche, è una forma di movi-mento naturale che impariamo fin dallaprima infanzia. Peccano che con glianni ricorriamo sempre più spesso al-l’automobile. Dovremmo adottare lacamminata come precetto di vita vero eproprio utilizzando le nostre gambe ognivolta che ne abbiamo l’occasione (an-dando al lavoro, a fare la spesa, a por-tare fuori il cane, a salire le scale).Se possibile organizziamo il nostro “ap-puntamento podistico” nel verde, lon-tano dal traffico e dallo smog, prefe-rendo le ore della giornata meno caldee godiamoci i paesaggi rilassanti.Certo la combinazione perfetta per otte-nere risultati più incisivi comprende l’ab-binamento all’attività fisica di una cor-retta alimentazione sana e bilanciataquindi dopo il cammino niente abbuf-fate ma cenetta leggera.E nel dubbio ricordiamo che «Sebbenesia vero che un cambiamento minore diquello raccomandato porti a una mi-nima riduzione del rischio, ogni cam-biamento porta comunque beneficio»(World Cancer Research Fund - WCRF2007).

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Piedi e testa più leggeriL’emicrania si combatte a piedi

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Fuori dalle piste battutedal Tibet al Sahara

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