C'è una sorte di terribile magia che avvolge il Cerro Torre. L'hanno...

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C'è una sorte di terribile magia che avvolge il Cerro Torre. L'hanno chiamato in molti modi e maledetto mille volte, generazioni di alpinisti hanno qui cercato l'imperitura consacrazione o la definitiva sconfitta di fronte alla natura ineluttabile. Bruno Nardelli è un lavisano doc anche se da qualche anno la maggior parte del suo tempo la passa in alta Val di Non, a gestire il Rifugio Oltradige ed a trarre d'impaccio malcapitati turisti, . La passione per le alte vette lo ha sempre accompagnato fin da piccolo ed il naturale sbocco di tale passione era l'iscrizione e la partecipazione attiva nell'attività sezione Sat di Lavis. La sezione che ha caldeggiato lo svolgimento della serata del 6 novembre presso l'Auditorium della Cantina sociale di Lavis nella persona soprattutto della Presidente, Clara Rossatti. La Presidente introduce la serata e Dario Sebastiani, esperto rocciatore ed accademico del CAI nonché ex presidente della sezione. Dario parla di Bruno, di come lo ha introdotto nel cuore del “mondo alto” e gli ha fatto accarezzare con mano i suoi sogni. Subito l'allievo, parola di Dario, supera il maestro. Bruno, incomincia subito Tra i sogni di quel ragazzo c'è, onnipresente quasi fosse un incubo, il Cerro Torre, descritto così bene nel libro di Walter Bonatti che Bruno legge più volte, insieme a quelli di Reinhold Messner, una bibbia per chi va' in montagna. In quei libri il nostro ritrova le sue proprie volontà, capisce qual'è la sua strada. A ricordarglielo, se mai ce ne fosse bisogno, c'è una foto ormai quasi ingiallita dal tempo datata 1958, in cui si vede, imponente nonostante il bianco e nero, il Torre con sotto le foto ed i nomi partecipanti ad una famosa spedizione che però fallì l'impresa. Alcuni di questi ci riprovarono anni dopo e, seppur tra molte polemiche per l'uso di macchinari rifiutati dai puristi, ci riuscirono, tracciando un solco nella storia della montagna e dell'alpinismo. Da allora è stato un continuo succedersi di tentativi, alcuni finiti prima di cominciare, altri conclusi tragicamente, altri ancora, non molti per la verità, vittoriosi. Quella famosa fotografia è tuttora presente nella sede di Piazza Loreto dove la Sat accoglie tutti i mercoledì sera gli iscritti, e campeggia in fondo allo stanzone che ospita la sede. Per Bruno i mercoledì in sede avevano il sapore della sfida, lanciata da quel dito di roccia che era puntato verso il cielo ma sembrava, in certi momenti, puntare verso l'uomo che stava pian piano perdendo i capelli ma acquisendo saggezza e forza. Lavis cominciava ad andargli stretta. Bruno ha la voce fluida e sicura nel buio che si è fatto in sala, anche se dichiara di essere emozionato per la presenza delle oltre 200 persone convenute alla serata. Racconta la storia alpinistica di questa montagna, nomina grandi nomi come Cesare Maestri, Cesarino Fava, Tony Egger. Si sa, la storia fa parte di noi, di quello che siamo e di ciò che diventeremo. Egli inserisce in questa anche la sua propria. Studia per diventare Guida Alpina e, nel frattempo, affronta con coraggio e passione le vicine Dolomiti, facendosi le braccia e la mente di esperto alpinista. Ma il sogno è altrove. Va per due volte in Patagonia. La prima è un impatto breve, quasi turistico ma devastante. Sale con un pizzico d'incoscienza una cima minore. Con il senno di poi ammette di essere stato fortunato in quell'occasione, sottovalutando questa parte di mondo ma cominciando il suo personale percorso di conoscenza dei luoghi e delle circostanze. Il Cerro rimane lì, meta del secondo viaggio, mirato direttamente. E', purtroppo, una sconfitta cocente. Si sa che in quell'angolo di mondo, oltre al tuo compagno e ai tuoi pensieri, gli unici sempre presenti sono il freddo ed i venti che, frustrati nella loro corsa intorno al mondo, convergono qui, dove finisce la terra e comincia il

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C'è una sorte di terribile magia che avvolge il Cerro Torre. L'hanno chiamato in molti modi e maledetto mille volte, generazioni di alpinisti hanno qui cercato l'imperitura consacrazione o la definitiva sconfitta di fronte alla natura ineluttabile. Bruno Nardelli è un lavisano doc anche se da qualche anno la maggior parte del suo tempo la passa in alta Val di Non, a gestire il Rifugio Oltradige ed a trarre d'impaccio malcapitati turisti, . La passione per le alte vette lo ha sempre accompagnato fin da piccolo ed il naturale sbocco di tale passione era l'iscrizione e la partecipazione attiva nell'attività sezione Sat di Lavis. La sezione che

ha caldeggiato lo svolgimento della serata del 6 novembre presso l'Auditorium della Cantina sociale di Lavis nella persona soprattutto della Presidente, Clara Rossatti.

La Presidente introduce la serata e Dario Sebastiani, esperto rocciatore ed accademico del CAI nonché ex presidente della sezione. Dario parla di Bruno, di come lo ha introdotto nel cuore del “mondo alto” e gli ha fatto accarezzare con mano i suoi sogni. Subito l'allievo, parola di Dario, supera il maestro. Bruno, incomincia subito Tra i sogni di quel ragazzo c'è, onnipresente quasi fosse un incubo, il Cerro Torre, descritto così bene nel libro di Walter Bonatti che Bruno legge più volte, insieme a quelli di Reinhold Messner, una bibbia per chi va' in montagna. In quei libri il nostro ritrova le sue proprie volontà, capisce qual'è la sua strada. A ricordarglielo, se mai ce ne fosse bisogno, c'è una foto ormai quasi ingiallita dal tempo datata 1958, in cui si vede, imponente nonostante il bianco e nero, il Torre con sotto le foto ed i nomi partecipanti ad una famosa spedizione che però fallì l'impresa. Alcuni di questi ci riprovarono anni dopo e, seppur tra molte polemiche per l'uso di macchinari rifiutati dai puristi, ci riuscirono, tracciando un solco nella storia della montagna e dell'alpinismo. Da allora è stato un continuo succedersi di tentativi, alcuni finiti prima di cominciare, altri conclusi tragicamente, altri ancora, non molti per la verità, vittoriosi. Quella famosa fotografia è tuttora presente nella sede di Piazza Loreto dove la Sat accoglie tutti i mercoledì sera gli iscritti, e campeggia in fondo allo stanzone che ospita la sede. Per Bruno i mercoledì in sede avevano il sapore della sfida, lanciata da quel dito di roccia che era puntato verso il cielo ma sembrava, in certi momenti, puntare verso l'uomo che stava pian piano perdendo i capelli ma acquisendo saggezza e forza. Lavis cominciava ad andargli stretta.Bruno ha la voce fluida e sicura nel buio che si è fatto in sala, anche se dichiara di essere emozionato per la presenza delle oltre 200 persone convenute alla serata. Racconta la storia alpinistica di questa montagna, nomina grandi nomi come Cesare Maestri, Cesarino Fava, Tony Egger. Si sa, la storia fa parte di noi, di quello che siamo e di ciò che diventeremo. Egli inserisce in questa anche la sua propria. Studia per diventare Guida Alpina e, nel frattempo, affronta con coraggio e passione le vicine Dolomiti, facendosi le braccia e la mente di esperto alpinista. Ma il sogno è altrove. Va per due volte in Patagonia. La prima è un impatto breve, quasi turistico ma devastante. Sale con un pizzico d'incoscienza una cima minore. Con il senno di poi ammette di essere stato fortunato in quell'occasione, sottovalutando questa parte di mondo ma cominciando il suo personale percorso di conoscenza dei luoghi e delle circostanze. Il Cerro rimane lì, meta del secondo viaggio, mirato direttamente. E', purtroppo, una sconfitta cocente. Si sa che in quell'angolo di mondo, oltre al tuo compagno e ai tuoi pensieri, gli unici sempre presenti sono il freddo ed i venti che, frustrati nella loro corsa intorno al mondo, convergono qui, dove finisce la terra e comincia il

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regno del ghiaccio, per sfogarsi contro tutto e tutti. Ma poi arriva il 2011 ed il “chiodo fisso “ si fa sentire ancora. Conosciuto ai corsi per guide Tiziano Canella, lo coinvolge per la terza spedizione. L'inizio non è dei migliori. Il brutto tempo condiziona il gruppo a cui si aggiunge anche Giorgio Pancheri. Nelle prime sgambate Bruno sente subito che la lunga inazione dovuta al maltempo ha atrofizzato un po' le sue forze ma non la volontà. Alla prima finestra buona si tenta. Provano una volta ma il tempo cambia repentinamente. Provano di nuovo ma stavolta le forze naturali e fisiche si combinano per far di nuovo alzare bandiera bianca. Bruno scende provato nel fisico e nello spirito, sente il sogno scivolargli dalle mani come neve ormai diventata acqua. Tiziano sceglie di salire con un altro compagno di cordata l'Aguya Poncenot, un 3000 lì vicino. Bruno ha bisogno di riflettere, chiedersi se la rinuncia possa essere fatale a qualcosa di più del proprio orgoglio. Ormai sono lì e se il Cerro si nega, il Fitzroy si mostra con la sua bellezza ammaliante. Negli ultimi giorni rimasti a Tiziano e Giorgio prima del volo del ritorno decidono di dedicarsi almeno a quello. La salita è faticosa ma esaltante, la vittoria appagante. Sulla cima lo sguardo naturalmente indugia sul dito “maledetto”: è lì, così vicino eppure così lontano. Tornati al paese, ad una settimana dal volo Giorgio si rifiuta di restare a fare il turista e Bruno, che non è ancora rassegnato, dichiara di voler provare, un'ultima volta, la grande scalata. Gli altri si dichiarano subito entusiasti, quasi si togliessero un peso dal cuore. Un'ultima toccata e, se non va', si torna a casa. La giornata promette bene, le gambe sono stanche ma decidono di mettersi al servizio del corpo per quest'ultimo tentativo. La notte restituisce un po' di energie ma la stabilità del tempo dell'indomani (si parte quando è ancora buio) fa affiorare nuove energie che i nostri credevano sopite. Bruno prova per primo il traverso che lo aveva tradito al precedente tentativo, alcuni giorni prima. Si passa, il ghiaccio è parzialmente sparito dai rivetti che possono essere usati per le ultime rampe. Ecco il becco di ghiaccio, lo passano. La musica che accompagna le ultime immagini, il rock degli Aerosmith, è probabilmente la stessa nella mente dei tre che vedono avvicinarsi la meta tanto agognata. Ed eccoli, stravolti ma felici, sulla vetta più ardua di quel mondo selvaggio, di quel sogno troppo sognato cui ora è riservato il posto d'onore nella bacheca dei ricordi.

Bruno e Tiziano sul Cerro Torre

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Bruno Nardelli aveva un chiodo fisso e l'ha piantato sulla cima del Cerro Torre. Alla fine la Presidente conclude la serata, ringraziando Bruno per la condivisione del suo sogno con gli amici, in immagini e parole. Come da tradizione, la Cantina La Vis brinda insieme ai partecipanti alla serata col Novello. E tutti brindano al chiodo perso ed all'amico ritrovato.